Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di
Mensile di aggiornamento e approfondimento in
materia di sicurezza sul lavoro
Numero 11 – Novembre 2015
Sommario
APPROFONDIMENTI
Sicurezza e giurisprudenza – 1
IL LUOGO DI LAVORO È «DELIMITATO»
Nei centri commerciali che ospitano diversi negozi, la figura del datore di lavoro quale
garante ai fini della sicurezza, nel caso di infortunio in uno spazio comune è
l’amministratore dell’immobile se questi ha almeno un dipendente.
(Luigi Caiazza, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 10 ottobre 2015)
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Sicurezza e giurisprudenza – 2
CON SANATORIE E VARIANTI VANNO SEMPRE RISPETTATE LE NORME SU BARRIERE, INCENDI E
INFORTUNISTICA
Qualsivoglia concessione edilizia - anche se rilasciata in sanatoria o in variante - deve
necessariamente rispettare, tra le altre normative tecniche, le disposizioni in materia di
prevenzione degli incendi, quelle infortunistiche e quelle legate alle barriere
architettoniche.
(Jada C. Ferrero e Silvio Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Quotidiano del Condominio, 30
ottobre 2015)
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Sicurezza e giurisprudenza – 3
L'IMPREVEDIBILITÀ DELL'INFORTUNIO DEL VIGILE DEL FUOCO ESCLUDE LA RESPONSABILITÀ DELLA
PA
In tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme poste a tutela
dell'integrità fisica dei lavoratori, va esclusa la colpa dell'Amministrazione per l'infortunio
subito dal vigile del fuoco se siano state adottate tutte le misure consentite e possibili,
mediante adozione di dispositivi di sicurezza omologati, al fine di prevenire i rischi
eliminabili.
(Andrea Alberto Moramarco, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Diritto, 22 settembre 2015)
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Sicurezza: amianto
AMIANTO, TRE STRADE PER LA BONIFICA
Nelle abitazioni sono diversi i casi in cui ci si può imbattere nell'amianto: pannelli,
pavimenti, rivestimenti di camini, tubazioni, lastre di copertura, canne fumarie, serbatoi
idrici, guarnizioni stufe, intonaco.
(Dario Aquaro, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 2 novembre 2015)
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Sicurezza: novità legislative – 1
SANZIONI GRADUALI SULLA FORMAZIONE
Le sanzioni per la mancata formazione di lavoratori e dirigenti sulla sicurezza e per chi
“dimentica” le viste mediche di idoneità sono diventate graduali.
(Gabriele Taddia, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 2 novembre 2015)
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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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Sicurezza: novità legislative – 2
LA FORMAZIONE DEGLI ADDETTI ANTINCENDIO E LA GESTIONE DELLE EMERGENZE
Non solo gradazione delle sanzioni. Il decreto 151/2015 attuativo del Jobs act semplifica
anche con qualche ritocco una serie di adempimenti o istituti in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, con alcuni interventi nel corpo del Testo unico sulla sicurezza (Dlgs
81/2008), e altri in norme diverse.
(Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 2 novembre 2015)
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Formazione antincendio
LA FORMAZIONE DEGLI ADDETTI ANTINCENDIO E LA GESTIONE DELLE EMERGENZE
Sono passati diversi anni dall’emanazione delle normative riguardanti la formazione degli
addetti alla lotta antincendio e gestione emergenze.
(Dario Zanut, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 15 ottobre 2015)
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Sicurezza nei cantieri
IL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA NEL CANTIERE
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) è un soggetto che, all’interno del
modello organizzato e partecipato della sicurezza sul lavoro, dovrebbe notoriamente
ricoprire un ruolo essenziale.
(Francesco Torre, Il Sole 24 ORE – Cantieri24, 29 ottobre 2015)
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Sicurezza futura
FORMAZIONE RSPP: AL TRAGUARDO L'UNIFICAZIONE DELLE NORMATIVE?
Con l'introduzione del nuovo modello culturale della sicurezza sul lavoro ad opera del
D.Lgs. 626/1994, e la sua successiva riforma compiuta dal D.Lgs. 81/2008, la formazione
di tutte le figure aziendali della prevenzione ha assunto un valore assolutamente prioritario
(Mario Gallo, Il Sole 24 ORE – Sicurezza 24, 29 ottobre 2015)
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Stress e scuola
STRESS LAVORO-CORRELATO NELLA SCUOLA: NUOVO METODO DI VALUTAZIONE E GESTIONE
Lo stress lavoro-correlato può interessare qualsiasi luogo di lavoro ed è causato da
particolari fattori organizzativi e contesti ambientali e relazionali.
(Pasquale Francesco Costante, Cinzia Frascher, Domenico Mannelli, Il Sole 24 ORE –
Sicurezza 24, 15 ottobre 2015)
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L’ESPERTO RISPONDE
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RASSEGNA DI NORMATIVA
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Chiusa in redazione il 3 novembre 2015
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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Sicurezza e
giurisprudenza - 1
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Il luogo di lavoro è «delimitato»
(Luigi Caiazza, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 10 ottobre 2015)
Nei centri commerciali che ospitano diversi negozi, la figura del datore di lavoro quale garante ai
fini della sicurezza, nel caso di infortunio in uno spazio comune è l’amministratore dell’immobile se
questi ha almeno un dipendente.
Con la sentenza 40721/2015 la Corte di cassazione si è espressa riguardo l’infortunio subito da una
lavoratrice, dipendente di un negozio operante all’interno di un centro commerciale, che nel
transitare nell’ingresso dell’edificio è scivolata sul pavimento parzialmente bagnato e coperto da
tappeti non fissati al suolo.
Ad avviso dei giudizi di merito l’infortunio è stato causato dalla mancanza di una adeguata
copertura del pavimento dell’ingresso, che è da reputarsi “ambiente di lavoro” e quindi è di
competenza dell’amministratore della società proprietaria dell’edificio provvedere a porre in
sicurezza il pavimento, non avendo questi delegato ad altri le funzioni in materia antinfortunistica.
La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte territoriale pronunciando il principio
per cui la figura del datore di lavoro, quale garante ai fini della sicurezza sui luoghi di lavoro, deve
essere identificato «in colui che riveste tale ruolo nell’organizzazione imprenditoriale alla quale
accede il luogo di lavoro medesimo». Inoltre i giudici hanno fornito alcuni interessanti spunti ai fini
di una più esatta interpretazione della norma contenuta nel Dlgs 81/2008 (testo unico sulla salute
e sicurezza sul luogo di lavoro), con particolare riferimento alla definizione di “luogo” e “ambiente”
di lavoro e a quella di “datore di lavoro”.
Per l’identificazione del luogo di lavoro si deve fare riferimento alla definizione che ne dà l’articolo
62 del Tu per cui occorre che sia «destinato ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno
dell’azienda, o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda accessibile al
lavoratore nell’ambito del proprio lavoro».
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Ne deriva quindi che ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di “luogo di lavoro”, a
condizione che vi sia ospitato almeno un posto di lavoro o esso sia accessibile al lavoratore
nell’ambito dell’attività. Può trattarsi anche di un luogo nel quale i lavoratori si trovino
esclusivamente a dover transitare, se tuttavia il transito è necessario per provvedere alle
incombenze loro affidate.
Nel caso in esame non può pertanto parlarsi di luogo di lavoro nel presupposto che un qualsiasi
soggetto, che è anche prestatore d’opera per le attività ospitate nel centro commerciale, vi si trovi
a transitare.
Nel caso specifico l’attribuzione al ricorrente di una posizione di garanzia tra quelle definite dalla 5
normativa di prevenzione, e quindi di datore di lavoro, avrebbe richiesto la preliminare
qualificazione dell’area di ingresso del centro commerciale come luogo di lavoro dell’impresa della
quale lo stesso ricorrente era amministratore delegato.
Qualificazione possibile solo a condizione di effettuare il preliminare accertamento che l’ingresso
costituisse luogo di lavoro nell’ambito dell’organizzazione aziendale della società. La Corte d’appello
avrebbe dovuto quindi verificare se la società che gestisce l’immobile del centro commerciale aveva
almeno un dipendente.
Se così non fosse, eventuali obblighi di assicurare la non pericolosità dell’area potrebbero farsi
discendere unicamente dalla proprietà degli spazi con conseguente procedibilità del reato a
querela, ma sarebbe esclusa la responsabilità dell’amministratore delegato quale datore di lavoro e
relativa applicazione del Dlgs 81/2008.
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Sicurezza e
giurisprudenza - 2
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Con sanatorie e varianti vanno sempre rispettate le norme su
barriere, incendi e infortunistica
(Jada C. Ferrero e Silvio Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Quotidiano del Condominio, 30 ottobre 2015)
Qualsivoglia concessione edilizia - anche se rilasciata in sanatoria o in variante - deve
necessariamente rispettare, tra le altre normative tecniche, le disposizioni in materia di 6
prevenzione degli incendi, quelle infortunistiche e quelle legate alle barriere architettoniche.
Un principio-cardine appena riconfermato da una sentenza del Consiglio di Stato (n. 04629/2015
depositata lo scorso 5 ottobre) a conclusione di una causa relativa a un'autorimessa interrata di
oltre 60 box, costruita in diritto di superficie alla fine degli anni 90, di pertinenza di un condominio.
A presentare ricorso, prima al Tar Piemonte e poi al Cds – che ha ribaltato l'orientamento del Tar –
due fratelli, di cui uno disabile, entrambi proprietari di alloggi nell'edificio soprastante alla rimessa
e di box pertinenziali, nonché soci della cooperativa che era stata appositamente costituita per
realizzare i parcheggi pertinenziali in diritto di superficie, grazie a una convenzione.
L'autorimessa era stata costruita in forza di una concessione edilizia del 1998. Quattro anni dopo,
otteneva “l'usabilità” dagli uffici comunali che successivamente, però, contestavano alcune opere
difformi dal progetto: in particolare, che nella rampa pedonale di accesso – il classico scivolo
affiancato al passo carraio – il servoscala era stato installato in modo inidoneo rispetto alla vigente
normativa antincendio. A seguito della contestazione era allora stata presentata istanza per
l'accertamento in sanatoria della conformità alle normative edilizie.
Il Comune, autorizzate le modifiche, rilasciava la concessione in sanatoria, sicché i due fratelli
erano costretti a ricorrere al Tar per contestare l'illegittimità dei due provvedimenti - “usabilità” e
sanatoria - e chiederne l'annullamento, restando però soccombenti.
La sentenza di primo grado è stata alla fine capovolta dal Cds i cui giudici hanno richiamato i tre
passaggi normativi-chiave, decisivi per la definizione della controversia. Il decreto ministeriale n.
236 del 14 giugno 1989 che, nel fissare le prescrizioni tecniche necessarie a garantire la
accessibilità degli edifici privati ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere
architettoniche, impone espressamente (art 4.6), raccordi con la normativa antincendio: “Qualsiasi
soluzione progettuale per garantire la accessibilità o la visitabilità deve comunque prevedere
specifici accorgimenti tecnici per contenere i rischi di incendio anche nei confronti di persone con
ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale”.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Allo stesso modo, l'art. 80 del Testo Unico dell'Edilizia, nel disciplinare l'eliminazione delle barriere
architettoniche negli edifici privati, dispone che l'esecuzione delle relative opere edilizie sia
“realizzata in ogni caso nel rispetto delle norme antisismiche, di prevenzione degli incendi e degli
infortuni”.
Infine, l'art. 5 del Dpr 37/1998 – che disciplina i procedimenti relativi alla prevenzione incendi –
dispone espressamente che “ogni modifica delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di
esercizio dell'attività che comportano un'alterazione delle preesistenti condizioni di sicurezza
antincendio, obbliga l'interessato ad avviare nuovamente le procedure previste”, per il rilascio del
certificato prevenzione incendi.
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Secondo il Consiglio di Stato, il servoscala, assentito in sanatoria dal Comune – in luogo della
rampa d'accesso dell'originaria concessione – deve ritenersi in contrasto con i requisiti di legge. Ed
infatti, il servoscala, “funzionando elettricamente, in caso di incendio rischierebbe di trasformare il
parcheggio in una trappola mortale per un disabile”, considerato che “non ha corsia propria e non è
in zona protetta; non solo non è dotato di porte antifumo, ma non ha la larghezza sufficiente per
essere una via di fuga in contemporanea per i disabili e i non disabili”.
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Sicurezza e
giurisprudenza - 3
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L'imprevedibilità dell'infortunio del vigile del fuoco esclude la
responsabilità della Pa
(Andrea Alberto Moramarco, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Diritto, 22 settembre 2015)
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In tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme poste a tutela dell'integrità
fisica dei lavoratori, va esclusa la colpa dell'Amministrazione per l'infortunio subito dal vigile del
fuoco se siano state adottate tutte le misure consentite e possibili, mediante adozione di dispositivi
di sicurezza omologati, al fine di prevenire i rischi eliminabili. Questo è quanto stabilito dalla
sentenza del Tar Parma 190/2015.
Il caso - Lo sfortunato protagonista della vicenda è un vigile del fuoco, che durante le operazioni
di spegnimento di un incendio, era rimasto vittima di un infortunio per aver calpestato un chiodo
incandescente di 10 cm che aveva perforato la suola della calzatura in dotazione, trafiggendogli un
dito del piede. Dalla lesione erano derivate l'assenza per malattia e una invalidità permanente del
2%.
In seguito, il vigile del fuoco, sul presupposto che la responsabilità dell'incidente fosse da imputare
alla inidoneità delle calzature fornite dall'Amministrazione, chiedeva la condanna del ministero
dell'Interno al risarcimento di tutti i danni subiti, pari a circa 18mila euro, ex articolo 2087 del
codice civile, ovvero per l'inidoneità delle misure adottate dal datore di lavoro per la tutela della
propria integrità fisica. Dal canto suo, l'Amministrazione si difendeva affermando la piena
conformità dei dispositivi forniti.
Le motivazioni - Il Tar respinge il ricorso del vigile del fuoco in quanto non ritiene configurabile
nel caso di specie il requisito della colpa dell'Amministrazione, nei sensi di cui all'articolo 2087 Cc.
Per i giudici la disposizione codicistica impone sì al datore di lavoro un preciso obbligo di protezione
del lavoratore in forza del quale devono essere adottate tutte le misure necessarie a preservare
l'integrità fisica dei lavoratori, ma non si tratta di «un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela
possibile e innominata diretta ad evitare qualsiasi danno essendo comunque sempre necessario che
l'evento sia pur sempre conseguenza di obblighi di comportamento imposti da norme di fonte
legale o suggeriti dalla tecnica, ma concretamente individuati».
Nel caso di specie, l'Amministrazione, nell'approvvigionamento delle forniture, «si è attenuta alla
normativa di riferimento per le calzature dei vigili del fuoco UNI EN ISO 15090» e ciò solo esclude
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
la responsabilità dell'Amministrazione «in assenza di una comprovata esistenza sul mercato di
equipaggiamenti a tal fine omologati», non essendo possibile prevenire ogni possibile rischio
specifico della professione di vigile del fuoco.
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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Sicurezza:
amianto
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Amianto, tre strade per la bonifica
(Dario Aquaro, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 2 novembre 2015)
Nelle abitazioni sono diversi i casi in cui ci si può imbattere nell'amianto: pannelli, pavimenti,
rivestimenti di camini, tubazioni, lastre di copertura, canne fumarie, serbatoi idrici, guarnizioni 10
stufe, intonaco. Come afferma l’allegato sulla valutazione del rischio al Dm 6 settembre 1994, la
presenza di materiali che contengono amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per
la salute degli occupanti: «Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è
estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto». Lo
stesso allegato indica norme e metodologie tecniche di applicazione della legge 257/1992 che ha
messo al bando questo materiale.
Le indicazioni del decreto si applicano a tutte le strutture edilizie: ad uso civile, commerciale o
industriale.
Il proprietario dell’immobile - l’amministratore di condominio per le parti comuni, o il gestore
dell’attività - deve sempre designare una figura responsabile del rischio amianto, con compiti di
controllo e coordinamento dell’attività manutentiva, da cui passa la valutazione dell'eventuale
bonifica. Il proprietario deve anche tenere i documenti relativi all’ubicazione dell’amianto,
predisporre la segnaletica e le misure di sicurezza, fornire una corretta informazione agli occupanti
dell’edificio sui rischi potenziali e i comportamenti da adottare.
A seconda del tipo di matrice, si predispone quindi un controllo visivo e strumentale periodico. «Il
responsabile deve individuare la ditta qualificata e abilitata ad eseguire i lavori: cioè un’impresa
iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali, in categoria 10, con coordinatore e operai
specificamente formati», aggiunge Erminio Barbati, vicepresidente Aibam (Associazione imprese
bonificatori amianto).
La ditta deve redigere un “piano di lavoro” da presentare all'Asl competente per territorio - tranne
casi di urgenza - almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Dopo 30 giorni scatta il silenzioassenso.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
A seconda delle caratteristiche di installazione e dello stato di conservazione, la bonifica può esser
fatta tramite incapsulamento (trattare con vernice che ricostruisce la superficie e impedisce la fuga
del materiale), confinamento (“chiusura” dietro murature) o rimozione del materiale. Non sempre è
possibile rimuovere il materiale, a causa di impedimenti strutturali dell’edificio. In ogni caso, una
volta accertata la presenza dell’amianto, è necessario stilare almeno un programma di controllo e
manutenzione, per prevenire il rilascio e la dispersione di fibre, e nel caso intervenire per
rimuovere o mettere in sicurezza.
«Il rischio è rappresentato dalla friabilità dei materiali e dalla loro esposizione. L’amianto in matrice
compatta, comunemente conosciuto come cemento-amianto (fibrocemento, o eternit, dal nome del
più diffuso prodotto commerciale), è meno pericoloso di quello in matrice friabile, che ha fibre 11
libere o debolmente legate. Ma va sottoposto alla valutazione periodica dell’indice di degrado»,
spiega Nicola Giovanni Grillo, presidente di Aibam. In ogni caso, i lavori non si effettuano mai in
presenza di abitanti.
«Quanto alle autorizzazioni edilizie - aggiunge Grillo - dipendono dal tipo di intervento collegato: se
rimuovo soltanto una parte, non necessito di alcun particolare documento; se tolgo il cementoamianto e rimetto un’altra copertura, coibentata, dovrò fare una comunicazione di inizio lavori».
Una volta completata l’opera, il materiale rimosso va portato in un centro di stoccaggio o
direttamente in discarica. «A farlo può essere la stessa ditta che ha eseguito i lavori, ma per il
trasporto deve esser comunque iscritta all’Albo in categoria 5: tutto è indicato nel piano di lavoro
inviato all’Asl, anche il tragitto compiuto per lo smaltimento», dice il presidente di Assoamianto,
Sergio Clarelli. «Al proprietario deve poi tornare entro 90 giorni una copia del Fir (formulario di
identificazione rifiuti), che attesta il conferimento presso una discarica autorizzata. Questo
documento si aggiunge al certificato di fine lavori, e all’eventuale copia del campionamento dell’aria
successivo all’intervento».
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Sicurezza: novità
legislative - 1
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Sanzioni graduali sulla formazione
(Gabriele Taddia, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 2 novembre 2015)
Le sanzioni per la mancata formazione di lavoratori e dirigenti sulla sicurezza e per chi “dimentica”
le viste mediche di idoneità sono diventate graduali.
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Nel decreto legislativo 151/2015 sulle semplificazioni, attuativo del Jobs act, il legislatore ha colto
l’occasione per riformare in modo significativo l’apparato sanzionatorio legato ad alcuni
adempimenti obbligatori del datore di lavoro e dei dirigenti ai fini della sicurezza.
La gradualità riguarda le sanzioni comminate per le violazioni legate al mancato invio dei lavoratori
alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria (in sostanza,
la visita di idoneità alla mansione), l’omessa formazione di lavoratori e dirigenti in conformità
all’accordo Stato-Regioni del 2011, la mancata formazione dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza e degli addetti alle emergenze. L’intervento è affidato all’aggiunta del comma 6-bis
all’articolo 55 del Testo unico sicurezza (Dlgs 81/2008), con il quale si prevede che le sanzioni
previste per queste violazioni siano raddoppiate se riferite a più di cinque lavoratori e triplicate se
si tratta di più di dieci lavoratori. La nuova disposizione (articolo 20, comma 1, lettera i) del Dlgs
151/2015) è significativa perché va incontro a diverse esigenze:
-assicurare una equa gradazione dell’entità delle sanzioni in base alla violazione commessa;
-risolvere il problema relativo al cumulo o meno delle sanzioni in caso di molteplicità di lavoratori
non formati.
Prima di questo intervento normativo, infatti, c’erano reali differenze nell’applicazione delle
sanzioni: alcuni organi di vigilanza, riscontrata la violazione, impartivano una prescrizione al datore
di lavoro, imponendo la regolarizzazione della posizione e comminando una sanzione (ai fini
dell’estinzione
del
reato)
per
ciascun
lavoratore
non
formato. Altri
organi
di
vigilanza,
consideravano invece unitaria la sanzione indipendentemente dai lavoratori ai quali non era stato
assicurato l’idoneo percorso formativo, pertanto con possibili differenze negli importi da versare per
l’estinzione del reato.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
La modifica apportata dal decreto 151/2015 sembra andare chiaramente nella direzione di ritenere
unitaria la violazione: per un numero di lavoratori non formati pari o uguale a cinque, si applica la
sanzione base che va da due a quattro mesi di arresto, o l’ammenda da 1.315,20 a 5.699,20 euro;
se i lavoratori sono da sei a dieci l’arresto va da quattro a otto mesi e l’ammenda da 2.630,40 a
11.398,40 euro; da sei mesi a un anno di arresto e ammenda da 3.954,60 a 17.097,60 euro se la
violazione è riferita a più di dieci lavoratori.
Per l’omesso invio del lavoratore alla visita di idoneità si applica un’ammenda da 2.192 a 4384 euro
fino a cinque lavoratori, da 4.384 a 8.768 euro da sei a dieci lavoratori e 6.576 euro oltre i dieci
lavoratori.
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Le sanzioni, in concreto, trovano regolarmente la loro applicazione in istituti alternativi rispetto alla
condanna nel processo penale: infatti, nella maggior parte dei casi, constatata la violazione,
l’organismo di vigilanza impartisce al datore di lavoro (ed eventualmente al dirigente) la
prescrizione di provvedere all’adeguamento di quanto riscontrato non a norma. A seguito
dell’adempimento, il contravventore sarà ammesso al pagamento di una sanzione pari a un quarto
del massimo della sanzione pecuniaria prevista dalla legge con conseguente estinzione del reato.
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Sicurezza: novità
legislative - 2
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Compiti di soccorso al datore di lavoro non solo nelle Pmi
(Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 2 novembre 2015)
Non solo gradazione delle sanzioni. Il decreto 151/2015 attuativo del Jobs act semplifica anche con 14
qualche ritocco una serie di adempimenti o istituti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con
alcuni interventi nel corpo del Testo unico sulla sicurezza (Dlgs 81/2008), e altri in norme diverse.
È stato ritoccato, in particolare, il Dpr 257/1965 che regola la gestione dell’assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, in sostanza delle prestazioni
Inail.
Nel Testo unico sulla sicurezza si è operato in primo luogo sul campo di applicazione (articolo 3,
comma 8) per quanto riguarda le sole prestazioni di carattere accessorio (così definite nello stesso
articolo 3, comma 8), limitando l’applicazione del decreto 81/2008 ai soli casi in cui la prestazione
sia svolta in favore di un imprenditore o professionista, con conseguente esclusione dei datori di
lavoro privati.
È stata poi ridefinita la composizione del Comitato di indirizzo per la valutazione delle politiche
attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in tema di salute e sicurezza sul
lavoro: la nuova composizione dovrebbe favorire una più celere attività del Comitato. Primo
intervento che può considerarsi di un certo impatto è la previsione, in tema di valutazione del
rischio, della possibilità che l’Inail, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali, renda
disponibili ai datori di lavoro strumenti tecnici e specialistici per ridurre i livelli di rischio. Ma a costo
zero, ovvero con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili. Una disposizione
abbastanza criptica e, in ogni caso, la mancata previsione di risorse umane e finanziarie aggiuntive
limita il potenziale supporto dell’ente.
È stato riformato poi l’articolo 34, con l’abrogazione della limitazione ad aziende che occupano fino
a cinque lavoratori della possibilità di svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di primo soccorso e anti incendio: questa possibilità è ora riconosciuta anche ad aziende di
dimensioni più significative, salvo il caso in cui siano presenti rischi rilevanti (elencati nell’articolo
31, comma 6).
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Inoltre, è stata ampliata la conservazione su supporto informatico dei dati relativi al registro
infortuni e al registro degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.
Per quanto riguarda le attrezzature di lavoro, anche il datore è da considerarsi ora un operatore e
anche lui deve dunque ritenersi obbligato a osservare le disposizioni sulle attrezzature. Infine, le
violazioni omogenee sui requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro elencate nel comma 6
dell’articolo 87, sono ora considerate in modo unitario, con applicazione della sanzione penale o
amministrativa prevista dai commi 3 e 4 dello stesso articolo.
Al di là di questo restyling, resta comunque la necessità di sburocratizzare e semplificare ancora gli
adempimenti delle piccole e medie imprese in materia di sicurezza.
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Formazione
antincendio
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La formazione degli addetti antincendio e la gestione delle
emergenze
(Dario Zanut, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 15 ottobre 2015)
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Sono passati diversi anni dall’emanazione delle normative riguardanti la formazione degli addetti
alla lotta antincendio e gestione emergenze.
Rispetto ad una iniziale previsione di un ruolo tipicamente collegato al luogo di lavoro, la funzione
degli addetti alla gestione delle emergenze si è evoluta ed articolata.
Gli addetti all’emergenza vengono prescritti e sono impiegati in diversi contesti, quali attività di
pubblico spettacolo, manifestazioni temporanee, servizi temporanei in genere. Spesso lo stesso
operatore viene impiegato in diversi luoghi (servizi portierato, security ecc.).
Inoltre molte norme di prevenzione Incendi (es. Attività Alberghiere, Ospedali ecc.) richiedono la
presenza di personale addestrato facendo riferimento alle normative del DM 10 marzo 1998.
Accanto ad una funzione base di addetto all’emergenza, le funzioni sono si sono articolate e
differenziate (personale che interviene direttamente, personale che collabora, personale che
gestisce la evacuazione ecc.).
L’art. 37 del D.lgs. 81/08, al punto 9 prevede che "I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione
incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed
immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono
ricevere
un’adeguata
e
specifica
formazione
e
un
aggiornamento
periodico;
in
attesa
dell’emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 46, continuano a trovare
applicazione le disposizioni di cui al Decreto del Ministro dell’Interno 10 marzo 1998 ".
Il legislatore ha quindi regolamentato in maniera particolare l’attività formativa destinata a coloro
che svolgono un ruolo nell'emergenza, prevedendo adeguata e specifica formazione.
È importante che pertanto che la formazione e l’aggiornamento siano effettivamente eseguite e
correlate ai rischi presenti nell’attività ed alla relativa organizzazione, in ossequio al principio di
effettività, che prevede la concreta esecuzione di quanto stabilito dalla normativa.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
La attività formativa dovrà essere svolta, accertata e documentata secondo determinati criteri e
linee guida, che garantiscono il raggiungimento degli obbiettivi voluti dal legislatore: acquisire le
necessarie conoscenze in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Programmi e Metodologie didattiche
La esperienza ha insegnato che la gestione di un emergenza è un attività molto particolare, per la
quale bisogna essere adeguatamente formati ed addestrati.
Gli addetti antincendio devono possedere conoscenze teoriche, abilità pratiche da utilizzarsi in un
contesto particolare: la gestione di un emergenza. Ciò richiede un processo formativo, nella
accezione definita dall’art. 2 del D.lgs. 81/08: “processo educativo attraverso il quale trasferire ai
lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e
procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti
in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.
Per il successo del processo di formazione, risulta determinante la qualità della docenza e l’impiego
di metodologie didattiche appropriate, tra cui ritengo importanti quelle che prevedono l'intervento
diretto del Formatore/Addestratore (lezione frontale, addestramento ecc.). Metodologie evolute e/o
di formazione a distanza (e-learning) possono essere impiegate per bassi rischi o per proporre
informazioni di carattere teorico generale.
Inoltre, poiché si tratta di far svolgere all'addetto anche azioni di tipo pratico (tipo azionare un
pulsante di allarme, utilizzare un estintore, assistere una procedura di esodo ecc.), la formazione
degli addetti alle emergenze deve prevedere attività addestrativa, da erogarsi a cura di
istruttore/docente qualificato.
In merito alla qualificazione dei Formatori/Istruttori si rimanda ancora all’aggiornamento del D.M.
10 marzo 1998, che sicuramente prevederà modalità per l’acquisizione ed aggiornamento delle
competenze, nonché per il riconoscimento delle competenze nel frattempo acquisite sul campo.
In merito ai programmi formativi, spesso non è sufficiente la preparazione di base prevista dalla
normativa, che peraltro la configura come contenuti minimi.
I programmi formativi previsti in allegato IX del D.M. 10 marzo 1998 sono una base necessaria e
sufficiente. La conoscenza acquisita dovrà essere integrata con le procedure e pianificazione di
emergenza attuati nel luogo di lavoro, nei casi di utilizzo di particolari DPI (es. autorespiratori), per
particolari operazioni di gestione (es. rischi chimici, problematiche ambientali ecc.).
Giova ricordare infine che per determinate tipologie di rischio e laddove esplicitamente prescritto o
richiesto dalla Autorità di Controllo, l’addetto dovrà sottoporsi a verifica per conseguimento di
attestato di idoneità con le procedure di cui all'art. 3 della legge n. 609 del 1996.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
17
L’aggiornamento
Sempre l’art. 37 del D.lgs. 81/08, al punto 9 prevede che "I lavoratori incaricati dell'attività di
prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo
grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza
devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico…”
La normativa quindi prevede una periodicità, cioè un aggiornamento regolare, anche se rinvia la
decisione sulla tempistica alla normativa del D.M.10 marzo 1998.
Il Datore di lavoro o il responsabile dell’attività dovrà quindi agire affinché le conoscenza teoriche e
pratiche siano mantenute aggiornate periodicamente. In mancanza di aggiornamento la formazione
è da ritenersi insufficiente per la mansione richiesta.
Allo stato, con circolare 5987 del 23 febbraio 2011, il Ministero dell'Interno Dipartimento dei Vigili
del Fuoco, Soccorso Pubblico e difesa Civile, ha emanato disposizioni riguardanti requisiti minimi
per i programmi, contenuti e durata dei corsi di aggiornamento.
In attesa di una definizione normativa, è ragionevolmente consigliabile un aggiornamento triennale
sulla base dei contenuti e programmi minimi sopra indicati.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
18
Sicurezza nei
cantieri


Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza nel cantiere
(Francesco Torre, Il Sole 24 ORE – Cantieri24, 29 ottobre 2015)
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) è un soggetto che, all’interno del modello 19
organizzato e partecipato della sicurezza sul lavoro, dovrebbe notoriamente ricoprire un ruolo
essenziale. Tuttavia, ove si considerino le odierne dinamiche lavorative, il rapporto contrattuale tra
le parti datoriali e quelle subordinatamente vincolate, nonché gli strumenti normativi in suo
possesso, non vi è dubbio che, in linea di massima, si tratti di un ruolo spinoso che non sempre
gode del virtuosismo pratico che gli si dovrebbe, in specie all’interno del contesto lavorativo di
cantiere, ove le dinamiche ed i rapporti di cooperazione e coordinamento tra i diversi soggetti
subiscono pressioni che non consentono, seppur certamente dovrebbero, di definire una ragnatela
funzionale di rapporti.
Il RLS, eletto all’interno della compagine aziendale per rappresentare i lavoratori in merito agli
aspetti inerenti la salute e la sicurezza durante il lavoro, è un soggetto che opera all’interno
dell’organigramma
-
fatta
eccezione
per
il
RLS
Territoriale
o
sito
produttivo
-
quindi
nell’organizzazione dell’impresa a cui sono stati demandati specifici lavori in cantiere.
Demandando direttamente alla lettura della norma che ne disciplina l’elezione – artt. 47-49, D.Lgs.
81/2008 - le attribuzioni del RLS sono definite dall’art. 50 del medesimo decreto il quale, per
consentire a tale soggetto di svolgere i propri compiti di rappresentanza, prevede peraltro che
questi goda di una serie di diritti: deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico
senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l’esercizio delle funzioni
[...] non può subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della propria attività e nei suoi
confronti si applicano le stesse tutele previste dalla Legge per le rappresentanze sindacali, riceve
copia del documento di valutazione dei rischi nonché del documento unico di valutazione dei rischi
interferenziali. Documenti dai quali attingere informazioni per le quali è tenuto alla riservatezza ed
eventualmente al segreto industriale.
Proprio per il dovere di rappresentanza degli interessi dei lavoratori in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, il ruolo del RLS è incompatibile con quello di responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, il quale rappresenta l’alter ego del datore di lavoro nella definizione delle misure di
prevenzione, e non solo, a livello aziendale. Si darebbe pertanto vita ad un possibile conflitto di
interesse.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Ora, se si considera che statisticamente la maggior parte degli infortuni in cantiere è dovuta a
cause organizzative, per le quali si ribadisce la necessità dell’osservanza del dovere di cooperazione
e coordinamento, è opportuno chiarire, e senza far incombere sul RLS responsabilità che non gli
competono, dove si colloca il RLS nei rapporti tra i soggetti destinatari degli obblighi
prevenzionistici in cantiere.
Per intanto, nel considerare il suo profilo, il suo ruolo ed i suoi compiti, non si può non tener conto
di taluni ulteriori elementi caratterizzanti tale ruolo: è esente da responsabilità contravvenzionali;
ha libertà di accesso ai luoghi di lavoro; promuove iniziative idonee a tutelare la salute dei
lavoratori; formula osservazioni in caso di visite delle autorità competenti; segnala al responsabile
dell’azienda rischi individuati; partecipa alla riunione periodica di prevenzione e può richiederne la 20
convocazione.
Fatte le dovute premesse, in cantiere il RLS dovrebbe fungere da riferimento per la consultazione
del piano di sicurezza e coordinamento (PSC) che il datore di lavoro, una volta ricevuto, deve
mettere a sua disposizione a norma dell’art. 100, D.Lgs. 81/08 - almeno dieci giorni prima
dell’inizio dei lavori.
Il succitato articolo 50, al comma 1,dispone che il RLS: acceda ai luoghi di lavoro in cui si svolgono
le lavorazioni; sia consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei
rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda
o unità produttiva; sia consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di
prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di
lavoro e sulla designazione del medico competente; sia consultato in merito all’organizzazione della
formazione di cui all’articolo 37; riceva le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla
valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai
preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, all’ organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli
infortuni ed alle malattie professionali; riceva le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
riceva una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall’articolo 37;
promuova l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a
tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori; formuli osservazioni in occasione di visite e
verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito; partecipi alla riunione
periodica di cui all’articolo 35; faccia proposte in merito alla attività di prevenzione; avverta il
responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività; possa fare ricorso alle
autorità competenti, qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate
dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la
sicurezza dei lavoratori; nonché in merito al piano operativo di sicurezza (POS).
Il rappresentante LS deve partecipare alla discussione sul PSC e sul POS. A tal fine potrebbe essere
utile la redazione di una checklist dalla quale inizialmente prendere atto della presenza dei
contenuti minimi (Allegato XV, D.Lgs. 81/2008) della documentazione. Dopodiché, per ciò che
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
concerne il PSC è opportuno evidenziare quegli aspetti che possono avere maggiore rilevanza per
l’attività che svolgerà la propria impresa in cantiere. Ad esempio, lavorazioni che comportino rischi
di caduta da quota: dovrà esserci l’indicazione della generica ed interferenziale misura di
prevenzione e protezione da impiegare (ponteggio; guardacorpo; ecc.) in modo tale da recepirne la
pertinenza nel piano operativo d’impresa, nonché una corretta stima (liquidazione) dei costi per la
sicurezza. Nel POS – o in ulteriore documentazione (es. PiMUS) - verranno indicate nel dettaglio, le
misure ulteriori e specifiche; ad esempio rischi e misure di prevenzione e protezione specifiche a
quella fase di lavoro (es.: montaggio guardacorpo). Generalmente, il contenuto minimo di detti
piani, è formalmente rispettata. Tuttavia, di converso, si tratta spesso di descrizioni generiche ed
astratte che potrebbero essere segnalate dal responsabile dei lavoratori per la sicurezza.
21
Si ricordi, peraltro, che l’art. 18, D.Lgs. 81/08, prevede l’obbligo del datore di lavoro e del dirigente
di consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute.
Pertanto il RLS può soddisfare il dovere di contributo propositivo e partecipato alla condivisione di
PSC e POS, attraverso, al di là della firma sui documenti, la formalizzazione scritta di osservazioni
costruttive, facendo leva sulla formazione specifica di cui è destinatario nonché sulle proprie
esperienze pregresse o quelle dei colleghi. Ad esempio, sulla metodica di montaggio del ponteggio;
sulla tipologia di guardacorpo da impiegare in riferimento alla copertura; sui dispositivi di
protezione individuale da impiegare.
Frequente è il quesito a chi spetti il dovere di tutela negli appalti. Per via della ragnatela di obblighi
(da quelli di programmazione, esecutivi, di cooperazione e coordinamento, a quelli di vigilanza) tra
i diversi soggetti dell’organigramma di cantiere, il discorso si amplierebbe a dismisura e
richiederebbe una trattazione apposita. Rimanendo nell’ambito del presente assunto, è opportuno
rilevare che, se il dovere di tutela ricade sull’appaltante o noleggiante, l’obbligo permane
comunque in capo al proprio datore di lavoro, sul quale perdura il dovere di verificare che
l’ambiente di lavoro in cui invia i propri lavoratori sia sicuro, o quantomeno di prenderne atto
proprio attraverso le misure di cooperazione e coordinamento per le quali rimane in ogni caso parte
attiva, accertando, ad esempio, che l’attrezzatura fornita sia installata secondo la regola dell’arte
(opere provvisionali); che i soggetti che si dovranno occupare della promozione della cooperazione
e coordinamento dell’impresa abbiano l’apposita formazione; verificando il POS ricevuto.
Il RLS deve dimostrare di aver assolto il proprio compito? Egli ha doveri normati ma non
sanzionati, per cui non sarà soggetto passibile penalmente, almeno in termini contravvenzionali. In
ogni caso, proprio perché destinatario di specifiche attribuzioni, su di lui grava il dovere morale di
attivarsi, lasciando opportunamente testimonianza delle attività svolte, tramite riunioni periodiche
verbalizzate, osservazioni scritte, comunicazioni informatiche.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Che strumenti ha il RLS per far valere propria voce? Fermo restando il dovere di consultazione del
RLS in capo al datore di lavoro, le osservazioni del RLS possono trovare forza e sostegno nella
firma dei colleghi che egli rappresenta. Inoltre vi è la possibilità di segnalare all’organo di vigilanza
l’immotivata passività del datore di lavoro o, in casi estremi, di fare appello al diritto di rifiuto delle
prestazioni, con riferimento all’art. 1460 del c.c., traendo sostegno nella ratio dell’art. 2087 del c.c.
e dall’omissione di norme speciali di cui al decreto legislativo n. 81/2008.
22
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Sicurezza futura


Formazione RSPP: al traguardo l'unificazione delle normative?
(Mario Gallo, Il Sole 24 ORE – Sicurezza 24, 29 ottobre 2015)
Con l'introduzione del nuovo modello culturale della sicurezza sul lavoro ad opera del D.Lgs.
626/1994, e la sua successiva riforma compiuta dal D.Lgs. 81/2008, la formazione di tutte le figure 23
aziendali della prevenzione ha assunto un valore assolutamente prioritario; un segno tangibile di
questo mutato orientamento lo si riscontra direttamente anche nella posizione che sta assumendo
la giurisprudenza della S.C. di Cassazione penale che sempre più frequentemente si sofferma sui
profili caratterizzanti l'obbligazione formativa del datore di lavoro.
Di fronte a questo mutato scenario normativo nel corso di questi ultimi quattro anni si sono
succeduti ben quattro Accordi Stato - Regioni che hanno regolamentato la formazione dei
lavoratori, dei dirigenti, dei preposti, dei datori di lavoro che svolgono direttamente i compiti di
prevenzione e protezione e dei soggetti che utilizzano particolari tipologie di attrezzature di lavoro
(1); occorre ricordare, poi, che a tutto ciò si è aggiunto anche l'importante Decreto del Ministero
del lavoro e P.S. e del Ministero della salute 6 marzo 2013, che ha stabilito i criteri di qualificazione
della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro.
Per tale strada, sia pure "accidentata" da iter particolarmente lunghi e non sempre dagli esiti
pienamente condivisibili in ordine al rispetto di quanto previsto dalla norma primaria, è stato
comunque strutturato un nuovo regime della formazione da cui, in effetti, fino ad oggi sono sfuggiti
i Responsabili e gli Addetti al Servizio di Prevenzione, ossia proprio coloro che rappresentano il vero
"motore" del sistema prevenzionale aziendale.
Si tratta, invero, di un paradosso tipicamente italiano in quanto la regolamentazione della
formazione di tali figure è, com'è noto, ancora ferma all'Accordo Stato - Regioni del 26 gennaio
2006, a cui ha fatto seguito il tanto discusso Accordo interpretativo del 5 ottobre 2006, nato
evidentemente sotto la "stella" del D.Lgs. n. 626/1994 e del D.Lgs. n. 195/2003, e quindi ormai
bisognoso di un'opera di revisione.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
La riforma della disciplina regolamentare sulla formazione di RSPP e ASPP
Come è stato sottolineato in occasione di un importante convegno su questo tema promosso da
AIFOS, in occasione dell'evento annuale "Ambiente lavoro" di Bologna dello scorso 15 ottobre, da
tre anni si è in attesa che venga pubblicato il nuovo Accordo Stato - Regioni sulla formazione di
RSPP e ASPP, che aggiorni la disciplina regolamentare del 2006 al mutato quadro normativo e
metodologico e consenta un approccio più razionale e agevole ad una materia che appare, invero,
sempre più magmatica.
Fin ora su questo punto bisogna riconoscere che il Coordinamento delle Regioni e il Ministero del
lavoro e P.S. hanno prodotto un notevole sforzo che si è tradotto in un disegno di Accordo che nel 24
corso di questi mesi ha subito diverse modifiche.
In effetti bisogna riconoscere che regolamentare questa materia non è certamente facile a causa
dei numerosi profili che occorre considerare e per questo motivo anche per non stravolgere il
percorso formativo già collaudato ormai da circa un decennio nello schema di accordo è previsto il
mantenimento dei tre moduli canonici, ossia A (normativo), B (tecnico prevenzionale) e C (capacità
gestionali).
In particolare, l'allegato "A" di questo nuovo Accordo definisce una serie di elementi fondamentali
che riguardano in primo luogo:
-Gli ulteriori titoli di studio ritenuti validi ai fini del godimento dell'esonero dai corsi;
-L'individuazione dei soggetti formatori;
-I requisiti dei docenti;
-L'organizzazione dei corsi;
-La metodologia d'insegnamento e di apprendimento;
-L'articolazione, gli obiettivi e il contenuto del percorso formativo.
In relazione a quest'ultimo elemento concentrando l'attenzione su alcuni degli aspetti più
significativi occorre subito osservare che resta fermo che il modulo A costituisce il corso base per lo
svolgimento della funzione di RSPP e di ASPP, con una durata minima di 28 ore escluse le verifiche
di apprendimento; si tratta, quindi, di un modulo che conserva ancora la sua fondamentale
importanza anche se ora è consentito lo svolgimento anche secondo la modalità e-learning,
secondo i criteri stabiliti nell'allegato II che, per altro, sostituisce anche l'allegato I degli Accordi del
21 dicembre 2011, in materia di formazione dei lavoratori, dei dirigenti, dei preposti e dei datori di
lavoro che svolgono direttamente i compiti di prevenzione e protezione.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Tale scelta francamente non convince del tutto visto che come traspare da molte delle sentenze
della S.C. di Cassazione non sempre i RSPP, che occorre sempre ricordare hanno delicatissime
funzioni a cui sono associate pesanti responsabilità penali, hanno ben chiari i principi giuridici della
materia che meriterebbero, quindi, un approfondimento in aula e che grazie all'interazione diretta
docente - discente potrebbero maturare un migliore bagaglio formativo.
Sotto questo profilo si registra, invero, una situazione analoga a quella dei coordinatori nei cantieri
temporanei e mobili dove lo stesso legislatore con il D.Lgs. n. 151/2015, ha ammesso la possibilità
dello svolgimento del modulo giuridico in e-learning (2).
La nuova articolazione del modulo "B" per lo sviluppo di competenze tecniche - 25
prevenzionali più efficaci
Il modulo B, invece, conserva la sua canonica finalità che è quella di fornire ai futuri RSPP e ASSP
le necessarie competenze tecnico - prevenzionali ma rispetto agli altri due è quello che ha subito le
modifiche sostanziali più significative; il corso, infatti, è correlato alla natura dei rischi presenti sul
luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative e, a differenza di quanto previsto dall'Accordo del
2006, l'articolazione degli argomenti formativi e delle aree tematiche di tale modulo è strutturata
prevedendo un percorso comune a tutti i settori produttivi della durata minima di 48 ore, con il
vincolo però di dover frequentare dei sub moduli di specializzazione per operare in settori
particolari.
Si tratta dei sub moduli SP1 Agricoltura - Pesca (12 ore), SP2 Cave - Costruzioni (16 ore), SP3
Sanità residenziale (12 ore) e SP4 Chimico - Petrolchimico (16 ore).
Attraverso tale percorso, pertanto, si punta decisamente ad assicurare ai futuri professionisti della
sicurezza migliori competenze in termini di capacità di risoluzione di problemi, analisi e valutazione
dei rischi e la pianificazione di idonei interventi di prevenzione; per raggiungere tale obiettivo viene
abbandonato, pertanto, l'aggancio ai nove macrosettori previsto dall'Accordo del 2006, e al tempo
stesso nell'ultimo schema di Accordo non viene più previsto il modello di modulo B in cui il monte
ore è differenziato per classi di rischio (alto, medio e basso) come, invece, inizialmente previsto
nella prima bozza circolata.
Modulo C: resta fermo l'obbligo per i soli RSPP
Per quanto, invece, riguarda il modulo C viene mantenuto fermo il principio che lo stesso è
obbligatorio solo ai fini dell'abilitazione all'attività di RSPP e non anche di ASPP; i contenuti del
modulo in questione sono stati parzialmente rivisitati con l'obiettivo di consentire a tale figura di
acquisire le conoscenze/abilità relazionali e gestionali per:
-progettare e gestire processi formativi in riferimento al contesto lavorativo e alla valutazione dei
rischi, anche per la diffusione della cultura alla salute e sicurezza e del benessere organizzativo;
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
-pianificare, gestire e controllare le misure tecniche, organizzative e procedurali di sicurezza
aziendali attraverso sistemi di gestione della sicurezza;
-utilizzare forme di comunicazione adeguate a favorire la partecipazione e la collaborazione dei vari
soggetti del sistema.
Obbligo dell'aggiornamento: i crediti formativi maturano anche partecipando a corsi e
convegni
Per quanto, invece, riguarda l'obbligo dell'aggiornamento le ore minime complessive previste
nell'arco temporale di un quinquennio sono di 20 ore per gli ASPP e di 40 per gli RSPP,
indipendentemente dal settore in cui gli stesso operino o intendano operare; nello schema
dell'accordo, inoltre, è indicata come via preferenziale che tali ore siano spalmate nei cinque anni,
evitando pertanto la classica corsa dell'ultimo momento alla ricerca dei crediti.
Per ogni corso di aggiornamento è previsto un numero massimo di partecipanti pari a 35 e l'obbligo
della tenuta del registro di presenza dei partecipanti; in analogia al modulo A è consentito, inoltre,
per tutto il monte ore che l'aggiornamento sia effettuato in modalità e-learning secondo i criteri
previsti nell'Allegato II.
Si tratta di un'innovazione molto significativa a cui si aggiunge quella ulteriore della possibilità di
acquisire i crediti anche partecipando a convegni e seminari organizzati e attuati dai soggetti
formatori previsti al punto 2 dell'Accordo.
Esonero dei corsi: introdotte nuove ipotesi ma resta il nodo dei percorsi universitari
Altro punto significativo dello schema di Accordo in esame è la previsione di ulteriori classi di laurea
valide ai fini dell'esonero dei corsi previsti all'art. 32, c. 2, primo periodo del D.Lgs. 81/2008, ossia
i moduli A e B; si tratta di una questione molto spinosa che al di là dell'inserimento di alcune classi
per le quali i curricula universitari sono notoriamente carenti sul piano del diritto della salute e
della sicurezza sul lavoro o della tecnica prevenzionale, riguarda più a fondo il problema del
rapporto tra formazione universitaria e contenuti previsti dall'Accordo.
Come giustamente è stato fatto osservare anche nel corso del predetto convegno da Rocco Vitale,
Presidente dell'AIFOS, la questione è molto delicata perché in effetti si rileva che in diversi percorsi
di laurea spesso si registra una carenza assoluta o una trattazione solo minimale delle materie che
devono costituire oggetto di studio per formare un buon RSPP e ASPP che sono chiamati a gestire
processi così delicati.
Molto importante, inoltre, è l'attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 69/2013 (cd. decreto "del
fare") che occorre ricordare ha inserito nell'art. 37 del D.Lgs. 81/2008, il nuovo c.14-bis che
stabilisce che tutti i casi di formazione e aggiornamento previsti dallo stesso decreto per dirigenti,
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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preposti, lavoratori e RLS i cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in
parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e
dell'aggiornamento corrispondenti erogati; tale principio trova applicazione anche per quanto
riguarda gli RSPP e gli ASPP (art. 32, c.5-bis, D.Lgs. n. 81/2008).
Sulla base di tale principi nell'allegato III dello schema di Accordo in commento è prevista
un'apposita tabella che in relazione alle diverse tipologie di formazione prevede il riconoscimento di
crediti utili per evitare le predette sovrapposizioni e, quindi, ulteriori ipotesi di esonero.
Formazione
delle
figure
della
prevenzione:
si
aprono
le
porte
dell'unificazione
regolamentare?
Nel corso del predetto convegno un altro profilo che è stato ulteriormente toccato riguarda
l'unificazione dell'attuale disciplina regolamentare che, come si è visto, è raccolta in diversi
provvedimenti che celano anche molte criticità (3); in effetti leggendo il testo dello schema di
Accordo si rilevano alcune importanti aperture in tal senso.
Infatti, con questo nuovo provvedimento si prevede una rivisitazione degli Accordi Stato - Regioni
del 21 dicembre 2011 e per quanto riguarda la formazione in modalità e-learning è previsto che
l'allegato II sostituisce l'allegato I dei predetti Accordi del 2011; inoltre, per quanto riguarda i
docenti formatori dei corsi per RSPP e ASPP per esigenze di uniformità è previsto che debbano
possedere gli stessi requisiti previsti dal già citato Decreto interministeriale 6 marzo 2013 per i
formatori dei lavoratori, dei dirigenti, dei preposti e dei datori di lavoro che svolgono direttamente i
compiti di prevenzione e protezione.
Indubbiamente, però, appare ancora lunga la strada per arrivare ad un unico testo organico e
come è stato fatto rilevare da Lorenzo Fantini nel suo autorevole intervento è di fondamentale
importanza che si consegua l'obiettivo di una razionalizzazione dell'intera materia partendo dai
principi comuni.
Formazione in agricoltura
Nel schema di provvedimento in esame non si rilevano, però, norme che tengano conto delle
specificità di alcuni settori importanti come, ad esempio, l'edilizia e l'agricoltura a parte, come si è
visto, per quest'ultimo settore dove per RSPP e ASPP è previsto all'interno del modulo B un
percorso specialistico.
Proprio in relazione alle problematiche legate alla sicurezza sul lavoro in agricoltura occorre far
rilevare che si è tenuto parallelamente un altro importante convegno, promosso sempre da AIFOS,
rientrante nell'ambito del progetto "Coltiviamo la sicurezza" coordinato da Carmine Salamone, che
segue il nuovo Piano nazionale di prevenzione in agricoltura varato dal Coordinamento Tecnico
delle Regioni e Province Autonome.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
27
In tale piano viene messo al primo posto proprio la formazione efficace di tutti gli operatori del
settore ma, invero, occorre rilevare che il già citato D.L. n. 69/2013, ha inserito all'art. 3 del D.Lgs.
81/2008 il comma 13-ter, che prevede un ulteriore regime speciale semplificato in materia
d'informazione, formazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria per le "imprese agricole,
con particolare riferimento a lavoratori a tempo determinato e stagionali, e per le imprese di
piccole dimensioni"; al momento non è stato ancora emanato il relativo decreto attuativo.
Tale previsione desta, però, molte perplessità in quanto è impensabile che si possono applicare
"sconti" sulla formazione per un settore come quello dell'agricoltura che è sempre ai primi posti in
termini d'infortuni sul lavoro; tale disposizione, tuttavia, esercita purtroppo anche un effetto
impeditivo per quanto riguarda la regolamentazione specifica della formazione in agricoltura e 28
questo è un profilo che dovrebbe essere rivisitato quanto prima dal legislatore.
Considerazioni conclusive
Il nuovo schema di Accordo sulla formazione sembra che abbia assunto, ormai, il suo assetto
definitivo anche se il suo percorso appare ancora impervio; per altro il progetto di riforma dell'art.
117 Cost. con la conseguente rimodulazione della ripartizione delle competenze tra lo Stato e le
Regioni, potrebbe ulteriormente rallentarne il percorso.
In ogni caso, però, gli orientamenti che sono espressi in tale provvedimento saranno quasi
certamente quelli che porteranno a una inevitabile riforma della disciplina regolamentare sulla
formazione, che si spera sia più razionale e sempre più legata ad elementi sostanziali che la
rendano realmente efficace per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
(1) Cfr. Accordi Stato - Regioni del 21 dicembre 2011, n. 221/CSR e n.223/CSR, del 22 febbraio
2012 e del 25 luglio 2012.
(2) Cfr. art. 98, c.3, del D.Lgs. 81/2008, il quale ora è prevede che l'allegato XIV, che definisce i
contenuti minimi del percorso formativo per tali figure, è aggiornato tramite un Accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano); solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento è consentito che gli
stessi possono anche svolgersi in modalità e-learning, nel rispetto di quanto previsto dall'allegato I
dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011, emanato per la formazione dei lavoratori
(art. 37, c. 2, D.Lgs. n. 81/2008).
(3) Per un approfondimento si veda anche dello stesso Autore, Sicurezza: i nuovi accordi StatoRegioni per la formazione di datori e lavoratori, in Guida al lavoro n. 4/2012, Il Sole 24 Ore
Editore, p. 12 e ss.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Stress e scuola


Stress
lavoro-correlato
nella
scuola:
nuovo
metodo
di
valutazione e gestione
(Pasquale Francesco Costante, Cinzia Frascher, Domenico Mannelli, Il Sole 24 ORE – Sicurezza 24,
15 ottobre 2015)
29
Lo stress lavoro-correlato può interessare qualsiasi luogo di lavoro ed è causato da particolari
fattori organizzativi e contesti ambientali e relazionali.
Il metodo operativo proposto per la valutazione del rischio stress lavoro correlato nelle scuole
muove dalla necessità di individuare, prima ancora che valutare, i fattori di rischio stress collegati
alla organizzazione e gestione dell'istituto scolastico da parte del dirigente, suggerendo anche, in
funzione dei fattori di rischio rilevati, le possibili iniziative correttive.
I fattori di stress
Potenziali indicatori di stress (stressor) nella scuola: rapporti con studenti e genitori,presenza di
alunni difficili con episodi significativi di aggressività, maggiore intransigenza dell'utenza, eccessivo
carico di lavoro, classi numerose, presenza di alunni disabili, disorganizzazione (orari di lezione,
frequenza delle riunioni), conflittualità tra colleghi, costante necessità di aggiornamento,
inconsapevolezza dei rischi psicosociali legati all'attività, rapporto conflittuale uomo-macchina
(dove al lavoratore viene richiesto un maggiore impegno mentale per gestire l'interazione con i
nuovi dispositivi tecnologici ), strutture fatiscenti, attrezzature insufficienti/inadeguate, gestione
burocratica anziché manageriale.
Non vengono naturalmente trascurati i fattori di stress dovuti al contesto che solo parzialmente
dipendono dal dirigente scolastico, come ad esempio gli interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria che fanno capo all'Ente proprietario della struttura.
La rilevazione di tali fattori, ad es. microclima, rumore, riverbero, dislocazione della struttura,
gestibili parzialmente o per nulla con proprie risorse, può sollecitare i dirigenti scolastici a
richiedere, se non già fatto, o a sollecitare, se già fatto, l'intervento operativo dell'Ente
proprietario.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
Lo scopo primario è quindi quello di rendere consapevole il dirigente scolastico, in qualità di datore
di lavoro, delle criticità emergenti dalla sua attività manageriale in modo da potere assumere i
provvedimenti correttivi.
Il Dirigente scolastico dovrebbe mettere in essere tutte le iniziative possibili per promuovere la
cultura della negoziazione, per facilitare la comunicazione interna all'organizzazione scolastica,
conoscere le competenze del personale per meglio valorizzarlo e impegnarlo e realizzare al meglio
lo spirito partecipativo in tutti i processi di prevenzione e protezione messi in essere.
Per raggiungere pienamente l'obiettivo il metodo consente di rilevare separatamente per genere le
eventuali carenze organizzative e di gestione diminuendo così il rischio che la valutazione 30
complessiva, in caso di sensibile diversità numerica tra i due generi, possa essere determinata dal
genere maggioritario tra il personale. L'ipotesi che la valutazione del rischio stress lavoro correlato
possa essere influenzata dal genere viene presa in considerazione per la prima volta anche se allo
stato mancano elementi scientifici a sostegno di tale ipotesi.
Il metodo in realtà, oltre a valutare lo stress lavoro correlato come richiesto dal D.Lgs. 81/08,
tende a sollecitare la realizzazione di una condizione di benessere organizzativo, ignorando
volutamente fattori non gestibili o influenzabili da parte del dirigente scolastico ( inadeguato ruolo
istituzionale
attribuito/riconosciuto
alla
professione,
mancanza
di
una
politica
premiante
dell'impegno, l'impatto di riforme calate dall'alto, scarsità delle risorse, precarietà del posto di
lavoro, mobilità, scarsa considerazione da parte dell'opinione pubblica, articolazione dell'orario tra
più istituti, etc ).
La strategia della prevenzione
Sicuramente, al di là degli obblighi di legge, la strategia da seguire per la prevenzione del
fenomeno, è, innanzitutto, la volontà di sottoporre il proprio sistema produttivo aziendale a
un'analisi interna che possa far emergere, con il coinvolgimento dei lavoratori, le reali esigenze di
intervento.
Il metodo parte da questionari anonimi proposti al personale in cui vengono formulate domande a
risposta chiusa.
Nei questionari si è dato spazio a domande volte a verificare eventuali involontarie discriminazioni
legate al genere; quali ad esempio: "Le proposte o le proteste del personale donna come vengono
valutate? Nell'affidare lavoretti manuali (esempio piccoli lavori di riparazione) vengono preferiti i
maschi? Nell'affidare i compiti esecutivi semplici (esempio fare fotocopie, rispondere al telefono)
vengono preferite le donne? Il Dirigente Scolastico assegnando i compiti discrimina il genere? Il
Dirigente Scolastico, nella scelta delle figure sensibili, quale personale privilegia? "
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Non è stato trascurato di indagare l'eventuale conflittualità esistente tra il personale, sul quale il
dirigente scolastico potrebbe intervenire, con domande del tipo " C'è coerenza e condivisione nei
Consigli di Classe CC.d.C sui criteri di valutazione dell'apprendimento degli allievi? All'interno dei
CC.d.C/team c'è sostegno reciproco rispetto a situazioni didatticamente o educativamente difficili?
Vengono organizzati incontri tra docenti a carattere interdisciplinare?"
Sicuramente l'attenzione maggiore è rivolta a indagare l'organizzazione e la gestione dell'istituto da
parte del dirigente scolastico. Molti i quesiti che a tale scopo vengono posti: Per la formazione delle
classi iniziali, vengono applicati dei criteri condivisi? Il Dirigente Scolastico ascolta il personale e
tiene conto delle opinioni espresse? I ruoli del personale con funzioni specifiche sono definiti
attraverso un organigramma delle competenze? Le circolari emesse dal Dirigente Scolastico sono 31
chiare e puntuali? I criteri per l'assegnazione dei docenti alle classi sono condivisi e rispettati? Il
regolamento di Istituto è rispettato rigorosamente da tutto il personale scolastico?
Per comprendere appieno gli scopi e la finalità del metodo proposto per la valutazione del rischio
stress lavoro correlato realizzato dall'Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata, con la
collaborazione di varie istituzioni ed esperti, occorre però ripercorrere le varie fasi della sua
realizzazione.
La genesi del metodo
Nel 2011 fu costituito dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale della Basilicata dott.
Franco Inglese un Gruppo di lavoro (GdL) con la partecipazione delle OOSS, dell'INAIL, della ASL,
della Consigliera Regionale di Parità, della Regione Basilicata, dell'Ordine Regionale degli Psicologi e
della Dr.ssa Cinzia Frascheri Componente della Commissione Consultiva Permanente presso il
Ministero del lavoro.
Compito del GdL era quello di avviare una metodologia di valutazione del rischio da stress lavorocorrelato che potesse adempiere a quanto prescritto dal D.Lgs.81/2008 e dalla Circolare del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18.11.2010 e potesse altresì costituire esperimento
pilota, eventualmente esportabile in altre realtà, al fine di incrementare il benessere psicofisico del
personale in servizio presso le istituzioni scolastiche.
I lavori del gruppo furono agevolati dalle indicazioni fornite dalla dott.ssa Cinzia Frascheri e dalla
disponibilità di un lavoro già svolto dal G.d.L. regionale "SGS" del SiRVeSS e dalle reti di scuole
della provincia di Verona e Treviso.
La prima versione del metodo riproduceva il lavoro già realizzato nel Veneto, modificandolo per
includere alcuni fattori tratti dalle linee guida ISPESL e per aggravare - su indicazioni del direttore
ISPESL locale - alcuni punteggi in modo da penalizzare maggiormente comportamenti organizzativi
non partecipativi.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
La valutazione del rischio stress lavoro correlato all'interno della scuola, veniva affidata
integralmente ad un'apposita Commissione, chiamata Gruppo di Valutazione (GDV), composta
almeno dalle seguenti figure:
- il Dirigente Scolastico D.S. (o un suo rappresentante);
- il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione R.S.P.P.;
- il Responsabile di plesso;
32
- il/i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (R.L.S.);
- il Medico Competente M.C., se nominato.
Il metodo si basava sull'applicazione di una griglia di raccolta di dati oggettivi, che, raccogliendo
informazioni su fatti e situazioni "spia" (o "sentinella"), doveva fornire una fotografia oggettiva
della realtà scolastica rispetto al tema trattato e una check list, che indagava le possibili sorgenti di
stress e alcune problematiche di tipo organizzativo, permettendo nel contempo di individuare le
possibili misure di prevenzione e miglioramento. Tali due strumenti dovevano essere gestiti
direttamente dal GDV mentre il personale sarebbe stato coinvolto mediante la somministrazione di
un questionario soggettivo, peraltro non individuato, solo nel caso in cui si fosse giunti ad una
valutazione di rischio alto.
Le check- list proposte erano suddivise in 3 aree:
1. area Ambiente di lavoro, in cui si indagavano alcuni parametri della struttura scolastica che la
letteratura individua come possibili sorgenti di stress per i lavoratori, in particolare per gli
insegnanti;
2. area Contesto del lavoro, in cui si consideravano diversi indicatori riferiti all'organizzazione
generale del lavoro all'interno della scuola; gli indicatori riguardavano in particolare lo stile della
leadership del DS, la trasparenza del modello organizzativo e le modalità dei processi decisionali;
3. area Contenuto del lavoro, a sua volta suddivisa in quattro sottoaree specifiche per ogni
componente del personale scolastico:
- C1 - insegnanti
- C2 - amministrativi
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- C3 - collaboratori
- C4 - tecnici
Spettava al GDV il compito di valutare singolarmente i quesiti proposti dalla check list (indicatori) e
quindi di compilarla, assumendo, in caso di dubbio, informazioni più precise in merito alle singole
voci.
Il compito di esprimere un giudizio rispetto ai vari indicatori - affidato al GDV della scuola introduceva inevitabilmente un importante margine di soggettività nell'utilizzo dello strumento.
Peraltro, la necessità di adempiere all'obbligo della valutazione stress LC nei tempi stabiliti dalla
norma, non consentì, in questa prima fase, gli approfondimenti necessari per superare questa
difficoltà.
Ci si limitò a mettere in guardia le scuole sulla possibilità di esprimere nella check list giudizi non
congrui con la realtà aziendale, suggerendo, pertanto, di utilizzare la stessa "a posteriori" (cioè
dopo l'impiego da parte del GDV) durante gli interventi di formazione rivolti al personale, con
l'obiettivo dichiarato di analizzare le differenze tra i giudizi del GDV e quelli mediamente espressi
dal personale.
I valori limite del punteggio finale, sulla base dei quali si valutava l'entità del rischio stress lavoro
correlato,
rimanevano
quelli
dell'ISPESL
modificati
proporzionalmente
per
tenere
conto
dell'aggiunta di nuovi item nelle check list (che ovviamente facevano lievitare i valori assoluti
finali).
La metodologia per la valutazione del rischio stress LC, così realizzata, sembrava aver raggiunto
una soluzione accettabile, ponendosi solo un gradino piu' avanti rispetto a quella del Veneto per
l'aggiunta di nuovi item nelle check list, per l'inserimento di ulteriori dati mutuati dall'ISPESL nella
griglia iniziale e per l'aggravamento di alcuni punteggi.
Il metodo, validato dall'Organismo Paritetico Territoriale (i cui rappresentanti facevano parte del
gruppo di lavoro regionale) e dal Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei
luoghi di lavoro ( FAQ Frequently Asked Questions - Gennaio 2012 - Stress lavoro-correlato
Indicazioni per la corretta gestione del rischio e per l'attività di vigilanza alla luce della Lettera
Circolare del 18 novembre 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), fu quindi messo
a disposizione delle scuole attraverso il sito dell'Ufficio Tecnico di Coordinamento Regionale per la
Sicurezza nelle istituzioni Scolastiche.
Allo scopo di facilitare l'applicazione del metodo e porre i Dirigenti Scolastici nella condizione di
meglio assolvere al proprio compito specifico oltre che favorire, fra tutti i lavoratori e le figure
interessate, la conoscenza della problematica, furono realizzati, a partire dal mese di settembre
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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2011, appositi percorsi formativi (rivolti ai D.S., ai R.S.P.P. e R.L.S.),nonché attività d'informazione
in tutte le scuole, sulla base di un documento informativo elaborato dalla dott.ssa Cinzia Frascheri.
I risultati della valutazione eseguita nelle scuole regionali che avevano aderito - su base volontaria
- alla sperimentazione (87%), furono elaborati dall'ing. Pasquale Costante, Coordinatore del GdL.
Un apposito seminario di formazione/aggiornamento (Aprile 2012), destinato ai Dirigenti Scolastici,
ai D.S.G.A., ai R.S.P.P., ai R.L.S., ai Sindacati, agli operatori del settore (Funzionari Organi di
Vigilanza, Psicologi, Professionisti), con l'intervento della Dott.ssa Cinzia Frascheri, si pose
l'obiettivo di fare una riflessione sui primi dati relativi alla sperimentazione della metodologia
proposta dal GdL (fase preliminare: griglia di raccolta dati oggettivi e check list osservazionale).
La soddisfazione per il numeo di adesioni ricevute e il gradimento espresso da molti Dirigenti
Scolastici fu stemperata dalle perplessità manifestate da alcuni componenti del GdL - in particolare
dall'ing. Domenico Mannelli, già dirigente di ricerca INAIL e nel frattempo diventato libero
professionista - sulla eccessiva omogeneità dei risultati. Tali perplessità furono confermate in alcuni
incontri formativi realizzati con i R.L.S. e R.S.P.P. scolastici di tutte le scuole regionali, dove furono
evidenziate alcune anomalie nella redazione delle check list e la necessità dell'inserimento di alcuni
item per valutare criticità precedentemente trascurate.
Si dubitava che il GdV potesse avere compilato le check list proposte non riuscendo ad oggettivare,
per quanto possibile, la propria valutazione ed inserendo risposte di tipo strettamente soggettivo
piuttosto che ricavate dalla realtà del proprio istituto.
Una apposita indagine fu attivata dall'Ufficio scolastico Regionale attraverso l'inviodi una scheda
sintetica di verifica della prima fase di valutazione, che gli istituti potevano restituire compilata.
L'elaborazione di tali schede, restituite da tutti gli istituti, confermarono i dubbi sulla eccessiva
soggettività nella compilazione delle check list dovuta prevalentemente al mancato coinvolgimento
del personale.
Inoltre, come evidenziato dalla Consigliera Regionale di Parità in una riunione del GdL, si
lamentava la mancanza nelle check list di item che tenessero conto del rischio di genere.
Tali motivazioni spinsero due componenti del gruppo, l'ing. Costante e l'ing. Mannelli, a tentare una
impegnativa revisione della metodologia mantenendo uno stretto collegamento con la dott.ssa
Frascheri.
Dopo circa un anno di lavoro il nuovo metodo fu ultimato, inviato ai componenti del GdL e
approvato in una apposita riunione.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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Il metodo di valutazione
IL nuovo metodo anticipa nella valutazione preliminare elementi di percezione soggettiva dei
lavoratori.
A tale scopo sono disponibili questionari da somministrare al personale, da rielaborare
successivamente da parte del GdV per determinare il valore da inserire nelle check list.
La metodologia definisce campi di valore e punteggi da attribuire alla percezione soggettiva,
dividendo i gruppi campionati in due tipologie: fino a 20 componenti e sopra i 20 per ponderare
meglio i punteggi da attribuire al giudizio espresso.
Per ogni item sottoposto a valutazione del personale si procede al calcolo della media ponderata
ricavata dalla sommatoria del prodotto tra il punteggio relativo al giudizio attributo (buono,
discreto, mediocre, cattivo) e il numero di persone che hanno espresso tale giudizio, diviso il totale
dei componenti il gruppo campionato.
Il valore numerico risultante dalla media ponderata è confrontato con un campo di valori predefiniti
dagli autori del metodo, con il quale si determina il giudizio Buono, Discreto, Mediocre, Cattivo che
il GdV inserisce nelle check list.
Il GdV per alcuni item potrà anche non tenere conto del giudizio risultante dalla media ponderata
ma tale decisione, se comporta una diminuzione dell'indice di rischio finale, dovrà essere indicata in
allegato alla valutazione complessiva con le relative motivazioni (che diano conto della scelta fatta
eliminando qualsiasi dubbio di arbitrarietà tesa all'accomodamento del valore finale dell'indice di
stress lavoro correlato).
I punti fondamentali che caratterizzano la nuova metodologia sono quindi:
1. la partecipazione del personale già nella prima fase della valutazione preliminare, mediante la
somministrazione di questionari da compilare in forma anonima;
2. la realizzazione di un metodo di ponderazione per i pareri espressi dal personale, al fine di offrire
al GDV scolastico direttamente un valore esprimibile per i vari item;
3. il mantenimento della discrezionalità del GDV per la esecuzione della valutazione, offrendo allo
stesso uno strumento idoneo per valutare criticamente il proprio parere e confrontarlo con quello
della generalità del personale;
4. l'introduzione di appositi item per tenere conto del rischio di genere;
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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5. la possibilità di eseguire rapidamente e senza ulteriore aggravio una valutazione di genere, e
quindi di considerare come l'organizzazione dell'istituto impatta sul personale di genere diverso.
Il metodo attuale, ultimato nel 2014, è quindi specifico per le scuole ed è applicabile negli istituti
scolastici della comunità europea senza distinzione di ordine o grado.
La griglia di raccolta dei dati oggettivi è costituita da ben 12 indicatori: indice di affollamento classi
<1,80 mq/al., invii Commissione L.300/70 per problemi di comportamenti o assenze ripetute per
malattia, procedimenti interni per sanzioni disciplinari, segnalazioni per problemi di relazioni
interpersonali o per organizzazione del lavoro pervenute al DS, al DSGA, al RLS o al MC, richieste
di spostamenti interni per incompatibilità con la situazione lavorativa, classi con più allievi 36
certificati con DSA, esposti di classi e/o genitori, richieste di trasferimento per incompatibilità,
indici infortunistici, indice generale medio assenze dal lavoro, assenze per malattia, numero visite
su richiesta del lavoratore al medico competente.
Con i questionari proposti si realizza una valutazione stress lavoro correlato interrogando
direttamente i lavoratori su una serie di indicatori specifici delle attività scolastiche, differenziati
per tipologia di mansioni, consentendo da subito una valutazione semi approfondita che esplora
anche criticità derivanti da eventuali discriminazioni di genere.
I questionari distribuiti offrono la possibilità di eseguire l'intera valutazione nell'ottica di genere, e
quindi di far risaltare valutazioni e criticità del sistema gestione aziendale differenziate secondo il
genere del lavoratore.
Il nuovo metodo prevede l'applicazione iterativa dei seguenti strumenti:
- una GRIGLIA DI RACCOLTA DI DATI OGGETTIVI, che, raccogliendo informazioni su fatti e
situazioni "spia" (o "sentinella"), fornisce una fotografia oggettiva della realtà scolastica rispetto al
tema trattato. La griglia deve essere compilata direttamente dal GdV;
- una serie di QUESTIONARI SOGGETTIVI da compilare, in forma anonima, dal personale (docente
e non docente), che consentiranno la compilazione oggettiva e informatizzata di CHECK LIST, che
indagano le possibili sorgenti di stress e alcune problematiche di tipo organizzativo, permettendo
nel contempo di individuare le possibili misure di prevenzione e miglioramento;
- l'applicazione delle MISURE PREVENTIVE E CORRETTIVE individuate dall'uso della check list e
dall'analisi dei questionari.
L'elaborazione dei dati è resa agevole da file in excel opportunamente predisposti, interagenti fra di
loro:
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
-StressScuola_Indagine
-ValStressScuola
Ognuno dei quattro questionari proposti è suddiviso in quattro sezioni:
Sez. 1 - Dati generali
Sez. 2 - Ambiente di lavoro
Sez. 3 - Contesto del lavoro
37
Sez. 4 - Contenuto e caratteristiche del lavoro
Il metodo fornito alle scuole prevede un pacchetto di file comprendente:
1- Software
2- Questionari
3- Griglia raccolta dati
4- Istruzioni Operative
La nuova metodologia è stata applicata in n. 137 istituzioni scolastiche della Basilicata, con il
coinvolgimento di n. 9300 lavoratori e richiesta formalmente in 100 scuole della regione Puglia.
Si riporta l'applicazione eseguita in un istituto superiore, preso ad esempio sia per il numero di
unità di personale in servizio (148) che per il livello di rischio SLC rilevato con l'applicazione della
metodologia (rischio medio).
La valutazione si è svolta secondo le seguenti fasi:
- Costituzione Gruppo di Valutazione (DS, RLS, RSPP, M.C, Responsabile di plesso,D.S.G.A,
Rappresentanti personale docente, amm.vo, ausiliario e tecnico);
- Informazione al personale (Collegio docenti, circolare informativa);
- Distribuzione, raccolta ed elaborazione informatica dei questionari soggettivi;
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
- Analisi e discussione degli indicatori rilevatisi critici dai questionari, all'interno del Gruppo di
Valutazione e con la partecipazione del R.L.S. e altri rappresentanti dei lavoratori (docenti, coll.
Scolastici, personale Tecnico e ausiliario);
- Focus group con i GOL dai quali sono emerse specifiche criticità, con la partecipazione costante
del R.L.S., RSPP, D.S. e D.S.G.A.;
- Progettazione e implementazione delle azioni correttive necessarie;
- Monitoraggio delle azioni.
Il valore del rischio calcolato è risultato medio, sia nella Valutazione complessiva che in quella per
genere, evidenziando però, per specifici item, un risultato diverso a seconda del sesso.
Tenuto conto del valore di rischio rilevato, il GdV ha individuato, attraverso il file ValStressScuola,
gli item che hanno evidenziato, nelle varie aree, situazioni di maggiore criticità (livello mediocre o
cattivo). La discussione di tali item, finalizzata all'individuazione degli interventi correttivi, è stata
svolta all'interno del Gruppo di Valutazione.
Le principali criticità emerse hanno riguardato: Microclima (mancanza di schermature e scarsa o
assente aerazione in alcuni ambienti), rumore fastidioso (attività d'ufficio con particolare
riferimento al personale femminile), mancato rispetto del regolamento d'Istituto (con particolare
riferimento al personale femminile), carenza nell'offerta formativa e di aggiornamento, criticità nel
carico di lavoro del personale amm.vo, ausiliario e tecnico, carente affiancamento per il personale
amm.vo nell'applicazione di nuove procedure di lavoro, insoddisfazione nell'organizzazione
generale da parte del personale amm.vo e tecnico femminile e ausiliario maschile, inidonea
ripartizione del carico di lavoro tra il personale ausiliario, discriminazione nell'affidamento lavori al
personale maschile ausiliario, mancata coerenza nelle disposizioni per il personale tecnico.
Il Gruppo di Valutazione ha pertanto proceduto nella progettazione e implementazione delle azioni
correttive necessarie, che sono state fatte proprie dal Dirigente Scolastico.
I provvedimenti effettuati sono stati:
- richiesta all'ente locale proprietario di precisi interventi migliorativi di natura tecnica finalizzati al
miglioramento del microclima (adeguamento dell'impianto unità trattamento aria, con pulizia filtri e
installazione di nuovi aspiratori);
- realizzazione di idonee schermature degli infissi con riduzione dell'irraggiamento solare;
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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- segregazione delle macchine d'ufficio, particolarmente rumorose a causa della vetustà, in locali
non adibiti a posti di lavoro abituali;
- revisione del regolamento di istituto, con il coinvolgimento degli organi collegiali, al fine di
renderlo attuale e operativo e con puntuale definizione del personale avente funzioni di controllo;
- analisi dei bisogni formativi del personale e programmazione degli interventi formativi e di
aggiornamento mirati;
- effettuazione di un focus group con il personale ATA che ha evidenziato particolari criticità
attraverso i questionari, allo scopo di offrire occasione ai lavoratori di poter esprimere i motivi di
disagio, consentendo alle figure apicali di prendere piena consapevolezza delle proprie carenze di
gestione;
- rielaborazione e diffusione dell'organigramma delle competenze per una esatta definizione dei
ruoli (sapere "chi fa che cosa");
- miglioramento nella comunicazione da parte dell'Ufficio di Presidenza (fornendo maggiori dettagli
motivazionali sulle decisioni assunte);
- effettuazione di un incontro tra i Responsabili di laboratorio, il D.S.G.A e il D.S., con la redazione
di un verbale, per la definizione concordata ed univoca delle procedure di lavoro;
- informazione resa a tutto il personale, tramite circolare interna affissa all'Albo della Sicurezza,
sulle risultanze dell'indagine eseguita e sulle criticità rilevate, con manifestazione d'impegno, da
parte della dirigenza, per il miglioramento della propria gestione e invito a proporre suggerimenti
e/o osservazioni con spirito partecipativo;
- programmazione nuova indagine a fine anno per verificare l'efficacia dei provvedimenti assunti.
La valutazione eseguita con la nuova metodologia ed i conseguenti interventi correttivi hanno
creato diversi momenti di discussione partecipata, facendo registrare una maggiore disponibilità al
dialogo costruttivo, un miglioramento dei rapporti interpersonali, una maggiore conoscenza dei
ruoli e delle procedure operative, una maggiore disponibilità da parte di tutti alla ricerca e
promozione di possibili e concrete soluzioni di cambiamento, con un miglioramento diffuso del
benessere organizzativo della scuola.
In conclusione l'applicazione della nuova metodologia sembra avere superato le criticità emerse
dall'applicazione del precedente metodo.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
39
Si è quindi ritenuto di poterlo stabilizzare eliminando l'ultima criticità rimasta. Attualmente i
questionari soggettivi sono solo cartacei, con dispendio di risorse e con difficoltà di lavoro da parte
del GdV che deve trasformare i risultati cartacei, se condivisi, in dati da inserire nel file
StressScuola_Indagine (dal quale vengono estratti semiautomaticamente dal file ValStressScuola).
È in corso di realizzazione un apposito software che consentirà la compilazione on line dei
questionari soggettivi, con elaborazione automatica dei dati on site eliminando del tutto gli attuali
file excel e lo strumento cartaceo parzialmente o totalmente
Sarà possibile da parte del GdV scegliere se utilizzare questionari cartacei, o questionari elettronici
o anche questionari in parte elettronici o in parte cartacei per agevolare eventuale personale non 40
avvezzo all'uso del computer.
Il software sarà presto scaricabile gratuitamente con le istruzioni previo registrazione al sito
www.utsbasilicata.it.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
 Sicurezza

I CAMERIERI CON IL VOUCHER: SÌ ALLE NORME DI SICUREZZA
D. Nel settore della ristorazione, il titolare che impiega, generalmente il sabato, lavoratori
occasionali con l'attivazione del buono lavoro (voucher) è tenuto a far sostenere loro la visita
medica e il corso sulla sicurezza? Si tenga presente che normalmente i lavoratori danno il loro
consenso alla prestazione da svolgere il sabato quando è ormai venerdì sera o, addirittura, sabato
mattina.
---R. L’articolo 3, comma 8, del Dlgs 81/2008, modificato dall’articolo 20 del Dlgs 151/2015, dispone
che, «nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni di
cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza
dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente
imprenditore o professionista». È quindi opportuno, prima di adibire al lavoro il prestatore
occasionale, adempiere a quanto previsto dalla normativa vigente. Se l’attività svolta non rientra
nelle casistiche espressamente previste dal Dlgs 81/2008 come soggette a sorveglianza sanitaria
(per esempio, movimentazione di carichi pesanti e lavoro al videoterminale), non è necessaria la
visita medica.
(Alberto Bosco e Angelo Pompei, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 26 ottobre 2015)
 NOLEGGIO DI LABORATORIO E ATTREZZATURE
D. Una Srl svolge attività di catering utilizzando un laboratorio-cucina, sito in un immobile di cui la
Srl non è proprietaria, avendone però il godimento in forza di contratto di locazione immobiliare.
Ora questa Srl intende stipulare un contratto commerciale atipico, con cui concede in noleggio, in
alcuni giorni della settimana, il laboratorio con le attrezzature a un'altra società. Il contratto avrà
durata complessiva inferiore ai sei mesi. Le autorizzazioni concesse dall'Asl e dalle altre autorità di
pubblica sicurezza per l'utilizzo commerciale del laboratorio sono intestate alla Srl. Si chiede se,
durante il periodo di esecuzione del contratto, è
possibile limitare contrattualmente la
responsabilità della prima società, in ordine alla sicurezza sul lavoro, nel caso si verifichino incidenti
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Novembre 2015, n. 11
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causati dalla seconda società. Quest'ultima è obbligata a presentare la Scia (segnalazione
certificata di inizio attività) per lo svolgimento di attività temporanea nel laboratorio in cui, per il
Comune, solo la prima società è autorizzata a operare?
----
R. Nel caso prospettato, la società noleggiante – indipendentemente dalla questione circa la
titolarità soggettiva dei titoli abilitativi all’esercizio dell’attività - è responsabile, al momento della
cessione al noleggiatore-utilizzatore, dell’efficienza strutturale e funzionale della struttura e delle
attrezzature di lavoro. In materia di noleggio l’articolo 72 del Dlgs 81/2008 obbliga infatti, in ogni
caso, il noleggiante a rendersi garante del buono stato di conservazione, manutenzione ed
efficienza, a fini di sicurezza, di macchine, apparecchi o utensili. Qualora, poi, si tratti di
attrezzature di lavoro prive della marcatura Ce al momento della loro costruzione o messa in
servizio, il noleggio dev'essere corredato da attestazione del noleggiante circa la loro conformità, al
momento della consegna a chi riceva in noleggio, ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V del
citato
Dlgs
81/2008.Resta
fermo
che
il
noleggiatore-utilizzatore
è
tenuto
a
effettuare
autonomamente la valutazione dei rischi ex articoli 17 e 28 del Dlgs 81/2008.
(Pierguido Soprani, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 12 ottobre 2015)
 DURC SEMPRE OBBLIGATORIO PER LAVORI EDILIZI
D. Gradirei sapere se le aziende/ditte/società che hanno un contratto o effettuano la manutenzione
dei servizi condominiali (ascensori, giardino, pulizie, spurghi, impianto di riscaldamento eccetera),
oppure eseguono interventi straordinari di riparazione (edilizi, su impianti condominiali quali
citofoni, autoclave, servizio idrico, cancello elettrico del passo carraio eccetera), devono avere il
Durc (documento unico di regolarità contributiva), e se tale documento dev'essere loro richiesto
per poter operare.
---R. Va innanzitutto evidenziato che il documento di regolarità contributiva (Durc) è dovuto per
ragioni legate al Dlgs 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro, che (all'articolo 90) responsabilizza il
committente (in questo caso il condominio, rappresentato dall'amministratore) a effettuare la
verifica tecnico-professionale dell'impresa esecutrice di lavori edili e altri assimilati, tra cui quelli
identificati dal lettore. Questa verifica, in generale, consiste nell’osservare le disposizioni
dell'allegato XVII, nel quale è annoverato anche il Durc. Per lavori inferiori a 100 giorni-uomo, e
che non prevedono rischi elevati, il committente può limitarsi a chiedere solo il Durc e il certificato
della Camera di commercio, invece del Duvri (documento unico di valutazione dei rischi
d’interferenza) di cui all’articolo 17 del Dlgs in argomento, nonché della dichiarazione nella quale si
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afferma di non essere oggetto di provvedimenti di sospensione o interdittivi, di cui all’articolo 14.
In definitiva, il Durc è sempre obbligatorio per i lavori edili in un condominio, e la richiesta va fatta
dal condominio committente, rappresentato dal suo amministratore. I riferimenti normativi vanno
individuati nel citato Dlgs 81/2008 (testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori). Secondo l’articolo 26, infatti, un datore di lavoro, nel caso che affidi lavori, servizi o
forniture a una impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda o di
una singola unità produttiva della stessa, è tenuto a verificare la idoneità tecnico-professionale
delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture
da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. L’articolo 89 definisce la
idoneità tecnico-professionale, individuandola nel possesso di capacità organizzative, nonché nella
disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature idonee in riferimento ai lavori da 43
realizzare. La regolarità contributiva, in quanto materia che riguarda la tutela dei lavoratori, rientra
nella competenza del ministero del Lavoro e delle politiche previdenziali. Circa la validità del Durc,
con nota del 5 marzo 2015, la direzione generale per l’Attività ispettiva del dicastero citato ha
precisato che, in attesa dell’emanazione del decreto attuativo previsto dall’articolo 4, comma 1, del
Dl 34/2014, la validità del Durc riferito ai lavori edili per i soggetti privati torna ad essere di 90
giorni con effetto dal 1° gennaio 2015, invece dei 120 precedenti.
(Mario Maceroni, Il Sole 24 ORE - Esperto Risponde, 12 ottobre 2015)
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(G.U. 2 novembre 2015, n. 255)
 Sicurezza
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
DECRETO 6 agosto 2015
Attuazione delle direttive delegate della Commissione europea 2015/573/UE, 2015/574/UE del 30
gennaio 2015 e 2015/863 del 31 marzo 2015 di modifica degli allegati del decreto legislativo 4
marzo 2014 n. 27 sulla restrizione di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature
elettriche ed elettroniche.
(G.U. 1 ottobre 2015, n 228)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplodente.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplodente.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplodente.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplodente.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
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Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplodente.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 2 ottobre 2015, n 229)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 10 agosto 2015, n. 163
Regolamento recante parziale modificazione del comma 2 dell'articolo 33 del decreto 15 aprile
2003, n. 130, in materia di regola tecnica per la costruzione e la sistemazione degli impianti
radioelettrici da installare a bordo delle navi soggette ai requisiti previsti dal GMDSS (Sistema
globale di soccorso e sicurezza in mare).
(G.U. 14 ottobre 2015, n 239)
MINISTERO DELLA DIFESA
DECRETO 19 ottobre 2015
Rettifica del decreto 24 settembre 2015, concernente l'individuazione delle acque internazionali
soggette al rischio di pirateria nell'ambito delle quali è consentito l'impiego di guardie giurate a
bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana.
(G.U. 26 ottobre 2015, n 249)
AUTORITA' DI REGOLAZIONE DEI TRASPORTI, COMUNICATO
Comunicato relativo al Regolamento sul procedimento sanzionatorio per le violazioni delle
disposizioni del regolamento (UE) n. 1177/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai
diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne, del 15 ottobre 2015.
(G.U. 27 ottobre 2015, n 250)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 21 ottobre 2015
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed
esercizio delle metropolitane.
(G.U. 30 ottobre 2015, n 253)
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