32 - Marinai d`Italia

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32 - Marinai d`Italia
Marinai illustri
Un gran pavese: Angelo Belloni
Mario Veronesi - Socio di Pavia
Angelo Belloni (1882-1957) ufficiale di marina,
sommergibilista, progettista, sperimentatore
di innovative apparecchiature navali che possiamo considerare uno dei padri italiani e forse del mondo, del lavoro subacqueo. Direttore
dei corsi della scuola sommozzatori e consulente tecnico della Regia Marina. Un uomo
estroverso e geniale che ha dedicato gran
parte della sua vita allo sviluppo dei mezzi subacquei.
Nasce a Pavia il 4 marzo 1882, in via Jacopo
Menocchio, da Cesare e Aurelia Rossi della
Volta. Angelo frequenta le scuole elementari a
Pavia e gli studi superiori al Liceo Beccaria di
Milano. Attratto dal mare nel 1899 presentò domanda d’ammissione alla Regia Accademia
Navale di Livorno, ma venne scartato alla visita
medica per deficienza toracica. Deciso ad entrare in Accademia, tornò a Pavia si iscrisse al
primo anno di matematica, guadagnandosi anche un posto di alunno al Collegio Ghislieri, e alla Canottieri. Si mise a remare sul Ticino come
un forsennato d’estate e d’inverno con la “yole
a quattro” dell’equipaggio universitario di campionato, o da solo con il “sandolino” o con la
“barbetta”, passando sull’acqua giornate intere. In un anno la circonferenza del suo torace
aumentò di 14 centimetri e così, ripresentatosi
a Livorno nel 1900, fu ammesso. Conclusi brillantemente i tre anni d’Accademia (fu 2° del suo
corso), ebbe il suo primo imbarco come guardiamarina sull’incrociatore Marco Polo. Ai primi di febbraio del 1904 il Marco Polo partì per
l’Estremo Oriente e il giovane Belloni visitò Cina, Corea e Giappone, tornando in Italia nell’autunno del 1905. Purtroppo a causa di una grave
forma di otite con conseguente sordità, nel
1911, a soli ventinove anni fu posto in congedo.
Lasciata con rammarico la Marina, fu subito assunto dalla Fiat-San Giorgio e incaricato dei
collaudi e della consegna dei sommergibili che
il cantiere del Muggiano costruiva per le forze
navali straniere. Acceso interventista (con il
termine interventismo si definiscono le posizioni assunte da alcune correnti politiche e di pensiero favorevole all’intervento armato a fianco
della Francia e Inghilterra nella prima guerra
mondiale), compì il 4 ottobre 1914 un vero e proprio atto di pirateria, impossessandosi, assieme
ad una quindicina di marinai convinti di partecipare ad una missione segreta, di un sommergibile costiero costruito nei cantieri navali del
Muggiano e destinato alla Marina russa (l’unità
era ancora contraddistinta soltanto dalla sigla
di costruzione, F-43 ). Se fosse stata consegnata, avrebbe avuto il nome di Svyatoi Georgjy.
Successivamente, requisito dalla Regia Marina
ed iscritto al quadro del naviglio militare con
R.D. 31 dicembre 1914, e ribattezzato con il
nome di Argonauta. La sua idea era quella di
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Marinai d’Italia Marzo 2016
attaccare unità della k.u.k. Kriegsmarine (Marina da guerra austriaca), costringendo così l’Italia ad entrare in guerra. Il tentativo fallì, anche
perché Belloni si era recato in Corsica per rifornirsi di siluri e cercare l’appoggio della Marina
francese, la quale sentite le autorità italiane,
bloccarono lui ed il battello ad Ajaccio. Belloni
fu messo agli arresti e processato con l’imputazione di “furto di sommergibile” e altre 12 imputazioni. In tempi normali sarebbe stato condannato, ma l’entrata in guerra dell’Italia e le sue indubbie capacità convinsero i giudici del tribunale militare ad assolverlo con formula piena
anche dalle accuse di carattere fiscale. All’entrata in guerra dell’Italia, gli alti gradi della Marina si dimenticarono i suoi difetti d’udito e lo richiamarono in servizio con il grado di sottotenente di vascello. Convinto dell’importanza del
mezzo sommergibile e delle potenzialità militari insite nelle attrezzature subacquee divenne
ben presto sostenitore dell’arma sottomarina,
tanto da essere destinato alla nuova specialità. Durante il conflitto gli fu affidato il comando del sommergibile tascabile A-1 partecipando a ben 112 missioni. Il primo ottobre 1925 entrò a far parte della Divisione Sommergibili, partecipando alle normali attività addestrative ed
alle gare di lancio ed attacco. Nel 1920 primo e
unico caso della Marina italiana, il Belloni acquistò per centomila lire (dell’epoca!) il Galileo
Ferraris, che fu classificato “sommergibile da
commercio”. Con il Ferraris, Belloni ottiene dalla Regia Marina in affitto, con facoltà di acquisto, anche due vedette, il Cerboli, da 280 tonnellate ed il Fortunale da 340, immatricolate come
piropescherecci. Entrambe queste unità avrebbero dovuto svolgere il ruolo di unità d’appoggio al sommergibile nella nuova attività che il
Belloni intendeva intraprendere, quella della ricerca di banchi perliferi e della pesca delle perle, tanto che il Ferraris viene definito “nave da
pesca sommergibile.” La sua intenzione prevedeva che il Ferraris si appoggiasse sul fondo,
consentendo ad alcuni membri dell’equipaggio,
con indosso una sorta di guaina di tessuto gommato ed impermeabile, dotata di cappuccio con
oculari, quella che fu poi chiamato “vestito Belloni”, di uscire dallo scafo tramite un compartimento stagno e, camminando sul fondo, identificare i banchi perliferi raccogliendo così in
quantità le ostriche dal prezioso contenuto. L’ostilità dei pescatori di perle locali, la scarsità dei
banchi e la cattiva qualità delle perle, convince
definitivamente Belloni ad abbandonare il suo
progetto della pesca delle perle. Abbandonata
così l’idea dell’uso del sommergibile per la pesca delle perle, si decise di impiegare il Ferraris nel recupero dei relitti ed a tale scopo ottenne in prestito da parte della Regia Marina, il
pontone GA 111 e le vedette G 38, Serpentara e
Selinunte. Seppur con notevole ritardo, le idee
di Belloni propagandate fin dal 1914 in convegni
e scritti si fecero largo. La sua fama di abile tecnico era così nota che nel 1940, nonostante
avesse ormai 58 anni, la Regia Marina lo richiamò in servizio affidandogli la direzione della scuola per l’addestramento degli operatori
subacquei. Insieme al maggiore del genio navale Teseo Tesei (1909-1941), gettò le basi della
X Flottiglia Mas. Senza Belloni, le sue invenzioni e la sua insistenza nell’allestire la scuola
sommozzatori, le coraggiose imprese compiute
dagli operatori della X Mas, in gran parte decorati con medaglia d’oro, non sarebbero state
possibili. Nel 1954 il gruppo fu ricostituito con il
nome di Comsubin (Comando Subacqueo Incursori), con base al Varignano di La Spezia. Al
termine della guerra Belloni collaborò con le
truppe alleate allo sminamento di alcuni porti
italiani, fino al momento in cui fu congedato dalla Marina con il grado di capitano di corvetta.
Angelo Belloni pubblicò dal 1904 al 1948 un notevole numero di articoli sulla “Rivista Marittima” organo d’informazione tecnico-scentifica
della Marina Militare fin dal 1868 (con cui, per
bontà loro, collaboro da una decina d’anni). Angelo Belloni trascorse gli ultimi undici anni della sua vita nel castello Frugone di Cavi di Lavagna, fino al momento della sua morte avvenuta
il 9 marzo 1957 a Genova mentre si dirigeva a
piedi ad un convegno di sommozzatori, immerso come sempre nei suoi pensieri, non udì il sopraggiungere di un tram che lo travolse e l’uccise. In questo modo “banale e terreno” scompariva a 75 anni; un uomo eccezionale per inventiva, carattere, forza d’animo e dedizione alla Marina. Era ancora viva nella memoria dei
vecchi pescatori di Porto Venere l’immagine di
un attempato signore che, nell’immediato dopoguerra continuava imperterrito ad immergersi nelle fredde acque del canale antistante l’isola di Palmaria per sperimentare i suoi innovativi strumenti. Il “Comandante”, come veniva
chiamato dagli abitanti del paese, era spesse
volte accompagnato nei suoi esperimenti in
mare da una vera e propria squadra di piccoli
subacquei. Si trattava dei sette figli che aveva
avuto da Gabriella Vinassa de Regny, figlia di
Paolo Vinassa de Regny, geologo e professore
anche nella nostra Università, che Belloni aveva sposato nell’ottobre del 1920.
nnn