LA BANCA CENTRALE E LA POLITICA MONETARIA

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LA BANCA CENTRALE E LA POLITICA MONETARIA
LA BANCA CENTRALE E LA POLITICA MONETARIA
STRUTTURA E GOVERNANCE DELLE BANCHE CENTRALI
Osserviamo le due autorità più rilevanti: BCE e Federal Reserve (Fed).
- La Banca Centrale Europea è inserita nel più ampio Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), composto dalle
12 Banche Centrali degli Stati membri che hanno adottato la moneta unica più le 3 (13 con l’allargamento) Banche
Centrali dei Paesi che non hanno adottato l’Euro. L’organo principale della BCE, responsabile delle strategie e
delle decisioni di politica monetaria, è il Consiglio Direttivo Æ composto dai 12 Governatori delle BC “dell’Euro”
più 6 membri del Comitato Esecutivo, responsabile dell’attuazione delle politiche definite dal Consiglio Direttivo.
Entrambi gli organi sono dotati di un Presidente. Il meccanismo di governance favorisce la “periferia” del sistema
poiché i rappresentanti nazionali hanno maggior peso nel Consiglio rispetto ai membri “centrali” che
rappresentano direttamente la BCE. Questi ultimi vengono scelti dai governi dei Paesi partecipanti “tra persone di
riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario”. Per completare il quadro
dobbiamo citare il Consiglio Generale composto dai Governatori di tutte le BC del SEBC. Il Trattato di
Maastricht elenca esplicitamente (art. 105.2) i compiti istituzionali del SEBC: definire ed attuare la politica
monetaria della comunità; svolgere le operazioni sui cambi; detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli
Stati membri; promuovere e regolare il funzionamento dei sistemi di pagamento.
- Negli Stati Uniti l’autorità monetaria è la Federal Reserve, composta da un organo federale, il Board of Governors di
cui fanno parte 7 membri, più 12 Fed locali, ognuna corrispondente ad un distretto di Stati. I 7 membri del BoG
formano insieme ai 12 Presidenti delle Fed locali il Comitato sulle Operazioni di Mercato Aperto (FOMC). Dei 12
membri locali, però, solamente 5 hanno diritto di voto (a turno eccetto il rappresentante della Fed di New York che
partecipa sempre alle votazioni): il meccanismo di governance, al contrario di ciò che accade nella BCE, favorisce
il centro. Rispetto al sistema europeo c’è una chiara differenza: in Europa non esiste uno “Stato centrale” e la
sovranità appartiene ai Paesi membri.
OBIETTIVI E STRUMENTI DELLA POLITICA MONETARIA
In generale, gli obiettivi finali della politica monetaria sono associati ad alcune variabili macroeconomiche alle quali
viene riconosciuto il ruolo di indicatori del livello di benessere della collettività: stabilità dei prezzi, stabilità
finanziaria e valutaria, bassa disoccupazione.
L’articolo 105.1 del Trattato di Maastricht stabilisce in modo netto che l’obiettivo principale del SEBC è il
mantenimento della stabilità dei prezzi. Solo in subordine, il SEBC può operare per il sostenimento delle politiche
economiche e degli obiettivi più generali dell’Unione che, come disposto dall’art. 2, “ha il compito di promuovere
uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche, una crescita sostenibile, non inflazionistica, che
rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di
protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la
solidarietà tra Stati membri”.
L’azione della Banca Centrale è svolta attraverso interventi su strumenti – variabili di natura monetaria che, in
base ad ipotesi di relazione (fra le quali un ruolo centrale viene assegnato alla Teoria Quantitativa della Moneta
secondo cui P = k M), si assume vengano trasmessi in misura prevedibile sul livello degli indicatori rappresentativi
degli obiettivi finali.
Variabili strumentali
Obiettivi operativi
Obiettivi intermedi
Obiettivi finali
-Tassi ufficiali
-Tassi d’interesse a
breve
-Tassi d’interesse a
lungo termine
-Stabilità dei prezzi
-Riserve bancarie
-Quantità di moneta e
credito
-Riserve obbligatorie
-Operazioni di mercato
aperto
-Controlli diretti
-Prezzo delle attività
finanziarie
-Tasso di sviluppo
dell’economia
INFLAZIONE E POLITICA MONETARIA
INFLAZIONE (π): indice dei prezzi al consumo o deflatore del PIL (Y nominale/Y reale)
Secondo l’approccio classico l’inflazione (in particolare l’iperinflazione) è connessa ad una politica monetaria
“accomodante”, ad autorità monetarie che non controllano in modo adeguato la crescita della quantità di
moneta in un sistema economico.
Gli studi empirici confermano l’esistenza di una correlazione positiva fra quantità di moneta in circolazione ed
inflazione. La TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA va oltre la connessione statistica assumendo fra
le variabili un rapporto causa – effetto espresso dall’equazione:
M V=PQ
dove V = velocità di circolazione della moneta
In un’economia in cui le transazioni avvengono sotto forma monetaria il prodotto fra la quantità di moneta e la
velocità con cui la stessa circola corrisponde al PIL in termini nominali. Questa semplice identità può
divenire una teoria se valgono due ipotesi:
- La velocità di circolazione V è costante
- Y corrisponde al reddito di pieno impiego (costante)
Allora Æ P = k M
dove k = V/Y
e di conseguenza Æ ΔP = ΔM
L’inflazione è determinata dallo stock di moneta in circolazione e la variazione della massa monetaria determina
una uguale variazione dell’inflazione. Secondo la teoria quantitativa l’inflazione è un fenomeno monetario: le
cause dell’aumento dei prezzi possono essere varie (ad es. uno shock petrolifero) ma l’autorità di politica
monetaria è sempre in grado di intervenire per controllare l’inflazione attraverso il controllo della quantità di
moneta.
INFLAZIONE E POLITICA MONETARIA
Il perdurare di alti tassi d’inflazione dipende, dunque, necessariamente dalla politica monetaria mentre
l’origine dell’aumento dei prezzi può anche non dipendere da un eccesso di moneta in circolazione. In
particolare possiamo identificare come cause:
- aumento del prezzo delle materie prime
- aumento del costo del lavoro
Di fronte a tali “shock sui fattori” le imprese sono tentate di scaricare gli aumenti sui prezzi al consumo e per
questo definiamo inflazione da costi quella causata dall’aumento dei prezzi dei fattori produttivi;
- eccessiva pressione della domanda
In questo caso l’inflazione può essere di origine “fiscale”: se la Spesa Pubblica “spinge” troppo la domanda
questo può tradursi in effetti inflazionistici. Un semplice esempio storico: il sovrano che, dovendo far guerra,
coniava nuova moneta (la “inflazionava”) per finanziarsi. In questo esempio politica fiscale e monetaria sono
accentrate per cui è possibile finanziare il disavanzo con emissione di moneta producendo inflazione. Oggi la
responsabilità una volta accentrata sul sovrano è divisa fra governo (politica fiscale) e banca centrale (BC,
autorità indipendente di politica monetaria) e, nell’area Euro, al governo non è consentito finanziare il
disavanzo attraverso l’emissione di moneta. La separazione non è totale: l’indipendenza della BC non
impedisce il coordinamento a volte necessario fra politica fiscale e monetaria.
I costi dell’inflazione “attesa”: menu costs, costante ridefinizione dei prezzi relativi, shoe leather costs.
I costi dell’inflazione “a sorpresa”: shock sui prezzi relativi, redistribuzione della ricchezza dal creditore al
debitore, fiscal drag.
GLI STRUMENTI DELLA POLITICA MONETARIA
Tassi Ufficiali di Interesse Æ sono tassi stabiliti con provvedimento da una BC, non sono tassi di
mercato. Nell’area Euro sono due:
- tasso di rifinanziamento marginale: è il prezzo al quale la BCE è disposta a concedere prestiti
overnight alle aziende di credito nell’area Euro. È superiore al tasso del mercato
interbancario (per il quale costituisce una sorta di tetto) e di conseguenza per le banche
commerciali è penalizzante finanziarsi attraverso la BCE. Oggi è al 3% circa.
- tasso sui depositi presso la BCE: è il tasso al quale la BCE remunera la liquidità in eccesso
depositata overnight dalle banche commerciali. È inferiore al tasso del mercato
interbancario. Oggi è all’1%.
Questi due tassi formano un CORRIDOIO all’interno del quale fluttuano i tassi di mercato. Perché i
tassi non vanno oltre i due ufficiali? Se il prezzo dei prestiti sul mercato interbancario superasse il
tasso di rifinanziamento marginale le banche commerciali chiederebbero liquidità solo alla BCE
(misura antirestrittiva); se la liquidità in eccesso fosse remunerata sull’interbancario a tasso
inferiore rispetto a quello ufficiale le banche commerciali sposterebbero tutti i depositi presso la
BCE (misura antiliquidità). CORRIDOIO DEI TASSI UFFICIALI:
3%
1%
GLI STRUMENTI DELLA POLITICA MONETARIA
Lo spostamento del corridoio verso l’alto corrisponde ad una stretta da parte della BCE e,
viceversa, lo spostamento verso il basso corrisponde ad una politica monetaria espansiva.
Modificando invece l’ampiezza del corridoio si modifica la volatilità del tasso. Nell’area Euro
l’ampiezza è del 2% mentre in altri sistemi troviamo un corridoio più stretto: è una scelta che
dipende dall’impostazione della politica monetaria che può essere incentrata sul controllo dei
tassi o della quantità di moneta.
La Fed opera attraverso il tasso di sconto che corrisponde sostanzialmente al tasso di
rifinanziamento marginale della BCE. Poi c’è un altro strumento: il tasso sui federal funds: la Fed
annuncia un livello di riferimento (target) ma il tasso sui fondi federali si determina attraverso il
mercato Æ è uno strumento efficace di coordinamento degli operatori sul mercato.
In sintesi, il tasso d’interesse rappresenta uno strumento chiave della politica monetaria, uno
strumento “di segnale” utilizzato dalle banche centrali in modo discontinuo. Un aumento del tasso
corrisponde ad una politica monetaria restrittiva; una sua riduzione ad una politica monetaria
espansiva.
GLI STRUMENTI DELLA POLITICA MONETARIA
Riserva Obbligatoria Æ frazione dei depositi bancari che le banche commerciali non possono
utilizzare per il credito. E’ una sorta di “tassa sul capitale raccolto” che viene detenuta dalla
BCE. In origine la funzione era di tutela dei depositi ed il coefficiente di riserva obbligatoria era
piuttosto consistente. Nel tempo il coefficiente è stato ridotto sensibilmente (oggi è al 2%)
anche per l’introduzione di nuovi strumenti per la tutela dei depositi ed il suo ruolo
fondamentale è divenuto quello di strumento di controllo della liquidità nel sistema.
Per comprenderne il funzionamento guardiamo al bilancio stilizzato delle banche commerciali: le
Passività sono costituite dai Depositi ai quali corrispondono due Attività, Prestiti e Riserve. Una
quota dei Depositi dovrà essere necessariamente versata alla BC [Riserve = βD] per cui i
Prestiti saranno una frazione dei Depositi stessi [P = D (1 - β)]. Aumentando il coefficiente β
la BC può ridurre la quota dei depositi che saranno destinati al credito (politica monetaria
restrittiva) e, viceversa, riducendo β può accrescere le risorse delle banche commerciali per il
credito al sistema (politica monetaria espansiva).
GLI STRUMENTI DELLA POLITICA MONETARIA
Operazioni di Mercato Aperto: acquisti e vendite di titoli da parte della Banca
Centrale. È uno strumento con effetti limitati ma viene utilizzato con più
continuità.
Per espandere la liquidità nel sistema la BC acquisterà titoli e venderà moneta
(politica monetaria espansiva); per ridurre la liquidità la BC acquisterà moneta e
venderà titoli (politica monetaria restrittiva). Le operazioni di mercato aperto
possono essere definitive o temporanee (pronti contro termine).
BASE MONETARIA ED OFFERTA DI MONETA
Dal punto di vista operativo, la capacità della Banca Centrale di attuare il suo disegno di politica monetaria si
basa sulla determinazione del livello dei tassi a breve, che a sua volta è strettamente legato alla liquidità del
mercato monetario. Quest’ultima condizione è sotto il controllo della Banca Centrale, dato il suo potere di
emettere base monetaria attraverso le operazioni di rifinanziamento e le operazioni di mercato aperto.
L’offerta di moneta (OM), cioè la liquidità a disposizione del sistema, non corrisponde alla base monetaria
(BM) creata dalla Banca Centrale. La liquidità immessa dalla BC viene “moltiplicata” dal sistema bancario
attraverso le tecniche di gestione dei depositi e del credito. L’OM può essere infatti espressa come “multiplo”
della BM:
(p+1)
OM = BM
Dove:
(p+b)
moltiplicatore
della base
monetaria
p rappresenta la propensione del pubblico a detenere scorte di base monetaria (sostanzialmente, di moneta
legale) rispetto ai depositi bancari [ BMp / D ];
b rappresenta la frazione di scorte di base monetaria detenute dalle banche sia per ragioni operative del sistema
dei pagamenti (riserve libere), sia per ragioni di controllo monetario (riserve obbligatorie)
Se la Banca Centrale è in grado di conoscere il moltiplicatore, è anche in grado di stimare quale debba essere
l’intervento sulla base monetaria per raggiungere un determinato risultato in termini di liquidità complessiva.
Il livello di p è influenzato principalmente dal rendimento degli impieghi alternativi alla moneta legale (tasso
d’interesse sui depositi) e dall’efficienza dei meccanismi operativi del sistema (non cartaceo) dei pagamenti.
Il livello di b dipende dal costo della detenzione di riserve bancarie: rendimento delle riserve, rendimento degli
impieghi alternativi, costo del rifinanziamento da parte della BC, vincolo di riserva obbligatoria, grado di
variabilità dei flussi di entrata ed uscita monetaria che le banche gestiscono
I MECCANISMI DI TRASMISSIONE DELLA POLITICA MONETARIA
In che modo le decisioni di Politica Monetaria influenzano le variabili reali dell’economia? È possibile identificare
diversi canali attraverso i quali un aumento dei tassi ufficiali, che stimoli la variazione dei tassi di mercato (ipotesi di
partenza: PM restrittiva), può tradursi nel contenimento dell’inflazione.
- Canale monetario (transazioni – investimenti): facciamo l’ipotesi che la Banca Centrale aumenti i tassi di interesse,
nel sistema; questo deprime le possibilità di consumo ed investimento, consentendo alla BC di tenere sotto controllo
l’inflazione. Se i
Æ
Y (C , I )
allora π
- Canale estero (tasso di cambio): l’aumento del tasso d’interesse genera un afflusso di capitali dall’estero. Tale
avanzo di capitali richiede, affinché i conti con l’estero siano in equilibrio, un apprezzamento della moneta che
impatta negativamente sulle esportazioni nette e di conseguenza sul reddito. Il risultato è, anche in questo caso, la
contrazione dei prezzi. Se i
Æ afflusso di capitali esteri Æ avanzo BoP Æe , NX ÆY
allora π
- Canale del credito bancario: l’aumento del tasso d’interesse rende meno conveniente detenere moneta liquida e di
conseguenza si riducono i depositi a fronte di un aumento dei risparmi investiti in titoli. In questo contesto il credito
bancario si contrae, riducendo le fonti di finanziamento per i progetti imprenditoriali. Il risultato è una contrazione del
reddito e quindi dell’inflazione. Se i
Æ Depositi , Titoli Æ Credito , Y
allora π
- Canale dei prezzi delle attività finanziarie: Il prezzo di un'azione può essere interpretato come il valore attuale dei
dividendi futuri, che a loro volta dipendono dai futuri profitti dell'impresa. Di conseguenza, un aumento dei tassi di
interesse può ripercuotersi sui prezzi delle attività attraverso due diversi canali. Il primo si basa sul tasso di sconto
intertemporale: all'aumentare dei tassi di interesse, ai flussi monetari futuri si applica un tasso di sconto più elevato,
che fa diminuire il valore attuale. Il secondo si basa invece sull'effetto dell'aumento dei tassi di interesse sugli utili
futuri. Questo canale risulta particolarmente rilevante per le azioni: un aumento dei tassi di interesse fa salire i costi
finanziari delle imprese e può avere un impatto negativo sulla domanda dei loro prodotti. Ciò determina di norma un
calo dei profitti, che a sua volta si ripercuoterà negativamente anche sui corsi azionari. Se poi la diminuzione dei
profitti è associata a un maggiore rischio di mancato pagamento, anche i premi per il rischio sui titoli potrebbero
aumentare. Se i Æ VAN progetti d’impresa , Costi finanziari Æ Prezzi Attività finanziarie , Y
allora π
ASPETTATIVE E POLITICA MONETARIA
“Il ruolo delle aspettative si desume dalla loro influenza sul comportamento effettivo degli agenti. In genere, le
famiglie e le imprese devono prendere decisioni che avranno conseguenze nel futuro. Le famiglie decidono ad
esempio l'ammontare dei consumi e quello del risparmio, e in questo modo determinano le proprie possibilità di
consumo future. Le imprese devono decidere in merito agli investimenti, e in questo modo determinano la propria
capacità produttiva futura. I lavoratori o i loro rappresentanti contrattano con le imprese i salari futuri, e in questo
modo determinano i redditi e i costi futuri. Pertanto, in generale gli operatori del mercato decideranno la direzione
e la portata delle proprie azioni con lungimiranza, tenendo conto delle proprie aspettative riguardo ai futuri
aumenti dei prezzi e all'andamento economico complessivo.”
“In primo luogo, la strategia di politica monetaria dell‘ Eurosistema, che mette al centro la stabilità dei prezzi nel
medio termine, svolge un ruolo importante nell'ancorare le aspettative di inflazione su livelli moderati. Le
variazioni delle aspettative di inflazione possono infatti avere un notevole impatto sui futuri aumenti dei prezzi
esercitando un'influenza diretta sulla determinazione di questi ultimi. Esse svolgono ad esempio un ruolo
importante nei mercati del lavoro in cui le contrattazioni salariali vengono effettuate tenendo conto degli sviluppi
che ci si attendono per il futuro, come avviene abbastanza comunemente nell'area dell'euro. Nella strategia di
politica monetaria dell'Eurosistema, la precisa definizione della stabilità dei prezzi è un elemento chiave in quanto
guida gli operatori nell'adozione di decisioni lungimiranti basate su aspettative di stabilità dei prezzi.”
ASPETTATIVE E POLITICA MONETARIA
“In secondo luogo, gli effetti di una variazione dei tassi di interesse della BCE sui mercati finanziari e sull'intera
economia dipenderanno dal fatto che tale intervento sia anticipato o meno e, più in generale, dalla maniera in
cui esso influenzerà le aspettative riguardo alle future decisioni sui tassi di interesse e ai futuri livelli di
produzione e inflazione. Il fatto che sia generalmente difficile misurare le aspettative o, ancora di più, prevedere
come risponderanno all'arrivo di nuove informazioni, aggiunge un ulteriore elemento di incertezza alla
valutazione del meccanismo di trasmissione.”
“In terzo luogo, il ruolo chiave delle aspettative comporta che, oltre all’entità delle misure di politica monetaria o
al momento in cui esse vengono attuate, il contesto in cui si collocano sia importante per spiegarne gli effetti.
Anche in questo caso, il ruolo della strategia di politica monetaria dell'Eurosistema, e la sua credibilità, nel
guidare le aspettative può essere considerato parte integrante del più ampio processo di trasmissione della
politica monetaria. Quando i mercati finanziari e, più in generale, gli operatori del mercato avranno compreso gli
obiettivi della politica monetaria e la maniera in cui i tassi di interesse vengono fissati per il loro conseguimento,
essi anticiperanno in linea di massima gli interventi di politica monetaria e agevoleranno in questo modo il
compito della banca centrale. I mercati obbligazionari, ad esempio, anticiperanno automaticamente l'aumento
dei tassi di riferimento, in termini nominali e reali, quando registreranno segnali di pressioni inflazionistiche.
Il conseguente aumento dei tassi di interesse di mercato a breve-medio termine avrà un impatto restrittivo
sull'economia e aiuterà quindi la banca centrale a mantenere la stabilità dei prezzi.”
Bollettino mensile della BCE • Luglio 2000
INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE
Consideriamo il caso di un’impresa che assume lavoratori secondo l’uguaglianza:
W / P = PML
in base alla quale, quanto più basso è il salario reale, tanto più l’impresa tende ad assumere (curva della
domanda di lavoro). Ad un dato livello di salario monetario, è possibile associare un livello di lavoratori
assunti N. Al medesimo livello di W può, tuttavia, essere associato un altro livello di lavoratori N’ relativo ad
una situazione di inflazione a sorpresa che, aumentando il livello dei prezzi, riduce il salario reale. A fronte di
questi dati, in caso di inflazione inattesa, un’impresa tende ad assumere un numero di lavoratori N’, con N’ >
N, tenendo conto che per i lavoratori in più si ha un prodotto marginale del lavoro più basso, essendo più
basso il salario reale. Questa argomentazione mette in luce l’esistenza di un rapporto tra inflazione e
disoccupazione: attraverso l’inflazione a sorpresa dovrebbe essere possibile stimolare l’occupazione e portare
il sistema economico verso il pieno impiego.
Tale relazione funzionale si traduce in un trade – off per la
politica economica, il cui obiettivo è realizzare
contemporaneamente
- minima disoccupazione,
- bassa inflazione ma non nulla: un certo livello di crescita
dei prezzi esprime l’aumento della qualità dei prodotti
ed altri fenomeni coerenti con lo sviluppo economico.
Non conosciamo un livello “ottimo” per l’inflazione,
nell’area Euro l’obiettivo è un π intorno al 2%. In
un’economia perfettamente indicizzata l’inflazione
sarebbe una variabile neutrale ma non esiste questa
economia(!). in realtà l’impatto dell’inflazione esiste: è
una tassa che ridistribuisce risorse dai creditori ai
debitori (in questo senso può anche giovare agli Stati
con elevato indebitamento, riducendo il valore reale del
debito)
La curva di Phillips
individua una relazione
inversa fra inflazione e
disoccupazione
INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE
Due economisti (Phelps e Friedman) hanno in seguito rielaborato tale
modello sulla base di una critica fondamentale: la curva di Phillips
trascura totalmente il ruolo delle aspettative. Nell’analisi di Phelps e
Friedman, una politica economica che stimola l’aumento dei prezzi per
favorire l’occupazione viene incorporata nelle aspettative degli agenti
razionali, che domanderanno salari nominali superiori per compensare la
perdita di potere d’acquisto determinata dall’aumento di π. La conclusione
è che la curva di Phillips è rappresentativa solo nel breve periodo mentre
nel lungo le aspettative giocano un ruolo fondamentale annullando la
relazione inversa fra π ed u. Un altro economista (Lucas) ha poi
estremizzato questa analisi: se gli agenti sono “ultra – razionali” non è
necessario che il gioco venga ripetuto ma basta un solo periodo affinché
gli agenti vanifichino gli effetti espansivi sull’occupazione. La curva di
Phillips diviene una retta che rappresenta l’indifferenza della
disoccupazione rispetto a variazioni dell’inflazione e viceversa.
L’inflazione non può quindi essere considerata uno strumento di politica
economica in grado di stimolare l’occupazione: questa è la teoria su cui si
fonda la separazione fra politica monetaria e fiscale.
La Curva di Phillips con
aspettative razionali
L’inconsistenza dell’inflazione come strumento in grado di ottenere effetti sul pieno impiego delle risorse può
essere ulteriormente argomentata. L’aumento di assunzioni conseguente allo shock sul costo del lavoro
corrisponde ad una riduzione generalizzata del potere d’acquisto, risultato dell’aumento inatteso dei prezzi.
L’incremento in termini di occupazione non potrà, di conseguenza, essere sostenuto dai consumi e, nel medio
termine, non vi saranno incentivi al mantenimento dei livelli di occupazione raggiunti in seguito allo shock sui
prezzi. Oltre alla contrazione del potere d’acquisto, le famiglie, agenti tipicamente in surplus finanziario,
vedranno ridursi anche il valore dei propri risparmi – consumi futuri, con la redistribuzione a vantaggio dei
debitori conseguente ad un’inflazione inattesa, non incorporata nei contratti – strumenti finanziari.