Cessioni di immobili ad uso funzionale delle banche e dei
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Cessioni di immobili ad uso funzionale delle banche e dei
Osservazioni dell’ABI al documento di consultazione della Banca d’Italia sulla “Disciplina prudenziale delle cessioni di immobili ad uso funzionale delle banche e dei gruppi bancari” 20 gennaio 2010 POSITION PAPER 01/2010 POSITION PAPER 1/2010 1. Premessa Il documento, pubblicato dalla Banca d’Italia il 25 novembre 2009, nel delineare i tratti di una nuova disciplina di vigilanza sulle operazioni di cessioni di immobili da parte di Gruppi bancari, prevede l’introduzione di un cd. filtro prudenziale finalizzato ad assicurare che l’utile prodotto dalla cessione degli immobili sia effettivo e nella piena disponibilità della banca o del gruppo bancario e, pertanto, sia correttamente computato nel patrimonio di vigilanza. La Banca d’Italia sembra aver riguardo preminente alle operazioni di dismissione di immobili a uso funzionale delle banche realizzate nei confronti di fondi immobiliari o società consortili in cui le banche ritengono un interesse economico in termini di partecipazione al capitale e di finanziamento dell’acquisto immobiliare. L’attenzione dell’Autorità di vigilanza si sofferma anche sulla circostanza che gli immobili vengono restituiti in locazione per lunghi periodi (15 - 30 anni) alle banche cedenti e che, inoltre, queste ultime sono spesso titolari anche di opzioni call esercitabili in qualsiasi momento, ovvero decorso un certo numero di anni. Alla luce dell’esame del documento si riportano di seguito osservazioni e commenti rispetto al testo posto in consultazione. alcune In via preliminare, si richiama, come tra l’altro evidenziato nel documento di consultazione, la circostanza che gli IAS/IFRS disciplinano in modo specifico le condizioni necessarie affinché un’operazione di cessione di immobili o di qualsiasi altra attività possa essere considerata come una “true sale”. La rilevazione contabile di un’operazione di vendita di immobili e “successiva” retrolocazione è dettagliatamente disciplinata dal principio contabile IAS 17, Leasing. In particolare il paragrafo 61 dello IAS 17 stabilisce che “se un’operazione di vendita e retrolocazione corrisponde a un leasing operativo, ed è evidente che l’operazione è effettuata al fair value (valore equo), ogni utile o perdita deve essere rilevato immediatamente”. Inoltre, il paragrafo 62 dispone che “se la retrolocazione corrisponde a un leasing operativo, e i canoni delle operazioni di leasing e il prezzo di vendita sono a fair value (valore equo), si è in presenza di una normale operazione di vendita e qualsiasi utile o perdita è rilevato immediatamente”. Con specifico riferimento alla classificazione delle operazioni di leasing, il principio contabile IAS 17 (par. 10) stabilisce che “la classificazione di un leasing come finanziario od operativo dipende dalla sostanza dell’operazione piuttosto che dalla forma del contratto. Esempi di situazioni che Osservazioni dell’ABI al documento di consultazione della Banca d’Italia sulla “Disciplina prudenziale delle cessioni di immobili ad uso funzionale delle banche e dei gruppi bancari” Pagina 2 di 9 POSITION PAPER 1/2010 individualmente o congiuntamente potrebbero di norma portare a classificare un leasing come finanziario sono: a) il contratto di leasing trasferisce la proprietà del bene al locatario al termine del contratto stesso; b) il locatario ha l’opzione di acquisto del bene a un prezzo che ci si attende sia sufficientemente inferiore al fair value (valore equo) alla data alla quale si può esercitare l’opzione, cosicché all’inizio del leasing, è ragionevolmente certo che essa sarà esercitata; c) la durata del leasing copre la maggior parte della vita economica del bene anche se la proprietà non è trasferita; d) all’inizio del leasing il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing equivale almeno al fair value (valore equo) del bene locato; e e) i beni locati sono di natura così particolare che solo il locatario può utilizzarli senza importanti modifiche.” Questo breve riepilogo della normativa contabile di riferimento evidenzia che la rilevazione contabile dell’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione di uno o più immobili è già sottoposta alla verifica dell’esistenza di tutta una serie di condizioni da parte degli organi aziendali competenti. Le valutazioni di questi ultimi sono inoltre soggette al vaglio degli organi di controllo interni ed esterni. Alla luce di quanto sopra non è di immediata comprensione come la plusvalenza derivante una operazione di cessione di immobili avente caratteristiche tali da consentire la rilevazione in base ai principi contabili internazionali possa non rispettare i “requisiti di piena disponibilità da parte del Gruppo bancario e di stabilità richiesti per il computo degli elementi patrimoniali nel patrimonio di vigilanza”. A nostro parere, se la modalità di rilevazione contabile di un’operazione della specie in esame ha superato il vaglio di tutti gli organi di controllo interni ed esterni siamo di fronte ad un utile realizzato e come tale pienamente e stabilmente disponibile per il Gruppo Bancario. Va, inoltre, evidenziato che l’Organo di Vigilanza, come del resto precisato nel documento di consultazione, dispone già del potere di individuare una composizione del gruppo diversa da quella comunicata qualora riscontri a suo insindacabile giudizio situazioni di controllo ai sensi dell’art. 23 del TUB. Lo stesso Organo, inoltre, ha già il potere di richiedere l’assoggettamento a consolidamento integrale o proporzionale di società bancarie o finanziarie quando a suo insindacabile giudizio si configurino situazioni di più ampia integrazione con il soggetto partecipante. Ciò posto, in considerazione degli ampi mezzi e poteri già attribuiti all’Organo di Vigilanza al fine di riconfigurare la struttura del Gruppo ai fini prudenziali sulla basa di una valutazione ad hoc del caso di specie non comprendiamo la necessità di una ulteriore norma restrittiva applicabile indiscriminatamente a tutte le operazioni di cessione di immobili, anche a Pagina 3 di 9 POSITION PAPER 1/2010 quelle per le quali vi sia un minimo apporto finanziario da parte del gruppo bancario cedente al soggetto cessionario. Sempre nell’ambito della premessa riteniamo infine opportuno suggerire che l’introduzione di questa come di qualsiasi ulteriore disciplina prudenziale da parte dell’Organo di Vigilanza italiano sia soggetta alla preventiva verifica del suo pieno allineamento alla disciplina emanata dagli Organi di Vigilanza esteri. Evidenziamo a tale proposito che operazioni di cessione e retrolocazione di immobili funzionali sono state poste in essere prima che in Italia in altri paesi europei e non europei (a titolo di esempio si citano le operazioni perfezionate in Spagna dal Banco de Santander). E’ del tutto evidente infatti che una disciplina prudenziale omogenea tra tutti i paesi è fondamentale per poter consentire agli enti creditizi italiani di competere con le banche estere. 2. Definizione della fattispecie di cessione regolata Sembra importante che la fattispecie di cessione di immobili oggetto della disciplina sia più precisamente determinata, chiarendo tra l’altro se le dismissioni regolate riguardino esclusivamente le ipotesi specifiche in cui i cessionari siano fondi o società consortili e se debba necessariamente concorrere come presupposto la condizione che gli immobili siano funzionali e che i beni siano mantenuti in locazione da parte del gruppo cedente. In tale prospettiva, sembrerebbe necessario anche comprendere come verrebbero trattate ipotesi di cessione miste, in cui cioè solo parzialmente ricorrano gli elementi indicati come caratterizzanti della fattispecie (es. smobilizzo di beni funzionali e non; interruzione del rapporto di locazione). Potrebbe essere opportuno prevedere soglie oggettive di rilevanza dell’operazione per l’applicazione stessa della nuova disciplina, oltre che per la comunicazione preventiva all’Autorità. 3. Operazioni di cessione perfezionate successivamente alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni a) Interessenza economica del cedente Nel paragrafo intitolato “Patrimonio di vigilanza“ viene stabilito il principio in virtù del quale l’utile riveniente dalla cessione degli immobili è computabile solo entro il limite della quota finanziata in modo diretto o indiretto da soggetti terzi rispetto al gruppo bancario cedente. L’Organo di Vigilanza tratta sullo stesso piano il sostegno finanziario attribuito al cessionario dal gruppo bancario cedente sia che questo avvenga tramite partecipazione al capitale che come erogazione di finanziamenti. Tale omogeneizzazione non ci sembra corretta. La sottoscrizione di debito emesso dal cessionario andrebbe a nostro parere presa in considerazione solo qualora questa assuma dimensioni tali da Pagina 4 di 9 POSITION PAPER 1/2010 consentire al gruppo bancario di esercitare un influenza significativa se non addirittura di controllare di fatto le scelte del cessionario. Per quanto riguarda l’eventuale sottoscrizione di debito emesso dal cessionario riterremo pertanto opportuna quanto meno l’introduzione di una soglia di esenzione (per esempio 20% del totale debito/equity emesso dal cessionario) al fine di non penalizzare eccessivamente queste componenti equiparandole al possesso di interessenze azionarie. Si tenga conto a tale proposito che la sottoscrizione di una quota ridotta di debiti emessi dal cessionario potrebbe essere fisiologica nella fase iniziale della dismissione di un importante “portafoglio immobiliare”, anche allo scopo di facilitare il perfezionamento dell’operazione a condizioni di mercato. Anche con riferimento alla eventuale sottoscrizione di strumenti di equity emessi dal cessionario riterremo auspicabile l’introduzione di una soglia di esenzione, quanto meno in determinati casi. Qualora il Gruppo bancario abbia organizzato l’operazione di cessione identificando quale cessionario un fondo immobiliare anche al fine di garantire alla propria clientela nuove forme di investimento appetibili, è fisiologico che il Gruppo abbia interesse a garantire la liquidità di tali strumenti finanziari costituendo una sorta di mercato secondario per le quote del fondo. Nel caso di cessioni a fondi immobiliari si propone pertanto di introdurre una soglia di esenzione (per esempio 10%) limitatamente alle quote del Fondo che si trovassero nel portafoglio di negoziazione di Aziende del Gruppo cedente. Atteso che la presenza nell’attivo patrimoniale del Gruppo bancario cedente di strumenti di debito/equity emessi dal cessionario può modificarsi nel tempo, si propone in ogni caso di chiarire che il computo del rapporto “a / b”, quale definito a pagina 3 del documento di consultazione, non deve essere calcolato una volta per tutte solo ad inizio operazione, bensì rideterminato in occasione di ogni data di calcolo dei ratio patrimoniali del Gruppo bancario cedente. In questo modo la frazione di utili, computabile o meno, risulterebbe coerente con l’effettivo livello di finanziamento diretto/indiretto garantito a quella data al cessionario dal gruppo bancario cedente. b) Definizione dei finanziamenti rilevanti In aggiunta a quanto sopra, va tenuto conto che l’indebitamento e l’assetto azionario del cessionario potrebbero essersi formati in momenti antecedenti e non collegati con l’operazione di smobilizzo immobiliare: al riguardo il filtro potrebbe essere limitato ai soli contributi di capitale o debito direttamente connessi con l’operazione e realizzati in un arco di tempo ad essa prossimo. Sembra anche utile determinare più chiaramente il caso di “esposizione verso cartolarizzazioni”, che (alla luce delle indicazioni fornite nella Pagina 5 di 9 POSITION PAPER 1/2010 premessa del documento in consultazione) sembra comprendere le ipotesi di esposizioni nei confronti dei cessionari per le quali siano successivamente disposte operazioni di cartolarizzazione con impegni di riacquisto, piuttosto che le esposizioni creditizie nei confronti di veicoli cessionari. c) Definizione dei finanziatori collegati Secondo l’impostazione proposta dalla Banca d’Italia, l’utile riveniente dalla cessione degli immobili è computabile nel patrimonio di vigilanza solo nel limite della quota “finanziata” da soggetti terzi rispetto alla banca e al gruppo bancario cedente. A tal fine sono considerati soggetti terzi “quelli diversi dai soggetti collegati, come definiti ai sensi dell’art. 53, comma 4 e seguenti del testo unico bancario”. Si osserva, al riguardo, che il perimetro dei “soggetti collegati” non è allo stato compiutamente definito, non essendo state ancora emanate le disposizioni di attuazione della delibera CICR del 29 luglio 2008. In ogni caso – tenendo conto della definizione di soggetti collegati già stabilita dal CICR e anche senza considerare l’ulteriore ampliamento della stessa nozione recentemente proposto dalla Banca d’Italia nell’ambito dei questionari in materia di attività di rischio inviati alle banche – il perimetro proposto appare eccessivamente esteso, in quanto comprendente anche soggetti estranei all’area che contribuisce a determinare il patrimonio di vigilanza consolidato del gruppo. A titolo esemplificativo, preme evidenziare che adottando la definizione di soggetti terzi indicata l’imputazione dell’utile nel patrimonio di vigilanza della banca cedente sarebbe preclusa o ridotta nelle ipotesi in cui il cessionario abbia ricevuto assistenza finanziaria da parte di i) azionisti di minoranza della banca che, se pur rilevanti, non controllano, né esercitano un’influenza notevole sulla banca stessa, ovvero ii) da esponenti o da società controllate da esponenti di una banca appartenente al Gruppo bancario, o ancora iii) da società partecipate in misura notevole dalla banca, ma non controllate. Non ravvisandosi una particolare ragione di protezione che giustifichi una tale estensione del perimetro, parrebbe, invece, corretto considerare come terzi tutti i soggetti che non appartengono al Gruppo bancario o, al limite, al gruppo di società controllate dalla banca. Sembrerebbe inoltre importante chiarire se e con quali criteri l’autorità di vigilanza intenda riservarsi di applicare una deduzione patrimoniale, anche in mancanza di un finanziamento connesso con l’operazione, quando la governance del cessionario presenti elementi rilevanti per la derecognition a fini contabili. Pagina 6 di 9 POSITION PAPER 1/2010 d) Trattamento delle opzioni call e put Quanto ai criteri di computo dell’utile nel patrimonio di vigilanza, il documento di consultazione contempla diverse alternative in funzione della presenza in capo al cedente di diritti di prelazione o di opzioni call e della data di esercizio dei diritti. A seconda che l’opzione call possa essere esercitata - rispetto alla data di decorrenza del contratto di locazione - nell’arco di un quinquennio, un decennio ovvero oltre il periodo decennale, l’utile è rispettivamente oggetto di un filtro prudenziale totale ovvero viene imputato al patrimonio supplementare o al patrimonio di base. Diverso trattamento viene, invece, riservato alle clausole contrattuali - nella sostanza opzioni put - che “consentano” (nel senso forse che impongano) al cedente di riacquistare l’immobile su iniziativa del cessionario, per le quali sembra stabilito comunque in termini prescrittivi un limite del 10% del valore complessivo degli immobili ceduti (superabile solo in condizioni particolari), escludendosi in tal caso un filtro prudenziale. Al riguardo, in presenza di opzioni call limitate al 10% del valore complessivo parrebbe coerente applicare il criterio di libera imputazione a patrimonio degli utili (consentito nelle ipotesi di opzioni put), non ravvisandosi diversità di ratio che giustifichino discipline differenziate (ed anzi risultando potenzialmente più penalizzante per la banca l’ipotesi di una opzione put a favore del cedente). Quanto alle opzioni put, la condizione di superamento del limite del 10% legata a circostanze estranee all’attività della banca cedente - l’ipotesi proposta riguarda il caso che il cessionario sia tenuto a vendere gli immobili per ragioni legate alla propria disciplina di settore e/o all’equilibrio finanziario del cessionario stesso – potrebbe risultare di non immediata identificazione e potrebbe più opportunamente essere previsto un provvedimento autorizzativo o di nulla osta da parte della stessa Autorità di vigilanza, al momento dell’eventuale esercizio dell’opzione. Parrebbe, inoltre, opportuno chiarire in modo espresso se le opzioni che attivano il filtro prudenziale o sono oggetto di limitazione debbono avere ad oggetto solo gli immobili ceduti, ovvero possono anche riguardare eventuali partecipazioni al capitale di società/fondi proprietari degli immobili stessi. Infine, sembra utile chiarire se le opzioni put e call siano contemporaneamente anche oggetto di trattamento prudenziale nell’ambito delle regole sui rischi di mercato. e) Attività di rischio Nella misura della quota di dismissione non finanziata da soggetti terzi, il documento sembra proporre in aggiunta al filtro prudenziale sull’utile da Pagina 7 di 9 POSITION PAPER 1/2010 cessione anche il mantenimento degli immobili funzionali ceduti tra le attività a rischio (sia per il coefficiente di solvibilità, sia per il margine disponibile in attività immobiliari). Tale soluzione sembra particolarmente scoraggiante e potrebbe essere limitata alle sole ipotesi in cui concorrano anche opzioni di riacquisto per importi superiori al 10% del valore complessivo. f) Comunicazione preventiva Il documento di consultazione introduce obblighi di comunicazione preventiva nei confronti della Banca d’Italia in presenza di operazioni finalizzate a dismettere quote rilevanti del patrimonio immobiliare strumentale. Tuttavia, non vengono definiti i criteri sulla base dei quali valutare la rilevanza dell’operazione. In proposito si suggerisce di • inserire parametri di rilevanza oggettivi che consentano di identificare con semplicità le operazioni da comunicare (ad es. gli immobili oggetto di dismissione, sulla base del loro valore contabile, rappresentano il 5% del patrimonio di vigilanza della banca o del gruppo); • chiarire se l’obbligo di comunicazione verso l’Autorità di vigilanza sorge al momento in cui la decisione viene assunta dagli Organi sociali della banca e se, una volta adempiuto al dovere di informativa, possa darsi esecuzione all’accordo di cessione senza dover attendere un provvedimento amministrativo. 5. OPERAZIONI DI CESSIONE PERFEZIONATE PRECEDENTEMENTE ALLA DATA DI ENTRATA IN VIGORE DELLE NUOVE DISPOSIZIONI Dal documento di consultazione si evince che il nuovo trattamento ai fini prudenziali si applicherebbe anche alle operazioni già perfezionate alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni. In proposito, pare necessario chiarire se si intenda assoggettare alla nuova regolamentazione le operazioni per le quali la cessione immobiliare sia stata conclusa nell’ultimo esercizio rispetto alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni ovvero si intenda includere anche le operazioni pregresse e per le quali ricorrano ancora tutte le condizioni presupposte nella nuova disciplina (natura del cessionario e locazione dei beni). Tale soluzione si presenterebbe comunque particolarmente impegnativa e penalizzante per tutte le banche e gruppi bancari che hanno già posto in essere operazioni di cessione della specie in esame, poiché rimette in discussione la normativa applicabile al momento in cui era stata valutata l’opportunità e la convenienza dell’operazione: essa impone alle banche un sacrificio che non pare possibile condividere con le controparti cessionarie. Tali banche hanno in piena buona fede assunto come punto di riferimento per la valutazione della convenienza dell’operazione di cessione la Pagina 8 di 9 POSITION PAPER 1/2010 normativa vigente. L’applicazione retroattiva della nuova normativa può modificare anche significativamente la valutazione ex post della convenienza delle operazioni perfezionate. Chi ha già perfezionato un’operazione si trova nell’impossibilità di modificarne la struttura al fine di adeguarla alle modifiche normative intervenute. Risultano invece avvantaggiati gli enti che perfezioneranno operazioni analoghe dopo l’entrata in vigore delle nuove normative in quanto hanno materialmente la possibilità di tenere conto dei nuovi vincoli. Si propone di adottare il generale criterio di irretroattività della nuova disciplina, con un termine ordinario di entrata in vigore. Pagina 9 di 9