Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza
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Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza
6/2010 Intervento Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza: considerazioni e proposte Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 1. Introduzione L’articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha introdotto nel nostro ordinamento la legge annuale per il mercato e la concorrenza, con l’obiettivo “di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori”. Nelle prossime settimane il Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e sentita la Conferenza unificata, presenterà alle Camere il primo disegno di legge in materia. Come previsto dalla legge n. 99/2009, questo disegno di legge conterrà norme di immediata applicazione, deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi, nonché disposizioni che autorizzano l’adozione di regolamenti e decreti ministeriali. Inoltre, nel disegno di legge potranno essere individuati “i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze normative, quando vengano in rilievo profili attinenti alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione”. Qualità e stabilità del quadro normativo La legge annuale per il mercato e la concorrenza può costituire un utile strumento per migliorare la qualità e la stabilità del quadro normativo. Negli ultimi anni, disposizioni volte a promuovere la concorrenza e a rafforzare la tutela dei consumatori sono state spesso introdotte tramite interventi legislativi di urgenza, non preceduti da un adeguato dibattito. In più di un caso questo modo di procedere ha reso necessari successivi ripensamenti delle scelte inizialmente compiute. Un clima di incertezza sulla stabilità delle regole, tuttavia, mal si concilia con l’esigenza di mantenere gli incentivi per le imprese a investire nel mercato italiano. L’incarico affidato al Governo dalla legge n. 99/2009 di elaborare periodicamente un disegno di legge in tema di concorrenza e tutela dei consumatori può segnare una svolta verso un approccio più sistematico e più conforme ai principi di qualità della regolazione. Va anzitutto considerato che il disegno di legge governativo, secondo quanto previsto dalla legge di semplificazione 20051, dovrà essere accompagnato dall’analisi dell’impatto delle nuove disposizioni e dall’esame della loro coerenza con il quadro giuridico nazionale e comunitario. Quest’attività di verifica preventiva 1 Legge 25 novembre 2005, n. 246, articolo 14. 2 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 dell’incidenza economica e giuridica delle nuove previsioni può consentire di accantonare tempestivamente le soluzioni inefficaci e quelle i cui costi superano i benefici per la collettività. Inoltre, l’articolo 47 della legge n. 99/2009 prevede espressamente la verifica ex post degli effetti che le disposizioni introdotte dalle leggi annuali per la concorrenza produrranno sui cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione. Il metodo di elaborazione della normativa diverrà quindi più simile a quello seguito dalle istituzioni europee quando adottano misure legislative in tema di apertura dei mercati e di protezione dei consumatori. Ciò avverrà a tutto vantaggio della qualità del dibattito e della capacità del sistema di promuovere l’emergere delle migliori soluzioni. Rapporto con la normativa europea Ampia parte delle previsioni in tema di apertura dei mercati e tutela dei consumatori deriva direttamente dal diritto europeo. E’ quindi necessario che l’azione del legislatore nazionale in queste materie sia integrata nel processo di adeguamento dell’ordinamento alle regole dell’Unione europea. Esiste un rapporto di complementarità tra la legge comunitaria, con cui viene annualmente data attuazione agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, e la legge annuale per la concorrenza che deve essere valorizzato. L’articolo 47 della legge n. 99/2009 compie un primo passo in questa direzione, laddove richiede che la relazione di accompagnamento al disegno di legge annuale per la concorrenza evidenzi lo stato di conformità dell’ordinamento interno ai principi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza. Un passo ulteriore che potrebbe essere intrapreso è quello di utilizzare la legge annuale per la concorrenza, oltre che per le questioni non direttamente connesse all’adempimento degli obblighi comunitari, anche come legge comunitaria più tecnica specificamente mirata a conformare l’ordinamento italiano al diritto europeo per quanto riguarda i problemi di concorrenza, liberalizzazione dei mercati e tutela del consumatore. Semplificare per promuovere il funzionamento del mercato Nell’indicare l’obiettivo della promozione della concorrenza, l’articolo 47 della legge n. 99/2009 si riferisce anche “alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l’esercizio delle attività economiche private”. Le politiche di rimozione degli oneri ingiustificati e di miglioramento della qualità della regolazione possono fornire un 3 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 impulso importante all’esplicarsi del processo concorrenziale, poiché aumentano la chiarezza del quadro in cui si svolge l’attività d’impresa e riducono i costi. Appare quindi coerente con lo spirito di una legge annuale per il mercato e la concorrenza che quest’ultima contenga misure volte a migliorare l’intervento pubblico di regolazione e controllo del funzionamento dei mercati in una prospettiva di semplificazione. In particolare, il nuovo strumento può fornire l’occasione per rivedere periodicamente l’adeguatezza sia delle norme generali e settoriali attinenti all’esercizio delle attività d’impresa, sia dei relativi sistemi di enforcement, anche al fine di eliminare duplicazioni di ruoli e sovrapposizioni di competenze. Per quanto concerne il possibile contenuto della prima legge annuale della concorrenza, in questa nota formuliamo proposte relative alla normativa nazionale a tutela della concorrenza e alla disciplina delle pratiche commerciali scorrette. Presentiamo inoltre alcune considerazioni di carattere generale sulle ipotesi di estensione delle competenze delle autorità amministrative indipendenti a tutela del mercato e dei consumatori. 2. Normativa a tutela della concorrenza 2.1 Semplificazione degli obblighi di notifica delle concentrazioni In un moderno sistema di tutela della concorrenza, le risorse delle autorità pubbliche preposte all’applicazione delle regole devono concentrarsi sulla repressione delle infrazioni più gravi, quali i cartelli, e non essere assorbite da attività di controllo ex ante di operazioni che hanno scarso rilievo in termini di impatto sul mercato. In questa prospettiva, Assonime richiede da tempo una revisione della prima parte dell’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, che prevede un obbligo di notifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato delle operazioni di concentrazione quando l’acquirente e l’acquisita raggiungono complessivamente una determinata soglia di fatturato sul territorio italiano (oggi pari a 461 milioni di euro) a prescindere dal fatturato realizzato in Italia dell’impresa acquisita2. In base all’attuale disciplina, una 2 In base all’articolo 16 della legge n. 287/1990, le operazioni di concentrazione (come definite dall’articolo 5 della stessa legge) devono essere preventivamente comunicate all’Autorità qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese interessate sia superiore a una soglia attualmente pari a 461 milioni di euro, oppure qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall’impresa di cui è prevista l’acquisizione sia superiore a una soglia oggi pari a 46 milioni di euro. Tali valori sono 4 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 grande impresa deve notificare qualsiasi acquisizione, anche quando il fatturato dell’acquisita è estremamente modesto o, se si tratta imprese titolari di licenze o autorizzazioni, addirittura nullo. Tale obbligo di notifica comporta oneri in termini di tempo e di risorse, sia per le imprese che per l’Autorità garante. Inoltre, per ogni operazione notificata le imprese devono pagare all’Autorità una contribuzione (filing fee), che si traduce in una sorta di imposta sulla crescita dimensionale mediante acquisizioni. Dall’esperienza maturata nei vent’anni di applicazione della legge n. 287/1990 emerge che per le operazioni di importanza minore il sistema di controllo preventivo delle concentrazioni potrebbe essere semplificato senza pregiudicare la tutela del mercato. Anzi, un intervento normativo in questa direzione libererebbe risorse che l’Autorità garante potrebbe impiegare più utilmente. La via da seguire è indicata come best practice dalla rete mondiale delle autorità di concorrenza (International Competition Network): limitando il controllo preventivo delle concentrazioni ai casi in cui il fatturato dell’impresa acquisita nel territorio nazionale supera una determinata soglia individuata nella normativa. Si tratta, in pratica, di modificare la prima parte dell’articolo 16, comma 1, della legge n. 287/1990 prevedendo che, nei casi in cui il fatturato complessivo delle parti supera i 461 milioni di euro, la concentrazione va notificata solo quando il fatturato realizzato in Italia dall’impresa acquisita supera una soglia minima. Recentemente anche la legge tedesca a tutela della concorrenza è stata modificata in questo senso. 2.2 Riordino delle competenze dei giudici nazionali nel private enforcement del diritto antitrust Una questione che merita attenzione da parte del legislatore è il riordino del quadro delle competenze giurisdizionali per l’applicazione del diritto antitrust nelle controversie tra privati. Il canale del cosiddetto private enforcement, in cui imprese e consumatori si rivolgono ai giudici ordinari per fare valere i propri diritti in caso di violazione delle disposizioni a tutela della concorrenza, sta assumendo un’importanza crescente. Le istituzioni europee esercitano un forte impulso in questa direzione. incrementati ogni anno di un aumentare equivalente all’aumento dell’indice del deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo. 5 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 In Italia, anche a causa di un susseguirsi di interventi normativi, le competenze per il private enforcement delle norme antitrust sono assegnate a giudici diversi: - per le violazioni delle disposizioni della normativa antitrust nazionale (legge n. 287/1990), le azioni di nullità e le azioni di risarcimento del danno, nonché i ricorsi diretti a ottenere provvedimenti di urgenza devono essere promossi davanti alle corti d’appello competenti per territorio3; - nei casi di violazione delle disposizioni antitrust comunitarie (articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) l’azione in giudizio deve essere promossa, a seconda del valore della controversia, davanti ai tribunali ordinari di tutte le sedi territoriali o ai giudici di pace; - se si tratta di “illeciti afferenti all’esercizio dei diritti di proprietà industriale”, l’applicazione delle disposizioni antitrust nazionali e comunitarie spetta alle dodici sezioni di tribunale specializzate in materia di proprietà industriale4; - infine, per le azioni di classe basate su violazioni della normativa antitrust nazionale o comunitaria, il foro competente è il tribunale ordinario del capoluogo della regione ove ha sede l’impresa convenuta, con alcuni accorpamenti di competenza per regioni contigue5. Questo quadro non risponde ad alcuna logica e crea incertezze e difficoltà pratiche. Appare quindi opportuno un intervento di riordino. Vi sono alcuni importanti principi guida a cui ispirarsi. Anzitutto, il riordino dovrebbe favorire la specializzazione dei giudici competenti ad applicare la disciplina antitrust. Vi sono due principali ragioni per una scelta in questo 3 Articolo 33, comma 2, della legge n. 287/1990. Cfr. articolo 134 del codice della proprietà industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), come sostituito dall’articolo 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99. Le sezioni specializzate sono state istituite dal decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. 5 Articolo 140 bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo). I tribunali competenti sono undici. Per la Valle d’Aosta è competente il tribunale di Torino; per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il tribunale di Venezia; per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise è competente il tribunale di Roma; per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli. Le sedi coincidono con quelle delle sezioni specializzate, con l’eccezione di Cagliari, dove non esiste attualmente una sezione specializzata ma il tribunale ha la competenza per le azioni di classe ai sensi dell’articolo 140 bis. A Catania e Trieste, viceversa, esiste la sezione specializzata ma il tribunale non ha competenza per l’azione di classe ai sensi dell’articolo 140 bis. 4 6 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 senso: la prima è che l’incidenza della normativa a tutela della concorrenza sul funzionamento del mercato richiede la comprensione dei processi economici da parte del giudice; la seconda è che il giudice deve avere familiarità con la giurisprudenza comunitaria in materia di diritto della concorrenza. Per questi motivi, è auspicabile che la competenza sia affidata a un numero limitato di tribunali, secondo un modello che è già stato seguito in altri Stati membri, tra cui la Francia e la Spagna. Inoltre, per assicurare un migliore coordinamento con la disciplina delle azioni di classe, affidata ai tribunali, appare opportuno che anche per le azioni individuali in materia antitrust la competenza sia attribuita ai tribunali piuttosto che alle corti di appello. Va anche considerato che le cause antitrust, soprattutto quando non sono precedute da una decisione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato o della Commissione europea, comportano un’attività di accertamento dei fatti che appare più consona al ruolo dei giudici dei tribunali che a quello dei giudici delle corti d’appello. Infine, attribuire la competenza in primo grado ai tribunali consente di preservare il doppio grado di giudizio. Una soluzione che soddisfa i requisiti qui delineati e dovrebbe quindi essere considerata da un intervento di razionalizzazione delle competenze è quella di attribuire alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, già competenti per parte della materia e già dotate di particolare esperienza nella trattazione del diritto comunitario, l’intera competenza per l’applicazione delle disposizioni antitrust nazionali e comunitarie nelle controversie tra privati. 3. La tutela dei consumatori dalle pratiche commerciali scorrette La disciplina sulle pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra imprese e consumatori è stata introdotta in Italia nel 2007, in attuazione di una direttiva comunitaria6. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, a cui è stato affidato il compito di curarne l’applicazione, ha svolto in questi anni un’intensa attività a tutela del consumatore. L’esperienza maturata nel primo periodo di applicazione della disciplina ha però evidenziato alcune esigenze di semplificazione e chiarimento del quadro normativo, che potrebbero trovare spazio nella legge annuale per il mercato e la concorrenza. 6 Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146, di attuazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Le disposizioni sulle pratiche commerciali scorrette sono state inserite negli articoli da 18 a 27-quater del codice del consumo. 7 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 3.1 Ridurre il rischio di bis in idem nell’applicazione della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette Un tema assai controverso, che genera molti problemi sul piano dell’applicazione delle regole e delle garanzie per le imprese, è quello dei rapporti tra la normativa generale sulle pratiche commerciali scorrette e le disposizioni settoriali volte ad assicurare un’informazione trasparente e corretta nei rapporti delle imprese con i consumatori. La questione è strettamente legata a quella della ripartizione delle competenze tra l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e le autorità di vigilanza settoriali. Il diritto europeo fornisce indicazioni sull’approccio da seguire per evitare il rischio di bis in idem. Infatti, in base alla direttiva sulle pratiche commerciali scorrette, le norme settoriali di fonte comunitaria che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni generali in essa contenute7. La direttiva “offre una tutela ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore”8: essa svolge quindi una funzione residuale, di completamento delle regole europee applicabili alle pratiche commerciali lesive degli interessi economici dei consumatori. In sintesi, il principio è quello dell’applicazione della disciplina di settore salvo che per le questioni da questa non coperte, a cui si applicano le disposizioni generali in tema di pratiche commerciali scorrette. Nel nostro ordinamento il tema è stato affrontato dal Consiglio di Stato in una pronuncia relativa alla ripartizione delle competenze tra Consob e Autorità garante della concorrenza e del mercato nel settore dei servizi finanziari. In tale pronuncia è stato indicato che se l’oggetto di tutela è lo stesso (corretta informazione del pubblico) la questione dei rapporti tra la normativa del codice del consumo e le discipline di settore va risolta alla luce del principio di specialità: la disciplina di settore è speciale in virtù del proprio ambito di riferimento (il mercato mobiliare rispetto al mercato generale) e quindi prevale, anche ai fini dell’identificazione dell’autorità competente a intervenire, sulla normativa generale di cui al codice del consumo9. Queste indicazioni, tuttavia, non sono state sinora sufficienti a risolvere compiutamente il problema dei rapporti e delle possibili sovrapposizioni di competenze tra l’Autorità garante e le autorità di settore: vi è quindi il concreto rischio di adozione di due decisioni su una medesima condotta, con un’inefficiente duplicazione di attività amministrativa e l’eventualità di pronunce tra loro contrastanti. 7 Direttiva 2005/29/CE, articolo 3, paragrafo 4. Direttiva 2005/29/CE, considerando 10. 9 Consiglio di Stato, adunanza della sezione I, 3 dicembre 2008, n. 3999. 8 8 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 Tenendo conto delle indicazioni derivanti dal diritto comunitario circa il ruolo residuale della normativa generale a tutela dei consumatori, le soluzioni vanno cercate sul piano del coordinamento tra gli interventi delle autorità interessate. Il codice del consumo già contiene una norma di coordinamento, che riguarda le pratiche commerciali preliminarmente sottoposte al vaglio di un’autorità amministrativa. L’articolo 27, comma 14, del codice del consumo dispone infatti che se la pratica commerciale è stata assentita con provvedimento amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non scorretto della stessa, l’Autorità garante non interviene ulteriormente sul medesimo oggetto, ferma restando la possibilità per i soggetti interessati di presentare ricorso giurisdizionale contro il provvedimento amministrativo10. Questa disposizione è oggi utilizzata prevalentemente per specialità medicinali e presidi medico-chirurgici, nonché per le acque minerali. In prospettiva, essa potrebbe trovare una più ampia applicazione, ad esempio nel settore assicurativo, dove la normativa (articolo 186 del codice delle assicurazioni) prevede un interpello all’Isvap da parte degli operatori come verifica preventiva volontaria sulla correttezza e completezza della nota informativa relativa alla polizza, che si conclude con un provvedimento espresso o con un silenzio assenso. Al di fuori di questa ipotesi, potrebbe essere utile un intervento normativo sul coordinamento tra i procedimenti. In particolare, si potrebbe prevedere che laddove un’autorità di settore avvia un procedimento volto ad accertare per specifici profili il carattere scorretto di una pratica commerciale, l’Autorità garante si astiene dall’iniziare un procedimento sui medesimi profili, o sospende il proprio procedimento laddove già avviato. Concluso il procedimento dell’Autorità di settore, l’Autorità garante potrebbe portare a termine il proprio intervento limitatamente agli eventuali profili che non sono stati oggetto della procedura dell’altra Autorità. Verrebbe così evitato il rischio di decisioni contrastanti da parte di diverse autorità chiamate a pronunciarsi su una medesima questione. I dettagli e gli ulteriori profili del coordinamento procedurale potrebbero essere definiti attraverso protocolli d’intesa tra le autorità, sul modello di quanto previsto dall’articolo 20 della legge sul risparmio per il coordinamento delle competenze nel settore 10 Articolo 27, comma 14: “Ove la pratica commerciale sia stata assentita con provvedimento amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non scorretto della stessa, la tutela dei soggetti e delle organizzazioni che vi abbiano interesse, è esperibile in via giurisdizionale con ricorso al giudice amministrativo avverso il predetto provvedimento.” 9 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 finanziario11. Va peraltro rilevato che, ad oggi, questa disposizione non ha ancora prodotto significativi risultati rispetto al problema qui analizzato. 3.2 Ridurre i casi di parere obbligatorio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Attualmente il codice del consumo prevede che in tutti i casi in cui la pratica commerciale è stata o deve essere diffusa attraverso la stampa periodica o quotidiana oppure per via radiofonica o televisiva o altro mezzo di telecomunicazione, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato prima di assumere la propria decisione debba chiedere il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom)12. I casi in cui viene richiesto il parere di un’altra autorità comportano, oltre all’impegno di più amministrazioni, un allungamento dei tempi dei procedimenti. In linea di principio, essi andrebbero quindi limitati a ipotesi strettamente giustificate. In questa prospettiva, appare condivisibile la proposta dell’Autorità garante di limitare i casi di parere obbligatorio dell’Agcom alle ipotesi in cui la pratica commerciale riguarda prodotti e servizi relativi ai settori sottoposti alla vigilanza dell’Agcom (stampa periodica o quotidiana, radiofonia, televisione, telecomunicazioni)13. Si tratta di passare da un approccio secondo cui la competenza dell’Agcom viene fondata sul mezzo di trasmissione del messaggio a un approccio incentrato sui mercati interessati dalla pratica commerciale. 3.3 Attribuire al giudice amministrativo il potere di rideterminare le sanzioni Nell’applicazione delle norme a tutela della concorrenza il giudice amministrativo, quando annulla un provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella parte relativa all’irrogazione della sanzione pecuniaria, può direttamente rideterminare l’ammontare della sanzione ai sensi dell’articolo 23, comma 11, della legge n. 689/1981. La formulazione dell’articolo 27, comma 13, del codice del consumo ha condotto la giurisprudenza prevalente a ritenere che in materia di pratiche 11 In base all’articolo 20 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, “1. La Banca d'Italia, la CONSOB, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca indipendenza, individuano forme di coordinamento per l'esercizio delle competenze ad essi attribuite anche attraverso protocolli d'intesa o l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di comitati di coordinamento. 2. Le forme di coordinamento di cui al comma 1 prevedono la riunione delle Autorità indicate nel medesimo comma almeno una volta l'anno.” 12 Codice del consumo, articolo 27, comma 6. 13 Autorità garante della concorrenza e del mercato, segnalazione del 9 febbraio 2010, AS659, Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza. 10 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 commerciali scorrette questa possibilità sia preclusa14. Pertanto, quando una sanzione irrogata dall’Autorità è annullata dal giudice amministrativo, per la sua rideterminazione occorre l’avvio di un nuovo procedimento dell’Autorità, con dispendio di tempo e risorse sia per quest’ultima che per le imprese coinvolte. Non vi è alcuna ragione sistematica che giustifichi questa diversità di trattamento delle sanzioni per pratiche commerciali scorrette rispetto alle sanzioni antitrust. Un intervento normativo che sancisse chiaramente l’applicabilità dell’articolo 23, comma 11, della legge n. 689/1981 anche nel contesto della disciplina delle pratiche commerciali scorrette eliminerebbe un inutile appesantimento procedurale. 4. Ipotesi di estensione delle competenze delle autorità amministrative indipendenti Nella segnalazione sulla legge annuale per il mercato e la concorrenza presentata dall’Autorità antitrust lo scorso 9 febbraio sono contenute alcune proposte volte ad estendere i poteri e le competenze della stessa Autorità per quanto concerne la promozione della concorrenza e la tutela degli interessi economici dei consumatori; viene inoltre proposto di attribuire ad autorità indipendenti la competenza in materia di regolazione di alcuni settori economici. Appare interessante la proposta di legittimare l’Autorità garante a impugnare, tramite l’Avvocatura dello Stato, gli atti amministrativi adottati in violazione delle norme comunitarie e nazionali a tutela della concorrenza. Se essa avrà un seguito normativo, occorrerà prestare attenzione a due esigenze. Occorre anzitutto evitare che l’ambito di intervento dell’Autorità rispetto all’attività delle amministrazioni pubbliche sia definito in modo troppo ampio e che sull’Autorità si riversi così in modo massiccio una conflittualità minuta; a tal fine, il potere di attivazione dell’Autorità dovrebbe essere chiaramente circoscritto ad alcune tipologie di atti amministrativi di particolare rilevanza per il funzionamento del mercato. Bisogna inoltre strutturare il sistema tenendo conto delle competenze di altre autorità di controllo, in modo da evitare conflitti e sovrapposizioni. Il problema potrebbe sorgere, in particolare, se non vi fosse una chiara ripartizione di ruoli tra Autorità antitrust e Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. 14 L’articolo 27, comma 13, del codice del consumo prevede che per le sanzioni amministrative pecuniarie che derivano da violazioni delle disposizioni sulle pratiche commerciali scorrette “si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni”. 11 Verso la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza:considerazioni e proposte 6 / 2010 Nel valutare le altre ipotesi di estensione delle competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato l’indispensabile premessa è che le risorse a disposizione sono limitate e bisogna decidere quali siano i loro impieghi più utili per il sistema. Per i mercati in cui è ancora necessaria una regolazione economica settoriale, un quadro giuridico favorevole agli investimenti richiede un sistema istituzionale in grado di produrre una disciplina proporzionata, stabile e uniforme sul territorio nazionale. Questa esigenza è oggi particolarmente sentita nel settore dei servizi pubblici locali per la gestione delle risorse idriche e dei rifiuti. Anche nel disegno degli assetti preposti alla regolazione settoriale, peraltro, occorre considerare l’esigenza di limitare i costi per il sistema, in particolare alla luce dell’attuale situazione congiunturale. L’istituzione di nuove autorità dovrebbe quindi essere considerata come soluzione residuale, in assenza di valide alternative. Nelle scelte che verranno compiute, le ipotesi di attribuzione di nuove competenze ad autorità già esistenti andranno attentamente valutate caso per caso, sia per valorizzare le complementarità sia per evitare che l’estensione delle funzioni possa pregiudicare l’efficace adempimento dei compiti originariamente attribuiti alle diverse autorità. 12