The Show Must Go Off

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The Show Must Go Off
The Show Must Go Off
Scritto da Elena Calafato
«L'uomo è poco se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera e vi dirà la
verità.» (Oscar Wilde)
Se, in un Sabato sera annoiato, vi capitasse di percorrere la strada
che costeggia il Naviglio Grande di Milano, a un certo punto potreste imbattervi in uno
spettacolo singolare: gangsters, ballerine di charleston, qualche femme fatale, pin up e soldati
della Seconda Guerra mondiale, tutti abbigliati in perfetto stile retrò, in attesa che un'anonima
porta rossa, l'ingresso del Salon Parisien, gestito dall'agenzia Voodoo de Luxe, si apra. Quella
porta è l’accesso a un mondo vintage (antico, un prestito che i linguisti definirebbero
di lusso
) e meraviglioso: si entra nell'epoca del proibizionismo e delle crinoline, e pare che i giorni della
prima metà del Novecento non siano mai finiti.
C'è attesa, nell'aria, e un palcoscenico di foggia teatrale nasconde dietro pesanti tende rosse un
fremito gioioso: lo spettacolo sta per cominciare. La vedette presenta, una per una, le
performer, le ambasciatrici del burlesque. Ciascuna di loro mette in scena uno o più atti, brevi
spettacoli che fondono la danza, lo spogliarello, il canto, il circo, il teatro, il cabaret, e tante altre
forme d'arte in un unico, accattivante mix. Gli spettacoli si susseguono con l’incedere della
notte, finché si dimentica di essere nel Terzo Millennio, e che tutto ciò è “solo” una mirabolante
e meravigliosa mascherata.
Eppure, se si fa un po' di attenzione, ci si accorge che spettatori e burlesquer portano
travestimenti che esprimono la volontà di dare nuova vita a un mondo di valori e una storia a
lungo dimenticati. Il burlesque infatti è legato a filo doppio alla prima metà del Novecento: era
una forma di intrattenimento nata dal popolo e pensata per esso, uno spettacolo che dietro la
sua aria licenziosa nascondeva una critica a volte feroce della società. Le performer si
spogliavano, senza restare mai nude (i pasties, o copricapezzolo, nascondevano il seno quel
tanto che bastava per non dare scandalo, senza mostrare le parti intime); spesso erano
imprenditrici di se stesse. E in un'epoca bigotta e poco incline all'intraprendenza femminile,
mostravano la propria personalità, soprattutto intellettuale. Avevano un’ironia un po’ sfacciata,
ma mai volgare. Erano amate dalle donne perché rappresentavano una femminilità scanzonata
e popolare, e dagli uomini, in quanto libere e affascinanti, così diverse dalle loro mogli da
sembrare irraggiungibili.
Ma quali donne, nel 2012, scelgono di intraprendere questa strada, dimostrando che il corpo
non è merce ma un’opera d’arte? Chiarisce il concetto Janet Fischietto, una delle più famose
performer di burlesque del panorama italiano.
- Innanzitutto, un ringraziamento a Janet per averci concesso un po' del suo tempo. Per
cominciare, raccontaci come ti sei avvicinata al mondo del burlesque.
Mi ci sono avvicinata più o meno nel 2008, nel periodo in cui stavo scrivendo la mia tesi di
laurea che riguardava il trasformismo, il mondo del circo e dello spettacolo di inizio Novecento.
Durante le mie ricerche, mi capitava spesso di imbattermi in questi personaggi femminili molto
singolari, che appartenevano appunto al mondo del varietà, del freak show, dello spettacolo in
generale e del mondo dell'intrattenimento, soprattutto di quello più leggero dei teatri. Ho quindi
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scoperto che tutte queste donne facevano burlesque: ma che cos'era il burlesque? All'epoca se
ne iniziava appena a parlare, in Europa e in Italia, e la performer che sentivo più spesso
nominata era Dita Von Teese. Quindi ho iniziato a studiare il fenomeno e ad approfondire le mie
conoscenze in materia, rimanendo affascinata da questo mondo. Nello stesso periodo ho
conosciuto quello che è il mio attuale agente, Virgil Riccomi dell'agenzia Voodoo de Luxe – lui è
stato uno dei primi a portare in Italia questo genere di eventi – il quale, dopo aver visto alcune
mie foto, mi disse che sarei stata perfetta per diventare una performer di burlesque. All'epoca
lavoravo per un locale che era sempre disposto ad ospitare spettacoli di tipo innovativo e artisti
emergenti, e con la collaborazione di Virgil misi in scena proprio lì uno dei miei primi act, quello
della sigarettaia, che mi permise di dare voce alla passione per il mondo del circo e del freak
show. All'epoca infatti avevo già molti tatuaggi, che ben si accordavano con quelle figure che
tanto mi affascinavano, con quelle artiste che durante i primi del Novecento si esibivano nei
circhi per pochi soldi, mettendo in mostra la loro pelle nuda ma decorata da disegni esotici,
come fosse una vera e propria opera d'arte, una tela capace di raccontare di mondi lontani e
affascinanti. Così cominciai a ideare i miei personaggi, sempre legati in qualche modo al mondo
del circo, e a creare le mie coreografie: all'epoca infatti non potevo ancora contare sull'aiuto di
Milena Bisacco, che oggi è la mia coach e coreografa.
- Oltre al tuo esordio nel mondo del burlesque, quali altri momenti della tua carriera ricordi
con più piacere?
Da quando ha avuto inizio la mia carriera – che, a dirla tutta, è ancora ai suoi esordi, perché
tre anni e mezzo di attività sono davvero pochi –, i momenti belli e di crescita sono stati tanti. Se
guardo indietro, infatti, non riesco a capacitarmi di ciò che è accaduto, perché, come dico
spesso, da tre anni e mezzo mi sembra di essere in un frullatore: le emozioni sono continue e
l'adrenalina è sempre alle stelle. La mia è una scalata di cui non vedo la fine. Tuttavia, ho
sempre ben presenti nel cuore e nella mente tutti i momenti più belli: le prime interviste, i primi
riconoscimenti, la prima volta che mi sono esibita in un teatro. Per noi performer è bellissimo
infatti pensare che in Italia il burlesque sia visto come un'operazione culturale, che vada oltre il
semplice spogliarello da night club.
- Uno degli aspetti da sottolineare, è proprio questo: il burlesque non è una variante sul
tema dello spogliarello, ma una vera e propria forma d'arte.
Certo. Se infatti guardiamo alle origini dello spettacolo possiamo notare che all’epoca, le
performance si tenevano nei teatri, e le strade erano piene di locandine di annunci. Chiaro, non
si trattava di uno spettacolo pudico, e chi ci andava lo faceva per svagarsi, però era
goliardicamente seguito da uomini e donne di tutti i ceti sociali. Era, insomma, una forma di
intrattenimento, con le varie performance intervallate da numeri di danza e di cabaret.
- Perciò a chi afferma, con un sorriso malizioso e irridente, che il nome burlesque e tutto ciò
che l’accompagna, sono solo un modo per nascondere qualcosa di triviale e banale, cosa si
può rispondere?
Innanzitutto che probabilmente queste persone non hanno mai assistito a uno spettacolo di
genere. Ci sono, infatti, vari elementi che distinguono una performance di burlesque da uno
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strip puro e semplice. In primo luogo, la performer non rimane mai completamente nuda, perché
lo scopo non è quello. Ogni act racconta sempre qualcosa, è uno spettacolo onirico. Come
spesso ripeto, metto in scena i miei sogni e trovo svilente chiamare quello che faccio uno strip.
Il mondo del burlesque, a differenza di quanto accade per lo strip tease, non è figlio del
presente. Noi artiste e artisti ci ispiriamo a un mondo e un'epoca in cui non era neppure
possibile fare della pornografia esplicita, o spettacoli dall'alto contenuto erotico.
- Nell'ultimo periodo ci troviamo di fronte a una diffusione che potremmo dire di massa del
burlesque. Se questo può essere sinonimo di una fortuna e un apprezzamento diffusi, porta
inevitabilmente a una banalizzazione del fenomeno.
Questo è sicuramente vero, ed è necessario specificare che esistono due modi per affrontare
il burlesque: uno più spensierato e disimpegnato (che può essere, ad esempio, l'idea di
frequentare un corso per conoscere meglio se stesse, il proprio corpo, e divertirsi), ed uno più
impegnato e professionale. Spesso però questi due aspetti si confondono, e si finisce con
l'assistere a spettacoli che con il burlesque vero e proprio hanno ben poco a che vedere. Tutto
ciò può dare allo spettatore un'idea sbagliata e causare fraintendimenti. Tuttavia, possiamo dire
una cosa: finalmente se ne parla! Oggi in Italia tutti, bene o male, si sono fatti un'idea di cosa
sia il burlesque, anche grazie alla televisione: di notevole impatto, da questo punto di vista, è
stata, ad esempio, la performance di Dita Von Teese a Sanremo 2010. È giusto che sia così, e
del resto, come per ogni forma d'arte, ci sono i cultori e i “turisti” del genere. Posso dirmi felice
del fatto che il burlesque sia entrato nella cultura popolare, e starà a noi che abbiamo introdotto
in Italia questa forma d'arte offrire spettacoli di qualità. Ciò che più conta è comunque che le
persone si divertano nell'assistere alle performance: è questo, in sintesi, uno degli scopi
fondamentali del burlesque, il divertimento.
- Possiamo dire che viene considerato, soprattutto da alcune artiste (Dirty Martini, per
citarne una) come una forma di nuovo femminismo, o comunque uno strumento di denuncia
rispetto all'uniformità, e a quello che Marilyn Manson definisce
fascismo della bellezza?
Sì, è sicuramente un modo per interpretare il burlesque. Ci sono artiste che lo vivono e lo
affrontano in modo “primordiale”, come le giovani che a fine Ottocento ne intraprendevano la
carriera per canzonare le donne della borghesia, i loro atteggiamenti, i loro eventi, così come i
politicanti e gli appartenenti all'élite culturale. In questa veste, il burlesque si configurava come
uno spettacolo per il popolo, uno spettacolo per tutti. Inoltre era, ed è ancora, una grande
espressione di individualità, perché ogni artista, una volta salita sul palco, può indossare le sue
maschere preferite e raccontare il proprio modo di essere, il proprio mondo e i propri sogni,
senza necessariamente legarsi ai canoni estetici e culturali imposti dalla società. A ciò va
aggiunto che il burlesque è legato a un'epoca (la sua nascita e diffusione si colloca nei primi 30
anni del Novecento) in cui le donne stavano prendendo coraggio nel rivendicare i propri diritti e
la propria autonomia, senza seguire dei modelli prestabiliti.
- Che dire? Ti siamo grati per averci raccontato di te e del mondo del burlesque, che in
Italia offre un panorama ricco e variegato, grazie anche alla pionieristica attività dell'agenzia
Voodoo de Luxe, che si occupa dell'organizzazione di eventi retrò in tutto il paese. È un modo
per far conoscere e a riportare in vita un tratto della nostra storia e della nostra cultura.
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Vi ringrazio per lo spazio concesso, e ci tengo a dire che io e la mia famiglia Voodoo de Luxe
siamo lieti di contribuire al recupero di un pezzo di storia (quello che va dagli anni '20 agli anni
'50 del Novecento) che ci appartiene, ma che spesso sottovalutiamo. È sempre un piacere
vedere le persone impegnarsi per partecipare alle nostre serate, mostrando un grande
interesse verso questo mondo.
Il burlesque è, come abbiamo visto, un'occasione non solo di svago, ma anche di riflessione, di
contatto con la conoscenza popolare; un mezzo per imparare il passato e interpretare il
presente. Le performer di burlesque portano in scena i sogni, l'ironia e la bellezza: la loro arte è
divertente e maliziosa, e propongono un'immagine di femminilità inusuale. Se a ciò
aggiungiamo l’apertura al modus espressivo di un periodo spesso dimenticato, troviamo anche
un considerevole numero di messaggi per nulla marginali. Perché bisogna conservare la
memoria per poter costruire il futuro.
Sediamoci dunque al tavolo, e lasciamoci incantare dai lustrini, dai corsetti e dalle piume di
struzzo, facciamoci incantare dai modi gentili di una seducente sigarettaia. E quando il velluto
rosso avrà nascosto alla vista il palco, diremo fra noi con malinconia divertita che sì, è il
momento giusto, sublime, perfetto: the show must go off.
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