I contendenti

Transcript

I contendenti
SOVRACCOPERTA
Un piccolo studio legale. Un grande caso giudiziario.
L’ occasione di una vita.
foto © bob krasner
John Grisham è autore di ventitré romanzi, un saggio, una raccolta di racconti e due libri per ragazzi. È nel
comitato dell’Innocence Project di
New York ed è presidente del comitato del Mississippi Innocence Project
alla facoltà di legge dell’University
of Mississippi. Vive in Virginia e in
Mississippi.
JOHN GRISH AM
I contendenti
815506
JOHN
GRISHAM
I contendenti
ROM A N ZO
In sovraccoperta:
Elaborazione di Debra Lill
da foto © Debra Lill e CGIBackgrounds/
Getty Images
art DIreCtor: GIaCoMo CaLLo
G r a PH I C D es I G n er: a n D r e a fa L s e t t I
Cl_i COnTEndEnTi_815506_ES
Oscar Finley e Wally Figg sono due
avvocati di Chicago soci da vent’anni
in un piccolo studio legale sempre
sull’orlo del fallimento. Litigiosi come
una vecchia coppia, cercano di rimediare clienti come possono, perlopiù offrendo la loro consulenza “su misura”
in divorzi lampo o alle vittime dei frequenti incidenti d’auto all’incrocio vicino al loro ufficio. I due tirano avanti più
o meno dignitosamente nella speranza
di fare prima o poi il colpo grosso e di
imbattersi in una causa che li renda finalmente ricchi.
Il tran tran viene bruscamente stravolto
il giorno in cui da loro irrompe David
Zinc, giovane e rampante avvocato che
fino a poche ore prima lavorava in uno
dei più rinomati studi legali della città.
Stanco dei ritmi massacranti e deciso a
cambiare vita una volta per tutte, David
non si è presentato in ufficio, si è preso una sbronza colossale e, per una serie di circostanze fortuite, è arrivato lì,
chiedendo di essere assunto.
Sembra decisamente un segno del
destino perché proprio in quei giorni ai tre si presenta l’opportunità della vita: un caso scottante che riguarda
un’importante industria farmaceutica e che può farli diventare finalmente
ricchi.
A quanto pare fama e soldi sono dietro
l’angolo, ma è tutto troppo bello per essere vero e, quasi senza rendersene conto, Oscar, Wally e David si troveranno
alle prese con un processo che rischia
di stritolarli, dove sono in gioco miliardi di dollari e in cui i più agguerriti avvocati dei migliori studi legali si sfidano in una guerra all’ultimo sangue.
Ancora una volta John Grisham conferma le sue straordinarie doti di scrittore nel raccontare da vero maestro una
storia di piccoli avvocati alle prese con
un grande caso giudiziario, e lo fa aggiungendo ai classici e inconfondibili
elementi del legal thriller un pizzico di
umorismo. Il divertimento è garantito.
SOVRACCOPERTA
Un piccolo studio legale. Un grande caso giudiziario.
L’ occasione di una vita.
foto © bob krasner
John Grisham è autore di ventitré romanzi, un saggio, una raccolta di racconti e due libri per ragazzi. È nel
comitato dell’Innocence Project di
New York ed è presidente del comitato del Mississippi Innocence Project
alla facoltà di legge dell’University
of Mississippi. Vive in Virginia e in
Mississippi.
JOHN GRISH AM
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815506
JOHN
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Oscar Finley e Wally Figg sono due
avvocati di Chicago soci da vent’anni
in un piccolo studio legale sempre
sull’orlo del fallimento. Litigiosi come
una vecchia coppia, cercano di rimediare clienti come possono, perlopiù offrendo la loro consulenza “su misura”
in divorzi lampo o alle vittime dei frequenti incidenti d’auto all’incrocio vicino al loro ufficio. I due tirano avanti più
o meno dignitosamente nella speranza
di fare prima o poi il colpo grosso e di
imbattersi in una causa che li renda finalmente ricchi.
Il tran tran viene bruscamente stravolto
il giorno in cui da loro irrompe David
Zinc, giovane e rampante avvocato che
fino a poche ore prima lavorava in uno
dei più rinomati studi legali della città.
Stanco dei ritmi massacranti e deciso a
cambiare vita una volta per tutte, David
non si è presentato in ufficio, si è preso una sbronza colossale e, per una serie di circostanze fortuite, è arrivato lì,
chiedendo di essere assunto.
Sembra decisamente un segno del
destino perché proprio in quei giorni ai tre si presenta l’opportunità della vita: un caso scottante che riguarda
un’importante industria farmaceutica e che può farli diventare finalmente
ricchi.
A quanto pare fama e soldi sono dietro
l’angolo, ma è tutto troppo bello per essere vero e, quasi senza rendersene conto, Oscar, Wally e David si troveranno
alle prese con un processo che rischia
di stritolarli, dove sono in gioco miliardi di dollari e in cui i più agguerriti avvocati dei migliori studi legali si sfidano in una guerra all’ultimo sangue.
Ancora una volta John Grisham conferma le sue straordinarie doti di scrittore nel raccontare da vero maestro una
storia di piccoli avvocati alle prese con
un grande caso giudiziario, e lo fa aggiungendo ai classici e inconfondibili
elementi del legal thriller un pizzico di
umorismo. Il divertimento è garantito.
SOVRACCOPERTA
Un piccolo studio legale. Un grande caso giudiziario.
L’ occasione di una vita.
foto © bob krasner
John Grisham è autore di ventitré romanzi, un saggio, una raccolta di racconti e due libri per ragazzi. È nel
comitato dell’Innocence Project di
New York ed è presidente del comitato del Mississippi Innocence Project
alla facoltà di legge dell’University
of Mississippi. Vive in Virginia e in
Mississippi.
JOHN GRISH AM
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815506
JOHN
GRISHAM
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Oscar Finley e Wally Figg sono due
avvocati di Chicago soci da vent’anni
in un piccolo studio legale sempre
sull’orlo del fallimento. Litigiosi come
una vecchia coppia, cercano di rimediare clienti come possono, perlopiù offrendo la loro consulenza “su misura”
in divorzi lampo o alle vittime dei frequenti incidenti d’auto all’incrocio vicino al loro ufficio. I due tirano avanti più
o meno dignitosamente nella speranza
di fare prima o poi il colpo grosso e di
imbattersi in una causa che li renda finalmente ricchi.
Il tran tran viene bruscamente stravolto
il giorno in cui da loro irrompe David
Zinc, giovane e rampante avvocato che
fino a poche ore prima lavorava in uno
dei più rinomati studi legali della città.
Stanco dei ritmi massacranti e deciso a
cambiare vita una volta per tutte, David
non si è presentato in ufficio, si è preso una sbronza colossale e, per una serie di circostanze fortuite, è arrivato lì,
chiedendo di essere assunto.
Sembra decisamente un segno del
destino perché proprio in quei giorni ai tre si presenta l’opportunità della vita: un caso scottante che riguarda
un’importante industria farmaceutica e che può farli diventare finalmente
ricchi.
A quanto pare fama e soldi sono dietro
l’angolo, ma è tutto troppo bello per essere vero e, quasi senza rendersene conto, Oscar, Wally e David si troveranno
alle prese con un processo che rischia
di stritolarli, dove sono in gioco miliardi di dollari e in cui i più agguerriti avvocati dei migliori studi legali si sfidano in una guerra all’ultimo sangue.
Ancora una volta John Grisham conferma le sue straordinarie doti di scrittore nel raccontare da vero maestro una
storia di piccoli avvocati alle prese con
un grande caso giudiziario, e lo fa aggiungendo ai classici e inconfondibili
elementi del legal thriller un pizzico di
umorismo. Il divertimento è garantito.
SOVRACCOPERTA
Un piccolo studio legale. Un grande caso giudiziario.
L’ occasione di una vita.
foto © bob krasner
John Grisham è autore di ventitré romanzi, un saggio, una raccolta di racconti e due libri per ragazzi. È nel
comitato dell’Innocence Project di
New York ed è presidente del comitato del Mississippi Innocence Project
alla facoltà di legge dell’University
of Mississippi. Vive in Virginia e in
Mississippi.
JOHN GRISH AM
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Elaborazione di Debra Lill
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Oscar Finley e Wally Figg sono due
avvocati di Chicago soci da vent’anni
in un piccolo studio legale sempre
sull’orlo del fallimento. Litigiosi come
una vecchia coppia, cercano di rimediare clienti come possono, perlopiù offrendo la loro consulenza “su misura”
in divorzi lampo o alle vittime dei frequenti incidenti d’auto all’incrocio vicino al loro ufficio. I due tirano avanti più
o meno dignitosamente nella speranza
di fare prima o poi il colpo grosso e di
imbattersi in una causa che li renda finalmente ricchi.
Il tran tran viene bruscamente stravolto
il giorno in cui da loro irrompe David
Zinc, giovane e rampante avvocato che
fino a poche ore prima lavorava in uno
dei più rinomati studi legali della città.
Stanco dei ritmi massacranti e deciso a
cambiare vita una volta per tutte, David
non si è presentato in ufficio, si è preso una sbronza colossale e, per una serie di circostanze fortuite, è arrivato lì,
chiedendo di essere assunto.
Sembra decisamente un segno del
destino perché proprio in quei giorni ai tre si presenta l’opportunità della vita: un caso scottante che riguarda
un’importante industria farmaceutica e che può farli diventare finalmente
ricchi.
A quanto pare fama e soldi sono dietro
l’angolo, ma è tutto troppo bello per essere vero e, quasi senza rendersene conto, Oscar, Wally e David si troveranno
alle prese con un processo che rischia
di stritolarli, dove sono in gioco miliardi di dollari e in cui i più agguerriti avvocati dei migliori studi legali si sfidano in una guerra all’ultimo sangue.
Ancora una volta John Grisham conferma le sue straordinarie doti di scrittore nel raccontare da vero maestro una
storia di piccoli avvocati alle prese con
un grande caso giudiziario, e lo fa aggiungendo ai classici e inconfondibili
elementi del legal thriller un pizzico di
umorismo. Il divertimento è garantito.
1
Finley & Figg si autoproclamava “studio legale boutique”. La
poco appropriata definizione veniva inserita con la massima
frequenza possibile nelle normali conversazioni e compariva
addirittura stampata nelle varie forme di pubblicità studiate
dai due soci per attirare clienti. In tal modo si lasciava intendere
che Finley & Figg fosse qualcosa di più del tipico studio da due
soldi. Boutique, per suggerire uno studio dalle misure ridotte
ma pieno di risorse e specializzato in un settore particolare.
Boutique, qualcosa di raffinato e chic, come evocato dalla stessa
parola francese. Boutique, per indicare uno studio legale felice
di essere piccolo, selettivo e prospero.
Dimensioni a parte, Finley & Figg non era nessuna di queste
cose. La sua attività consisteva nel dare la caccia a casi di lesioni
personali, un duro lavoro quotidiano che richiedeva poche
capacità professionali e scarsa creatività, e nessuno lo avrebbe
mai considerato elegante o ricercato. I profitti erano sfuggenti
e vaghi quanto il suo status. Lo studio era piccolo perché non
poteva permettersi di crescere. Era selettivo solo perché nessuno
voleva lavorarci, compresi i due avvocati titolari. Perfino l’ubicazione suggeriva una monotona sopravvivenza nelle categorie
inferiori. Con un centro massaggi vietnamita a sinistra e un
riparatore di tosaerba a destra, bastava una semplice occhiata
per capire che Finley & Figg non stava prosperando. Sulla stessa
strada, esattamente di fronte, c’era un altro studio boutique,
odiato rivale, e subito dietro l’angolo c’erano altri avvocati. In
effetti il quartiere brulicava di legali; alcuni lavoravano da soli,
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altri in modesti studi, altri ancora secondo la propria versione
personale di boutique.
Lo studio F&F si trovava in Preston Avenue, una strada trafficata lungo la quale si allineavano vecchi villini ristrutturati
e utilizzati per ogni sorta di attività. C’erano esercizi di vario
tipo: negozi di liquori, lavanderie, centri massaggi, riparatori
di tosaerba; studi professionali: avvocati, dentisti; e venditori di
specialità gastronomiche: enchiladas, baklava, pizza da asporto.
Oscar Finley aveva vinto l’edificio in una causa vent’anni prima.
Tutto sommato, ciò che mancava allo studio sotto l’aspetto del
prestigio era in parte compensato dalla posizione. Poco più avanti
c’era l’incrocio tra la Preston, la Beech e la Trentottesima, una
caotica convergenza di asfalto e traffico che garantiva almeno
un bell’incidente stradale alla settimana, e spesso anche di più.
Le spese generali di F&F erano coperte dalle collisioni che si
verificavano a meno di cento metri di distanza. Avvocati di altri
studi, boutique o meno, spesso si aggiravano famelici in zona
nella speranza di trovare un villino a buon mercato dal quale
poter sentire lo stridio dei pneumatici e il clangore delle lamiere.
Poiché gli avvocati/soci erano soltanto due, era stato inevitabile che uno venisse nominato socio anziano e l’altro socio giovane.
Il socio anziano, il sessantaduenne Oscar Finley, sopravviveva
da trent’anni nella giungla delle dispute legali, frequenti nelle
dure strade del Southwest Side di Chicago. Un tempo Oscar
era stato un poliziotto, ma si era fatto cacciare perché spaccava
troppe teste. Per poco non era finito in galera, ma poi aveva
sentito la vocazione, era andato al college e si era laureato in
legge. Una volta constatato che nessuno studio era disposto
ad assumerlo, aveva appeso la sua piccola insegna personale e
aveva cominciato a fare causa a chiunque gli passasse vicino.
Trent’anni dopo trovava difficile credere di avere sprecato tutta
la sua carriera occupandosi di crediti scaduti, tamponamenti,
responsabilità civile verso terzi e divorzi veloci. Era ancora
sposato con sua moglie, una donna terrificante che ogni giorno
avrebbe voluto trascinare in tribunale per il divorzio. Ma non
poteva permetterselo. Dopo trent’anni di professione legale,
Oscar Finley non poteva permettersi praticamente niente.
Il suo socio giovane – Oscar tendeva a usare espressioni del
tipo “Dirò al mio socio giovane di occuparsene” quando voleva
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fare colpo su giudici, altri avvocati e specialmente su potenziali
clienti – era Wally Figg, di anni quarantasei. Wally si considerava
un duro avvocato da tribunale, ed erano opera sua i roboanti
annunci pubblicitari che promettevano la massima aggressività:
“Noi lottiamo per i tuoi diritti!”, “Le assicurazioni ci temono!”,
“Noi facciamo sul serio!”. Era possibile vedere questi annunci
sulle panchine dei parchi, sugli autobus urbani, sui taxi, nei
calendari delle partite di football del liceo e perfino sui pali del
telefono, nonostante questo fosse proibito da numerose ordinanze municipali. La pubblicità dello studio non compariva in
due settori cruciali: televisione e grandi cartelloni stradali. Su
questo punto Wally e Oscar continuavano a litigare. Oscar si
rifiutava di spendere il denaro necessario – entrambe le soluzioni
erano spaventosamente costose – e Wally insisteva. Il suo sogno
era vedere in tivù la propria faccia sorridente che diceva cose
tremende sulle compagnie di assicurazioni e prometteva enormi
risarcimenti a chiunque avesse subito lesioni e fosse abbastanza
saggio da chiamare subito il numero verde in sovrimpressione.
Ma Oscar sui cartelloni non sentiva ragioni. Wally ne aveva
individuato uno in particolare. A sei isolati dall’ufficio, all’angolo
tra la Beech e la Trentaduesima, sopra il traffico intenso in cima
a un palazzo di appartamenti di quattro piani, c’era lo spazio
pubblicitario migliore di tutta Chicago. Al momento il cartellone
proponeva biancheria intima a buon mercato (una pubblicità
piuttosto attraente, doveva ammettere Wally), ma lui ci vedeva
la propria faccia e il proprio nome. Oscar continuava a dire di no.
La laurea in giurisprudenza di Wally era stata rilasciata dalla
prestigiosa scuola di legge dell’università di Chicago. Oscar
aveva ottenuto la sua in un istituto ormai defunto che un tempo
aveva offerto corsi serali. Entrambi avevano sostenuto tre volte
l’esame di ammissione all’ordine. Wally aveva quattro divorzi
al proprio attivo; Oscar poteva solo sognarsi il primo. Wally
voleva il grande caso, il grande colpo con parcelle da milioni di
dollari. Oscar voleva solo due cose: divorzio e pensione.
Come quei due si fossero ritrovati titolari di uno studio in
un edificio ristrutturato in Preston Avenue era un’altra storia.
Come potessero sopravvivere senza strangolarsi a vicenda era
un mistero quotidiano.
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L’arbitro delle loro dispute era Rochelle Gibson, una robusta
signora nera con il modo di pensare e il buonsenso che si era
guadagnata sulle strade da cui proveniva. Ms Gibson gestiva
l’ufficio: telefono, reception, i potenziali clienti che arrivavano
speranzosi, i clienti scontenti che se ne andavano arrabbiati,
l’occasionale battitura di testi (anche se i suoi capi avevano imparato che, se avevano bisogno di qualcosa di stampato, era più
semplice provvedere da soli), il cane dello studio e, soprattutto,
i costanti battibecchi tra Oscar e Wally.
Anni prima Ms Gibson era rimasta ferita in un incidente
stradale nel quale non aveva avuto alcuna responsabilità. Poi
aveva peggiorato la situazione affidandosi allo studio legale
Finley & Figg, anche se non per sua scelta. Ventiquattr’ore dopo
l’incidente, strafatta di Percocet e immobilizzata da stecche e
ingessature, Ms Gibson si era svegliata trovandosi la faccia
paffuta e sorridente dell’avvocato Wallis Figg china sul suo
letto d’ospedale. Wally, in tenuta color acquamarina, con uno
stetoscopio intorno al collo e piuttosto bravo nel ruolo di medico,
l’aveva convinta a firmare un contratto di rappresentanza legale,
le aveva promesso la luna, era sgusciato fuori dalla stanza silenziosamente come ci era entrato e aveva cominciato a occuparsi
del caso. Ms Gibson aveva incassato quarantamila dollari, che
suo marito si era bevuto e giocato nel giro di qualche settimana,
cosa che aveva portato a una richiesta di divorzio redatta da
Oscar Finley. Oscar Finley aveva gestito anche la successiva
bancarotta della signora. Ms Gibson non era rimasta particolarmente colpita da nessuno dei due avvocati e aveva minacciato
di fare causa a entrambi per negligenza professionale. Questo
aveva richiamato l’attenzione dei soci – già in passato colpiti
da azioni legali del genere – che si erano dati parecchio da fare
per placarla. A mano a mano che i suoi guai si moltiplicavano,
Ms Gibson era diventata un elemento fisso dello studio e, con
il passare del tempo, tutti e tre avevano cominciato a sentirsi a
proprio agio tra loro.
Finley & Figg era un posto duro per le segretarie. Lo stipendio era basso, i clienti in genere erano sgradevoli, al telefono
gli altri avvocati erano sgarbati e l’orario era lungo, ma la cosa
peggiore era avere a che fare con i due soci. Oscar e Wally in
precedenza avevano tentato la strada della segretaria matura,
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ma le anziane non erano in grado di sopportare la pressione.
Avevano provato con le ragazze, ma si erano ritrovati citati in
giudizio per molestie sessuali, dato che Wally non era riuscito
a tenere le zampe lontano da una giovane con il seno florido.
(Avevano poi concordato in via stragiudiziale un risarcimento
di cinquantamila dollari e i loro nomi erano finiti sui giornali.)
Rochelle Gibson era capitata in studio la mattina in cui la segretaria del momento aveva dato le dimissioni e se n’era andata
sbattendo la porta. Mentre i telefoni squillavano e i soci strillavano, si era sistemata alla reception e aveva preso in mano la
situazione. Poi aveva preparato il caffè. Era tornata il mattino
dopo, e quello dopo ancora. Otto anni più tardi continuava a
gestire tutto lo studio.
I suoi figli erano in carcere. Li aveva difesi Wally, ma, in tutta
franchezza, nessuno avrebbe potuto salvarli. Ancora adolescenti
i due ragazzi lo avevano tenuto occupato con tutta una serie di
arresti per droga. I loro traffici si erano allargati sempre di più
e Wally li aveva ripetutamente avvertiti che stavano puntando
dritto alla galera, o alla pena di morte. Aveva detto la stessa cosa
a Ms Gibson, la quale aveva scarso controllo sui figli e pregava
spesso che finissero in prigione. Poi lo spaccio di crack era stato
scoperto dalla polizia e i due fratelli erano stati mandati al fresco
per dieci anni. Wally aveva ottenuto una riduzione della pena
dai venti anni iniziali, ma i ragazzi non avevano mostrato alcun
segno di gratitudine. Ms Gibson, invece, l’aveva ringraziato
piangendo. Per tutti i guai dei suoi figli, Wally non le aveva
mai addebitato alcuna parcella.
Nel corso degli anni c’erano state molte lacrime nella vita di
Ms Gibson, e non di rado erano state versate nell’ufficio di Wally,
con la porta chiusa a chiave. Lui la consigliava e, se possibile,
cercava di dare anche una mano, ma il suo ruolo principale era
quello di ascoltatore. Considerando la sua vita disordinata, le
parti potevano facilmente invertirsi. Quando gli ultimi due matrimoni di Wally erano falliti, era stata Ms Gibson ad ascoltare gli
sfoghi e a offrire incoraggiamento. E quando aveva cominciato a
bere un po’ troppo, lei se n’era accorta e non aveva avuto paura
di affrontarlo. Sebbene si scontrassero quotidianamente, i loro
litigi erano sempre e solo episodi, spesso intesi semplicemente
come un modo per difendere il proprio territorio.
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C’erano momenti nello studio legale Finley & Figg in cui tutti
e tre ringhiavano o tenevano il broncio, e la causa di solito era
il denaro. Il mercato era sovraffollato: semplicemente, c’erano
troppi avvocati in giro per le strade.
L’ultima cosa di cui lo studio aveva bisogno era un avvocato
in più.
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David Zinc scese dal treno della metropolitana alla Quincy Station, nel centro di Chicago, e riuscì a trascinarsi fino agli scalini
che salivano in Wells Street, ma c’era qualcosa che non andava.
Si sentiva i piedi sempre più pesanti e i passi diventavano sempre più lenti. Si fermò all’incrocio tra la Wells e la Adams e si
guardò le scarpe in cerca di un indizio. Niente, le solite scarpe
stringate nere che calzavano tutti gli avvocati maschi dello
studio, e anche un paio di avvocati femmine. Il suo respiro
era affannoso e, nonostante facesse freddo, si sentiva bagnato
sotto le ascelle. Aveva trentun anni, di certo era troppo giovane
per un attacco di cuore e, malgrado da cinque anni si sentisse
sempre esausto, aveva imparato a convivere con la fatica. O
almeno così credeva. Girò l’angolo e guardò la Trust Tower,
uno scintillante monumento fallico che si innalzava per trecento
metri fra le nuvole e la nebbia. Mentre se ne stava immobile con
gli occhi all’insù, il battito cardiaco accelerò e avvertì un senso
di nausea. Le gente gli passava accanto urtandolo. David Zinc
attraversò la Adams insieme a un gruppo di persone e riprese
a camminare faticosamente.
L’atrio della Trust Tower era alto e spazioso, pieno di marmo, vetro e strane sculture pensate per ispirare e dare calore.
In realtà l’ambiente risultava freddo e ostile, almeno a parere
di David. C’erano sei scale mobili che, intersecandosi fra loro,
trasportavano orde di stanchi guerrieri fino ai rispettivi cubicoli
e uffici. David tentò di muoversi, ma i piedi si rifiutavano di
portarlo a una scala mobile. Così andò a sedersi su un sedile
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di pelle accanto a una pila di grosse rocce dipinte e cercò di
capire cosa gli stesse succedendo. La gente gli passava davanti
di fretta, con l’espressione cupa e gli occhi vacui, già stressata
alle sette e mezzo di quella mattina tetra.
“Crollo” non è certamente un termine medico. Gli esperti
usano un linguaggio più appropriato per descrivere l’istante
in cui una persona in difficoltà oltrepassa il limite. In ogni caso
il crollo è un momento reale. Può verificarsi in una frazione di
secondo, risultato di un evento terribilmente traumatico. O può
essere dovuto alla classica goccia che fa traboccare il vaso, il triste culmine di una pressione che continua ad aumentare finché
mente e corpo devono per forza trovare uno sfogo. Il crollo di
David Zinc fu di questo tipo. Quella mattina, dopo cinque anni
di lavoro frenetico con colleghi che detestava, mentre sedeva
accanto alle rocce dipinte e guardava quegli zombi agghindati
salire verso un’altra giornata di inutile fatica, a David accadde
qualcosa. Crollò.
«Ehi, Dave, sali?» gli stava chiedendo qualcuno. Era Al,
dell’antitrust.
David riuscì a sorridere, ad annuire e a borbottare qualcosa,
poi si alzò in piedi e, in qualche modo, seguì il collega. Salirono sulla scala mobile e Al, un gradino sopra di lui, cominciò a
parlare della partita dei Blackhawks della sera prima. David
continuava ad annuire. Sotto e dietro di lui decine di figure solitarie in cappotto scuro, anche loro giovani avvocati, silenziosi e
lugubri, molto simili a becchini in un funerale d’inverno. Arrivati
al primo livello, David e Al si unirono ad altri davanti a una
batteria di ascensori. Mentre aspettavano, David ascoltò altre
chiacchiere sull’hockey, ma la testa gli girava e aveva di nuovo
la nausea. Entrarono in ascensore e rimasero immobili, spalla
a spalla con altre, troppe persone. Silenzio. Al smise di parlare.
Nessuno diceva niente, nessuno cercava un contatto visivo.
“Ho chiuso” si disse David. “Questo è il mio ultimo viaggio
dentro questo ascensore. Lo giuro.”
L’ascensore oscillò leggermente, ronzò e si fermò all’ottantesimo piano, territorio dello studio legale Rogan Rothberg. Dalla
cabina uscirono tre avvocati, tre facce che David aveva già visto,
ma alle quali non sapeva dare un nome, cosa non strana dato
che dal settantesimo al centesimo piano lo studio contava un
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totale di seicento legali. All’ottantaquattresimo uscirono altri
due abiti scuri. La salita riprese e David cominciò a sudare, poi
a iperventilare. Il suo minuscolo ufficio era al novantatreesimo
piano, e più si avvicinava più il cuore gli batteva forte. Altre
meste uscite al novantesimo e al novantunesimo; a ogni fermata
David si sentiva sempre più debole.
Al novantatreesimo erano rimasti solo in tre: David, Al e un
donnone che tutti a sua insaputa chiamavano Lurch, “rollio”.
L’ascensore si fermò, risuonò un gradevole gong, le porte si
aprirono e Lurch uscì dalla cabina. Uscì anche Al. David non si
mosse. Non ci riusciva. I secondi passavano. Al si voltò e disse:
«Ehi, siamo arrivati. Esci».
Da David nessuna risposta, solo lo sguardo vuoto e inespressivo di chi è in un altro mondo. Le porte cominciarono
a richiudersi, ma Al inserì la sua valigetta tra le ante. «David,
stai bene?»
«Certo» sussurrò lui, che si impose di muoversi. Le porte si
riaprirono, il gong suonò di nuovo. Adesso era fuori dall’ascensore e si guardava intorno nervosamente, come se non avesse
mai visto prima quel posto. In realtà se n’era andato da lì solo
dieci ore prima.
«Sei pallido» disse Al.
David sentiva la testa che gli girava. Udiva la voce del collega, ma non capiva cosa stesse dicendo. Lurch, un paio di metri
più avanti, osservava la scena perplessa, come davanti a un
incidente stradale. L’ascensore scampanellò di nuovo, un suono
diverso questa volta, e le porte fecero per richiudersi. Al disse
qualcos’altro e tese addirittura una mano, come per aiutare.
David si girò di colpo e i suoi piedi di piombo ripresero vita.
Scattò verso l’ascensore e si tuffò all’interno della cabina un
istante prima che le porte si chiudessero. L’ultima cosa che udì
dall’esterno fu la voce spaventata di Al.
L’ascensore iniziò la discesa e David Zinc cominciò a ridere. I
capogiri e la nausea erano scomparsi. La pressione sul petto era
svanita. Lo stava facendo davvero! Se ne stava andando dagli
sfruttatori dello studio Rogan Rothberg, stava dando l’addio a
un incubo. Lui, David Zinc, fra tutte le migliaia di associati e soci
giovani nei grattacieli del centro di Chicago, lui e lui soltanto
aveva trovato il coraggio di andarsene in quella mattina tetra. Si
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