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DRAFT
IL FUTURO DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE NEL MERCATO GLOBALE
DELL’INNOVAZIONE
Superare la logica delle riforme incompiute e realizzare cambiamenti concreti in
grado di avviare l’università italiana su un percorso di crescita della propria
competitività1
18 Gennaio, 20082
Roma, Camera dei Deputati
1
Al Gruppo di lavoro hanno partecipato Francesco Grillo, Francesco Sylos Labini, Matteo Bocci, Ilaria
Maletta, Amelia Realino, Ketevan Boroshivili, Caroline Meyer e Monika Stralek (Vision), Paolo
Barbanti, Monica Buzzai, Marcello Chieppa e Rita Vassena (Urania), Tommaso Stefani (Nova), Enrico
Prati (Associazione Italiana per la Ricerca). Un ringraziamento particolare va al Politiecnico di Torino e
al suo Rettore per aver dato disponibilità per il questionario sugli studenti stranieri, agli uffici del
Presidente della Commissione Shengen Sandro Gozi per aver fornito riferimenti di analisi rilevanti per la
definizione delle azioni di internazionalizzazione e a quelli del Ministo per le politiche giovanili
Giovanna Melandri per aver fornito documentazione utile per lo sviluppo delle diverse proposte e un
supporto logistico decisivo per la realizzazione della giornata di studio nella quale e’ stato presentato il
progetto.
2
Il presente documento è proposto come base di dati e proposte su cui discutere nel corso del convegno.
Come tale è inteso come un “documento aperto” e destinato ad essere esteso, completato e dettagliato
assieme a chiunque sia interessato al tema della riforma delle Università italiane ed in generale alla
competitività del nostro paese.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
1. L’UNIVERSITÀ ITALIANA UN ANNO DOPO ....................................................... 8
1.1 La prestazione nelle classifiche internazionali – Realtà ed esagerazioni ............... 9
1.2 La capacità di attrazione delle università italiane................................................. 12
1.3 La prestazione rispetto ai quattro obiettivi della metodologia proposta............... 16
1.4. La spesa complessiva e le aree di inefficienza .................................................... 22
2. I CANTIERI PROGETTUALI................................................................................... 30
2.1 Realizzare azioni di attrazione e mobilità internazionale..................................... 32
2.1.1 Attrarre studenti stranieri............................................................................... 32
2.1.2 Aumentare la mobilità internazionale degli studenti italiani......................... 35
2.1.3 Attrarre ricercatori stranieri ........................................................................... 36
2.1.4 Aumentare la mobilità internazionale dei docenti italiani in Italia ............... 38
2.1.5 Costruire la rete dei ricercatori italiani all’estero .......................................... 38
2.2 Razionalizzare il sistema spostando le risorse tra aree a diverso livello di
produttività ................................................................................................................. 39
2.2.1 Aumentare le tasse universitarie per finanziarie un aumento della mobilità
degli studenti .......................................................................................................... 40
2.2.2 Razionalizzare il presidio universitario sul territorio. ................................... 41
2.2.3 Spostare risorse tra segmenti della popolazione docente di età diverse ........ 42
2.3 Aumentare la resa della spesa pubblica in ricerca attraverso una revisione dei
meccanismi di selezione dei progetti.......................................................................... 44
2.4 Definire criteri di valutazione e incentivazione in grado di identicare e
promuovere i casi migliori.......................................................................................... 49
3. UN’AGENDA PER IL FUTURO .............................................................................. 58
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
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Qualche mese fa, in un brainstorming con dirigenti e policy makers responsabili di
università e sistemi universitari in diversi Paesi europei, abbiamo tentato di capire quali
possano essere gli obiettivi specifici di un sistema universitario, quali le domande
strategiche alle quali i partecipanti vorrebbero avere una risposta. Può essere, allora,
utile cominciare questo progetto proponendo una rilettura in chiave italiana dei
principali quesiti emersi da quell’incontro.
“Come faccio ad aumentare la percentuale dei laureati rispetto alla popolazione ad un
livello che sia simile a quello di altri Paesi con i quali competiamo? Come possiamo
avere tra cinque anni almeno lo stesso numero di università tra le prime cento di Paesi
più piccoli come Svizzera o Svezia e percentuale di studenti stranieri sul totale simili a
Francia o Germania (dieci per cento)? Come si può aumentare la percentuale di PIL
destinata alla ricerca ed in particolare come posso utilizzare le università per aumentare
la spesa delle imprese ad un livello in linea con le medie comunitarie? Come posso
consolidare in Italia hub di ricerca in grado di esprimere – magari sugli indicatori che
conteggiano brevetti, pubblicazioni e citazioni – leadership a livello globale? Come
posso avere non una, ma almeno quattro (come la Spagna) business schools in grado di
comparire nelle classifiche europee che guidano la scelta degli studenti migliori? Come
creo una scuola in grado di formare le élitè politiche ed amministrative come nella
tradizione di Francia, Inghilterra, Stati Uniti? Come aumento il numero di persone che
sono esposte a formazione dopo la laurea in modo coerente ai target previsti dalle
strategie europee? E come più in generale e forse più importante aumento la percentuale
di italiani che attribuiscono allo studio, alla conoscenza, alla ricerca un ruolo centrale
nel promuovere progresso individuale e collettivo?”
Obiettivi di questo genere sono stati evocati da ministri, esperti, rettori, politici,
studenti, imprese. Spesso con sincera preoccupazione. Eppure quello dell’Università è
uno dei terreni sui quali più evidente appare il paradosso che domina gli ultimi quindici
anni della storia d’Italia: nessuno sembra più dubitare della grave difficoltà che
caratterizza il sistema. Del resto, a tale consapevolezza corrispondono numerose
riforme, tentativi più o meno organici, spesso sofisticati e tuttavia tutti quasi sempre
falliti.
Cosa c’era di sbagliato nell’approccio al problema delle Università? Esistono limiti
strutturali al principio stesso delle riforme? Cosa si può fare per rendere concreto un
progetto di cambiamento che sia, magari, meno ambizioso, ma comunque capace di
cambiare in meglio la situazione?
Le domande che aprono questo documento mettono in evidenza una serie di obiettivi
importanti che dovrebbero, forse, essere ai primi punti di un patto elettorale serio con i
cittadini, perché dall’università passa buona parte del futuro di un paese. E, tuttavia, il
problema, l’inizio di questa apparente impossibilità di cambiare, è che si è spesso
ignorato che tali obiettivi sono totalmente diversi tra di loro. Che pur essendo
fortemente collegati (il conseguimento di uno rende più probabili tutti gli altri) essi non
possono essere conseguiti simultaneamente (con una qualche razionalissima e
assolutamente inutile “riforma”) perchè non ve ne sono le energie e perchè ciascuno
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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richiede azioni di tipo diverso. Laddove il dibattito e, persino, le discussioni tra gli
esperti, tende a confonderli (ricerca con formazione, laureati con eccellenza).
Uno degli aspetti distintivi del paper che Vision – insieme a Urania e Nova – aveva
presentato lo scorso anno era, appunto, la convinzione che siano più di uno gli obiettivi
che alle Università vengono assegnati in una società moderna. A ciascuno di questi
obiettivi corrispondano diversi modelli organizzativi, didattici e scientifici, diversi
valori e misure che ne verifichino il conseguimento, diversi incentivi e comportamenti
individuali e di gruppo.
La diversificazione di missions fa delle Università un sistema complesso e tuttavia
riconoscere tale complessità è il primo, indispensabile passo per proporre soluzioni che
siano praticabili, per sfuggire ad esercizi di critica che appaiono spesso incapaci di
superare la dimensione della denuncia o, magari, del mero esercizio teorico. Quasi tutte
le proposte finiscono con il voler privilegiare solo una delle dimensioni del problema
che cambia, ovviamente, a seconda della provenienza della proposta e degli interessi
che essa rappresenta. Tuttavia riteniamo che chi voglia “mettere le mani” ad una oggetto
così complesso com’è il sistema universitario in Italia si debba porre il problema di
migliorare progressivamente tutte le prestazioni delle singole Università.
Nel nostro paper divulgato a Gennaio 2007, si identificavano quattro diversi obiettivi:
rendere sistematica la produzione di talento e classe dirigente; aumentare, qualificare
l’offerta di segmenti della forza lavoro ad elevata qualificazione; produrre ricerca in
grado di generare valore economico e avanzamenti della conoscenza scientifica;
aumentare la propensione verso l’innovazione e i valori scientifici della società nel suo
complesso.
OBIETTIVI DEI SISTEMI UNIVERSITARI
Produrre,
trattenere, attrarre
talento
Aumentare la
produzione di
laureati e
rispondere alla
domanda del
mondo del lavoro di
competenze
Rendere
l’Università più
produttiva
(“competitiva”)
Produrre
innovazione,
tecnologie, ricerca
Rendere il sistema
nel suo complesso
innovation e
science friendly
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A tali obiettivi rispondono diversi modelli organizzativi e di incentivazione istituzionale
(valutazione, premi). E tuttavia essi sono tutti indispensabili. Non ha futuro un Paese
che non ha un sistema educativo in grado di attrarre, identificare talenti e di
accompagnarne la crescita. Almeno in una nicchia che lo distingua, che gli dia un ruolo
nell’economia globale. Se poi vogliamo trattenere quei talenti abbiamo bisogno di un
ambiente produttivo nel quale essi possano trasformare le loro idee in prodotti e,
dunque, di un numero sufficiente ampio di competenze professionali di elevata qualità.
Ma anche di un sistema che trasformi le intuizioni individuali in progetti di ricerca
completi. Ed infine per fare ricerca, per valorizzare il talento è ovviamente necessario
costruire una società fondata sulla conoscenza dove i valori della conoscenza
raggiungano tutti, a tutte le età.
Talento, capitale umano diffuso, ricerca, apprendimento distribuito lungo tutto l’arco
della vita. Quattro obiettivi chiaramente distinti. Per i quali servono, in un certo senso,
quattro diversi tipi di Università. E che tuttavia sono tutti e quattro reciprocamente
indispensabili. Ed è così che infatti funzionano i Paesi che spesso sono considerati
possibili riferimenti per l’Italia.
Partendo dagli Stati Uniti che dominano le classifiche internazionali e che appunto
accompagnano all’eccellenza da MIT nella ricerca, la produzione di classe dirigente
(delle business schools e delle scuole di government) e un numero ampio di università
di medio alto livello. E finendo con i più recenti modelli nordici che con più
convinzione hanno completato i propri sistemi universitari con una vasta gamma di
offerta per segmenti di tutte le età e condizioni occupazionali.
Il lavoro di Vision parte, dunque, proprio dalla consapevolezza dell’urgenza di una
modernizzazione, ma anche della debolezza delle scorciatoie che vengono proposte.
Non può essere lo Science Citation Index l’unico criterio per fare valutazione perché ciò
comporterebbe trascurare almeno tre dei quattro obiettivi che le università italiane, che
diversi gruppi di università italiane devono perseguire.
D’altronde, se da un lato non può essere la privatizzazione – sostenuta da alcuni – la
soluzione (perché persino nel Sistema americano accanto alle università pubbliche che
sono numerose, esistono fondazioni che non hanno fini di lucro), non possiamo però
neppure accettare che quote assai importanti dei fondi destinati alla ricerca siano gestiti
da amministrazioni regionali dotate di strumenti di valutazione inadeguati e senza
obbligo di trasparenza e assunzione di responsabilità sui risultati.
L’autonomia, poi. Non c’è dubbio che un sistema che funziona, dove, appunto, ci sono
obiettivi diversificati non possa essere governato dal centro. Non c’è dubbio che
università competitive sono, per definizione, università autonome. E tuttavia il sistema
non reggerebbe una totale e immediata autonomia (laddove, peraltro, i margini di libertà
degli atenei sono, comunque, assai maggiori di quelli che l’opinione pubblica e persino
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molti degli addetti ai lavori immaginano e usano). Un sistema differenziato è, però, un
sistema a diversi livelli di autonomia, laddove tale discrezionalità (nell’utilizzo di soldi
pubblici per l’assunzione di personale, la sua dismissione o promozione, nella fissazione
delle rette, nella organizzazione) diventa, appunto, il vero riconoscimento per chi riesce
a “vincere la gara” della valutazione (di cui parliamo nell’ambito del terzo dei nostri
“cantieri progettuali”), o per chi riesce, più efficacemente, ad aggiungere finanziamenti
privati o internazionali ai propri progetti di ricerca (il quarto dei “cantieri”).
È una terza via realistica quella che gli alumni delle università americane e Vision
stanno proponendo. Che identifica quattro “virus benefici” che possono mettere il
sistema in movimento, che possono innescare un processo di apprendimento i cui tempi
siano brevi e scanditi da successi e risultati – magari non definitivi – ma
immediatamente percepibili. Processo di apprendimento che significa, progressivamente
maggiore differenziazione e autonomia, di un sistema che si arricchisce di competenze e
risorse.
Lo schema delle nostre quattro ipotesi e, quindi, del progetto di cambiamento che
disegna il paper può essere esemplificato in questa maniera.
LA LOGICA DEL PROGETTO DI
CAMBIAMENTO
Attrazione e mobilità
internazionale
Razionalizzazione e
mobilità nazionale
Selezione progetti di
ricerca
Valutazione e
incentivazione
Maggiore produttività e differenziazione del sistema e
università più autonome e competitive
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Proponiamo una riforma graduale che:
• “inietti” nel sistema agenti di cambiamento – studenti e ricercatori stranieri, gli
italiani che insegnano all’estero;
• valorizzi il talento che è nel sistema – incoraggiandone la mobilità
internazionale;
• recuperi risorse dalle esperienze di più evidente inefficienza per rendere il
sistema più dinamico;
• valorizzi i risultati di efficienza ed efficacia in base ad obiettivi strategici
concordati da ciascun Ateneo.
In questa maniera la “riforma” non è più momento cruciale di trasformazione dell’intero
sistema (difficilissimo per le resistenze che una prospettiva di questo genere implica). È
cambiamento progressivo che parte da nuclei di eccellenza, si propaga
progressivamente al resto degli atenei e, non meno importante, si finanzia da solo, ed
anzi, attrae risorse dall’esterno. Meccanismi di selezione dei progetti di ricerca più
efficienti e criteri di valutazione e incentivazione capaci di selezionare le esperienze
migliori guidano, in questo contesto, la differenziazione del sistema per obiettivi e la
allocazione di livelli di autonomia progressivamente maggiori.
******
Erano queste le intuizioni dello scorso anno ed è da questa idea complessiva di
“progetto” di cambiamento che parte il lavoro del 2008. Il paper si articola in tre parti:
nella prima riproporremo l’analisi sul posizionamento delle università italiane
ricostruendo le prestazioni su ciascuno dei quattro parametri; nella seconda
presenteremo quattro possibili progetti, anzi quattro cantieri progettuali per ciascuno dei
quali è possibile in tempi brevi ottenere risultati; nella terza definiamo alcune possibili
ipotesi di lavoro per l’Università che Vision, NOVA, Urania e l’Associazione Italiana
per la Ricerca lanciano con il convegno.
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1. L’UNIVERSITÀ ITALIANA UN ANNO DOPO
Il rapporto dello scorso anno si apriva con una diagnosi della situazione dalla quale
emergeva una prestazione non all’altezza della dimensione del Paese e non
giustificabile da una carenza di spesa pubblica. Cosa è cambiato dopo un anno?
L’analisi del paper 2008 è strutturata in quattro parti:
• nella prima si fa riferimento alle classifiche internazionali integrandole tra di
loro per tener conto dei limiti di ciascuna di esse;
• nella seconda ricostruiamo la prestazione del sistema in termini di attrazione di
studenti stranieri che è un indicatore di competitività particolarmente
importante;
• nella terza sezione si raccolgono evidenze rispetto a ciascuno dei parametriobiettivo che abbiamo identificato (Produzione di manodopera qualificata di alto
livello e di classi dirigenti; Risultati in termini di ricerca e ricerca accademica;
Rapporto tra Università e società nel suo complesso);
• nella quarta e ultima parte sono presentate le caratteristiche del personale
impegnato dalle nostre Università come causa più rilevante del problema.
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1.1 La prestazione nelle classifiche internazionali – Realtà ed
esagerazioni
Le classifiche internazionali sono, spesso, impietose con l’Italia. La più citata dai motori
di ricerca è l’Academic Ranking of World Universities dell’Institute of Higher
Education della Shanghai Jiao Tong University. L’edizione di quest’anno presenta, in
effetti, una novità.
Mentre normalmente l’Italia risulta indietro, quest’anno il nostro Paese semplicemente
scompare. Rispetto alla stessa classifica considerata lo scorso anno, la prima delle
Università Italiane (quella di Milano, l’anno scorso era La Sapienza) scende dal
centesimo al centotrentaseiesimo posto.
La classifica dei Paesi per presenza nei primi cento atenei (grafico che segue) è, in
realtà, dominata dagli Stati Uniti. Più della metà delle prime cento università sono
americane. Se poi si aggiungono ad esse, quelle del Regno Unito, bisogna arrivare al
ventesimo posto per trovare il primo ateneo non anglo sassone (l’Università di Tokyo).
Classifica Paesi per numero università presenti nel ranking mondiale, 2007*
89
53
università tra le
prime cento
23
14
ly
0
I ta
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rw
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1 1
No
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1 1
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A
6
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10
Fr
11
US
università tra le
prime duecento
* A parità di numero di università in classifica viene assegnata una posizione più elevata per il Paese che
ha la prima delle sue Università nella posizione.
Fonte: Vision su ARWU del IHE Shangai Jiao Tong University
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L’Italia, dunque, scompare mentre resistono nella classifica paesi decisamente più
piccoli come la Danimarca, la Finlandia, la Norvegia, e si difendono con più presenze e
in posizioni di avanguardia la Svizzera, l’Olanda, la Svezia.
Migliora la posizione dell’Italia se allunghiamo il nostro orizzonte valutativo alle prime
duecento università e ricompariamo al decimo posto nel mondo. Tuttavia, bisogna
notare che le prime cento università concentrano il 70% dello stock complessivo di
studenti stranieri e di citazioni. E in un mondo globale, la realtà non sempre piacevole
rischia di essere che un Paese è competitivo se riesce ad avere almeno un “prodotto” tra
i primi venti, come preoccupato ammoniva Tony Blair un anno fa costretto a vedere i
propri “campioni” ridursi a due. O perlomeno ad averne tre o quattro tra i primi cento.
C’è da dire che qualsiasi classifica ha i suoi detrattori. E i suoi difetti oggettivi3. Ciò non
toglie, però, che di queste classifiche ci si debba comunque preoccupare. Esse orientano
le scelte di studenti, ricercatori, finanziatori.
Abbiamo provato a capire cosa succede osservando altre classifiche. Ad esempio la
seconda e la terza per citazioni nei motori di ricerca: il Webometrics elaborato dal
National Research Council spagnolo4 e la classifica del The Times Higher Education
Supplement.
Nella classifica Webometrics del National Research Council (stilata tenendo presente il
criterio della visibilità sul web, delle citazioni nei motori di ricerca dei diversi atenei) la
situazione purtroppo peggiora. L’Italia continua a non essere presente tra le prime cento
università e si riducono da cinque a due5 le presenze tra le prime duecento6.
La classifica del Times corregge il difetto del ranking cinese di premiare la dimensione:
l’effetto è quello di aumentare la prestazione delle università più piccole, ed in
particolare degli atenei inglesi rispetto a quelli americani che tendono ad essere molto
più grandi. Non cambia nulla per l’Italia, però. Per raggiungere la migliore Università
italiana7 bisogna scorrere la graduatoria fino alla centosettantatreesima posizione.
3
Ad esempio la classifica dell’ARWU ha appunto il problema di considerare quasi esclusivamente
l’impatto accademico, anzi solo quello in termini di ricerca (che è uno solo, come si diceva, dei possibili
criteri). Inoltre, non riparametra i valori alla dimensione della scuola e dunque penalizza quelle più
piccole. La somma dei due fattori cancella dal ranking alcune delle business schools più famose e gli
istituti che si specializzano su alcune discipline (in pratica istituzioni come LSE o LBS sono fortemente
penalizzate).
4
A proposito è indicativo che le prime tre classifiche delle Università mondiali siano stilate non da
organizzazioni americane e che in particolar modo la prima e la seconda siano cinese e spagnola. Del
resto, una delle ipotesi su cui esercitarci, potrebbe anche essere quella di elaborare una classifica diversa
che tenga conto di una impostazione pluri-obiettivi come quella che il documento propone.
5
Le prime università italiane nel cyber space sono peraltro Bologna e Padova, diverse dunque da Milano
e Roma che invece occupano le prime due posizioni nella classifica cinese.
6
Peggiora anche il dominio americano. Cambridge – la prima non USA – crolla dal quarto al
ventunesimo posto e la prima università non anglosassone (quella di Zurigo) compare al quarantunesimo
posto.
7
Ancora una volta quella di Bologna
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Ma c’è una cosa più significativa che la classifica del Times indica: il punteggio degli
atenei è, in questo ranking, la somma di sei parametri8.
Ciò che pare condannare le migliori Università italiane sono i valori relativi a
percentuale di studenti e ricercatori stranieri. Su queste due dimensioni le Università
della penisola sembrano perdere infatti molte posizioni. E su questi fattori sembra, del
resto, esistere un più immediato potenziale di miglioramento, come approfondito nelle
prossime analisi.
8
Una peer review qualitativa, il giudizio dei recruiters, il rapporto tra docenti e studenti, il numero di
citazioni per docente ed, infine, la percentuale di studenti e di ricercatori stranieri.
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1.2 La capacità di attrazione delle università italiane
Per meglio comprendere l’effettiva capacità di attrazione delle Università nei confronti
di studenti e ricercatori stranieri il confronto più efficace può essere quello con i quattro
nostri principali partners e competitors. Dall’analisi possono, infatti, emergere ipotesi di
intervento più operative rispetto a quelle con il contesto americano.
Studenti stranieri per 10,000 abitanti, Principali Paesi EU, 2004
57,48
39,34
29,86
7,06
Francia
Germania
Italia
10,68
Spagna
UK
Fonte: Vision su dati OECD
L’Italia attrae in rapporto alla popolazione un terzo meno della Spagna, quattro volte
meno della Germania, otto volte meno studenti della Gran Bretagna.
Il dato è confermato se osserviamo il numero di stranieri rispetto agli studenti.
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Studenti stranieri rispetto al totale iscritti, Principali Paesi EU, In Percento, 2004
14,88%
12,55%
11,00%
2,05%
Francia
Germania
Italia
2,52%
Spagna
UK
Fonte: Vision su dati OECD
Mentre Francia, Germania e Regno Unito sono abituati ad avere più del 10% dei propri
studenti che sono stranieri, la media Italiana è del 2%.
E se la Spagna non sembra lontana nel dato sugli studenti regolarmente iscritti, diventa,
invece, leader se consideriamo lo specifico segmento degli studenti “scambiati”
nell’ambito dei programmi europei Erasmus.
Numero Studenti Erasmus ospitati, Principali Paesi EU, 2005-2006
26.611
21.420
17.879
16.389
14.591
francia
germania
italia
spagna
UK
Fonte: Vision su dati Commissione Europea
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E l’Italia si conferma meno attrattiva degli altri paesi europei di dimensione
comparabile.
Aldilà del numero assoluto si può, poi, sostenere che faccia differenza il Paese dal quale
gli studenti sono attratti. È presumibile che sia più difficile attrarre uno studente dai
Paesi dove più forte è il sistema universitario e l’economia, e che, a parità di altre
condizioni, tale studente sia portatore di un valore aggiunto mediamente più elevato in
termini di competenze e relazioni.
Il grafico che segue presenta la percentuale di studenti stranieri attratti da Stati Uniti,
India, Cina e dalle cinque più importanti economie dell’Unione.
Principali Paesi EU, Studenti stranieri provenienti da alcune macroaree geografiche,
Percento, 2004
Cina, India e brasile
USA
EU 'Big 5'
37,3
11,6%
22,1
20,3
14,4
10,8
8,8%
1,3%
13,3%
7,5%
7,0%
1,1%
0,9%
2,9%
5,8%
Italia
Francia
4,5%
21,2%
12,0%
1,8%
5,2%
Germania
Spagna
UK
Fonte: Vision su dati OECD
In particolare il grafico dice che sono pochissimi gli studenti che arrivano da Stati Uniti
(poco più di trecento all’anno, in Germania e Francia circa tremila, in Inghilterra
tredicimila), dalla Cina (duecentosettanta contro ventiquattromila in Germania), India
(duecentosettanta contro i quattordicimila ospitati dall’Inghilterra). Sono veri e propri
assets strategici che ci sfuggono.
La grande maggioranza degli studenti stranieri in Italia vengono dai paesi del
mediterraneo. E la comunità più grande è quella di studenti albanesi
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(ottomilacinquecento) che risulta dieci volte più grande di quella francese e venti volte
più di quella spagnola.
Peraltro, gli studenti che attraiamo risultano fortemente concentrati in determinate aree
come dimostra l’analisi che segue.
Studenti stranieri su totale iscritti, Diverse regioni, Percento,2006
6,8
6,5
6,2
6,0
5,9
4,9
4,5
4,4
4,0
3,6
3,2
1,8
0,7
0,6
0,6
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1,1
M
o
li
se
2,0
Fonte: Vision su dati MIUR
Un’analisi comparata delle regioni Italiane mostra:
1. una migliore prestazione delle regioni del Centro che sono, probabilmente,
avvantaggiate da un vantaggio in termini di qualità della vita, e di quelle del
Nord Est che sono, per posizione geografica, più permeate dalla immigrazione
transfrontaliera;
2. un risultato abbastanza deludente per le regioni a più antica industrializzazione
del Nord Ovest;
3. e la sostanziale assenza del mezzogiorno.
Poche università effettivamente competitive. Poca capacità di esportare il modello
italiano (e dunque pochi studenti stranieri). Tuttavia emergono anche differenze
significative tra atenei e regioni. Questo è un elemento che tornerà nella continuazione
del progetto.
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15
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
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0,4
1.3 La prestazione rispetto ai quattro obiettivi della metodologia
proposta
Se queste sono, dunque, le prestazioni complessive del sistema, proveremo, adesso, a
differenziare le prestazioni riconducendole ai quattro obiettivi introdotti dal progetto.
Innanzitutto abbiamo fatto riferimento al contributo in termini di allargamento e
miglioramento della qualità della manodopera ad elevata professionalità.
La prestazione del sistema può essere, innanzitutto, approssimata considerando il
numero di laureati rispetto alla popolazione. I dati più recenti forniti dal rapporto
“Education at a glance” 2004 dell’OECD mostrano una scarsa competitività del
sistema Italia nella presenza di laureati tra i 25 e 64 anni di età.
Popolazione laureata su totale (tra i 25 e i 64 anni), Percentuale, 2002
18,6%
17,3%
13,4%
12,4%
10,4%
UK
Spagna
Germ ania
Francia
Italia
Fonte: OECD
Molto basso peraltro è il numero di persone che in Italia sono esposte a percorsi di
apprendimento ad un’età che non è più quella tipica della educazione terziaria, dove
l’Italia è addirittura ultima tra i paesi membri OECD.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
16
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Ore di formazione “non formale” e “job-related” dai 25 ai 64 anni, Paesi OECD,2003
934
723 713
669
622
586
471 469
422
398
343
315
283
253
237 225
203
182 176
82
ba
ss
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u
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lic
ag
a
n
a
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a
It
al
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106
U
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U
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Fr
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n
la
n
di
a
S
ve
zi
a
C
an
ad
a
139
Fonte: OECD
Ancora più difficile misurare il contributo delle università nella produzione di classi
dirigenti. Una possibilità è fare riferimento ai circuiti di preparazione delle tre
specifiche classi dirigenti di imprese, governi e delle comunità scientifiche.
Per le Business Schools esistono due classifiche famose in tutto il mondo e
assolutamente determinanti per il successo delle diverse scuole: quella del Financial
Times e quella di Business Week. Le scuole di management sono chiaramente una
invenzione americana e Business Week conferma quest’idea non presentando nemmeno
una classifica mondiale e separando le scuole americane da quelle del resto del mondo.
Secondo l’MBA world global ranking del FT il dominio degli Stati Uniti non è più così
totale: tra le prime venti scuole solo dodici sono degli Stati Uniti (guidate da Wharton);
peraltro c’è una qualche differenza anche nelle posizioni di “rincalzo” con la Spagna –
praticamente esistente tra le grandi università – che riesce ad avere ben quattro
università tra le prime cento.
L’Italia è rappresentata – bene – dalla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi al
quarantaduesimo posto. Il problema è che però solo l’MBA di Bocconi ad essere citato
tra quelli di international standing e nella classifica solo europea dello stesso FT
Bocconi è sola9.
Più difficile i confronti sulle scuole che preparano i vertici della politica e delle
amministrazioni. Non esistono (con l’eccezione parziale della classifica del Times sulle
scuole di social sciences dominata da Harvard e LSE) vere e proprie classifiche.
9
Peraltro l’Università Bocconi riesce persino a conquistarsi una delle prime dieci posizioni nella
classifica del Times nello specifico criterio di giudizio da parte delle imprese (employer’s review).
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
17
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Tuttavia è noto che solo pochi Paesi hanno vere e proprie scuole di produzione di èlitès
politiche e amministrative. Negli Stati Uniti, Regno Unito e Francia, in effetti, una
percentuale spesso superiore al cinquanta per cento dei capi di stato, dei ministri e dei
parlamentari vengono, rispettivamente, dalle Ivy League, da Oxbridge e LSE e
dall’ENA. Che peraltro formano parte consistente della classe dirigente di altri Paesi
(anche occidentali e non più solo ex colonie come nella tradizione “imperiale”).
Altro dato significativo è poi per ciò che concerne le classi dirigenti l’incidenza dei Phd
(o dottorati) sul totale della popolazione. Si tratta di una misurazione della numerosità
della classe dirigente scientifica nei diversi Paesi. Il grafico che segue sintetizza la
situazione.
Percentuale Phd su popolazione, Percento, 2002
2,0
1,6
1,4
1,0
0,5
italy
uk
france
spain
germany
Fonte: Vision su dati OECD
E la tavola ancora una volta conferma anche da questo punto di vista un gap nei
confronti dei nostri principali partners.
I risultati in termini di ricerca e innovazione sono, poi, sintetizzati dai riscontri delle
classifiche del SCI.
La posizione dell’Italia è quella che commentavamo lo scorso anno. Migliore per
numero di pubblicazioni a quella in termini di classifica delle università (e tale
differenza tra classifiche sembra una conferma della forte frammentazione del nostro
sistema). Meno buona per le citazioni (ma su questo aspetto siamo, ovviamente,
svantaggiati dalla lingua). Soprattutto notiamo che la prestazione è assai differenziata
per diversi domini accademici. E che in alcune aree abbiamo una massa critica di
produzione scientifica che andrebbe valorizzata.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Posizione dell’Italia per pubblicazioni scientifiche e citazioni, 2007 e anni più recenti
18
17
16
16
14
Pubblicazioni
Citazioni
11
10
10
9
9
9
9
8
7
7
7
6
11
10
10
8
7
6
6 6
6
7
6
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M
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ul
ar
Po
si
z
io
gy
ne
&
G
G
en
en
er
al
e
ic
s
5 5
Fonte: Science Citation Index
Immunologia, Matematica, Scienze spaziali, in parte Chimica: non sembrano
assolutamente marginali i settori nei quali l’Italia continua ad avere una posizione tra i
Paesi più importanti. Ed è forse questo un elemento assai rilevante per fare programmi
di attrazione (vedi il primo dei nostri cantieri progettuali) o per migliorare la selezione
dei progetti sui quali investire risorse pubbliche (il terzo dei nostri cantieri).
L’impatto sulla propensione all’innovazione della Società nel suo complesso è,
infine, l’indicatore più complesso da costruire. Bisognerebbe conteggiare quante volte i
professori universitari italiani sono capaci – conteggiando, ad esempio, gli articoli sulla
stampa italiana, ma anche su quella straniera – di fare opinion making. Senz’altro
qualcosa si può dire sul rapporto tra società italiana e conoscenza, o perlomeno, sul
valore che la società italiana attribuisce allo studio.
I grafici che seguono sintetizzano il valore – in termini di maggiore salario e
occupabilità – di una laurea. È interessante notare che l’Italia, che ha il rapporto più alto
tra ritorni economici di laureati tra i 25 e 64 anni rispetto ai colleghi con soli studi
secondari, retrocede drasticamente in penultima posizione analizzando il ritorno
salariale dato da una laurea Universitaria per le fasce più giovani (dai 30 ai 44 anni).
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Salario medio di un laureato, Cento = Salario Medio di un diplomato scuola superiore,
2005
160
156
143
150
2 5 -6 4
a n n i 3 0 -4 4
anni
161
155
144
148
132
Ita lia
G e rm a n ia
UK
F r a n c ia
130
Spagna
Fonte: OECD
Analogo problema riguarda la percentuale di studenti che trovano lavoro dopo la laurea.
Nonostante la laurea sia una buona garanzia di lavoro rispetto ai soli studi secondari, la
percentuale di laureati che ha sbocchi lavorativi è ancora bassa, specialmente per quanto
riguarda le donne.
Rapporto tra tassi di occupazione dei laureati rispetto alla popolazione che ha il
diploma come titolo di studio più elevato, Percento, 2002
1 6 5 ,7 %
1 5 3 ,5 %
1 3 9 ,0 %
UK
G e r m a n ia
Ita lia
1 2 5 ,1 %
1 2 4 ,6 %
Spagna
F r a n c ia
Fonte: OECD
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Del resto, sono sempre di più i laureati italiani che emigrano come argomentava il paper
dello scorso anno10.
10
Le Università Italiane ed Europee nel mercato globale dell’Innovazione – Le opzioni per la Riforma, 22
Gennaio 2007, Vision
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
1.4. La spesa complessiva e le aree di inefficienza
Può essere il livello assoluto di risorse pubbliche disponibili il problema?
Il confronto a livello internazionale è sintetizzato dalle tavole che seguono.
Rapporto tra spesa e PIL, Percento, 2005
2,66
2,49
2,23
0,43
0,11
0,42
1,83
0,33
No Profit
Università
Governo
Imprese
0,37
2,23
0,06
0,33
0,39
0,06
0,37
0,28
0,39
0,18
1,13
0,99
1,74
1,40
France
Germany
0,37
1,85
0,30
0,20
0,15
0,54
0,54
Italy
Spain
1,51
1,20
UK
USA
OECD
Fonte: Vision su dati OECD
Se esiste un forte ritardo complessivo dell’Italia rispetto agli altri principali Paesi, esso
appare essere in larga parte determinato dalla scarsa capacità di attrarre sulla ricerca
capitali privati. Non sembrerebbe, in particolare, essere il livello assoluto
dell’investimento in Università ad essere carente.
Esiste invece un problema di produttività del sistema. E sarebbe interessante scomporre
la produttività totale nei diversi settori (privato, università, pubblico). Per riuscirvi
avremmo bisogno di dati di confronto più fini e però nello specifico abbiamo provato ad
esaminare la produttività del sistema nel suo complesso facendo riferimento a due
parametri: il costo per sviluppare una patente e quello che corrisponde a ciascuna
citazione che un sistema di ricerca riesce a produrre. La tavola che segue ricostruisce la
situazione per ciò che concerne le patenti.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Costo per patente, milioni di euro, 2005
Costo per patente (1) (rapporto tra spesa complessiva in R&D e
numero citazioni)
Costo per patente (2) (rapporto tra spesa imprese in R&D e numero
citazioni)
66,2
35,8
OE
CD
CD
A
OE
US
A
UK
ain
US
Sp
UK
ly
a in
Ita
ly
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Ita
ma
Sp
r
Ge
y
ce
an
an
9,5
6,5
rm
Fr
12,7
Ge
9,3
14,0
13,5
12,1
9,9
ce
18,2
an
20,6
15,8
Fr
25,3
Fonte: Vision su dati OECD, Eurostat
L’Italia appare il sistema meno efficiente dopo quello spagnolo. E, tuttavia, la
situazione cambia se proviamo a dividere per il numero di patenti prodotte in un anno la
sola spesa privata che tipicamente è quella responsabile per la produzione di brevetti.
L’evidenza sembra indicare che il sistema privato di ricerca italiano è piccolo ma non
necessariamente non produttivo.
Il costo per citazione fornisce una immagine opposta.
Costo per citazione, euro, 2005
Costo per citazione (1) (rapporto tra spesa complessiva in R&D e
numero citazioni)
Costo per citazione (2) (rapporto tra spesa in università e numero
citazioni)
9.819
9.053
2.260
7.800
2.367
7.732
6.912
1.753
1.657
5.425
1.161
France
Germany
Italy
Spain
UK
USA
France
Germany
Italy
Spain
UK
Fonte: Vision su dati OECD, ISI
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
1.062
USA
L’Italia sembra il paese complessivamente più efficiente. Se tuttavia dividiamo per il
numero delle citazioni la sola spesa in università – in quanto sono gli atenei a produrre
la maggior parte degli articoli – la situazione si capovolge.
In definitiva, la spesa per l’università non sembra inferiore a quella degli altri paesi in
senso assoluto. Il problema, semmai, è quello dell’efficienza con la quale si utilizzano le
risorse disponibili, i meccanismi attraverso i quali esse vengono allocate.
Sviluppando alcune delle analisi dello scorso anno, ci siamo concentrati su due aree su
cui più interessanti sembrano essere i margini di recupero di risorse da destinare ad
utilizzazioni più produttive: la razionalizzazione della rete di sedi attraverso la quale
l’offerta formativa arriva ai cittadini; e la progressiva obsolescenza del personale.
È infatti evidente il numero elevato di sedi con basso e bassissimo numero di iscritti.
Analizzando i dati MIUR nell’anno accademico 2006/2007 si evince che ben 108 sedi
territoriali sulle 373 complessive accolgono meno di 100 iscritti ciascuna. Tra queste 65
sedi accolgono meno di 50 iscritti ciascuna.
Presidi territoriali (sedi) per fasce di iscritti, Valore assoluto, Anno Accademico 2006/7
58
18
16
11
5
5
373
46
106
43
65
1
50
50
100
100
500
500
1.000
1.000
5.000
5.000
10.000
10.000
20.000
20.000
30.000
30.000
40.000
40.000
80.000
TOT
Fonte: Vision su dati MIUR
I presidi a basso tasso di iscrizione sono distribuiti equamente tra le regioni del Nord,
Centro e Sud Italia, anche se Sicilia, Lazio e Puglia hanno una concentrazione
particolarmente elevata.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Presidi (sedi) con meno di 50 iscritti aggregati per Regione, Valore assoluto, 2006/7
9
8
8
5
5
5
4
3
2
al
ab
ch
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ci
l ia
1
ia
2
br
2
m
3
U
3
Fonte: Vision su dati MIUR
Altro problema simile è quello del numero di iscritti fuori sede. Noi riteniamo che sia
un dato positivo che l’esperienza di studio in città diversa da quella dove si è vissuti
fino a diciotto anni sia un elemento importante (ci torneremo). Tuttavia, solo pochi
atenei sono davvero di livello nazionale. In otto su ottantadue è concentrato quasi la
metà (45%) di tutti gli studenti “fuori sede”. Al contrario in trentasette università, quasi
la metà delle università italiane, sono presenti poco più del cinque per cento degli
studenti che si spostano da casa per studiare ed in tredici ci sono meno di 150 iscritti che
non sono residenti nello stesso Comune dove fuori sede tra i loro iscritti.
Concentrazione fuori sede, Atenei per numero fuori sede, Valore assoluto, Anno
Accademico 2006/7
13.632
227.660
15.483
19.425
24.499
27.001
27.946
44.543
55.132
3
(24,2%)
5
(19,6%)
5
(12,3%)
6
(11,9%)
7
(10,8%)
8
(8,5)
10
(6,8%)
37
(6,0%)
Fonte: Vision su dati MIUR
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
25
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
TOT
(82)
La presenza negli Atenei di studenti che risiedono in differenti Province presenta una
forte caratterizzazione territoriale, dove le regioni del Centro sono decisamente più
attrattive di quelle del Sud.
Presenza di studenti fuori sede per Regione, Percento, Anno Accademico 2006/7
42,7%
40,8%
36,7%
35,0%34,4%
26,6%
25,3%
22,1%21,8%
18,9%
17,9%17,8%
17,0%
14,3%
10,9%
7,1%
3,0% 2,3%
0,5%
Em
ili
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b
ll e
ria
d'
Ao
Sa sta
rd
eg
n
TO a
TA
LE
4,4% 4,3%
Fonte: Vision su dati MIUR
La situazione che emerge è, dunque, di produttività complessivamente bassa con forti
differenziazioni – e questo è stato un elemento fondamentale nel processo di
formulazione delle nostre ipotesi di miglioramento – tra università e contesti territoriali.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
26
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
1.5 La questione generazionale come determinante del problema
La struttura demografica dei docenti universitari italiani rivela molte delle patologie da
cui è affetta la nostra università: i docenti italiani sono di gran lunga più vecchi di quelli
degli altri paesi ed i giovani trovano enormi difficoltà ad inserirsi con la precarizzazione
del lavoro che ne consegue. Il fenomeno più inquietante è però dovuto alle assunzioni
ope-legis avvenute in passato che hanno creato uno tsunami demografico i cui effetti, se
non si interviene prontamente, saranno devastanti anche nei prossimi anni.
Analizziamo quindi la distribuzione delle età del corpo docente in vari paesi Europei nel
2006. Nel caso dell’Italia sono riportati sia il totale dei docenti (professori ordinari,
professori associati e ricercatori) per tutte le discipline che la situazione per i docenti in
fisica. Il fatto che i docenti universitari nell’università italiana siano più vecchi che negli
altri paesi è dunque ben accertato dalle statistiche.
Distribuzione delle età del corpo docente in vari paesi Europei, Percento, 2006
Italia (Tot)
45
Italia (Fisica)
Francia
40
Spagna
UK
35
30
25
20
15
10
5
0
<30
30-39
40-49
50-59
>60
Fonte: Elaborazione Francesco Sylos Labini – Stefano Zapperi su dati Miur e ministeri
omologhi negli altri Paesi
L’Italia (ed in maniera più estrema per la fisica in Italia) mostra tre “anomalie” rispetto
a quelle di altri paesi:
•
La coda a grandi età è estremamente lunga. Questo rispecchia il fatto che il
corpo docente è estremamente anziano il che è dovuto al fatto che l’età di
pensionamento dei professori universitari italiani può raggiungere l’età di 75
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
27
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
•
•
anni, mentre negli altri paesi non supera i 65 anni11.
La coda a piccole età è estremamente depressa. In altre parole vi sono pochi
“giovani” (personale docente con età minore ai 40 anni). Questa situazione è
dovuta ad una politica di reclutamento molto irregolare nel tempo.
Vi è un picco anomalo che, come discusso, è stato originato dall’ope-legis del
1980.
La tendenza che si è manifestata negli ultimi anni mostra che il numero di giovani nel
corpo docente è estremamente basso, e tende a diminuire, mentre quello degli anziani è
in vertiginoso aumento. In particolare, il numero docenti con età inferiore a 35 anni è
del 4,6% in Italia (contro il 16% nel Regno Unito e l’11,6% in Francia), mentre la
percentuale di ultra sessantenni raggiunge in Italia il 22,5% (in Francia 13,3% e nel
Regno Unito 8%). L’università italiana è quindi quasi priva di docenti e ricercatori
nell’età della loro maggiore creatività scientifica. Inoltre un gran numero di docenti, pari
attualmente al 16% dell’intera popolazione nella distribuzione dell’età, ha un età
compresa tra i 55-60 anni, formando un picco statistico che si sposta nel tempo man
mano che il personale invecchia ricordando la propagazione di un’onda anomala: lo
tsunami dell’università italiana (1,2). Il “terremoto” che ha provocato questo strano
fenomeno è chiaramente identificabile con la legge 382/1980 che ha promosso ope-legis
a ricercatore e professore associato una vasta classe di figure orbitanti nel mondo
universitario, dai borsisti ai tecnici laureati, passando per i curatori degli orti botanici.
Distribuzione del corpo docente italiano secondo la classe, Valore assoluto, 2006
60.600
2.500
1.000
6.600
10.500
22.214
19.097
18.758
40.000
563
Prim a fascia
Seconda fascia
Ricercatori
Assistenti (di ruolo ad
esaurim ento)
Ricercatori precari
Fonte: Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani
A questo proposito è interessante ricordare che il corpo docente è distribuito nelle
seguenti 4 categorie: (1) Professori Ordinari che sono circa 20,000;(2) Professori
11
Con l’eccezione degli Stati Uniti che è un caso a parte in quanto vi sono degli altri meccanismi, oltre
alla sola anzianità come nel caso italiano, che regolano la carriera ed il pensionamento.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
28
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Associati che sono circa 18,000; (3) ricercatori che sono circa 22,000 e “precari” che
sono circa 60,000 nelle Università e 20,000 negli enti di ricerca.
I problemi legati all’invecchiamento accademico appaiono ancora più evidenti quando
si considerano le risorse del sistema universitario: le retribuzioni. Un ricercatore
all’inizio della sua carriera percepisce una retribuzione netta di circa 1.200 euro al mese
(contro quasi i 2.000 in Francia e Spagna e 2.500 nel Regno Unito) mentre un
professore ordinario a fine carriera ha una retribuzione del tutto comparabile agli
stipendi dei professori negli altri paesi (maggiore di 100.000 euro lordi all’anno).
L’analisi della distribuzione delle retribuzioni per classi di età mostra che il forte
squilibrio a scapito dei giovani riscontrabile nella distribuzione anagrafica dei docenti
viene amplificato. Ai giovani viene destinato il 2% delle risorse ed agli ultrasessantenni,
che negli altri paesi sarebbero in pensione, il 20%. Purtroppo questo dato statico del
2004 non rappresenta bene la drammaticità della situazione del sistema universitario
italiano, che viene invece messo in luce da un’analisi dinamica. Un semplice modello di
evoluzione, che prolunga le politiche di reclutamento, salariale e pensionistica attuate
negli ultimi sette anni per i prossimi dieci, mostra che non solo la percentuale dei
docenti ultrasessantenni è destinata ad aumentare ed in concomitanza quella dei giovani
con età minore di trentacinque anni a scendere, ma la distribuzione delle risorse risulterà
completamente squilibrata verso le classi di età più anziane. Considerando inoltre la
proporzionalità diretta tra età e retribuzione, è facile prevedere un aumento vertiginoso
dei costi delle retribuzioni che non sarà accompagnato affatto da un incremento
sostanziale di nuove assunzioni delle classi di età più giovani.
Benché la problematica dell’invecchiamento dell’università appaia evidente nella sua
drammaticità, l’argomento sembra essere al di fuori dal dibattito politico. Le politiche
hanno favorito l’accumularsi di un gran numero di ricercatori precari, che spesso,
malgrado l’eccellenza scientifica ottenuta anche a livello internazionale, lavorano in
condizioni di scarsa indipendenza e con nessuna responsabilità. In tal modo l’Italia
deprime il segmento di popolazione nell’età maggiormente creativa e produttiva,
riservando il compito di innovare a chi è spesso già in fase declinante.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
2. I CANTIERI PROGETTUALI
Auspicare che l’Università italiana diventi più competitiva non è dunque indicazione
sufficientemente operativa se non precisiamo che le Università nel loro complesso
dovrebbero:
•
•
•
•
Rafforzare la capacità dell’Università italiana di produrre innovazione
attraverso un significativo spostamento di risorse verso utilizzi (progetti,
ricercatori, università) maggiormente produttivi.
Inserire l’Università italiana nel circuito globale dell’innovazione, aprirla
all’esterno nei suoi processi decisionali e operativi, attrarre docenti e studenti
italiani e stranieri.
Aumentare la produzione di laureati e lo stock di competenze che ai diversi
livelli il mondo del lavoro richiede.
Rendere il sistema Italia innovation friendly, in grado di valorizzare e
beneficiare nella massima misura possibile dell’innovazione prodotta
dall’Università, quale soggetto in grado di produrre non solo ricerca di alto
livello, ma anche classe dirigente (economica, politica, culturale) e cittadini che
a vari livelli coltivano e migliorano le proprie competenze, capacità di giudizio,
consapevolezza delle questioni più importanti che hanno impatto sull’esistenza
di tutti.
Tali obiettivi possono essere perseguiti, a nostro avviso, con un metodo che assume due
criteri fondamentali, criteri che distinguono questa riforma da altre12 clamorosamente
fallite negli ultimi quindici anni (nonostante fossero generate da buone intenzioni e
sostenute da “sponsorizzazioni” politiche non insignificanti):
1. La riforma procederà per sperimentazioni e incoraggiando l’adozione di
modelli diversi
Il cambiamento che noi sollecitiamo prevede, sostanzialmente, la fine
dell’Università italiana come blocco monolitico, e l’affermarsi di Università a
diverso livello di autonomia. Una differenziazione di modelli nell’offerta
interna, e la conseguente competizione che si genererebbe, sarebbe in grado di
selezionare, mediante un sistema di controllo della qualità rigoroso, i modelli
vincenti che potrebbero essere diversi a seconda dell’orientamento (Politecnici,
Università
Linguistiche
etc).
Non
sarebbe
richiesta
una
liberalizzazione/privatizzazione generalizzata e istantanea. Una rete di
Università dotate di maggiore autonomia decisionale potrebbero affiancare
quelle ordinate secondo il sistema statale vigente. Sarebbe la valutazione dei
risultati a consentire con oggettività l’individuazione dei modelli vincenti, con
l’ulteriore beneficio che la competizione costringerebbe tutti gli attori a
12
In realtà l’ultima riforma dell’Università era, in linea di principio, a costo zero. E tuttavia scarsa è stata
l’utilizzazione dei sistemi premiali che vengono qui ipotizzati e che servirebbero a spostare risorse verso
utilizzi a maggiore produttività.
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30
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migliorare la qualità. I modelli di successo, stabilito mediante parametri
internazionalmente riconosciuti, sarebbero incoraggiati in ragione dei benefici
che hanno dimostrato di generare.
Tra gli obiettivi da garantire:
• produzione di risultati innovativi sostenibili a livello globale;
• trasferimento di conoscenza alle imprese e alla società civile;
• allargamento della popolazione destinataria dei processi di trasmissione
oltre il segmento degli studenti a tempo pieno;
• accesso alla conoscenza da parte di tutti;
• garanzia delle migliori opportunità a chi ha il potenziale più elevato.
2. Il cambiamento avviene tendenzialmente a costo zero
L’Università italiana non assorbe meno risorse rispetto alle Università di altri
paesi europei o OECD, tuttavia la spesa va ripensata per portarla a maggiori
livelli di produttività. Una Università più produttiva sarà anche capace di
moltiplicare le risorse pubbliche attraendo capitali privati e non italiani.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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2.1 Realizzare azioni di attrazione e mobilità internazionale
Non è un caso che il primo dei nostri quattro cantieri progettuali sia quello dell’aumento
– come vedremo in cinque diverse direzioni – del livello di internazionalizzazione del
nostro sistema. Ne parliamo all’inizio anche perchè sono le uniche azioni di
cambiamento che non richiedono di ridurre (sedi, professori anziani, poteri di alcune
amministrazioni pubbliche, programmi con rating non elevato) qualcosa per finanziare
comportamenti e gruppi di lavoro più produttivi; e che, anzi, si pongono solo lo
specifico obiettivo di aumentare: il numero di studenti e ricercatori stranieri; quello di
occasioni per andare all’estero per studenti e ricercatori italiani; il numero di contatti
con il proprio paese per quelli italiani che vivono fuori.
Proprio per questa caratteristica - per l’assenza di una qualche “distruzione” che, in una
logica schumpeteriana, dovrebbe precedere l’innovazione - le azioni di
internazionalizzazione appaiono particolarmente importanti perché realizzabili senza
incontrare resistenze forti come per gli altri cantieri.
Peraltro, anche aumentando si possono creare i presupposti per una successiva
eliminazione di comportamenti, di valori, di persone che “remerebbero contro” il
cambiamento delle Università.
Si tratta di introdurre “virus positivi”: un numero sufficiente di studenti e ricercatori
stranieri, di italiani che girano il mondo creerebbe progressivamente l’energia, il
consenso, le competenze sufficienti per innescare un processo di modernizzazione.
Certo i “virus” da soli non bastano, e tuttavia essi sono condizione assolutamente
indispensabile per cominciare. In alcuni casi anche quella per cui più rapidamente
possono ottenersi risultati visibili.
Queste le nostre proposte per i cinque, diversi progetti di internazionalizzazione che
stiamo ipotizzando:
1. Attrarre studenti stranieri;
2. Aumentare la mobilità internazionale degli studenti italiani;
3. Attrarre ricercatori stranieri;
4. Aumentare la mobilità internazionale dei docenti italiani in Italia;
5. Costruire una rete di ricercatori italiani all’estero
Ciascuna delle proposte viene di seguito dettagliata.
2.1.1 Attrarre studenti stranieri
La scarsissima presenza di studenti stranieri presso le Università italiane è uno dei
fattori di maggiore svantaggio competitivo del sistema Italia13. Probabilmente più
preoccupante della stessa “fuga dei cervelli”. Ed è una evidente opportunità mancata la
cui conseguenza si dispiega nel tempo: i migliori studenti – come da tempo hanno
13
A questo proposito il progetto di Vision “I paradossi delle politiche di immigrazione – Il caso degli
studenti stranieri” del Gennaio 2008, accessibile su www.visionwesite.eu, sta elaborando una serie di
analisi e proposte specifiche.
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scoperto americani e inglesi con programmi come Fulbright o con istituzioni come
British Council – sono futura classe dirigente capace di garantire le migliori condizioni
per lo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico del Paese. La capacità di attirare i
migliori talenti a sua volta stimola la partecipazione, a questo processo, di altri attori
apparentemente non correlati, con il risultato finale di un miglioramento delle
condizioni capaci di attrarre investimenti ed influenzando, a loro volta, le scelte
localizzative di nuovi centri di ricerca o aziende (e loro subsidiaries) ad alta tecnologia.
Questi fenomeni assumono una grande valenza strategica poiché favoriscono lo
sviluppo di un indotto ad alto valore aggiunto, azioni che contribuiscono indubbiamente
al miglioramento della posizione competitiva del Sistema Paese e creazione di
ricchezza. La competizione è basata sulla sfida della Conoscenza ma occorrono le
condizioni e la partecipazioni di tutti gli attori potenzialmente coinvolgibili.
Il programma di attrazione italiano dovrebbe essere infatti caratterizzato dalla sinergia e
partecipazione di soggetti economici ed istituzionali apparentemente distanti tra loro e
deve essere il risultato di una iniziativa congiunta che vede la partecipazione di tutti i
soggetti economici ed istituzionali (lo Stato, ma anche le Regioni e gli Enti locali, le
istituzioni economico-finanziarie, gli operatori turistici più importanti, le associazioni
industriali, le fondazioni bancarie) che decidono di investire sul futuro del Paese
nell’ambito di programma di così elevata visibilità e di ampia portata socio-economica.
Un’università che si proponga di formare profili di alto livello deve poter attingere al
pool di studenti il più ampio possibile per poter identificare l’eccellenza ovunque essa si
trovi geograficamente. L’attrazione di studenti non italiani nei programmi di eccellenza
è però subordinata alla creazione e messa in opera di meccanismi operativi che la
rendano possibile. In particolare è necessario agire su più livelli:
a) creazione o potenziamento di programmi post laurea di studio e di valutazione che
siano condotti, organizzati e gestiti in lingua Inglese, come peraltro succede già in altre
nazioni Europee;
b) inserire i suddetti programmi all’interno di una organizzazione di ricerca eccellente,
con ricercatori e PI conosciuti a livello internazionale, che giustifichi il rischio
intrapreso dagli studenti stranieri nel trasferirsi in un paese a bassa competitività
globale;
c) affiancare ai corsi un’offerta di job placement in collaborazione con aziende private
di alto prestigio (best place to …), inserire all’interno dei percorsi formativi programmi
di stage aziendali retribuiti e che contemplano la partecipazione di aziende
internazionali operanti in diversi Paesi;
d) offrire agevolazioni immigratorie agli studenti stranieri (rapidità nell’ottenere un
visto di studio, possibilità di estendere automaticamente al termine del corso un “grace
period” immigratorio per favorire l’esperienza lavorativa locale e quindi il ritorno
economico nazionale) soprattutto per studenti ad alto potenziale ed inseribili in
programmi di ricerca di ampia portata internazionale.
e) i corsi post laurea e gli istituti eroganti dovrebbero essere inseriti all’interno di
network internazionali la cui partecipazione è vincolata al rispetto di standard qualitativi
internazionali che valutano i livelli di insegnamento, il livello della faculty e
l’aggiornamento dei programmi didattici, come già sviluppato da alcuni programmi di
business school italiane come ad esempio dalla SDA Bocconi;
f) organizzare e partecipare a undergraduate recruiting days nelle migliori università
straniere al fine di presentare i propri programmi di formazione e ricerca e competere a
livello internazionale nell’attrazione dei migliori talenti;
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g) snellire, con l’appoggio dell’università che fa il recruiting, le procedure burocratiche
per ottenere copertura sanitaria, aprire un conto in banca, affittare un appartamento low
cost, etc…
h) stimolare e ampliare l’offerta di prestiti sull’onore per studenti particolarmente
meritevoli che per loro ragioni socio-economiche si troverebbero svantaggiati
nell’affrontare un percorso di studi all’estero. A questo proposito è auspicabile un
programma di incentivazione e sgravio fiscale per l’istituzione di borse di
studio/viaggio per studenti stranieri particolarmente meritevoli. La presenza e l’attività
concreta di un ufficio di supporto agli studenti stranieri dovrebbe essere elemento
indispensabile per ottenere l’approvazione del programma post laurea;
i) trarre vantaggio dalla posizione geografica e culturale di molte città italiane che
potrebbero trasformarsi in magneti capaci di attrarre studenti stranieri, facendo leva
anche sulle loro caratteristiche storiche, culturali e qualità della vita;
l) offrire borse di studio destinate a studenti stranieri di determinate discipline e/o
nazionalità, in modo da stimolare l’afflusso di studenti di determinate discipline volte a
stimolare lo sviluppo e l’innovazione del paese;
m) promuovere e sviluppare ulteriormente il programma di attrazione a livello europeo
(Erasmus Mundi).
Queste azioni vanno, peraltro, segmentate. Per Paese e per area accademica di origine;
per città/ università e corsi da offrire.
Del resto non solo è molto basso il numero di studenti stranieri. È bassa la percentuale
di studenti che vengono da Paesi che sono all’avanguardia in termini di sviluppo
economico e scientifico ed è su questi segmenti/ paesi che vanno concentrati gli sforzi.
Percentuale di studenti stranieri provenienti da alcuni dei principali Paesi, 2004
50,0%
Cina, India, Brazile
USA
EU Big 5
37,2
22,2
25,0%
20,3
14,5
10,7
0,0%
Italia
Francia
Germania
Spagna
UK
Fonte: Vision su dati OECD
L’intera politica di attrazione andrebbe, comunque, disegnata come un vero e
proprio progetto di marketing strategico. Un’azione non generica ma fortemente
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segmentata in grado di identificare e fare leva su specifiche città italiane che appaiono
avere un vantaggio competitivo di attrazione, su specifici paesi dai quali appare esserci
una maggiore quantità e qualità di offerta di studenti in cerca di una destinazione
internazionale, su specifici ambiti accademici dove esistono in Italia maggiori
possibilità di organizzare periodi di studio interessanti.
2.1.2 Aumentare la mobilità internazionale degli studenti italiani
Il programma Erasmus è uno dei maggiori successi dell’Unione Europea; e la
possibilità di trascorrere un periodo all’estero è un elemento che arricchisce molto un
curriculum vitae, così come il bagaglio di esperienze di una persona. Questi programmi
vanno rafforzati a livello europeo – partendo da una valutazione di strategicità di tali
azioni per la stessa costruzione europea - e migliorati a livello italiano – visto che
l’utilizzazione di questa possibilità da parte dell’Italia è certamente da migliorare.
A livello europeo, innanzitutto. L’Italia deve farsi portatrice di un potenziamento di una
leva che è fondamentale per la costruzione di quella “cittadinanza europea” senza la
quale il concetto stesso di Unione si sta indebolendo: E dunque tali programmi vanno
rafforzati, eventualmente nell’ambito di una revisione del budget dell’Unione che pure
destina quote importanti a iniziative14 molto meno orientate a produrre futuro. Una
proposta forte, eventualmente italiana potrebbe essere quella di rendere
progressivamente obbligatorio un periodo di studi in Europa (a livello di educazione
secondaria) e in Europa o fuori dall’Europa (a livello di Università).
Ma, anche a parità di condizioni, il Sistema Italia può senz’altro utilizzare meglio questa
possibilità. Ospitiamo meno studenti Erasmus e ne inviamo di meno negli altri Paesi
europei.
Vanno concepiti meccanismi specifici che rendano non solo possibile, ma da premiare
la conduzione di periodi di studio all’estero. Ciò è coerente e prepara l’azione
successiva: costruire una credibilità come sistema di formazione universitaria nei
confronti degli italiani che vanno all’estero dopo la laurea, con la sensazione che
nessuno ne rimpianga sul serio la partenza. In questa ottica è importante che
l’esperienza di un semestre all’estero venga vista e vissuta come occasione importante
per confrontarsi con realtà formative diverse e al contempo per essere ambasciatori della
propria. E’ fondamentale che l’accesso a questa esperienza sia facilitato da un punto di
vista economico, e che sia reso accessibile innanzitutto (in attesa di ulteriori espansioni
del programma alle quali accennavamo) agli studenti più meritevoli.
Ecco dunque che si rendono necessarie due misure:
a) Potenziare il contributo economico alla borsa di studio EU Erasmus in modo che la
barriera di accesso a questa esperienza sia costituita esclusivamente dalla performance
scolastica, e non dalla situazione finanziaria familiare dello studente.
b) Rendere più severi i criteri di selezione degli studenti (numero chiuso, verifica del
ruolino di marcia degli studi, mantenimento di una media), favorendo la performance
scolastica eccellente e la conoscenza della lingua straniera e dell’inglese in particolare.
14
L’esempio più ricorrente è quello della Politica Agricola Comune che è, ancora, la voce di
budget con il più alto finanziamento.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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c) Per specifici progetti di ricerca, utilizzare una parte del grant assegnato al PI per
condurre una certo progetto scientifico debba essere utilizzato per finanziare un periodo
di ricerca all’estero dello studente undergraduate assegnato al medesimo progetto.
Questa misura è volta, da un lato, ad esporre lo studente ad un diverso modus operandi
nell’ambito scientifico, e dall’altra incoraggia il PI a selezionare lo studente
undergraduate, favorendo persone più intellettualmente curiose (che trarranno frutti da
questo periodo, i quali poi saranno pubblicati, con ritorno al PI stesso).
Così come è importante che le nostre università abbiano accesso al più ampio pull di
studenti, è altrettanto importante che gli studenti italiani siano in grado di confrontarsi e
adattarsi a realtà scolastiche e soprattutto lavorative e di ricerca estere. Questa
possibilità ha l’obiettivo di formare dei professionisti pronti a ad essere competitivi al di
fuori del proprio Paese, capaci di muoversi in situazioni sia professionali ma soprattutto
sociali e culturali in maniera flessibile. L’apertura verso i Paesi esteri poi avrebbe il
risultato indiretto di importare in Italia, attraverso esperienze e suggerimenti,
meccanismi e modelli di insegnamento teorico e pratico più efficaci.
2.1.3 Attrarre ricercatori stranieri
Similmente all’attrazione di studenti stranieri, attrarre ricercatori dall’estero è un
risultato che presuppone la messa in opera di altre iniziative preparatorie e che
accompagnino la transizione. Partendo dal presupposto che trasferirsi in Italia è un
rischio in molte realtà accademiche, è importante che i ricercatori si sentano sicuri del
loro potenziale produttivo una volta stabilitisi nel nostro Paese. Peraltro, come
nell’approccio complessivo di queste proposte, non riteniamo che sia quella
dell’assunzione definitiva l’obiettivo vero di un’azione di internazionalizzazione
piuttosto, la nostra ipotesi è di favorire, soprattutto, visiting periods che, se effettuati in
numero e frequenze sufficienti, siano in grado di inserire un maggior numero di atenei
italiani nei circuiti internazionali della ricerca. Al di là della creazione di centri di
eccellenza nella ricerca che ospiterebbero i ricercatori, alcune delle proposte più
pratiche sono:
a) Provvedere all’istituzione di commissioni giudicatrici dei titoli e della produzione
scientifica e ad un adeguato programma di comunicazione. Il giudizio globale dovrà
comunque essere espresso da un board di qualità riconosciuta onde garantire processi di
selezione trasparenti.
b) Semplificare gli adempimenti burocratici e consentire di svolgere tutte le pratiche in
inglese; le proposte del Governo sul “disco verde” riservato a ricercatori e professionisti
di alto livello sembrano andare in questa direzione.
c) Permettere che si conservi un joint-appointment in 2 università (quella estera di
provenienza e quella locale di arrivo) per un certo periodo da definire (max 2-3 anni)
che renda più attraente, per il ricercatore, la relocation in Italia ma al tempo stesso
abbassi il livello di rischio potenzialmente correlato ad un trasferimento rispetto alla
sede originaria.
d) Permettere che ci siano formule di “momenti di rientro” in cui, ricercatori mid-career
di riconosciuto valore che non lascerebbero le loro università in maniera definitiva,
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possano in questo modo trascorrere periodi ad hoc in una struttura italiana per condurre
un corso o periodi sabbatici di ricerca, anche distanziati nel tempo.
e) Permettere e studiare dei sistemi di valutazione che aiutino il rientro nel tessuto
accademico di professionisti eccellenti provenienti da settori non prettamente
accademici ma, come nel caso dell’alta tecnologia, fortemente correlati dal punto di
vista conoscitivo ed applicativo.
f) Offrire una relocation package che includa spese di trasloco, viaggio, una allowance
per imparare la lingua italiana e aiuto concreto nel trovare casa e che siano in grado di
curare gli aspetti logistici legati ad un trasferimento, soprattutto nel caso di ricercatori e
docenti con nucleo famigliare. Alcuni esempi dall’estero: UoT fornisce appartamenti
nel campus a prezzo modico per periodi di 6 mesi ai giovani docenti/ricercatori appena
assunti per aiutarli a iniziare la loro vita in Canada. McGill offre corsi di lingua per
riuscire a inserirsi prima nel tessuto sociale e culturale di Montreal. Uffici universitari
appositi in molte università estere aiutano a orientarsi nella ricerca lavorativa per il
partner, o nella ricerca di una scuola per i figli.
g) Un elemento deve però essere messo in risalto: oltre agli aspetti retributivi (che
devono comunque raggiungere dei livelli di reale competitività), al salario netto, (che
comunque deve essere quantomeno competitivo), deve essere garantita ai ricercatori un
maggior “spazio di manovra”, favorendo la libertà intellettuale e lo sviluppo di nuovi
filoni di ricerca potendo affrontare le problematiche di loro interesse nelle migliori
condizioni operative e con i mezzi, gli strumenti e le tecnologie di frontiera. La
possibilità di poter godere di maggior responsabilità nei programmi di ricerca, la loro
scelta ed il controllo sulle risorse disponibili sono infatti gli elementi caratterizzanti il
successo delle università più all’avanguardia, dove i programmi vengono selezionati
sulla base del livello di innovazione, sulla creatività, la struttura del progetto e non su
logiche legate all’anzianità o alla cooptazione. È importante che l’infrastruttura che gli
accoglie sia all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, organizzativo e che sia in
grado di fornire i servizi necessari allo svolgimento delle attività di ricerca (biblioteche
funzionali, facilities…) .
h) Incentivare la continua collaborazione con altri gruppi di ricerca sia in Italia che
all’estero anche attraverso finanziamenti di piccola entità ma che spesso si rivelano
molto utili per invitare ricercatori, per seminari, lezioni, corsi, etc.. così come per
incentivare la presentazione di lavori in venues internazionali soprattutto per i
ricercatori più giovani e che non dispongono di adeguati budget per le attività correlate
alle ricerca in laboratorio.
i) Potenziare e, soprattutto, fare una vera e propria operazione di marketing e di
trasparenza sulle opportunità di collaborazione internazionale finanziate con fondi
pubblici. Tali collaborazioni dovrebbero prevedere che una porzione del grant (da
limitare) possa essere utilizzata per affidare parti del progetto a gruppi stranieri (vedi
meccanismo dei subcontracts sugli R01 dell’NIH).
La logica di attrazione di ricercatori stranieri in Italia non sarà, come per le azioni
di mobilità internazionale dei docenti italiani e di attrazione del “brain drain”, quella
del trasferimento. Si tratta, dunque, di incoraggiare periodi di permanenza sufficienti a
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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consolidare rapporti con i ricercatori italiani e, in definitiva, per aumentare
l’integrazione del sistema della ricerca italiano nei circuiti internazionale.
2.1.4 Aumentare la mobilità internazionale dei docenti italiani in Italia
Su questo punto si deve agire su due fronti: da un lato si deve permettere che i
ricercatori in rientro dall’estero riescano a mantenere, e se possibile espandere, i loro
contatti internazionali e le loro collaborazioni con gruppi esteri, per non perdere quel
bagaglio di confronto e interazione professionale indispensabili per mantenere una
ricerca ricca di idee fresche e all’avanguardia. L’altro fronte su cui agire, con modalità
leggermente diverse, è formato da ricercatori che non hanno avuto esperienze lavorative
e di collaborazione con gruppi in altre realtà nazionali, e che quindi tenderanno a
necessitare maggior aiuto nel costruire la loro network di contatti.
Proponiamo che vengano istituite, per entrambi questi gruppi di persone, le seguenti
possibilità:
a) assegnazione di piccoli grants che finanzino la partecipazione di PIs a congressi e
riunioni internazionali;
b) supporto di tipo amministrativo per partecipare in modo significativo a progetti
multicentrici di ricerca quali quelli previsti dal FP7 europeo, in particolare nel ruolo di
coordinatore;
c) assegnazione di fondi per invitare e ospitare per workshops e seminari ricercatori da
altri istituzioni e Paesi col fine di promuovere lo scambio di idee e gettare le basi per
collaborazioni.
Sarebbe auspicabile una presenza di ricercatori provenienti da Paesi all’avanguardia
nella Ricerca. Al fine di favorire un rapido e flessibile inserimento dei ricercatori e
docenti potrebbero essere attivate delle cattedre “ad hoc” la cui durata potrebbe variare
nel tempo (ad esempio nell’ambito di progetti finalizzati bilaterali che contemplano lo
scambio e formazione di ricercatori) e di rapida attuazione. Un esempio di cattedre ad
hoc è fornito da quanto viene seguito negli Stati Uniti, dove molte cattedre sono create e
sponsorizzate direttamente da imprese o fondazioni no profit.
Come per l’azione precedente, la chiave sarà l’introduzione di meccanismi flessibili e di
incentivi (per i docenti che si muovono, ma anche per i dipartimenti e gli atenei di
appartenenza e da considerare esplicitamente nei meccanismi della valutazione di cui ci
occupiamo nel quarto cantiere) alla mobilità.
2.1.5 Costruire la rete dei ricercatori italiani all’estero
È uno degli obiettivi di Vision. Ed è nella mission di Nova e Urania. Così come nelle
intenzioni di AIR. Fare degli italiani all’estero una vera e propria rete.
Non è, però, quella del rientro in Italia la strategia giusta per il brain drain. È irrealistico
pensare di poter trasferire in Italia un numero significativo di accademici abituati a
percorsi di alto livello. Ma, soprattutto, non conviene. È indispensabile, invece,
strutturare una rete dei ricercatori italiani all’estero che possano dare contributi
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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specifici, in qualche caso anche critici rispetto al sistema. E, dunque, superare la retorica
dei “cervelli in fuga” che ha prodotto solo convegni e momenti di comunicazione senza
seguito.
Una delle più grosse risorse dell’Italia si trova oggi all’estero. La rete dei ricercatori
all’estero – considerando le esperienze internazionali:
- opera grazie a quei talenti che hanno intenzione di rientrare in Italia ma occorre
sviluppare canali che permettano loro di rientrare e riposizionarsi in Italia. Questo
network di persone, conoscenze, esperienze professionali di alto livello agisce come un
hub di ricercatori, un punto di riferimento nazionale per svolgere attività di recruiting di
talenti con esperienza all’estero in settori all’avanguardia. È una reale risorsa per lo
sviluppo del Paese;
- permette un reale trasferimento del “know-how” tra l’Italia e gli altri paesi creando
alleanze, partnerships e collaborazioni con enti, imprese operanti nel settore delle life
sciences e medtech (Università, centri di ricerca, fondi di investimento, società, enti
istituzionali, ecc..). Sulla base dei singoli progetti e delle risorse, expertises
identificabili e disponibili, le collaborazioni saranno di tipo win to win con la
suddivisione dei ruoli e competenze tra centri di ricerca di reale qualificazione
internazionale;
- la formazione dei ricercatori italiani nei centri di ricerca americani fornendo
informazioni sui programmi di studio nelle università americane, creando relationships
durature con università, istituti e società al fine di agevolare il recruiting e lo scambio di
esperienze e personale.
L’ultimo capitolo di questo documento (“la rete dei talenti”) definisce una serie di
specifiche iniziative che possono essere un piano di lavoro per realizzare questo
obiettivo.
2.2 Razionalizzare il sistema spostando le risorse tra aree a
diverso livello di produttività
Su questo fronte abbiamo identificato una serie di razionalizzazioni che avrebbero la
caratteristica di aumentare in maniera significativa ed immediata la capacità del sistema
di produrre valore. Si tratta di spostare risorse da aree di produttività media assai bassa
ad altre che appaiono maggiormente meritare maggiori finanziamenti.
Stiamo parlando di misure che sono tendenzialmente generali e, dunque, poco capaci di
fare eccezioni e, però, proprio per questo più immediatamente utili:
1. chiudere i presidi universitari chiaramente ridondanti per aumentare gli
investimenti in edilizia scolastica destinati ad accogliere gli studenti nelle sedi
che rimangono;
2. scoraggiare attraverso le tasse scolastiche utilizzazioni inefficaci del tempo da
parte degli studenti per premiare gli studenti che riescono a laurearsi nei tempi
previsti, nonché per scoraggiare la frequenza dell’università nel comune di
propria residenza;
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
3. ed, infine, incentivare l’uscita del personale più anziano per migliorare le
condizioni economiche dei ricercatori più giovani.
Si tratta, appunto, di spostare risorse ad attività che normalmente sono associati a
maggiore produttività (maggiore contributo rispetto ai quattro obiettivi della nostra
metodologia e/o minore risorse assorbite) e scoraggiare ciò che normalmente la riduce.
Sono misure che hanno il limite di essere centraliste, l’esatto contrario dell’autonomia
generalizzata che molti chiedono.
Tuttavia, il cambiamento ha bisogno, anche, di “vittorie veloci” e di essere finanziato.
La riduzione di alcune ovvie aree di inefficienza può senz’altro garantire queste
condizioni.
Essa dovrà, però, essere accompagnata da una serie di flessibilità che riducano la
possibilità che vengano sacrificate risorse eccellenti (professori anziani ma di grande
esperienza, sedi piccole ma molto specializzate, studenti fuori corso che, tuttavia,
lavorano e maturano esperienze significative anche per le proprie classi, studenti
costretti a rimanere nella propria città per motivi familiari) anche se appartenenti a
categorie generalmente non produttive. Di seguito definiamo meglio i contenuti di
ciascuna delle proposte (che, comunque, andranno ulteriormente rese operative
attraverso analisi da condurre, preferibilmente, con il Ministero):
2.2.1 Aumentare le tasse universitarie per finanziarie un aumento della
mobilità degli studenti
L’aumento delle tasse universitarie può avere un valore che prescinde, persino, la
necessità di finanziare una eventuale estensione di borse di studio destinate ad
aumentare la mobilità.
È necessario, infatti, che studenti e genitori maturino una maggiore consapevolezza di
• quanto è costoso per lo Stato un processo di formazione adeguato, di
• quanto è elevato il costo opportunità di un periodo di studio lungo quattro - sei
anni, di
• quanto è fondamentale anche nel periodo universitario utilizzare con efficienza il
proprio tempo e pretendere prestazioni efficienti da tutte le componenti
dell’offerta.
L’aumento delle tasse sarebbe in parte generalizzato, in parte invece concentrato su chi
non rispetta i tempi previsti dal percorso curriculare15, in parte ancora graduato rispetto
al reddito familiare.
L’aumento delle tasse va, interamente e in maniera sistematica, legato alla costruzione
di un ampio programma di borse di studio e prestiti sull’onore che incoraggino la
mobilità degli studenti e finanzi gli studenti maggiormente meritevoli. La mobilità, lo
abbiamo già detto, è da noi considerata, comunque, un elemento positivo16. Finanziare,
poi, gli studenti meritevoli significa consentire una effettiva eguaglianza nelle
opportunità. Tale forma di eguaglianza è, del resto, parametro fondamentale del
progetto di cambiamento da avviare.
15
Rispettando, tuttavia, il diritto allo studio per chi decide di frequentare part-time e di affiancare allo
studio l’attività lavorativa.
16
È una misura questa che può essere un antidoto parziale ad una delle più discusse caratteristiche della
questione generazionale in Italia: quella della permanenza presso la propria famiglia di giovani adulti.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
In questa direzione va la recente iniziativa del Ministero delle Attività Giovanili17.
2.2.2 Razionalizzare il presidio universitario sul territorio.
Alcuni degli atenei oggi esistenti appaiono, secondo i dati del Ministero, ridondanti
rispetto al resto del presidio universitario.
E ciò appare una evidente possibilità di recupero di risorse.
Presidi territoriali (sedi) per fasce di iscritti, Valore assoluto, Anno Accademico 2006/7
58
18
16
11
5
5
373
46
106
43
65
1
50
50
100
100
500
500
1.000
1.000
5.000
5.000
10.000
10.000
20.000
20.000
30.000
30.000
40.000
40.000
80.000
TOT
Fonte: Vision su dati MIUR
La tavola già presentata nella parte di analisi evidenzia che sono sessantacinque
(venticinque tra Sicilia, Puglia e Lazio) le sedi con meno di cinquanta iscritti.
Il costo di mantenimento di tali sedi è stimabile in circa quindici milioni di euro.
Tuttavia, una analisi più fine è necessaria ed è una delle proposte di lavoro congiunto
che Vision e gli altri partner avanzano al Ministero.
Una identificazione puntuale di sedi ridondanti può utilizzare tre parametri di cui può
essere utile evidenziare anche i limiti:
1. il numero di iscritti; la domanda insufficiente è particolarmente importante nella
valutazione di una eventuale ridondanza; tuttavia, potrebbe la domanda da parte
degli studenti non deve essere considerata un dato incontrovertibile per corsi di
laurea specialistici;
2. altro criterio è quello della presenza minima di una certo numero di iscritti fuori
dalla propria area geografica (provincia, regione); tuttavia è probabile che
università che si rivolgano a segmenti diversi dagli studenti in età da laurea
17
L’accordo stipulato tra il Governo e l’ABI consente l’accesso al credito (fino a 6000 euro) senza
ulteriori garanzie da parte degli studenti che raggiungono certi requisiti di merito. Il garante è il Governo,
grazie al Fondo per il credito ai giovani costituito presso il Ministero per le Politiche giovanili e le
Attività sportive.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
(anziani, occupati, immigrati) possano legittimamente avere un bacino
tendenzialmente locale;
3. quello della distanza geografica minima da altre sedi o atenei con offerta simile;
4. ancora l’assenza di standard minimi di qualità che andrebbero monitorati
attraverso i meccanismi di valutazione (di cui parleremo nell’ambito del quarto
cantiere).
Le risorse liberate andrebbero reinvestite in edilizia scolastica intelligente18 per ospitare
gli studenti nei campus universitari che rimangono e che si andrebbero
progressivamente a specializzare, a costituire poli di competenze, risorse collegati tra di
loro da reti virtuali (internet) e fisiche (logistica, trasporti).
Ancora una volta la premessa è che esistono, come si sostiene dall’inizio, diversi
obiettivi per diverse università. La creazione di un sistema “a rete”, differenziato
significa concentrare le risorse sugli atenei più efficienti per ciascuna famiglia di
università a cui corrispondono diversi obiettivi.
Le università generaliste concentreranno le proprie risorse su quelle migliori realizzando
economie di scala. Tuttavia, verrà fatta salva la valorizzazione di atenei che tendono ad
essere espressione del tessuto economico locale (esempio sono le sedi staccate di facoltà
quali Ingegneria nel nord del Paese che si propongono di portare la “produzione” di
professionisti a contatto con il fabbisogno industriale locale), e di università che si
rivolgono a segmenti diversi da quelli core degli studenti universitari. Per ogni tipologia
di Università si andrà verso la creazione di poli che si contendano gli utenti e gli
studenti migliori.
Verrebbe progressivamente meno la percezione comune che gli atenei si equivalgano.
Tale percezione attualmente ostacola sia la mobilità degli studenti (che cercano spesso
di rimanere nell’ateneo competente territorialmente), sia quella dei ricercatori (che
possono così avere accesso ai migliori studenti e alle migliori infrastrutture).
Una mobilità sostenibile è, dunque, obiettivo di questa misura almeno quanto
l’innalzamento dell’efficienza del sistema.
Ed in questa direzione negli ultimi mesi vanno le disposizioni della Legge Finanziaria19
che agevolano giovani che decidono di locare immobili diversi dalla abitazione dei
genitori e gli studenti fuori sede.
2.2.3 Spostare risorse tra segmenti della popolazione docente di età
diverse
A sorpresa, proprio quella che sembrava la proposta più provocatoria , è stata, in realtà,
in parte recepita più velocemente con le norme sui “fuori ruolo” inserite nell’ultima
legge finanziaria. Tuttavia, se la direzione è giusta si può fare di più.
Quella del graduale abbassamento dell’età pensionabile per i docenti universitari è una
ipotesi20 in controtendenza rispetto alle dinamiche normali del mondo del lavoro,
18
Edilizia universitaria intelligente comporta l’utilizzazione di spazi esistenti o comunque la creazione di
spazi che possano essere velocemente destinati ad utilizzo alternativo nel caso in cui ci sia contrazione
della domanda
19
Le agevolazioni prevedono deduzioni di cui agli articoli 2 e 5 della Legge.
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laddove in qualsiasi altro settore l’innalzamento a sessantacinque anni dell’età
pensionabile è la guerra di trincea che da anni si sta combattendo e alla quale più di un
governo ha sacrificato quote consistenti di consenso.
Il mondo delle Università è tuttavia assolutamente anomalo rispetto a quanto avviene in
qualsiasi altro contesto: quasi un docente su dieci ha più di sessantacinque anni, ed essi
– gli ultra sessantacinquenni – assorbono il 15% delle risorse totali destinate
all’Università. Sono circa novecento milioni di euro all’anno, dei quali – in caso di
prepensionamento – si riuscirebbe a risparmiare, al netto dei costi aggiuntivi per l’INPS,
e secondo un calcolo molto preliminare circa un centotrenta milioni di euro all’anno21.
Sarebbe utile, peraltro, chiedersi come mai, mentre in qualsiasi altra organizzazione i
lavoratori sembrano non voler neppure considerare l’ipotesi di restare al lavoro dopo i
sessantacinque anni, nelle Università essi appaiono assolutamente a proprio agio
rispetto ad una posizione che diventa quasi “a vita”.
Non è banale spiegare questo fenomeno, immaginando che sia sufficiente l’incentivo
(mediamente il dieci per cento in più), rappresentato dagli ulteriori scatti di anzianità, a
rendere così forte la voglia di restare.
In realtà, essendo la cattedra universitaria legata ad una serie di ulteriori gratificazioni incarichi politici, di consulenza, posizioni dirigenziali nelle stesse università - è
probabile che siano proprio queste gratificazioni a rendere così lunghe le carriere.
Ed è proprio il ricambio nelle classi dirigenti che è, probabilmente, il più importante dei
risultati di questa misura.
Tuttavia, il valore dell’esperienza è fondamentale. E come dimostrano le stesse
Università americane, professori di età avanzata possono fornire un contributo di alto
livello.
Ed in effetti, la misura di cui parliamo si può trasformare, se gestita bene, in una
opportunità.
Se alle posizioni accademiche sono legate frequentemente certi riconoscimenti esterni,
infatti, è possibile immaginare che i docenti più anziani possano conservare la propria
posizione se, come è presumibilmente possibile a chi ha accumulato nel tempo
credibilità accademica, trovassero uno sponsor privato in grado di finanziare la cattedra.
In questo modo la logica della misura del pre-pensionamento può essere rovesciata: essa
non è una misura punitiva nei confronti degli anziani, anzi di essi fa l’avanguardia di
una delle più importanti autonomie che l’Università sta cercando, ovvero quella di
finanziare cattedre con sponsorizzazioni private che vadano a remunerare il professore
che tiene quella posizione e continua, dunque, non più a carico del sistema, ad operare
nell’ambito dell’ateneo.
20
Ovviamente l’ipotesi andrebbe, in concreto, graduata e fatta entrare a regime con una progressione (in
un lasso temporale, comunque, breve e diverso tuttavia da quello previsto da certe ultime modifiche
introdotte dall’ultima riforma).
21
Considerando il differenziale medio tra pensioni e ultimo stipendio, nonché la mancata corresponsione
degli ulteriori scatti che verrebbero prodotti dagli ultimi dieci anni di carriera. La situazione è, peraltro,
peggiorata dall’elevato numero di professori di età avanzata e “fuori ruolo”, nella posizione cioè di poter
accedere ad uno stipendio pieno (e agli altri incarichi dirigenti all’interno dell’Università) lavorando un
numero di ore particolarmente ridotto.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
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Come utilizzare le risorse liberate (al netto del costo aggiuntivo per il sistema
previdenziale22)?
Le ipotesi da verificare meglio sono quelle di destinare tali fondi ad aumentare
1. la remunerazione dei ricercatori più giovani (in particolare di quelli di livello più
basso che, effettivamente, fanno registrare livelli di remunerazione non
compatibili con condizioni minime che possano garantire sufficiente autonomia
per poter condurre la propria attività scientifica;
2. il reclutamento di personale di età inferiore in maniera da ampliare l’effetto del
prepensionamento in termini di abbassamento dell’età media.
In entrambi i casi, tuttavia, una qualsiasi azione non può essere generica e deve essere
guidata da meccanismi di valutazione coerenti con quelli – da definire – di cui
parleremo nel quarto cantiere
2.3 Aumentare la resa della spesa pubblica in ricerca attraverso
una revisione dei meccanismi di selezione dei progetti
Non è sufficiente denunciare il livello (basso) della spesa in R&D rispetto al Prodotto
Interno Lordo. Anche se ciò corrisponde alla realtà ed è una realtà preoccupante.
Non è sufficiente, poiché è necessario affrontare il problema dell’efficienza della spesa.
Occorre una strategia per utilizzare parte della spesa pubblica come leva per
demoltiplicare la spesa dei privati (italiani o stranieri) in Italia. Occorre allargare il
concetto di ricerca (spesso intesa come quella delle grandi imprese industriali) ad un più
ampio concetto di innovazione che vede spesso piccole imprese proporre novità radicali
nei servizi e nei processi. A questo fine è necessaria una collaborazione tra i finanziatori
pubblici e quelli privati , vincolando a precisi parametri di qualità il ritorno complessivo
ottenuto. Occorre incoraggiare, con specifiche decisioni la diffusione di una cultura del
rischio che è intrinsecamente associata a quella dell’innovazione.
Una qualsiasi strategia di razionalizzazione dei meccanismi allocativi della spesa
pubblica deve, peraltro, essere complessiva. Non può, quindi, che riguardare i
finanziamenti controllati a diversi livelli istituzionali (Stato, Regioni), ma anche l’intera
spesa (investimenti, funzionamento) prodotta dai centri di ricerca pubblici (CNR,
ENEA, ..).
Occorre tenere distinti in primo luogo i canali di finanziamento destinati alla ricerca
finalizzata all’aumento della conoscenza senza vincoli preventivi di ritorno
economico23, da quelli destinati alla creazione di impresa e ancora da quelli destinati al
finanziamento della ricerca industriale, che invece si pongono come obiettivo un ritorno
economico specifico. In base a questa suddivisione, è necessario definire percorsi di
selezione delle iniziative e delle modalità di finanziamento differenziati.
22
Derivanti dal differenziale tra il costo del personale in organico tra 65 e 75 anni, il valore attuale netto
delle maggiori pensioni maturate negli ultimi dieci anni di carriera e il costo per l’Istituto Nazionale della
Previdenza.
23
Una volta si sarebbe definita di “base”. Queste definizioni, tuttavia, appaiono obsolete e rischiano di
generare ulteriori equivoci.
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Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
1. Nel caso della ricerca che genera conoscenza senza che fosse tra gli obiettivi una
immediata ricaduta in termini di ritorno economico, il finanziamento pubblico deve
seguire un circuito di qualità che dovrebbe essere garantito dall’Agenzia di Valutazione
(ANVUR). Starà all’ANVUR infatti determinare i criteri di premialità in base al
successo dei gruppi di ricerca, all’insegna del principio che lo Stato ha diritto di stabilire
con criteri propri quali sono tali parametri per conseguire i risultati cui ambisce.
Anche in questo caso, tuttavia, allo Stato e all’ANVUR si potranno affiancare grandi
fondazioni no profit e, anche per questa tipologia di ricerca potrà essere utilizzata, in
alcune circostanze l’esistenza di uno sponsor come elemento di decisione e utilizzare un
meccanismo di cofinanziamento.
2. Nel caso invece di nuove imprese (spin-off di ricerca), una volta che è stato stabilito
il settore di intervento, il finanziamento pubblico deve costituire un cofinanziamento
alla nuova attività imprenditoriale ed entrare in un circuito di valutazione i cui criteri
sono decisi dall’investitore di rischio privato. Tale circuito, nella consapevolezza che in
media uno spin-off ogni cinque resiste e produce reddito dopo 3 anni, deve essere
definito in accordo con i cofinanziatori privati e lasciando al privato l’onere di stabilire
su quali progetti scommettere. L’ordinamento dovrebbe prevedere opzioni
(differenziabili a secondo dei casi) per la ripartizione del ritorno imprenditoriale (tra
università, dipartimento e ricercatori) connesso allo sfruttamento della innovazione.
E’ importante sottolineare che è lo Stato che definisce i settori di investimento, poiché
l’investimento in ricerca avviene in coerenza con lo sviluppo economico del Paese e con
gli obiettivi di medio e lungo termine di posizionamento nel contesto internazionale.
3. Infine, anche gli investimenti del pubblico nella ricerca industriale e nello sviluppo
precompetitivo devono essere affiancati da investitori privati mediante strumenti (fondi
chiusi, banche d’affari) che obblighino a canalizzare entrambi gli investimenti nella
assunzione di capitale di rischio. In questo caso il finanziamento può essere erogato per
la parte privata in linea di credito agevolato in modo tale da garantire l’interesse di una
rigorosa valutazione da parte dell’investitore privato, a beneficio dell’investitore
pubblico.
A livello gerarchico più basso rispetto allo Stato operano amministrazioni quali le
regioni e le province, che possono e debbono finanziare per la loro parte la ricerca. È
una questione – quella delle competenze delle Regioni resa assai rilevante per la
dimensione delle risorse che nell’ambito dei finanziamenti comunitari vanno a questi
enti nella prossima programmazione (2007 – 2013). A questo livello istituzionale, vi è
la possibilità più drastica di acquisire che – in particolar modo su una serie di aree di
investimento – tali amministrazioni pubbliche possono non essere in grado di avere le
capacità istituzionali e, nello specifico, una visione del mercato globale
dell’innovazione necessaria per fare scelte strategiche e le competenze per selezionare i
singoli progetti. Peraltro questi finanziamenti sono destinati per quote assai rilevanti alle
regioni del Mezzogiorno (cosiddetta di “convergenza”).
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Percentuale di studenti stranieri provenienti da alcuni dei principali Paesi, 2004
3,00
1,50
1,91
1,12
0,40
1,11
0,85
0,62
0,15
0,38
0,02
0,72
0,47
Campania
1,24
Puglia
0,22
0,63
0,56
Sicilia
Italia
0,36
Calabria
0,55
1,50
0,67
EU 15
Target Lisbona
Fonte: Vision su dati OECD
La tavola che precede dice che proprio le Regioni del Sud che saranno investite da
risorse assai ingenti24 mostrano, non solo e non tanto, investimenti in ricerca e sviluppo
bassi, ma soprattutto investimenti privati in ricerca estremamente bassi se non
addirittura praticamente inesistenti. In queste condizioni, non esistono economie
minime25 e la spesa pubblica rischia di essere totalmente inefficace.
Ovviamente qualsiasi riassetto della divisione delle competenze tra Stato e Regioni deve
scontare le previsioni – recentemente modificate – della Costituzione. Ma soprattutto
deve considerare pragmaticamente che qualsiasi divisione di poterei deve essere
flessibile: non tutte le regioni hanno lo stesso livello di esperienza, la stessa dimensione
(la Lombardia spende in R&D più di interi Stati europei). La chiave è quella di farsi
guidare da meccanismi valutativi (di “accountability”) che allochino a chiunque voglia
assumersi l’”onore” di gestire risorse dei contribuenti, anche l’onere di rispondere dei
risultati e, dunque, di essere giudicato e premiato (o sanzionato) sulla base di tali esiti.
In questa maniera la gestione delle risorse pubbliche scenderà, in maniera diversa per
diverse tipologie di programmi e di regioni, al livello dove ci saranno amministratori
che se ne assumeranno la responsabilità. L’intero sistema assumerà una configurazione
più flessibile ed efficiente.
24
Sei miliardi e duecento milioni di Euro del solo Programma Competitività e Ricerca FESR interamenti
destinati alla quattro grandi Regioni del Sud, al quale si accompagnano gli stanziamenti in ricerca dei
programmi regionali.
25
Vedi a questo proposito la letteratura della Endogenous Growth Theory, della New Economic
Geography e le analisi di Boldin and Canova.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
46
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Su una quota parte (probabilmente più rilevante per le regioni e per la ricerca del terzo
tipo) si sostituirà la discrezione delle amministrazioni con meccanismi di “match
funding”. In buona sostanza, i soldi pubblici vanno automaticamente a completare il
pacchetto di investimenti di un operatore finanziario internazionale (che dovrebbe
essere scelto attraverso determinate procedure e che dovrebbe impegnarsi ad investire in
aree – geografiche o settoriali – dove il mercato “fallisce”). O di finanziamenti
pubblici internazionali (VII programma quadro, ad esempio).
La critica alla prima possibilità sarebbe relativa all’indifferenza di finanziatori privati
(venture capitalists, private equiters, seed financers, ..) ad investire in ricerche
necessarie ma lontane dal produrre valore economico (cio’ vale, in particolare, per
alcuni interi ambiti accademici non scientifici). All’utilizzo dei programmi quadro si
obietta, invece, che anche queste procedure non appaiono tarate per poter identificare e
incoraggiare l’innovazione e che, normalmente, finanziano incumbents (centri di
ricerca, università, aziende consolidate).Sono obiezioni valide e, tuttavia, noi riteniamo
che, subito, potrebbero essere lanciate delle sperimentazioni. Questo si applicherebbe a
quei fondi (come i fondi strutturali) che normalmente sono gestiti dalle Regioni26.
Per ciò che concerne i fondi per la ricerca pura e applicata (Università ed Enti di
Ricerca) , essi potrebbero essere dotati di una quota obbligatoria per l’avviamento di
nuovi gruppi di ricerca.
Qui di seguito elenchiamo alcuni ambiti di intervento, posizionati a livello diverso nella
gerarchia delle strutture preposte al finanziamento della ricerca, cioè il Governo, il
Ministero della Università e Ricerca, gli Atenei.
-Allocare le risorse in modo competitivo in modo simile all’NIH o l’ISCIII spagnolo o
anche alla ESC comunitaria o, piu’ da vicino, il sistema Telethon:
Responsabile dell’azione: Governo
1) il governo individua aree generali di ricerca che diventeranno priorita’ nazionali
per un framework che sia di almeno 7-10 anni ( in Spagna attualmente sono il
settore della biomedicina/biotech, l’informatizzazione della popolazione, lo
sviluppo sostenibile, l’innovazione strutturale dell’ingegneria civile) la scelta
deve essere fatta in seguito ad una SWOT globale (valutazione del sistema
paese: punti di forza, debolezza, minacce, opportunità), non bisogna però essere
troppo rigidi, le linee programmatiche (aree, pianificazione strategica degli
investimenti) devono essere soggette a revisioni in corso d’opera. L’approccio
deve essere pragmatico e tiene conto delle variazioni della tech e le
convergenze. Esempio evitare i programmi con visione su periodo lunghissima
es. Human Frontier Science Program del Giappone negli anni ’80 che fu
teoricamente affascinante ma non teneva conto della convergenza delle
tecnologie.
Responsabile dell’azione: Ministero U&R
26
Argomentazioni simili valgono peraltro per i diversi programmi quadro della Commissione Europea.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
47
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
2) si allocano fondi con call specifiche che identifichino l’ambito di applicazione,
la quantita’ di soldi disponibili, il numero di grant che si finanzieranno e la
lunghezza del supporto finanziario.
3) si accettano letters of intent in cui i PI propongono la loro idea e una lista di
partner sia pubblici che privati, locali o internazionali.
4) Le letter of intent piu ‘interessanti e innovative vengono selezionate da panel
selezionati nell’Unione Europea e a questi PI si chiede di fare una submission
completa.
5) Il merito scientifico della proposta viene valutato da reviewer tecnici, non
politici, che sono scienziati riconosciuti come esperti del settore. Un
meccanismo efficace è il seguente: i nomi del pool dei reviewer sono pubblici,
ma non il nome dei pochi che giudicano il grant. Prima della sessione di
discussione, 3 reviewer giudicano il grant per il suo valore scientifico basandosi
si criteri di originalita’, interesse, fattibilita’ e innovazione; preparano una critica
dettagliata del grant e con essa giustificano il proprio voto. Durante un secondo
momento di valutazione, un panel piu’ allargato di reviewer (20-30 nel sistema
NIH) ascolta i commenti dei 3 reviewer principali e discute ulteriormente la
proposta. Al termine ognuno dei 20-30 reviewer esprime il proprio voto di
merito, e al grant si assegna il voto medio di tutto il panel. In questo modo si
evita che 2-3 reviewer, mettendosi anche d’accordo tra loro, possano decidere le
sorti di una domanda di finanziamento. E’ buona norma che la partecipazione
alla review sia gratuita e non vi sia alcun beneficio economico nemmeno
successivo (al di la’ del rimborso spese di trasporto e alloggio documentato). La
partecipazione di un funzionario ministeriale con formazione scientifica e’
auspicabile. Questa persona, che non deve avere alcun ruolo e influenza
sull’assegnazione del finanziamento, ha il ruolo di garantire la chiarezza e
regolarita’ del processo, sorvegliando che non ci siano conflitti di interesse dei
reviewers e che non ci siano accrodi tra reviewers per premiare o sfavorire un
grant specifico su basi non scientifiche.
6) Distribuire dei fondi in tempi rapidi, mediante una disponibilità preventivamente
autorizzata dalla Corte dei Conti.
7) Se il progetto è riconosciuto di ottima qualità ma non ci sono i fondi e però lo si
ritiene strategico o complementare a quelli già approvati e finanziati è possibile
la sponsorizzazione da parte di terzi (partecipa al progetto globale, meeting e
gruppi di lavoro). Per le autorità pubbliche, è un progetto a costo zero, i risultati
possono essere condivisi e lo sponsor potrebbe avere un priorità nella
valorizzazione dei risultati (se charity o azienda)
Un’altra idea viene dall’iniziativa della regione Lombardia di reclutare direttamente i
ricercatori dall’NIH, pagarli per 2 anni e permettere di avviarli nei propri laboratori.
I fondi per l’avviamento di nuovi gruppi di ricerca dovrebbero essere destinati alle
universita’ che li affida poi ai singoli ricercatori perche’ li usi secondo il fine per cui
sono stati stanziati. Nell’application per il grant l’universita’ deve dimostrare
tangibilmente che possiede la struttura, lo spazio, le apparecchiature etc.. per svolgere la
ricerca proposta. E’ la struttura che permette al ricercatore di lavorare, le grandi idee
senza infrastruttura non vanno da nessuna parte, a parte una questione di economia di
scala. I finanziamenti dovrebbero fornire la tranquillità di poter lavorare per un periodo
di 5 anni eventualmente rinnovabile a 10. Ogni anno la ricerca svolta dovrebbe essere
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
monitorata ed alla fine dei 5 anni il ricercatore deve dimostrare di aver prodotto lavori
scientificamente rilevanti.
Per le discipline maggiormente finanziabili (normalmente quelle scientifiche), i
professori di prima o seconda fascia dovrebebro, progresivamente, porsi il problema di
ottenere fondi per il proprio laboratorio da associazioni private o dai fondi nazionali per
progetti.
Questi fondi dovrebbero essere assegnati da un comitato scientifico preferibilmente
straniero che consideri esclusivamente la bontà dei progetti e l’effettiva realizzabilità.
Nel caso i professori non riescano ad ottenere nessun finanziamento verrebbero,
tendenzialmente, destinati ad attività di insegnamento ed di amministrazione.
In questo modo si ottimizzeranno le risorse e si potrebbe alleggerire il lavoro di quei
ricercatori effettivamente capaci di fare ricerca e di collaborare a livello nazionale ed
internazionale.
2.4 Definire criteri di valutazione e incentivazione in grado di
identicare e promuovere i casi migliori
Nelle Università italiane la totalità della spesa per il personale è rigida: legata, cioè, al
solo fattore anzianità e qualifica. Così come succede in altri comparti
dell’amministrazione pubblica, una parte dell’attuale retribuzione va chiaramente
attribuita a un premio di produttività. Una quota del dieci per cento del costo docenti
potrebbe essere accettata da buona parte delle parti in causa come investimento nel
rilancio dell’Università Italiana.
Le possibilità sono, in questo caso, attribuire premi individuali (singolo docente),
oppure di gruppo (un team di ricerca, un dipartimento, un’intera Università).
È probabilmente preferibile costruire incentivi che vengano assegnati ad atenei/facoltà
(che poi avranno incentivo a riprodurre i meccanismi premianti al loro interno), in
quanto a questo livello il meccanismo sarebbe più visibile (in maniera da rendere
evidente il percorso di competizione – emulazione che verrebbe innescato), nonché
perché si favorirebbe il rafforzamento della propensione a lavorare in gruppo.
La parte premiale andrebbe attribuita in maniera tale che solo una quota parte della
popolazione docente ne benefici; tale percentuale (20%) sarà relativamente piccola in
maniera che sia effettivamente vissuta come un incentivo a raggiungere l’eccellenza, ma
non troppo piccola da essere fuori dalla portata di una università ben gestita.
Potrebbe, eventualmente, anche essere considerata la possibilità di limitare il numero di
volte (non più due volte consecutivamente? non più di cinque volte in dieci anni?) che
ad un ateneo viene attribuito il premio in maniera da incoraggiare l’emersione di nuove
università.
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Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
La questione delle incentivazioni è legata a quella della valutazione che costituisce, in
quanto strumento indispensabile per governare le altre proposte che stiamo avanzando,
uno dei temi più dibattuti e al quale è legata la formazione dell’Agenzia Nazionale di
Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR).
È rilevante la scelta strategica di avere un’unica agenzia incaricata della valutazione
universitaria, unendo di fatto le prerogative del CIVR e del CNSUV. Secondo la
relazione illustrativa dello schema di decreto recante il regolamento concernente la
struttura e il funzionamento dell’ANVUR: “Tenendo assieme le due attività istituzionali
inscindibili degli atenei, didattica e ricerca, si favorisce implicitamente una valutazione
correlata della qualità di entrambe, come è giusto e naturale che sia, a conferma di una
caratteristica fondante dell’istituzione universitaria”.
Rimane tuttavia non chiaro come mai, nella descrizione del perché si valuta, la
relazione illustrativa sottolinei che “la vera missione dell’Agenzia è quella di
promuovere la qualità del sistema nazionale delle università e della ricerca, non già
quella di premiare i comportamenti più virtuosi e di sanzionare i meno virtuosi”. Al
contrario, riteniamo che la promozione della qualità delle università e della ricerca trovi
invece nella oggettiva e trasparente competizione degli atenei un suo elemento fondante.
Il nostro sistema universitario, i suoi laureati e quindi il nostro sistema paese sarà
competitivo con gli altri paesi solo se saprà innescare al suo interno un meccanismo
premiante delle eccellenze che assicuri alle migliori idee di venire a galla e ai migliori
di poterle esprimere.
Altri paesi europei, seppur all’interno di quadri strutturali differenti, perseguono, con
risultati alterni questo stesso obiettivo. Dalla nostra analisi (vedi tabella), ci pare che i
casi UK del RAE (Research Assessment Exercise) per la valutazione della ricerca e in
parte del BAC (British Accreditation Council) per la valutazione della didattica e del
management siano i piu’ interessanti per quello che riguarda gli aspetti premianti
conseguenti alla valutazione: il ranking per la ricerca e l’accreditamento per risultati
educativi e di management. Anche la Spagna, che rappresenta un’esperienza piu’
recente pare muoversi in una direzione simile. Gli aspetti positivi del caso inglese sono
certamente l’obiettivo di definire un ranking; la chiarezza della definzione di aree di
valutazione e delle dimensioni delle analisi; l’esistenza di un aspetto premiante concreto
(accreditamento o, nel caso del RAE, i finanziamenti legati al livello di qualità
riscontrato). Non mancano certamente i limiti degli esempi stranieri (es: bassa e non
predefinita periodicita’ della valutazione) a conferma della difficolta’ della sfida – e’
pero’ proprio dall’analisi dei punti di forza e di deboloezza dei casi esteri che puo’
guidare l’Italia a creare un’agenzia Best-in-class.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
50
Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Francia
Organizzazione
e data di inizio
CNE
(Comite National
d’Evaluation)
Dal 1984
Frequenza nella
valutazione
Cicli di revisione ogni 5
anni
(20 Università per anno)
Principali aree
di valutazione
Dimensioni
dell’analisi
Analisi
qualitativa o
quantitativa
Approccio
(ranking-rating)
CNER
(Comite National
d’Evaluation de la
Recherche)
Dal 1989
Cicli di revisione ogni 30
anni
Aspetti istituzionali,
Valuta punti di forza e
management e temi
debolezza dell’intero
specifici definiti con le
sistema di R&D
Università
Generici “aspetti
Capacità di ricerca e aspetti
istituzionali” dettagliati per
generali (numero
ciascuna Università
pubblicazioni, volumi nella
biblioteca, etc)
Check-list di autovalutazione con aspetti
quali-quantitativi di
massima (finalizzati a
comprendere la capacità di
auto-valutazione)
Nessuna classifica/rating
specifico
(rapporto dettagliato e
specifico per ciascuna
Università)
Spagna
ANECA
(Agencia Nacional de
Evaluacion de la Cualidad
e Accreditacion)
Dal 2002
In base alla richiesta di
certificazione da parte delle
Università.
Aspetti istituzionali,
management, servizi
generali agli studenti,
programmi di studio
Aree e requisiti predefiniti
per ciascuno degli aspetti
valutati
UK
RAE
(Research Assessment
Exercise)
Dal 1986
BAC
(British Accreditation
Council)
Dal 1984
In media ogni 5 anni
(inizio ogni 3 anni e
attualmente ogni 7 anni)
4 anni di validità per ciascuna
Università con valutazioni
intermedie)
Ricerca
Aspetti istituzionali
(sicurezza, management) e
educativi (insegnamento,
apprendimento)
5 aree di valutazione:
- infrastrutture, sicurezza
- management/organizzazione
- salute studenti
- gestione qualità
- insegnamento e
apprendimento (risultati e
risorse)
Tre aspetti principali della
ricerca: prodotti, ambiente
per la ricerca e indicazione
di stima.
Dati quantitative su aspetti
legati alla ricerca (non
specificati pubblicamente)
Aspetti qualitativi legati
alle aree di analisi.
Prevalentemente Qualitativa
Quali-Quanttativa
Nessuna classifica/rating
specifico
(rapporto di analisi)
Nessuna classifica/rating
specifico, ma standard
minimo da raggiungere
(rapporto dettagliato e
specifico per ciascuna
Università)
Sistema di ranking definito
a priori in base a 4 criteri di
qualità (in base al livello di
riconoscimento
nazionale/internazionale)
Ispezioni al fine di
accreditamento. Ranking sulla
base di 6 livelli di qualità.
Con una soglia sotto la quale
non si è accreditati (con una
riserva per ulteriori ispezioni
di verifica).
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Processo di
massima
4 Fasi:
1. visita di esperti
2. questionario
somministrato
3. rapporto degli esperti
4. confronto
esperti/Università per
rapporto finale
4 Fasi:
1. acquisizione dati
secondari
2. analisi dei dati
3. visita degli esperti (per
aspetti differenti di
valutazione)
4. rapporto finale
3 Fasi :
1. Self-assessment
2. valutazione esterna
3. Piani di
miglioramento
Chi sono i
valutatori
Membri delle Università
(Peer Review).
Attuale discussione per
coinvolgere professori
internazionali.
Nominati dal Parlamento
Membri delle Università
(Peer Review).
Valutatori
professionisti membri
permanenti di ANECA
Nominati dalla Accademia
Francese delle Scienze
Selezionati da ANECA
Come sono
selezionati i
valutatori
Uso dei risultati
Produzione di rapporti
nazionali resi pubblici.
Rapporti di analisi e
raccomandazioni
consegnati a ciascuna
Università.
Rapporti di analisi e
raccomandazioni
consegnati a ciascuna
Università.
Accreditamento
pubblico della qualità
delle Università
(che si impegnano a
migliorare le aree di
debolezza individuate)
Principali
critiche
Assenza di criteri chiari e
definiti di valutazione.
Nessuna analisi incrociata.
Nessun reale incentivo.
Assenza di criteri chiari e
definiti di valutazione.
Nessun reale incentivo
al cambiamento.
4 Fasi:
1. promozione del processo
2. Ricezione di applicazioni con
informazioni sull’istituto e le
ricerche prodotte
3 Analisi dei materiali di ricerca
da parte di panel di esperti (con
supervisione di un comitato
centrale)
4. Produzione del rapporto finale e
attivazione dei finanziamenti
Esperti sul tema di ricerca
(membri di università, governo,
società civile)
3 Fasi:
1. Analisi di dati generali
2. Visite di esperti (aspetti
istituzionali e educativi)
3. Accreditamento o
Rifiuto
Proposti da associazioni di
stakeholders rilevanti per gli
ambiti di ricerca valutati (inclusi
gli utilizzatori delle ricerche
prodotte). Nominati dal fondo di
finanziamento inglese per
l’educazione superiore (HEFCE).
Finanziamenti legati al livello di
qualità riscontrato.
Nominati da varie
istituzioni (governi, istituti
di ricerca). Una volta
membri non possono
partecipare ad altre attività
di insegnamento/ricerca.
Membri del BAC, esperti
di centri ricerca e altre
istituzioni accreditate
Accreditamento che
comporta la possibilità di
accettare studenti stranieri
che necessitano permesso
di soggiorno eaccesso
all’Education UK
Partnerships.
Limite della valutazione alla
ricerca. Frequenza non definita.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Tornando all’analisi dello schema decreto dell’ANVUR: “Nella valutazione di attività
intellettuali così delicate come l’insegnamento e la ricerca, si deve rifuggire dall’idea
che i valutatori siano“giudici” e i rapporti di valutazione siano “sentenze” per il
semplice motivo che, con questo approccio, non si otterrebbero risultati duraturi e
significativi per ciò che veramente importa: migliorare il livello qualitativo delle attività
di tutte le università e di tutti gli enti pubblici di ricerca”.
Tre osservazioni:
• senza la molla della competizione tra atenei sia nella possibilità di essere
riconosciute pubblicamente come migliori o di alta qualità e quindi attrarre gli
studenti e i capitali privati, sia nell’opportunità di ottenere come premio una
maggiore allocazione delle risorse pubbliche, non c’è chiaro incentivo a
migliorare i propri indicatori di performance; in altri termini, senza uno stimolo
reale e tangibile, l’obiettivo dichiarato di “migliorare il livello qualitativo delle
attività di tutte le università e di tutti gli enti pubblici di ricerca” non potrà
pertanto essere significativamente raggiunto;
• l’obiettivo stesso di migliorare la qualità di tutte le università e di tutti gli enti
pubblici di ricerca è certamente nobile ma fa intendere (questa è però solo una
sensazione) un approccio che salvi comunque tutti senza la possibilità di
considerare un’ottimizzazione del sistema – tramite anche l’eventuale
eliminazione di istituti che non riescano in un arco di tempo ragionevole a
ottenere un livello minimo di performance;
• la preoccupazione che “i valutatori siano “giudici” e i rapporti di valutazione
siano “sentenze” può invece essere superata utilizzando al massimo indicatori di
performance perlopiù quantitativi, oggettivi e internazionalmente riconosciuti;
per tutte le dimensioni della qualità difficilmente quantificabili, occorrerà invece
definire degli indicatori qualitativi, ottenuti tramite meccanismi di valutazione
che sfuggano alla discrezionalità (per esempio valutazione assegnata a esperti
internazionali e indipendenti e garantendo l’anonimato, come indicato dallo
stesso decreto).
Entrando nel dettaglio, la relazione illustrativa di cui sopra, sottolinea che “in un certo
senso da ogni valutazione è possibile dedurre una classe di qualità (rating) cui
appartiene un’università, più che una classifica generale (ranking) di tipo sportivo tra
tutti gli atenei. Diventa quindi naturale per le università competere per l’appartenenza a
classi di qualità elevate in quello o quell’altro settore di attività, in dipendenza dalla
propria missione, dalla propria storia e dalle proprie scelte strategiche, piuttosto che
inseguire effimeri successi in inutili classifiche onnicomprensive”.
Se proprio non si vorrà adottare il ranking, in linea con le nostre considerazione
precedenti, sarà auspicabile che la classe di qualità non sia solo “deducibile” dalle
valutazioni bensì chiaramente identificata e in modo efficace e trasparente comunicata
pubblicamente.
Tuttavia, se anche dovesse esistere un reale incentivo per le università a competere per
l’appartenenza a classi di qualità elevate, il rating per classi non fornirà particolare
incentivo a migliorare la propria performance all’interno della propria classe di
appartenenza, specialmente qualora la classe più elevata risultasse più difficile da
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
raggiungere e lo scivolamento nella classe inferiore non costituisse un vero pericolo. A
questo proposito sarà importate che il numero delle classi di qualità sia abbastanza alto,
e conseguentemente il numero di università per classe ridotto in maniera da consentire
perlomeno una competizione tra classi sufficientemente agguerrita e una minima
dinamicità delle posizioni relative.
Un altro aspetto del decreto merita attenzione. Il decreto prevede una biennalità della
valutazione. Riteniamo necessario aumentare ad un solo anno la periodicità delle
valutazione – la maggior frequenza dei risultati incentiverà gli atenei ad “agire più
velocemente” per migliorare il loro posizionamento. Sarà necessario peraltro che i
risultati siano sempre accessibili a tutti attraverso tutti i possibili canali di
comunicazione a partire da internet.
Il decreto attribuisce all’ANVUR il compito di definire i criteri di valutazione. Noi
riteniamo che diversi criteri devono essere immaginati per premiare il conseguimento
dei diversi obiettivi che abbiamo citato. Criteri che possano misurare sia la produzione
scientifica che la qualità dell’esperienza formativa che l’università è in grado di offrire.
Coerentemente con la nostra analisi sullo stato del nostro sistema universitario, diventa
importante non tralasciare gli indicatori di performance che misurino le dimensioni più
critiche del nostro sistema. Ecco alcuni dei criteri da cui partire:
• il numero di pubblicazione e citazioni, a cominciare presumibilmente dal
Science Citation Index o sue elaborazioni27;
• la valutazione di giurie internazionali;
• il numero di studenti, professori e ricercatori stranieri possono essere utili per
assegnare gli incentivi sul fronte della diversity, dell’innovazione e della
produzione di talento;
• l’evoluzione della domanda da parte di studenti o di altri utenti;
• la percentuale di studenti non locali;
• gli esiti occupazionali fatti registrare nel tempo dagli allievi di diversi atenei;
• in alcuni casi, i livelli di soddisfazione del corpo studenti possono essere presi in
considerazione per valutare gli obiettivi di migliorare la “produzione di laureati”
e la qualità di percorsi formativi per utenti diversi dagli studenti.
In qualsiasi caso, a nostro avviso, i percorsi valutativi da utilizzare devono essere
quanto più possibile:
a) limitati nel numero, oggettivi, immediati e determinati prima del periodo da valutare;
b) esterni al sistema (troppi sono nella pratica della valutazione italiana le confusioni di
ruolo tra valutatore e valutando);
c) diversificati rispetto agli obiettivi (non necessariamente tutti quelli citati) che
ciascuna università decide di perseguire;
d) collegati ad un sistema premiale che concretamente possa assegnare incentivi sulla
base delle prestazioni.
In sintesi, per aumentare la produttività del sistema universitario italiano occorre
definire meccanismi premianti e in particolare passare da uno schema rigido a uno
27
Il SCI è, presumibilmente, da correggere laddove è immaginabile che non tutte le citazioni (esiste del
resto anche il rischio di auto citazioni e scambio di citazioni) e non tutti i giornali scientifici abbiano lo
stesso valore.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
flessibile nell’allocazione delle risorse. Per esempio distribuire una quota parte (10%)
della retribuzione fissa al 20% della popolazione docente degli atenei più virtuosi.
Indipendentemente dai criteri esatti di ripartizione, è fondamentale che esista un
meccanismo premiante che allochi le risorse agli atenei sulla base dei meriti conseguiti
e a sua volta che le università possano premiare i loro migliori professori.
L’incentivazione è strettamente legata alla valutazione degli atenei/facoltà sia nella
produzione di ricerca che nella capacità formativa. In questa direzione, è fondamentale
che il compito dell’ANVUR non si limiti ad una promozione generica della qualità del
sistema universitario ma piuttosto premi l’eccellenza e promuova con coraggio la
competizione tra gli atenei tramite, se non con una classifica, perlomeno con una
valutazione comparativa che sia in grado di differenziare chiaramente tra gli
atenei/facoltà nei loro punti di forza e di debolezza. Questo richiederà una mappatura
annuale, certamente articolata per missione e disciplina, ma assolutamente fondata su
criteri e indicatori di performance perlopiù quantitativi, oggettivi, internazionalmente
riconosciuti, descrittivi anche delle dimensioni critiche del nostro sistema e comunicati
in modo trasparente a tutti.
******
Che Università uscirebbe da un progetto di cambiamento come quello che emerge dalle
proposte alle quali stiamo lavorando?
Una ipotesi possibile delle riallocazioni (a costo zero) che le proposte comportano è
sintetizzata nella tavola che segue.
Il profilo economico del
cambiamento
Nota metodologica:
Variabilizzazione salari 5%
Aumento tasse medio 15%
15
Borse di studio media: 4,000 euro
(contributo locazione) per 27,500
studenti
15
130
Attrazione di 10,000 studenti e 10,000
ricercatori con un costo di 7,500 euro
300
Prepensionamento 66 – 75
200
110
150
300
Variabiliz
zazione
salari
Annullamento gap tra ricercatori prima e
dopo conferma e assunzione di 1,000
ulteriori ricercatori
35
Aumento
Pre
Razionalizzazione
tasse pensionamento
presidi
universitarie
Premi
produttività
Borse
studio
Programmi
attrazione
35
Assunzione Riallineament
ricercatori o salari prima
giovani
fascia
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
La Tavola è puramente esemplificativa dei valori in gioco e il calcolo del valore delle
opzioni andrebbe approfondito in concreto con il Ministero. La logica tuttavia è
sufficientemente chiara: si tratta di spostare risorse verso utilizzazioni più produttive. Ed
incoraggiare con questo tipo di misure, l’avvio di un percorso di miglioramento
continuo la cui responsabilità nel tempo sarà sempre di più trasferita dal Governo alle
singole Università.
Le ipotesi che scaturiscono dai quattro cantieri sono ancora a stadi diversi in termini di
analisi di benefici, complessità e operazionalizzazione. Una prima valutazione (da
approfondire) produce una valutazione complessiva come quella della tavola che segue
(da rifare sulla base della tavola dello scorso anno che riportiamo).
La mappa complessità/ impatto e
definire un possibile piano di lavoro
Impatto (nel breve medio)
.
. .
.
. .
Partnership con
operatori finanziari
internazionali
Meccanismi
valutazione
Premi produttività
Scambio
generazionale
Riorganizzazione
presidio
territoriale
Aumento tasse
e borse studio
.
.
Rete italiani
all’estero
.
Matchfunding con
VII FP
.
. .
Attrazione studenti
Attrazione
stranieri
ricercatori Mobilità
stranieri ricercatori
italiani
Mobilità studenti
italiani
Complessità (tecnica,
di consenso)
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Una valutazione come questa – anch’essa da verificare con chi ha responsabilità del
governo del sistema – farebbe emergere, dunque, un piano di lavoro. Un progetto di
cambiamento progressivo, una sequenza di azioni completamente diversa da una
riforma onnicomprensiva. Come quelle che negli ultimi quindici anni, in numerosi
contesti, si sono rilevate così deludenti.
Il nostro approccio pragmatico fa emergere, dunque, un piano per la riforma flessibile,
ed una serie di opzioni che possono essere anche non attivate in maniera
contemporanea. Il punto d’arrivo è un sistema universitario molto più produttivo,
attraente, flessibile e soprattutto differenziato al proprio interno28.
È tuttavia necessario che il percorso di cambiamento sia attivato immediatamente con il
lancio degli interventi di più elevato impatto e minore complessità. E che siano
chiaramente comunicati gli obiettivi del programma e le ulteriori iniziative necessarie
per completarlo.
Le ipotesi da noi identificate definiscono una strategia complessiva che è ambiziosa ma
anche fattibile. Sia per complessità tecnica che praticabilità politica. Del resto il
problema vero dell’Italia non è tanto la contingenza del declino (che pure dura da un
decennio) ma l’assenza di prospettiva, di volontà ad investire in futuro. E tale assenza si
traduce in “aspettative” al ribasso che non possono che condizionare anche il nostro
presente (ed i tassi di crescita, i consumi, la capacità di attrazione di risorse ad alta
produttività).
In questo senso è proprio la percezione della urgenza che conferisce ad un progetto di
cambiamento complessivo del sistema universitario la forza delle iniziative politiche
non più rimandabili. Tocca a questo punto al Governo (e ai rettori, alle Regioni) aprire
un confronto (razionale) su queste ipotesi (ed altre simili) e ad associazioni come
Urania, Nova, AIR raccogliere sul progetto ulteriori competenze ed energie.
28
È evidente, infine, che il modello che noi proponiamo rende meno drammatica la questione – da molti
invocata come dirimente – del “valore legale” del titolo di studio. Un sistema diversificato avrebbe
bisogno di almeno quattro diversi “valori legali” per ciascuna delle quattro diverse famiglie di università
che stiamo immaginando. In realtà il punto è un altro. Non si può imporre più per legge che certe
posizioni siano legate ad un dato titolo, seppur certificato, anche per la sola necessità di abbattere le
barriere all’entrata verso cittadini di altri paesi dell’Unione Europea.
È dunque auspicabile che, al termine di questo processo, la questione il valore legale si svuoti
progressivamente di significato e che lo Stato continui a certificare la presenza di curricula, di standard di
qualità rispettati attraverso i sistemi di valutazione.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
3. UN’AGENDA PER IL FUTURO
Doveva essere il “ritorno dei marziani” il titolo dell’evento nel quale abbiamo
presentato questo progetto. Il ritorno dei marziani inteso come presa di responsabilità da
parte di un gruppo di “cervelli in fuga” che hanno deciso di smettere di scappare e di
investire in un progetto difficile in un Paese che, a volte, sembra destinato ad un declino
senza fine.
Tornare significa capire che non basta continuare a distanza ad emettere condanne
sferzanti29. Dobbiamo rassegnarci al fatto che dentro di noi esiste una dimensione
politica che non può che trovare una sua piena realizzazione solo (viviamo ancora,
purtroppo una globalizzazione incompleta) nel nostro Paese. E abbiamo, anche,
percepito che il vuoto politico di proposte, di persone, di idee, di visione che in questo
momento prevale è, anche, un’opportunità.
Per cogliere questa opportunità, per seguire quella nostra aspirazione abbiamo capito
che dobbiamo investire in un progetto di cambiamento non in maniera episodica. Che
dobbiamo investirvi i nostri vantaggi competitivi (in primis quello di essere abituati a
mercati globali dell’innovazione). Che dobbiamo farlo in gruppo.
E abbiamo scelto di cominciare con la questione delle Università.
Si pone, adesso, di capire – dopo tre eventi organizzati da Vision su questa questione e
che hanno coinvolto una parte significativa della classe dirigente di questo Paese – su
quali azioni specifiche investire, come promuovere la realizzazione delle nostre
proposte. Tra le prime ipotesi ci sono:
1. sviluppo – con il supporto di alcuni operatori finanziari interessati al progetto di un progetto di attrazione di studenti stranieri in Italia da alcuni Paesi e in
alcuni settori di ricerca ritenuti chiave;
2. identificazione puntuale delle semplificazioni regolamentari e burocratiche che
possano rendere più agevole per gli studenti e ricercatori stranieri ottenere i
visti;
3. promozione di un potenziamento di programmi come ERASMUS e
ERASMUS MUNDUS a livello europeo;
4. sviluppo dell’analisi sulla razionalizzazione dei presidi territoriali;
5. assistenza al disegno, promozione e realizzazione di azioni di partnership tra
amministrazioni pubbliche e operatori finanziari internazionali;
6. supporto allo sviluppo degli strumenti valutativi dell’ANVUR ed,
eventualmente, disegno e realizzazione di una classifica internazionale che
parta dalla metodologia a “quattro obiettivi”.
È una lista assolutamente preliminare. Nelle prossime settimane proporremo incontri
specifici e a diversi livelli per comprendere come la nostra iniziativa possa trasformarsi
in un agente di cambiamento in grado di operare in maniera sistematica su questa e altre
grandi questioni dalle quali dipende il rilancio del nostro Paese.
29
Una cosa di cui molti non si sono accorti è che il posizionamento dell’Italia in molte classifiche
internazionali, talmente negativo da superare, persino, una realtà che è, comunque, problematica, dipende
dal fatto che – banalmente – quelle classifiche sono stilate da italiani che – nelle grandi agenzie di rating,
organizzazioni internazionali - si occupano del dossier Italia e che ignorati dal proprio sistema (e questa è
una vera anomalia tutta italiana) tendono a restituire analisi persino peggiorative della situazione.
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.
Referenze
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Cambridge, Mass.
Boldrin, M. and Canova, F. (2001), “Inequality and Convergence: Reconsidering
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Krugman, P. and Venables, A., (1995), “Globalization and the inequality of Nations”,
The Quarterly Journal of Economics, 4: 857 – 880.
Sapir, A. et al. (2003), “An Agenda for a Growing Europe – Report for an Independent
High-Level Study Group established on the initiative of the President of the European
Commission”, Bruxelles.
S. Zapperi e F. Sylos Labini ``Lo tsunami dell'universita' italiana'' ``Le Scienze'', 450,
18-21, Febbraio (2006)
S. Zapperi e F. Sylos Labini ``Un' universita' vecchia e costosa'' ``Le Scienze'', 455, 1417, Luglio (2006)
F. Sylos Labini e S. Zapperi ``Reverse age discrimination'' Nature Physics 3, 582 - 583
(2007)
Vision, “I paradossi delle politiche di immigrazione – Il caso degli studenti stranieri”,
Gennaio 2008 su www.visionwebsite.eu
Vision, Le Università Italiane nel mercato globale dell’innovazione, Le opzioni per la
riforma, 22, Gennaio, 2007 su www.visionwebsite.eu
http://pil.phys.uniroma1.it/~sylos/Tsunami/tsunami2.html
Missione di Vision è contribuire alla disseminazione di idee.
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Tuttavia si rammenta che l'utilizzazione non autorizzata di documenti coperti da copyright
Vision è perseguita penalmente in tutti gli Stati.