Evoluzione e finalità della politica di tutela dei consumatori

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Evoluzione e finalità della politica di tutela dei consumatori
Evoluzione e finalità della politica di tutela
dei consumatori
E. Toti
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Le maggior parte delle politiche rivolte al mercato perseguono l’obiettivo di massimizzare il benessere dei consumatori. La politica della concorrenza favorisce la competizione delle imprese, contiene
i prezzi e cerca di migliorare la qualità dell’offerta mentre la politica di tutela del consumatore, si
prefigge lo scopo di rendere più facile il processo di scelta. Per tale motivo si rende necessaria un’adeguata educazione, informazione, ed una corretta pubblicità, al fine di poter effettuare una scelta
di consumo consapevole ed estranea a qualsiasi forma di condizionamento ingannevole da parte
delle imprese. A partire dall’Atto unico europeo del 1986, gli sforzi della Comunità per realizzare
un elevato livello di protezione dei consumatori, hanno subito un’accelerazione e attraverso azioni
specifiche, la Comunità si è adoperata per assicurare la protezione della salute e degli interessi economici consumatori stessi, come sancito in una modifica all’articolo 153 del Trattato CE (ex articolo
129 A). Questa norma costituisce il riferimento necessario del Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005),
che rafforza a livello nazionale, i diritti dei consumatori e che armonizza e riordina l’intera disciplina
concernente il procedimento che accompagna l’atto di consumo.
Cos’è il Codice del consumo
Il Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005) ha riordinato la normativa posta a tutela del consumatore
ed è frutto del lavoro di una commissione del Ministero dello Sviluppo economico. L’approvazione del Codice, ha rappresentato un fondamento per la tutela dei consumatori italiani riducendo
l’eccessivo numero di norme vigenti nell’ordinamento e assumendo la connotazione di filo conduttore nelle fasi del rapporto di consumo, dalla pubblicità alla corretta informazione, dal contratto alla sicurezza dei prodotti, fino all’accesso alla giustizia e alle associazioni rappresentative di
consumatori.
Nelle disposizioni generali del Codice del consumo viene fatto richiamo all’articolo 153 del Trattato CE e vengono riconosciuti come fondamentali i seguenti diritti dei consumatori: tutela della
salute; sicurezza e qualità dei prodotti; adeguata informazione e corretta pubblicità; educazione al
consumo; correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali; promozione e sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori; erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.
Il soggetto in questa normativa è il consumatore definito come “la persona fisica che agisce per scopi
estranei all’esercizio delle attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” (articolo 3) e, salvo
quanto disposto da questo articolo, emerge inoltre un’altra definizione: “persona fisica o giuridica cui
sono dirette le comunicazioni commerciali o che ne subisce le conseguenze” (articoli 5 e 18). Da queste definizioni di consumatore emerge una connotazione negativa, viene considerato parte “debole” del rapporto contrattuale instaurato con il professionista, viene quindi ritenuto la persona fisica destinataria
di comunicazioni commerciali.
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Nel Codice del consumo sono contenute una serie di norme, a partire dall’educazione del consumatore, all’informazione e alla pubblicità, che sviluppano la disciplina di riferimento comunitaria. Viene fatto riferimento a tutte le attività che, ancor prima della specifica fase dell’informazione
precontrattuale, pongono il consumatore in grado di ottenere una corretta conoscenza del bene da
acquistare. Esempio importante è l’articolo 5, in cui si fa riferimento al fatto che tutte le informazioni
che sono fornite a livello della presentazione dei beni sul mercato, devono essere adeguate alle tecniche di comunicazione impiegate, salvaguardando i diritti di sicurezza, composizione e qualità dei
prodotti. Viene inoltre contemplato il rapporto di consumo, l’oggetto principale del quale è costituito
dalla disciplina del contratto. Alcune regole riguardano, trasversalmente, tutti i contratti, riferendosi
a particolari modalità di circolazione dei beni e dei servizi mentre altre norme si riferiscono a specifici settori. L’articolo 39 introduce per esempio i principi generali di buona fede, di correttezza e
di lealtà e tutte le attività commerciali devono essere improntate a questi criteri; quindi nel caso di
controversia le valutazioni del giudice saranno effettuate sulla base di questi principi. In riferimento
al Codice del consumo, il consumatore è altresì un soggetto del mercato, dove sono presenti una
pluralità di venditori e una massa di compratori. Ciò è importante poiché i venditori sono soggetti
in libera competizione, invece i consumatori si presentano come titolari di bisogni di massa, omogenei e disciplinati in una serie di norme tendenzialmente uniformi. La pluralità delle imprese è una
condizione necessaria per garantire la scelta del consumatore, quindi la concorrenza delle imprese
e le preferenze dei consumatori, sono la duplice faccia dello stesso fenomeno. Ciò comporta anche
il “rischio di scelta”: ulteriore esigenza della consapevolezza che porta ad affrontare il tema dell’informazione, dato che il mercato non è soltanto offerta di beni ma anche, e soprattutto oggi, di dati
che sono suggestivi, emotivi, conoscitivi. Le regole della comunicazione commerciale, si pongono al
centro di questo processo ed è interesse del diritto la tutela dei consumatori nelle loro scelte.
Si può quindi affermare che alla libertà di iniziativa economica, corrisponde la libertà di preferenza e il rischio della scelta della merce. Il Codice del consumo fa riferimento ai processi di acquisto e
di consumo, con fasi che prevedono degli apparati separati di tutela:
- fase della persuasione all’acquisto: si pongono delle regole, dei divieti, degli obblighi, legati alla
necessità di assicurare una corretta informazione del consumatore;
- fase negoziale: cioè quella della stipulazione del contratto, dove si punta a rafforzare la posizione
del soggetto che contrae (il consumatore);
- fruizione del bene, o fase del consumo: in questa fase vengono poste in rilievo tutte le norme che
riguardano anche la responsabilità.
L’attenzione riposta dal legislatore al tema dell’informazione riguardo la difesa del consumatore,
è anche rivolta all’atto della negoziazione (detta anche contrattazione). In questo caso l’attenzione
della tutela del consumatore è legata tanto alla fase della persuasione all’acquisto, in cui avviene la
formazione del consenso, tanto alla fase del contenuto.
Consumatore medio
La nozione di “consumatore medio” è stata elaborata dalla giurisprudenza attraverso la direttiva
2005/29 CE sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Il provvedimento in esame introduce la nozione di consumatore medio “che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici”. Il considerando
18 chiarisce, inoltre, che: “la nozione di consumatore medio non è statistica. Gli organi giurisdizionali e le
autorità nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte
di giustizia per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella fattispecie”.
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Il concetto di “consumatore medio” è frutto di un processo di astrazione, dal momento che i consumatori europei non sono affatto omogenei per gusti, abitudini e preferenze. Inoltre, il consumatore
le cui “capacità” siano inferiori alla media, rischia di rimanere privo di tutela; viceversa, un consumatore più attento rispetto alla media può venir privato di informazioni che potrebbero essere per
lui utili. C’è comunque da aggiungere che la figura di consumatore medio ha consentito di costruire
una armonizzazione del mercato, in quanto ci si è rivolti verso un unico soggetto e non verso una
pluralità di soggetti. Attraverso questo criterio è stato quindi rinvenuto il tipico destinatario del processo di acquisto e vendita, anche se il legislatore comunitario individua anche un secondo gruppo di
consumatori (per esempio sono esplicitamente menzionati i bambini, quali categorie di consumatori
vulnerabili) e particolarmente scorretta sarà dunque ogni pratica commerciale che tenda a sfruttare
le debolezze specifiche di questa particolare categoria di consumatori vulnerabili, traendone illecito
vantaggio.
Protezione del consumatore
Negli ultimi anni il legislatore italiano si è in buona parte adeguato ai livelli europei di tutela del
consumatore, recependo alcune importanti direttive dell’Unione Europea. In Italia sono sempre state
valide alcune norme del codice penale che reprimono i comportamenti fraudolenti, messi in atto da
produttori e commercianti, che risultino dannosi per gli interessi dei consumatori. Nel 1973 viene approvata la Carta europea di protezione dei consumatori, in cui si affermano concetti importanti quali
la responsabilità delle aziende per i danni provocati da prodotti difettosi, la pubblicità ingannevole,
la tutela dei consumatori sulle indicazioni dei prezzi, delle garanzie al consumo e della sicurezza dei
prodotti. Solo in seguito al Trattato di Maastricht, viene previsto per la prima volta un titolo dedicato alla protezione dei consumatori, in cui si prescrive che il consumatore deve avere a disposizione
informazioni chiare (contenuto del prodotto, eventuale tossicità, scadenza, modo d’impiego) che gli
consentano di scegliere il prodotto che meglio si addice alle sue esigenze; che possa pretendere il
risarcimento di danni derivanti da un prodotto non rispondente alla pubblicità e alle informazioni
fornitegli; che possa essere rappresentato, ascoltato ed eventualmente assistito legalmente attraverso
organismi e associazioni aventi come scopo la tutela dei suoi diritti. Solo nel 1998, attraverso la legge
n.281 del 30 luglio, l’ordinamento italiano riconosce i diritti individuali e collettivi dei consumatori.
L’articolo 1 di questa legge afferma che “sono fondamentali i diritti: alla salute; alla sicurezza e alla qualità
dei prodotti e dei servizi; ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; all’educazione al consumo;
alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi; alla promozione e
allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti; all’erogazione
di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza”. Nel 2000 il Parlamento Europeo stabilisce
l’obbligo per i rivenditori di prodotti alimentari, di contrassegnare gli alimenti con un’etichetta che
ne attesti la categoria qualitativa e l’origine di produzione; nel 2005 attraverso il Codice del consumo,
si definiscono i contratti di vendita (anche quelli alimentari) e il concetto di conformità, in quanto il
venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni che siano conformi al contratto di vendita,
cioè deve consegnare ciò che ha promesso. In caso di difformità, oltre ai rimedi tradizionali, quali la
risoluzione del contratto e restituzione del prezzo, oggi è previsto ottenere un nuovo bene, una sostituzione, oppure la riparazione dello stesso (articoli 128-129 e 130 Codice del consumo). Il Codice del
consumo fa riferimento anche ai prodotti difettosi e alla responsabilità del produttore, infatti nell’articolo 114 e seguenti, viene affermato che “il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del
suo prodotto”, mentre all’articolo 102, è prevista una parte relativa alla sicurezza e qualità, allo scopo
di assicurare che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri, ovvero non presentino rischi, oppure
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unicamente rischi minimi, nel contesto di un’elevata tutela della salute e della sicurezza dei consumatori. Tali disposizioni in ogni caso non si applicano ai prodotti alimentari, che sono disciplinati
attraverso il regolamento CE 178/2002.
Il fatto che la giurisprudenza abbia individuato il consumatore come soggetto normalmente capace di discernere le caratteristiche di un prodotto, fa si che alla fine ci sia una presunzione di corrispondenza di tutte le informazioni rese nella comunicazione commerciale, rispetto ad un bagaglio
di conoscenze che il consumatore invece non possiede. Infatti l’analisi casistica dell’Autorità garante
della concorrenza e del mercato, dimostra in termini molto più incisivi, soprattutto quando si parla
di salute e benessere, e comincia a condannare delle forme di comunicazione, anche legate a vanterie,
che non consentono al consumatore di far corrispondere le proprie scelte alle caratteristiche che sono
presentate.
In conclusione si può asserire che la complessità del mercato fa si che i consumatori abbiano anche
ottenuto maggiori difficoltà e responsabilità e non sempre i mercati sono in grado di garantire una
tutela efficace contro le incertezze ed i rischi che i consumatori non possono affrontare singolarmente.
Letture consigliate:
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Regolamento (CE) n.178/2002, del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002.
Regolamento (CE) n. 1924/2006, del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006.
Direttiva 2005/29 CE, del Parlamento europeo e del Consiglio del 11 maggio 2005.
Direttiva 79/112 CEE, del Consiglio del 18 dicembre 1978.
D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, G.U. n. 235, del 8 ottobre 2005.
Legge 30 luglio 1998, n. 281, Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, G.U. n. 189 del
14 agosto 1998.
- Stanzione P. et al. Commentario al codice dei consumo: inquadramento sistematico e prassi applicativa, IPSOA ed., 2006.
- Alpa G. Introduzione al diritto dei consumatori, Laterza, 2006.
- Masini S. Corso di diritto alimentare, Giuffrè ed., 2008.
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