Come si può usare un testo cinematografico per la didattica del

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Come si può usare un testo cinematografico per la didattica del
IL CINEMA NELL’INSEGNAMENTO DELLA STORIA
di Carlo Ridolfi
Come si può usare un testo cinematografico per la didattica della storia?
Spesso a sproposito, verrebbe da dire assistendo agli scempi che qualche sprovveduto insegnante opera
nella pratica quotidiana.
Qualche esempio di galleria degli orrori didattici?
Sul piano generale, come direbbe una cara amica della capitale, spesso i film ‘si portano’ come i vestiti
all’ultima moda. Un anno si porta bene Schindler’s List, un altro La vita è bella.
Utilizzando la banalità del senso comune che vorrebbe ogni novità come foriera di elementi positivi, si
tralasciano molto spesso classici della storia del cinema che, benché non di stagione, varrebbero da soli un
intero guardaroba…
Nel particolare, l’anedottica sarebbe inesauribile.
Una classe elementare studia il Medio Evo? Propiniamo agli infelici Il nome della rosa! Interessati come
saranno alla disputa teologica fra benedettini e francescani non faranno certo caso a quel cadavere che
spunta a piedi in su da un barile colmo di sangue.
In programma c’è la Seconda guerra mondiale? Cosa di meglio che Pearl Harbor: film troppo lungo, troppo
sciocco nella sceneggiatura, pieno di errori storici e di ambiguità interpretative. C’è persino la scena in cui i
due eroici aviatori interpretati dai bellocci Ben Affleck e Josh Hartnett, dopo aver sterminato da soli mezza
aeronautica giapponese, se ne vanno a donare il sangue nell’ospedale in cui presta servizio la da loro
concupita Kate Beckinsale e, non trovando più contenitori adatti, lo travasano in due vuoti della Coca Cola.
(Come avrebbe detto Oscar Wilde: “Bisogna avere un cuore di pietra per non scoppiare a ridere!”). Eccetera.
Perché “Cinema e storia” e non “Storia e cinema”?
La scelta di collocazione dei termini è intenzionale e limitata alla cronologia del cinematografo stesso.
A partire dal 1895, infatti, l’immagine cinematografica – sia essa strettamente documentaria, che
appartenente ad un racconto filmico – può essere utilizzata come fonte, alla pari dei documenti scritti e delle
testimonianze orali.
Un esempio: mostrare a ragazze e ragazzi la Milano in cui scorazzano i protagonisti de Gli uomini, che
mascalzoni (Mario Camerini, 1932) e, successivamente, la stessa città ripresa in Miracolo a Milano
(Vittorio De Sica, 1951), Rocco e i suoi fratelli (Luchino Visconti, 1960), L’aria serena dell’ovest (Silvio
Soldini, 1990), significa mostrare attraverso il pro-filmico come siano cambiate le strade, le automobili,
l’abbigliamento, l’assetto urbanistico, i palazzi della metropoli.
Come scrive nel suo bel libro Gianfranco Miro Gori:
«I film sono una fonte per la storia del periodo in cui furono prodotti; una fonte di tre tipi: “diretta”, in quanto
testimoni di “paesaggi”, comportamenti, fogge etc.; “indiretta”, poiché riflesso, ancorché velato, delle
mentalità e dell’immaginario; “diretta” e “indiretta” insieme, in quanto strumento di propaganda e costruzione
del consenso negli stati totalitari e nelle democrazie liberali. I film sono pure una efficace scrittura storica: una
parte del discorso che la società fa con i diversi media (libri, monumenti, fotografie ecc.) sul suo passato;
(…). Il cinema, infine, è oggetto di una sua propria storia (…): è storia “del mondo che lo circonda”, “storia del
mondo che vi viene rappresentato”, “storia del linguaggio artistico”».
(A cura di Gianfranco Miro Gori: La storia al cinema. Ricostruzione del passato, interpretazione del
presente. Bulzoni Editore. Roma, 1994.
Altri due preziosi libri per che indagano sul rapporto cinema e storia sono:
Peppino Ortoleva: Cinema e storia. Scene dal passato. Loescher Editore. Torino, 1991.
A cura di Jacques Le Goff: La nuova storia. Mondatori. Milano. 1980).
Quali potrebbero essere le azioni didattiche più opportune, utilizzando il cinema nell’insegnamento della
storia?
Schematizzando: ogni film porta in sé tre tipi di storia:
a) la ‘storia’ raccontata dal film;
b) la storia dell’industria cinematografica, relativa al periodo in cui è stato realizzato;
c) la storia del linguaggio filmico.
Per quanto riguarda la storia dalla fine dell’Ottocento in avanti, un film può anche essere fonte di
documentazione. (Solo quella, ovviamente, anche se a me è capitato di sentirmi chiedere, dato che: ‘la storia
del Novecento è troppo recente e rischia di prestarsi a interpretazioni ideologiche, di proporre film prodotti nei
secoli precedenti…’.).
Se così è, il patrimonio di testi cinematografici che si presenta utilizzabile a fini didattici è davvero
considerevole.
Mi limiterò a due soli esempi.
Ragazzi e ragazze della III^ media o delle scuole superiori che abbiano in programma lo studio della storia
del Novecento e, in particolare, il periodo della Seconda guerra mondiale e i primi anni dell’Italia
repubblicana.
Si potrebbe partire con la visione integrale di almeno tre dei capolavori del Neorealismo:
• Roma, città aperta (Roberto Rossellini, 1945);
• Paisà (Roberto Rossellini, 1946);
• Ladri di biciclette (Vittorio De Sica, 1948).
In una fase successiva si potrebbe chiedere ai ragazzi e alle ragazze di:
- raccogliere testimonianze orali di parenti e conoscenti anziani che abbiano vissuto in prima persona il
periodo interessato;
- trovare documenti fotografici o scritti del periodo interessato;
- comparare la descrizione degli avvenimenti vista nella narrazione cinematografica con la
documentazione raccolta.
Bambini e bambine della V^ elementare.
Quattro titoli che propongono una rappresentazione della vita dei bambini in tempo di guerra:
• Sciuscià (Vittorio De Sica, 1946);
• Il ragazzo dai capelli verdi (Joseph Losey, 1948);
• Silence (cortometraggio di animazione di Sylvie Bringas e Orly Yadin sulla testimonianza di Tana
Ross, sopravvissuta dal campo di concentramento di Teresienstadt; Gb, 1998);
• Shoah (Giuliano Parodi, 2003; magnifico short in animazione flash, reperibile sul sito
www.flashtoons.it).
Dopo la visione, in tempi successivi, si potrebbe proporre ai bambini e alle bambine di raccogliere fotografie e
brevi articoli di giornali che descrivano la vita dei loro coetanei nelle guerre attuali, per una successiva
comparazione.
Infine, si potrebbe proporre loro di descrivere emozioni e sentimenti con una serie di disegni e/o di brevi testi
scritti.
Le due scelte/proposte, relative entrambe a periodi di conflitto bellico, non sono ovviamente casuali.
Di questi tempi, riproporre il tema della guerra e della pace non è solo un obiettivo didattico, ma un
imperativo etico.