Sergio Lubello, Carolina Stromboli

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Sergio Lubello, Carolina Stromboli
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol I, pp. 55-61
Il Lessico Etimologico Italiano e i germanismi: lavori in corso
Sergio Lubello*, Carolina Stromboli**
*Università di Salerno, **Università di Napoli “Federico II”
Abstract
Questo contributo intende illustrare, nell’ambito del lavoro di redazione dei Germanismi del LEI, qualche problema specifico
pertinente ad alcuni articoli in corso di ultimazione, in particolare: 1. l’it. bordello ‘postribolo’, derivato tramite il francese bordel
dall’antico basso francone *bord ‘asse, pezzo di legno’, che pone alcuni problemi circa l’etimo remoto (si propende per la distinzione
tra l’antico basso francone *bord ‘asse’ e l’antico francone *bord ‘fianco della nave’), la derivazione galloromanza (si è a favore di un
prestito dal francese e non dal provenzale) e l’evoluzione semantica (si interpreta in senso letterale e non traslato l’attestazione
dantesca di Purg. VI, 78); 2. predella, termine tecnico della mascalcia con cui Dante, in Purg. VI, 96, indica ‘una parte del freno del
cavallo costituita da due aste rigidamente collegate da un traversino’; si avanza qui l’ipotesi che predella, in questo significato, derivi
non da uno dei possibili etimi della voce italiana briglia (cfr. per esempio REW 1313) ma dal longobardo *predil ‘assicella’.
Premessa1
Il LEI (Lessico Etimologico Italiano) ha avviato da
tempo la sistemazione del materiale etimologico non
latino a cominciare dalla pubblicazione, a partire dal 2000,
della sezione dedicata agli etimi germanici (diretta da Elda
Morlicchio). I confini dell’elemento germanico nel LEI
sono stati stabiliti escludendo l’inglese (a cui sarà dedicata
una sezione a parte), i derivati da nomi propri (che
confluiscono nel Deonomasticon Italicum diretto da W.
Schweickard) e i francesismi di derivazione germanica
entrati nell’italiano dopo il 1500 (che entreranno a parte
nella sezione dei francesismi); per le voci il cui tramite è
stato il latino carolingio si è scelto di indicare in esponente
tanto il latino medievale quanto l’etimo germanico. La
pubblicazione è arrivata al IV fascicolo (in corso di
stampa), mentre il V già redatto è in revisione e il VI in
fase avanzata di allestimento. Di seguito si prendono in
esame due voci già redatte e in corso di revisione (saranno
pubblicate nel fascicolo VI): bordello e predella. Si
forniscono i risultati della prima fase di lavoro, suscettibili
ancora, fino alla mise en page finale nel LEI, di
aggiustamenti e ultime verifiche.
1. bordello ‘postribolo’
1.1.
Conflitti
etimologici:
coincidenza?
omografia
o
L’italiano bordello ‘postribolo’ è un germanismo
entrato attraverso l’antico francese bordel (quest’ultimo è
attestato in questo significato dal 1200ca., Bodel, TLF 4:
696b, ma in quello originario di ‘piccola capanna’,
diminutivo di borde ‘capanna, tugurio fatto di assi’, dal
1100ca., Rs - 1590, Gdf, FEW 15/1: 188a)2. La forma
francese bordel viene quasi unanimemente fatta risalire
all’antico basso francone *bord ‘asse’ (documentato come
maschile, bordus ‘assicella di legno’, in glosse latine del
X secolo e passato anche al tedesco e all’inglese brothel)
supponendo una forma *borda, plurale neutro con valore
collettivo nel senso di ‘casa fatta di assi’3. La base
francone si collega alla forma gotica (fotu-) baúrd n.
‘banchetto, sgabello per i piedi’ (Feist: 159, s.v. fotubaurd), antico nordico borð (AhDW I: 1267; De Vries:
26), antico inglese, antico frisone, antico sassone bord
(ib.), antico alto tedesco bort ‘tavola, asse’. Per motivi
strettamente cronologici, Corominas non è convinto della
trafila che va dal germanico *bord attraverso il francese
borde/-el all’italiano bordello, dal momento che,
prendendo in considerazione proprio l’area iberica, nel
catalano è documentata una forma borda nel significato di
‘casetta per grano e altre provviste’ già nel 965 (DELCat
2: 102), forma e significato che, del resto, non sono isolati
nella Romània, come conferma, per esempio,
l’attestazione, più tarda ma in tutt’altra area geografica,
del rumeno bordéi pl. ‘capanne’ (1595, Tiktin-Miron 1:
299). Il significato di capanna, quindi, potrebbe essersi già
irradiato nel latino tardo (ma l’attestazione moderna e
isolata del triestino bordel ‘capanna’ sembrerebbe un
francesismo piuttosto che un relitto).
Un’alternativa etimologica al francone *bord è quella
avanzata da Vittore Pisani nel 19554 che fa risalire l’it.
bordello alla stessa base di bagordo, cioè all’antico
francese behorder ‘giostrare, urtarsi delle lance in un
torneo’ (a sua volta dal francone *bihurdan) puntando sul
significato secondario e tardo contenuto nella locuzione
far bordello, ma l’ipotesi, se regge ipotizzando tutta una
serie di passaggi semantici, è poco convicente sul piano
fonetico (il collegamento a bigordo / bagordo è stato
peraltro riproposto anche di recente da Lurati, 2004)5.
Resta invece non definitivamente chiarito, almeno allo
stato attuale della documentazione, il problema
dell’identificazione dell’etimo germanico. In effetti,
un’altra famiglia lessicale di cui fa parte l’it. bordo ‘fianco
della nave’ viene ricondotta all’antico francone *bord
‘bordo di un’imbarcazione’ (cfr. AhDW I: 1267),
collegato all’antico nordico bord dello stesso significato,
testimoniato nell’antico sassone e antico inglese bord, nel
3
1
Il paragrafo 1 è di Sergio Lubello, il paragrafo 2 di Carolina
Stromboli. Per lo scioglimento delle sigle di vocabolari e
repertori lessicografici e delle abbreviazioni si rinvia al
Supplemento bibliografico del LEI (2002). Si indica con TLIO il
Tesoro della Lingua Italiana delle Origini e con corpus OVI la
banca dati.
2
Il MlatW. documenta bordellum ‘lupanare’ in un codice di
Sangallo del XII sec.
Ipotesi, questa, già del Meyer-Lübke e si veda anche quanto
sostiene Wartburg in FEW 15/1: 188.
4
Cfr. DELIN: 234.
5
Secondo Lurati (2004) il passaggio fonetico bagordo, begordo
> baordo > bordo > diminutivo bordello è quanto mai normale,
mentre sul piano semantico parte da bagordo ‘luogo del
disordine’ per arrivare al francese bordel e all’italiano bordello
come ‘luogo del disordine, del malaffare’, da cui si sarebbe poi
estratto borda (cat., fr., prov. ecc.).
Sergio Lubello, Carolina Stromboli
neederlandese boord, nell’antico alto tedesco bort
(DeVries),
brort
‘margine
di
qualcosa’
(GamillschegRomGerm 2: 137). Questa base francone
(*bord ‘bordo di un’imbarcazione’) è distinta e di fatto
solo omografa dell’antico basso francone *bord ‘asse,
trave, pezzo di legno’. Di tale separazione in due etimi
diversi non sono sicuri, in ambito di etimologia
germanica, né il Kluge-Seebold (s.v. bord-2) né l’AhdWb
(I: 1267, s.v. bort ‘asse, asse della nave’) che non
escludono un qualche collegamento fra le due basi (data la
vicinanza semantica e metonimica tra ‘asse’ e ‘bordo dello
stesso’).
Così, mentre da una parte Lloyd-Springer (II: 249-251)
in modo netto ritiene che i due etimi (bort-1 ‘bordo’ e bort2
‘asse’) non vadano separati e che forse nella antica
lingua dei marinai un antico germanico *bord possa aver
avuto molto presto tanto il significato di ‘asse della nave’
quanto quello di ‘bordo della nave’, dall’altra la tradizione
etimologica di area romanza dal Diez al REW (1215 e
1216)6 propone invece con più decisione una distinzione
in due etimi.
Questa’ultima tradizione viene proseguita nel LEI, che
considera, sulla base delle attestazioni antiche e della
cronologia della documentazione, da una parte un etimo
antico basso francone *bord ‘asse’ che attraverso il
francese bordel è alla base dell’italiano bordello, dall’altra
una più complessa articolazione in due successivi strati
germanici: uno strato anteriore *bordjan/*borda
(>*bordire ‘bordare’), da cui deriverebbero le più antiche
attestazioni italiane per lo più di area toscana (le prime,
nel significato di ‘bordato, specie di tela’, sono quelle
pratesi di bordio del 1247, di panno bordio di lino del
1275 e quella senese chapezzale di bordo del 1298)7 e uno
strato successivo, antico francone *bord ‘bordo, lato’ a cui
si riconduce la famiglia dell’it. bordo, bordare,
abbordare, ecc. di nuovo attraverso un’intermediazione
galloromanza, giacché la cronologia delle forme romanze
consente di individuare il nucleo d’irradiazione nell’antico
francese bord (de la nef) ‘fianco di una nave’ (1121ca,
SBrendan, TLF 4: 694a), entrato nel Trecento
nell’italoromanzo e nel portoghese (bordo, DELP 1:
450a), nel Quattrocento nello spagnolo (bordo, 1474,
G.deSegovia, DME 1: 539a) e solo molto più tardi nel
catalano (bord, 1803, DELCat 2: 101).
1.2.
Dalla Francia all’Europa
L’it. bordello ‘postribolo’ è documentabile negli
antichi volgari italiani a partire dalla metà del Duecento:
secondo il TLF (4: 696b) il prestito italiano potrebbe
provenire tanto dal francese quanto dal provenzale, ma la
documentazione, in particolare l’attestazione, tra le prime,
del Tesoretto di Brunetto Latini, depone a favore della
prima ipotesi, tanto più che la forma del sud della
Galloromania (occitanico bordell) nel significato traslato
di ‘postribolo’ è da considerarsi irradiazione del francese
piuttosto che sviluppo semantico autonomo, come pensa
invece il TLF.
Nel Duecento, probabilmente con le Crociate, l’antico
francese bordel, da poco evolutosi dal significato
‘capanna di assi, casa modesta’ a ‘casa di malaffare,
postribolo’ (1200ca.), si espande e raggiunge la Romània
meridionale, come rivelano l’antico occitanico bordelh
(Manosque 1235, cart 63, PfisterMat), bordel (ante 1272,
PCard, Rn 2: 238), l’antico catalano bordell (XIII sec.,
Llull, DCVE 2: 586) e, nella stessa epoca, l’italiano
antico, le cui attestazioni più significative per la datazione
e per la distribuzione geolinguistica sono:
-
lat.mediev.lig. (bordellus, Savona 1250)
lat.mediev.bol. (bordellus, 1288)
pad.a. (1255, Esercizi scolastici veneto-latini)
sen.a. (metà circa del sec. XIII, in Ruggieri Apugliese)
tosc.a. (1268 ca., AlbBresciaVolgAndrGrosseto)
fior.a. (dal 1274, Tesoretto di Brunetto Latini;
Novellino; Fiore; Dante, Purg.)
- roman.a. vordello (fine del sec. XIII, MiracoleRoma;
StorieTroiaRomaVolg).
L’irradiazione del francesismo continua poi nel
Trecento raggiungendo lo spagnolo (burdel nel sec. XIV,
DCECH 1: 697) e anche fuori dall’area romanza, come si
desume dal prestito di ritorno già nella seconda metà del
XIV secolo nel medio alto tedesco Bordell
(DtFremdWörterbuch: 439). Quest’ultimo, secondo il
Kluge-Seebold: 126, sarebbe arrivato tramite il
neederlandese medio bordeel, francesismo stando al
suffisso diminutivo -el romanzo e non germanico (cfr.
WbNedTal, III/1: 526-527).
Le aree romanze più periferiche hanno conosciuto il
termine solo tra Sei- e Settecento, come rivelano la forma
seicentesca del portoghese bordel (DELP 1: 450) e quella
settecentesca del rumeno bordél (1703, Tiktin-Miron 1:
299). All’interno di questi itinerari di parole tra le lingue
europee, il LEI evidenzia anche altri debiti con il mondo
galloromanzo per quanto riguarda alcuni derivati.
Dal francese, infatti, già nel Trecento passano
all’italiano due altri prestiti: il fiorentino bordellieri m.pl.
‘frequentatori di bordelli (o tenutari di bordello)’ attestato
nell’Ottimo commento della Divina Commedia (1334ca.,
mentre molto più tarda è l’attestazione italiana di
bordelliere, dal 1837, Tommaseo) che deriverebbe
direttamente dal francese bordelier (1204, FEW 15/1:
188b; bordelière nel sec. XIII, ib.)8 e il verbo assoluto,
anche fiorentino, bordellare ‘stare in un bordello,
prostituirsi; frequentare i bordelli’ attestato nella Cronica
del Velluti (ante 1370, TLIO) dal verbo francese bordeler
‘frequentare i bordelli’ (sec. XIII - Oud 1660, ib.). Resta il
dubbio legittimo, anche se le date sono chiare, che possa
trattarsi di formazioni autoctone nell’italiano come pensa
Cella (2003: 347) tanto per bordellare quanto per
bordelliere, alla pari di bordelai m.pl. ‘tenutari di bordelli’
attestato nel Fiore (CXXIV, 11)9.
8
6
Al franco *bord ‘tavola’ anche Castellani (2000: 130)
riconduce il francesismo italiano bordello.
7
I dati del TLIO sono integrati con quelli del corpus OVI.
Propende per il francesismo piuttosto che per formazione
autonoma anche Hope (1971: 86).
9
Oppure la forma bordelai del Fiore potrebbe essere interpretata
come calco morfo-fonematico dal fr. bordelier con cambio di
suffisso, come pensa Moroldo: 138.
Il Lessico Etimologico Italiano e i germanismi
1.3.
Significati propri e traslati. Una proposta
per Purg. VI, 78
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
(Purg. VI, 76-78)
L’attestazione dantesca di bordello contenuta nella
celebre invettiva del VI canto del Purgatorio è tra le più
antiche in italiano, preceduta, in versi, solo da quelle del
senese Ruggieri Apugliese e del Tesoretto di Brunetto
Latini. Il verso 78 del Purgatorio, in riferimento alla stato
di decadenza in cui è precipitata l’Italia, è comunemente
parafrasato ‘non più signora dei popoli, ma luogo pieno di
corruzione’. Di tale significato traslato di bordello il passo
dantesco sarebbe, nei repertori lessicografici (da B al
TLIO) la prima attestazione. Riesaminando la
documentazione antica, finalmente disponibile ‘per intero’
grazie al TLIO (già analizzato in Cella 2003: 346-347 e
integrato con il corpus OVI) e prestando attenzione alle
chiose dei primi commentatori, l’occorrenza dantesca
sarebbe invece più opportunamente da glossare con il
significato proprio, quello di ‘postribolo’, piuttosto che
con uno spostamento semantico, tanto più che il termine è
parola ‘nuova’ e relativamente recente all’epoca di Dante,
usata anche, nel senso proprio, nel limitrofo Fiore (in
CCXXII 7, nella locuzione i’ le farò tener bordello). Il
quadro completo della documentazione antica consente
peraltro di sgombrare il campo da qualche ipotesi
peregrina e stravagante, come quella di Leonetti (1950)
che ha tentato addirittura di recuperare, in modo poco
persuasivo, il significato etimologico di ‘capanna’ per
glossare il verso dantesco (si veda la nota di Freya
Anceschi in EncDant s.v. bordello).
All’esegesi sono di ausilio due importanti commenti
antichi, quello dell’Ottimo (erroneamente citato in B sotto
il significato traslato) che glossa così il passo dantesco:
«Siete come quelle che stanno nel bordello, le quali solo
alla lucrativa hanno lo intelletto, e d’ogni vergogna in sé si
truovano prive. E nota che ’l testo, come è detto, esclama
contra luogo per grazia del locato», e quello
quattrocentesco del Landino che chiosa il termine «Ma
bordello!: ma meretrice. Puose il luogo per chi l’abita»,
spiegazione, questa del Landino, molto interessante e
suggestiva perché è la prima di una linea di
interpretazione, sia pure minoritaria, che ha riscosso fino
ad oggi i consensi di autorevoli dantisti, da Singleton a
Porena (e si veda anche il recente commento nell’edizione
mondadoriana del 1994 nei Meridiani) e che si spinge a
interpretare bordello, in sintonia con certa crudezza del
realismo dantesco, metonimicamente come ‘meretrice’ in
contrapposizione a donna di provincie. D’altra parte, se
sono le leggi iustinianee a costituire l’autorevole modello
che veicola la domina provinciarum, non meno autorevole
fonte è quella delle sacre scritture che adoperano
l’immagine della meretrice nel paragone di città e nazioni,
per es. in Is., I, 21: «Quomodo facta est meretrix, civitas
fidelis, plena iudicii?» (e inoltre Ier. 2,20; Ez., 16,16;
Apoc. 17,1-3), senza dimenticare che il termine compare
proprio esplicito nel Convivio, I, ix, 5: «l’hanno fatta di
donna meretrice». E d’altro canto, il campo semantico del
bordello e della prostituzione è ben usato da Dante, come
giustamente ricorda Mazzoni nel suo commento, qualche
canto più avanti, in Purg., XXXII, ai vv. 148-60 (in
particolare nella puttana sciolta del v. 149 che
simboleggia la curia papale dei tempi di Dante, quella di
Bonifacio VIII e di Clemente V) con richiamo e
suggestione della gran meretrice dell’Apocalisse, XVII, 15; né va dimenticato, per restare nello stesso dominio, il
puttaneggiar coi regi del v. 108 di Inferno, XIX (sempre
riferito alla magna meretrix, alla chiesa corrotta).
Nel tono forte dell’invettiva e all’insegna di un
realismo che spesso caratterizza il lessico dantesco della
Commedia, sembra più pertinente a spiegare bordello il
significato
proprio
di
‘postribolo’
in
netta
contrapposizione alla donna di provincie, o di ‘meretrice’
per mantenere il parallelo con donna (potrebbe trattarsi
anche di un’espressione non rara con genitivo aggiogato e
quindi in modo ellittico si potrebbe leggere, con una
doppia possibilità: ‘non più signora delle province ma
donna di bordello’ oppure ‘non più signora delle province
ma meretrice delle province’). E se, al limite, si continua a
propendere per la glossa tradizionale, come quella del
noto commento di Natalino Sapegno, ‘nido di corruzione’,
sarebbe opportuno sottolineare il significato precipuo del
bordello ‘postribolo’ e cioè quello della compravendita,
come emerge chiaramente dalla chiosa di Isidoro Del
Lungo («in quanto la cosa pubblica non sia governata
secondo diritto ma si offra e si dia a chi la vuole»).
Tornando alla documentazione, non è un caso che nel
TLIO siano poche e successive le attestazioni del
significato traslato ‘luogo di corruzione’, non prima del
quarto decennio del Trecento, a partire dal trevigiano
Niccolò de’ Rossi («tu se’ de vicii un enorme bordello») al
volgarizzamento di Sant’Agostino («chi vuole essere
bordello delli molti iddii») fino al significato di ‘luogo
molto frequentato’, vivo ancora oggi, nella Cronaca
aquilana di Buccio di Ranallo («Tante some ne uscevano
che parea un bordello!»).
Nel francese l’uso traslato si riscontra molto più tardi,
non prima dell’Ottocento, e perciò non si può escludere un
diretto influsso italiano e che quindi, per chiudere il
percorso della migrazione del termine, si tratti di un calco
semantico, questa volta, però, cavallo di ritorno nel
francese.
2. predella ‘parte del freno del cavallo’
2.1. «Poi che ponesti mano alla predella»
Nei celebri vv. 91-96 del canto VI del Purgatorio si
legge:
(1) Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se ben intendi ciò che Dio ti nota,
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.
Il passo potrebbe parafrasarsi in questo modo: ‘ahi
gente del clero, che dovresti essere devota, cioè dedita
solo alle cose spirituali, e lasciare che sia l’imperatore a
Sergio Lubello, Carolina Stromboli
sedere sulla sella, cioè a guidare l’Italia, se ben intendi il
volere di Dio, guarda come questa fiera, l’Italia, è
diventata recalcitrante, riottosa, per non essere corretta
con gli sproni di un cavaliere (l’imperatore), da quando tu
conduci il cavallo camminandogli al fianco e tenendolo
per la predella, cioè da quando eserciti il potere temporale
sull’Italia’. Il clero dunque conduce il cavallo a mano e in
tal modo non riesce a controllarlo efficacemente, perché
bisognerebbe montargli in sella e guidarlo con fermezza,
ma di questo è capace solo l’imperatore. La voce predella
come termine connesso ai finimenti del cavallo, oltre che
nel passo dantesco, ha scarsissime attestazioni. La prima è
in un documento fiorentino del 1312, reperibile nel corpus
OVI:
(2) e dè dare, dì 9 febraio decto, per raconciatura di
quattro freni et per due predelle et per un paio di
rendini s. otto d. due tornesi piccoli (A Sapori, La
compagnia dei Frescobaldi in Inghilterra)
Si segnala inoltre un’occorrenza in un passo della
Mascalcia di Dino di Piero Dini (1353-1359):
(3) poi che ’l puledro è alquanto rassicurato gli si debbe
mettere in bocca un freno a cannello senza altro camo,
con la predella bene disardita (Dino Dini, Mascalcia,
B s.v. predella2)
Predella come elemento connesso ai finimenti del
cavallo è poi nel commento dantesco del Buti10 (13851395). Infine, un’attestazione di predella è presente in un
trattatello di mascalcia pseudoaristotelico, intitolato
Dottrina quando vai a vedere cavalli per comperare, sotto
la rubrica Degli occhi, tramandatoci in codici del sec. XV
o poco prima11:
(5) Cesare tornò pur troppo, e questa volta pose da vero
mano alla predella e inforcò la polledra selvaggia:
Dante poteva esser contento, l’idea ghibellina aveva
trionfato (G. Carducci, B s.v. predella2)
Nel commento di Jacopo della Lana (1328)12 e
nell’Ottimo (ante 1334)13 si dà invece un’errata
interpretazione di predella, come derivato dal latino
14
PRAEDIUM ‘possesso, dominio’ .
A parte questi fraintendimenti15, c’è concordanza,
presso commentatori, antichi e moderni, e lessicografi, nel
ritenere la predella dantesca una parte dei finimenti della
testa del cavallo. Varie sono state invece le spiegazioni
proposte su che cosa tale predella fosse effettivamente.
Per una rassegna sulle definizioni di predella che si sono
susseguite nel tempo rimando al saggio di Arquint (2004).
Sul significato della voce la Arquint ha ormai
sgombrato il campo da ogni dubbio: la predella era una
parte del freno medioevale, in uso dall’anno Mille fino al
XIV secolo e sostanzialmente diverso rispetto al sistema
moderno, costituita da due aste metalliche unite da un
traversino e collegate da un lato con le redini, dall’altro
con il morso nella bocca del cavallo; «in tal modo la
predella pendeva verticalmente quando le redini erano
sciolte, e […] costituiva un modo comodo e funzionale
per condurre a piedi il cavallo» (Montuori 2005: 200).
Resta
invece
ancora
aperta
la
questione
dell’etimologia di predella nel significato appena dato.
L’opinione corrente (cfr. REW 1313) è che predella come
parte del freno del cavallo abbia lo stesso etimo della voce
italiana briglia. In questo lavoro invece, riprendendo
un’indicazione presente in Salvioni,RIL 4916, si avanza
l’ipotesi che la predella dantesca derivi dal longobardo
12
(4) E quanto l’hai così procurato delle sopradette cose, e
tu lo piglia per la predella del freno, e ragguardalo
negli occhi, prima l’uno e poi l’altro (PseudoAristotele, Dottrina, citato in Arquint 2004: 12)
Per quanto riguarda le attestazioni recenti, c’è da
segnalare solo l’esplicita ripresa, da parte del Carducci,
della locuzione dantesca, nel passo seguente:
10
«Poi che ponesti mano a la predella; cioè poi che accettasti lo
imperio e pilliasti la signoria; e seguita la figura del cavallo:
predella è parte del freno dove si tiene la mano quando si
cavalca; cioè poi che ponesti mano al freno, che abbandoni; cioè
lo quale abbandoni» (FrButi II: 137).
11
L’attestazione è segnalata per la prima volta da Giulio
Ottonelli nelle Annotazioni sopra il vocabolario degli
Accademici della Crusca del 1698: la predella viene qui
identificata con la sguancia. Dei cinque testimoni che ci
tramandano lo Pseudo-Aristotele, solo uno legge predella, il ms.
Landau 127 della Biblioteca Nazionale di Firenze (c. 11r); per il
resto, uno ha una lacuna meccanica (Fiorentino II.IV.225),
mentre negli altri si legge rispettivamente padella (Palatino 533,
c. 5v), prendella (Riccardiano 2216, c. 82v) e pdella, con
abbreviazione di dubbio scioglimento, cioè un punto sopra la p
(Estense α.P.6.20, c. 77r); per queste notizie cfr. Arquint (2004);
per i manoscritti e per i problemi relativi all’edizione critica del
trattato cfr. Coco (2001).
«po’ che ponisti mano a la predella. ‘Predella’ s’intende da
questo nome: «predium, predii», che è la possessione, o ver villa,
o ver campo. Sí che dice l’A.: ‘poiché tu ... ponisti mano ... alle
toe possessioni e lasastilo vignire a reggere Italia è fatta cussí
fella’» (JacLana, TLIO).
13
«e questo è avvenuto, poscia che tu ponesti mano alla
predella. Predella discende da quello nome praedium praedii,
che è la possessione, o vero villa, o vero campo; sì che dice
l’Autore: poscia che tu, Alberto, ponesti mano alla predella, cioè
alle tue possessioni, e lasciasti il venire a reggere Italia, ella è
così fatta fella» (Ottimo, TLIO).
14
In verità, però, già «un più accorto glossatore», in due
testimoni del commento del Lana, aveva glossato predella come
«bactitoio del freno» (nel Magliabechiano VII.156) e come «’l
saludar del freno del cavallo» (nel Riccardiano 1005; cfr.
Scartabelli, 1866: II: 71; su queste definizioni vd. Arquint, 2004).
15
Si veda anche l’interferenza con predella ‘sgabello’ nella
spiegazione fornita da Giovanni da Serravalle: «postquam
posuisti manum ad scabellum, scilicet imperialem: idest
postquam tu es imperator, et vis habere nomen sedendi in
scabello imperiali, cur non regis sicut regere deberes, ex quo tu
posuisti te ad gubernium?» (Fratris Iohannis de Serravalle
translatio et comentum Dantis Aldigherii, cum texto italico
fratris Bartholomaei a Colle. Prato, ex officina libraria Giachetti,
filii et soc, 1891).
16
«Se il dantesco predella, REW 1313, è giustamente
interpretato come ‘la parte del freno cui s’appoggia la mano nel
condurre il cavallo’ potremo anche pensare all’altro predella»
(Salvioni, RIL 49: 41).
Il Lessico Etimologico Italiano e i germanismi
*predil ‘assicella’, che è l’etimo della voce italiana
predella ‘sgabello, panca; asse, pezzo di legno’.
2.2. L’etimologia di predella ‘sgabello; asse di
legno’
Per l’etimologia della voce predella ‘sgabello; asse di
legno’ Pfister (IncontriLing 7) ricostruisce tre strati17:
- uno strato gotico *bridilo ‘assicella’ (diminutivo di brid
‘asse’) all’origine delle forme con br- diffuse soprattutto
nei dialetti settentrionali;
- uno strato longobardo anteriore *predil, con bilabiale
sorda iniziale e con dentale sonora intervocalica,
all’origine delle forme predella (dal 1290) e prédola (dal
XIV secolo);
- uno strato longobardo posteriore *pretil, forse
caratteristico del ducato di Benevento, come mostra
l’odierna diffusione delle forme con la dentale sorda nei
dialetti abruzzesi e centro-meridionali.
La prima attestazione con bilabiale sonora iniziale è il
milanese antico bradella ‘piccola pedana su cui
appoggiare i piedi o sedersi; sgabello’, che risale al 1495
(IstrumDivisione,SforzaViscontiCittadella, MSI 4: 474);
la voce, nella forma bredella è attestata però già quasi tre
secoli prima nel latino medievale novarese (1212,
HubschmidMat).
Le forme con br- e suffisso -ella/-ela, anche
metatetiche (il tipo bardela), sono documentate nelle
varietà dialettali settentrionali, soprattutto occidentali
(ligure, piemontese, ticinese, lombardo, emiliano
occidentale). In lombardo alpino, veneto e friulano si
trova inoltre il tipo con suffisso Žula (bredola), che è
presente anche in occitanico (sec. XV, Floretus, Lv:
163b).
Il FEW considera la forma occitanica un prestito
dall’Italia settentrionale; di parere diverso è invece Pfister
(IncontriLing 7: 134-135), che scrive: «un prestito
dall’ital.sett. supporrebbe l’esistenza del tipo bredola nella
zona confinante, cioè nel Piemonte e nel ligure, dove
invece non si trova»; dunque, secondo Pfister, non è
necessario postulare un etimo longobardo *bredil, come
pure è stato proposto18, «perché la concordanza con
l’occitanico parla a favore di un germanismo gotico» (ib.).
I significati attestati nei dialetti per i tipi bredella e
bredola sono: ‘sgabello, panca’, anche nelle accezioni
‘panca della chiesa’ e ‘sgabello per mungere’; ‘pezzo di
legno’; ‘asse per lavare i panni’.
La prima attestazione di predella dal longobardo
*predil ‘assicella’ risale al 1290 ed è in un documento
fiorentino reperibile nella banca dati del TLIO (Registro
di Entrata e Uscita di Santa Maria di Cafaggio (REU),
1286-1290). La voce è presente in tre contesti:
(1) It. tracti, dì xxj di gennaio in iiij assi d’abete e in
xxvij predelle
17
Cfr. anche SabatiniRiflessi: 97, secondo cui le attestazioni
dialettali presuppongono «almeno una triplice forma della base
longobarda, in relazione a fasi successive nella mutazione
consonantica». Vd. anche Castellani (2000: 78-79).
18
Cfr. per esempio, Sabatini Riflessi: 97; Pellegrini (1969: 255).
(2) It. tracti in due regoli per gli appogiatoi de le
predelle, dì xxv di gennaio, s. j e d. vij
(3) It. tracti, dì viij di febraio per una predella e per uno
chiavaccio e cc bolle stagnate, s. xiiij e d. ij
Le occorrenze trecentesche sono tutte in testi toscani e
il primo significato attestato sembra essere quello di
‘piccola pedana su cui poggiare i piedi o sedersi;
sgabello’.
All’inizio del ’300 risalgono le prime attestazioni della
voce nelle accezioni ‘tavola rettangolare, divisa in più
riquadri, con scene attinenti al soggetto principale, che
costituisce la base inferiore di un polittico o di una pala
d’altare’ (dal 1302, senese antico, es. 4) e ‘gradino
superiore dell’altare’ (dal 1325, senese antico, es. 5):
(4) Ancho XLVIIJ libre al maestro Duccio dipegnitore per
suo salario di una tavola o vero Maestà che fecie et
una predella che si posero nell’altare ne la Casa de’
Nove (Documenti senesi del 1302-1360, corpus OVI)
(5) due predelle da altare (Inventari di tutte le cose e
masserizie de la Compagnia dei Disciplinati, corpus
OVI)
Il significato tecnico di ‘parte di una pala d’altare’,
ancora oggi vitale, è entrato poi come prestito nel francese
(dal 1855, TLF 13: 1030b).
Più tarda è la prima attestazione di predella nel
significato, che è quello oggi più diffuso, di ‘bassa
piattaforma di legno, pedana usata come sostegno di un
mobile’: la forma è documentata nel 1647 in Birago (es.
6), e poi a partire dal 1841 (D’Azeglio, es. 7):
(6) Entrati nella sala dove stava sua Maestà, si alzò dalla
sedia dove stava e, uscita di sotto il baldacchino, venne
fin alla sponda del tappeto che copriva una bassa
predella (G.B. Birago, Istoria della disunione del
regno di Portogallo della Corona di Castiglia, B)
(7) Il letto sorgeva su una predella che correva intorno alta
un palmo dal pavimento (D’Azeglio, Niccolò de’ Lapi,
vol. I, B)
Seicentesca è anche la prima segnalazione di predella
come ‘struttura costituita da uno o più gradini, di cui sono
fornite vetture ferroviarie, tranviarie o sim., per facilitare
la salita o la discesa’, documentata per la prima volta nel
vocabolario di Veneroni (1681). In questa accezione a
partire dall’inizio del ’700 si usa anche il derivato
maschile predellino (dal 1704, Spadafora). Predella in
quest’ultimo significato e predellino inizialmente
indicavano probabilmente un oggetto in legno (il gradino
di accesso ad una carrozza), ma poi passano a definire un
oggetto sicuramente metallico.
Dal longobardo *predil, oltre alla voce predella,
deriva anche la forma con suffisso Žula, attestata solo nei
dialetti. Trecentesca è la predola del’altare, per indicare il
gradino superiore dell’altare, nel volgare di Città di
Castello (seconda metà del XIV secolo, Capitolo dei
disciplinati di Santa Caterina, corpus OVI), mentre risale
alla seconda metà del secolo l’attestazione pisana del
plurale predule ‘piccolo sgabello a tre gambe e senza
spalliera’ (nei RicordiMiliadussoBaldiccioneBonaini: 44).
Sergio Lubello, Carolina Stromboli
Il tipo in Žula è frequente soprattutto nei dialetti
centro-meridionali, in particolare in Abruzzo e Molise, ma
anche in Calabria (cfr. DAM, NDC e AIS cc. 898, 1196),
in genere con il significato di ‘piccolo sgabello di legno’,
anche nell’accezione di ‘sgabello usato per mungere’.
In Abruzzo e in zone limitrofe è presente anche il tipo
prètola, con dentale sorda intervocalica; il significato più
diffuso è ancora una volta quello di ‘piccolo sgabello’, ma
è documentato anche quello di ‘asse per lavare i panni’19.
È possibile, scrive Pfister, «che questo mutamento d > t
negli Abruzzi sia caratteristico per il ducato di
Benevento» (Pfister,IncontriLing 7: 135); egli ipotizza
dunque che vi sia stato un secondo strato longobardo,
posteriore alla seconda rotazione consonantica20.
Riassumendo, dunque, la forma italiana predella si
irradia dalla Toscana; solo dialettale è invece il tipo
prèdola. I significati documentati dalle fonti e dai
vocabolari sono tutti coerenti con uno sviluppo dal
significato originario ‘assicella’. I significati più diffusi
sono ‘sgabello’, ‘asse’, ‘gradino’, ‘pezzo di legno’, ma
non mancano casi in cui le forme in questione designano
oggetti in metallo. Mentre le forme con b- iniziale,
derivate dal gotico *bridilo, sono attestate, oltre che
nell’Italia settentrionale, anche in provenzale, in friulano e
in valdostano, le forme con sorda iniziale, come sempre
nel caso dei longobardismi, mancano nelle altre lingue
romanze (cfr. GamillschegRomGerm 2: 135).
2.3. L’etimologia di briglia ‘rèdine’
In italiano la voce briglia indica ‘ciascuna delle due
rèdini che si attaccano al morso del cavallo’, ma anche,
per metonimia, soprattutto al plurale, ‘l’insieme dei
finimenti con cui si guida il cavallo (testiera, morso,
rèdini)’. La prima attestazione della voce in area italiana è
del 1339 in un documento pistoiese, in cui si legge: «una
briglia per la mula» (Quaderno dei conti del Capitano
Jacopo di Francesco del Bene, TLIO). Di poco posteriori
(ante 1348) sono due attestazione fiorentine nella Nuova
Cronica di Giovanni Villani. La voce, nella forma brilla, è
documentata pochi anni prima in latino medioevale, nel
Codex Comanicus, glossario latino – persiano – cumano
databile attorno al 1330 (il testo sarebbe stato scritto verso
il 1324-1325)21. Il tipo briglia è attestato in tutte le varietà
19
Da segnalare, sempre in Abruzzo, anche il tipo f. p r é s ž l ž ,
m. p r é s ž l ž , con influsso di presa.
20
Nel passato si riteneva che il gotico non avesse preso parte alla
seconda rotazione consonantica, mentre il longobardo sì. Studi
successivi hanno corretto questa semplificazione, mostrando
«che b è reso nel longobardo con b o con p, g con g o con k e d
con d o con t» (Pfister, 1986: 43), e che dunque sono ipotizzabili
due fasi, una fase longobarda più arcaica, senza la seconda
mutazione consonantica, e una fase successiva, o longobardo
posteriore (forse dal VII secolo), con mutazione consonantica
(ivi: 44). Naturalmente i tratti fonetici della seconda mutazione
consonantica, per esempio l’alternanza -d-/-t-, come nel caso di
*predil/*pretil, o l’alternanza gotico br-/longobardo pr«possono essere usati per la differenziazione dei vari livelli del
superstrato germanico solo quando sono accompagnati da
riflessioni di geografia linguistica» (Pfister,IncontriLing 7: 138).
21
Sul Codex comanicus cfr. l’edizione critica di Drimba (2000)
(brilla è a p. 103); devo l’informazione ad A. Cascone, di cui cfr.
dialettali italiane; in alcune aree settentrionali (Piemonte
orientale, Ticino, Trentino) predomina la forma bria.
Piuttosto controversa è la questione dell’etimologia di
briglia. Tre sono le ipotesi etimologiche correnti22:
- l’etimo di briglia è l’antico alto tedesco brittil, anche se
«wie sich it. briglia, venez. bria, crem. brea, bologn.
braya, mallork. brilla dazu verhalten, ist nicht klar»
(REW 1313);
- briglia risale ad una voce gotica ricostruita *brigdil (cfr.
FEW 15/1: 284; GamillschegRomGerm 2: 18; DELIN:
248);
- la forma briglia è una ricostruzione ipercorretta dei
settentrionali brida, bria, di origine galloromanza (cfr.
D’Ovidio,AGI 13: 405; VSI 2: 942a; Castellani 2000: 85,
n. 157); il francese bride, attestato dal 1200 ca., è entrato
come prestito anche nelle altre lingue romanze: in
provenzale (sec. XV, Rn: 259a), catalano (1363, DELCat
2: 232a), spagnolo (1460, DCECH 1 : 519a), portoghese
(sec. XV, DELP 1: 406b).
2.4. Conclusioni:
dantesca
l’etimologia
della
predella
Ritorniamo ora al problema etimologico che ci siamo
posti all’inizio: la predella dantesca deriva da uno dei
possibili etimi della voce briglia, o ha la stessa base
etimologica della parola predella ‘asse di legno’?
La predella dantesca, come ha chiarito Arquint (2004:
59) va identificata con quella «coppia di aste collegate ad
un traversino che, unite al morso, costituiscono il freno»,
ed è dunque un oggetto metallico. La scarsità di
attestazioni di predella come termine tecnico per riferirsi
ad una parte del freno medioevale per la quale si può
condurre a mano un cavallo (appena tre, oltre a quella
dantesca, cfr. § 2.1.), di contro alla diffusione di predella
come ‘asse di legno’ (§ 2.2.), ci portano a concludere che
la predella dantesca sia una specializzazione semantica di
predella < longobardo *predil ‘assicella’. Anche la forma
della predella medioevale (due aste collegate da un
traversino) sembra coerente con questa proposta
etimologica.
3. Riferimenti
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Studio sui freni dei cavalli ai tempi di Dante. Studi di
filologia italiana, LXII, pp. 5-90.
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italiana. Introduzione. Bologna: Il Mulino.
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(dalle origini alla fine del sec. XIV). Firenze: Presso
l’Accademia.
Coco, A. (2001). Problemi di ricostruzione e di edizione
del testo in un’opera di veterinaria medioevale: il
trattato di mascalcia dello Pseudo-Aristotele. In R.
Gualdo (a cura di), Le parole della scienza. Scritture
tecniche e scientifiche in volgare (sec. XIII-XIV). Atti
il saggio in stampa Il latino del Codex Comanicus. Prospettive di
ricerca.
22
Si veda anche il DEI s.v.: «etimol. incerta, o adattamento tosc.
del sett. bri(d)a o dalla stessa base *brigida con altro suffisso
(*brigula) […]. Da escludere per ragioni fonetiche il m.a.ted.
brittil».
Il Lessico Etimologico Italiano e i germanismi
del Convegno (Lecce, 16-18 aprile 1999). Galatina:
Congedo, pp. 327-339.
Drimba, V. (2000). Codex Comanicus. Édition
diplomatique avec fac-similés. Bucarest: Editura
enciclopedica.
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Languages. A Critical Study of Italianisms in French
and Gallicism in Italian from 1100 to 1900. 2 voll.
Oxford: Blackwell.
Leonetti, A. (1950). Della parola «bordello» nel
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Sprachkontakte in der Romania. Zum 75. Geburtstag
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Montuori, F. (2005). Recensione a Arquint 2004. Rivista
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bolognese, 3 voll. Bologna: Tipografia Regia.
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Napoli: Phoebus.
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bibliografico, a cura di R. Coluccia, A. Cornagliotti, T.
Hohnerlein, A. Lupis, G, Tancke, Wiesbaden: Reichert.