Due delitti a trecento metri di distanza
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Due delitti a trecento metri di distanza
Primo Piano l'Adige LA TRAGEDIA L’ASSASSINIO DI CANOVA L’AGGUATO mercoledì 25 ottobre 2006 3 L’UCCISIONE Una lunga attesa Cinque coltellate Rino Poletto, 47 anni, originario di Strigno, residente a Maso Grillo di Pergine, attende l’ex moglie Lia Piva, 49 anni pure di Pergine, in fondo a via della Canova, a Gardolo. La donna era andata a trovare il suo nuovo compagno, Livio Marchi, in via della Canova 12. Poletto probabilmente aveva seguito l’ex moglie e sa che Lia esce solitamente da quella stradina per immettersi in via Bolzano, sulla statale del Brennero. Quando la Ford Focus frena e si ferma allo stop, Poletto si avventa contro la macchina e apre la porta dalla parte del guidatore. Con sé l’uomo aveva portato un coltello da cucina con la lama lunga venti centimetri, una mossa che fa pensare alla premeditazione del drammatico delitto. Lo impugna e comincia a colpire Lia Piva. La donna, al volante della sua Ford Focus, non ha tempo e modo di difendersi, tanto che non riesce nemmeno a togliersi la cintura di sicurezza. Rino Poletto le infligge cinque coltellate mortali, quattro alla gola, all’altezza della giugulare, e uno all’addome. Lia Piva muore praticamente sul colpo per dissanguamento. IL LITIGIO Urla e insulti Poletto, furibondo, comincia a prendere a male parole Lia Piva. La insulta urlando ad alta voce, tanto che gli abitanti delle case che si trovano in fondo a via Canova sentono tutto e si affacciano alla finestra. L’ALLARME Soccorsi inutili Partono due telefonate quasi in contemporanea al 113. L’ambulanza del 118 viene allertata alle 22.45 e giunge sul posto alle 22.51. Ma per Lia Piva non c’è ormai più nulla da fare. Uccisa a coltellate dall’ex marito La vittima è Lia Piva, 49 anni, di Pergine. In manette Rino Poletto di FLAVIA PEDRINI E UBALDO CORDELLINI TRENTO - La Ford Focus station wagon grigia è piantata in mezzo alla strada, accanto al segnale di stop. Il muso infilato in via Bolzano, sulla strada statale. Una manovra interrotta da una brusca frenata. Uno stop che diventa il capolinea di una vita. Dentro, seduta al posto del conducente, con la cintura ancora allacciata. Lia Piva, 49 anni compiuti il 2 settembre, di Pergine, impiegata presso la mensa delle Scuole don Milani di Pergine. Indossa un paio di jeans ed una maglietta scura. Semplice, ma elegante. Gli orecchini nascosti dai capelli arricciati dalla permanente. È morta. Uccisa da cinque coltellate. Quattro, al collo, le hanno reciso la vena giugulare. Un’altra, profonda, l’ha colpita all’addome. Il suo assassino, reo confesso, è l’ex marito, Rino Poletto, 47 anni, originario di Strigno, dipendente della ditta Edil Ravanelli di Segonzano. A guidare i fendenti, una gelosia folle e cieca, covata per mesi ed esplosa l’altra sera. Se Lia Piva, la donna che gli aveva dato anche un figlio, non poteva essere più sua, non sarebbe stata di nessun altro. Avevano vissuto sotto lo stesso tetto per anni, sino al maggio scorso. Lei, dopo la fine del suo matrimonio, stava cercando una casa a Pergine, dove trasferirsi insieme al figlio diciottenne. La decisione di mettere la parola fine ad una storia di violenze e minacce. La voglia di costruirsi un futuro. Poi l’incontro con un altro uomo, conosciuto quando ormai la storia con l’ex marito era terminata. L’agguato mortale è scattato poco prima delle 22.45, in via della Canova, poco dopo il negozio di ricambi per auto, Tecnodue srl. La donna, che abita a Pergine a Maso Grillo, al civico 19, alla guida della sua Ford sta per immettersi in via Bolzano. A Canova era venuta a trovare un amico, con il quale da un po’ di tempo aveva intrecciato una relazione. Ma ad attenderla, alla fine della strada, c’era l’ex marito. Probabilmente l’aveva seguita. Forse ne controllava gli spostamenti. Sapeva che incontrava un altro uomo. Aveva parcheggiato la sua automobile vicino alla chiesa di Canova. La aspettava a piedi, allo stop, vicino al sovrappasso: una fermata obbligata per immettersi su via Bolzano. Un ragazzo, seduto in sella ad una Vespa, che segue la macchina, assiste alla scena. Poletto blocca la Focus, apre la portiera e riversa sulla vittima insulti e fendenti: «Te copo putana, te copo vaca». «La ammazza, la ammazza», urla il giovane sul motorino. Le grida spezzano il silenzio della sera e arrivano anche alle case affacciate su via della Canova. Lia Piva non ha nemmeno il tempo di difendersi, bloccata sul sedile dalla cintura di sicurezza. Inchiodata ad un destino terribile. Immobile, di fronte alla raffica di colpi che la strappano ai suoi cari. Poletto indietreggia di qualche passo: nella mano insanguinata stringe il coltello. Sono gli abitanti delle case vicine a chiamare la polizia, che allerta subito il 118. Gli altri auto- COLPITA. A sinistra, Lia Piva, la vittima (fotoservizio Piero Cavagna) Agguato serale a Canova di Gardolo: la coppia era separata L’uomo le ha inferto cinque colpi mortali: quattro al collo, uno all’addome La disperazione dei testimoni in strada: «L’ammazza, l’ammazza» La Residenza al Parco si trova poco a nord del luogo dell’omicidio di ieri sera. «Sembra di vivere a Napoli» Due delitti a trecento metri di distanza A fine luglio l’uccisione di «Lupe», il trans colombiano TRENTO - Trecento metri. Soltanto trecento metri di distanza tra gli unici due delitti commessi in Trentino quest’anno. Era il 29 luglio 2006 quando, in un appartamento della Residenza al Parco in via Bolzano 21/F, venne scoperto il cadavere di Juan Carlos Charria, un colombiano transessuale di 29 anni ucciso a coltellate da Engjell Ndreca, muratore albanese di 19 anni residente ad Aldeno. Anche in quel caso un delitto passionale. La gelosia aveva armato la mano del giovane albanese che voleva avere una relazione in esclusiva con Charria, conosciuto negli ambienti trans con il soprannome di Lupe. A Ndreca gli investigatori erano giunti pochi giorno dopo il delitto. In un primo tempo, l’albanese aveva sostenuto di aver ucciso per paura di essere stato contagiato con il virus dell’Hiv da Lupe. Poi la seconda verità, quella ritenuta più attendibile dagli inquirenti. Ieri sera di nuovo macchine della polizia e ambulanze in via Bolzano. E il commento sconsolato di una donna affacciata su un balcone: «Siamo a Canova, ma ormai sembra di vivere a Napoli» Il corpo di «Lupe» viene portato via dalla Residenza al Parco mobilisti, che assistono alla scena, non hanno il coraggio di scendere dall’auto e avvicinarsi a quell’uomo armato. Alle 22.45 arriva alla centrale operativa di Trentino Emergenza una richiesta di intervento per un accoltellamento. Tra coloro che telefonano alle forze dell’ordine c’è anche la signora Cirelli, che ha fatto da testimone di nozze alla coppia di Pergine. Ha visto nascere e maturare l’amore fra i due coniugi. Ieri sera ha assistito alla drammatica fine della loro storia, terminata con la morte di Lia. Dalla finestra una scena di morte: la gamba della donna che penzola della portiera aperta. Il piede, con indosso una scarpa da ginnastica Adidas, è immobile. «Che ho fatto? Oddio, che ho fatto?», avrebbe gridato Poletto nel buio della notte, accanto al corpo senza vita della donna che diceva di amare. Quando la volante della polizia arriva sul posto trova Poletto in piedi, immobile. In mano ancora l’arma, un coltello da cucina lungo una ventina di centimetri. Sulla fiancata dell’auto le impronte lasciate con la mano insanguinata. All’arrivo dell’equipe medica del 118 per Lia Piva, purtroppo, non c’è ormai più nulla da fare. I tentativi di rianimarla sono inutili. I colpi al collo sono stati fatali. Le parole che l’ex marito rivolge agli agenti non lasciano dubbi su chi sia l’assassino: «Adesso ha smesso di tradirmi», dice Poletto, rivolgendosi ai poliziotti, con le mani appoggiate sulla Focus. Caricato sulla «pantera» l’uomo viene quindi accompagnato in questura e poi arrestato in flagranza di reato con l’accusa di omicidio premeditato. L’uomo, difeso dall’avvocato Giovanni Rambaldi, ha teso alla sua ex moglie un vero agguato, presentandosi allo stop con il coltello da cucina in tasca. L’ha aspettata per ucciderla. Sul luogo del delitto arrivano il commissario capo della squadra mobile di Trento, Roberto Giacomelli ed il capo della sezione omicidi, Nicola Gremes, che conducono le indagini, coordinate dal pubblico ministero Giuseppe De Benedetto. Ci sono anche i carabinieri, con il tenente Vincenzo Gardin, e la polizia municipale, che si occupa della viabilità. Le tute bianche degli agenti della scientifica, impegnati nel rilievi di rito, si mescolano con le luci dei lampeggianti. Una mezzora dopo il terribile delitto dall’angolo sbuca un giovane: i capelli lunghi, raccolti con un fermaglio giallo, jeans, maglia blu. Un’occhiata alla macchina. Poi il corpo che si appoggia al muro. La schiena inarcata. Sul viso una smorfia. Cammina avanti e indietro, scuote la testa. «Che ha fatto, che ha fatto», ripete con un filo di voce, prima di salire sulla volante. Il viso reclinato sul sedile, forse a nascondere le lacrime. Accompagnato in questura, sarà sentito dagli investigatori nelle ore successive, per ricostruire i tasselli del delitto. Quell’uomo è Livio Marchi: abita in via della Canova, al civico 12. È con lui che Lia Piva aveva iniziato a ricostruirsi una vita, dopo la fine del suo matrimonio. Un futuro che Rino Poletto, accecato da una gelosia folle, le ha rubato per sempre la scorsa notte.