- Liceo Galilei

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Giornale bimensile del Liceo Scientifico Galileo Galilei
An alleged degree of personhood
Articoli di
particolare
interesse:
• Nel mondo dei
vegani…
pagina 2
• La Fine
pagina 3
• Paura di vivere
pagina 4
Si Ringraziano in
modo particolare
L’aborto costituisce indubbiamente una tematica sensibile e suscettibile di interpretazioni opinabili formulate da
questa o quella guida morale in relazione all’organizzazione per conto della quale si sta esprimendo.
Fondamentalmente, gli schieramenti – così definiti ragionevolmente – possono esser ricondotti a coloro che si
scagliano contro l’interruzione volontaria di gravidanza e coloro che ne sostengono l’importanza. Innanzitutto
indispensabile menzionare l’opinione cattolica poiché, nonostante si sia a più riprese dimostrata totalmente inadatta
ad affrontare questioni morali, continua a influenzare le menti di passate e presenti generazioni, ostacolando qualsiasi
tentativo di aperto e ragionevole dialogo. La pratica dell’aborto è stata, infatti, etichettata come “cultura dello scarto”
da parte degli stessi rappresentanti ecclesiastici che, sull’onda di una immotivata tendenza inquisitrice, hanno bollato
come eretico e infernale l’insieme delle attività che definiamo “Educazione sessuale” – tra cui ricordiamo l’impiego
di ogni metodo contraccettivo. Sostanzialmente, è anticristiano qualsiasi comportamento o azione che ostacoli il
processo di formazione della vita. Dunque, cari ragazzi, l’atto masturbativo vi garantirà un accesso riservato
all’Inferno perché, oltre a ridurre le possibilità di insorgenza del cancro alla prostata, equivale a scartare o, ancor
meglio, uccidere milioni di potenziali vite umane. Molti, invece, ritengono il concepimento come inizio della vita
propriamente detta, giacché è l’assetto genetico del concepito a determinarne l’identità; tuttavia, è bene ricordare che
il prodotto dell’incontro di gameti maschili e femminili non è un essere umano e l’accostamento di un
“potenzialmente” non lo eleva allo stato di persona. Un embrione (l’ultimo stadio raggiungibile che rende lecito
l’aborto farmacologico o strumentale) è privo di una individualità a cui è possibile legare qualsiasi valore morale.
Allo stadio intaccato dall’aborto, un embrione non possiede sufficienti componenti neurali tali da generare una
benché minima traccia cosciente - definibile come la soglia minima di partenza che ci rende umanamente vivi -.
D’altro canto, parliamo della stessa minima e indispensabile attività cosciente che, una volta assente a livello
cerebrale, ci consente di definire un individuo morto. L’embrione, a rigor di logica, potrebbe essere paragonato ad un
uomo cerebralmente morto il cui corpo, come ben sappiamo, è semplice materiale organico. Ritenere un embrione più
di quel che realmente è costituisce un retaggio della nostra radicata cultura religiosa, generatrice dello strategico
concetto di anima; definire un embrione “un umano in potenza” è una corretta argomentazione, ma non
sufficientemente valida da rendere l’aborto un atto moralmente illecito giacché, ad oggi, un cellula epiteliale ha più
possibilità di generare un essere umano di un ovulo femminile. Eppure, nessun funerale viene celebrato quando ci
grattiamo. Dunque, invece di credere giusto e morale il fatto che un ovulo fecondato possa decidere del destino
fisiologico di una donna, dovremmo concentrarci sul diritto all’autodeterminazione di una gestante che, come spesso
capita, potrebbe anche essere una bambina di nove anni violentata dal patrigno e incinta di due gemelli (che, per la
cronaca, ha ricevuto una chiara scomunica da parte della Chiesa di Roma). Ad ogni modo, la pratica dell’aborto,
considerata la sua natura invasiva e determinante, non è da sottostimare; l’interruzione volontaria di gravidanza
dovrebbe semplicemente essere annoverata fra le opzioni, coscienziosamente intraprese, a disposizione di una donna
che, per valide motivazioni, non ha la possibilità o la volontà di divenire madre.
Francesco Monaca e Marta Pitino
IL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON
Grafica del Giornale
curata da
Antonio Pino
Adeguati. E’ quello che spesso ci
sentiamo dire e che a volte
facciamo:
adattarci
alle
circostanze. Il libro di cui scrivo
oggi ha da darci qualche piccola
lezione in merito a ciò, perchè il
protagonista
“Jonathan
Livingston” tutto fece meno che
“adeguarsi”. Jonathan era un
gabbiano che non si limitava a
“sbatacchiare le ali” per andare
verso le zone ricche di cibo. No,
lui volava più in alto. Puntava a
scoprire ed oltrepassare i propri
limiti, studiando tecniche nuove
per fendere l’aria più veloce d’un
falco o per risparmiare energie
quando necessario. Sapeva
guardare oltre. Non era ben visto
dal resto dello stormo perchè
troppo avanti, quindi troppo
diverso e infatti venne esiliato.
Nonostante il trattamento dei
suoi compagni fosse stato
tutt’altro
che
riconoscente,
Jonathan tornerà alla spiaggia
natia per un nuovo tentativo di
condurre “fuori dalla caverna”
altri gabbiani e stavolta verrà
considerato al pari di un dio. Con
questa storia Bach ci insegna a
librarci sempre più in alto, ci
suggerisce
di
mirare
alla
perfezione, adeguandoci solo a
ciò che noi stessi siamo: una
perfetta idea di libertà. Troppo
spesso agiamo in funzione di
contingenze
esterne,
che
influenzano il nostro modo di
essere,
anzi
non
essere,
fermandoci solo alla superficie
del nostro io, senza curarci di
andare più a fondo. Siamo
ingabbiati in schemi che noi
stessi ci siamo creati e ci
comportiamo come se la vita che
viviamo non fosse realmente la
nostra, perchè per superare i
limiti imposti dalla società ci
vuole il coraggio di essere
davvero
autentici.
Tuttavia
questa passiva accetazione dell’
esistenza porta al più completo
annullamento della nostra vera
natura e giorno dopo giorno ci
trasciniamo verso quel lento e
perpetuo suicidio che va sotto il
nome di vita. Non puntiamo alla
perfezione e disconosciamo il
reale valore della libertà, perchè
troppo occupati a rammaricarci
di ciò che non sappiamo, o non
possiamo fare, quando sarebbe
più opportuno rimboccarci le
maniche e tentare l’apparente
impossibile. Lo scrittore dà alla
storia un lieto fine, epilogo non
sempre adattabile a quella che è
la nostra realtà in quanto siamo
troppo distratti dalle grida dello
“stormo”, troppo occupati a
litigare per l’acciuga più grassa,
per scoprirci in grado di volare
alto. “Chissà perchè la cosa più
difficile di questo mondo è
convincere un gabbiano che egli
è libero?”
Gaia Borrometi
La Civetta
Pagina 2
Nel Mondo Dei Vegani…
Solo un vero vegetariano è capace di vedere le
sardine come cadaveri e la loro scatola come una
bara di latta; un mangiatore di carne neanche se lo
chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la
sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati”
scrive così Guido Ceronetti, e oggi in Italia sono tra
i 400 e i 700 mila ad essere vegetariani (6,5%) o
vegani (0,6%). Tuttavia, quella di escludere
qualsiasi prodotto di origine animale è una scelta
che viene ancora trovata da molti insensata ed
estrema. Cerchiamo allora di chiarire i dubbi più
frequenti a tal proposito.
Perché una scelta così drastica?
Essenzialmente per tre motivi: salute, animali,
ambiente. In primo luogo, il consumo di carne, di
latte e derivati, aumenta il rischio di avere a che
fare con arteriosclerosi, diabete mellito, obesità e
ipertensione arteriosa; in secondo luogo, chi ci dà il
potere di togliere la vita a un altro essere vivente?
Saremmo felici se ci servissero a cena il nostro
cane cotto al forno con contorno di patate arrosto?
Certamente no, e allora chi stabilisce che un cane
merita di vivere e una mucca no? Questo dunque è
essenzialmente un problema di eticità e di
coerenza, se ci diciamo “amanti degli animali”.
Infine, il trasporto e la lavorazione della carne è
responsabile di circa il 20% dell’inquinamento.
Da quali alimenti vegetali possiamo ricavare ferro e
proteine?
Il ferro è presente in tutti i legumi, in particolar modo
nelle lenticchie (100 g ne contengono 3 mg) nelle
piante a foglia verde come gli spinaci, nella soia, nei
semi di zucca, nella melassa, nel succo di prugne,
nel cioccolato fondente, nella frutta secca come le
mandorle e le noci. Inoltre, l’assorbimento del ferro
può essere migliorato grazie all’assunzione
combinata di alimenti contenenti la vitamina C.
Le proteine possono essere ricavate da alcuni
derivati della soia, come il tofu e il tempeh, dai semi
di canapa e da quelli di chia, dalle mandorle, dalle
albicocche e dall’alga spirulina (un’alga di acqua
dolce considerata un alimento completo, in quanto
oltre a contenere gli amminoacidi essenziali,
contiene anche omega-6, ferro, magnesio, calcio,
potassio, e le vitamine B, A, C, E,).
Uno sfizioso piatto vegano.
Riso Venere asparagi e tofu (Ingredienti per 6
persone):
300 g di riso venere
300 g di asparagi
50 g di mandorle
3 cucchiai di capperi
50 g di tofu vellutato
olio extravergine di oliva q.b
sale q.b
Per prima cosa cuocete il riso venere in 3 volte il
suo peso di acqua sino al completo assorbimento di
quest’ultima. Al termine della cottura mantecate il
riso con il tofu vellutato. Nel frattempo, dopo averli
mondati eliminando la parte del gambo più dura,
lessate gli asparagi in abbondante acqua salata,
cercando di mantenerli in verticale nella pentola con
le punte rivolte verso l’alto e fuori dall’acqua in
modo che si cuociano con il vapore. Tagliate le
mandorle a lamelle e fatele tostare leggermente
con un filo d’olio in un tegame antiaderente, unite i
capperi dopo averli sciacquati leggermente sotto
l’acqua fredda ed unite anche gli asparagi che
avrete tagliato a rondelle. Tenete da parte qualche
punta di asparago per la decorazione del piatto.
Fate insaporire per alcuni minuti. Aggiungete al
condimento il riso venere mantecato con il tofu
cremoso e mescolate in modo da amalgamare tutti
gli ingredienti.
Elena Fede
La filosofia e la foresta amazzonica
“Se un albero cade in una foresta senza che ci siano spettatori alla scena, l’albero produce un rumore
cadendo?” si chiedeva il filosofo irlandese George Berkeley, giungendo alla conclusione che esiste solo ciò
che può essere percepito.
Fedeli alla teoria di Berkeley, trecento anni dopo la sua formulazione, molti di noi continuano a vivere
nell’isolamento del proprio campo visivo e totalmente ignari della realtà oltre i limiti dello sguardo.
Così per esempio, complice il vuoto lasciato dall’informazione tradizionale, non ci siamo accorti di nulla
mentre più di un quinto della foresta amazzonica andava perduto per sempre –a causa dell’intervento
umano. Eppure c’è una lunga serie di ragioni per cui dovremmo riconoscerne il valore di ecosistema più
prezioso sulla Terra:
1.
Produce più del venti percento dell’ossigeno presente nell’atmosfera, assorbendo CO2 e
rilasciando O2. Per questo la distruzione della vegetazione non solo rilascia anidride carbonica, ma riduce
anche la capacità di rigenerazione dell’aria.
2.
Ospita almeno la metà di tutte le specie viventi esistenti, ovvero cinque milioni tra piante, animali
ed insetti. Inoltre alcune di queste hanno un’importanza particolare: ad esempio nella foresta amazzonica
brasiliana -della quale rimane inviolato oggi meno del cinque percento- il 70% delle piante e 20% dei
primati sono endemici, ovvero introvabili in qualsiasi altra zona del pianeta. In altre parole, la sua
importanza in termini di biodiversità non ha eguali e dovrebbe perciò essere protetta ad ogni costo.
3.
Circa cinquanta diversi gruppi di indigeni abitano ancora la foresta, preservando il loro stile di vita
incontaminato dal contatto con il mondo moderno. E ciascuna di queste tribù custodisce l’eredità della
propria tradizione, fatta oltre che di linguaggi, riti e credenze anche degli innumerevoli medicamenti basati
sulle specie vegetali reperibili unicamente nella foresta.
4.
Nel caso questo non fosse abbastanza convincente, potrebbe essere utile menzionare i dati di
un’ultima statistica: un quarto dei farmaci prescritti e più del settanta percento dei medicinali usati dai
pazienti sottoposti a cure per il cancro sono composti da elementi originari di questo stesso ambiente.
Perciò per quanto lontani siate da quegli alberi che ogni minuto vengono abbattuti, diffidate da Berkeley.
Aguzzate l’udito e se ancora non sentite il tonfo allora inforcate un binocolo. Ma non ignorate quale
inimmaginabile ricchezza sia su questo pianeta con noi –con tutte le responsabilità che ne derivano.
Vittoria Baglieri
Pagina 3
La Civetta
La Fine
Ma cos'è davvero la fine? Il nulla più
assoluto? Il non esistere più? Non poter
amare, piangere, provare emozioni? C'è chi
prova a dare una spiegazione ad essa.
Perché viviamo se poi si deve morire? Una
visione nichilista dell'esistenza dell'uomo per
alcuni. Per altri la fine del mondo non è altro
che la perdita di qualcosa di caro,
inestimabile: la fine di una relazione, di una
vita, di un'era, di una fase della propria vita.
Dal titolo dell'articolo alcuni probabilmente
avranno dedotto quale sarà la prima canzone
ovvero The end dei The doors. La canzone,
rock progressive-psichedelico, fu composta a
spezzoni da Morrison durante vari live,
aggiungendo verso a verso, strofa a strofa,
ritoccata svariate volte prima di essere
registrata e inserita nel primo album della
band, l'omonimo The Doors. Il testo, forse
originariamente dedicato ad una donna, è
influenzato dagli studi compiuti da Morrison e
dalla sua visione pessimista e decadentista
del mondo. Esempio più nitido la celebre
parte parlata in cui il complesso di Edipo (al
tempo concetto molto trattato e ripreso
precedentemente da Nietzsche che vi aveva
dato molta importanza) è punto forte della
canzone e ci aiuta a capire anche il contrasto
con il padre, militare impegnato in Corea e
Vietnam durante le guerre che impegnarono
gli USA e di cui la musica dei Doors (anche la
stessa The end in cui si fa riferimento ai "blue
bus" usati per i trasporti delle truppe) fu al
centro del movimento pacifista.
Altro pezzo, altro sottogenere del rock
(alternative in questo caso), altro "tipo" di fine.
I know it's over dei The Smiths. Scritto da Jim
Morrissey, il testo è considerato il più poetico
del gruppo, che spesso utilizzò testi di questo
calibro al punto che oserei definirli autori di una
poesia decadente, gira attorno alla storia
d'amore (ovviamente finita male) del
protagonista che perde via via tutte le sue
certezze e qualità ("If you're so funny"
"And if you're so clever" - "If you're so very
entertaining"-"If you're so very good-looking")
si ritrova solo in questa notte ("Then why are
you on your own tonight?") in cui rimane solo
con i suoi trofei e il suo fascino ("With your
triumphs and your charms"). Alla fine il
protagonista ormai esasperato da un amore
impossibile e non naturale si rivolge alla madre
mentre sente il terreno crollargli addosso e non
riesci più ad aggrapparsi a qualcosa o a
qualcuno.
Da sottolineare l'utilizzo dell'harmonium e della
batteria che accompagnano il crescendo
generale del testo e della voce. Infine
"Canzone dalla fine del mondo" del celebre
gruppo folk Modena City Ramblers.
Attraverso il testo ci trasmettono immagini e
sensazioni dal quel meraviglioso paese che è
l'Irlanda. Paese che adesso è lontano dal
protagonista, che può solo sognarlo mentre
aspetta di poter tornare. Nell'attesa del ritorno,
che sembra interminabile, resta comunque la
speranza di poter rivivere le stesse emozioni di
prima.
This is the end
Beautiful friend
This is the end
My only friend, the end.
Andrea Guarrasi
Carlo, Winnie dei Pooh e la morte di alcune corde vocali
Argomento leggermente scontato del 50%:
Sanremo. Non credete sia facile fare satira su
un pezzo così importante della storia italiana,
inoltre la musica è una cosa piuttosto
soggettiva, dunque criticare le canzoni
sarebbe un po’ presuntuoso. Idolatrare il
Festival Della Musica Italiana è un obbligo
morale! Non si tocca! Infatti quest’anno per la
seconda volta abbiamo dovuto aumentare la
luminosità sui teleschermi per distinguere il
volto del simpaticissimo Carletto Conti, che
anche in inverno con -40° riesce comunque
ad essere abbronzato. Per carità, Sanremo è
una cosa seria, serissima, dove l’eleganza
regna sovrana, infatti il valletto di Carlino (mi
riferisco sempre a Carlo Conti, non ad un
cane) è nientemeno che l’attorone sex symbol
tutto mascella e battute che riuscirebbero a
raggelare l’Inferno Mr. Gabriel Garko, che ha
recitato nelle migliori serie tv italiane e oserei
dire mondiali: “L’Onore e il Rispetto “, “il
Peccato e la Vergogna”. Chi ha visto anche
solo 10 secondi di una puntata, anche per
sbaglio nel fare zapping, sa con quale
mirabolante maestria e credibilità egli
interpreti i personaggi affidatigli. Ma passiamo
agli illustri artisti sul palco: gli Zero Assoluto
(di nome e di fatto?). Sono riusciti a rovinare
la sigla di un cartone animato (Goldrake) che i
nostri genitori guardavano da piccoli,
rovinandogli l’infanzia: ho personalmente
assistito alla scena di mia madre che ascoltava
sconvolta. Poi il gruppo di Morgan, i
B…qualcosa, ah si i Benagol! Ah no quello è il
medicinale che doveva prendere Morgan prima
di cantare, scusate, i Bluvertigo! La cosa più
bella però è stata sicuramente la reunion dei
Pooh, Riccardo Fogli, Winnie The e tutti gli altri
che hanno cantato molte loro famose canzoni
stonandole di ignoranza, come solo Roby
Facchinetti, in questi ultimi anni, sa fare.
D’altronde, ricordiamoci chi è suo figlio. Ci
consoliamo con il terzo posto di Giovanni
Caccamo e Deborah Iurato che almeno hanno
portato un po’ di Modica sotto gli occhi
dell’Italia.
Un pensiero va a Franco Ruta, proprietario
della dolceria Bonajuto, scomparso poche ore
fa, il quale ha migliorato con i suoi dolci la
nostra vita modicana, e sono certo che rimarrà
per sempre nei nostri cuori ogni volta che
assaggeremo un pezzo di quella sua
straordinaria cioccolata. Grazie Franco!
Ludovico Poidomani
La Civetta
Pagina 4
Paura di vivere
Che cosa stamattina ti ha fatto svegliare stressato
e incazzato? Cosa ti ha portato ad aprire gli occhi e
dopo pochi secondi ti ha condotto nel vortice
irrefrenabile di un quotidiano stress? E ieri? E tre
giorni fa? Via, si parte alla volta di una monotona
giornata: oggi, ieri, domani. Quanta infelicità?
"Dario ma che succede? Hai cominciato a
trastullarti in una leopardiana giostra ahah?" Beh,
forse è vero, io non lo credo, tu? Avete mai
pensato di essere voi stessi gli artefici della vostra
infelicità? Tutti abbiamo provato almeno una volta
l'incontenibile gioia di qualche secondo, minuto,
ora di orgasmica felicità; sei davvero sicuro di
volerla rivivere? La felicità ci fa paura amico, infatti
quando questa passa precipitiamo rovinosamente
come colombe abbattute dal cacciatore, la realtà.
Così ci sottomettiamo ad una vita mediocre: senza
troppi rischi, senza tante voglie, senza follie, senza
curiosità e senza forti emozioni, alle quali prende il
posto un costante "che sarà mai"; ristrutturiamo le
nostre montagne russe, per trasformarle in
autostrade. Oh beh, quelle le costruiamo davvero
bene, faremmo invidia ai giapponesi, capaci di
costruirne centinaia di chilometri in pochi giorni. Ma
non solo siamo bravi nel costruirle, la vera maestria
sta nel criticarle: denunciamo con furore una vita
piatta, uguale, noi costruttori dell'autostrada non la
abbattiamo,
fingiamo
solo
di
disprezzarla
stuzzicandola con parole vuote. Ci siamo armati fino
ai denti contro l'imprevedibilità della vita: intanto i
giorni si assomigliano tutti; non accetteresti mai un
passaggio da uno sconosciuto, dico bene? Intanto
la vita ha smesso di bussare alla tua porta. Eppure
sappiamo che da questi incontri imprevedibili, dal
passaggio di uno sconosciuto, la nostra vita
potrebbe cambiare: dal giorno alla notte. Ma tu non
lo fai, hai paura, una sconcertante paura di soffrire.
Hai preferito rinchiudere te stesso nella tua
personalissima Guantanamo piuttosto che rischiare
di vivere, non di morire: di vivere. "Ma cosa
dovremmo fare allora? Rischiare una vita per
qualche minuto di gloria?" Io credo di si, in fondo lo
credi anche tu, lo sai perché te lo dicono i tuoi
sospiri, le tue insofferenti serate con gli amici, la tua
luna nera costante. La mediocrità è un tuo diritto,
ma il tentare di vivere una emozionante vita un tuo
dovere.
Dario Lauretta
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1- Statisticamente, il troppo studio può essere causa di depressione e quindi di voti bassi;
2- Il nome più comune per una strada negli US è "2nd St." . Il secondo nome più comune è
"Main St." .
3- Il programmatore Svedese Ludvig Strigeus, il principale
sviluppatore di Spotify, è anche il programmatore che creò BitTorrentClient e µTorrent.
4- Nel Maggio 2007, una donna (Edith Rodriguez) svenne e rimase sul pavimento del pronto
soccorso del Martin Luther King JR – Harbor Hospital di Los Angeles, CA, per 45 minuti, senza
ricevere alcuna assistenza. Quando vomitò sangue, un inserviente pulì il pavimento attorno a lei
mentre il suo ragazzo chiamava il 911 per ricevere assistenza in qualche altro ospedale,
venendo rifiutata. La donna, che non ricevette alcuna assistenza, fu anche arrestata dalla
polizia per aver causato scompiglio in ospedale dopo che l'infermiera chiamò la polizia. La
donna morì su una barella poco dopo per una perforazione gastrointestinale e il poliziotto che la
arrestò fu assolto in quanto ha dichiarato di averla arrestata perchè pensava in carcere avrebbe
ricevuto l'assistenza medica negata in ospedale.
Leandro Cannizzaro>>
Recensione film – A Beautiful Mind
Locandina A Beautiful
Mind
Avete mai pensato di essere impazziti a causa
dello studio? Bene: non siete i soli! E il
protagonista di questo film ne è un esempio.
Suvvia, a parte gli scherzi...
Il film di cui vogliamo parlarvi oggi riguarda uno tra
i matematici più brillanti e originali del Novecento,
John Nash, Premio Nobel per l’economia nel 1994.
Nel 2001, Ron Howard ebbe la brillante idea di
dirigere un film, “A Beautiful Mind”, ispirandosi alla
vita di questo grande uomo.
Nell’autunno del 1948, il giovane John Nash inizia
a frequentare l’università di Princeton e si ritrova a
condividere la stanza con Charles Herman, che
diventerà il suo unico amico. John è alla ricerca di
una teoria innovativa che gli permetta di
conseguire il dottorato in matematica. Nel 1949,
durante gli studi, stabilì i principi matematici della
teoria dei giochi.
Durante la guerra fredda, viene contattato dal
“Pentagono”,
che vorrebbe il suo aiuto per
decodificare i messaggi inviati dai Russi. John
accetta, riferendo mensilmente i risultati delle sue
scoperte, attraverso delle lettere.
Contemporaneamente inizia ad insegnare, e
conosce Alicia, una giovane studentessa che
diventerà sua moglie.
La sua vita continua, funestata dalla costante
presenza di William Parcher, membro del
Dipartimento della Difesa, che gli affida una
missione top secret.
Nel frattempo John incontra Charles, che gli
presenta la sua nipotina. Dopo diversi incontri, Nash
si rende conto che qualcosa non va in quella
bambina: sembrava non crescere mai.
Ma basta spoiler: volete conoscere la vera storia di
John Nash? Correte a guardarlo!
Lucrezia Di Maria, Alessia Modica,
Chiara Scribano
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La Civetta
Cosa c’è nella tua etichetta?
E’ importante documentarsi sui prodotti che
compriamo, perché con nostra sorpresa potremmo
scoprire molte cose poco piacevoli. Si tende a
pensare che la schiavitù sia una serie di pratiche
usate secoli fa e non più attuate, ma invece
continua ancora oggi. Sembra scandaloso usare
nel 2016 questo termine, ma le condizioni in cui
purtroppo vivono tante persone non sono diverse
da quelle degli schiavi di secoli fa. Costrette a
lavorare senza sosta, in condizioni disumane, a
subire abusi, sono considerate poco più di oggetti.
Nonostante la schiavitù sia vietata in tutti i paesi
dove viene praticata e vada contro la Dichiarazione
dei Diritti Umani, si conta che circa 35 milioni di
persone in tutto il mondo vivono ancora come
schiavi. Frequentemente le vittime sono bambini
che, utilizzati come merce di scambio, privati dei
diritti e di una vita normale, vengono impiegati per
lavorare a tempo pieno. I paesi che ricorrono a
queste pratiche sono principalmente Congo, India e
Cina.
Nel primo Paese vengono utilizzati
prevalentemente per estrarre minerali dal
sottosuolo, mentre gran parte dei prodotti, ottenuti
sfruttando i minori e usati quotidianamente,
provengono dagli altri due. “Per confezionare un
paio di Timberland, vendute in Europa a 150 euro,
nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni
guadagna 45 centesimi di euro. Lavora 16 ore al
giorno, dorme in fabbrica, non ha ferie né
assicurazione malattia, rischia l'intossicazione e
vive sotto l'oppressione di padroni-aguzzini. Per
fabbricare un paio di scarpe da jogging Puma una
cinese riceve 90 centesimi di euro: il prezzo in
Europa è 178 euro per il modello con il logo della
Ferrari”.(cifr.liceoberchet.gov.it) Cosa possiamo
fare allora nell’immediato per evitare di sostenere,
sebbene inconsapevolmente, la pratica della
schiavitù? Potremmo, per esempio, fare attenzione,
quando compriamo un prodotto, non solo al
modello, al prezzo, alla marca … ma anche alle
norme di produzione che sono state applicate. Solo
se ognuno di noi prende realmente coscienza
dell’esistenza di situazioni simili e assume, di
conseguenza, comportamenti responsabili, sarà
possibile costringere le Multinazionali e i Paesi che
attuano lo sfruttamento a rivedere la loro politica
economica.
Emanuele Messina