Migranti, l`Italia chiede soccorso a Ue e Onu

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Migranti, l`Italia chiede soccorso a Ue e Onu
Cronache 7
LA PROVINCIA DI VARESE
MARTEDÌ 29 APRILE 2014
Vigili del fuoco in azione ANSA
A Genova
un ordigno
esplode vicino
al cassonetto
Panico e concitazione nei piani della Costa Concordia al momento del naufragio, il 15 gennaio 2012 ANSA
Concordia, il dramma dei profughi
«Noi sbattuti come palline nel flipper»
Al processo registrazioni audio sul panico tra passeggeri e nell’equipaggio
Sarcasmo su Schettino che «voleva far trainare la nave da una motovedetta»
GROSSETO
MICHELE GIUNTINI
Panico dei passeggeri
mentre danno l’allarme a terra.
Gente che, mentre la nave si rovesciava, «sbatteva» da tutte le
parti come palline da flipper: tutto il dramma della Costa Concordia in intercettazioni e telefonate
nell’udienza di ieri dove hanno
avuto rilievo quelle ai numeri di
soccorso, in particolare al 112.
Conversazioni per la prima volta
sentite in pubblico, ieri al processo di Grosseto. Si ascoltano voci
chiare, di gente terrorizzata, che
chiede aiuto, subito. «Non vogliono calare le scialuppe, la nave si
piega e va sempre più giù. Aiutateci vi prego, ho due bambini. Ci
massacrano come pecore», implorava un passeggero, poi sopravvissuto, mentre un operatore cercava di tranquillizzarlo sull’arrivo rapido dei soccorsi.
«Ma fra quanto? Non si vede
nessuno». E ancora, in una fase
ulteriore: «Ci stanno facendo
uscire dalle scialuppe, che cosa
dobbiamo fare? Aiutateci, non ci
dicono niente. Mandate qualcuno. La gente si sta buttando da sé
dentro le scialuppe. La nave si
muove, si piega».
I nuovi frammenti audio sono
prova del dramma del Giglio e
sono stati riportati, quasi plasticamente, durante le testimonianze di un maggiore dei carabinieri, Andrea Lachi, e del maresciallo Claudio Capanna, investigatori in forza al comando provinciale di Grosseto. A loro i pm
hanno affidato il compito di ripercorrere in aula vari aspetti
delle indagini, tra cui un’esatta
sincronizzazione temporale e
cronologica degli eventi, minuto
per minuto. Un modo per blindare l’accusa contro Schettino, che
ha fatto ricordare diverse cose:
tra queste, il primo allarme in
assoluto sulla terraferma arrivato a un altro centralino del 112,
quello di Prato, da parenti di passeggeri a bordo. È una telefonata
Francesco Schettino ANSA
La prima chiamata
al 112 fu fatta
dai naufraghi
non dal personale
partita meno di cinque minuti
dopo l’urto contro gli scogli: dimostrazione che non fu la plancia
della Concordia ad avvisare subito le autorità, ma ci volle un’iniziativa esterna e spontanea.
Poi le parti civili hanno esaltato una conversazione captata dai
carabinieri, che evidenzia ancora
il dramma dei naufraghi. L’ufficiale di macchina Hugo di Piazza
alcune settimane dopo parla con
un amico e dice: «Per la paura i
filippini si buttavano in acqua.
Erano membri dell’equipaggio e
camerieri. Sbattevano come palline da flipper e poi finivano in
acqua. E c’era chi non riemergeva
più».
L’udienza ha conosciuto nuove schermaglie tra accusa e difesa. Come quella della richiesta,
partita dalla plancia a una motovedetta della Gdf, di un cavo.
«Schettino voleva far trainare la
nave», ha detto il primo teste,
riferendo peraltro del sarcasmo
dell’equipaggio dato che una mo-
tovedetta non potrebbe mai trainare una nave da crociera. «Non
è vero, sarebbe servito a tenere
ferma la nave, tenendo il cavo in
tensione alla prua», ha dichiarato
in aula Schettino.
La procura ha reagito: le «dichiarazioni» di Schettino, ha detto il procuratore capo Francesco
Verusio, sono «smentite dal video dell’equipaggio della motovedetta G104 e poi dalle dichiarazioni spontanee dell’imputato il
quale getta la colpa di un asserito
malinteso su Simone Canessa,
unico ufficiale rimasto a bordo».
A fine udienza, fuori dal teatro,
c’è spazio per una «telefonatafantasma». Schettino dice che
esiste, che risulta dai tabulati e di
averla fatta alle 00.27 alle autorità per dire che era stato «proiettato fuori bordo», cioè non era
più sulla Concordia, e chiedendo
di «far confluire soccorsi». Ma
agli investigatori questa telefonata non risulta, agli atti del processo non c’è. 1
Migranti, l’Italia chiede soccorso a Ue e Onu
ROMA
L’Italia da sola non ce la fa.
Europa e Onu devono sostenere lo sforzo messo in campo dai mezzi di Marina
Militare, Guardia Costiera, Guardia di
Finanza e Aeronautica Militare per evitare altre tragedie come quella dello
scorso 3 ottobre nelle acque di Lampedusa.
La missione Mare Nostrum, partita sei mesi fa, costa 300 mila
euro al giorno, 9 milioni al mese
ed è «un’operazione a tempo, non
a tempo indeterminato», ha ammonito il ministro dell’Interno,
Angelino Alfano. Proprio alla valutazione della missione è stata
dedicata ieri una riunione a Palazzo Chigi, presieduta dal premier Matteo Renzi, cui hanno
partecipato – oltre ad Alfano –
anche i ministri di Esteri e Difesa,
Federica Mogherini e Roberta
Pinotti, il sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti e il capo della polizia, Alessandro Pansa.
Nel vertice è stata sottolineata
la «positiva azione di contrasto
della criminalità organizzata che
ha portato all’arresto di 207 scafisti», e al «salvataggio di vite umane». Sono circa 20 mila i migranti
soccorsi da ottobre a oggi. Ma in
questi mesi, rileva Palazzo Chigi,
sono emerse anche «le criticità»
di Mare Nostrum, «in particolare
nell’impegno da parte delle Nazioni Unite e dell’Unione europea sul quale l’Italia tornerà con
determinazione in vista del nostro semestre di presidenza e del
prossimo consiglio Ue».
Con la bella stagione le partenze di carrette del mare dalla Libia
sono destinate ad aumentare.
Domenica la Marina ha soccorso
762 stranieri nel mare di Sicilia
e ieri sono stati avvistati altri tre
barconi in avaria. I rapporti dell’Intelligence parlano di centinaia di migliaia di profughi ammassati in campi gestiti da trafficanti
di uomini e pronti a essere imbarcati verso l’Europa. Sembra anche che le tariffe del viaggio siano
Barca a vela utilizzata per una traversata alcuni giorni fa ANSA
scese, proprio per la presenza dei
mezzi italiani di Mare Nostrum
che raccolgono i barconi in difficoltà fin a ridosso delle coste libiche. A preoccupare è in particolare la situazione della Libia, ormai
del tutto fuori controllo, con bande paramilitari a spadroneggiare.
Tra le proposte in campo c’è
quella di una missione internazionale nei Paesi di provenienza
dei flussi per costituire, ha detto
Alfano, «presidi dell’Unione europea, in grado di effettuare in
loco un preventivo screening del
migrante e di raccoglierne da subito le intenzioni, per farne, insomma, un rifugiato europeo e
non di un singolo Stato membro,
come l’Italia». Quelli che arrivano, ha aggiunto, «sappiamo che
si tratta di rifugiati, ma non possiamo scaricarli tutti sull’Italia».
Il sistema nazionale d’accoglienza è stato infatti messo a dura
prova. Tutti i prefetti sono stati
sollecitati a reperire strutture, in
accordo con gli enti locali. 1
GENOVA
Attentato a Genova, nei
pressi del commissariato di polizia di
Pré, vicino alla stazione ferroviaria di
«Genova Principe». Nel primo pomeriggio di ieri un ordigno rudimentale
è esploso in una campana per la raccolta dei rifiuti in plastica. Il gesto è ancora tutto da inquadrare, ma gli investigatori non hanno dubbi.
«Si tratta sicuramente di un gesto doloso, di un attentato», dice
il dirigente della Digos, Francesco Borrè. Un botto secco, udito
a centinaia di metri dal luogo
dell’esplosione, la campana che
va in frantumi e che sparge rottami e bottiglie di plastica. All’inizio, non trovando tracce di
fiamme, la polizia pensa che
possa trattarsi dell’esplosione
di un grosso petardo. Ma questa
idea perde consistenza in poco
tempo, mentre la strada viene
chiusa al traffico e i bus deviati.
Sul posto arrivano i Vigili del
fuoco, la polizia scientifica, gli
artificieri anche con i cani antiesplosivo che fiutano in tutta
la zona: nessuna rilevazione.
Così l’attività d’indagine si concentra sulla campana. Gli artificieri scoprono tracce di un ordigno rudimentale: una bomboletta, liquido esplosivo e un timer, pure rudimentale.
«L’esplosione accidentale è
esclusa», dicono gli investigatori».
Ma qual è il messaggio di
quella esplosione? È il gesto di
uno scriteriato che si diletta con
degli esplosivi? È l’azione intimidatoria verso il commissariato di Pré? È opera di un gruppo
anarchico?
Al momento nessuna pista è
esclusa, anche perché nessuno
avrebbe rivendicato l’azione. Il
procuratore capo di Genova,
Michele Di Lecce, dice: «Non c’è
alcuna rivendicazione. Nei
prossimi giorni apriremo un fascicolo per danneggiamento.
Ma le indagini sono a tutto campo. Non escludiamo alcuna ipotesi». Ma in molti, tra gli inquirenti pensano al movimento
anarco-insurrezionalista che a
Genova, ogni tanto manda segnali di attività, come 10 anni fa
quando venne distrutta una cabina elettrica.
Un aiuto potrebbe arrivare
dalle telecamere piazzate nella
zona. La Procura ha sequestrato
le immagini riprese da una di
queste, quelle del Coa, il Centro
operativo automatizzato del
Comune, che hanno ripreso il
momento dell’esplosione avvenuta.
Gli inquirenti analizzeranno
le immagini anche dei giorni
precedenti, almeno fino al momento dell’ultimo svuotamento
della campana. «Nei prossimi
giorni – ha spiegato il procuratore capo – apriremo un fascicolo per danneggiamento. Ma le
indagini sono a tutto campo.
Non escludiamo alcuna ipotesi». 1