il responsabile del procedimento e l`istruttoria

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il responsabile del procedimento e l`istruttoria
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO E
L’ISTRUTTORIA
SOMMARIO
1 – Il responsabile del procedimento come figura organizzatoria funzionale
alla semplificazione amministrativa
2 – Il “responsabile” regista del procedimento
3 – Le innovazioni disposte con la l. n. 15/2005
4 – Segue: le singole innovazioni
5 – Operatività del principio partecipativo anche nei procedimenti ad istanza
di parte
6 – L’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento nell’art. 7 novellato
7 – Le comunicazioni
8 – Recettizietà dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei
destinatari
9 – Centralità dell’istruttoria
10 – Vincolo della motivazione del provvedimento amministrativo alle
risultanze dell’istruttoria
11 – L’obbligo di motivazione dopo la l. n. 15/2005
12 – Tempestività dell’azione amministrativa e danno da ritardo
13 – La generalità dei principi della l. n. 241/90 riformata e dell’istituto del
responsabile del procedimento
1
I – Il “responsabile” come figura organizzatoria funzionale alla
semplificazione amministrativa.
L’art. 4 della l. n. 241/90 fa obbligo alle pubbliche amministrazioni di
individuare l’unità organizzativa responsabile del procedimento.
L’individuazione è di natura preventiva ed astratta ed implica una
riorganizzazione strutturale tale da indurre all’affermazione che <<la l.
241 spiega irrimediabilmente influenza sull’assetto organizzatorio della
pubblica amministrazione, tanto da far pensare a tale legge, con quel
tanto di velleitarietà che non può guastare, come l’unico tentativo
riuscito, a livello normativo di riforma amministrativa, nei tempi
recenti>> (1).
La Relazione della Commissione Cassese ha identificato la ratio della
disposizione di principio dettata con l’art. 4 nell’esigenza di
<<individuazione
di
un’autorità
che
funga
da
guida
per
il
procedimento[…]gestisca le connessioni tra le fasi[…]dialogando da un
lato con i soggetti privati e dall’altro con gli uffici e organi coinvolti
nell’iter>> (2).
_____________________________________________________________________
(1) Patroni Griffi, La l. 7 agosto 1990 n. 241 a due anni dall’entrata in vigore. Termini e
responsabile del procedimento; partecipazione procedimentale, in. Foro it.1993, III, c. 66.
(2) In Foro it. 1992, III, c. 146.
2
Con l’introduzione nell’ordinamento amministrativo dell’istituto del
responsabile del procedimento il legislatore ha dato un volto alla pubblica
amministrazione (3) ed ha individuato un polo certo di riferimento per il
privato che non può più smarrirsi nell’indistinto amministrativo. Come
osservò il Consiglio di Stato nel parere sul d.d.l. la finalità perseguita dal
legislatore è quella di <<offrire al cittadino interessato un preciso
interlocutore con cui dialogare nel corso del procedimento>> e, d’altro
canto, di <<rendere concreta la responsabilità dei pubblici funzionari,
evitando che questa sfumi nell’ambito dell’apparato o si nasconda dietro
l’autorità di vertice>> (4).
Il responsabile del procedimento entifica, a livello di riorganizzazione
della P.A., le esigenze di semplificazione e di efficienza alle quali la
legge generale sul procedimento si ispira, che segna un’evidente frattura
con il sistema antecedente caratterizzato dalla frammentazione delle
competenze e dall’inesistenza di una guida unitaria della sequenza
procedimentale. Con esso trova attuazione il principio del miglioramento
dei rapporti tra P.A. e privati <<rendendone maggiormente efficace e
partecipata l’azione, giacchè consente agli interessati, attraverso
l’instaurazione del contraddittorio, di partecipare al procedimento sin
dal primo atto dell’istruttoria>> (5).
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(3) Mor, La legge sul procedimento amministrativo nel sistema delle fonti del diritto, in
L’Amministrazione it. 1991, p. 903.
Come è stato rimarcato da Corso, L’attività amministrativa, Torino 1999, p. 94 con la l. 241
sono state rimosse <<l’impersonalità e l’anonimato dell’amministrazione e l’alienazione del
privato che in essa si vede coinvolto>>. Per la giurisprudenza vedasi TAR Friuli-Venezia
Giulia, 5 giugno 1995, n. 540 che rimarca la finalità ispiratrice della riforma realizzata con gli
artt. 4 e ss. della l. 241 di far conoscere ai destinatari dell’azione amministrativa un
interlocutore cui rivolgersi o un soggetto da chiamare a rispondere in caso di lesione delle
proprie ragioni, con l’ulteriore previsione che, in difetto di designazione del responsabile del
procedimento, ne tiene le veci il dirigente dell’unità organizzativa, facilmente individuabile.
(4) Ad. Gen. par. 17 febbraio 1987, n. 7/87.
(5) Scarciglia, Responsabile del procedimento in AA.VV., Atti e procedimenti amministrativi
a cura di Gardini, Scarciglia, Tubertini, Zanasi, Rimini 1997, p. 41.
3
Mancava, prima della l. n. 241, un soggetto che si facesse carico di
portare la sequenza procedimentale al traguardo provvedimentale.
Mancava un soggetto che fosse <<portatore del ruolo che nel processo
civile è affidato al giudice istruttore>> (6). Mancava una figura
organizzatoria funzionale alla semplificazione procedimentale.
La semplificazione voluta dagli artt. 4 e ss. della l. 241 è stata condivisa e
assecondata dalla giurisprudenza e dalla legislazione regionale. Entrambe
hanno sottolineato la necessità che per ogni procedimento sia individuata
un’unica unità organizzativa al fine di rimuovere oggettivamente la
preesistente frammentazione delle competenze e gli inevitabili ritardi ed
inefficienze che ne derivano.
Il Cons. St. ha rimarcato in proposito la necessità che nei regolamenti di
esecuzione degli artt. 2 e 4 l. 241 emerga con chiarezza l’individuazione
per ogni procedimento di una sola unità organizzativa responsabile
dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale e
dell’adozione dell’atto finale (7).
La legge Reg. Sardegna 22.8.1990, n. 40 all’art. 8, comma 3, ha disposto
che <<Per la realizzazione di particolari procedimenti […] che
coinvolgono più uffici o più branche dell’Amministrazione, la Giunta
Regionale […] determina con propria motivata deliberazione – sulla
base del principio della competenza prevalente – la branca
dell’Amministrazione e lo specifico settore responsabile della predetta
realizzazione>>.
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(6) Così Corso-Teresi, Procedimento Amministrativo e Accesso ai Documenti, Rimini, 1991, p.
80, che ascrivono a siffatta lacuna, unitamente alla mancata fissazione di termini di conclusione
del procedimento, il rilievo di <<causa fondamentale dei tempi lunghi dell’azione
amministrativa o, più spesso, del mancato compimento dell’azione stessa>>.
(7)Cons. St. Ad. Gen. 23 febbraio 1995, n. 19.
4
La legislazione successiva, per l’effetto normogenetico delle disposizioni
di principio recate dalla l. n. 241 (effetto dovuto alla sua immediata
contiguità alla Costituzione), ha adottato soluzioni organizzative ispirate
all’unificazione della responsabilità del procedimento, com’è dimostrato
dalla legge Merloni sulle opere e sui lavori pubblici
(l. n. 109/94) che all’art. 7 ha disposto che le amministrazioni
aggiudicatici provvedono alla nomina di un responsabile unico del
procedimento di attuazione di ogni singolo intervento previsto dal
programma triennale dei lavori pubblici, per le fasi della progettazione,
dell’affidamento e dell’esecuzione (8).
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(8)Con l’unica eccezione degli appalti dell’Amministrazione della Difesa, tenuto conto della
struttura gerarchica dei suoi uffici tecnici, sicchè al posto di un unico responsabile del
procedimento è possibile avere tre responsabili, rispettivamente della fase di progettazione,
della fase di affidamento e della fase di esecuzione dell’intervento.
5
II – Il “responsabile” regista del procedimento.
Al responsabile del procedimento, dunque, sono imputate <<l’esatta
scansione dei momenti procedurali e, al limite, le conseguenze di
eventuali ritardi od omissioni>>.
Al suo ruolo <<propulsivo e tutorio>> (9) si ricollegano rilevanti poteri
organizzativi e direttivi della sequenza procedimentale.
L’art. 6 l. 241 inizia (lett. a) con l’attribuire al responsabile del
procedimento il potere-dovere di valutare, ai fini istruttori, le condizioni
di ammissibilità e i requisiti di legittimazione nonchè i presupposti
rilevanti per l’emanazione del provvedimento. Si tratta di verificare la
sussistenza di tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari all’adozione
dell’atto finale; al contrario, nel caso di loro assenza, avrà luogo
l’interruzione della sequenza procedimentale che sfocerà, comunque, in
un atto espresso (art. 2) e motivato (art. 3), avendo, comunque,
l’interessato diritto alla risposta (10).
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(9) Così Alessandrini, Commento all’art. 4 l. 241 in AA.VV., Il procedimento amministrativo,
Padova 1996, p. 41.
(10) Giurisprudenza pacifica. Di recente vedasi TAR Catania, sez. II, n. 24/2004 secondo cui <<è
fatto obbligo all’amministrazione provvedere sulle istanze dei privati che non appaiano
manifestamente infondate>>. Conforme TAR Lecce, n. 1523/2002.
6
Di seguito (lett. b) l’art. 6 attribuisce al responsabile del procedimento il
compito di accertare d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti
necessari, adottando ogni misura necessaria all’adeguato e sollecito
svolgimento dell’istruttoria. Questa disposizione, sulla quale si tornerà in
seguito approfondendo le innovazioni introdotte con la l. n. 15/2005, va
coordinata con quella di cui all’art. 18, secondo comma, secondo cui
qualora l’interessato dichiari che fatti, stati e qualità sono attestati in
documenti già in possesso della stessa amministrazione procedente o di
altra pubblica amministrazione, il responsabile del procedimento
<<provvede d’ufficio all’acquisizione dei documenti stessi o di copia di
essi>>. Ne deriva un capovolgimento dell’antecedente assetto circa la
distribuzione dell’onere della prova tra privato e amministrazione alla
quale vengono trasferiti adempimenti istruttori che prima gravavano sul
privato, attenuandosi il formalismo prima dominante nella maggior parte
dei procedimenti quanto alle <<condizioni di ammissibilità, ai
presupposti, stati e qualità>> (11). Nella prospettiva di attenuare il
formalismo e di migliorare i rapporti tra privati e P.A. è stato pure
previsto che il responsabile può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la
rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire
accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali. Il
responsabile del procedimento deve collaborare con il privato ponendolo
in
condizione
di
rimuovere
difetti,
irregolarità,
incompletezze,
impedimenti presenti nell’istanza da lui presentata, che, se non eliminati
o corretti, renderebbero l’iniziativa inefficace in quanto priva del
requisito della legittimazione o delle condizioni di ammissibilità (12)
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(11) Così Corso, Il responsabile del procedimento amministrativo, in AA.VV., Il
procedimento amministrativo fra riforma legislativa e trasformazioni dell’Amministrazione a
cura di Trimarchi, Milano 1990, p. 72.
(12) Per il principio di leale collaborazione cui si ispira la disciplina della materia cfr.
TRGA Trentino Alto Adige, sez. Trento, 20 novembre 1995, n. 315; idem 7 marzo 1995, n.
79.
7
La norma aveva suscitato notevoli aspettative. In uno dei primi,
autorevoli
commenti
era
stata
prevista
una
coerente
svolta
giurisprudenziale che facesse giustizia del formalismo sovrastante le
procedure concorsuali (13).Sennonché la giurisprudenza, esasperando il
dogma della par condicio, ha sterilizzato gli effetti innovativi della
riforma negando la possibilità di sanare – per regola generale – errori ed
omissioni documentali, segnatamente nei procedimenti concorsuali (14),
ammettendo solo la regolarizzazione formale e fiscale dei documenti
prodotti (15).
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(13) Corso-Teresi, op. cit., p. 83, che così osservavano: <<E’ nota la giurisprudenza in materia di
concorsi a pubblico impiego o di contratti ad evidenza pubblica. L’amministrazione può
chiedere la regolarizzazione della documentazione, ma non può sollecitare l’integrazione di
dichiarazioni carenti….Riteniamo che la previsione da parte dell’art. 6 di un così ampio
potere di accertamento d’ufficio in capo al responsabile – potere che si estende alla richiesta
di rettifica di dichiarazioni erronee o incomplete – imponga una revisione di quell’indirizzo
giurisprudenziale. Non dimentichiamo che i principi desumibili dalla l. 241 sono qualificati
dall’art. 29 come principi generali dell’ordinamento giuridico: ed è alla stregua di essi che
andrebbero giudicate (ed eventualmente modificate) le enunciazioni giurisprudenziali
configgenti. A ciò va aggiunto che il rigorismo manifestato sul punto dalla giurisprudenza
amministrativa tradisce un favor per l’amministrazione e una indifferenza per le ragioni del
cittadino che mal si conciliano non solo con le regole dell’art. 6 ma con lo spirito
complessivo della l. 241. Né tale rigorismo trova giustificazione nella par condicio fra i
candidati o fra i concorrenti, cui la giurisprudenza suole spesso appellarsi; par condicio che
verrebbe pregiudicata se una domanda (o una documentazione) irregolare o incompleta
venisse mantenuta in lizza anziché essere esclusa.
La par condicio è rispettata se la
disponibilità dell’amministrazione a consentire la regolarizzazione o la integrazione (della
domanda o della documentazione) è manifestata nella stessa misura e in modo imparziale nei
confronti di tutti i concorrenti, anche se poi ad avvalersene saranno soltanto coloro che
siano incorsi in quella incompletezza o irregolarità>>.
(14) Per la critica a questo orientamento vedasi Alessandrini, op. cit., p. 42. Per la giurisprudenza
cfr. Cons. St., sez. V, 22 giugno 2004 n. 4360 secondo cui <<In tema di contratti della
Pubblica Amministrazione il responsabile del procedimento non può chiedere la rettifica di
dichiarazioni o istanze erronee prevista dall’art. 6, comma 1, lett. b) L. 7 agosto 1990 n. 241,
perché ciò comporterebbe l’alterazione del principio di parità delle condizioni tra i
partecipanti alla gara>>.
(15) Per l’affermazione che l’art. 6, lett.b) l. n. 241 è applicabile anche ai procedimenti di gare di
appalto per l’aggiudicazione di contratti della p.a. a condizione, per la tutela della par
condicio dei concorrenti, che non vi siano modificazioni del contenuto dei documenti cfr.
Cons. St., sez. IV, 3 aprile 2001, n. 1927. Conforme Cons. St., 22 giugno 2004, n. 4345 che
rimarca la distinzione tra regolarizzazione e integrazione documentale la prima soltanto
possibile (e doverosa da parte della P.A.) a norma dell’art. 6 l. n. 241, osservando che:<<Il
delicato bilanciamento tra il dovere dell’amministrazione di provvedere alla regolarizzazione
dei documenti presentati dai candidati e il principio della par condicio tra i partecipanti ad
una selezione concorsuale va ricercato nella distinzione del concetto della regolarizzazione
da quello di integrazione documentale, tenendo presente che quest’ultima non è mai
consentita risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento, a
8
Inoltre (lett. c) l’articolo in commento attribuisce al responsabile del
procedimento la facoltà di proporre l’indizione della conferenza di servizi
o, avendone la competenza, di convocarla direttamente, attivando questo
efficacissimo strumento di semplificazione essenziale per imprimere
speditezza all’azione amministrativa.
Sul responsabile incombe (lett. d) la cura delle comunicazioni,
pubblicazioni e notificazioni previste da leggi e da regolamenti e
l’attuazione delle garanzie partecipative mediante la comunicazione
dell’avvio
del
procedimento
ai
soggetti
nei
cui
confronti
il
provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed ai soggetti,
diversi dai diretti destinatari del provvedimento finale, dal quale possano
ricavare pregiudizi che siano individuati o facilmente individuabili.
Il responsabile, con la comunicazione dell’avvio dell’iter procedimentale,
assume un ruolo incisivo nel sistema introdotto dalla l. 241 di
<<democraticità delle decisioni>> contribuendo, in concreto, al
superamento della <<prassi della definizione unilaterale del pubblico
interesse>> (16).
Infine (lett. e) al responsabile è attribuito il compito, a conclusione
dell’istruttoria, di trasmettere gli atti all’organo competente ai fini
dell’emanazione del provvedimento finale (salvo che non ne abbia egli
medesimo la competenza).
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differenza della regolarizzazione (che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto
della documentazione) alla quale è sempre tenuta l’amministrazione in virtù del principio
generale oggi ricavabile dall’art. 6, comma 1 lett. b) L. 7 agosto 19990 n. 241, ma già in
precedenza affermato costantemente dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo ai
concorsi pubblici>>.
(16) Cons. St. Ad. Pl. 15 settembre 1999, n. 14 in Foro it. 1999, III, c. 529. In dottrina vedasi
Gardini, Comunicazione di avvio, in AA.VV., Atti e procedimenti amministrativi cit., p. 51
che ben mette in evidenza che l’obbligo di comunicazione procedimentale rappresenta
<<un’innovazione assoluta dell’agire pubblico, in cui si sostanzia un rapporto più paritario e
democratico tra amministrazione e cittadino>>; con essa si rende possibile lo svolgimento in
forma partecipata della funzione pubblica <<fenomeno del tutto impensabile sulla base del
diritto previgente>>.
9
III – Le innovazioni disposte con la l. n. 15/2005.
La recente riforma della l. 241 disposta con la l. 11 febbraio 2005, n. 15
ha inciso in modo rilevante sul ruolo e sulle funzioni del responsabile del
procedimento.
Le innovazioni, piuttosto che sull’”istituto” del responsabile (artt. 4-6)
incidono sul “sistema” all’interno del quale egli è chiamato ad operare.
Un sistema che la novella legislativa ha modificato in più punti e per più
versi, in certi casi con rilevanti effetti innovativi.
In tale prospettiva va considerata, anzitutto, la riscrittura dell’art. 1,
primo comma l. 241. La riformulazione di tale disposto incide
sull’istituto del responsabile del procedimento sotto un duplice profilo,
aggiungendo ai criteri di economicità ed efficacia, presenti nell’originaria
disposizione, quelli di trasparenza e di pubblicità e introducendo il
richiamo ai <<principi dell’ordinamento comunitario>>.
Sotto il primo profilo il novellato art. 1, primo comma, nell’ufficializzare
la definizione corrente della l. 241, universalmente nota come legge sulla
trasparenza, rimarca ed accentua le garanzie di conoscibilità e
controllabilità dell’azione amministrativa..
Sotto il secondo profilo, richiamando i principi dell’ordinamento
comunitario, pone in primo piano le garanzie partecipative, di accesso, di
motivazione, del termine ragionevole di conclusione del procedimento
previste dall’art. II-101 della Costituzione Europea.
10
Così disponendo la riformata legge generale sul procedimento rende atto
della circostanza della profonda evoluzione nell’ordinamento interno in
conformità dei principi Costituzionali della Comunità Europea (17).
Si tratta di principi che investono direttamente l’istituto del responsabile
del procedimento.
Sul piano sistematico l’arricchimento dell’originaria formula dell’art. 1
può essere collegato alla clausola recata dall’art. 20, ottavo comma legge
Bassanini 1, n. 59, 15 marzo 1997 che ha espressamente previsto,
nell’ambito del processo di semplificazione, la soppressione dei
procedimenti contrastanti <<con i principi generali dell’ordinamento
giuridico nazionale o comunitario>>. Dal quadro sistematico delineato
deriva che i principi dell’ordinamento comunitario vengono a pieno titolo
recepiti nell’ordinamento amministrativo interno, con sicura applicabilità
nei procedimenti di competenza degli organi nazionali (18).
In questa prospettiva assumono particolare rilievo i principi di
proporzionalità e di legittimo affidamento (legitimate expectation),
fissato
dalla
Corte
di
Giustizia
attraverso
ormai
consolidata
giurisprudenza.
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(17) Per l’affermazione che lo Stato di oggi non è più quello descritto dalla nostra
Costituzione <<ma quello delineatosi dopo il 1990 a seguito del progressivo affermarsi
nell’ordinamento nazionale dei principi costituzionali europei>> cfr. Merusi, La certezza
dell’azione amministrativa fra tempo e spazio in AA.VV., Tempo, Spazio e Certezza
dell’azione amministrativa, Milano 2003, p. 24.
(18) Con circolare del Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del
Consiglio dei Ministri in data 29 aprile 2004 è stato rimarcato l’obbligo, incombente non solo
sul Giudice nazionale ma su tutti gli organi dello Stato, di disapplicare le norme di diritto
interno contrastanti con il diritto comunitario.
11
Il primo rileva soprattutto sul piano della garanzia delle posizioni dei
privati nei confronti dell’intervento pubblico che non può essere
invasivo, ma può legittimamente esplicarsi nei limiti della necessità,
adeguatezza, proporzionalità in senso stretto. Il secondo rileva in
particolare nei procedimenti di autotutela, come tendenziale prevalenza
delle esigenze di certezza del diritto e di stabilità dei rapporti giuridici su
quella di legalità formale.
Ne risulta rafforzato l’affidamento del terzo a dispetto dell’orientamento
giurisprudenziale interno che, nonostante il riconoscimento della generale
portata del principio <<notoriamente non circoscritto al campo civile>>
(19), in più di un caso non ha fatto seguire a tale constatazione coerenti
applicazioni.
Dirette estrinsecazioni del principio dell’affidamento sono le norme poste
con l’art. 21 quinquies che, nel disciplinare la revoca dei provvedimenti
amministrativi, ha istituito per regola generale l’obbligo dell’indennizzo
e con l’art. 21 sexies che limita il recesso dai contratti da parte della P.A.
ai soli casi nei quali la fonte legislativa o quella contrattuale lo preveda.
Con l’innesto dei principi dell’ordinamento comunitario il procedimento
amministrativo e il ruolo che in seno ad esso il responsabile è chiamato a
svolgere si confermano all’insegna di un’accentuata trasparenza, del
potenziamento delle garanzie partecipative, della creazione dei
presupposti per l’evoluzione dell’affidamento da una condizione di
valore virtuale a quella di valore effettivo, di una più forte e diffusa
vincolatezza del principio di proporzionalità.
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(19)Cons. St, sez. VI, 12.5.1990, n. 523.
L’originario testo del d.d.l. prevedeva l’espresso richiamo ai principi di proporzionalità e di
tutela dell’affidamento. La loro scomparsa dal testo della legge può verosimilmente spiegarsi
in relazione al richiamo in blocco dei principi del diritto europeo dei quali, appunto, fanno
parte i suddetti due principi.
12
In particolare l’affievolimento dell’autoritarietà dell’Amministrazione e
l’instaurazione di rapporti tendenzialmente paritetici, bilateralmente
strutturati, amplia la portata del principio di affidamento. Si pensi al
preannuncio (motivato) di rigetto della domanda del privato (art. 10 bis),
che ingenera un autolimite per l’amministrazione a non sacrificare oltre
la misura rappresentata all’interessato i suoi interessi.
Come è stato giustamente osservato l’instaurazione di rapporti quasi
bilaterali fa sì che ciò che ingenera l’affidamento sono proprio <<il
comportamento e le determinazioni procedimentali prodromiche all’atto
di cui si lamenta la illegittimità, quello che per i rapporti tra privati è il
comportamento negoziale>> (20).
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(20) Police, La predeterminazione delle decisioni amministrative, Napoli 1997, p. 71 ss.
13
IV – Segue: le singole innovazioni.
La prima innovazione è quella prevista dall’art. 6, comma 1, lett. e)
riformulato con l’aggiunta della seguente clausola: <<L’organo
competente per l’adozione del provvedimento finale, ove diverso dal
responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze
dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non
indicandone la motivazione nel provvedimento finale>>.
Fatta salva la possibilità da parte del dirigente di disattendere la
“proposta”
del
responsabile
del
procedimento,
assumendo
un
provvedimento di contenuto opposto o comunque diverso da quello
progettato dal responsabile stesso, la novellata lett. e) pone il vincolo
della motivazione giustificativa della divergenza.
La nuova norma è coerente con la disposizione di principio fissata
dall’art.
3
che,
nel
definire
la
“struttura”
della
motivazione
identificandola nella indicazione dei presupposti di fatto e di diritto, ne ha
espressamente disposto il vincolo alle risultanze dell’istruttoria. Un
vincolo che, secondo la nuova formulazione della lett. e), può essere
superato alla condizione che il dirigente che non intenda fare propria
l’indicazione motivazionale del responsabile del procedimento esterni le
ragioni del discostamento dalle risultanze dell’istruttoria eseguita dal
responsabile del procedimento.
14
La precisazione presente nel cit. art. 6, comma 1, lett. e), pur potendosi
ritenere superflua, in quanto reiterativa della regola posta dall’art. 3 circa
il vincolo di coerenza fra istruttoria e provvedimento finale, ha non di
meno la sua utilità, contribuendo a ribadire il ruolo di <<guida del
procedimento>> che la l. 241, sia nella originaria formulazione che in
quella novellata, assegna al responsabile (21).
La norma è posta a presidio dell’assetto di interessi configurato con
l’apporto partecipativo del privato e, quindi, del progetto di
provvedimento dal quale l’atto definitivo può discostarsi solo con idonea
motivazione esternativa dell’iter logico seguito dal dirigente nel
discostarsi dalla “proposta” del responsabile del procedimento (22).
Dalla novella non è esatto inferire che nella mens legis il responsabile del
procedimento debba essere persona diversa dal dirigente dell’unità
organizzativa competente (23). Il termine <<ove>>, col quale la lett. e)
introduce l’ipotesi che non sia il responsabile del procedimento ad
adottare l’atto finale, fa comprendere che le due figure possono essere
coincidenti (24).
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(21) Così Di Nitto, Il Termine, il Responsabile, la Partecipazione, la D.I.A. e l’ambito di
applicazione della legge, in Giorn. Dir. Amm. 2005, p. 500, secondo cui l’esplicito divieto di
discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria <<valorizza l’attività che da lui stesso è compiuta e
coordinata, riconoscendogli la titolarità del potere di condizionare l’assetto degli interessi
coinvolti dal procedimento di cui si assume la responsabilità>>. Cfr. pure Toschi, Maggiori
poteri al responsabile del procedimento in Guida al Diritto, “Sole 24 Ore” n. 10, 12 marzo
2005, p. 61, che evidenzia l’accresciuta autonomia e responsabilizzazione del responsabile
del procedimento che si vede attribuita <<una considerevole valenza esterna alla propria
attività>>.
(22) Per l’affermazione che <<in virtù della disciplina positiva contenuta nella 241 l’atto di
iniziativa si palesa non soltanto come semplice momento di fissazione di interessi e fatti
rilevanti per l’azione amministrativa, ma anche come una proposta di decisione>>. Cfr. Zito,
Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Milano 1996, p. 82 ss.
(23)Così Olivieri, Riforma amministrativa per pochi, in “Italia Oggi” 29 gennaio 2005.
(24) In tal senso cfr. Biondi-Moscara-Ricciardi, La riforma del procedimento amministrativo,
Rimini 2005, p. 34.
15
La seconda innovazione riguarda la riformulazione dell’art. 8 con
l’aggiunta nel secondo comma della lett. c-bis a norma della quale il
contenuto della comunicazione di avvio del procedimento si arricchisce
della indicazione della data di conclusione dell’iter procedimentale e dei
rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione.
Le innovazioni sono due: la fissazione del termine finale del
procedimento e l’indicazione dei rimedi utili a rimuovere la eventuale
inerzia.
La norma, nel suo complesso, ampliando l’onus clare loquendi, già posto
a carico dell’amministrazione con la prescrizione dell’art. 3 ult. comma,
secondo il quale l’atto deve essere corredato della clausola indicante i
termini nei quali è consentito ricorrere e i rimedi giustiziali, si ispira
evidentemente all’esigenza di miglioramento dei rapporti tra privato e
P.A., vincolando in modo più stringente il responsabile del procedimento,
in forza della sua stessa dichiarazione, all’obbligo di provvedere entro
termini predeterminati.
In particolare la comunicazione del termine nel quale deve concludersi il
procedimento, se coincidente col termine finale indicato dall’art. 2, è
ricognitiva dell’obbligo temporale che l’amministrazione è tenuta a
rispettare. Se dovesse non coincidere con l’anzidetto termine, venendo
indicata una durata ridotta dell’iter procedimentale, ne deriverebbe un
autovincolo temporale, la cui trasgressione potrebbe determinare il
presupposto del danno da ritardo, che il terzo abbia eventualmente subito
in dipendenza della violazione di siffatta clausola e dell’affidamento su
essa riposto.
L’indicazione dei rimedi sperimentabili contro l’inerzia è obbligo che
estende
la
portata
del
principio
di
leale
collaborazione
tra
Amministrazione e privato cui si ispira la disciplina dettata sotto i capi II
e III della l. n. 241.
16
La terza innovazione ha ad oggetto la non obbligatorietà per il
responsabile del procedimento dell’obbligo della comunicazione di avvio
del procedimento nel caso nel quale <<l’amministrazione dimostri in
giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato>> (su cui amplius par. VI), con
ciò mostrando il riformatore della l. n. 241 di aderire all’indirizzo
sostanzialistico emerso nella giurisprudenza, mostratasi più volte incline
a privilegiare le esigenze di semplicità e speditezza su quelle garantisticopartecipative nel caso di attività vincolata.
17
V – Operatività del principio partecipativo anche nei procedimenti
ad istanza di parte.
In particolare la l. n. 15/2005 ha esteso il confronto partecipativo dai
procedimenti d’ufficio ai procedimenti ad istanza di parte, assicurando
una più estesa portata al principio del giusto procedimento.
Il contraddittorio viene garantito, oltre che nei procedimenti d’ufficio, nei
procedimenti ad istanza di parte, essendo previsto dall’art. 10 bis
l’obbligo che grava sul responsabile del procedimento di comunicare i
motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del privato.
Si tratta di un nuovo obbligo di comunicazione che si risolve in un
preannuncio di rigetto dell’istanza, funzionale all’attivazione del
contraddittorio e, quindi, alla tutela anticipata del privato nel
procedimento,
prima
del
processo.
Nella
Relazione
della
1^
Commissione permanente Affari Costituzionali del 6 novembre 2003, p.
5 il fine perseguito è stato identificato nello <<introdurre un istituto
procedimentale attraverso il quale ci si propone di limitare il contenzioso
tra cittadino e pubblica amministrazione mediante la previsione di un
ulteriore canale di comunicazione tra le parti precedente la decisione
finale>>. E’ trasparente l’intentio del riformatore di istituire un ulteriore
fattore (rispetto a quello a suo tempo introdotto con gli artt. 7, 8 e 10) di
deflazione del contenzioso, estendendo il contraddittorio e potenziando la
funzione del procedimento di strumento (ed occasione) di tutela
anticipata
rispetto
al
processo.
L’innovazione
è
funzionale
all’imparzialità dell’amministrazione che <<non la pone neutra tra due
litiganti, ma essa è, come si suol dire, parte imparziale ovvero tale da
poter prendere la decisione finale sulla base del principio del
contraddittorio>> (25).
___________________________________________________________
(25) Benvenuti, Disegno dell’Amministrazione italiana. Linee positive e prospettive, Padova
1996, p. 239.
18
Nei primi commenti alla novella è stata posta l’enfasi sulla
<<discontinuità nel modo in cui fin qui le amministrazioni sono state
solite
rapportarsi
con
i
privati>>
e
sull’obbligo
posto
per
l’amministrazione e i privati <<ad un dialogo reale>> (26), che si apre
sul <<progetto di provvedimento>> (27).
L’esonero dall’obbligo ha luogo solamente nei due casi espressamente
previsti, costituiti dalle procedure concorsuali e dai procedimenti in
materia previdenziale e assicurativa, a ragione, in quest’ultimo caso,
dell’elevato numero di istanze (28) e a ragione, nel primo caso, della
compresenza di un numero non determinabile di interessati donde la non
conciliabilità della tutela del singolo con il rispetto della par condicio tra
i concorrenti che presidia le procedure esecutive (29).
Nel silenzio della legge si deve ritenere che in analogia con l’art. 8 il
preavviso di rigetto non possa non avere il contenuto minimo necessario
a garantire il contraddittorio cui è finalizzato e, quindi, oltre ai motivi
ostativi all’accoglimento della domanda, l’ufficio al quale presentare le
eventuali osservazioni e documenti ed il nuovo termine di definizione del
procedimento (30).
_____________________________________________________________________
(26) Biondi-Moscara-Ricciardi, La riforma del procedimento amministrativo, Rimini 2005, p.
42 ss.. E’ stato pure osservato che: <<l’interessato, il quale non necessariamente è in
possesso di un bagaglio di conoscenze giuridiche idoneo a consentirgli di essere
autonomamente in grado di confrontarsi con l’Autorità procedente e, spesso, di fronteggiarla
adeguatamente, ha necessità di ricevere l’atto con il quale si comunica l’avvio del
procedimento, anche quando quest’ultimo sia stato avviato per effetto di una sua iniziativa,
non solo e non tanto per avere contezza che l’amministrazione ha in corso una istruttoria che
lo riguarda, quanto piuttosto perché quell’atto (di comunicazione dell’avvio del
procedimento) contiene informazioni che assumono un rilievo importante per la tutela della
sua posizione di partecipante all’istruttoria stessa>> (così Toschi op. loc. cit.).
(27) Così La Barbera, op. cit., p. 73 che definisce con tale sintesi verbale <<la prefigurazione
di una ipotesi di decisione che, attraverso il procedimento, contribuisce a dare concretezza ai
principi propri del processo conoscitivo, valutativo e decisionale>>
(28) La relazione della Commissione Affari Costituzionali alla l. n. 15/2005 vi fa esplicito
riferimento con riguardo alla materia previdenziale.
(29) Così Toschi, op. cit.
(30) Di Nitto, Il termine, il responsabile, la partecipazione, la D.I.A. e l’ambito di
applicazione della legge, cit., p. 502 s..
19
Il privato ha diritto a conoscere <<i motivi>> che sorreggono il preavviso
di rigetto della sua istanza e, quindi, l’indicazione delle carenze
documentali e/o gli eventuali pareri negativi resi da altre amministrazioni
e/o le osservazioni contrarie dei controinteressati (31).
L’onus clare loquendi posto dal legislatore con l’art. 10 bis è speculare
alla garanzia partecipativa del privato: il suo adeguato assolvimento
garantisce il contraddittorio e, in forza di esso, assicura effettiva tutela
nel procedimento (anticipata rispetto al processo). A tali esigenze si
ispirava il testo originario della l. n. 241 predisposto dalla Commissione
Nigro secondo cui la comunicazione di avvio del procedimento doveva
dare indicazione dei fatti giustificativi della determinazione di procedere
o di orientarsi negativamente in ordine alla richiesta dell’interessato.
L’innovazione raccoglie e fa proprie le critiche emerse nella dottrina
relative alla esigenza di prevedibilità e trasparenza dei processi
decisionali pubblici, che può restare pienamente soddisfatta solo
attraverso la conoscenza del progetto di provvedimento allestito
dall’amministrazione (32).
Dell’eventuale, mancato accoglimento delle osservazioni dell’istante <<è
data ragione nella motivazione del provvedimento finale>>.
La norma si inquadra nel “sistema” delineato dalla disposizione di
principio dettata con l’art. 3, che pone il vincolo di coerenza tra
motivazione e risultanze istruttorie.
_____________________________________________________________________
(31) Così Biondi-Moscara-Ricciardi, op. cit. p. 44, secondo i quali l’Amministrazione ha
l’obbligo di <<spiegare i motivi>> della decisione negativa che si intende adottare.
(32) Sul punto cfr. Police, op. cit., p. 148, secondo il quale <<Per incidere sul processo
decisionale, infatti, è necessaria la conoscenza delle ipotesi di base che la stessa
Amministrazione ha assunto nel dare inizio al procedimento […] si tratta di una condizione
fondamentale perché le posizioni delle parti acquistino un’effettiva rilevanza nel processo del
decidere e la partecipazione non si risolva in una mera riassicurazione simbolica>>.
20
L’apporto controdeduttivo del privato, nel quale si concretizza il suo
apporto partecipativo, arricchisce il materiale istruttorio, offrendo al
responsabile del procedimento elementi ulteriori di giudizio che esso, nei
limiti della loro pertinenza all’oggetto del procedimento, ha il dovere di
valutare (33). Nel caso nel quale la decisione finale coincida col
preannuncio di rigetto della domanda nonostante le controdeduzioni
dell’interessato, questi ha il diritto di conoscere le ragioni del mancato
accoglimento della propria istanza che devono essere congruamente
esternate a corredo motivazionale del provvedimento reiettivo.
Alla partecipazione del privato al procedimento è collegata la vicenda
interruttiva del termine prevista dallo stesso art. 10 bis (34).
____________________________________________________________________
(33) In uno dei primi commenti della novella si è parlato di un <<surplus istruttorio>> che si
aggiunge a quello descritto nei capi II e III della l. n. 241 e che si attiva in presenza del
preavviso di rigetto della domanda dell’interessato e della sua “reazione” al preavviso stesso
con la produzione di memorie e documenti nel termine di 10 giorni, da ritenere perentorio
(così Toschi, op. cit.).
(34) Con infelice formulazione l’art. 10 bis prevede che la comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza <<interrompe i termini per concludere il procedimento che
iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni…>>.
L’evento interruttivo, coincidente col preavviso di rigetto, apre ex novo il termine di
procedimento, con la conseguenza segnalata nei primi commenti, che la durata del
procedimento può arrivare fino al raddoppio. Se ne è inferito che, in luogo di interruzione del
termine, si tratti piuttosto di sospensione del termine nel senso che la norma <<si limita
dunque ad impedire, nei 10 giorni disponibili al privato per controdedurre, l’ulteriore
decorso del termine conclusivo del procedimento e dopo i quali questo riprende a decorrere
non da capo, ma da lì dove si era fermato, quindi sommandosi la parte già trascorsa con
quella che rimaneva>> Così Biondi-Moscara-Ricciardi, op. cit., p. 45 e ss. che richiamano a
livello sistematico rispettivamente l’art. 2943, comma 3 c.c., che ricollega l’interruzione a un
evento che si consuma istantaneamente, e l’art. 2942 che ricollega la sospensione alla
verificazione di circostanze aventi una durata più o meno lunga, com’è nel caso concreto nel
quale ci si trova non in presenza di un fatto istantaneo, ma in presenza di una circostanza
temporale di 10 giorni durante i quali vi è <<una moratoria del procedimento>>.
Questi AA. propongono una lettura della norma basata sulla differenziazione della ipotesi in
cui il destinatario del preavviso di rigetto esercita il diritto partecipativo controdeducendo con
memorie e documenti dalla ipotesi in cui ometta il contraddittorio. Nel primo caso soltanto
dovrebbe avere luogo l’effetto interruttivo, laddove nel secondo caso (preavviso cui non
consegua la difesa controdeduttiva dell’interessato) si sarebbe in presenza di vicenda che, non
corrispondendo a un fatto nuovo, costituirebbe soltanto causa di sospensione del termine.
L’ipotesi esegetica, se pur coerente col quadro sistematico, incontra, però, l’ostacolo di ben
difficile superamento costituito dalla lettera della legge, secondo cui la comunicazione del
preavviso di rigetto <<interrompe i termini per concludere il procedimento>>, senza
distinzione di sorta. Per giunta la norma precisa che i termini <<iniziano nuovamente a
decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del
termine (di dieci giorni per la presentazione delle osservazioni)>>. Anche per questa seconda
21
La riforma introdotta con l’art. 10 bis è stata resa oggetto di critiche e
riserve fondate sull’allungamento dei tempi e sull’appesantimento del
procedimento (35).
Il miglioramento del livello di partecipazione avrebbe comportato, come
effetto collaterale, la costituzione di <<uno strumento dilatorio nelle
mani delle amministrazioni, le quali potrebbero utilizzarlo al fine di
rimandare l’adozione delle proprie decisioni, incidendo negativamente
sulla posizione dei soggetti interessati>> (36). L’osservazione, giusta di
per sé, scema di importanza in una prospettiva sistematica, nella quale
l’art. 10 bis dev’essere coordinato con l’art. 6, lett. b) istituente l’obbligo
per il responsabile del procedimento di adottare tutte le misure necessarie
<<per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria>>.
Grava, dunque, sul responsabile del procedimento curare ed assicurare la
sintesi equilibrata tra le esigenze di garanzia del privato sottostanti l’art.
10 bis e quelle di speditezza del procedimento sottostanti l’art. 1, 2°
comma l. n. 241 che fa divieto di appesantire il procedimento.
Va, d’altra parte, considerato che, già nei primi commenti alla novella, è
affiorato l’orientamento restrittivo della portata dell’art. 10 bis, sulla
quale inciderebbe con effetti limitativi l’art. 21 octies (37).
__________________________________________________________
ipotesi il legislatore ha previsto che il termine inizia di nuovo a decorrere e non ha previsto
che il termine riprende a decorrere. Di certo la norma è scarsamente coerente con i principi
di certezza del tempo, di speditezza e di semplicità dell’attività amministrativa che la l. n. 241
ha eretto a principi generali dell’ordinamento giuridico.
(35) Cerulli Irelli, Osservazioni generali sulla legge di modifica della l. n. 241/90 – VI parte
in www.giustamm.it.
(36) Di Nitto, Il termine, il responsabile, la partecipazione, la d.i.a. e l’ambito di
applicazione della legge, cit., p. 505.
(37) Secondo Di Nitto, op. cit., p. 502 si può ritenere che in applicazione dell’art. 21 octies
sia legittima l’omissione della comunicazione ex art. 10 bis quando per la natura vincolata del
provvedimento sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato. Ed invero, nonostante la diversità dei due istituti, <<analoghe sembrano
essere le considerazioni che hanno legittimato le esclusioni e, quindi, analoghe sembrano
essere le conclusioni che possono raggiungersi>>.
22
VI – L’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento nell’art. 7
novellato.
La l. n. 15/2005, nel riformulare la disciplina della comunicazione di
avvio del procedimento, sottrae all’annullamento il provvedimento non
preceduto dalla comunicazione stessa <<qualora l’amministrazione
dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto attuato>>.
La norma (codificando un diffuso orientamento giurisprudenziale che ha
privilegiato la sostanza sulla forma e la sintesi equilibrata tra garanzie
partecipative, semplificazione e speditezza procedimentale) rende, in
sostanza, facoltativa la comunicazione ex art. 7 nei casi di attività
vincolata.
Spetta al responsabile del procedimento la delicata decisione sulla
sussistenza o meno dell’obbligo dell’avviso in relazione alla natura del
procedimento, vincolato ovvero discrezionale. Se sussistono spazi di
discrezionalità l’avviso è doveroso e indefettibile, in quanto diretto a
consentire il confronto partecipativo del privato, assecondando
l’emersione di alternative decisorie. Al contrario, non sussistendo
alternatività di scelte, essendo state queste già eseguite dalla legge di cui
in concreto l’attività amministrativa sia meramente esecutiva, il
responsabile del procedimento potrà astenersi dall’avviso, ma in tal caso
l’Amministrazione, in sede processuale, è chiamata, invertendosi l’onere
della prova, a rendere la dimostrazione della vincolatezza del suo
operare.
23
A tal fine è necessario, naturalmente, che l’Amministrazione si
costituisca in giudizio e soddisfi in concreto il suddetto onere probatorio,
essendo altrimenti inevitabile la sanzione annullatoria (38).
In un primo commento alla novella l’art. 21 octies è stato interpretato
come norma che introduce una nuova ipotesi di irregolarità, nel senso di
anormalità consistente in una difformità dallo schema normativo di
minima rilevanza, tale da non provocare l’invalidità del provvedimento,
non risultando leso l’interesse pubblico (39).
In
questa
prospettiva
l’omessa
comunicazione
dell’avvio
del
procedimento in caso di attività vincolata sarebbe omogenea all’omessa
comunicazione dei rimedi giustiziali e dei termini della loro utile
attivazione prevista dall’ult. comma dell’art. 3, cui la giurisprudenza ha
costantemente negato efficacia invalidante del provvedimento che ne sia
manchevole (40), con la sola conseguenza della responsabilità
disciplinare del responsabile del procedimento colpevole dell’omissione
(in disparte l’ipotizzabilità dell’errore scusabile e della conseguente
rimessione in termini per ricorrere o nella sede giurisdizionale ovvero in
quella straordinaria).
____________________________________________________________________
(38) La prima decisione in materia – a quel che consta – è quella adottata dal TAR Abruzzo
26 aprile 2005, n. 211 di annullamento di un’ordinanza di demolizione sul presupposto che il
Comune, che non aveva fatto precedere il provvedimento dalla comunicazione di avvio del
procedimento, non si è costituito in giudizio omettendo di dare la prova che il provvedimento
stesso non avrebbe potuto avere un diverso contenuto (“Italia Oggi” 24 maggio 2005).
(39) Così Biondi-Moscara-Ricciardi, op. cit., p. 113.
(40) Cfr., tra le più recenti decisioni, TAR Toscana, sez. I, n. 269, 25 gennaio 2005, in Foro
Amm. 2005, p. 73 secondo cui:<<La mancata indicazione dell’autorità cui eventualmente
ricorrere in calce ad un provvedimento della p.a. è causa di mera irregolarità e non di
invalidità dello stesso>>.
24
La norma è il derivato di indirizzi giurisprudenziali orientati a favore
della “teorica del risultato” (41) piuttosto che del giusformalismo e
dell’influsso della legge tedesca (§ 46 L.P.A.) che esclude l’annullamento
dell’atto amministrativo emanato in violazione delle norme di forma e di
procedura quando risulti evidente che la violazione non abbia influito
sulla decisione del merito (42).
Si deve ritenere tuttavia che la l. n. 15/2005, pur privilegiando
un’impostazione sostanzialistica, non arrivi al punto di smantellare il
sistema delle garanzie formali e procedimentali approntato dalla l. n. 241,
riducendo le relative norme al rango di disposizioni programmatiche,
anche perché lo svilimento della normativa sul procedimento avrebbe
determinato la rinuncia al principio di legalità la cui enunciazione tra i
principi regolatori dell’attività amministrativa, contenuta nell’art. 1,
primo comma l. n. 241, la novella ha invece conservato, offrendo
implicito supporto all’orientamento dottrinario che, in coerenza con la
precettività del principio stesso, ne esige comunque il rispetto (43).
__________________________________________________________
(41) Parla di <<carattere superfluo della violazione procedurale per la sua indifferenza sul
contenuto dispositivo del provvedimento>> Cerulli Irelli, Considerazioni in tema di sanatoria
dei vizi formali, in Vizi Formali, Procedimento e Processo Amministrativo (a cura di Parisio),
Milano 2004, p. 117.
(42) Riserve sul rischio che la giustizia amministrativa degeneri a <<officina di
riparazione>> degli errori dell’amministrazione conseguentemente alle ampie possibilità di
sanatoria e al ruolo assolutamente dominante del Giudice amministrativo sono espresse da
Becker, La sanatoria dei vizi formali del procedimento amministrativo tedesco in Vizi
Formali, Procedimento e Processo Amministrativo, cit., p. 22.
(43) Per l’affermazione che il principio di legalità postula che l’interesse pubblico sia
soddisfatto <<nel rispetto delle competenze, delle forme e dei limiti indicati dalla legge:
sicchè, quando questi non siano osservati, il provvedimento rimane invalido (ed è esposto ad
annullamento) anche se ha in concreto tutelato l’interesse pubblico>> cfr. Corso, voce
Validità (diritto amministrativo) Enc. Dir. Giuffrè, Milano 1993, vol. XLVI, p. 95. Dubbi
sull’opportunità di una “consacrazione normativa” dell’indirizzo sostanzialistico prevalente
nella giurisprudenza, nel senso che tale scelta del legislatore mal si concilia col principio di
legalità, sono stati rappresentati da Freni, Osservatorio giurisprudenziale sulla legge 10
febbraio 2005 n. 15 in Foro amm. 2005, p. XLIII, dove è riportata la seguente citazione:<<
Ed a chi ripetendo vecchie accuse, dicesse che così curiamo troppo il sistema, l’architettura,
la forma del diritto, trascurandone la sostanza e che, per conseguenza, facciamo un po’
lavoro da poeti, noi potremmo rispondere che, in una disciplina dommatica, sistema,
architettura e forma son troppo importanti cose e che, del resto, anche poesia è diritto>>
[S.Romano, Il diritto costituzionale e le altre scienze giuridiche, in Archivio di Diritto
Pubblico, Roma, 1903, ora in Scritti Minori, Milano, 1950, Vol. I, pp. 245 ss]>>.
25
Che la novella non abbia inteso rimuovere le garanzie partecipative è
dimostrato dalla circostanza che, se da un canto l’art. 21 octies ha
specificato che l’omessa comunicazione dell’avvio di procedimento non
è causa di invalidità ove l’Amministrazione provi che il contenuto del
provvedimento non poteva che essere quello che in concreto ha avuto
(44), l’art. 10 bis ha, d’altro canto, esteso la partecipazione proprio a quei
procedimenti nei quali, secondo la giurisprudenza, ne era meno avvertita
la necessità, quali quelli a iniziativa del privato, essendo in re ipsa la
consapevolezza che il procedimento è in essere (45).
___________________________________________________________
(44) Parla di <<carattere superfluo della violazione procedurale per la sua indifferenza sul
contenuto dispositivo del provvedimento>> Cerulli Irelli, Considerazioni in tema di sanatoria
dei vizi formali, cit., loc.ult. cit..
(45) Vedasi, inter multis, TAR Sicilia, Palermo 31.5.2001, n. 798, in TAR 2001, I, p. 2591
che rimarca la superfluità dell’avviso per il fatto che il destinatario del provvedimento finale
del procedimento iniziato su suo impulso <<è certamente a conoscenza del relativo
procedimento e pertanto ben può parteciparvi indipendentemente da ogni comunicazione>>.
26
VII – Le comunicazioni.
La novella ha accentuato gli obblighi di comunicazione del
“responsabile”. L’avviso di avvio del procedimento, previsto dall’art. 7, è
ora obbligatorio anche per i procedimenti a iniziativa di parte. A norma
dell’art. 8, secondo comma, c-ter) in ordine a essi occorre comunicare, tra
l’altro, la data di presentazione della relativa istanza. In questo la l. n.
15/2005, che per le restanti innovazioni ha tenuto generalmente conto
degli orientamenti giurisprudenziali codificandone i principi, ha preso le
distanze
dalla
giurisprudenza
decisamente
incline
a
limitare
l’obbligatorietà dell’avviso ai soli procedimenti di ufficio (46).
Già si è detto dell’obbligo di comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza, dell’obbligo di comunicazione della data di
conclusione del procedimento e dell’obbligo di comunicazione dei rimedi
esperibili contro l’inerzia dell’amministrazione.
Le innovazioni introdotte dalla novella rendono il responsabile del
procedimento protagonista di un flusso di relazioni comunicative che
coinvolge ormai la generalità dei procedimenti e le rispettive fasi, da
quella dell’avvio, oggetto ormai di generalizzata partecipazione, a quella
conclusiva, avendo l’art. 21 bis condizionato l’efficacia delle decisioni
limitative della sfera giuridica dei terzi alla loro comunicazione ai
destinatari, codificando un risalente indirizzo dottrinario (47) cui era,
peraltro, mancata l’adesione della giurisprudenza..
___________________________________________________________________________
(46) Cfr., inter plurimis, Cons. St., sez. V, 24 novembre 1997, n. 1366.
(47) Virga, Il procedimento amministrativo, Milano 1972, p. 295 secondo cui <<debbono
considerarsi recettizi per natura quei provvedimenti di carattere costitutivo, che creano nei
confronti del destinatario un obbligo positivo o negativo, ovvero ne estinguono o limitano
poteri, diritti o facoltà>>.
27
Istituzionalizzando il dialogo tra amministrazione e privati in forma più
completa e diffusa rispetto all’originaria formulazione, la riforma della l.
n. 241 ha conformato l’essenza del procedimento alla stregua di una
relazione di tipo comunicativo a struttura dialogica.
Nel caso nel quale – a norma dell’art. 8 – per il numero dei destinatari
non sia possibile la comunicazione personale o risulti particolarmente
gravosa il responsabile del procedimento ricorre a <<forme di pubblicità
idonee>> stabilite volta per volta. La (necessaria) genericità della
clausola comporta il ricorso ai principi generali ai fini della
determinazione del criterio e questi sono quelli di economicità, di
efficacia e di ragionevolezza (48).
__________________________________________________________
(48) Ha precisato il Consiglio di Stato, sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6383 che:<<In tema di
comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, l’art. 8 comma 3 L. 7 agosto 1990
n. 241 – che, quando per il numero elevato di destinatari l’avviso personale non sia possibile
o risulti particolarmente gravoso, consente il ricorso a forme di pubblicità alternative
rispetto alla comunicazione individuale – va interpretato in coerenza coi principi di
economicità e di efficacia enunciati nel comma 1 dell’art. 1 stessa legge e col principio di
buon andamento e di ragionevolezza dell’azione amministrativa, espresso dall’art. 97
Cost.>>.
28
VIII - Recettizietà dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica
dei destinatari
L’art. 21 bis ha posto la regola generale della recettizietà dei
provvedimenti a effetti sacrificatori. Essi restano privi di efficacia fino a
quando non siano notificati o comunicati ai destinatari. Solo quelli aventi
natura cautelare e carattere di urgenza sono immediatamente efficaci.
Tutti gli altri, come va ribadito, non sono efficaci fino al momento della
notifica o della comunicazione, fatta salva la presenza nel provvedimento
di una <<motivata clausola di immediata efficacia>>, peraltro non
ammessa per i provvedimenti sanzionatori.
Già dai primi commenti emerge <<un importante rafforzamento del
profilo della trasparenza dell’azione amministrativa e degli istituti di
difesa del cittadino destinatario di un provvedimento limitativo della sua
sfera giuridica>> (49).
La proclamata recettizietà dei provvedimenti limitativi della sfera
giuridica dei privati – con la quale il riformatore della l. n. 241 ha preso
partito, tra la dottrina che pressocchè unanimemente l’affermava come
regola generale e la giurisprudenza orientata in senso contrario,
decisamente a favore della prima – comporta rilevanti conseguenze
pratiche sia per chi ha la responsabilità di istruire il procedimento che per
chi ha la responsabilità di provvedere e di comunicare il procedimento,
stante che la recettizietà dell’atto impone che non solo la fase
dell’adozione ma anche quella della comunicazione siano racchiuse nel
contenitore temporale prescritto dall’art. 2 l. n. 241.
___________________________________________________________
(49) Biondi-Moscara-Ricciardi, op. cit., p.101.
29
Dovrà essere, pertanto, riveduto l’orientamento giurisprudenziale in
materia di provvedimenti sanzionatori incline a separare le due fasi sul
presupposto che il termine finale di procedimento costituisca un limite
invalicabile solo per l’adozione del provvedimento, consumandosi con lo
spirare del termine il potere che nell’atto stesso si materializza, laddove
la comunicazione, riguardando l’esternazione dell’atto, esulerebbe dal
limite temporale anzidetto, con l’assenza di alcun effetto sul piano della
validità (50).
___________________________________________________________
(50) L’affermazione che quando è previsto un termine perentorio di conclusione di un
procedimento nel caso di atti recettizi il suddetto termine coincide con la comunicazione del
provvedimento costituisce jus receptum. La riconosciuta recettizietà dei provvedimenti
limitativi della sfera dei destinatari dovrebbe, pertanto, avere significativi riflessi sulla
considerazione della tempestività dei provvedimenti sanzionatori e sulla perenzione del
procedimento disciplinare, occorrendo che la sanzione venga non solo adottata ma anche
notificata o comunicata nel termine decadenziale.
30
IX – Centralità dell’istruttoria.
Nonostante che la novella abbia arricchito la l. n. 241 della disciplina dei
vizi del provvedimento e delle cause di invalidità, il nucleo centrale della
legge rimane la disciplina del procedimento e dell’istruttoria.
La centralità dell’istruttoria riposa sullo stretto collegamento tra
l’accertamento dei presupposti, di fatto e di diritto, e la decisione.
Costituisce jus receptum l’affermazione che sull’amministrazione
incombe l’obbligo di accertamento dei presupposti stessi <<preliminare
all’emanazione di ogni atto amministrativo>>: obbligo che comporta lo
svolgimento delle indagini preventive occorrenti all’individuazione delle
condizioni e dei presupposti fissati dalle norme giuridiche per l’esercizio
del potere (51).
L’unica eccezione di esonero dall’obbligo di istruttoria è costituita dalla
rinnovazione dell’atto annullato per il solo difetto di motivazione, che
può avere luogo indipendentemente dal suo rifacimento. Ciò, tuttavia,
non
è
vero
in
assoluto.
Può
accadere
che
successivamente
all’annullamento mutino i presupposti e le condizioni rispetto a quelli
esistenti in origine, donde la rinnovazione dell’istruttoria con l’apporto
partecipativo dell’interessato (e degli eventuali controinteressati) e il
connesso obbligo del responsabile del procedimento di tener conto delle
memorie e dei documenti che siano stati prodotti col solo limite della loro
pertinenza all’oggetto del procedimento.
_____________________________________________________________________
(51) Giurisprudenza risalente: cfr. Cons. St., sez. IV, 3.5.1960, n. 398 in Foro Amm. 1960, I,
p. 441.
L’importanza dell’istruttoria è stata rimarcata in dottrina con l’osservazione che <<senza una
adeguata azione conoscitiva e valutativa del fatto [….], l’autorità amministrativa non
sarebbe in grado di usare della discrezionalità che la legge le ha conferito (se agire, come
agire) e neppure, nel caso di attività vincolata, di verificare l’esistenza di quei presupposti
per i quali deve agire>> (Così Bortolotti, Attività preparatoria e funzione amministrativa,
Milano 1984, p. 62).
31
L’ampiezza dell’obbligo è correlata alla natura del potere esercitato. Se il
potere è vincolato, l’istruttoria è limitata alla verifica delle condizioni di
legge, se il potere è discrezionale, svolgendosi il processo decisionale
secondo schemi di maggiore complessità, in quanto occorre ponderare a
raffronto gli interessi coinvolti ai fini della loro sintesi ordinatoria,
l’istruttoria sarà proporzionata alla complessità e all’articolazione del
processo decisionale medesimo e sarà aperta all’apporto partecipativo dei
privati. E’ risalente l’affermazione che l’istruttoria non può mai
considerarsi <<meramente di parte perché deve rispondere a quei
principi di obiettività dai quali non può mai discostarsi la P.A.>> (52).
Il principio che regola l’attività istruttoria e che emerge sia dagli
orientamenti giurisprudenziali che dalla disposizione di principio di cui
all’art. 6, l. n. 241/90 è quello inquisitorio (53), in forza del quale il
responsabile del procedimento è chiamato ad esercitare il più ampio
potere di iniziativa ai fini degli accertamenti strumentali all’acquisizione
e all’integrazione del materiale istruttorio occorrente per l’emanazione
del provvedimento finale.
Il responsabile del procedimento è tenuto al doveroso accertamento dei
presupposti dell’atto amministrativo indipendentemente dalla circostanza
che questi coincidano o meno con quelli rappresentati dai terzi. Non
esistono preclusioni ai suoi poteri istruttori. Può assumere l’iniziativa di
compiere tutti gli accertamenti diretti a correggere e a rettificare eventuali
errori presenti nelle istanze dei privati, nonché a richiedere loro
integrazioni documentali, dovendo il provvedimento essere assunto sulla
base di presupposti rigorosamente riscontrati.
___________________________________________________________
(52) Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 1957, n. 1185 in Foro Amm. 1958, I, p. 323.
(53) Per il riconoscimento al principio inquisitorio della natura di principio generale
dell’ordinamento cfr. TAR Lazio, sez. I, 20 dicembre 1986, n. 2334 in Foro Amm. 1987, p.
1531.
32
Il responsabile può avvalersi anche dell’opera di altri organi
amministrativi in presenza di verifiche istruttorie di particolare
complessità e tecnicismo, con gli unici limiti della coerenza con le
esigenze
istruttorie,
originantisi
dal
divieto
di
appesantire
il
procedimento; divieto posto, per esigenze di speditezza e di semplicità
dell’attività amministrativa, dall’art. 1, secondo comma l. n. 241.
La riforma della l. n. 241 disposta con la l. n. 15/2005, nel riscriverne
l’art. 22, ha previsto espressamente al 5° comma che l’acquisizione di
documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici <<si informa al
principio di leale cooperazione istituzionale>>.
Il responsabile del procedimento ha il potere-dovere di acquisire il
maggior numero possibile di dati e di elementi di giudizio, al fine di
attingere la “verità reale”.
Com’è stato giustamente osservato le regole che disciplinano l’istruttoria
procedimentale <<vanno lette alla luce del principio di fondo:
l’istruttoria deve tendere alla completezza>> (54).
Simmetrico al potere-dovere del responsabile è il diritto-potere
riconosciuto al privato di fornire all’amministrazione un progetto (o se si
vuole una proposta) di provvedimento o, a norma dell’art. 11, una
proposta di accordo (55).
___________________________________________________________
(54) La Barbera, La previsione degli effetti. Rilevanza giuridica del progetto di
provvedimento, Torino s.d., p. 47.
(55) Come osserva La Barbera, op. cit., p. 84 la comunicazione del progetto di procedimento
è strumentale alla formulazione di altri progetti di provvedimento <<che, proprio in quanto
tali, devono essere valutati dall’amministrazione>>.
33
In tale prospettiva ne dev’essere rimarcato il potere-dovere di acquisire
all’istruttoria tutti gli elementi frutto dell’apporto collaborativo del
privato, secondo lo schema dell’istruttoria partecipata garantita dall’art. 7
della l. 241 (56).
Si può dire al riguardo che, fermo restando il principio di informalità
dell’istruttoria (correlato al principio inquisitorio che la sovrasta), donde
il carattere atipico ed informale dell’attività preparatoria dell’atto finale,
non di meno nei procedimenti discrezionali, nei quali il confronto
partecipativo è garantito con la (doverosa) comunicazione di avvio del
procedimento e con l’obbligo di valutare memorie e documenti prodotti
dal privato, l’istruttoria si svolge all’interno (e nel rispetto) di uno
schema normativamente determinato, tanto che l’omessa comunicazione
o l’omessa considerazione del materiale istruttorio fornito dal suddetto
ridondano a violazione del principio generale di tipicità del
procedimento. Lo schema procedimentale seguito, estraneandone il
privato, non corrisponde a quello delineato negli artt. 7 e 10 l. 241, ma ne
diverge e vi contrasta. La tipicità procedimentale, in questi casi, fa da
limite all’informalità che caratterizza l’istruttoria.
__________________________________________________________
(56) Secondo Cons. St., sez. V, 4 maggio 2004, n. 2725, in Mass. Cons. St. 2004, p. 325
<<La circostanza che gli artt. 15 T.U. 24 luglio 1992 n. 358 e 16 D.lgs. 17 marzo 1995 n. 157
consentono alle Pubbliche Amministrazioni di invitare le imprese concorrenti a una gara
d’appalto a completare o fornire i chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati,
documenti e dichiarazioni da esse prestati, rappresenta concreta applicazione e
completamento del criterio del giusto procedimento introdotto dall’art. 7 L. 7 agosto 1990, n.
241, criterio la cui violazione ben può essere riconosciuta sintomatica di un comportamento
dell’Amministrazione che, in luogo di valutare l’esistenza delle effettive condizioni di
osservanza delle prescrizioni del bando di gara, ritenga di fermarsi al contenuto estrinseco e
formale del documento senza valutare la possibilità di ammettere la ricorrente alla gara, in
ossequio alla regola di maggior concorrenzialità>>
34
Il responsabile deve procedere alla valutazione dei fatti costituenti il
presupposto del provvedimento e all’individuazione e alla ponderazione a
raffronto degli interessi sulla base della quale procederà alla elaborazione
del contenuto della determinazione provvedimentale. Di tale attività
rende dimostrazione la motivazione.
E’ risalente l’affermazione che il puro e semplice riferimento agli “esibiti
documenti” non implica e, quindi, di per sé, non dimostra l’avvenuta,
effettiva valutazione degli elementi acquisiti (57).
E’ necessario che si dia conto dell’apprezzamento compiuto dei fatti e
circostanze emersi dall’istruttoria e di tale apprezzamento il giudice
amministrativo controllerà la correttezza, sotto il profilo del rigore logico
e della coerenza con i dati acquisiti.
L’art. 3 l. 241 offre le basi di diritto positivo per questo giudizio di
coerenza, vincolando la motivazione alle risultanze dell’istruttoria. Con
ciò non si vuol negare la libertà di apprezzamento del materiale
istruttorio. Si vuole dire che questa, per non trasmodare in arbitrio, deve
esercitarsi nel rispetto dei criteri di coerenza e di consequenzialità.
___________________________________________________________
(57) Cons. St., sez. IV, 29 maggio 1973, n. 607, in Foro Amm. 1973, I, 2, p. 414.
35
La patologia dell’istruttoria si manifesta nell’erroneità del presupposto,
percependosi come esistenti o inesistenti fatti che dagli atti risultano,
rispettivamente, insussistenti o sussistenti, o comunque attribuendo ai
fatti e circostanze assunti a presupposto del provvedimento una
considerazione diversa dalla loro realtà.
Assume rilievo anche la violazione dell’autovincolo istruttorio.
Se l’amministrazione si sia autodeterminata alla scelta e alla fissazione di
determinati criteri e modalità, questi la vincolano nell’espletamento
dell’istruttoria, salva la possibilità di derogarvi con idonea motivazione
che ne giustifichi e ne spieghi nel caso concreto l’abbandono.
36
X - Vincolo della motivazione del provvedimento amministrativo alle
risultanze dell’istruttoria
L’esigenza dell’esternazione dei presupposti accertati nell’istruttoria sui
quali si fonda il provvedimento costituisce uno specifico aspetto della
generale problematica della motivazione a proposito della quale la
disposizione di principio posta con l’art. 3 l. n. 241 pone un rapporto di
stretta connessione tra risultanze istruttorie e corredo motivazionale
dell’atto. Si tratta, indubbiamente, della più rilevante prescrizione
contenuta nell’art. 3. Di essa – come è stato osservato - <<la
giurisprudenza può avvalersi al fine della ricomposizione dell’intera
sequenza logico-sostanziale del procedimento amministrativo e, quindi,
della ricostruzione dei passaggi essenziali del ragionamento compiuto
dall’autorità per pervenire alla decisione finale>> (58).
Ed invero il Consiglio di Stato ha più volte rimarcato il ruolo della
motivazione quale strumento di verifica della completezza e adeguatezza
dell’istruttoria sottostante le scelte provvedimentali (59). Ne consegue
che più complessa e “ricca” di elementi è l’istruttoria più ampia
dev’essere la motivazione (60).
__________________________________________________________
(58) Serra, Contributo ad uno studio sulla istruttoria del procedimento amministrativo,
Milano 1991, p. 149. Cfr. pure Minetti, La motivazione dell’atto amministrativo, Matelica
2003, p. 84 secondo cui <<la motivazione contiene il risultato, la somma, di quanto avvenuto
in fase istruttoria>>; nonché Zuballi-Savoia, La motivazione dell’atto amministrativo,
Milano 1999, p. 59, secondo cui l’istruttoria <<deve trovare riscontro nella motivazione
dell’atto>>.
(59) Inter plurimis Cons. St., sez. IV, 3 aprile 1979, n. 230 in Cons. St. 1979, I, p. 467.
(60) TAR Campania, sez. I, 21 marzo 1984, n. 208, in Foro Amm. 1984, I, p. 2186 secondo
cui quanti più sono gli elementi di cui si impone la valutazione tanto più la motivazione deve
essere estesa, al punto da comprenderli tutti.
37
La novella, nel prescrivere all’art. 6, primo comma, lett. e) che l’organo
competente all’adozione del provvedimento finale, se diverso dal
responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze
dell’istruttoria da questi condotta se non indicandone la motivazione nel
provvedimento finale, ha reso ulteriormente stringente il vincolo che lega
il suo corredo motivazionale all’esito dell’istruttoria.
38
XI – L’obbligo di motivazione dopo la l. n. 15/2005
La novella ha lasciato integra la disposizione di principio dettata dall’art.
3 l. 241 circa l’obbligo generalizzato di motivazione e la sua struttura, ma
all’art. 21 octies, sotto l’epigrafe “Annullabilità del provvedimento”, al
comma 2, ha precisato che <<Non è annullabile il provvedimento
adottato in violazione di norme [….] sulla forma degli atti, qualora, per
la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato>>.
La giurisprudenza aveva da tempo affermato, in coerenza col principio di
semplicità, che per gli atti vincolati, contraddistinti dalla assenza di
libertà di apprezzamento e di scelta, fosse sufficiente la mera
“giustificazione” del provvedimento e cioè l’indicazione dei presupposti
di fatto e delle ragioni giuridiche, indipendentemente dalla motivazione
in senso stretto e cioè dalla esternazione dell’iter logico seguito per
addivenire dalla ricognizione dei detti presupposti all’atto conclusivo.
La novella trae ispirazione da questo orientamento giurisprudenziale
favorevole alla sterilizzazione dell’effetto invalidante dei vizi formali e
potrebbe essere intesa nel senso che l’omessa motivazione dell’atto
vincolato, in quanto costituente difetto formale, non assurge al livello di
condizione di annullabilità (61).
___________________________________________________________
(61) Le prime pronunce dei TAR hanno applicato indiscriminatamente l’esenzione. Vedasi in
proposito TAR Abruzzo-Pescara, 14 aprile 2005, n. 185, in Foro Amm. 2005, n. 1, XLI, che
ha escluso l’annullabilità per difetto di motivazione del diniego di permesso di costruire
<<qualora dall’esame degli atti di causa sia palese il fatto che l’Amministrazione non
avrebbe potuto assentire il richiesto permesso in quanto la destinazione che si vorrebbe
attribuire al manufatto da realizzare non è compatibile con le destinazioni previste nella zona
dallo strumento urbanistico>>. Idem 14 aprile 2005, n. 174.
39
La corretta esegesi della innovazione non consente peraltro di teorizzare
fondatamente
l’“esenzione”
a
priori,
generalizzata
e
assoluta,
dall’obbligo di motivazione negli atti vincolati. La norma dev’essere
comunque coordinata con il principio generale posto con l’art. 3
sull’obbligatorietà della motivazione che la novella ha lasciato inalterato,
non introducendovi distinzione alcuna tra provvedimenti discrezionali e
atti vincolati. Senza dire della possibilità che l’atto abbia contenuto in
parte vincolato (ad es. nell’an) e in parte discrezionale (ad es. circa il
quomodo), donde la sussistenza comunque dell’obbligo di motivazione
relativamente alle parti non vincolate.
La “giustificazione” dell’atto vincolato è da ritenere – per principio – un
obbligo ancora sussistente e funzionale al dovere di rendiconto della
verifica compiuta sui fatti e sulle circostanze emersi nell’istruttoria e
della rispondenza del caso concreto all’ipotesi astratta (62). Soltanto che,
in presenza di un atto vincolato, l’omessa “giustificazione” ridonda come
causa di “irregolarità” piuttosto che come causa di invalidità dell’atto, al
pari di quel che accade nell’ipotesi, pure prevista dall’art. 21 octies di
omessa comunicazione di avvio del procedimento, una volta che
l’amministrazione
dimostra
che
comunque
il
contenuto
del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.
___________________________________________________________
(62) Secondo qualificata dottrina, Zuballi-Savoia, La motivazione dell’atto amministrativo,
Milano 1999, p. 47, anche nell’attività vincolata, pur non avendo l’amministrazione nessuna
scelta, <<essa deve pur sempre individuare il fatto, accertare che esso si inquadra nella
previsione della norma…>>. Conforme Minetti, op. cit., p. 74, secondo cui gli atti vincolati
<<non sono affatto esclusi dall’obbligo motivazionale, solo viene ridotto al minimo>>;
nonché Scarciglia, La motivazione dell’atto amministrativo, Milano 1999, p. 299, secondo cui
nel caso di provvedimento vincolato comunque la congruità della motivazione esige la
presenza della <<giustificazione fattuale>> dell’atto, in disparte la <<giustificazione
procedurale>> e la <<giustificazione di opportunità>> necessarie per i provvedimenti
discrezionali.
40
Irregolarità ammessa a sanatoria in base al criterio del “raggiungimento
dello scopo” che la norma in commento ha fatto proprio estendendolo ad
entrambe le ipotesi considerate.
In definitiva l’art. 21 octies non introduce una vera e propria eccezione
alla regola della invalidità dell’atto non conforme allo schema legislativo
e quindi violativo della legge, ma ne ammette la sanatoria nel processo,
dove l’amministrazione è chiamata ad accollarsi l’onere (all’assolvimento
del quale la sanatoria è subordinata) della dimostrazione, quanto alla
prima ipotesi, della natura vincolata dell’atto e, quanto alla seconda
ipotesi, dell’inesistenza di alternative decisionali.
La novella, sempre nel capo IV bis, precisamente all’art. 21 septies, ha
previsto che <<E’ nullo il provvedimento che manca degli elementi
essenziali>>. Sarebbe semplicistico escludere l’applicabilità della norma
in tutti i casi di vizio della motivazione sul presupposto che la
motivazione è elemento formale e, come tale, inessenziale, donde
l’annullabilità e non la nullità dell’atto di essa carente.
Sennonchè una tale opzione ermeneutica si scontra con la dottrina
tradizionale incline a considerare la “forma” del provvedimento come suo
elemento essenziale (63).
___________________________________________________________
(63) Virga, Diritto amministrativo, vol. II, Milano 1992, p. 42 ss. che identifica gli elementi
essenziali del provvedimento nell’agente, nella volontà, nell’oggetto, nella forma. Per
l’affermazione che la motivazione è forma essenziale del provvedimento, parte della sua
ontologia, tant’è che l’atto che ne è privo <<non è un provvedimento amministrativo>> cfr.
Italia, Commento all’art. 3 l. n. 241/90 in AA.VV. Procedimento Amministrativo e Diritto di
Accesso ai documenti, Milano 1995, p. 68. Secondo Cavallo, Provvedimenti e atti
amministrativi in Trattato di Diritto Amministrativo a cura di Caianiello, vol. III, Padova
1993, p. 60 s. la motivazione costituisce <<il nucleo centrale in cui si articola la forma>>.
Per l’affermazione che <<il difetto di motivazione non è un vizio meramente formale>>
vedasi TAR Milano, sez. III, 11 ottobre 2004, n. 5521 in Foro amm. 2004, p. 2828. Nella
stessa decisione viene pure rimarcato che: <<Al di là, infatti, della sua qualificazione in
termini di violazione di legge, in forza dell’art. 3 l. n. 241 del 1990, la carenza di motivazione
inficia il provvedimento che ne è affetto nella sua intima sostanza>>.
41
Senza dire che l’atto incongruamente motivato e di conseguenza
perplesso nella misura in cui non consente, in quanto tale, di cogliere la
volontà in esso manifestata, non può non essere esposto alla sanzione
della nullità.
Nelle cornici normative definite dalla riforma l’obbligo di motivazione
che incombe sul responsabile del procedimento si conforma con
molteplici configurazioni ed aspetti.
Il responsabile deve accompagnare il preannuncio di rigetto della
domanda con la motivazione giustificativa del progetto di provvedimento
negativo ai sensi dell’art. 10 bis, tenendo poi conto dell’apporto
partecipativo dell’interessato ai fini di definire il corredo motivazionale
del provvedimento finale anche in base al materiale istruttorio (memorie
e/o documenti) da esso forniti.
Il responsabile deve motivare la generalità degli atti da lui medesimo
adottati o predisporre la motivazione degli atti che saranno adottati
dall’organo competente all’adozione del provvedimento finale. Anche
per gli atti vincolati è obbligatoria la motivazione nella forma ridotta
della
“giustificazione”
(indicazione
dei
presupposti
accertati
nell’istruttoria), pena la difformità dallo schema normativo, peraltro
sanabile.
La motivazione deve essere in grado di manifestare la volontà
dell’amministrazione. Se incongrua e perplessa al punto da non
consentirne la ricostruzione l’atto è nullo.
42
XII – Tempestività dell’azione amministrativa e “danno da ritardo”
Il responsabile del procedimento – come va ribadito – ha il poteredovere, ai sensi dell’art. 6 l. n. 241, di assumere tutte le iniziative e di
adottare tutte le misure occorrenti ad assicurare speditezza e tempestività
all’azione amministrativa.
D’altra parte il privato ha una pretesa tutelata alla conclusione del
procedimento (sia esso d’ufficio che ad iniziativa di parte) nel rispetto del
termine finale disciplinato dall’art. 2.
Il trasmodare dell’attività dal termine conclusivo del procedimento e
l’assunzione tardiva del provvedimento finale danno la stura a
responsabilità
che,
a
molteplice
titolo
(penale,
disciplinare,
amministrativa), incombono sul responsabile dell’istruttoria e dell’organo
che adotta il provvedimento conclusivo (ove le due funzioni non
convergano nello stesso soggetto).
Sul danno da ritardo, a seguito di recente ordinanza della IV sezione del
Consiglio di Stato (64), è stata coinvolta l’Adunanza Plenaria che si
dovrà pronunciare, oltre che sulla spettanza della giurisdizione al Giudice
amministrativo, che secondo la sezione rimettente sarebbe il corollario
del mancato esercizio di poteri autoritativi nei termini di legge (65), sulla
risarcibilità del danno stesso di per sé considerato, indipendentemente
dalla <<spettanza del bene della vita>> oggetto della potestà
amministrativa.
___________________________________________________________
(64) Ord. 7 marzo 2005, n. 875 in Giornale di dir. amm. 2005, p. 542.
(65) L’ord. cit. osserva in proposito che non sarebbe ragionevole devolvere a giudici diversi
la controversia relativa alla legittimità del provvedimento e la controversia relativa al ritardo
nel provvedere e alla connessa responsabilità.
43
L’”invito” che la IV sezione ha rivolto all’Adunanza Plenaria è di sancire
la responsabilità del danno da ritardo come effetto della violazione
dell’interesse procedimentale alla tempestività della definizione del
procedimento.
E’ auspicabile che l’Adunanza Plenaria faccia proprio questo indirizzo
che appare il più confacente al diritto comunitario e alla prospettiva di
evoluzione del diritto interno in conformità dei suoi principi richiamati
dall’art. 1, primo comma l. n. 241 novellata, tra i quali il principio
dell’affidamento e il principio di conclusione del procedimento entro un
termine certo.
Il privato vanta un legittimo affidamento alla conclusione del
procedimento nel rispetto del termine fissato dall’art. 2 l. n. 241. Si tratta
di un termine cogente per entrambe le parti: per l’amministrazione che
non può pretendere di superarlo, per il privato che non può pretendere un
anticipato provvedimento.
44
La l. n. 241, art. 2, garantisce la certezza del tempo nei rapporti
amministrativi, avendo sottratto all’amministrazione il dominio sul tempo
della propria azione (66). Su tale certezza temporale (obiettiva) il privato
che entra in contatto con l’amministrazione costruisce la sua certezza
temporale (soggettiva). Il suo affidamento si radica nel dovere posto
dall’art.
2
anzidetto
con
la
forza
di
un
principio
generale
dell’ordinamento amministrativo (67) e merita tutela risarcitoria
autonoma, costituendo la tempestività dell’azione amministrativa esso
stesso un <<bene della vita>> che l’amministrazione, non più struttura di
potere ma piuttosto struttura di servizi, è tenuta a rispettare.
___________________________________________________________
(66) Con fine ironia Merusi scrive che <<In principio il quando era discrezionale>>, op. cit.,
p. 20 e che <<L’antica discrezionalità nel quando che caratterizzava, salvo rare eccezioni
derogatoriamente imposte dalla legge, l’attività della Pubblica Amministrazione viene
sovvertita>>.
(67) Il Consiglio di Stato, Ad. Gen. par. 21 novembre 1991, n. 141 ha rimarcato che la
certezza del tempo nei rapporti amministrativi è divenuta, per effetto della l. n. 241/90,
<<valore ordinamentale fondamentale>>.
45
XIII – La generalità dei principi della l. n. 241 riformata e
dell’istituto del responsabile del procedimento
La l. n. 15/2005 ha novellato l’art. 29 della l. n. 241/90 per adeguarlo al
mutato quadro costituzionale successivo alle modifiche del tit. V della
Costituzione, così come ha riscritto l’art. 1 della l. stessa per
armonizzarlo col diritto comunitario.
La formulazione attuale dell’art. 29 è basata sulla distinzione tra
l’amministrazione statale e quelle regionali e locali. Per la prima la l. n.
241 si applica nella totalità delle disposizioni, per le altre nei principi
posti a presidio <<delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione
amministrativa>>.
Nonostante sia alquanto oscura e indeterminata la disposizione si presta
non di meno ad essere intesa come sostanzialmente confermativa
dell’originaria disciplina che qualificava le disposizioni di principio nelle
quali si articolava la l. n. 241 come principi generali dell’ordinamento
giuridico vincolanti sia le regioni a statuto ordinario che quelle a statuto
speciale, queste ultime tenute ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle
<<norme fondamentali contenute nella legge medesima>>.
Depone in tal senso la immediata contiguità (se non l’identità) della più
parte delle norme da essa dettate con i principi costituzionali e con i
principi dell’ordinamento europeo, in quanto tali idonee a vincolare il
legislatore regionale ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost.. Così è, ad es.,
per il principio del contraddittorio (o principio del giusto procedimento)
che ha base nell’art. 97 Cost. e per il principio della conclusione del
procedimento entro un termine certo, che si pone in rapporto di stretta
coerenza con l’art. II-101 della Costituzione Europea, che consacra il
diritto della persona alla conclusione del procedimento che la riguarda
entro un termine ragionevole.
46
Inoltre, le materie disciplinate dalla l. n. 241 rientrano per lo più tra
quelle considerate dall’art. 117, comma 2, lett. m) o tra quelle di cui alla
lett. l) come tali appartenenti alla potestà legislativa esclusiva dello Stato
(determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali) con ridotti margini di intervento per la legge regionale e
gli statuti degli enti locali che potranno incidere sulle materie di cui alla
lett. m) con disposizioni migliorative e non certo riduttive.
E questo vale, oltre che per la materia dell’accesso ai documenti
amministrativi, per quelle della partecipazione al procedimento e della
semplificazione amministrativa, per le quali resta affidata alla
legislazione regionale e all’autonomia statutaria e regolamentare degli
enti locali unicamente la potestà di fissare ulteriori livelli di tutela (68).
Si può dire in conclusione che, dal momento che il novellato art. 29 non
introduce per quanto anzidetto rilevanti modificazioni rispetto al testo
originario, l’ambito normativo all’interno del quale restano definito
l’istituto del responsabile del procedimento e regolata l’istruttoria
procedimentale è, in sostanza, quello fissato con l’originaria disciplina
della l. n. 241 integrata e modificata dalla l. n. 15/2005; disciplina che
conserva, in forza della immediata contiguità al dettato costituzionale e
alla stretta coerenza con i principi del diritto europeo, piena e universale
vigenza, applicandosi alla generalità dei procedimenti amministrativi
dello Stato, delle Regioni, degli enti locali.
___________________________________________________________
(68) Così Cerulli Irelli, op. cit.. In senso conforme Di Nitto, op. cit., p. 505 che esclude su
queste basi l’esistenza di uno spazio di regolamentazione del procedimento amministrativo
diversa da regione a regione e da comune a comune. Cfr. pure Mattarella, Il provvedimento
amministrativo, Il Giornale dir. amm. 2005, p. 472 che argomentando dalla riserva alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato della materia della giustizia amministrativa, perviene
all’affermazione che in questo quadro è difficile ritenere che le leggi regionali possano
modificare il principio per cui l’invalidità del provvedimento lo rende di regola annullabile e
non nullo <<perché ciò significherebbe stravolgere il sistema di tutela giurisdizionale nei
confronti dei provvedimenti amministrativi>>.
Francesco Castiello
47