comune di alessandria

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comune di alessandria
Corpo di Polizia Municipale
CITTA’ DI ALESSANDRIA
BUCHE STRADALI E DANNO AI VEICOLI
E/O ALLE PERSONE: CHE FARE?
E’ sempre molto ricorrente il caso di motociclisti e pedoni che finiscono per cadere
rovinosamente a causa di buche e tombini sul manto stradale o sul marciapiede la cui
manutenzione, che è affidata ai Comuni, lascia molto spesso a desiderare. Nella vita
quotidiana, può succedere di incorrere in piccoli o grandi infortuni ed incidenti,
inciampando o finendo con l’auto in una buca, cadendo da un percorso pubblico non
in sicurezza, scivolando su un marciapiede sconnesso etc., tutti eventi qualificabili
come danni da insidia, poiché causati da pericoli occulti che possono ripercuotersi
sull’utente del suolo pubblico ignaro del rischio in prossimità. Ebbene, al riguardo
occorre precisare come spesso, è proprio la Pubblica Amministrazione, il gestore del
bene (demaniale quindi) ove si verifica l’evento dannoso, ad avere la custodia del
bene, e allora ci si chiede che responsabilità può configurarsi in capo a tale gestore,
chi risponde dei danni in questi casi di cosiddetta insidia stradale e che possibilità si
hanno di essere risarciti?
Al riguardo infatti si è assistito nel corso del tempo ad una evoluzione
giurisprudenziale, volta alla salvaguardia degli interessi del soggetto danneggiato, che
si ripercuote di fatto sulla responsabilità dell’ente pubblico tenuto quindi al
risarcimento dei danni (fisici e materiali) patiti dai danneggiati. Infatti se ormai dalla
storica sentenza della Corte Cost. n. 156 del 1999 appare pacifico come la Pubblica
Amministrazione risponda de ogni atto o fatto illecito connesso con gli obblighi cui è
tenuto quale proprietario e incaricato della gestione del bene, resta solamente da
inquadrare sotto quale ambito possa riscontrarsi tale responsabilità: se sotto il dettato
dell’art. 2043 c.c. oppure dell’art. 2051 cc. Distinzione questa, non meramente
formale, ma dalla quale derivano conseguenze di ordine probatorio non poco
rilevanti.
La più recente giurisprudenza infatti tende a ricollegare la responsabilità della
Pubblica Amministrazione all’art. 2051 c.c. tutte le volte in cui sia “possibile un
concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire l’insorgenza di cause di
pericolo, ovvero, per la loro limitata estensione territoriale, consentano una adeguata
attività di vigilanza” (Corte Cass. n. 22671 del 21.11.2011). Ebbene, da tale
impostazione deriva come conseguenza primaria l’irrilevanza della colpa nella
causazione dell’evento insidioso connesso con la custodia del bene, trattandosi di
null’altro che dell’estensione del c.d. rischio da custodia già pacificamente operante
per il custode dei beni privati, ed esteso quindi anche ai beni demaniali. Ampliamento
questo, che si traduce nella configurabilità in capo alla Pubblica Amministrazione di
una ipotesi di responsabilità meramente oggettiva comportante un restrizione
dell’onus probatorio del danneggiato; ergo l’utente sinistrato dovrebbe solamente
provare il nesso causale tra l’infortunio generato dall’insidia e i danni riportati. (si
veda Corte Cass. con la sent. n. 20415 del 22.09.2009) e si assisterebbe nel concreto
all’inversione dell’onere della prova- il Comune è obbligato a custodire le strade e le
aree ad esso affidate in custodia, con la conseguenza che è responsabile dei danni
cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui dimostri che vi sia l’impossibilità di
governo del territorio.
Tuttavia appare ovvio come un tale principio debba trovare una limitazione
nell’applicazione concreta, onde evitarne un abuso da parte dell’utenza. Si è assistito
così al proliferare di paletti giurisprudenziali volti a limitare tali ipotesi di
responsabilità oggettiva. Tra le tante si cita ed esempio la sent. N. n. 15042 della
Corte Cass. del 2008 ove, ponendosi l’attenzione Essendo tuttavia detti beni
particolarmente esposti a fattori di rischio […]il caso fortuito idoneo ad esimere da
responsabilità il custode […] va individuato […] nei casi in cui la causa che ha
provocato il danno non sia strutturale e intrinseca al modo di essere del bene, ma sia
derivata da comportamenti estemporanei di terzi, non immediatamente conoscibili o
eliminabili dal custode”. Tuttavia, malgrado i tentativi giurisprudenziali, appare ovvio
come per poter escludere la propria responsabilità in dette ipotesi, la Pubblica
Amministrazione deve necessariamente provare l’esistenza di quel fattore estraneo
alla sfera soggettiva del danneggiato, idoneo ad interrompere quel nesso causale
posto a fondamento della responsabilità intesa come oggettiva.
In capo alla Pubblica Amministrazione, può tuttavia riscontrarsi – se volgiamo in via
subordinata a quella fin’ora esaminata- anche una responsabilità extracontrattuale ex
art. 2043 c.c.. Tale norma infatti, tende a tutelare il danneggiato dalla cosiddetta
insidia o trabocchetto. Per poter trovare applicazione però al caso concreto devono
poter riscontrarsi ben due differenti aspetti: quello dell’insidiosità -quale espressione
oggettiva dello stato in cui versa il bene demaniale scenario del sistro- e quello della
non prevedibilità del verificarsi dell’evento- più squisitamente soggettivo-. Si veda in
merito la Sent. Corte Cass. n. 22671 del 21.112011 che parla di una “situazione di
pericolo occulto […] caratterizzata dall’elemento oggettivo della non visibilità del
pericolo e da quello soggettivo della non prevedibilità dello stesso secondo il
comportamento di colui che utilizzi la normale prudenza”. Qui però non siamo
dinnanzi ad una ipotesi di responsabilità oggettiva, e conseguentemente non si assiste
all’inversione dell’onere della prova caratterizzante l’altra ipotesi analizzata, con la
conseguenza che sarà il soggetto danneggiato a dover di volta in volta dimostrare che
l’evento dannoso si è verificato a causa della c.d. “insidia” o “trabbochetto” ovvero
che il bene demaniale presenti una situazione di pericolo occulto ricadendo in capo
alla Pubblica. Amministrazione solo l’onere della prova dei fatti impeditivi.
Ovviamente, questo fattore scriminate del trabocchetto risulta essere una
elaborazione giurisprudenziale volta a limitare l’estensione di responsabilità della
Pubblica Amministrazione, che conseguentemente viene a ad assumere una posizione
di innegabile vantaggio nei confronti del cittadino danneggiato. Ed è proprio per tale
motivo che si è sviluppata l’ impostazione giurisprudenziale analizzata per prima, che
appunto tende a riequilibrare i rapporti tra utenza e P.A.
Con una recente sentenza, emessa in data 9 gennaio 2012, il Tribunale di Roma è
tornato a decidere su un caso di danno da insidia stradale, precisando un principio:
la responsabilità per le insidie stradali, ben delimitata dalla copiosa giurisprudenza
degli ultimi anni, è sempre dell’Ente proprietario della strada e può essere esclusa
solo dal caso fortuito. Il fatto che l’Ente abbia incaricato una società di curare la
manutenzione della strada non lo esime dal rispondere dei danni agli utenti.
NUOVA VISIONE
Fino a un decennio fa infatti, il cittadino che cadeva in una buca stradale doveva
provare il fatto storico, il fatto che la caduta era stata causata dalla buca, ma anche
che la buca rappresentava la cosiddetta “insidia o trabocchetto”, ovvero un pericolo
occulto non prevedibile con l’ordinaria diligenza. Adesso invece, dopo le
innumerevoli pronunce della Corte di Cassazione che hanno affermato il principio, la
responsabilità dei Comuni, delle Province e di tutti gli enti proprietari delle strade è
automatica (è responsabilità da cose in custodia, art. 2051 c.c.), se viene provato che
la caduta è stata causata dalla buca. Sarà l’Ente proprietario a dover provare che la
caduta è stata determinata da caso fortuito o da colpa del danneggiato.
LA COLPA E’ DI CHI DEVE FARE LA MANUTENZIONE
Al principio sopra enunciato, secondo cui è l’Ente proprietario della strada a dover
provare di non avere colpa nella caduta, si aggiunge una precisazione: il Comune
non può dare la colpa alla società appaltatrice della manutenzione. Se il cantiere
è delimitato da recinzione allora la responsabilità passa a chi fa i lavori. Altrimenti
l’Ente proprietario rimane custode e quindi risponde dei danni fino a prova contraria..
Il danneggiato deve provare gli elementi costitutivi del fatto doloso o colposo che ha
causato il danno, il nesso di causalità, il danno ingiusto patito e l’imputabilità
soggettiva all’ente proprietario della strada mentre quest’ultimo ha l’onere di
dimostrare o il concorso di colpa del pedone o la presenza del caso fortuito per
esimersi da ogni responsabilità.
Dovrà essere accertata una situazione di pericolo occulto per l’utente della strada
aperta al pubblico, la cosiddetta insidia o trabocchetto, caratterizzata, secondo la
giurisprudenza, da un elemento oggettivo, la ”non visibilità”, e un elemento
soggettivo, la“non prevedibilità”. Spetta al danneggiato provare l’esistenza dei due
elementi, ad esempio che la buca fosse celata da foglie o altri detriti o le condizioni
atmosferiche che ne impedivano la visibilità e che tale insidia non era per lui
prevedibile. La caduta a causa di una buca creatasi da vari giorni sul marciapiede che
si percorre abitualmente per andare al lavoro non avrebbe il requisito della
imprevedibilità. Il soggetto danneggiato nell’uso del bene demaniale dovrà aver usato
la normale diligenza senza contribuire al verificarsi del fatto dannoso, ad esempio nel
caso del conducente di un ciclomotore rovinato a terra per un tombino, con il tempo
incassato nel manto stradale, che circolava nella tarda serata a fari spenti potrebbe
configurarsi un concorso di responsabilità.
SUGGERIMENTI UTILI in caso di incidente provocato da una insidia:
- chiedere l’immediato intervento della polizia municipale, o comunque di un
organo di polizia stradale e far riscontrare sul verbale le condizioni della strada e
l’esistenza della buca o del tombino sconnesso o della insidia/trabocchetto che ha
provocato la caduta.
- scattare alcune foto della insidia anche con il telefono cellulare, mettere nella
buca un oggetto per fare da riferimento nelle dimensioni e profondità, fare le foto
prima dell’intervento dell’organo di polizia stradale ed anche dopo, se l’area viene
segnalata o si procede alla manutenzione;
- annotarsi i dati di eventuali testimoni che abbiano assistito all’evento dannoso,
necessari per poter intraprendere con maggiori probabilità di successo la procedura di
risarcimento dei danni nei confronti della Pubblica Amministrazione.
- recatevi al Pronto Soccorso o dal medico curante se avete riportato lesioni;
- conservate tutta la documentazione medica e di spese mediche, nolo auto
sostitutiva, spostamenti, altre spese, etc. etc.
- inoltrare la richiesta di risarcimento danno all’ente proprietario della strada.
Alberto Bassani
Comandante Vicario del Corpo di Polizia Municipale