pericoli della montagna - Scuole di Alpinismo del FVG

Transcript

pericoli della montagna - Scuole di Alpinismo del FVG
SCUOLA NAZIONALE DI ALPINISMO “EMILIO COMICI”
DELLA
SOCIETA’ ALPINA
DELLE
GIULIE SEZIONE DI TRIESTE DEL CLUB ALPINO ITALIANO
I PERICOLI DELLA MONTAGNA
PER L’ALPINISTA
Le montagne e il loro ambiente appartengono ancora a quella parte del territorio
terrestre che l’uomo non è riuscito ad addomesticare del tutto e molte parte delle
catene montuose conservano, quasi integre, le proprie caratteristiche naturali
originarie.
Questo fa sì che, per frequentare la montagna, con un discreto margine di sicurezza,
sia indispensabile conoscere quali tra gli elementi che la caratterizzano possono
rappresentare un insidia per l’alpinista e quali, viceversa, possono risultare preziosi
indicatori, per chi vive o pratica un’attività in questo ambiente.
Generalmente si parla di “pericoli della montagna”, ma questa etichetta può
generare tutta una serie di malintesi. In primo luogo perché tende ad attribuire
all’ambiente montano la qualità di soggetto titolare di un’azione, che già di per se
stessa costituisce un’insidia, e questo non è assolutamente vero; in secondo luogo,
perché è una definizione troppo superficiale e dunque può, come spesso accade,
generare confusione, più che agevolare la comprensione del problema.
Iniziamo dunque il nostro discorso dividendo in due categorie l’indistinta etichetta
“pericoli della montagna”; queste ci aiuteranno senz’altro a comprendere meglio di
quali elementi si componga la categoria e quali siano gli elementi che influiscono,
quali variabili, nell’aumentare o ridurre le possibilità di rischio per l’alpinista.
Le due categorie serviranno anche da punti prospettici di osservazione per analizzare
l’argomento con un metodo più sistematico e meno superficiale.
Si definiscono “pericoli oggettivi” quel tipo di eventi, quasi sempre naturali, che
di per sé stessi possono essere causa di un danno nei confronti di chi pratica
un’attività in montagna; sono definiti “pericoli soggettivi”, invece, gli eventi
provocati da un comportamento umano, non adeguato alla situazione contingente,
venutasi a creare in conseguenza dello svolgimento di un’attività, che mettano a
rischio la vita di chi la sta compiendo.
Questa suddivisione ci fa capire meglio il problema, perché ci permette di evidenziare
come alla base delle varie situazioni di pericolo ci sia sempre e comunque
un’attività umana: alla fonte del pericolo in montagna c’è sempre un
comportamento umano.
L’uomo, per vivere in ambienti ostili e per svolgere le attività utili alla sua
sopravvivenza, ha via via tentato di ridurre o addirittura eliminare tutto ciò che
costituiva un rischio per le sue attività e la sua sopravvivenza.
L’alpinismo dovrebbe essere, viceversa, un’attività che consente di immergersi nella
montagna così com’è, anche se in realtà, le cose non stanno proprio sempre così.
Questo era forse vero in origine, ma ora non più. È solo grazie ad un
addomesticamento dell’ambiente montano che è possibile praticare l’alpinismo, così
come viene praticato oggi: basti pensare alle strade, ai rifugi, a tutti i materiali
alpinistici che la tecnologia ci mette a disposizione per metterci al riparo da eventuali
rischi.
Eppure, nonostante tutto, i modi per infilarsi in situazioni poco piacevoli sono
ancora molti, perché l’ambiente della montagna, fortunatamente, non è stato ancora
2
addomesticato completamente dall’uomo. Sulle pareti resta ancora valida la regola
che è l’uomo a doversi adattare alle regole della natura e non viceversa. Per giocare
bisogna conoscere queste regole.
I pericoli oggettivi
Le montagne sono formate in prevalenza da rocce, e ricoperte in alta quota da
neve e ghiaccio. Questi due elementi, assieme all’azione degli agenti atmosferici,
danno origine ad una serie di fenomeni naturali, quali ad esempio le frane o le
valanghe. Questi non devono essere però visti come pericoli di per se stessi, lo
diventano comunque in seguito ad un’azione umana. Sono senz’altro una fonte di
potenziale pericolo, e praticando l’alpinismo bisogna conoscere alcuni aspetti
fondamentali della roccia e del ghiaccio ed alcuni dei fenomeni naturali ad essi
associati.
Le montagne con le loro vette, le loro creste i loro canaloni, di ghiaccio o di
roccia, non sono una realtà immutabile nel tempo, ma sono soggette ad un processo
abbastanza veloce di progressiva modificazione.
Gli agenti atmosferici: i raggi solari, i venti, le precipitazioni, così come i
cambiamenti climatici, dovuti al susseguirsi delle stagioni, rendono le montagne dei
corpi viventi in continuo movimento.
Le valanghe, la cadute di frane, le scariche di sassi, il crollo dei seracchi
(strutture di ghiaccio, dalle forme bizzarre e spettacolari, che si formano sulle pareti
nevate o nella parte terminale dei ghiacciai, in conseguenza dello scivolamento verso
valle della massa nevosa, compressa e trasformata in ghiaccio dal progressivo gelo e
disgelo), lo stesso movimento dei ghiacciai con i loro crepacci (spaccature che
solcano lo spessore del ghiaccio con forme e dimensioni diverse), possono essere una
fonte di pericolo per chi si trova sopra o sotto di essi al momento sbagliato. La neve
che cade in alta quota si posa sulle pareti e nel corso delle stagioni subisce un lento
processo di trasformazione. Nel tempo la sua azione sulle rocce contribuisce, assieme
al vento e ai raggi solari, a sgretolare le pareti. Inoltre la compressione delle masse di
neve superiori provocano la formazione di seracchi sulle pareti, che nei momenti di
sbalzo termico della giornata (al mattino, quando vengono raggiunti dai raggi solari, e
alla sera, quando il ghiaccio, reso plastico dal riscaldamento solare della giornata, si
raffredda e diventando più fragile tende a rompersi) possono crollare e provocare
anche delle scariche miste di neve, rocce e ghiaccio assieme. Là dove pendenza delle
pareti o dei ghiacciai cambia bruscamente, si formano delle spaccature, aperte verso
l’alto nelle zone convesse e aperte verso il basso (a campana) nelle zone concave, i
crepacci, altrettanto pericolosi. A seconda del luogo dove si sono formati sono
generalmente più piccoli o più grandi e l’alpinista deve sapere quali probabilità di
incontrare un tipo o un altro si può avere lungo un determinato itinerario. È
opportuno conoscere quali meccanismi innescano i vari fenomeni, e dove e quando è
più probabile che alcuni di questi fenomeni abbiano luogo.
3
Le valanghe, la caduta di seracchi o di cornici di neve, formate dal vento lungo le
creste, coinvolgono l’attività dell’alpinista su ghiaccio o anche quella dell’alpinista
che per raggiungere l’attacco di una salita di roccia deve attraversare un ghiacciaio,
superare la crepaccia terminale sotto la parete, e magari poi anche scendere per una
via normale su cresta nevata. L’alpinismo su roccia, in linea di massima, presenta
meno variabili, per quanto riguarda i pericoli oggettivi. I fenomeni naturali che
riguardano la roccia, come le scariche di sassi che si verificano su montagne di quota
inferiore, come le Dolomiti e le Alpi Giulie e Carniche, sono senza dubbio quasi
sempre di piccole dimensioni, tranne qualche caso eccezionale. Chi decide di andare
ad effettuare un’ascensione su roccia, dovrebbe comunque prima informarsi sulla
qualità della roccia, che purtroppo non è buona dappertutto. Tutte le guide edite dal
Touring Club D’Italia con il CAI, prevedono una parte introduttiva in cui vengono
trattate le caratteristiche della roccia di cui è costituito un gruppo montuoso, oltre che
evidenziare poi, in ciascuna delle descrizioni dei singoli itinerari, gli eventuali
pericoli oggettivi, nei quali l’alpinista potrebbe imbattersi, o le zone del gruppo
montuoso particolarmente pericolose, a causa della morfologia della roccia.
Qualunque sia la meta della nostra escursione, restano sempre valide alcune regole
fondamentali. Si dovrebbe comunque sempre evitare di percorrere itinerari
d’arrampicata in montagna dopo lunghi periodi di piogge intense. L’acqua, infatti,
entrando nelle fessure e bagnando il terreno in profondità, se troppo abbondante,
provoca instabilità e può essere una delle cause di caduta di sassi o cedimenti di
pilastri rocciosi. Dopo la stagione invernale, inoltre, il ghiaccio formatosi nelle
fessure, avrà certamente sollecitato la struttura rocciosa e dunque il periodo subito
dopo lo scioglimento della neve, all’inizio della stagione estiva, sarà sempre un
momento delicato per la stabilità di molte pareti.
Infine, da ultimi, citiamo quelli che sicuramente sono il tipo di eventi naturali che
più comunemente possono generare situazioni di pericolo oggettivo per l’alpinista: i
fenomeni meteorologici. I temporali improvvisi, primi tra tutti, che, con le loro
scariche elettriche, scaricate attraverso le creste e le fessure o i camini, direttrici
preferite dai fulmini durante le brevi ma intense precipitazioni, spesso associate in
estate anche a caduta di grandine o a nevicate, sono causa di incidenti mortali molto
frequenti. Le piogge intense invece possono trasformare i canaloni in torrenti e far
cadere le pietre dalla cenge. Tutti questi, come anche il maltempo associato a fronti
perturbati più estesi, sono senz’altro tra le principali cause di pericolo per chi va in
montagna. Conoscere la dinamica degli spostamenti delle masse d’aria calda e fredda,
che sono all’origine dei fenomeni atmosferici è dunque cosa importantissima per
l’alpinista. Bisogna avere ben presente quello che è il lessico di base, per saper
interpretare i bollettini, emessi dalle stazioni meteorologiche, articolate in una fitta
rete, organizzata sul territorio alpino. Si deve anche avere una sufficiente conoscenza
dell’uso dell’altimetro-barometro, come strumento indicatore di bruschi cambiamenti
delle condizioni meteo in montagna, soprattutto se ci si trova in posti molto distanti
dal rifugio e di difficile accesso o in alta montagna. Il consiglio è dunque quello di
prendere confidenza con i bollettini e di acquisire le conoscenze minime della
4
meteorologia, leggendo i manuali che vengono diffusi dal Club Alpino Italiano,
attraverso i suoi organi tecnici.
Per andare in montagna in modo sicuro non basta solamente saper arrampicare bene.
L’alpinista più sicuro è quello che domina più ambiti di conoscenza e che sa
utilizzare al momento opportuno quanto appreso, in modo da ridurre al minimo il
fattore rischio nel corso dell’escursione.
I pericoli soggettivi
Abbiamo già evidenziato in precedenza, e vogliamo rimarcarlo ancora una volta,
come ogni situazione di pericolo venga sempre generata da un’azione umana. Nel
caso specifico dell’attività alpinistica, il fatto che essa possa venir svolta nel posto
sbagliato o al momento sbagliato, può far sì che si crei una situazione di pericolo,
anche se apparentemente dovuta a fattori esterni all’alpinista: la situazione di pericolo
oggettivo analizzata sino ad ora. D’altra parte, anche se al momento di intraprendere
la salita non dovessimo essere adeguatamente preparati a compierla (per diverse
ragioni legate alla preparazione fisica o ad aspetti più tecnici e culturali) sarà molto
probabile ritrovarsi, prima o poi, in una situazione molto pericolosa.
La montagna è come una cartina di tornasole che mette in risalto l’eventuale
incapacità o la scarsa preparazione a svolgere un determinato compito. Non si riesce,
come talvolta invece accade in altri tipi d’ambiente ad appoggiarsi sulle spalle degli
altri per superare le difficoltà. Tutte le conoscenze necessarie, sia quelle culturali,
come quelle pratiche e operative, come pure una sufficiente esperienza, acquisita per
gradi, senza fretta, devono accompagnare ogni componente della cordata. Inoltre
anche la preparazione fisica del momento deve essere adeguata alla salita che si
sceglie. Infine, e forse la cosa più importante, bisogna saper scegliere con accuratezza
il compagno di cordata a cui si affiderà la propria assicurazione durante la salita.
Senza entrare in dettagli che sconfinano nell’ambito delle relazioni interpersonali –
anche se l’argomento ha in realtà una grande incidenza sull’esito di un’ascensione,
visto lo stretto rapporto che viene ad instaurarsi tra i componenti della cordata – i due
consigli che mi sembrano essere utili per chi inizia la pratica dell’alpinismo sono:
finito il corso, una volta che si è iniziato ad arrampicare da soli senza l’istruttore che
vi guida passo, passo, non legatevi mai in cordata con il primo che capita;
assicuratevi che la persona con cui vi legherete sia all’altezza della salita (magari
andando prima ad arrampicare assieme in palestra). Resta un punto fermo quanto
detto in precedenza per quanto riguarda la totale autonomia che ognuno dovrebbe
avere. In caso di necessità bisognerebbe infatti essere in grado di sbrigarsela da soli e,
se necessario, essere in grado di aiutare anche chi ne avesse bisogno.
Quanto esposto finora fa comprendere, con evidenza, come l’essere padroni della
situazione, e dunque pronti ad affrontare ogni evenienza che si presenti nel corso
della salita, sia l’unico punto di appoggio su cui si regge la capacità di praticare
l’attività alpinistica in sicurezza. Se seguiamo queste regole, potremo essere certi,
5
tranne nel caso della fatalità (meglio nota nell’ambiente con il nome di sfiga) che
saremo sempre in grado di valutare adeguatamente le singole circostanze, operando
scelte opportune, in modo da non innescare con il nostro comportamento situazioni di
pericolo.
L’esperienza alpinistica dovrebbe riservare sempre e solo momenti di gioia.
Molto probabilmente rimane oggi una delle poche occasioni che ancora abbiamo di
vivere un rapporto spontaneo e naturale con gli altri e con l’ambiente. Cerchiamo di
non rovinarla con comportamenti poco accorti o insensati. L’alpinismo non
dev’essere una sfida rivolta alla natura o una prova con noi stessi. Non esiste nessuna
montagna assassina, se non quella che qualcuno riesce a costruire con un agire
insensato, distruggendo in un attimo la sua bellezza. Può esistere la fatalità, ma qui
dobbiamo necessariamente fermare il nostro discorso, prima di penetrare nel territori
sconfinati della ricerca filosofica.
6