Quaderni sull`Investimento nel Capitale di Rischio

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Quaderni sull`Investimento nel Capitale di Rischio
AIFI
Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital
Via Pietro Mascagni, 7 – 20122 Milano
Tel. +39 02 7607531 – Fax +39 02 76398044
E-mail: [email protected] – Web: www.aifi.it
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB
ISSN 1824-4734
AIFI, Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital, è stata istituita nel
maggio 1986 con la finalità di promuovere, sviluppare e rappresentare, istituzionalmente, l’attività di private equity e venture capital in Italia.
AIFI è costituita da istituzioni finanziarie che, stabilmente e professionalmente,
effettuano investimenti nel capitale di rischio attraverso l’assunzione, la gestione e lo
smobilizzo di partecipazioni prevalentemente in società non quotate, con un attivo
coinvolgimento nello sviluppo delle aziende partecipate.
Quaderni sull’Investimento nel Capitale di Rischio
aifi35_COVAIT@[email protected] 28/02/14 22:32 Pagina 1
2014
AIFI
Inquadramento del regime fiscale
dei fondi di private equity
e venture capital
di
Francesco Mantegazza, Andrea Vagliè
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Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital
Inquadramento del regime fiscale
dei fondi di private equity
e venture capital
di
Francesco Mantegazza, Andrea Vagliè
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Quaderni sull’Investimento nel Capitale di Rischio
Periodico di AIFI
Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital
Numero 35 – Anno 2014
Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 794 del 23 dicembre 2003
ISSN 1824-4734
ISBN 978-88-238-6167-1
Direttore Responsabile
Anna Gervasoni
Comitato Scientifico
Innocenzo Cipolletta (Presidente)
Mario Benassi
Giampio Bracchi
Fabio Buttignon
Lorenzo Caprio
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Gian Maria Gros-Pietro
Donato Masciandaro
Giangiacomo Nardozzi
Stefano Preda
Sandro Sandri
Giacomo Vaciago
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Comitato di Redazione
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Alessia Muzio
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Redazione
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La pubblicazione, riproduzione o ristampa della rivista e degli articoli in essa contenuti è vietata, salvo autorizzazione scritta dall’editore previo consenso dell’autore.
Finito di stampare nel mese di marzo 2014
Questo numero è stato chiuso in redazione il 3 marzo 2014
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
3
Gli autori
Francesco Mantegazza è uno degli associati fondatori dello Studio Pirola Pennuto Zei &
Associati. Si occupa prevalentemente di consulenza fiscale, societaria e regolamentare a favore di gruppi multinazionali, operatori di private equity, banche, intermediari finanziari,
fondi comuni di investimento mobiliari e immobiliari. Ricopre la carica di componente del
Collegio Sindacale di società appartenenti a gruppi multinazionali e intermediari finanziari.
Francesco Mantegazza is one of the Equity Partners at Pirola Pennuto Zei & Associati. He
mainly deals with tax, corporate and regulatory advice to multinational groups, private equity firms, banks, financial institutions, investment funds. Member of the Board of Statutory
Auditors of primary companies belonging to multinational groups and of financial intermediaries.
Andrea Vaglié è uno degli associati fondatori dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati.
Ha una consolidata esperienza nella consulenza tributaria nell’ambito di gruppi italiani ed
internazionali. Si occupa di fusioni e acquisizioni ed in genere di operazioni di finanza straordinaria, riorganizzazione societaria e consulenza a fondi di private equity. È stato amministratore indipendente in società controllata da società quotata in borsa. Svolge il ruolo di
Sindaco di importanti società nazionali e di gruppi internazionali.
Andrea Vaglié is one of the Equity Partners at Pirola Pennuto Zei & Associati. Consolidated experience in tax consultancy for Italian and multinational groups. Mainly involved
in domestic and international tax planning operations, mergers and acquisitions, tax due
diligence and tax assistance to private equity firms. He served as independent director of a
company controlled by a listed company. He is serving as statutory auditor in important
domestic companies as well as in subsidiaries of international groups.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
5
Indice
Abstract
7
1. Il regime fiscale dei fondi comuni di investimento mobiliare chiusi di diritto
italiano
9
1.1 Principi generali e imposizione a livello del fondo
1.2 Il regime fiscale dei fondi comuni in relazione alle principali fattispecie
reddituali
1.3 Investimenti transnazionali e trattati contro la doppia imposizione
2. Tassazione in capo agli investitori
2.1 Principi generali e regime di ritenuta alla fonte sui redditi di capitale derivanti
dalla partecipazione al fondo
2.1.1 Quote assunte nell’esercizio di imprese commerciali
2.1.2 Quote assunte dalle forme pensionistiche complementari
2.1.3 Quote assunte da soggetti non residenti
2.2 Identificazione del sostituto di imposta
2.3 I redditi diversi di natura finanziaria derivanti dalla partecipazione al fondo
9
11
13
15
15
17
18
18
20
22
3. Incentivi fiscali per i fondi di venture capital
25
Bibliografia
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INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
7
Abstract
Il presente scritto si propone di fornire una sintesi del regime fiscale degli organismi di investimento del risparmio (OICR) di diritto italiano, istituti nella forma di fondi comuni di
investimento mobiliare chiusi, che rappresentano un tipico operatore di private equity.
Il regime fiscale dei fondi chiusi è stato oggetto di significativi interventi legislativi che
hanno condotto, tra l’altro, ad un maggiore allineamento del quadro normativo italiano al
contesto europeo. Il quadro normativo di riferimento e il connesso regime fiscale sono destinati a ulteriori sviluppi derivanti dall’emanazione delle norme di recepimento in Italia
della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi (la Direttiva
AIFM). Alla data del presente scritto lo schema di decreto legislativo di recepimento della
Direttiva AIFM è all’esame delle Commissioni Parlamentari. A detto schema di decreto legislativo si farà riferimento nel seguito per segnalare, in termini preliminari, le principali
modifiche di carattere fiscale rilevanti per i fondi di investimento chiusi che operano nel settore del private equity.
This article aims at providing an overview of the tax regime applying to Italian collective
investment undertakings (UCIs), set up in the form of closed-ended investment funds and
which represent a typical private equity player.
The tax regime applicable to closed-ended investment funds has undergone important law
amendments which entailed, among other things, a significant alignment of the Italian legislative framework with the European one. The Italian legislative framework and the relevant
tax regime will be further developing as a result of the implementation of EU Directive n.
2011/61 regarding the alternative investment funds managers (the AIFM Directive).
At the date of this article, the draft legislative decree implementing the AIFM Directive is
being discussed by the relevant Parliamentary Committees. Reference will be made hereafter to said draft legislative decree, by way of preliminary remarks, to point out the main tax
changes occurred, with particular regard to closed-ended funds operating in the private equity market.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
9
1. Il regime fiscale dei fondi comuni
di investimento mobiliare chiusi
di diritto italiano
1.1 Principi generali e imposizione a livello del fondo
Il regime fiscale dei fondi comuni di investimento mobiliare chiusi di diritto italiano è in
primo luogo recato dai commi 1 e 3 dell’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR), in base ai quali gli OICR istituiti in Italia, compresi dunque i
fondi comuni di investimento mobiliare chiusi, si considerano ivi residenti e sono soggetti
passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES). Il successivo comma 5-quinquies, del
medesimo art. 73 TUIR stabilisce, tuttavia, che i redditi dei fondi siano esenti dalle imposte sui redditi purché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme
di vigilanza prudenziale 1.
Va evidenziata la centralità che la nozione civilistica di fondo comune di investimento assume quale elemento per l’applicazione del regime fiscale di cui all’art. 73,
comma 5-quinques del TUIR. Al riguardo, può essere opportuno ricordare che il fondo
comune di investimento è attualmente definito dall’art. 1, comma 1, lett. j), del decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF), come “il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o
più emissioni di quote, tra una pluralità di investitori con la finalità di investire lo stesso
sulla base di una predeterminata politica di investimento; suddiviso in quote di pertinenza
di una pluralità di partecipanti; gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti e in auto1
La norma richiamata si applica alla generalità degli OICR istituiti in Italia sia nella forma di fondi comuni di investimento, sia di società di investimento a capitale variabile (SICAV), disciplinati dall’art. 36 del TUF che possono investire in strumenti finanziari quotati e non quotati in un mercato regolamentato, depositi bancari di denaro, crediti e titoli
rappresentativi di crediti, altri beni per i quali esiste un mercato e che abbiano un valore determinabile con certezza con
una periodicità almeno semestrale. La norma si applica, altresì, ai fondi lussemburghesi storici, già autorizzati al collocamento in Italia, di cui all’art. 11-bis del decreto legge n. 512 del 30 settembre 1983, mentre non si applica ai fondi
immobiliari. Va osservato che il regime fiscale degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto
italiano, sia aperti che chiusi, è stato caratterizzato, fino al 30 giugno 2011, dall’applicazione di un’imposta sostitutiva
pari al 12,50% sul risultato di gestione maturato nel periodo di imposta, determinato al netto dei redditi attribuiti alla
gestione esenti da imposta o soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Detto regime
fiscale è stato modificato in maniera sostanziale in particolare dal decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010 con decorrenza dall’1 luglio 2011, al fine di uniformare il regime fiscale comuni degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari italiani a quello dei fondi esteri. In particolare, la modifica ha inteso eliminare i principali elementi penalizzanti che caratterizzavano i prodotti italiani del risparmio gestito, abrogando il regime di tassazione dei redditi in capo ai fondi italiani basato sul principio della maturazione e spostando il momento di imposizione alla percezione dei
proventi da parte dei partecipanti.
10
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
nomia dai medesimi” 2. La definizione pone in evidenza la funzione economica del fondo,
intesa quale gestione collettiva del risparmio raccolto tra una pluralità di investitori, e
l’autonomia delle scelte di gestione della società di gestione del risparmio (SGR). Il regime fiscale previsto per gli OICR si rende applicabile solo ai fondi comuni di investimento
che soddisfino i requisiti necessari per attuare forme di investimento collettivo del risparmio secondo la definizione di carattere civilistico. Ne consegue che, qualora un fondo comune non possieda i requisiti previsti dalla normativa civilistica, allo stesso non si applica
la disciplina fiscale di cui all’art. 73, comma 5-quinquies del TUIR e si rendono, invece,
applicabili le ordinarie disposizioni in materia di imposta sulle società (IRES), essendo gli
stessi fondi espressamente compresi tra i soggetti passivi d’imposta 3.
Le condizioni richieste per l’applicazione del regime fiscale proprio degli OICR ai
fondi comuni non sono quindi identificate in modo autonomo dall’art. 73 del TUIR, ma
viene operato un rimando alla nozione civilistica prevista dal TUF e, in particolare, agli
elementi della autonomia gestionale della SGR e alla pluralità dei partecipanti. In merito
al requisito rappresentato dalla pluralità dei partecipanti, vale osservare come detto requisito non trovi una definizione di carattere normativo e vada, dunque, valutato sul piano sostanziale avendo a mente la nozione di gestione collettiva propria degli OICR. Al riguardo, può essere ricordato il principio affermato dall’Agenzia delle Entrate in base al quale
un fondo comune di investimento può soddisfare il requisito della pluralità di partecipanti
anche nel caso in cui vi sia un unico detentore quotista che rappresenti, a propria volta,
una pluralità di interessi, così da raffigurare una gestione collettiva quale è il caso, ad esempio, dei fondi pensione o dei fondi comuni 4.
Secondo quanto previsto dallo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva
AIFM, il medesimo regime, ai fini delle imposte sui redditi previsto dall’art. 73 del TUIR
e di seguito descritto con riferimento ai fondi di investimento mobiliare chiusi, troverà applicazione anche con riferimento alle società di investimento a capitale fisso (SICAF), definite come l’OICR chiuso costituito in forma di società per azioni a capitale fisso con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l’investimento collet-
2
Detta definizione è stata inserita nell’art. 1, comma 1, lett. j), del TUF dall’art. 32 del decreto legge n. 78 del 2010. Secondo l’art. 1 dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva AIFM, gli elementi cardine di detta definizione dovrebbero essere nella sostanza trasposti nell’art. 1, comma 1, lett. k), del TUF che contiene la nozione di
OICR.
3
Come evidenziato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 13 luglio 2011 e nella Circolare dell’Agenzia
delle Entrate n. 11/E del 28 marzo 2012. Nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 13 luglio 2011, viene
anche evidenziato come rimanga fermo il potere dell’Amministrazione finanziaria di disconoscere i vantaggi tributari
conseguiti tramite la partecipazione in fondi di qualsiasi natura che si dimostrino costruzioni artificiose e il cui fine esclusivo sia quello di conseguire indebiti vantaggi fiscali tali da configurare fattispecie riconducibili a quelle contemplate dalla norma di carattere antielusivo recata dall’art. 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
4
Al riguardo, si veda la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 137/E del 4 ottobre 2005. Può essere utile ricordare
che la rilevanza del requisito soggettivo del quotista al fine di ritenere o meno soddisfatto il paradigma della gestione
collettiva del risparmio in capo a un fondo comune di investimento è disposta sul piano normativo con riferimento ai
fondi immobiliari dall’art. 32, comma 3 del decreto legge n. 32 del 2010, in base al quale il regime fiscale ivi previsto si
applica in ogni caso ai fondi partecipati esclusivamente da determinati investitori “istituzionali” identificati dalla stessa
norma, ciò anche quando il fondo sia partecipato da uno solo di detti investitori “istituzionali”. Al riguardo, la Circolare
dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 15 febbraio 2012 evidenzia tra l’altro come, in tale fattispecie, il regime fiscale si
applichi, a prescindere da ogni valutazione in merito, ai requisiti di autonomia gestionale e pluralità dei partecipanti.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
11
tivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi 5.
1.2 Il regime fiscale dei fondi comuni in relazione alle principali fattispecie
reddituali
Il richiamato art. 73, comma 5-quinquies del TUIR sancisce il principio di carattere
generale in base al quale i fondi percepiscono i redditi di capitale “al lordo” delle imposte
sostitutive, ovvero ritenute alla fonte applicabili in via generale, limitando il prelievo alla
fonte unicamente a determinate tipologie di reddito di capitale. Pertanto, i fondi comuni non
subiscono tassazione a monte sui redditi di capitale da essi percepiti, tranne nel caso in cui
le specifiche disposizioni applicabili con riferimento a determinate categorie di redditi di
capitale prevedano l’applicazione del prelievo alla fonte. In questo caso, le ritenute o le imposte sostitutive applicabili esauriscono l’obbligazione tributaria a livello del fondo.
Si può affermare che le principali categorie di reddito che sono di rilevanza in relazione alle attività di investimento da parte dei fondi comuni chiusi operanti nel settore del
private equity, non siano soggette a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva. Tra queste si
possono annoverare le seguenti:
1) i dividendi distribuiti da società italiane o estere nelle quali il fondo investe 6;
2) gli interessi maturati sui conti correnti o depositi detenuti presso banche italiane ed
estere, anche se rappresentati da certificati 7;
3) interessi e altri proventi da obbligazioni e titoli similari emesse dai c.d. “grandi emittenti” e dunque da titoli di Stato, obbligazioni emesse da banche o società quotate italiane e da obbligazioni emesse da società non residenti in Italia 8;
4) proventi da operazioni di pronti contro termine e operazioni di prestito titoli 9;
5) proventi derivanti dalla partecipazione in altri fondi comuni di diritto italiano, compresi i fondi immobiliari e lussemburghesi storici 10;
6) proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, siano essi “armonizzati” o “non armonizzati” 11;
7) dividendi distribuiti da società di investimento immobiliari italiane, sia quotate o non
quotate (SIIQ o SIINQ) 12;
8) interessi su mutui eventualmente erogati dal fondo a società in connessione
all’acquisizione di partecipazioni 13.
5
L’art. 1 dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva AIFM propone una modifica della nozione
di OICR di cui all’art. 1, comma 1, lettera k), del TUF e la definizione di SICAF all’art. 1, comma 1, lettera i-bis) del
TUF. Il regime fiscale delle SICAF è recato dall’art. 9 dello schema di decreto legislativo.
6
Ritenuta di cui all’art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e imposta sostitutiva di cui
all’art. 27-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
7
Ritenute di cui all’art. 26, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
8
Imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo n. 239 del 1996.
9
Ritenuta di cui all’art. 26, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 con riferimento
alle operazioni di riporto, pronti contro termine e mutuo di titoli garantito di cui all’art. 44, comma 1, lettere g-bis) e gter) del TUIR.
10
Ritenute di cui all’art. 26-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
11
Ritenuta di cui all’art. 10-ter della Legge n. 77 del 1983.
12
Ritenuta di cui all’art. 1, comma 134, della legge n. 296 del 2006.
13
Ritenuta di cui all’art. 26, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
12
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Con riferimento ai redditi sopra elencati, il fondo comune non subisce alcuna ritenuta
o imposta sostitutiva da parte dei soggetti che li corrispondono o che intervengono nella loro
riscossione e detti redditi sono dunque acquisiti al patrimonio del fondo senza alcun assoggettamento a imposizione.
In generale, sono invece applicabili nei confronti dei fondi comuni le seguenti ritenute con aliquota del 20 per cento 14:
a) ritenuta su interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi da soggetti diversi dai cosiddetti “grandi emittenti” 15;
b) ritenuta sui proventi delle cambiali finanziarie 16;
c) ritenuta sui proventi delle accettazioni bancarie di cui all’art. 1 del decreto legge n.
546 del 1981;
d) ritenuta sui proventi dei titoli atipici nei casi previsti dagli artt. 5 e 8 del decreto legge
n. 512 del 1983 17.
In tali casi, le ritenute operate sui redditi di capitali sono a titolo di imposta.
L’impatto delle ritenute o delle imposte sostitutive, che non possono poi essere scomputate
in capo ai partecipanti, va considerato congiuntamente al regime fiscale dei partecipanti al
fine di apprezzare il livello di imposizione complessiva connesso all’investimento nel fondo, posto che l’applicazione delle stesse è atto a comportare un fenomeno di doppia imposizione dei redditi.
In relazione alla ritenuta su interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari
emessi da soggetti diversi dai cosiddetti “grandi emittenti” ordinariamente applicabile ai
sensi dell’art. 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 va
evidenziato che l’art. 12, comma 5, del decreto legge n. 145 del 2013 (il c.d. Decreto Destinazione Italia) ha previsto la non applicazione di ritenuta con riferimento agli interessi e gli
altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, nonché delle cambiali finanziarie, conseguiti da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del TUF e il cui patrimonio sia
investito prevalentemente in tali obbligazioni, titoli o cambiali finanziarie 18. Al di fuori di
questa ipotesi, va osservato che gli interessi e gli altri proventi derivanti da obbligazioni e
titoli similari, emesse da soggetti diversi dai “grandi emittenti”, sottoscritte dai fondi rimangono in linea di principio soggetti a ritenuta alla fonte con aliquota dal 20%.
Con riferimento alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni e alle altre
fattispecie reddituali che rientrano nella categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67 del
14
Con il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, è stata data attuazione al criterio di
unificazione dell’aliquota di tassazione dei redditi di natura finanziaria e, cioè, dei redditi di capitale e dei redditi diversi
di natura finanziaria. Tale decreto ha previsto l’introduzione di un’aliquota unica pari al 20 per cento, in luogo delle
previgenti aliquote stabilite in relazione alle diverse tipologie di strumenti finanziari. L’unificazione al 20 per cento
dell’aliquota di tassazione dei redditi di natura finanziaria ha inciso sul regime tributario dei redditi di capitale conseguiti dal fondo e assoggettati a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva.
15
Prevista dall’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Sono altresì soggetti
a ritenuta gli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari di durata non superiore a 18 mesi emessi fino al
31 dicembre 2011dai cosiddetti “grandi emittenti”.
16
Di cui all’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica. n. 600 del 1973.
17
Secondo le modifiche all’art. 5 del decreto legge n. 512 del 1983 proposte dall’art. 13 dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva AIFM, i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione a OICR immobiliari di diritto estero percepiti da OICR istituiti in Italia e disciplinati dal TUF non sono soggetti alla ritenuta del 20%.
18
Alla data di predisposizione del presente scritto, il citato decreto legge n. 145 del 23 dicembre 2013 è soggetto a conversione e, quindi, potenzialmente modificabile in sede di conversione.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
13
TUIR, va osservato che le stesse sono percepite dai fondi al lordo di ogni onere impositivo.
Il medesimo principio vale per le altre categorie di reddito indicate nell’art. 6 del TUIR 19.
Per quanto concerne l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997, i fondi comuni di investimento non sono soggetti passivi
dell’imposta 20.
1.3 Investimenti transnazionali e trattati contro la doppia imposizione
Come sopra evidenziato, il combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 73 del TUIR
attribuisce ai fondi comuni istituiti in Italia la qualifica di soggetti residenti in Italia anche
nell’ipotesi in cui trovi applicazione il regime di esenzione dall’IRES disposto dall’articolo
73, comma 5-quinquies, del TUIR 21.
Ne consegue che, secondo la normativa italiana, i fondi comuni istituiti in Italia possono beneficiare del trattamento previsto dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni con riferimento ai redditi provenienti da Stati con i quali siano in vigore tali trattati bilaterali. Secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, gli Uffici finanziari sono pertanto tenuti a rilasciare, su richiesta delle SGR, i certificati di residenza per l’applicazione
delle Convenzioni relativamente ai fondi istituiti in Italia coerentemente al principio, espresso anche nel commentario al modello OCSE di convenzione, in base al quale un soggetto si
ritiene “liable to taxation” in uno Stato, anche qualora detto Stato rinunci ad applicare nei
confronti di detto soggetto un’imposta che sarebbe altrimenti dovuta. Si tratta del principio
in base al quale possono essere considerati “liable to taxation” anche soggetti esenti dalle
imposte sul reddito 22.
In merito alla concreta possibilità dei fondi di accedere ai benefici convenzionali, le
autorità estere potrebbero subordinare l’applicabilità di detti benefici ai fondi italiani al riconoscimento dello stesso trattamento agli organismi di investimento collettivo di diritto estero che possiedano caratteristiche analoghe a quelle richieste dalla normativa italiana e che
siano soggetti a forme di vigilanza prudenziali. Al riguardo, vale ricordare che la normativa
italiana in materia di redditi percepiti da organismi di investimento in valori mobiliari esteri
prevede la possibilità di applicazione, su base di reciprocità, delle convenzioni per evitare le
doppie imposizioni vigenti in Italia 23. In particolare, gli OICVM comunitari “armonizzati” o
“non armonizzati” il cui gestore sia soggetto a vigilanza 24, possono avvalersi delle conven19
In questo senso, si veda la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 13 luglio 2011.
Per contro, sono soggetti passivi IRAP le SICAV, ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997. Secondo quanto previsto dall’art. 9 dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva AIFM, saranno soggetti passivi IRAP anche le SICAF secondo le disposizioni dagli artt. 3 e 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997.
21
Come precisato dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 11/E del 28 marzo 2012 e nella Circolare dell’Agenzia
delle Entrate n. 19/E del 4 giugno 2013. Analogo principio è affermato, con riferimento ai fondi immobiliari, nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 15 febbraio 2012.
22
Il commentario all’art. 4 del Modello OCSE di convenzione evidenzia, al paragrafo 8.6, come nei casi qui considerati
la qualità di residente ai fini dell’applicazione delle disposizioni convenzionali sussista a condizione che l’esenzione sia
accordata al soggetto al ricorrere di specifici requisiti previsti dalla normativa domestica e laddove detti requisiti non
siano soddisfatti, il soggetto sia invece sottoposto a imposizione ordinaria. Con riferimento ai fondi comuni di investimento, va al riguardo ricordato che il regime fiscale di esenzione da IRES si applica esclusivamente nel caso in cui siano soddisfatti i requisiti posti dalla normativa civilistica per la qualificazione quale OICR.
23
Secondo quanto disposto dall’art. 10-ter, commi 8 e 9, della legge n. 77 del 1983.
24
Come identificati ai commi 1 e 2 dell’art. 10-ter della legge n. 77 del 1983.
20
14
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
zioni contro le doppie imposizioni stipulate con l’Italia relativamente alla parte dei redditi e
proventi derivanti da investimenti in Italia proporzionalmente corrispondenti alle quote o azioni possedute da soggetti residenti in Paesi con i quali siano in vigore le predette convenzioni. Essendo i principi di cui sopra previsti da disposizioni unilaterali dell’ordinamento
nazionale, va evidenziato come rimanga impregiudicata la possibilità di applicazione delle
misure previste dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni ad organismi di investimento che siano residenti negli Stati contraenti ove ciò sia reso possibile da specifiche disposizioni contenute nelle Convenzioni stesse.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
15
2. Tassazione in capo agli investitori
2.1 Principi generali e regime di ritenuta alla fonte sui redditi di capitale
derivanti dalla partecipazione al fondo
Il regime fiscale connesso alla partecipazione a fondi comuni in vigore dal 1 luglio
2011 è caratterizzato dal principio di tassazione in capo ai partecipanti, in via generale, al
momento della percezione dei proventi.
Nel caso di soggetto partecipante che non effettui l’investimento nell’ambito di attività di impresa commerciale, dalla partecipazione a fondi comuni di investimento possono derivare: (a) redditi di capitale che il partecipante ritrae dall’impiego delle somme affidate all’organismo di investimento e, cioè, i proventi direttamente riferibili all’incremento
di patrimonio rilevato in capo all’OICR 25; nonché (b) redditi diversi di natura finanziaria
che possono derivare sia dalla negoziazione sia dal rimborso delle quote del fondo, ancorché sottoscritte all’emissione o comunque non acquistate da terzi per effetto di cessione a
titolo oneroso 26. Nel caso di partecipante che detenga le quote in relazione ad attività di
impresa commerciale, i redditi derivanti dalla partecipazione ai fondi sono invece attratti
nella categoria del reddito di impresa.
In base all’art. 26-quinquies del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del
27
1973 , sui redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ai fondi si applica una ritenuta
alla fonte del 20% 28. La ritenuta si applica sui proventi distribuiti in costanza di partecipazione al fondo e su quelli compresi nella differenza tra il valore di riscatto, di cessione o di
liquidazione delle quote e il costo medio ponderato di sottoscrizione o acquisto delle quote/azioni medesime 29. Il valore di riscatto, di cessione o di liquidazione delle quote e il co25
Definiti dall’art. 44, comma 1, lettera g), del TUIR, come “proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo
di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai
relativi investimenti”.
26
Si tratta dei redditi diversi di cui al comma 1, lettera c-ter) e al comma 1-quater dell’art. 67 del TUIR.
27
Rubricato “Ritenuta sui redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ad OICR italiani e lussemburghesi storici”.
28
Va segnalato, per completezza, che i redditi di capitale sono determinati al netto di una quota riferibile ai titoli pubblici italiani ed esteri. Il criterio di determinazione della predetta quota è stabilito con decreto del Ministero
dell’Economia e delle Finanze del 13 dicembre 2011. In particolare, la quota dei proventi derivanti dalla partecipazione
ai fondi riferibile ai titoli pubblici italiani ed esteri è determinata in proporzione alla percentuale media dell’attivo del
fondo investita direttamente o indirettamente, per il tramite di altri OICR, nei predetti titoli. Il 37,50% di tale quota viene sottratto dai redditi di capitale derivanti dalla partecipazione al fondo. Pertanto, i proventi derivanti dalla partecipazione ad OICR riferibili a titoli pubblici italiani ed esteri concorrono alla formazione della base imponibile della ritenuta
nel limite del 62,50% del relativo ammontare.
29
Tra le operazioni di rimborso sono compresi anche i trasferimenti effettuati da un comparto all’altro del medesimo
fondo (c.d. “switch”) come previsto dal comma 6 dell’art. 26-quinquies del Decreto del Presidente della Repubblica
600/73. Secondo quanto evidenziato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 15 luglio 2011, la rilevanza
16
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
sto di sottoscrizione o acquisto delle quote sono rilevati dai prospetti periodici. Con riferimento al caso delle quote di fondi chiusi che siano oggetto di negoziazione, la determinazione della base imponibile secondo i criteri identificati dalla norma potrebbe comportare l’applicazione di una ritenuta su un reddito di capitale di ammontare superiore rispetto
al reddito effettivamente conseguito dal partecipante cedente, tenuto conto della peculiare
periodicità, non giornaliera, con la quale tipicamente si procede alla quantificazione del
valore delle quote sulla base del NAV dei fondi chiusi e degli altri elementi che possono
influenzare la quantificazione del reddito effettivamente realizzato dal partecipante rispetto al NAV registrato a livello del fondo.
Secondo la modifica all’art. 26-quinquies del D.P.R. n. 600 del 1973 proposta
dall’art. 10 dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva AIFM, il costo di acquisto delle quote deve essere documentato dal partecipante e, in mancanza di documentazione, può essere attestato mediante una dichiarazione sostitutiva. La relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo evidenzia come la modifica sia volta ad operare una semplificazione nella determinazione della base imponibile dei redditi derivanti
dalla partecipazione ad OICR in quanto il riferimento alla identificazione del valore di riscatto, di cessione o di liquidazione delle quote e del costo di sottoscrizione o acquisto
delle quote sulla base dei prospetti periodici può creare problemi operativi nel caso di
OICR che non redigono prospetti giornalieri.
La ritenuta è applicata anche nell’ipotesi di trasferimento delle quote a rapporti di
custodia, amministrazione o gestione intestati a soggetti diversi dagli intestatari dei rapporti di provenienza. Tali trasferimenti rappresentano fattispecie fiscalmente rilevanti ai
fini dell’applicazione della ritenuta anche qualora avvengano a causa di successione o donazione 30.
Va osservato come non risulti più operante la presunzione di prioritaria distribuzione dei proventi che risultava applicabile sino al 30 giugno 2011. Pertanto, le previsioni
contenute nel regolamento dei fondi circa la natura delle somme di volta in volta distribuite dal fondo ai partecipanti, possono incidere sul regime fiscale delle somme distribuite ai
partecipanti. Qualora le previsioni del regolamento di un fondo attribuiscano alle somme
distribuite ai sottoscrittori la natura prioritaria di restituzione di apporti previamente effettuati dai medesimi sottoscrittori e detta previsione sia conforme alla disciplina regolamentare, le somme così distribuite non assumono rilevanza reddituale ai fini fiscali, dovendosi
ritenere che le stesse riducano il costo delle quote fiscalmente riconosciuto in capo al partecipante ai fini della successiva determinazione sia dei redditi di capitale sia dei redditi
diversi 31.
fiscale di tali operazioni discende essenzialmente dalla circostanza che, ai sensi dell’art. 36, comma 6, del TUF, “ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo”.
30
Ai fini dell’applicazione della ritenuta, il contribuente deve fornire al sostituto d’imposta la relativa provvista, in
mancanza della quale risulterà possibile per l’intermediario sospendere l’esecuzione dell’operazione. Con riferimento
alle implicazioni fiscali derivanti in caso di successione, si rimanda alle indicazioni fornite dal paragrafo 2.4 della Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/E del 4 giugno 2013.
31
Detta presunzione operava in base alla disciplina in vigore sino al 30 giugno 2011 ed è stata rimossa a seguito
dell’abrogazione del comma 4-bis dell’art. 45 del TUIR. La norma richiamata comportava l’insorgere di questioni interpretative circa la rilevanza fiscale delle somme distribuite in presenza di previsioni del regolamento del fondo che
attribuivano alle somme distribuite ai sottoscrittori la prioritaria natura di restituzione di apporti da questi effettuati.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
17
La ritenuta del 20% è applicata a titolo di acconto sui proventi percepiti da:
a) imprenditori individuali se le quote sono relative all’impresa ai sensi dell’art. 65
TUIR;
b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, di cui all’art. 5
TUIR;
c) società ed enti di cui alle lettere a) e b) dell’art. 73, comma 1, TUIR;
d) stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
I redditi conseguiti dai suddetti soggetti concorrono a formare il reddito di impresa
secondo le ordinarie disposizioni del TUIR rispettivamente applicabili.
La ritenuta del 20% è invece applicata a titolo di imposta nei confronti di tutti gli altri soggetti, comprese dunque le persone fisiche non operanti nell’ambito del regime del
reddito di impresa e i soggetti esenti o esclusi dall’IRES 32.
Ai partecipanti non spetta alcun credito di imposta in relazione alle ritenute o imposte eventualmente subite dal fondo, in Italia o all’estero, in relazione ai redditi da esso
conseguiti. Dette ritenute o imposte assumono dunque rilevanza, congiuntamente al regime fiscale dei partecipanti, nella valutazione del livello di imposizione complessiva connesso all’investimento nel fondo.
Di seguito, si sintetizza il regime fiscale delle principali categorie di partecipanti.
2.1.1 Quote assunte nell’esercizio di imprese commerciali
Per i partecipanti, che detengono le quote nell’ambito di attività di impresa commerciale, i proventi derivanti dalla partecipazione ai fondi concorrono a formare il reddito
d’impresa secondo le ordinarie disposizioni previste al riguardo dal TUIR. In funzione del
profilo soggettivo del partecipante e delle modalità di investimento nel fondo, i proventi
possono assumere rilevanza ai fini IRAP.
Va qui ricordato che, secondo i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate 33, le
plusvalenze realizzate in relazione alle quote di fondi comuni non possono beneficiare del
regime della c.d. “partecipation exemption” di cui all’art. 87 TUIR che, in determinate
condizioni, si applica con riferimento alle plusvalenze realizzate su partecipazioni in società. Allo stesso modo, i proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni non godono dell’esclusione del 95% del relativo ammontare prevista dall’art. 89, comma 2,
TUIR con riferimento alle distribuzioni di dividendi effettuate da società ed enti, residenti
e non residenti in Italia.
32
La ritenuta non trova applicazione in relazione ai proventi derivanti dalla partecipazione a fondi che siano percepiti
nell’ambito di gestioni individuali di portafoglio per le quali il contribuente abbia optato per l’applicazione del regime
fiscale del c.d. risparmio gestito di cui all’art. 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997. In questo caso, i proventi concorrono a formare il risultato della gestione soggetto a imposizione sostitutiva del 20% in base al criterio della maturazione e a prescindere dalla effettiva percezione.
33
Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E del 4 agosto 2004.
18
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
2.1.2 Quote assunte dalle forme pensionistiche complementari
I proventi percepiti dalle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005 non sono soggetti a ritenuta e sono pertanto computati nel risultato
di gestione assoggettato ad imposta sostitutiva dell’11%.
2.1.3 Quote assunte da soggetti non residenti
I proventi percepiti dai soggetti non residenti in Italia identificati dall’art. 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996 non sono soggetti a ritenuta. I soggetti non residenti elencati dal richiamato art. 6 sono i seguenti:
1. soggetti residenti in Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, individuati nella lista di cui al decreto ministeriale previsto dall’art. 168-bis
del TUIR (c.d. Paesi e territori white list) 34;
2. investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti nei
Paesi e territori white list;
3. enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia, a prescindere dalla circostanza che essi fruiscano o meno di totale esenzione dalla generalità delle imposte in Italia in virtù degli accordi istitutivi medesimi
o di altri accordi ad essi pertinenti 35;
4. banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.
Sulla base dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate 36, per investitori istituzionali esteri si devono intendere gli enti che, indipendentemente dalla loro veste giuridica
e dal trattamento tributario cui sono assoggettati i relativi redditi nel Paese in cui sono costituiti, hanno come oggetto della propria attività l’effettuazione e la gestione di investimenti per conto proprio o di terzi. Più in particolare, detta definizione comprende le seguenti categorie di investitori:
a) gli enti che sono assoggettati a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono costituiti;
b) gli enti che, pur non essendo soggetti a forme di vigilanza, sono in possesso di una
specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari, espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante dell’ente. Da detta nozione sono esclusi, in linea di principio, gli enti che sono costituiti appositamente allo scopo
di gestire gli investimenti effettuati da un numero comunque limitato di partecipanti,
pur avendo come fine istituzionale la gestione e l’effettuazione di investimenti, come
34
In attesa dell’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 168-bis del TUIR, per l’identificazione di detti
Paesi e territori si deve fare riferimento al decreto ministeriale 4 settembre 1996 e alle successive modifiche o integrazioni apportate dai decreti ministeriali del 25 marzo 1998, del 16 dicembre 1998, del 17 giugno 1999, del 20 dicembre
1999, del 5 ottobre 2000, del 14 dicembre 2000 e del 27 luglio 2010. Va ricordato, inoltre, che il decreto ministeriale
dell’11 gennaio 2013 ha inserito l’Islanda nell’elenco degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.
35
Al fine della identificazione di detti enti od organismi, si può fare riferimento alla lista di enti, da ritenersi non esaustiva, contenuta nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 11/E del 28 marzo 2012. La Circolare sottolinea come, dietro segnalazione all’Agenzia delle Entrate da parte degli enti interessati, la lista potrà essere integrata previa verifica
della sussistenza dei requisiti richiesti presso i competenti servizi del Ministero degli Affari Esteri.
36
In particolare, si rimanda alla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/E del 27 marzo 2003 la quale riprende i chiarimenti precedentemente forniti nella Circolare 23/E dell’1 marzo 2002.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
19
ad esempio le c.d. holding lussemburghesi del ’29, i trust e le partnership. Secondo i
chiarimenti forniti dalla Agenzia delle Entrate, rientrano quindi in tale definizione, a
titolo di esempio, le società di assicurazione, i fondi comuni di investimento, le SICAV, i fondi pensione e le società di gestione del risparmio, tutti soggetti specificamente ricompresi tra gli investitori “qualificati” di cui all’articolo 1, comma 1, lettera
h), del decreto del Ministro del Tesoro del 24 maggio 1999, n. 228, in quanto assoggettati a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti.
Va evidenziato che, nonostante i chiarimenti forniti nei documenti di prassi
dell’Agenzia delle Entrate, possono rendersi necessari sforzi interpretativi per stabilire se
un soggetto non residente rientri o meno nel novero di quelli di cui all’art. 6 del decreto
legislativo n. 239 del 1996 e l’esperimento di valutazione caso per caso, ad esempio con
riferimento a investitori istituzionali esteri che presentino un numero limitato di partecipanti. In questa ipotesi, la sussistenza di genuine politiche di raccolta dei capitali e di
commercializzazione sembra comunque un elemento utile al fine dell’inquadramento
dell’investitore nell’ambito di quelli titolati a beneficiare del regime di esenzione laddove
siano soddisfatte le altre condizioni richieste.
Sembra ragionevole ritenere che, seppure in assenza di uno specifico riferimento
normativo, la sussistenza dei requisiti richiesti per rientrare nella definizione di cui all’art.
6 del decreto legislativo n. 239 del 1996 possa essere autocertificata dal partecipante estero 37.
L’art. 26-quinquies, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del
1973 contiene una disposizione avente l’intendimento di impedire operazioni elusive volte
ad usufruire indebitamente del regime di esenzione sopra descritto. In base alla norma richiamata, il regime di esenzione si applica esclusivamente ai proventi realizzati dal soggetto non residente e maturati nel periodo di possesso delle quote, attestato dal deposito
delle stesse presso un intermediario residente in Italia e sempreché in detto periodo
l’investitore presentasse i requisiti per l’esenzione di cui all’art. 6 del decreto legislativo n.
239 del 1996. La norma comporta, dunque, che il regime di esenzione si applichi esclusivamente con riferimento ai redditi prodotti nell’arco temporale in cui le quote del fondo
sono state possedute dai soggetti esteri che hanno diritto alla agevolazione con la finalità
di evitare, pertanto, l’effettuazione di operazioni di cessione delle quote in prossimità della
percezione dei proventi per usufruire dell’esenzione sull’intero ammontare dei redditi percepiti 38.
L’attestazione circa la residenza e il periodo di possesso delle quote deve essere presentata all’intermediario entro la data di realizzo dei proventi. Per contro, non possono beneficiare del regime di esenzione i proventi riferibili a periodi di imposta in cui
l’investitore non presentava i requisiti per l’esenzione ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996. Nell’ipotesi di variazione nella residenza dell’investitore,
l’ammontare dei proventi maturati che può usufruire del regime di esenzione è limitato a
quello effettivamente realizzato al momento del rimborso, della cessione delle quote o della distribuzione 39.
37
Allo scopo, si ritiene che il partecipante possa utilizzare lo schema di autocertificazione di cui al decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2001.
38
Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/E del 4 giugno 2013.
39
Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/E del 4 giugno 2013 nella quale sono proposti anche taluni esempi riferiti all’ipotesi di variazione nella residenza.
20
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Nell’ipotesi di proventi percepiti da partecipanti non residenti in Italia che non rientrano tra quelli di cui all’art. 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996 e che, dunque, non
beneficiano dell’esenzione prevista dalla normativa domestica di cui all’art. 26-quinquies,
comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, trova in linea di
principio applicazione la ritenuta del 20% a titolo di imposta 40. In dette situazioni, si può
porre la questione circa l’applicabilità di una aliquota ridotta per i partecipanti che siano
residenti in uno Stato che ha stipulato con l’Italia una convenzione contro la doppia imposizione e che soddisfino le condizioni per beneficiare delle previsioni convenzionali. Al
riguardo, assume rilievo la caratterizzazione del reddito sia dal punto di vista della normativa domestica che alla luce delle disposizioni convenzionali. Vale ricordare che la caratterizzazione del reddito derivante da OICR di diritto italiano è stata affrontata sul piano
normativo e, successivamente, interpretativo dall’Agenzia delle Entrate con riferimento ai
fondi immobiliari. Secondo le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, i proventi derivanti
dalla partecipazione a fondi immobiliari che rientrano nella categoria dei redditi di capitale di cui all’art. 44, comma 1, lettera g) del TUIR dovrebbero essere ricondotti, nel caso di
convenzioni stipulate con l’Italia sulla base del modello OCSE, che non prevedano apposite disposizioni, alla categoria reddituale degli “interessi” di cui all’art. 11 del richiamato
Modello OCSE trattandosi di redditi di capitale diversi dai dividendi 41. Può essere osservato che i proventi derivanti dalla partecipazione a fondi di investimento mobiliari chiusi
hanno caratteristiche economiche analoghe a quelli derivanti da fondi immobiliari, trattandosi in entrambi i casi di redditi derivanti da gestione collettiva operata nella forma di
OICR che rientrano nella medesima categoria dei redditi di capitale di cui all’art. 44,
comma 1, lettera g) del TUIR. Appare ragionevole ritenere che, nonostante l’assenza di
una specifica indicazione normativa, le disposizioni convenzionali di cui all’art. 11 del
modello OCSE di convenzione possano essere applicate anche con riferimento ai proventi
derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare che rientrano nella
definizione di redditi di capitale per ridurre l’aliquota della ritenuta di cui all’art. 26quinquies, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
2.2 Identificazione del sostituto di imposta
Il sostituto di imposta al quale spetta l’onere di applicare la ritenuta sui proventi connessi alla partecipazione a fondi comuni di cui trattasi è in primo luogo individuato
dall’art. 26-quinquies, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del
1973 nei seguenti soggetti: (a) le società di gestione del risparmio (SGR) nel caso di proventi distribuiti in costanza di partecipazione o di riscatto e liquidazione delle quote 42; e
40
La ritenuta trova applicazione a titolo di acconto nel caso in cui il partecipante non residente operi in Italia mediante
una stabile organizzazione alla quale siano attribuite le quote del fondo.
41
Si vedano al riguardo l’art. 7, comma 3-bis del decreto legge n. 351 del 2001, il Provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate del 16 dicembre 2011, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 11/E del 9 marzo 2011 e la
Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 15 febbraio 2012.
42
Va osservato in termini generali che, nel caso di proventi derivanti da OICR italiani istituiti da società di gestione estera che operi in Italia in regime di libera prestazione di servizi in attuazione della direttiva 2009/65/CE del 13 luglio
2009 e della direttiva 2011/61/UE dell’8 giugno 2011, la ritenuta è applicata dalla stessa SGR estera oppure da un rappresentante fiscale, scelto tra i soggetti di cui all’art. 23 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Lo
schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva AIFM prevede che nel caso in cui la SGR sia disintermediata e i proventi siano realizzati in sede di negoziazione delle quote, la ritenuta sia applicata dai soggetti incaricati della
negoziazione di cui all’art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
21
(b) nel caso di negoziazione delle quote, i soggetti di cui all’art. 23 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 incaricati della negoziazione che possono o meno
coincidere con la SGR.
La norma individua innanzitutto la SGR che ha istituito il fondo, tenuto conto del
fatto che la SGR è il soggetto che si cura dell’emissione delle quote nonché, in linea di
principio, il titolare del rapporto continuativo d’investimento con il soggetto che sottoscrive le quote. Nel caso in cui le quote siano oggetto di negoziazione, il sostituto di imposta è
invece identificato nei soggetti incaricati della negoziazione delle quote del fondo che
rientrino tra quelli elencati dall’art. 23 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600
del 1973. Qualora la cessione delle quote avvenga senza l’intervento diretto della SGR o
di altro intermediato che sia incaricato della negoziazione, l’identificazione del soggetto
tenuto ad operare in qualità di sostituto di imposta deve essere valutata caso per caso, tenuto conto di elementi quali, a titolo esemplificativo, le eventuali previsioni del regolamento del fondo che disciplinano le modalità di cessione delle quote ed il ruolo assunto
dalla SGR nel relativo processo, i flussi finanziari tra le parti e l’eventuale presenza e funzioni di soggetti cui i partecipanti abbiano affidato il ruolo di depositari delle quote. Al riguardo e con riferimento all’ipotesi in cui la negoziazione delle quote avvenga senza
l’intervento di un intermediario, l’art. 26-quinquies, comma 6-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 prevede che i redditi di capitale siano assoggettati a
imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota del 20 per cento
prevista per la ritenuta a titolo di imposta.
Qualora le quote o azioni siano immesse in un sistema di deposito accentrato gestito
da una società autorizzata ai sensi dell’art. 80 del TUF, come tipicamente avviene nel caso
di quote di fondi che siano quotate in mercati regolamentati, tenuto conto che la SGR non
è in grado di attestare la titolarità delle stesse, l’art. 26-quinquies, comma 1 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 prevede che i compiti del sostituto d’imposta
gravino sull’intermediario residente presso il quale le quote sono state depositate, aderente
(direttamente o indirettamente) al suddetto sistema di deposito accentrato, nonché sui soggetti non residenti aderenti a detto sistema di deposito accentrato ovvero a sistemi esteri di
deposito accentrati aderenti al medesimo sistema 43.
43
La scelta di immettere le quote nel sistema di deposito accentrato libera la SGR dagli obblighi generalizzati di sostituzione d’imposta, consentendone, quindi, la traslazione sugli intermediari che intrattengono con il partecipante un rapporto di custodia, deposito o amministrazione degli strumenti finanziari sottoscritti. Ne deriva che gli intermediari depositari, non solo hanno l’obbligo di calcolare, prelevare e versare la ritenuta, ma sono tenuti altresì ad effettuare le prescritte comunicazioni nominative nell’ambito della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta relativamente ai soggetti nei confronti dei quali la ritenuta si applica a titolo d’acconto e ai proventi corrisposti a soggetti non residenti non
imponibili. I sopra richiamati obblighi rimangono naturalmente in capo alla SGR nei casi in cui le quote dei fondi non
siano immesse in sistemi di deposito accentrato. I soggetti non residenti che applicano la ritenuta devono nominare,
quale loro rappresentante fiscale in Italia, una banca o una società di intermediazione mobiliare residente nel territorio
dello Stato, una stabile organizzazione in Italia di banche o di imprese di investimento non residenti ovvero una società
di gestione accentrata di strumenti finanziari autorizzata ai sensi dell’art. 80 del TUF. Il rappresentante fiscale deve adempiere ai propri compiti negli stessi termini e con le stesse responsabilità previste per i soggetti residenti in Italia. In
particolare, deve versare la ritenuta all’Erario e fornire, entro quindici giorni, dalla richiesta dell’Amministrazione finanziaria ogni notizia o documento utile per comprovare il corretto assolvimento degli obblighi riguardanti la ritenuta in
oggetto.
22
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
2.3 I redditi diversi di natura finanziaria derivanti dalla partecipazione al
fondo
Come sopra accennato, la partecipazione al fondo può comportare la realizzazione,
da parte dei partecipanti che non detengano le quote nell’ambito del reddito di impresa, di
redditi diversi di natura finanziaria, derivanti sia dalla negoziazione sia dal rimborso delle
quote del fondo, ancorché sottoscritte all’emissione o comunque non acquistate da terzi
per effetto di cessione a titolo oneroso 44.
Nel caso in cui le quote siano detenute dal partecipante non in relazione ad attività di
impresa, i redditi diversi sono assoggettati a imposizione secondo il regime del risparmio
amministrato di cui all’art. 6 del Decreto Legislativo n. 461 del 1997 anche in mancanza
di esercizio dell’opzione da parte del partecipante. Detto regime costituisce, pertanto, il
regime naturale di imposizione e comporta l’adempimento degli obblighi tributari, ovvero
l’applicazione dell’imposta sostitutiva, da parte dell’intermediario. E’ fatta salva la facoltà
del partecipante di rinunciare al predetto regime con effetto dalla prima operazione successiva alla rinuncia, con la conseguenza che i redditi diversi realizzati dovranno essere
indicati nella dichiarazione dei redditi annuale del contribuente 45.
Nel caso in cui il partecipante proceda a una cessione a titolo oneroso delle quote (o
intervenga una qualsiasi altra operazione assimilata a una cessione a titolo oneroso) e si
determini una differenza negativa tra corrispettivo percepito e costo di acquisto, anche nel
caso in cui questa derivi dal risultato di gestione del fondo e non da negoziazione, la stessa
rappresenta una minusvalenza compensabile con le eventuali plusvalenze realizzate secondo le modalità indicate nell’art. 68, commi 6 e 7, lettera a) del TUIR.
Per quanto concerne le minusvalenze realizzate mediante il rimborso o cessione anche parziale delle quote o in ipotesi di revoca dell’opzione o chiusura del rapporto di custodia, amministrazione o deposito, l’intermediario rilascia al partecipante una certificazione al fine di consentire la compensazione delle minusvalenze con le plusvalenze realizzate in altri rapporti in regime amministrato intestati allo stesso contribuente ovvero indicate nella dichiarazione dei redditi 46.
44
Ai sensi del comma 1, lettera c-ter) e del comma 1-quater dell’art. 67 del TUIR.
In tal caso, l’evento realizzativo deve essere segnalato dall’intermediario nell’ambito delle comunicazioni di cui
all’art. 10, comma 1, del decreto legislativo n. 461 del 1997.
46
Come osservato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 15 luglio 2011, tale previsione opera esclusivamente con riferimento alle operazioni di rimborso effettuate a partire dal 1 luglio 2011 e trova applicazione in tutti
quei casi in cui le quote o azioni degli OICR siano detenute in un rapporto non formalizzato in un contratto di custodia,
amministrazione o deposito avente ad oggetto esclusivamente le predette quote. Si tratta dell’ipotesi in cui il rapporto è
intrattenuto dal contribuente con l’emittente (in quanto le quote sono collocate direttamente dalla SGR) nonché qualora
detto rapporto sia intrattenuto con il soggetto incaricato del collocamento delle quote ed abbia ad oggetto esclusivamente tali strumenti finanziari. Essendo titolare di sole quote o azioni di OICR il contribuente risulterebbe, in tali casi, impossibilitato a utilizzare le minusvalenze realizzate. Qualora invece le quote siano detenute in un formale contratto di
custodia, amministrazione o deposito in relazione al quale sia operante il regime del risparmio amministrato, la certificazione non è rilasciata in quanto le minusvalenze devono essere utilizzate nell’ambito del medesimo rapporto, prevalendo la disposizione di cui all’art. 6, comma 5, primo periodo, del decreto legislativo n. 461 del 1997 che impone
l’utilizzo delle minusvalenze all’interno del rapporto in cui sono originate. Nell’ipotesi in cui vi sia un’attività di collocamento, il rilascio della certificazione delle minusvalenze deve essere effettuato dall’intermediario più vicino al contribuente che, d’altra parte, svolge il ruolo di intermediario abilitato all’applicazione del regime del risparmio amministrato.
45
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
23
Nell’ipotesi di redditi diversi, realizzati da partecipanti non residenti in Italia, va osservato che detti redditi non sono soggetti a imposizione in Italia: (a) in ogni caso, se le
quote del fondo sono negoziate in mercati regolamentati secondo quanto previsto dall’art.
23, comma 1, lettera f) del TUIR; e (b) nel caso di quote del fondo non negoziate in mercati regolamentati, se il partecipante rientra tra i soggetti di cui all’art. 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996 secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997. Nei casi in cui non si rientri in una delle ipotesi sopra richiamate, risultano applicabili le disposizioni previste dalle convenzioni contro la doppia imposizione
che possono riservare allo stato di residenza del partecipante il diritto di tassazione dei
redditi così realizzato.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
25
3. Incentivi fiscali per i fondi di venture
capital
L’art. 31 del decreto legge n. 98 del 2011, rubricato “Interventi per favorire l'afflusso
di capitale di rischio verso le nuove imprese”, ha introdotto una normativa di favore finalizzata a incentivare l'accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese, utilizzando lo strumento dei fondi comuni di investimento 47.
Il comma 2 dell'art. 31 del decreto legge n. 98 del 2011 fornisce una prima definizione di carattere generale, specificando che sono definiti “fondi per il venture capital” i fondi
comuni di investimento che investono almeno il 75% dei capitali raccolti in società non
quotate nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing),
di avvio dell’attività (early stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion financing) 48.
Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 dicembre 2012, introdotto al fine di stabilire le modalità attuative del regime previsto dal decreto legge n. 98 del
2011, afferma che, ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato, i FVC sono gli
OICR i quali prevedono nei loro regolamenti che almeno il 75% dei relativi attivi sia investito in società che non siano quotate e che siano qualificabili come piccole e medie imprese
ai sensi della Raccomandazione n. 2003/261/CE della Commissione europea del 6 maggio
2003.
Il regime fiscale agevolato si applica solo se, decorso un anno dalla data di avvio del
fondo di venture capital o dalla data di adeguamento del regolamento alle nuove condizioni
di investimento, il valore dell'investimento in società non quotate aventi le caratteristiche
indicate nel comma 3 dell'art. 31 del decreto legge n. 98 del 2011 non risulti inferiore, nel
corso dell'anno solare, al 75% del valore degli attivi 49 per più di tre mesi.
47
La disposizione è stata emanata in ottemperanza alle linee indicate dalla Commissione europea nella Comunicazione
“Europe 2020”, nella quale si afferma, tra l’altro, di voler dotare l’Europa di un mercato del venture capital veramente
efficiente, in modo da facilitare considerevolmente l’accesso diretto delle imprese ai mercati dei capitali e cercando
incentivi per i fondi del settore privato tali da rendere disponibili finanziamenti per le imprese start-up e per le PMI innovative.
48
A tale riguardo si segnala che la Commissione europea prevede che le misure previste in Italia a favore del capitale di
rischio devono limitarsi a fornire finanziamenti fino alla fase di espansione per le piccole imprese e fino alla fase startup per le medie imprese situate in zone non assistite, o fino alla fase di espansione. Cfr. decisione C(2012) 6451 del 17
settembre 2012. Per quanto concerne la residenza fiscale del fondo di venture capital, la Commissione europea afferma
che l’agevolazione si applica “agli organismi di investimento di diritto italiano o di diritto estero situati in un altro Stato membro dell’UE o del SEE”.
49
Da rilevarsi al netto dei risultati negativi di gestione non utilizzati ai sensi dell’art. 2, comma 71, del Decreto Legge n.
225 del 2010.
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QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Per quanto riguarda l’entità degli investimenti, ognuno di questi deve essere inferiore
a 2,5 milioni di euro su un periodo di 12 mesi. Le quote di investimento devono risultare
comunque inferiori al livello massimo delle tranche di investimento previsto dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di
rischio nelle piccole e medie imprese calcolato per ciascuna impresa destinataria su un periodo di 12 mesi.
Oltre ai citati requisiti quantitativi riferiti all’investimento, devono essere rispettati
ulteriori requisiti in capo alle società destinatarie degli investimenti:
a) non devono essere quotate;
b) devono avere la propria sede operativa in Italia;
c) le relative quote o azioni devono essere direttamente detenute, in via prevalente e per
almeno il 51%, da persone fisiche;
d) devono essere soggette all'IRES (o analoga imposta prevista dalla legislazione locale)
senza la possibilità di esenzione totale o anche soltanto parziale;
e) devono esercitare un’attività di impresa da non più di 36 mesi;
f) devono avere un fatturato, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato prima
dell’investimento del fondo, non superiore ai 50 milioni di euro.
Per quanto riguarda il secondo requisito, la Commissione europea afferma che “le imprese partecipate non sono obbligate ad avere la propria sede legale in Italia, ma sono soltanto tenute a registrarsi in Italia, ovvero ad essere presenti con una filiale, un’agenzia o una
stabile organizzazione in Italia” 50.
Per quanto riguarda gli investitori, il richiamato decreto del Ministero dell’Economia e
delle Finanze stabilisce che le quote dei fondi di venture capital possono essere sottoscritte
esclusivamente dagli investitori che sono considerati “investitori professionali” o che possono, su richiesta, essere trattati come “investitori professionali” secondo le disposizioni
della direttiva 2004/39/CE. Oltre a questi, sono inclusi anche altri investitori che soddisfino
i seguenti requisiti:
- si impegnino a investire almeno 100.000 euro;
- dichiarino per iscritto, in un documento separato dal contratto da stipulare per l'impegno
a investire, di essere consapevoli dei rischi connessi all'impegno o all'investimento previsto;
a condizione che il gestore del fondo:
- effettui una valutazione in merito alla competenza, esperienza e conoscenza
dell’investitore, senza presumere a priori che l’investitore possieda la richiesta conoscenza ed esperienza di mercato propria degli “investitori professionali”;
- sia ragionevolmente sicuro, alla luce della natura dell’impegno o dell’investimento previsto, che l’investitore è in grado di assumere decisioni autonome di investimento e di
comprenderne i rischi connessi, e che un impegno del genere sia appropriato per il suddetto investitore.
L’art. 31, comma 4 del decreto legge n. 98 del 2011 prevede l’esenzione da imposta
per i redditi di capitale di cui all’art. 44, comma 1, lettera g) del TUIR derivanti dalla partecipazione a fondi di venture capital. Per quanto concerne i soggetti beneficiari
50
Cfr. Decisione della Commissione del 17 settembre 2012, paragrafo 23.
INQUADRAMENTO DEL REGIME FISCALE DEI FONDI DI PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL
27
dell’agevolazione, si segnala che l’esenzione da imposizione riguarda sia le persone fisiche
che le persone giuridiche 51.
La specifica agevolazione garantisce quindi che i proventi derivanti dai fondi di venture capital non siano soggetti alla ritenuta alla fonte del 20% e non siano assoggettati a imposizione in capo ai partecipanti 52.
Per quanto riguarda la rilevanza assunta dagli investitori, rileva quanto previsto dal
richiamato decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze il quale prevede all’art. 1,
comma 5, che le SGR e i soggetti residenti incaricati del pagamento dei proventi mantengano a disposizione appositi prospetti contabili che consentano di verificare, tra l’altro,
l’osservanza del requisito minimo di investimento previsto per beneficiare dell’esenzione.
51
Per le persone giuridiche e, più in generale, per i soggetti titolari di un redditi d’impresa, il regime fiscale agevolato
era originariamente efficace previa autorizzazione della Commissione europea. Tale autorizzazione è pervenuta il 17
settembre 2012 e prevede espressamente che gli investitori ammissibili al regime agevolato sono le persone fisiche e le
persone giuridiche.
52
Con riferimento ai proventi conseguiti nell’ambito del reddito di impresa, va tenuto in considerazione che, ai sensi
dell’art. 83 del TUIR, in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative
perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi.
28
QUADERNI SULL’INVESTIMENTO NEL CAPITALE DI RISCHIO
Bibliografia
Agenzia delle Entrate, Circolare n. 23/E del 1 marzo 2002.
Agenzia delle Entrate, Circolare n. 20/E del 27 marzo 2003.
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Agenzia delle Entrate, Circolare n. 2/E del 15 febbraio 2012.
Agenzia delle Entrate, Circolare n. 11/E del 28 marzo 2012.
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AIFI, Circolare n. 46/2011 del 21 luglio 2011.
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Assogestioni, Circolare n. 68/12/C del 9 luglio 2012.
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I Numeri precedenti
쐽 Quaderno n. 1/2004 – Il private equity come motore di sviluppo
쐽 Quaderno n. 2/2004 – Le metodologie di valutazione della performance nell’attività di private equity e venture capital
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쐽 Quaderno n. 4/2005 – I fondi mobiliari chiusi di diritto italiano: profili normativi e di mercato alla luce del
Provvedimento Banca d’Italia 14 aprile 2005
쐽 Quaderno n. 5/2005 – La nuova disciplina dei patti parasociali nel private equity
쐽 Quaderno n. 6/2005 – La tassazione dei proventi dei fondi mobiliari chiusi e le possibili strutture per investi쐽
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tori non residenti
Quaderno n. 7/2005 – Il private equity come asset class per gli investitori istituzionali
Quaderno n. 8/2006 – L’impatto della disciplina dei gruppi sul private equity
Quaderno n. 9/2006 – Caratteristiche e sviluppo del mercato italiano del private equity e venture capital
Quaderno n. 10/2006 – La contabilizzazione dell’avviamento nelle aggregazioni aziendali: il principio IFRS 3
Quaderno n. 11/2006 – I fondi di fondi pubblico-privati per la creazione di nuove imprese tecnologiche
Quaderno n. 12/2007 – Private equity e medie imprese italiane
Quaderno n. 13/2007 – La riforma fallimentare in Italia
Quaderno n. 14/2007 – Il ruolo del private equity nella trasformazione dell’impresa
Quaderno n. 15/2007 – Private equity e private banking
Quaderno n. 16/2007 – Fondi di private equity per lo sviluppo delle infrastrutture
Quaderno n. 17/2008 – Il secondary private equity
Quaderno n. 18/2008 – Problematiche di benchmarking per il settore del private equity
Quaderno n. 19/2008 – L’impatto della Direttiva MiFID sull’attività di private equity
Quaderno n. 20/2009 – Il portafoglio italiano del private equity. Analisi e considerazioni
Quaderno n. 21/2009 – Profili di compliance nelle operazioni di Private Equity
Quaderno n. 22/2009 – Metodi di valutazione e clausole anti-diluizione nel Private Equity e nel Venture
Capital
Quaderno n. 23/2009 – Private equity & green economy
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Quaderno n. 28/2011 – Private equity ed economia italiana
Quaderno n. 29/2011 – L’impatto della normativa antiriciclaggio sulle società di private equity
Quaderno n. 30/2011 – La responsabilità degli Amministratori non esecutivi e i meccanismi di protezione
nelle operazioni di private equity
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Inquadramento del regime fiscale
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di
Francesco Mantegazza, Andrea Vagliè
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