Disturbi psicopatologici in adolescenza: cosa cambia quando i
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Disturbi psicopatologici in adolescenza: cosa cambia quando i
Aprile-Giugno 2013 • Vol. 41 • N. 170 • Pp. 63-68 Adolescentologia Disturbi psicopatologici in adolescenza: cosa cambia quando i bambini diventano adolescenti e quando gli adolescenti diventano adulti Eleonora Sanna1, Gianluigi Melis2, Alessandro Zuddas 1,2, Centro Terapie Farmacologiche in Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Cagliari 2 Clinica di Neuropsichiatria Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari 1 Riassunto La pubertà coincide con l’aumento delle capacità di “attivazione (arousal)” e di attribuzione di salienza agli stimoli motivazionali, modulata dalla più intensa risposta agli stimoli sociali, rispetto sia all’infanzia che all’età adulta. Tale aumentata sensibilità agli stimoli viene modulata soprattutto dalla corteccia prefrontale dorsolaterale, che però giunge a maturazione all’inizio dell’età adulta: ciò comporta specifiche e transitorie modalità di presentazione e decorso della psicopatologia. L’irritabilità patologica è un classico esempio di disturbo ad esordio dell’infanzia, che in adolescenza può evolvere in diversi disturbi psicopatologici: la diversificata presentazione clinica ha permesso la definizione del “nuovo” Disturbo di disregolazione dirompente dell’umore, finalizzata alla caratterizzazione di più appropriati interventi terapeutici. La più intensa risposta agli stimoli sociali può anche spiegare l’aumentata ideazione suicidaria osservabile in adolescenza rispetto all’infanzia: anche in età evolutiva la suicidalità appare modulata da fattori genetici ed ambientali. Non solo gli eventi di vita stressanti, ma anche specifici aspetti delle “culture giovanili” e degli stili di vita (inclusi farmaci anche per patologie non psichiatriche), sconosciuti alle generazioni precedenti, dovrebbero essere considerati target delle strategie di prevenzione del suicidio. Summary Puberty coincides with an increase of “arousal” and of the attribution of salience to motivational stimuli with a more intense response to social stimuli, in relation to both childhood and adulthood. Increased sensitivity to stimuli is mainly modulated by the dorsolateral prefrontal cortex, which reaches maturation in the early adulthood: this involves specific and transitional modes of presentation and course of psychopathology. Irritability is a classic example of psychopathological dimension with childhood onset; in adolescence it may evolve in different psychopathological disorders: the variable clinical presentation has allowed the definition of the “new” Disruptive Mood Dysregulation Disorder, with the aim of characterizing more appropriate therapeutic interventions. The stronger response to social stimuli may also explain the increased suicidal ideation observed in adolescence compared to childhood: in children and adolescents suicidality is modulated by genetic and environmental factors. Not only stressful life events, but also specific aspects of “youth culture” and lifestyles (including drugs for non-psychiatric diseases), unknown to previous generations, should be considered as targets for suicide prevention. Introduzione: adolescenza e sviluppo neurobiologioco “asimmetrico” Per adolescenza s’intende il periodo della vita compreso tra la pubertà ed il raggiungimento della responsabilità legale: in questo contesto, per pubertà s’intendono le modifiche nella maturazione riproduttiva, mentre la responsabilità legale dovrebbe coincidere con la transizione dalla dipendenza dai genitori ad una relativa indipendenza. A differenza degli altri mammiferi, nell’uomo tale transizione è caratterizzata dal fatto che mentre i singoli individui divengono più forti, agili e resistenti alle malattie, mostrando maggiori capacità di ragionamento e migliori abilità nel prendere le decisioni rispetto ai bambini, la mortalità aumenta del 200% (Centers for Disease Control, 2007), non per malattia, ma per altre prevenibili cause quali incidenti, suicidi o omicidi (Casey et al., 2010). Tale apparente paradosso ha portato a considerare l’adolescenza come periodo di “crisi”, dovuto soprattutto ad uno sfasamento tra la maturità sessuale (che viene raggiunta sempre più precocemente negli ultimi 100 anni) e il raggiungimento di quella legale (che varia a seconda dei paesi e degli ambiti). D’altra parte studi epidemiologici di popolazione mostrano come la gran parte degli adolescenti supera agevolmente questa fase, mantenendo una buona qualità della vita, caratterizzata da rapporti sufficientemente buoni con i coetanei e gli adulti (genitori compresi), suggerendo quindi la necessità di “smontare” il mito dell’adolescenza (Offer e Schonert-Reichl, 1992). In realtà una serie di studi mostra come nei mammiferi la pubertà (attivata dal rilascio degli ormoni sessuali, testosterone ed estrogeni) coincide con l’aumento di interesse e di attività sessuale e con modifiche delle capacità di “attivazione (arousal)” e di attribuzione di salienza agli stimoli motivazionali, modulata dalla più intensa risposta agli stimoli sociali dell’amidgala (percezione e codifica) e dello striato ventrale (nucleo accumbens: attribuzione di salienza), rispetto sia all’infanzia che all’età adulta (Casey et al., 2010). In età adulta tale aumentata sensibilità viene modulata soprattutto dalla corteccia prefrontale dorso-laterale (DLPFC), sede delle cosiddette funzioni esecutive. Numerosi studi mostrano come nei primati la DLPFC sia una delle ultime a completare lo sviluppo, alcuni anni dopo la “maturazione” delle aree temporali (amigdala, insula) e sottocorticali (Gogtay et al., 2004, Shaw et al., 2008). 63 E. Sanna, G. Melis, A. Zuddas La maturazione neurobiologica che si osserva in adolescenza appare quindi responsabile dell’evoluzione della psicopatologia, piuttosto che della genesi della psicopatologia: in altre parole la psicopatologia dipende da alterazioni dello sviluppo, non dallo sviluppo adolescenziale di per sè. Un esempio di ciò può essere considerata l’irritabilità come dimensione psicopatologica. Metodologia della ricerca bibliografica effettuata La ricerca degli articoli rilevanti degli ultimi 5 anni è stata effettuata sul motore di ricerca PubMed, utilizzando le parole chiave: adolescence AND irritability, adolescence AND disruptive mood, adolescence AND suicide, adolescence AND suicidal ideation, adolescence AND neurobiology, adolescence AND psychopatology AND prevalence, disruptive mood disregulation disorder. Sono state considerate anche altre pubblicazioni rilevanti degli anni precedenti conosciute dagli autori ed altre ricavate dalla bibliografia delle pubblicazioni identificate mediante PubMed. Irritabilità, disturbo bipolare e Disruptive Mood Dysregulation Disorder Per irritabilità s’intende una eccessiva risposta a stimoli ambientali, situazionali o emotivi: il termine viene usato sia per la reazione fisiologica agli stimoli che per quella patologica (reazione eccessiva a stimoli avversivi minimi); l’irritabilità patologica è considerata un criterio diagnostico di diverse patologie dell’età evolutiva (disturbo bipolare, depressione, distimia, disturbi d’ansia, disturbo oppositivoprovocatorio). A seconda di quanto i criteri per la sua definizione siano stringenti, la prevalenza dell’irritabilità patologica può variare dal 3% (criteri rigidi dello studio Great Smoky Mountain, Brotman et al., 2006) al 20% (Pickles et al., 2009). In realtà l’irritabilità può essere presente già nell’infanzia, spesso associata ad oppositività (headstrong) e aggressività (hurtful) e già prima dell’adolescenza ognuna di tali dimensioni può apparire predominante, dando luogo a profili evolutivi differenti: l’irritabilità predispone prevalentemente allo sviluppo di depressione e ansia generalizzata; l’oppositività è un predittore del persistere dell’ADHD in adolescenza e in età adulta, nonché dei sintomi non aggressivi (es. furto o violazione delle regole) del disturbo di condotta; l’aggressività nell’infanzia predice i sintomi aggressivi ed i tratti “calloso-anemozionali (es. mancanza di empatia e di senso di colpa) dello stesso disturbo della condotta (Stringaris e Goodman, 2009; Stringaris, 2011). Le ricerche degli ultimi anni si sono focalizzate sull’irritabilità, soprattutto a seguito della cosiddetta “epidemia del Disturbo Bipolare in età evolutiva”: negli ultimi 15 anni i tassi di diagnosi di tale disturbo in età evolutiva sono aumenti in maniera esponenziale, con corrispondente aumento delle prescrizioni farmacologiche, soprattutto nella prima adolescenza. Nella gran parte dei casi l’irritabilità, spesso cronica, piuttosto che la grandiosità e l’umore espanso, costituiva il cardine della diagnosi (Leibenluft, 2011). Sebbene gli antipsicotici atipici appaiano utili in questi disturbi (Zuddas et al., 2011), è interessante notare che nelle forme caratterizzate da cronica (nel senso di non-episodica) disregolazione dell’umore, gli stabilizzanti come il litio non appaiono efficaci (Dickstein et al., 2009), mentre il metilfenidato risulta efficace nella forme persistenti di oppositività (NICE, 2008) ed in quelle lievi o moderate di irritabilità. Nella 5a edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dell’American Psychiatric Association (DSM), ormai in corso di stampa, il disturbo bipolare in età evolutiva riacquisterà i criteri del disturbo in età adulta: presenza di episodi di mania (almeno 7 giorni) o ipomania (4 giorni) chiaramente identificabili (episodici e non cronici), con maggiore enfasi sui sintomi di grandiosità ed umore espanso. I casi di irritabilità non-episodica potranno invece essere inclusi in una nuova categoria diagnostica denominata Disruptive Mood Dysregulation Disorder (DMDD), caratterizzata da frequenti scoppi d’ira in risposta a semplici eventi stressanti (Zepf e Holtmann, 2012, Axelson et al., 2012, Copeland et al., 2013, vedi Tab. I). L’evoluzione in età adulta del DMDD sembra essere verso la depressione unipolare e la distimia, piuttosto che verso il disturbo bipolare. La definizione di tale “nuovo” disturbo (in realtà è nuova la definizione, non il disturbo, che prima riceveva altre definizioni) è finalizzata all’individuazione di efficaci interventi terapeutici, sia psicoeducativi o psicoterapeutici che farmacologici: il disturbo è compreso nella categoria dei disturbi depressivi (con aspetti di confine con i disturbi di sviluppo quali l’ADHD e i disturbi dirompenti). Il suicidio e l’interazione gene/ambiente: eventi di vita, serotonina ed uso di Internet Il suicidio può essere concettualizzato come un atto di aggressione distruttiva diretta verso di sé, spesso associato con comportamenti violenti e impulsivi (Hawton et al., 2012): sebbene associato principalmente con la depressione, la suicidalità può essere presente anche in adolescenti affetti da altri disturbi psichiatrici e in individui apparentemente “normali” (Zalsman, 2010). Tabella I. Criteri diagnostici proposti per il Disruptive Mood Dysregulation Disorder per il DSM-V. A Severe e ricorrenti crisi di rabbia, in risposta ad agenti stressanti comuni, che si manifestano: - con aggressività fisica o verbale, diretta verso persone o oggetti - con intensità e durata eccessiva rispetto alla situazione ed al livello di sviluppo del soggetto B Le crisi di rabbia si manifestano 2-3 volte/settimana C Umore, nel periodo tra gli episodi di rabbia, persistentemente negativo (irritabile, arrabbiato e/o triste) D I criteri A-C sono presenti per almeno 12 mesi e i sintomi sono stati assenti per meno di 3 mesi E I sintomi sono presenti in almeno due contesti (casa, scuola, con i coetanei) e in almeno un contesto sono di elevata intensità F L’età deve essere di almeno 6 anni G L’esordio deve essere precedente i 10 anni H&I Non vengono soddisfatti i criteri per altri disturbi mentali (d. bipolare, depressione, psicosi), ma può esserci associazione con ADHD, d. oppositivo-provocatorio, d. della condotta o abuso di sostanze. 64 Disturbi psicopatologici in adolescenza Studi epidemiologici e ricerche mirate hanno messo in evidenza come il suicidio sia una delle più comuni cause di morte tra i giovani. Durante l’infanzia e la prima adolescenza il suicidio è raro, ma la prevalenza aumenta con l’età, per poi stabilizzarsi in età adulta e ri-aumentare negli anziani (dopo i 60 anni): il tasso annuale di suicidio per 100.000 abitanti è dello 0.5 per le femmine e 0.9 per i maschi tra i 5-14 anni di età, arrivando al 12.0 per 100.000 per le femmine e 14.2 per i maschi tra i 15 e 24 anni, rispettivamente (Pelkonen e Marttunen, 2003). Poiché meno della metà dei giovani che commette suicidio non aveva ricevuto cure psichiatriche, la prevenzione del comportamento suicidario costituisce una priorità. Un aspetto ancora controverso nella prevenzione del suicidio è costituto dal comportamento autolesivo: la progressione da ideazione suicidaria all’autolesionismo e poi al suicidio non è affatto assoluta (Carter et al., 2005). Tra i pazienti che si presentano in ospedale con autolesionismo, circa il 7% compirà il suicidio in un periodo di 9 anni di follow-up (Owens et al., 2002). L’interazione gene/ambiente può spiegare parte della varianza nella relazione tra gravi eventi di vita stressanti, lo sviluppo e la gravità di un episodio di grave depressione ed il comportamento suicidario. Una variante allelica del promoter del trasportatore per la serotonina (S- 5HTTLPR) è stata infatti indicata quale modulatore della relazione tra eventi di vita stressanti, depressione e ideazione suicidaria o tentativo di suicidio. Alcuni autori hanno dimostrato che gli individui portatori di almeno una copia di tale allele S che abbiano avuto importanti eventi di vita stressanti prima dei 21 anni mostrano un incremento dei sintomi depressivi, con ideazione e tentativo di suicidio, alla età di 21-26 anni (Caspi et al., 2010). Al contrario, altri autori studiando bambini con livelli gravi di maltrattamento tali da richiedere la separazione dai genitori, hanno invece rilevato un potenziale effetto dell’allele S solo per la depressione, ma non per il suicidio (Kaufman et al., 2006; Hawton et al., 2012). Oltre agli eventi di vita stressanti, anche altri fattori sembrano modulare il comportamento suicidario in adolescenza (Hawton et al., 2012). La diffusione di notizie relative al suicidio da parte dei media sono state messe in relazione a un incremento del suicidio stesso tra i giovani (Stack, 2003), anche alla luce delle evidenze di “cluster di suicidi” tra persone che conoscono soggetti che hanno commesso un suicidio (Johansson et al., 2006). È possibile ottenere informazioni via Internet, come ad esempio attraverso i social network o i forum di discussione on line, incentrati su argomenti specifici come il suicidio: esistono oltre 100.000 siti che parlano di metodi di suicidio e tre dei più frequentati esprimono opinioni pro-suicidio (Biddle et al., 2008). Uno studio condotto su 719 ragazzi tra i 14 e i 24 anni, ha indagato la loro conoscenza di persone che avevano tentato o commesso il suicidio o l’aver provato essi stessi sentimenti di disperazione e ideazione suicidaria (Dunlop et al., 2011). Un anno dopo è stata effettuata una valutazione di follow-up, che analizzava l’uso di varie piattaforme Internet con argomenti legati al suicidio o da fonti conosciute personalmente. I risultati hanno evidenziato che le fonti tradizionali di informazione sul suicidio sono molto frequenti (il 79% delle informazioni deriva da giornali, amici, familiari), minori le fonti online (59%). Le fonti tradizionali, come i giornali, sono associate a incrementi nell’ideazione suicidaria, ma tale influenza dura pochi giorni e riguarda coloro che sono già vulnerabili al suicidio. L’uso di social network, di per sè non risultava associato ad un incremento dell’ideazione suicidaria, mentre lo era l’uso di forum online incentrati sul suicidio (Dunlop et al., 2011). Suicidalità indotta da farmaci Recentemente è stato messo in evidenza come alcuni farmaci possano indurre ideazione suicidaria e come tale effetto possa essere specifico per adolescenti e giovani adulti, ed estremamente più raro in età adulta. Le prime evidenze di tale effetto sono state messe in evidenza per i farmaci antidepressivi quali gli inibitori selettivi della serotonina (SSRI) e per l’atomoxetina. Successivamente sono stati osservati “segnali di rischio” anche per gli antipsicotici, per gli antiepilettici (FDA, 2008) e più recentemente per farmaci non neuropsichiatrici, quali gli agenti modificanti i leucotrieni come il Montelukast (Bridge et al., 2007, Brunlof et al., 2008, Mula et al., 2010, Holzer e Eap, 2006, Schumock et al., 2011). In realtà le evidenze attualmente disponibili mostrano come negli adulti sia il trattamento inadeguato della depressione (farmacoterapia e/o psicoterapia), piuttosto che l’uso dei farmaci, ad essere associa- Tabella II. Fattori che modulano il rischio suicidario. Fattori Genetici e biologici • Polimorfismo COMT (V158M) (Zalsman et al., 2008) • Polimorfismo promoter 5-HTT-LPR (Caspi et al., 2003; Zalsman et al., 2006) • Ridotta densità del recettore serotoninergico1A nella corteccia prefrontale di individui morti per suicidio (Arango et al., 2001) • Polimorfismo FKBP5 (riduce la sensibilità del recettore dei glucocorticoidi) (Brent et al., 2010) • Insensibilità dell’asse HPA al feedback e aumento della secrezione di cortisolo (Mann et al., 2007) Fattori psicopatologici (Hawton et al., 2012) - Depressione Maggiore - Disturbo Bipolare - Disturbo della condotta - Abuso di sostanze - Psicosi - Ansia - Impulsività - Bassa autostima - Perfezionismo - Sentimenti di disperazione Fattori ambientali (Hawton et al., 2012) Fattori socio-demografici: - Sesso maschile - Basso stato socio-economico - Scarsi successi scolastici - Suicidio-contagio - Orientamento omosessuale - Siti Internet Eventi di vita negativi: - Separazione dei genitori - Morte dei genitori - Abuso sessuale - Patologia psichiatrica dei genitori - Familiarità per suicidio - Bullismo - Difficoltà di socializzazione con i pari 65 E. Sanna, G. Melis, A. Zuddas Tabella III. Prevalenza dei disturbi psichiatrici nel passaggio da infanzia ad adolescenza. Aumentano Si riducono D. di panico- Agorafobia 1,2,3 D. d’ansia da separazione 1,2,3 D. d’ansia generalizzato (F) 3 D. d’ansia generalizzato (M) 1,2,3 Fobia sociale (F) Fobia sociale (M) 3 1,2 D. Depressivi 1,2,3 Abuso di sostanze Fobia specifica (F) 1,2,3 3 D. della condotta 1,2 ADHD 1,2,3 D. della condotta (M) 3 D. Oppositivo-Provocatorio (M) 1,2,3 M= maschi; F= femmine; D. = disturbo 1 Ford et al., 2003. 2 Green et al., 2005. 3 Costello et al., 2003. to ad un aumentato rischio di comportamento suicidario. Nei bambini e negli adolescenti invece i risultati sono meno chiari e ulteriori studi sono in corso per delineare meglio se i bambini beneficiano di un trattamento o se possono essere a rischio come conseguenza del trattamento. Essendo in ogni caso eventi rari (da 1/400 a 1/800 giovani pazienti trattati) ed essendo l’ideazione suicidaria relativamente frequente non solo nei pazienti depressi ma anche negli adolescenti normali, vi è un considerevole dibattito sulle modalità di comunicazione del rischio (Gibbon et al., 2011). Appare quindi importante una valutazione sufficientemente accurata della psicopatologia e della ideazione suicidaria degli adolescenti prima e durante la terapia con qualsiasi farmaco che attraversi la barriera ematoencefalica. Epidemiologia: modifiche diagnostiche nella transizione dall’infanzia all’adolescenza ed all’età adulta Come descritto sopra le modifiche neurobiologiche proprie dell’adolescenza fanno sì che le manifestazioni psicopatologiche osservabili in questa età della vita presentino caratteristiche particolari e transitorie: ciò comporta significative modificazioni anche diagnostiche nelle fasi di transizione dall’infanzia all’adolescenza e da questa all’età adulta. In contrasto con molte patologie fisiche croniche, i disturbi psichiatrici iniziano spesso nelle prime fasi della vita, sia nell’infanzia, che nell’adolescenza. Gli studi epidemiologici in psichiatria dell’età evolutiva sono relativamente recenti: sino alla fine degli anni ’60 tali studi erano poco confrontabili tra di loro, sia per motivi metodologici (eterogenei mezzi di valutazione) che di natura concettuale (Frigerio et al., 2007). Una review non recente ha esaminato 52 studi, condotti tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’90, evidenziando la prevalenza di diversi disturbi psicopatologici in età evolutiva: le stime di prevalenza riportate hanno evidenziato notevoli variabilità della prevalenza (dall’1% al 51% soddisfaceva i criteri diagnostici per un disturbo mentale) che aumenta con l’età: 10,2% in età prescolare; 13,2% in preadolescenza, 16,5% in adolescenza (Roberts et al., 1998). I principali studi epidemiologici condotti negli ultimi anni hanno evidenziato prevalenze variabili tra il 9,5% in Inghilterra e il 32,2% negli USA (Ford et al., 2003, Costello et al., 1996). Una recente review ha analizzato diversi studi epidemiologici svolti negli ultimi 15 anni, evidenziando 66 una prevalenza del 21,8% di disturbi psichiatrici in adolescenza. I disturbi più frequenti sono risultati l’abuso/dipendenza da sostanze (12,1%), disturbi d’ansia (10,7%) e depressione (6,1%) (Costello et al., 2011). In Italia lo studio maggiore, multicentrico, condotto sull’epidemiologia psichiatrica in età evolutiva, è lo studio PrISMA (Progetto Italiano Salute Mentale Adolescenti), che ha analizzato la prevalenza delle patologie psichiatriche tra ragazzi di 10 e 14 anni (Frigerio et al., 2007). Tale studio ha evidenziato che l’8,2% dei preadolescenti partecipanti soffriva di un disturbo mentale: i più frequenti erano i disturbi d’ansia e depressivi (6,5%), seguiti da quelli esternalizzanti, presenti solo nell’1,2% del campione, contrariamente a quanto evidenziato in studi provenienti da altri paesi (Ford et al., 2003; Steinhausen et al., 2006). Più recentemente è stata anche analizzata la stabilità di tali disturbi nel tempo: è stato evidenziato un aumento della prevalenza di depressione, abuso di sostanze, disturbo di panico, agorafobia, disturbi alimentari, disturbo bipolare e psicosi nel passaggio all’adolescenza, mentre diminuiscono ADHD e disturbo d’ansia da separazione (Costello et al., 2011). Il disturbo della condotta e il disturbo oppositivo-provocatorio mostrano un decorso differente in diversi studi: alcuni mostrano un modesto aumento nell’adolescenza, in altri tale differenza è minore. Emergono inoltre alcune differenze legate al sesso: tra i disturbi che si riducono in adolescenza i tic, l’ADHD e secondo alcuni i disturbi pervasivi dello sviluppo (probabilmente per modifica di diagnosi amministrativa durante la transizione tra servizi per l’infanzia e quelli per l’adulto) tendono a essere più frequenti nei maschi; tra quelli che aumentano, depressione, ansia e panico sono più frequenti nelle ragazze, psicosi e abuso di sostanze nei maschi (Costello et al., 2011). La transizione dall’adolescenza all’età adulta evidenzia delle ulteriori modifiche nella prevalenza e nel decorso delle diverse patologie psichiatriche: si verifica un incremento di abuso di sostanze, disturbo di panico, agorafobia, disturbi alimentari; i disturbi dirompenti del comportamento e l’ADHD continuano a diminuire, così come il disturbo d’ansia da separazione, la fobia sociale, le fobie specifiche, il disturbo d’ansia generalizzata. Per quanto riguarda la depressione, i dati rilevati appaiono in contrasto: secondo alcuni si verifica un lieve aumento della prevalenza nel passaggio all’età adulta, mentre altri evidenziano una lieve riduzione (7,2-5,2%; Costello et al., 2011). Tabella IV. Prevalenza dei disturbi psichiatrici nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta (Costello et al., 2003). Aumentano Si riducono Disturbo di panico Agorafobia Disturbo d’ansia da separazione Abuso di sostanze Disturbo d’ansia generalizzato Fobia sociale Fobia specifica ADHD Disturbo della condotta Disturbo Oppositivo-Provocatorio Disturbi Depressivi Disturbi psicopatologici in adolescenza Conclusioni e prospettive per il futuro L’adolescenza è caratterizzata da grandi cambiamenti in quasi tutti gli aspetti dello sviluppo: biologici, psicologici e sociale. Negli ultimi decenni, questi cambiamenti a livello individuale hanno avuto luogo sullo sfondo di rapidi cambiamenti sociali. Lo sviluppo puberale inizia prima che in passato, ma al tempo stesso il periodo di dipendenza dai genitori è aumentato e vi è stata una crescita massiccia in “culture giovanili” e stili di vita del tutto sconosciuti alle generazioni precedenti. Abbiamo cercato di considerare alcuni aspetti importanti, forse poco considerati nella pratica clinica quotidiana del pediatra, descrivendo come fattori biologici e sociali si intersecano per influenzare il rischio di psicopatologia: l’augurio è la maggiore condivisione delle conoscenze scientifiche e cliniche tra pediatri e neuropsichiatri infantili, finalizzate alla prevenzione e, quando necessario, alla terapia della psicopatologia in questa cruciale età della vita. Box di orientamento L’ adolescenza è considerata come il periodo compreso tra la maturazione sessuale e il raggiungimento della responsabilità legale. È caratterizzata da una maggiore risposta, rispetto all’infanzia e all’età adulta, agli stimoli sociali da parte dell’amigdala (percezione e codifica) e del nucleo accumbens (attribuzione di salienza). In età adulta è la corteccia prefrontale a modulare tale aumentata sensibilità, ma il suo sviluppo è più tardivo rispetto a quello delle aree temporali e sottocorticali. Tale maturazione neurobiologica è associata all’evoluzione della psicopatologia, più che alla sua genesi, e l’irritabilità è un esempio delle alterazioni dello sviluppo tipiche dell’adolescenza. Frequentemente la presenza di irritabilità in età evolutiva è stata considerata sintomo di disturbo bipolare, portando a un marcato incremento di tale diagnosi. Nel DSM-V verrà inserita una “nuova” patologia caratterizzata da irritabilità cronica con scoppi d’ira, in assenza di elevazione del tono dell’umore, la Disruptive Mood Disregulation Dysorder. Tale nuova entità “categoriale” è finalizzata alla definizione di nuove e più appropriate strategie terapeutiche sia psicologiche che farmacologiche. Anche il suicidio in adolescenza può essere correlato all’aumentata risposta agli stimoli sociali, come emerge dalla presenza di cluster di suicidi tra persone che conoscono soggetti che hanno commesso suicidio o dall’elevata influenza esercitata dai mezzi di comunicazione di massa come Internet. Le modifiche neurobiologiche si associano inoltre a cambi di prevalenza delle diverse psicopatologie, che manifestano periodi di transizione nel passaggio tra le diverse epoche di vita. Bibliografia Apter A, Kotler M, Sevy S, et al. Correlates of risk of suicide in violent and nonviolent psychiatric patients. Am J Psychiatry 1991;148:883-7. Arango V, Underwood MD, Boldrini Me, et al. Serotonin 1A receptors, serotonin transporter binding and serotonin transporter mRNA expression in the brainstem of depressed suicide victims. Neuropsychopharmacology 2001;25:892-903. Axelson D, Findling RL, Fristad MA, et al. Examining the proposed disruptive mood dysregulation disorder diagnosis in children in the Longitudinal Assessment of Manic Symptoms study. J Clin Psychiatry. 2012;73:1342-50. ** Lo studio esamina la diagnosi di DMDD proposta per il DSM-V per la valutazione dell’irritabilità cronica, attraverso i dati ottenuti da 706 bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni che hanno partecipato allo studio LAMS sui sintomi maniacali. Secondo questo campione clinico il DMDD, presente nel 26% dei soggetti, non appare chiaramente delimitato dal disturbo oppositivo-provocatorio e dal disturbo della condotta, ponendo quindi dei dubbi sull’utilità diagnostica nella popolazione. Biddle L, Donovan J E, Hawton K, et al. Suicide and the Internet. British Medical Journal 2008;336:800-2. * Gli autori indagano quanto Internet influenzi il comportamento suicidario, tramite ricerca di siti che forniscono informazioni sui metodi utilizzati per il suicidio. Brent D, Melhem N, Ferrell R, et al. Association of FKBP5 polymorphisms with suicidal events in the Treatment of Resistant Depression in Adolescents (TORDIA) study. Am J Psychiatry 2010;167:190-7. Bridge JA, Iyengar S, Salary CB. Clinical response and risk for reported suicidal ideation and suicide attempts in pediatric antidepressant treatment: a metaanalysis of randomized controlled trials. JAMA 2007;297:1683-96. ** L’articolo indaga la comparsa di ideazione suicidaria/tentativi di suicidio nei pazienti pediatrici a cui sono stati somministrati antidepressivi per il trattamento di depressione maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi d’ansia, tramite l’analisi di reports pubblicati su Pub Med dal 1988 al 2006. I risultati indicano che i benefici di un trattamento farmacologico appaiono maggiori rispetto al rischio di comparsa di ideazione suicidaria, sebbene il rapporto rischi-benefici si modifichi in base alla diagnosi, all’età del paziente e alle condizioni dello studio. Brotman MA, Schmajuk M, Rich BA, et al. Prevalence, clinical correlates, and longitudinal course of severe mood dysregulation in children. Biol Psychiatry 2006;60:991-7. Brunlof G, Tukukino C, Wallerstedt S. Individual case reports in children in commonly used drug groups – signal detection. BMC Clinical Pharmcology 2008;8:1-5. Carter G, Reith D, Whyte IM, et al. Repeated self-poisoning: increasing severity of self-harm as a predictor of subsequent suicide. Br J Psychiatry 2005;186:253-7. Casey BJ, Duhoux S, Cohen MM. Adolescence: What do Transmission, Transition, and Translation have to do with it? Neuron 2010; 67:749-60. ** L’articolo indaga i cambiamenti comportamentali ed emotivi degli adolescenti, correlandoli ai substrati neurobiologici sottostanti a tali cambiamenti. Caspi A, Sugden K, Moffitt TE, et al. Influence of life stress on depression: moderation by a polymorphism in the 5-HTT gene. Science 2003;301:386-9. Caspi A, Hariri AR, Holmes A, et al. Genetic sensitivity to the environment: the case of the serotonin transporter gene and its implications for studying complex diseases and traits. Am J Psychiatry 2010;167:509-27. ** Gli autori indagano l’interazione gene/ambiente tramite l’analisi di diverse ricerche sulle variazioni della regione del promoter del gene che codifica per il trasportatore della serotonina (5-HTTLPR) e il suo rapporto con la sensibilità allo stress. Centers for Disease Control, 2007. Mortality by underlying cause among children: US/State, 1990-2007 (Source:NVSS). http://205.207.175.93/HDI/ TableViewer/ summary.aspx. Copeland WE, Angold A, Costello EJ, Egger H. Prevalence, Comorbidity, and Correlates of DSM-5 Proposed Disruptive Mood Dysregulation Disorder. Am J Psychiatry 2013;170:173-9. ** Questo studio ha stimato la prevalenza e la comorbidità del DMDD nella popolazione, individuando tassi di prevalenza variabili tra 0,8% e 3,3%, con una maggior frequenza in età prescolare. La maggiore comorbidità si è osservata con i disturbi depressivi e il disturbo oppositivo-provocatorio. Costello EJ, Angold A, Burns BJ, et al. The Great Smoky Mountains Study of Youth. Goals, design, methods, and the prevalence of DSM-III-R Disorders. Arch Gen Psychiatry 1996;53:1129-36. Costello EJ, Mustillo S, Erkanli A, et al. Prevalence and development of psychiatric disorders in childhood and adolescence. Arch Gen Psychiatry 2003;60:83744. Costello EJ, Copeland W, Angold A. Trends in psychopatology across the adolescent years: What changes when children become adolescents, and when adolescents become adults? 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Nel complesso non si evidenzia un aumentato rischio suicidario in seguito all’uso di tali terapie. Gogtay N, Giedd JN, Lusk L, et al. Dynamic mapping of human cortical development during childhood through early adulthood. Proc Natl Acad Sci USA 2004;101:8174-9. Green H, MCGinnity A, Meltzer H, et al. Mental health of children and young people in Great Britain, 2004. N. STATISTICS, editor. Department of Health and Scottish Executives; Great Britain:2005. Hawton K, Saunders KE, O’Connor RC. Self-harm and suicide in adolescents. Lancet 2012;379:2373-82. ** L’articolo analizza i fattori eziologici implicati nell’autolesionismo e nel suicidio in età adolescenziale, individuando influenze genetiche, psichiatriche, psicologiche, familiari, sociali e culturali. Sottolinea l’importanza dei media nella diffusione di notizie relative al suicidio e la necessità di una maggiore comprensione dei meccanismi sottostanti il suicidio per poter attuare una più efficace prevenzione. Holzer L, Eap CB. 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