2011-2012 lectio ASCOLTARE
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2011-2012 lectio ASCOLTARE
1 Ascoltare – Dt 6,4-13 4 ASCOLTA, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. 5 Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. 6 Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. 7 Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8 Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. 10 Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, 11 case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, 12 guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile. 13 Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome. Introduzione Siamo di fronte ad uno dei numerosi appelli all’ascolto presenti nel testo del Dt; in particolare, l’invito all’ascolto caratterizza l’inizio di tutte le sezioni principali della parenesi del Dt (1-11); l’ascolto, in particolare, è l’atteggiamento chiesto a Israele nei confronti delle parole di Mosè, dell’insegnamento che egli sta rivolgendo al popolo accampato nelle steppe di Moab sulle soglie della terra promessa. L’invito all’ascolto, così ricorrente nel Dt, è associato ad una serie di comandi che vanno nella stessa direzione e consentono di precisarne le caratteristiche e il contenuto (imparare; custodire; praticare) (cf. ad es. Dt 13,5). Attraverso questa serie di “sinonimi correllati” si configura l’esperienza dell’ascolto secondo le sue caratteristiche essenziali 1. Il testo che abbiamo letto, lo Shema Israel, che occupa uno spazio quotidiano nella preghiera dell’Israelita, è un testo illuminante e particolarmente significativo che ci fa entrare nel cuore della tematica dell’ascolto, illustrandoci le modalità con cui questo ascolto chiede di essere attuato. Ripercorriamo il testo per cogliere alcuni tratti significativi sul tema oggetto dell’approfondimento di questa mattina. 1 Cf. al riguardo P. BOVATI, «La dottrina dell’ascolto nell’Antico Testamento», in: AA..VV., Ascolto, docilità, supplica, DSBP 5, 31-32. 2 L’incontro di un “tu” con un altro “tu” “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è unico”. Dopo l’invito all’ascolto si delinea con una frase sintetica tutto il contenuto dell’ascoltare. Non è facile tradurre il testo che suona come “Jhwh nostro Dio Jhwh uno”. Si tratta a) senz’altro dell’affermazione dell’unicità di Dio rispetto alla molteplicità delle divinità di altri popoli; ma b) attraverso la menzione dell’unicità di Dio si verbalizza il desiderio di unità di un popolo, scelto da Dio, che si trova radunato sotto un’unica legge e un unico culto (cf. senso della riforma deuteronomistica), un’unità di fede che trova espressione attraverso la coesione del corpo sociale 2. Dire l’unicità di Dio, indica quindi una direzione della libertà, la necessità di accordare la preferenza a questo Dio non da soli, ma assieme ad un popolo. Accanto a questo, possiamo considerare un altro dato: l’ascolto è rivolto necessariamente verso un unico, nei confronti del quale è si chiede di mettere in atto una scelta. Dal fatto che la persona oggetto di ascolto è unico deriva l’esigenza di rapportarsi ad esso con altrettanta unicità: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”. Il legame che si stabilisce con la relazione di ascolto è configurato come amore: il verbo ha una doppia valenza. Da una parte c’è il riferimento alla sfera dei sentimenti che spingono l’uomo all’azione; dall’altra c’è una valenza giuridica del verbo che esprime scelta di una persona piuttosto che di un’altra, preferenza, fedeltà rispetto a quella persona, impegno nei suoi confronti. Questo impegno si esprime con il coinvolgimento di tutta la persona di colui che ascolta: “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”. Si tratta evidentemente di un coinvolgimento della persona senza riserve, e ancora di più di una concentrazione di tutte le facoltà della persona. Brevemente: il cuore che è non solo il luogo dei sentimenti, ma anche della decisione e dell’intelligenza (cf. Mc 12,30 “con tutta la tua mente” evx o[lhj th/j dianoi,aj), la capacità di discernere e comprendere; accanto al cuore l’anima (vp,n<) che ha a che fare con il desiderio, il quale si rivolge completamente verso l’altro; e ancora con “tutte le forze”: espressione che indica l’abilità della persona, il suo potere, la sua forza e i suoi mezzi. Di fatto tutta la persona, con tutte le sue risorse interiori, è coinvolta nel momento dell’ascolto: la sua attenzione è rivolta verso l’altro in un “tu a tu”, nel quale si mettono in campo cuore, intelligenza, risorse, strategie possibili, desiderio. Gb 4,12-15 ci ricorda in maniera plastica che l’ascolto coinvolge tutta la persona e la scuote, a partire dall’orecchio: “ a me fu recata furtiva una parola e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro […] terrore mi prese e spavento, e tutte le ossa mi fece tremare, un vento mi passò sulla faccia e sulla pelle mi si drizzarono i peli”. L’esperienza dell’ascolto passa attraverso tutta la persona coinvolgendola e sconvolgendola. Riflessione 2 Cf. P. BOVATI, Deuteronomio 1-11, 83-84. 3 Il “tu a tu” dell’ascolto: l’unicità del tu che stiamo ascoltando, e la concentrazione di me che ascolto… l’unico: fare spazio all’altro in quel momento… Faccio attenzione: nel momento in cui ascolto, dove sta il mio cuore, la mia decisione? Dove sta il mio desiderio? Dove la mia intelligenza, le mie risorse? Talvolta mentre ascolto tutto questo è rivolto altrove e l’ascolto si limita ad una parola che entra in un orecchio… La persona si ricompone nel momento in cui ascolta… dalla frammentarietà delle nostre esistenze, spesso divise, alla ricomposizione nel momento dell’ascolto… Dall’orecchio, al cuore, alla vita “Questi precetti che oggi ti do”. O più lett.: “queste parole che oggi ti comando” Due elementi sono rilevanti: il primo è la menzione dell’oggi. Nel contesto del discorso di Mosè, l’oggi è un ieri, un momento passato in cui questo discorso è stato pronunciato, o scritto o raccolto in un testo assieme ad altri. Ma per l’israelita che torna su queste parole quotidianamente, ogni giorno è l’oggi. Questo presente è il tempo in cui si gioca l’ascolto: esso richiede non solo una concentrazione della persona verso l’altro, ma anche uno stare con tutto se stesso dentro il presente, senza fuggire in un futuro ipotetico né tornare ad un passato che non c’è più. Per ascoltare è necessario stare nell’oggi. Ancora: la parola ricevuta contiene in sé un comando, una richiesta: quella di essere ascoltata e accolta. L’altro con la sua storia e le sue parole è un imperativo per la mia vita e come tale mi chiede necessariamente di prendere posizione. Di fronte a questo imperativo non posso rimanere neutro: posso ascoltare, accogliere e mettermi in gioco nella relazione, oppure posso rifiutare. In un senso o in un altro è una presa di posizione. “siano sul tuo cuore”. Il cuore è coinvolto in maniera decisiva nel momento dell’ascolto, non solo nella misura in cui avevamo visto prima, dei sentimenti e della decisione. “Essere sul cuore” è una locuzione che in ebr. è sinonimica rispetto a “ricordare” (cf. Is 47,7; 57,11; 65,17; Ger 3,16). Ascoltare chiede di porre l’altro sul proprio cuore (cf. Salomone che chiede nella sua preghiera un “cuore che ascolta” [:mevo ble). L’espressione contiene alcune sfumature di senso: a) L’amore per le parole ascoltate: l’ascolto è legato all’amore, alla cura verso l’altro nel momento in cui accolgo le sue parole e, attraverso di esse, la sua stessa persona. b) La memoria di queste parole: ri-cordare ha a che vedere con il cuore. Così anche questa espressione ebraica l’ascolto viene legato al ricordo, alla 4 memoria. Cioè a dire: l’ascolto non può esaurirsi nell’attenzione di un momento, in un gesto che passa. Il passaggio dall’orecchio al cuore consente di custodire e ricordare (cf. altrove sin. di ascoltare in Dt) la parola ascoltata. c) L’intelligenza: ascoltare mette in atto l’intelligenza che, nell’antropologia ebraica ha sede nel cuore, un cuore che capisce. Ascoltare chiede una dimensione sapienziale, attraverso la quale tradurre l’ascolto in una presa di posizione concreta. È quanto significato immediatamente dalle seguenti parole, che ci presentano un caso concreto di intelligenza (comprensione) delle parole ascoltate: “li ripeterai ai tuoi figli”. Il libro del Dt presenta l’immagine del figlio che interroga i genitori, che desidera sapere e ricevere dal loro una parola (cf. 6,20 “che significano queste leggi, queste norme…”). Solo colui che ha ascoltato è in grado di custodire nel cuore la parola e rispondere al momento opportuno, cioè offrire una parola alla domanda di chi chiede, una parola opportuna e conforme a ciò che si è ascoltato e alla domanda posta dall’altro. Riflessione L’oggi dell’ascolto; stare in questo oggi… prendo consapevolezza di quanto il mio pensiero va verso il futuro, verso la ricerca di soluzioni possibili mentre l’altro sta ancora parlando.. Ascoltare come porre sul cuore, ricordare… ascoltare come prendersi cura: non mi prendo cura solo quando offro soluzioni, ma già quando ascolto… L’intelligenza e lo sforzo di comprensione chiesto dall’ascolto… la “traduzione” di ciò che ascolto in risposte concrete… La trasformazione prodotta dall’ascolto Il seguito del testo ci mostra che l’ascolto non lascia indifferenti: “quando camminerai, quando ti coricherai, quando ti alzerai”. Alcuni commentatori (cf. M. Weinfeld) sottolineano un’affinità tra questo testo e Pr 6,20-22, in cui si invita il figlio ad ascoltare e custodire le parole del padre e si offrono una serie di immagini che caratterizzano l’ascolto: “tienili legati sul tuo cuore, fissali intorno al tuo collo; quando camminerai ti guideranno, quando riposi veglieranno su di te, quando ti svegli ti parleranno”. L’immagine è la seguente: le parole ascoltate saranno legate al corpo come un amuleto (questo il significato della parola filatteri, “protezione”) e accompagneranno la persona in ogni tempo. Secondo M. Weinfeld, l’immagine indica consapevolezza, ma non solo: il camminare, cui si fa riferimento, ha a che vedere nella Scrittura con la condotta dell’uomo, con il suo comportamento concreto; il riferimento al momento di alzarsi e quello di coricarsi, racchiudono questo comportamento a tutta la giornata. In 5 pratica, l’ascolto influisce sulla totalità del comportamento di colui che ascolta che assumerà uno stile di vita diverso e un atteggiamento diverso, in tutti i contesti, non solo nel momento in cui sta ascoltando. È quanto conferma anche il seguito del testo: “te li legherai alla mano come un segno, saranno come un pendaglio tra gli occhi”. L’immagine ha a che vedere con i filatteri, cioè astucci di cuoio con il testo dello Shema legati alla mano e sulla fronte dell’orante. Queste strisce di cuoio allacciate (rvq) evocano l’immagine di un legame, di una relazione: così in 1Sam 18,1 lo stesso verbo è impiegato per indicare la relazione di amicizia stretta tra Davide e Gionata. Il v. è significativo perché il legame e la relazione nasce dall’ascolto: “Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, la vita di Gionata si era legata alla vita di Davide, ed egli lo amò come se stesso”. La mano, poi, nella Scrittura indica simbolicamente la capacità di agire, il potere della persona. Il legame creato con l’ascolto va dunque ad incidere sulle azioni, non rimane ad un livello astratto. Che le immagini indichino una concreta relazione, che determina l’assunzione di particolari comportamenti, lo indica anche quanto segue: “come un segno”, termine che più volte nella Scrittura ha a che vedere con il segno di un’alleanza, ciò che sancisce un patto di fedeltà, un vincolo tra due contraenti che mette in gioco e chiede obblighi reciproci. Così ad es. le ricorrenze del sost. tAa in Gen 9,12.13 (riferite all’arcobaleno), o ancora in Gen 17,11 dove il segno dell’alleanza sarà scritto sulla carne di Abramo. “Pendaglio tra gli occhi”: funzionano come un’indicazione, come una traccia da seguire… Ascoltare dunque implica la creazione di un legame che incide sulla vita di chi ascolta, trasformandola, in qualche modo “compromettendola”. Ascoltare come creare legami e relazioni di alleanza, che implicano obblighi reciproci, in cui ciascuno è responsabile del patto. Riflessione L’ascolto ti cambia… ascoltare ha un riflesso e una ricaduta sulla totalità del comportamento, nel quotidiano… osservo il mio comportamento: è l’agire di chi ascolta? Ascoltare per creare legami, relazioni di alleanza… la fedeltà reciproca: non è un patto a senso unico; si tratta di un patto di fedeltà reciproca: ciascuno ha bisogno della fedeltà dell’altro.. La vita compromessa di chi ascolta: ascoltare ti trasforma, non ti lascia nel quieto vivere… sono disposto a correre questo rischio? L’ascolto per una coerenza L’immagine seguente che il testo ci presenta è quella della scrittura della parola ascoltata “sugli stipiti della tua casa e delle tue porte”. L’usanza cui fa riferimento il testo è quella di fissare sullo stipite destro della porta di ingresso un astuccio contenente 6 la preghiera dello Shema Israel. L’usanza più anticamente attestata era quella di incidere le parole direttamente sulla pietra degli stipiti, in modo tale che fosse visibile nel momento dell’entrare e dell’uscire. Se prima era il tempo ad essere coinvolto nell’ascolto (quando ti alzerai…quando camminerai…etc.), adesso l’attenzione si sposta sullo spazio: dagli stipiti della casa privata, a quelli delle porte pubbliche della città. In particolare l’attenzione è posta sulla porta, cioè su quella soglia che marca il passaggio dall’interno all’esterno, dall’intimità privata alla dimensione pubblica. In particolare, la parola oggetto di ascolto deve contrassegnare il passaggio tra interno e esterno; nel caso specifico delle parole del Signore, cui è rivolto l’ascolto in questo testo, si vuole indicare come nel passaggio dalla dimensione privata a quella pubblica l’ascolto non deve venire meno. Per colui che ascolta, non ci sarà contraddizione tra la dimensione interna e privata e quella esterna degli affari e delle relazioni. L’ascolto della stessa parola, posta sulla “soglia”, garantisce in qualche modo la coerenza del comportamento, delle parole e delle idee in ogni ambito. Sulla stessa linea della coerenza si collocano gli ultimi vv. del brano che abbiamo letto. Si tratta di un ultimo appello rivolto a Israele, un appello che mostra e mette in luce i rischi della terra promessa: “quando avrai mangiato e ti sarai saziato guardati dal dimenticare il Signore che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”. Di fronte all’abbondanza dei frutti della terra, Israele correrà un rischio: quello di dimenticare Dio e il suo volto, così come il suo passato la sua storia di schiavitù e liberazione. Abbiamo visto precedentemente che l’ascolto è legato al ricordo, alla memoria, al porre sul cuore (cf. anche catene di paralleli tra vb.). Israele potrà non dimenticare il volto del Dio liberatore e la sua storia solo se ascolterà le sue parole e continuerà a custodirle. Così l’ascolto diventerà per Israele ciò che porterà alla consapevolezza costante della propria storia, una storia di liberazione che potrà attuarsi nuovamente all’interno della terra promessa. Curiosamente in Is 35,5 la liberazione è descritta come l’apertura delle orecchie, e dunque la conseguente possibilità di ascolto. Al contrario il rifiuto di ascoltare per Israele sarà il rifiuto drammatico della vita stessa (cf. Dt 8,3 la parola che si ascolta è paragonata al pane che nutre). E ancora: curiosamente la liberazione da parte di Dio che Israele qui è chiamato a ricordare, prende l’avvio da un ascolto: “ho udito il suo grido (del popolo), conosco le sue sofferenze” (Es 3,7). Israele è stato ascoltato dal quel Dio stesso che ora chiede da lui l’ascolto. Ascoltare, è dunque via per non dimenticare esperienze che hanno segnato la vita; ascoltare l’altro è via per non dimenticare che anche tu sei stato ascoltato e liberato, che in qualche modo – se ora stai ascoltando e prendendoti cura di un fratello – è perché qualche fratello prima si è preso cura di te. Chi è ascoltato potrà a sua volta ascoltare, chi sarà stato ricordato, come Israele dal suo Dio, potrà a sua volta ricordare il fratello, facendosene carico, ospitandolo nello spazio del cuore. 7 Ascoltare è via per custodire la consapevolezza di sé nel momento in cui “tutto va bene”, nel momento in cui non c’è più un deserto a ricordarci la nostra condizione! Riflessione La nostra sazietà, l’aver raggiunto un obiettivo… a volte non ascoltiamo più, perché il desiderio non è più vivo… Ascoltare il fratello per non dimenticare chi sei, per non dimenticare che sei stato salvato, per non dimenticare una storia di gratitudine… Conclusione Ancora: l’udito determina la totalità del comportamento e del manifestarsi dell’uomo. L’ascolto determina uno stile di vita; ascoltare cambia il comportamento. Chi ascolta non può più essere come prima perché la parola dell’altro, di quell’unico che ci sta di fronte è stata accolta nel profondo del nostro essere. Chi ascolta e accoglie l’altro non può essere immemore della sua stessa storia, della sua stessa schiavitù. L’ascolto allora diventa un antidoto prezioso nei confronti della dimenticanza, nei confronti di una sorta di onda emotiva momentanea che nell’abbondanza mi fa perdere di vista chi sono… Ascoltare per ricomporre la persona nella sua realtà, armonizzandone tutte le facoltà (cuore, intelligenza, corpo, potenzialità e creatività) e creare alleanze di vita con i fratelli, alleanze in cui mi gioco…