Reologia della termogelificazione inversa di solu
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Reologia della termogelificazione inversa di solu
Reologia della termogelificazione inversa di soluzioni acquose di idrossipropilcellulosa Claudia Carotenuto egli corso degli ultimi anni gli studi sull’idrossipropilcellulosa (HPC) e, in particolare, sulle soluzioni acquose di tale polimero sono fortemente aumentati grazie al suo vantaggioso impiego in molteplici settori industriali, soprattutto quello alimentare, cosmetico e farmaceutico. Le ragioni di un tale interesse sono legate, prima di tutto, alla biocompatibilità dell’HPC e inoltre sono dovute alla sua spiccata versatilità. Infatti, come suggerito dal diagramma in figura 1 [Guido, 1995], variando temperatura e concentrazione di HPC, il sistema presenta tre diverse fasi (isotropa/liquido cristallina/gel) e dunque esibisce diverse proprietà. La maggior parte degli studi reologici presenti in letteratura sul sistema acqua/HPC riguarda la caratterizzazione N Fig. 1 – Diagramma di fase di una soluzione acquosa di HPC, Mw = 132000 Da [Guido, 1995]. della soluzione omogenea [Clasen e Kulicke, 2001, Phillies et al., 2003] e lo studio della transizione da fase isotropa a liquido cristallina [Walker e Wagner, 1994, Guido e Grizzuti, 1995]. Minori sono i riferimenti bibliografici disponibili sulla transizione sol-gel [Haque e Morris, 1993], oggetto di studio di questo lavoro di ricerca. Utili indicazioni sul processo di termogelificazione inversa sono comunque contenute in un numero cospicuo di lavori scientifici [Heymann, 1935, Sarkar, 1979, Desbrières et al., 2000, Hussain, 2002] riguardanti le soluzioni acquose di altri eteri cellulosici non ionici, soprattutto metilcellulosa (MC) e idrossipropilmetilcellulosa (HPMC) che possiedono una struttura chimica molto simile all’HPC. La gelificazione di un sistema avviene solitamente in seguito ad un abbassamento della temperatura, mentre per soluzioni acquose di eteri cellulosici e, in particolare, di HPC la transizione sol-gel è favorita da un riscaldamento della soluzione. Questo processo, completamente reversibile, è noto come termogelificazione inversa ed è attribuibile alla presenza contemporanea di zone idrofiliche ed idrofobiche nei monomeri glucosidici formanti la catena polimerica (figura 2). A temperatura ambiente l’acqua solvata l’HPC sfruttando i gruppi OH presenti lungo la macromolecola e forma una “impalcatura ghiacciata” [Elias, 1989] intorno alla catena, una sorta di “gabbia d’acqua” [Haque e Morris, 1993] che c ~ ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 11 Claudia Carotenuto che viene individuato e discusso un possibile meccanismo di evoluzione microstrutturale del sistema all’aumentare della temperatura. È inoltre analizzato l’effetto di alcuni parametri fondamentali come la concentrazione di HPC, la velocità di riscaldamento, la forza ionica della soluzione acquosa. Fig. 2 – Struttura chimica HPC. impedisce le interazioni tra le zone idrofobiche del polimero. All’aumentare della temperatura, presumibilmente, l’idrossipropilcellulosa perde la propria acqua di idratazione lasciando scoperti i segmenti propilici che, liberi di interagire, portano alla formazione di un gel fisico. Le soluzioni acquose di HPC possono gelificare a temperatura prossima a quella corporea; questa caratteristica, unita alla già citata biocompatibilità dell’HPC, rende il sistema idoneo al rilascio controllato di farmaci all’interno di organi. Infatti, a temperatura ambiente, le soluzioni possono essere facilmente iniettate nell’organismo, in particolare in organi cavi (vescica). A 37°C si forma un gel che può aderire alle pareti dell’organo e rilasciare, in maniera controllata, il farmaco precedentemente sciolto in soluzione. È questa affascinante prospettiva il primo impulso a questo lavoro di ricerca. In questo contributo viene presentato lo studio del processo di termogelificazione inversa di una soluzione acquosa di HPC, preceduto da una breve caratterizzazione della fase sol isotropa a 25°C. Attraverso misure sia reologiche che otti- 12 c ~ Materiali e metodi L’idrossipropilcellulosa utilizzata in questo lavoro è prodotta dall’Aqualon, con il nome commerciale “Klucel”. Il peso molecolare medio, calcolato attraverso misure di viscosità intrinseca, risulta pari a 132000 Da. Soluzioni con concentrazione in peso, w, variabile dal 15% al 40% sono state preparate aggiungendo il quantitativo desiderato di polvere essiccata di HPC ad acqua bidistillata. I tempi di dissoluzione sono molto lunghi e variano da dieci giorni a circa un mese. La viscosità intrinseca dell’HPC adoperata è pari a 1.02 dL/g [Guido, 1995]. Pertanto la concentrazione di overlapping è dell’ordine 10 g/L, ossia circa l’1% in peso. Ne consegue che tutte le soluzioni analizzate in questo lavoro sono in regime concentrato. La forza ionica del solvente è stata modificata sciogliendo cloruro di potassio, KCl, nelle soluzioni in quantitativi variabili dallo 0.7% al 7% in peso. L’attività sperimentale è svolta con un reometro rotazionale a stress imposto (Rheometric SR 200) equipaggiato con geometrie piatto-cono di diametro 25 e 40 mm e angolo pari, rispettivamente, a 0.1 e 0.04 rad. La temperatura è efficacemente controllata con un’unità Peltier. ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 Termogelificazione inversa Le misure reologiche sono state affiancate da misure ottiche realizzate ponendo le soluzioni tra i piatti paralleli trasparenti di una cella termostatata (CSS450, Linkam Scientific Instruments). Il campione è osservato attraverso un microscopio (Axioskop 2 Plus, Carl Zeiss Inc) equipaggiato con un obiettivo 10×. Le immagini sono catturate attraverso una telecamera (TMC-76s, Pulnix Inc) connessa al PC. Il livello di grigio delle immagini acquisite è proporzionale all’intensità della luce trasmessa. Risultati sperimentali Fase isotropa A temperatura ambiente i campioni analizzati sono in fase isotropa. Infatti, tutte le soluzioni al di sotto del 41% in peso risultano trasparenti sia con luce polarizzata che non polarizzata [Guido, 1995]. La figura 3 riporta la viscosità di una soluzione al 30% di HPC a 25°C. Si osserva il tipico andamento shear-thinning di una soluzione polimerica omogenea. La viscosità a zero-shear della soluzione varia fortemente con la concentrazio- Fig. 3 – Viscosità complessa di una soluzione al 30% in peso di HPC a 25°C. ne come evidenzia la figura 4, dove sono riportati, per confronto, anche i dati ottenuti da Walker e Wagner (1994) su un campione simile di HPC. Nel diagramma in scala doppiamente logaritmica i punti sperimentali si allineano su una retta di pendenza n = 5. La viscosità varia, quindi, con legge di potenza, η ∝ wn, il cui esponente è molto elevato, superiore a quello previsto per polimeri sia flessibili che rigidi [Doi ed Edwards, 1986, Pearson 1987]. Il valore misurato è comunque in accordo con dati disponibili in letteratura su analoghe soluzioni acquose di HPC. Phillies e Quinlan (1995) hanno analizzato differenti campioni di idrossipropilcellulosa con Mw compreso tra 300000 e1500000 Da. Gli esponenti trovati variano da 4.6 a 4.3 e diminuiscono all’aumentare del peso molecolare. Termogelificazione inversa Lo studio della termogelificazione inversa o, più in generale, delle transizioni di fase che avvengono durante il riscaldamento delle soluzioni acquose di idrossipropilcellulosa viene condotto attraverso Fig. 4 – Viscosità a zero-shear in funzione della concentrazione in peso di HPC a 25°C. ( ) dati misurati, ( ) dati da Walker e Wagner (1994). c ~ ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 13 Claudia Carotenuto prove di spettroscopia meccanica lineare. In particolare, i campioni vengono riscaldati da 25°C a 60°C con una rampa termica variabile da 0.1 a 10°C/min e con una frequenza di oscillazione pari a 10 rad/s. Lo sforzo σ ≤ 10 Pa. Si è verificato che tale limite superiore consente di rimanere in campo lineare in tutte le prove condotte e di non alterare, rompendola, la struttura del gel fisico che si forma ad alte temperature. In figura 5 è mostrato l’andamento del modulo elastico e viscoso in funzione della temperatura per una soluzione di HPC al 30% in peso. La velocità di riscaldamento è 5°C/min. Procedendo dalle basse alle alte temperature si possono distinguere tre differenti andamenti: da 25÷46°C ambedue i moduli decrescono, come accade tipicamente per soluzioni isotrope; da 46÷50°C sia G’ che G’’ presentano una brusca variazione di pendenza, si riducono in maniera più marcata con la temperatura fino a raggiungere un minimo; da 50÷60°C entrambi i moduli aumentano e in particolare G’ interseca e scavalca G’’. Il sistema ottenuto è stabile nel tempo, infatti il valore dei due moduli a 60°C resta costante per almeno 48 ore (tempo massimo di osservazione sperimentale). Il comportamento dei moduli viscoelastici suggerisce un meccanismo di transizione a due step. In particolare, l’improvviso crollo dei parametri viscoelastici è relazionabile ad una precipitazione dell’HPC. La fase successiva di ripresa di G’ e G’’ e il conseguente cross-over indicano la formazione di un gel. Sono state condotte ulteriori prove sperimentali per validare o meno il meccanismo di evoluzione morfologica appena ipotizzato. La prima prova a favore della precipitazione dell’HPC è osservabile a occhio nudo. Infatti la soluzione polimerica, trasparente a temperatura ambiente, diviene torbida e assume un aspetto lattiginoso a partire da ~46°C. Mantenendo la soluzione a 48°C per un arco di tempo sufficientemente lungo (~24 ore) si osserva una separazione di fase macro- Fig. 5 – Andamento del modulo elastico ( ) e viscoso ( ) in funzione della temperatura per una soluzione al 30% in peso di HPC. Velocità di riscaldamento: 5°C/min. Frequenza di oscillazione: 10 rad/s. 14 c ~ ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 Termogelificazione inversa scopica; il sistema è costituito da due strati di fluido, quello inferiore opaco (contenente l’HPC precipitata) e quello superiore trasparente (contenente l’HPC ancora disciolta in soluzione). All’analisi puramente visiva viene affiancata una prova torbidimetrica in grado di fornire una misura quantitativa della variazione di torbidità della soluzione, ovvero della quantità di luce assorbita dal sistema. In particolare, durante una rampa di riscaldamento, condotta esattamente nelle stesse condizioni descritte in figura 5, viene misurata la variazione relativa di luce assorbita, (I0-I)/I0, dove I è la luminosità media della generica immagine della soluzione acquisita dal microscopio ottico e I0 è il valore corrispondente a 25°C. I risultati ottenuti sono riportati in figura 6. Si osserva un cambiamento improvviso di torbidità della soluzione alla stessa temperatura a cui avviene il crollo dei parametri viscoelastici, a sostegno dell’ipotesi di precipitazione a partire da 46°C circa. Fig. 6 – Percentuale di luce assorbita (I0-I)/I0 da una soluzione al 30% in peso di HPC durante una rampa termica a 5°C/min. Il secondo step della transizione di fase è rappresentato dalla gelificazione. La prima evidenza sperimentale a favore della formazione di un gel è contenuta nella figura 5 ed è rappresentata dal cross-over tra G’ e G’’. La figura 5 si riferisce a una misura ottenuta ad una fissata frequenza e, dunque, non può essere considerata una prova definitiva della transizione sol-gel. Per questo, sono stati condotti test in oscillatorio, a frequenza variabile (da 0.1 a 50 rad/s), a fissate temperature. La figura 7 riporta tre dei grafici ottenuti relativi a 40°C, 49°C, 56°C. Le temperature scelte si riferiscono rispettivamente alla zona isotropa, alla zona di precipitazione e alla zona di gelificazione. A 40°C (figura 7a) l’andamento dei moduli viscoelastici è quello tipico di una soluzione polimerica, G’ < G’’ in tutto l’intervallo di frequenze esplorato e si raggiungono le pendenze limite di -2, modulo elastico, e -1, modulo viscoso, a basse frequenze. A 49°C (figura 7b) l’andamento dei moduli viscoelastici suggerisce ancora l’esistenza di un sistema liquido, ma i valori di G’ e G’’ sono molto più bassi di quelli misurati a 40°C. La riduzione osservata è alquanto marcata e non può essere giustificata esclusivamente dall’aumento della temperatura. Presumibilmente una parte dell’HPC precipita e non contribuisce più alla viscoelasticità esibita dalla soluzione. A 56°C (figura 7c) si osserva la formazione del gel. Infatti, in accordo con il criterio di Winter e Chambon (1986), i due moduli sono paralleli e proporzionali a ωn. c ~ ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 15 Claudia Carotenuto catene di HPC. In particolare, la precipitazione condiziona la successiva gelificazione come è dimostrato in figura 8, dove è riportato il valore del modulo elastico a 60°C, G’60°, in corrispondenza di varie rampe termiche. Il valore di G’60° decresce al ridursi della velocità di riscaldamento. Infatti, più lentamente si aumenta la temperatura, più HPC riesce a precipitare e meno catene polimeriche restano sciolte in soluzione per la formazione successiva del gel. Il processo di precipitazione può divenire talmente marcato da impedire addirittura la formazione del gel, come accade per rampe termiche più lente di 0.1 °C/min. Fig. 7 – Modulo elastico ( ) e viscoso ( ) in funzione della frequenza di una soluzione al 30% in peso di HPC a tre differenti temperature: a) 40°C, b) 49°C, c) 56°C. Gli esperimenti appena descritti danno vigore all’ipotesi di un meccanismo di transizione a due step: precipitazione e gelificazione. I due processi sono correlati, infatti derivano entrambi dall’interazione intra o intermolecolare tra le 16 c ~ I risultati fino ad ora mostrati si riferiscono ad una soluzione di idrossipropilcellulosa al 30% in peso. Per le altre concentrazioni disponibili gli andamenti dei parametri viscoelastici sono qualitativamente analoghi. In particolare, le temperature caratteristiche del processo, Tp e Tco (temperatura di precipitazione e temperatura di cross-over), risultano le stesse, entro i limiti dell’errore sperimentale, per tutte le soluzioni dal 20% al 40% in peso di HPC. Va sottolineato che per valori inferiori al 20% in peso non si può parlare di Tco in quanto non si assiste alla formazione di alcun gel, evidentemente a causa di un numero insufficiente di catene sciolte in soluzione dopo la precipitazione. L’indipendenza di Tp e Tco dalla concentrazione dimostra che il processo di termogelificazione inversa di soluzioni acquose di idrossipropilcellulosa è governato essenzialmente dalla temperatura e dalla variazione con essa delle interazioni ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 Termogelificazione inversa Fig. 8 – Modulo elastico a 60 °C di una soluzione al 30% in peso di HPC in funzione della velocità di riscaldamento. (Frequenza = 10 rad/s). polimero/solvente. Da quanto detto, è facile intuire che una modifica delle proprietà del solvente, ad esempio, della forza ionica dello stesso, avrà influenza sul processo di termogelificazione. In figura 9 è riportato l’andamento di Tp e Tco al variare della concentrazione di KCl in soluzione. L’effetto principale del sale è quello di traslare l’intero processo, precipitazione e gelificazione, verso tempera- Fig. 9 – Temperatura di precipitazione (Tp) e temperatura di cross-over (Tco) in funzione della concentrazione in peso di KCl disciolta in una soluzione al 20% in peso di HPC. ture più basse. La presenza del cloruro di potassio peggiora l’interazione polimero/solvente e causa una rottura anticipata della “gabbia d’acqua”. La viscosità della soluzione isotropa non presenta variazioni significative dovute all’aggiunta del KCl. Non è stato valutato l’effetto del sale sulle proprietà finali del gel, in particolare sulla sua stabilità. Tali risultati, oltre a chiarire ulteriormente il processo di termogelificazione inversa, hanno un notevole risvolto pratico. Lo scioglimento di un sale in soluzione fornisce un utile e semplice strumento di regolazione della temperatura di gelificazione. Infatti, per l’utilizzo delle soluzioni acquose di HPC nel campo del rilascio controllato di farmaci all’interno di organi, è necessario che la Tco sia pari a ~37°C e non a 54°C, come avviene nelle soluzioni prive di sale. Conclusioni La termogelificazione inversa di soluzioni acquose di idrossipropilcellulosa è legata alla variazione della qualità delle interazioni tra soluto e solvente con la tempec ~ ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 17 Claudia Carotenuto ratura. In particolare, a 25°C l’acqua solvata l’idrossipropilcellulosa, mentre a partire da ~46°C l’HPC perde progressivamente la propria acqua di idratazione lasciando scoperti i segmenti propilici presenti lungo la catena. Dall’interazione tra le zone idrofobiche dell’idrossipropilcellulosa derivano due processi opposti e competitivi: precipitazione e gelificazione. Il primo si “attiva” a ~46°C, sottrae catene polimeriche alla soluzione e ne determina il crollo delle proprietà viscoelastiche; il secondo si “attiva” a ~50°C, porta alla formazione di un network tridimensionale e favorisce la ripresa sia del modulo elastico che viscoso. La precipitazione precede sempre la formazione del gel e può condizionarne le caratteristiche. In particolare, un riscaldamento veloce del sistema concede poco tempo all’HPC per precipitare, in soluzione restano disciolte numerose catene per formare un forte network tridimensionale.Viceversa, un riscaldamento lento lascia molto tempo all’HPC per separarsi di fase, in soluzione restano disciolte poche catene polimeriche che sono in grado di formare solo deboli network tridimensionali o che addirittura risultano insufficienti alla formazione stessa del gel. Le temperature di “attivazione” dei due processi possono essere modificate cambiando la salinità della soluzione. In particolare lo scioglimento di KCl determina un abbassamento sia della temperatura di precipitazione che di gelificazione in maniera proporzionale al quantitativo di sale disciolto. Lo studio della termogelificazione inversa del sistema acqua/HPC non può ancora considerarsi concluso. Il meccanismo di evoluzione microstrutturale a due 18 c ~ step proposto necessita di ulteriori esperimenti per essere definitivamente validato. Inoltre resta da analizzare l’effetto di ulteriori parametri chimico-fisici tra cui il peso molecolare dell’idrossipropilcellulosa e il grado di sostituzione della stessa. Va infine sottolineato che i risultati presentati sono stati ottenuti sfruttando quasi esclusivamente tecniche reologiche, in particolare, misure di spettroscopia meccanica lineare. Questo lavoro può pertanto considerarsi un ulteriore esempio di quelle che Nino Grizzuti (2004), nel numero 0 di παντα ρει, definisce tecniche reologiche non convenzionali per il monitoraggio della microstruttura di fluidi complessi. Ringraziamenti Si ringrazia la Regione Campania per il supporto finanziario. Bibliografia 1. Clasen C., Kulicke W.M., Prog Polym Sci, 26, 1983-1019 (2001) 2. Desbrières J., Hirrien M., RossMurphy S.B., Polymer, 41, 24512461 (2000) 3. Doi M., Edwards S.F., The theory of polymer dynamics. Oxford: Oxford University Press (1986) 4. Elias H.G., Macromolecules, 1, 232 (1989) 5. Grizzuti N., παντα ρει, 0, 24-32 (2004) 6. Guido S., Macromolecules, 28, 4530-4539 (1995) 7. Guido S., Grizzuti N., Rheol Acta, 34, 137-146 (1995) ´ παντα ρει Maggio - Agosto 2006 Termogelificazione inversa 8. Haque A., Morris E.R., Carbohydr Polym, 22, 161-173 (1993) 9. Haque A., Morris E.R., Carbohydr Polym, 22, 175-186 (1993) 10. Heymann E., Trans Faraday Soc, 31, 846-863 (1935) 11. 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