Dispense di Istituzioni di Algebra Superiore
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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali ISTITUZIONI DI ALGEBRA SUPERIORE I Una introduzione ai gruppi classici M. Chiara Tamburini Anno Accademico 2016/2017 Indice I La geometria dei gruppi classici 1 1 Forme sesquilineari sui campi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 Forme sesquilineari e matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3 Ortogonalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 4 Spazi simplettici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 5 Spazi ortogonali e spazi unitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 6 Alcune proprietà dei campi finiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 7 Spazi ortogonali e unitari sui campi finiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 II I gruppi classici 17 1 Il gruppo generale lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 2 Il gruppo simplettico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 3 I gruppi ortogonali in caratteristica 6= 2. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 4 I gruppi unitari. 5 I gruppi semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Bibliografia 23 i ii INDICE Capitolo I La geometria dei gruppi classici 1 Forme sesquilineari sui campi In questo Capitolo σ indica un automorfismo di un campo K. Saremo interessati solo ai casi in cui σ = idK oppure σ ha periodo 2, ossia: σ 2 = idK . Ad esempio ha periodo 2 l’automorfismo coniugio σ del campo complesso C: a + ib 7→ a − ib. La teoria di Galois ci dice che un campo finito K ha un automorfismo σ di periodo 2 se e solo se il suo ordine è un quadrato. In tal caso, posto |K| = q 2 , l’automorfismo σ è l’applicazione: α 7→ αq , ∀ α ∈ K. Per ogni α ∈ K conviene porre σ(α) := ασ . (1.1) Definizione Sia V uno spazio vettoriale su K. Una forma σ-sesquilineare su V è una applicazione ( , ):V ×V →K tale che, per ogni v, v1 , v2 , w, w1 , w2 ∈ V e per ogni λ, µ ∈ K (v1 + v2 , w) = (v1 , w) + (v2 , w) (1.2) (v, w1 + w2 ) = (v, w1 ) + (v, w2 ) (λv, µw) = λµσ (v, w) Una forma σ-sesquilineare su V si dice: • bilineare se σ = idK ; 1 2 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI • hermitiana se σ ha periodo 2 e (v, w) = (w, v)σ , per ogni v, w ∈ V . Diciamo inoltre che la forma è : • non singolare se, per ogni vettore non nullo v di V , esiste u ∈ V tale che (u, v) 6= 0K . • bilineare simmetrica se σ = idK e, per ogni v, w ∈ V , si ha (v, w) = (w, v); • bilineare antisimmetrica se σ = idK e, per ogni v, w ∈ V , si ha (v, w) = −(w, v). Chiaramente, per ogni v ∈ V : ((0V , v)) = ((0K 0V , v)) = 0K (0V , v) = 0K = (v, 0V ) . (1.3) Definizione Un’ isometria di una forma σ-sesquilineare ( , ) : V × V → K è un’applicazione lineare iniettiva f : V → V tale che (f (v), f (w)) = (v, w), ∀ v, w ∈ V. Se W è un qualunque sottospazio di V , ogni forma sesquilineare su V induce una forma sesquilineare su W . Basta infatti considerare la restrizione: ( , ) : W × W → K. (1.4) Lemma (di Witt) Data una forma bilineare o hermitiana non singolare su V , siano U, U 0 sottospazi di V e f : U → U 0 una isometria (rispetto alle restrizioni della forma a U, U 0 ). Allora f si estende a una isometria fb : V → V . Per una dimostrazione si veda [1, 20, pag. 81], o anche [4, Capitolo 6, pag. 369]. (1.5) Esempi 1) Posto V = Rn , l’applicazione (v, w) := v T w, ∀ v, w ∈ V è una forma bilineare simmetrica, non singolare su V . Per n = 2 si ha: x1 y1 y1 , := (x1 , x2 ) = x1 y1 + x2 y2 . x2 y2 y2 Nel caso n = 3 tale forma induce la metrica usuale nello spazio R3 . 2) Posto V = Kn e fissata una qualunque matrice J ∈ Matn (K), l’applicazione (v, w) := v T Jw, ∀ v, w ∈ V è una forma bilineare su V . Per K = R, J = I si ha l’esempio 1). 2. FORME SESQUILINEARI E MATRICI 2 3 Forme sesquilineari e matrici Date una forma σ sequilineare ( , ) : V × V → K e fissata una base B = {v1 , . . . , vn } di V , per ogni v= n X ki vi , w= i=1 n X hi vi , ki , hi ∈ K i=1 in virtù degli assiomi (1.2) della definizione 1.1 si ha: (2.1) (v, w) = n X ki hσj (vi , vj ). i,j=1 Introducendo la matrice J := ((vi , vj )) ∈ Matn (K). k1 h1 e passando ai vettori coordinate vB = . . . , wB = . . ., la (2.1) si scrive nella forma: kn hn (2.2) (v, w) = vBT JwBσ , (2.3) ∀ v, w ∈ V. (2.4) Lemma Fissata la forma σ-sesquilineare ( , ) : V × V → K e la base B di V , l’unica matrice di Matn (K) che soddisfa (2.3) è J. Dimostrazione. Se A = (aij ) soddisfa (2.3), da viB = ei per 1 ≤ i ≤ n, segue: (vi , vj ) = viB T Avj B = ei T Aej = aij , ∀ i, j ≤ n. Si conclude A = J. È cosı̀ giustificata la seguente: (2.5) Definizione J = ((vi , vj )) si dice la matrice della forma ( , ) rispetto a B. In virtù di (2.3), ogni forma bilineare di Kn è del tipo descritto nell’esempio 2). In tale esempio J è la matrice della forma rispetto alla base canonica. Infatti, se B è la base canonica di Kn , per ogni v ∈ Kn si ha v = vB . (2.6) Lemma Sia J = ((vi , vj )) la matrice di una forma bilineare o hermitiana su V , rispetto a una base B = {v1 , . . . , vn }. 1) La forma è non singolare se e solo se det J 6= 0K ; 4 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI 2) se σ = idK , la forma è simmetrica se e solo se J T = J; 3) se σ = idK , la forma è antisimmetrica se e solo se J T = −J; 4) se σ 6= idK , la forma è hermitiana se e solo se J T = J σ . Dimostrazione. 1) Fissato v ∈ V , per ogni vi ∈ B si ha (vi , v) = ei T JvBσ . Sia det J 6= 0K . Consideriamo v ∈ V non nullo. Se fosse ei T JvBσ = 0K per ogni i, si avrebbe JvBσ = 0Kn da cui, moltiplicando per J −1 , la contraddizione vBσ = 0Kn . Pertanto (vi , v) 6= 0K per almeno un indice i. Concludiamo che la forma è non degenere. Viceversa la forma sia non degenere. Se fosse det J = 0K , esisterebbe w ∈ V non nullo tale che JwBσ = 0Kn . Ne seguirebbe (v, w) = vBT JwBσ = 0K per ogni v ∈ V , contraddizione. Si conclude det J 6= 0K . 2) e 4). Se la forma è simmetrica o hermitiana si ha, in particolare, (vj , vi ) = (vi , vj )σ , 1 ≤ i, j ≤ n da cui J T = J σ . Viceversa, sia J T = J σ . Notando che (v, w) = (v, w)T per ogni v, w ∈ V : (v, w) = vBT JwBσ = vBT JwBσ T = (wBσ )T J σ (vBσ )σ = wBT JvB σ = (w, v)σ . Si conclude che la forma è simmetrica se σ = idK , è hermitiana se σ 6= idK . 3) Se la forma è antisimmetrica, da (vj , vi ) = −(vi , vj ), 1 ≤ i, j ≤ n segue J T = −J. Viceversa, se J T = −J, per ogni v, w ∈ V : (v, w) = vBT JwB = vBT JwB T = −wBT JvB = −(w, v). Si conclude che la forma è antisimmetrica. (2.7) Lemma Sia J ∈ Matn (K) la matrice di una forma sesquilineare su V , rispetto a una base B = {v1 , . . . , vn }. Una matrice J 0 ∈ Matn (K) è la matrice della stessa forma rispetto una base B 0 = {v1 0 , . . . , vn 0 } se e solo se esiste P ∈ GLn (K) tale che: (2.8) J 0 = P T JP σ . 3. ORTOGONALITÀ 5 Dimostrazione. Supponiamo che J 0 sia la matrice della forma rispetto B 0 e sia P := (v10 )B . . . (vn0 )B la matrice di passaggio da B a B 0 . Per ogni v ∈ V si ha: vB = P vB0 . Ne segue: (v, w) = vBT JwBσ = vBT 0 P T J (P σ wBσ 0 ) = vBT 0 P T JP σ wBσ 0 . Pertanto P T JP σ soddisfa (2.3), da cui J 0 = P T JP σ . Viceversa, sia J 0 = P T JP σ , con P ∈ GLn (K). Essendo P invertibile esiste una base B 0 di V tale che P è la matrice di passaggio da B a B 0 . Per il punto precedente J 0 è la matrice della forma rispetto B 0 . (2.9) Definizione Diremo che due matrici J, J 0 ∈ Matn (K) sono congruenti se esiste P ∈ GLn (K) tale che P t JP = (J 0 )σ . É facile verificare che la congruenza è una relazione di equivalenza. Per il precedente lemma, se J è la matrice di una forma sesquilineare rispetto una data base di V , allora J 0 è congruente a J se e solo se è la matrice della stessa forma rispetto una conveniente base B 0 . 3 Ortogonalità In questo paragrafo consideriamo una forma ( , ) : V × V → K che sia bilineare simmetrica o antisimmetrica, oppure hermitiana. (3.1) Definizione Due vettori u, w ∈ V si dicono ortogonali se (u, w) = 0K . In virtù dell’assioma (w, u) = ±(u, w)σ l’ortogonalità fra vettori è simmetrica. (3.2) Lemma Per ogni sottoinsieme W di V il sottoinsieme W ⊥ dei vettori di V ortogonali a tutti i vettori di W è un sottospazio. Pertanto W ⊥ := {v ∈ V | (v, w) = 0, ∀ w ∈ W } è detto il sottospazio ortogonale a W . Dimostrazione. • 0V ∈ W ⊥ poichè (0V , w) = 0 per ogni w ∈ W . 6 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI • Siano v1 , v2 ∈ W ⊥ e λ1 , λ2 ∈ K. Ne segue (λ1 v1 + λ2 v2 , w) = λ1 (v1 , w) + λ2 (v2 , w) = 0K + 0K = 0K , ∀ w ∈ W. Si conclude che λ1 v1 + λ2 v2 ∈ W ⊥ , che è pertanto un sottospazio. (3.3) Definizione Siano U, W due sottospazi di V . Scriviamo V = U ⊥ W e diciamo che V è somma ortogonale di U e W se 1) V = U +̇W è somma diretta di U e W ; 2) U ≤ W ⊥ , ossia (u, w) = 0K per ogni u ∈ U , w ∈ W . Un sottospazio W si dice totalmente isotropo se W ≤ W ⊥ . (3.4) Lemma Supponiamo che la forma sia non degenere. Per ogni sottospazio W di V si ha: dim(W ⊥ ) = dim(V ) − dim(W ). In particolare: i) la dimensione di un sottospazio totalmente isotropo è ≤ 1 2 dim V ; ii) se la restrizione della forma a W è non degenere, si ha V = W ⊥ W ⊥ . Inoltre la restrizione della forma a W ⊥ è non degenere. Dimostrazione. Sia {w1 , . . . , wm } una base di W . Per ogni v ∈ V si ha: (3.5) v ∈ W ⊥ ⇐⇒ (wi , v) = 0K , 1 ≤ i ≤ m. Detta B = {w1 , . . . , wm , wm+1 , . . . , wn } una base di V che estende quella scelta per W , sia J la matrice della forma rispetto B. Si ha allora: (3.6) v ∈ W ⊥ ⇐⇒ ei T JvBσ = 0K , 1 ≤ i ≤ m. Ossia i vettori v ∈ W ⊥ sono quelli per cui vBσ è soluzione del sistema e1 T JX = 0K ... X := (x1 , . . . xn )T . em T JX = 0K , Si tratta di un sistema lineare omogeneo in m equazioni e n = dim V indeterminate. Essendo J non degenere, le sue righe (in particolare le prime m righe) sono indipendenti. 4. SPAZI SIMPLETTICI 7 Ne segue che le equazioni del sistema sono indipendenti. Quindi le sue soluzioni formano un sottospazio di dimensione n − m = dim V − dim W . i) Sia W totalmente isotropo. Da W ≤ W ⊥ segue dim W ⊥ ≥ dim W . Quindi dim V − dim W ≥ dim W , da cui dim W ≤ 1 2 dim V . ii) Se la restrizione della forma a W è non degenere, allora W ∩ W ⊥ = {0V }. Ne segue dim(W + W ⊥ ) = dim W + dim W ⊥ = dim V , da cui V = W ⊥ W ⊥ . Infine sia u un vettore di W ⊥ , ortogonale a tutti i vettori di W ⊥ . Da V = W ⊥ W ⊥ segue che u è ortogonale a tutti i vettori di V . Quindi u = 0V perchè la forma considerata è non degenere. (3.7) Teorema Ogni sottospazio totalmente isotropo di V è contenuto in sottospazio totalmente isotropo massimale. Dimostrazione. Siano U, W sottospazi totalmente isotropi di V , con W di dimensione massima fra quelle dei sottospazi totalmente isotropi. Ogni applicazione lineare iniettiva f : U → W soddisfa l’ipotesi del Lemma di Witt, e può quindi essere estesa a un isometria fb : V → V . Ne segue U ≤ fb−1 (W ), con fb−1 (W ) totalmente isotropo massimale. 4 Spazi simplettici (4.1) Definizione Uno spazio vettoriale V su K si dice simplettico se su di esso è definita una forma bilineare, non degenere, tale che ogni vettore v ∈ V è isotropo, ossia (v, v) = 0K . Scopo di questo paragrafo è dimostrare che esiste essenzialmente un unico spazio simplettico su K per ogni n pari. Per la bilinearità, un prodotto simplettico è antisimmetrico. Infatti, per ogni v, w ∈ Kn : 0 = (v + w, v + w) = (v, v) + (v, w) + (w, v) + (w, w) = (v, w) + (w, v). Ne segue (w, v) = −(v, w). (4.2) Teorema Sia V uno spazio simplettico su K, di dimensione n. 1) n = 2m è pari; 8 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI 2) esiste una base B di V rispetto alla quale la forma ha matrice: (4.3) J= 0 Im −Im 0 . Dimostrazione. Induzione su n. Se fosse n = 1, per qualunque base {v} di V si avrebbe (v, v) = 0K , in contrasto con l’ipotesi che V è non degenere. Quindi n ≥ 2. Per la non-degenericità della forma, esistono v1 , w ∈ V tali che λ := (v1 , w) 6= 0K . In particolare v1 e w sono linearmente indipendenti. Posto w1 := λ−1 w, si ha: (v1 , w1 ) = v1 , λ−1 w = λ−1 (v1 , w) = 1K . Se n = 2 abbiamo l’asserto. Infatti la matrice della forma rispetto B = {v1 , w1 } è 0 1 . J= −1 0 Per n > 2, il sottospazio W := hv1 , w1 i è non singolare. Ne segue V = W ⊥ W ⊥. W ⊥ è non degenere, quindi è uno spazio simplettico di dimensione n−2. Per induzione su n si ha n−2 = 2(m−1) pari. Inoltre W ⊥ ammette una base {v2 , . . . , vm , w2 , . . . , wm } rispetto alla quale la matrice della forma è del tipo di (4.3). Scegliendo B = {v1 , . . . , vm , w1 , . . . , wm } si ha la tesi. 5 Spazi ortogonali e spazi unitari Su un campo K di caratteristica 2, le forme bilineari simmetriche sono antisimmetriche. Per tale ragione, per studiare gli spazi ortogonali in caratteristica 2, è necessario introdurre e classificare le forme quadratiche. Siccome qui non le trattiamo, per gli spazi ortogonali ci limitiamo al caso di caratteristica 6= 2. (5.1) Definizione Sia V uno spazio vettoriale su un campo K. 5. SPAZI ORTOGONALI E SPAZI UNITARI 9 • V si dice uno spazio ortogonale se K ha caratteristica 6= 2 ed è definita una forma bilineare simmetrica, non degenere ( , ) : V × V → K. • V si dice uno spazio unitario se K che ha un automorfismo di periodo 2 ed è definita una forma hermitiana, non degenere ( , ) : V × V → K. (5.2) Definizione Sia V uno spazio ortogonale o hermitiano e sia B = {v1 , . . . , vn } una sua base. • B si dice ortogonale se (vi , vj ) = 0 per ogni i 6= j. • B si dice ortonormale se è ortogonale e (vi , vi ) = 1 per ogni i. Equivalentemente B è una base ortogonale se la matrice della forma rispetto B è diagonale. B è una base ortonormale se la matrice della forma rispetto B è quella identica. (5.3) Teorema Sia V uno spazio ortogonale o hermitiano su K. Nel caso in cui V è ortogonale si supponga char K 6= 2. Allora V ha una base ortogonale. Dimostrazione. Basta dimostrare che esiste v ∈ V tale che (v, v) 6= 0K . Infatti, in tal caso, il sottospazio hvi è non-degenere. Ne segue V = hvi ⊥ hvi⊥ . Poichhè hvi⊥ ha dimensione n − 1 possiamo supporre, per induzione su n, che abbia una base ortogonale B. Pertanto {v} ∪ B è una base ortogonale di V . Resta da dimostrare l’esistenza di v ∈ V tale che (v, v) 6= 0K . Per la non-degenericità della forma, esistono u, w ∈ V tali che λ := (u, w) 6= 0K . Se (u, u) 6= 0K oppure (w, w) 6= 0K siamo a posto. Quindi possiamo supporre (u, u) = (w, w) = 0. Se char K 6= 2, ponendo v = λ−1 u + w si ha: (v, v) = λ−1 (u, w) + λ−1 σ (w, u) = λ−1 λ + (λσ )−1 λσ = 21K 6= 0K . Se char K = 2, allora V è unitario. Poichè l’automorfismo σ di K che definisce la forma hermitiana non è idK , esiste α ∈ K tale che ασ 6= α. Scegliendo v = λ−1 αu + w si ha (v, v) = α + ασ = α − ασ 6= 0K . 10 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI (5.4) Osservazione Se K ha caratteristica 2, una forma bilineare simmetrica può non ammettere basi ortogonali. Ad esempio, per n = 2`, consideriamo la forma bilineare 0 I` indotta dalla matrice rispetto alla base canonica di Kn . Tale forma è non I` 0 degenere (e definisce uno spazio simplettico in caratteristica 2), ma non ammette basi ortogonali dato che tutti i vettori sono isotropi. (5.5) Corollario 1) Uno spazio ortogonale V su C ha una base ortonormale; 2) uno spazio hermitiano V su C (rispetto all’automorfismo coniugio σ di C), tale che (v, v) > 0 per ogni v 6= 0V , ha una base ortonormale; 3) uno spazio ortogonale V su R, tale che (v, v) > 0 per ogni v 6= 0V in V , ha una base ortonormale. Dimostrazione. Per il Teorema 5.3 esiste una base ortogonale B = {v1 , . . . , vn } di V . Poniamo (vi , vi ) := λi , 1 ≤ i ≤ n. 1) Per ogni i ≤ n esiste µi ∈ C tale che µ2i = λ−1 i . Una base ortonormale è quindi: −1 B 0 = µ−1 1 v1 , . . . , µn vn . 2) e 3) Nel punto 2) notiamo che la condizione (v, v) = (v, v)σ implica (v, v) ∈ R per ogni v ∈ V . Ha quindi senso la condizione (v, v) > 0. Per ipotesi ogni λi è un reale positivo. Esiste quindi µi ∈ R tale che µ2i = λ−1 per ogni i i ≤ n. Definendo B 0 come nel caso precedente si ottiene una base ortonormale. (5.6) Osservazione Dal Teorema 5.3 segue facilmente che uno spazio ortogonale V , di dimensione n su R, ha una base ortogonale rispetto alla quale la forma ha matrice D = diag 1, . . . , 1, −1, . . . , −1 | {z } | {z } h n−h per qualche h tale che 0 ≤ h ≤ n. Per il Teorema di Sylvester [5, Cap. VIII, & 6, pag 165] due matrici D e D0 di questo tipo sono congruenti solo se hanno lo stesso numero di componenti uguali a 1. 6. ALCUNE PROPRIETÀ DEI CAMPI FINITI 11 Come si intuisce dai casi fin qui considerati, la classificazione delle forme bilineari simmetriche e hermitiane dipende essenzialmente dal campo K. Nel caso dei campi finiti si riesce a dare una classificazione completa, come vedremo nell’ultimo paragrafo di questo capitolo. 6 Alcune proprietà dei campi finiti Per la classificazione delle forme bilineari e simmetriche sui campi finti avremo bisogno delle proprietà espresse dal seguente Lemma. (6.1) Lemma Siano K un campo finito e X := α2 | α ∈ K l’insieme dei quadrati. 1) Se l’ordine di K è pari, allora X = K; 2) se l’ordine di K è è dispari, allora K \ X 6= ∅. Inoltre fissato ∈ K \ X si ha: K = X ∪ X = {0} ∪˙ α2 | α ∈ K∗ ∪˙ α2 | α ∈ K∗ ; 3) ogni elemento di K è somma di due quadrati; 4) Se |K| = q 2 è un quadrato, per ogni λ ∈ Fq (sottocampo di K di ordine q), l’ equazione xq+1 = λ ha q + 1 radici in K. Dimostrazione. 1) Posto |K| = 2a , il monomorfismo di Frobenius ϕ : K → K definito ponendo ϕ(α) = α2 per ogni α ∈ K, è una bijezione di K in sè . Quindi X = Imϕ = K. 2) L’applicazione ϕ : K∗ → K∗ , definita ponendo ϕ(α) = α2 per ogni α ∈ K∗ , è un omomorfismo di gruppi moltiplicativi. Kerϕ = α | α2 = 1 = {1, −1} ha ordine 2. Per il Teorema degli omomorfismi fra gruppi K∗ ' Imϕ. Kerϕ Posto |K| = q, si deduce q−1 2 = |Imϕ|. Notando che X = {0} ∪ Imϕ, si conclude |X| = 1 + q−1 q+1 = < q. 2 2 Infine 6∈ Imϕ essendo un non-quadrato. Ne segue Imϕ ∩ (Imϕ) = ∅. 12 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI Poichè |(Imϕ) | = |Imϕ| = q−1 2 si conclude K∗ = Imϕ ∪˙ (Imϕ) = α2 | α ∈ K∗ ∪˙ α2 | α ∈ K∗ . 3) Se |K| = 2a , ogni β ∈ K è un quadrato per il punto 1). Ne segue β = α2 + 02 per un opportuno β ∈ K. Se |K| = q dispari, fissato β ∈ K, consideriamo l’applicazione tβ : X → K tale che x 7→ β − x, ∀ x ∈ X. Essa è iniettiva, quindi |tβ (X)| = |X| = q+1 2 . Ne segue |X| + |tβ (X)| = q + 1 da cui X ∩ tβ (X) 6= ∅. Sia ρ ∈ X ∩ tβ (X). Da ρ ∈ X segue ρ = α2 per qualche α ∈ K. Da ρ ∈ tβ (X) segue ρ = β − γ 2 per qualche γ ∈ K. Si conclude β = α2 + γ 2 . 2 4) Fq2 contiene Fq . Per ogni α ∈ Fq2 si ha ααq ∈ Fq . Infatti (ααq )q = αq αq = ααq . Possiamo quindi considerare l’omomorfismo τ : F∗q2 → F∗q tale che α 7→ ααq , ∀ α ∈ F∗q2 . Ker τ = α | αq+1 = 1 ha ordine k ≤ q + 1. Dal teorema degli omomorfismi fra gruppi segue |Im τ | = q 2 −1 k ≥ q − 1. Poichè il codominio di τ ha ordine q − 1 si conclude che Ker τ ha ordine q + 1 e che Im τ ha ordine q − 1, ossia τ è suriettiva. Infine, detta λ una preimmagine di λ, per ogni t ∈ Ker τ si ha (tλ)q+1 = τ (tλ) = λ. Pertanto i q + 1 elementi tλ, t ∈ Ker τ , sono le radici di xq+1 = λ. 7 Spazi ortogonali e unitari sui campi finiti In questo paragrafo supponiamo K = Fq finito e descriviamo la classificazione completa degli spazi ortogonali e unitari su Fq . Vedremo che, per ogni dimensione n fissata, esistono due spazi ortogonali non isometrici e un unico spazio hermitiano. (7.1) Lemma Sia V uno spazio ortogonale di dimensione n ∈ {2, 3} su K, con |K| = q dispari, e sia un prefissato non-quadrato in K. 1) Se n = 2 e V ha unvettore isotropo non nullo, esiste una base rispetto alla quale la 0 1 matrice della forma è ; 1 0 7. SPAZI ORTOGONALI E UNITARI SUI CAMPI FINITI 13 2) se n = 2 e V non ha vettori isotropi non nulli, esiste una base rispetto alla quale la 1 0 matrice della forma è ; 0 − 3) se n = 3, per ogni λ ∈ K esiste v ∈ V , non nullo, tale che (v, v) = λ. In particolare in V ci sono vettori isotropi non nulli. Dimostrazione. 1) Sia v1 un vettore isotropo non nullo di V . Poichè la forma è non-degenere, esiste w ∈ V tale che (v1 , w) 6= 0K . In particolare v1 e w sono linearmente indipendenti. Ponendo w1 := (v1 , w)−1 w si ha (v1 , w1 ) = 1K . Sia (w1 , w1 ) = α. Definendo v2 := − α2 v1 + w1 si ottiene una base {v1 , v2 } di V rispetto alla quale la matrice della forma è quella voluta. 2) Per il Teorema5.3, esiste una base {w1 , w2 } di V rispetto alla quale la forma ha α 0 matrice diagonale . Per il punto 2) del Lemma 6.1, possiamo supporre α = α12 i , 0 β −β = β12 j con i, j ∈ {0, 1}. Quindi, rispetto alla base B = α1−1 w1 , β1−1 w2 la matrice della forma è i 0 , i, j ∈ {0, 1} . 0 −j 1 Se fosse i = j il vettore e1 + e2 = sarebbe isotropo. Scambiando eventualmente w1 1 con w2 possiamo pertanto supporre i = 0, j = 1, da cui l’asserto. 3) Sia B una base di V rispetto alla quale la forma ha matrice diagonale J. Almeno due degli elementi della diagonale principale di J sono entrambi dei quadrati o entrambi dei non quadrati. Pertanto, a meno di moltiplicazioni dei vettori della base per e di un loro riordinamento, possiamo supporre J = diag(α, α, β). Siano x, y ∈ K tali che x2 + y 2 = λ−β . α Detto v il vettore di V tale che vB = (x, y, 1)T si ha v 6= 0V e (v, v) = λ. (7.2) Teorema Sia V uno spazio ortogonale o Hermitiano di dimensione n ≥ 2 su un campo finito K di ordine q. Supponiamo inltre che sia un non-quadrato in K. 1) se q è dispari e V è ortogonale, allora esiste una base rispetto alla quale la forma ha una delle seguenti matrici: (7.3) J1 = 0 Im , Im 0 0 Im−1 J2 = Im−1 0 , 1 0 0 − se n = 2m; 14 (7.4) CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI 1 K1 = 0 Im , Im 0 1 K2 = 0 Im , Im 0 se n = 2m + 1. Le matrici J1 e J2 non sono congruenti. Analogamente K1 e K2 non sono congruenti. 2) Se V è Hermitiano, esiste una base ortonormale di V . Dimostrazione. 1) Supponiamo n = 2m e ragioniamo per induzione su m. Il caso m = 1 è dimostrato nel Lemma 7.1. Supponiamo quindi m ≥ 2 e consideriamo una base ortogonale {v1 , . . . , vn } di V . Il sottospazio hv1 , v2 , v3 i è non-degenere. Per il punto 3) del Lemma 7.1 ha un vettore isotropo non nullo w. Inoltre ha un vettore u tale che (w, u) 6= 0. Dal punto 1) dello stesso Lemma segue che il sottospazio non singolare W = hw, ui ammette una base {w1 , w2 } tale che (w1 , w1 ) = (w2 , w2 ) = 0, (w1 , w2 ) = 1. Consideriamo la decomposizione ortogonale V = W ⊥ W ⊥. Applicando l’ipotesi induttiva a W ⊥ , che ha dimensione n − 2, concludiamo che esiste una base di V rispetto alla quale la forma ha matrice una delle seguenti: 0 1 1 0 0 1 1 0 0 I m−3 ≡ J1 , ≡ J2 . 0 Im−2 Im−3 0 Im−2 0 1 0 0 − La dimensione di un sottospazio totalmente isotropo massimale relativamente a J1 è m. Infatti il sottospazio generato dai primi m vettori della base è totalmente isotropo. D’altra parte, per il punto i) del Lemma 3.4, un sottospazio totalmente isotropo non può avere dimensione superiore a m = n2 . Invece la dimensione di un sottospazio totalmente isotropo massimale relativamente a J2 è m − 1. Infatti il sottospazio W , generato dai primi m − 1 vettori della base, è totalmente isotropo. Se non fosse massimale, per il Lemma 3.7 sarebbe contenuto in un sottospazio isotropo massimale U , necessariamente contenuto in W ⊥ . Ma W ⊥ ha dimensione n−(m−1) = m+1 e coincide quindi con il sottospazio generato da W e dagli ultimi due vettori della base. Un calcolo diretto mostra che W è isotropo massimale in W ⊥ . Si conclude che J1 non è congruente a J2 . 7. SPAZI ORTOGONALI E UNITARI SUI CAMPI FINITI 15 Supponiamo ora n = 2m + 1 e ragioniamo per induzione su n. Se n = 1 l’asserto è ovvio. Se n ≥ 3, esiste v ∈ V tale che (v, v) = 1. Quindi V = hvi ⊥ hvi⊥ . La restrizione della forma al sottospazio di dimensione 2m deve avere matrice (rispetto a una data base) congruente a una delle due precedenti. Pertanto vi sono, al massimo, due matrici simmetriche non congruenti in GL2m+1 (K). D’altra parte K1 e K2 non sono congruenti. Infatti, se lo fossero, esisterebbe P non singolare tale che P T K1 P = K2 = K1 da cui (det P )2 det K1 = det K1 . In tal caso sarebbe un quadrato, contraddizione. 2) Se K = F2q e V è Hermitiano, sappiamo che esiste una base ortogonale {v1 , . . . , vn } di V , ossia una base rispetto alla quale la forma ha matrice diagonale diag(λ1 , . . . , λn ), λi = λσi = λqi , 1 ≤ i ≤ n. Per il punto 4) del Lemma 6.1, per ogni i ≤ n esiste µi ∈ Fq2 tale che µi q+1 = λ−1 i . Ne segue che la base B := {µ1 v1 , . . . , µn vn } è ortonormale. 16 CAPITOLO I. LA GEOMETRIA DEI GRUPPI CLASSICI Capitolo II I gruppi classici Per la descrizione dei gruppi di matrici ci siamo basati sul libro di Carter [2]. 1 Il gruppo generale lineare Siano K un campo e n un numero naturale ≥ 1. (1.1) Definizione Il gruppo delle matrici n × n, a elementi in K, con determinante 6= 0, si dice gruppo generale lineare di rango n su K, e si indica con GLn (K). Per il Teorema di Binet, l’applicazione δ : GLn (K) → K∗ tale che A 7→ det A, è un epimorfismo di gruppi moltiplicativi. Il nucleo di δ è costituito dal gruppo speciale lineare SLn (K) delle matrici di determinante 1. SLn (K) è quindi un sottogruppo normale di GLn (K). Inoltre, dal teorema degli omomorfismi segue che GLn (K) ∼ K∗ . SLn (K) Indichiamo con Z il centro di GLn (K), cioè l’insieme degli elementi che commutano con tutti gli altri. Esso risulta essere l’insieme delle matrici scalari λI con λ ∈ K∗ . (1.2) Definizione • Si dice gruppo proiettivo generale lineare il quoziente GLn (K) := PGLn (K). Z • Si dice gruppo proiettivo speciale lineare il quoziente SLn (K) := PSLn (K). Z ∩ SLn (K) 17 18 CAPITOLO II. I GRUPPI CLASSICI Se K è finito e ha ordine q tali gruppi si indicano rispettivamente con GLn (q), SLn (q), PGLn (q), PSLn (q). Sia data una forma bilineare o Hermitiana, rispetto un automorfismo σ di K: ( , ) : Kn × Kn → K. (1.3) Ricordiamo che un’isometria di (1.3) è un elemento g ∈ GLn (K) tale che (gv, gw) = (v, w), ∀ v, w ∈ Kn . Sia J la matrice di (1.3) rispetto alla base canonica B di Kn . Poichè ogni vettore v ∈ Kn coincide con il proprio vettore coordinate vB si ha: (v, w) = v T Jwσ , ∀ v, w ∈ V. Ne segue che un elemento g di GLn (K) è una isometria se e solo se v T Jwσ = (gv)T J(gw)σ = v T (g T Jg σ )wσ , ∀ v, w ∈ Kn se e solo se (applicando la precedente condizione ai vettori della base canonica): g T Jg σ = J. (1.4) Lemma 1) L’insieme H delle isometrie di (1.3) è un sottogruppo di GLn (K). 2) Per ogni matrice invertibile P , il coniugato P −1 HP è il gruppo delle isometrie del prodotto scalare la cui matrice, rispetto alla base canonica, è J 0 = P T JP σ . Dimostrazione. Per quanto sopra osservato si ha: H := h ∈ GLn (K) | hT Jhσ = J . 1) I ∈ H. Se x, y ∈ H, allora (xy)T J(xy)σ = y T (xT Jxσ )y σ = y T Jy σ = J, da cui xy ∈ H. Inoltre x−1 ∈ H. Infatti, da xT Jxσ = J segue σ (xT )−1 xT Jxσ x− = (xT )−1 Jx−σ , 2. IL GRUPPO SIMPLETTICO ossia J = (x−1 )T J x−1 σ 19 . σ 2) Per ogni h ∈ H, si ha: (P −1 hP )T J 0 (P − hP ) = J 0 se e solo se hT Jhσ = J. (1.5) Osservazione È importante osservare che due gruppi coniugati H e P −1 HP sono isomorfi, tramite l’isomorfismo h 7→ P −1 hP . Pertanto, se B e B 0 sono due basi di Kn , e J, J 0 le corrispondenti matrici di una stessa forma, i relativi gruppi di isometrie sono in generale diversi, ma hanno la stessa struttura, essendo isomorfi. 2 Il gruppo simplettico (2.1) Definizione Il gruppo delle isometrie di uno spazio simplettico si dice gruppo simplettico e si indica con Spn (K). Per quanto visto nel capitolo precedente, uno spazio simplettico ha dimensione pari n = 2` e ammette una base rispetto alla quale il prodotto ha matrice 0 I` J= . −I` 0 Pertanto, a meno di coniugio, si può supporre Sp2` (K) = g ∈ GL2` (K) | g t Jg = J . Notiamo che he1 , . . . , e` i, è un sottospazio totalmente isotropo massimale. Si dimostra che tutti gli elementi di Sp2` (K) hanno determinante 1. Inoltre il centro di Sp2` (K) è il sottogruppo generato da −I. (2.2) Definizione Si definisce gruppo proiettivo simplettico il gruppo quoziente: Sp2` (K) := PSp2` (K). h−Ii Se K è finito, di ordine q, tali gruppi si indicano rispettivamente con Sp2` (q), PSp2` (q). 3 I gruppi ortogonali in caratteristica 6= 2. (3.1) Definizione Supponiamo che K abbia caratteristica diversa da 2. Il gruppo delle isometrie di uno spazio ortogonale su K si dice gruppo ortogonale 20 CAPITOLO II. I GRUPPI CLASSICI In generale, essendoci spazi ortogonali non isometrici, vi sono più gruppi ortogonali. Nel caso in cui K è finito, di ordine q, per quanto visto nel capitolo precedente esistono due spazi ortogonali non isometrici, definiti dalle seguenti matrici, in cui hi = K∗ . Se n = 2`: J1 = 0 I` I` 0 , 0 I`−1 0 I`−1 J2 = . 1 − Se n = 2` + 1: K1 = 1 0 I` , I` 0 K2 = K1 . (3.2) Definizione Nel caso |K| = q, dispari, le notazioni per i gruppi ortogonali: TJ g = J ; (q) = • O+ h ∈ GL (q) | h 1 1 2` 2` T • O− 2` (q) = h ∈ GL2` (q) | h J2 g = J2 ; T • O+ 2`+1 (q) = h ∈ GL2`+1 (q) | h K1 g = K1 . Notiamo che, in dimensione dispari, nonostante vi siano due spazi ortogonali non isometrici, i relativi gruppi di isometrie coincidono. Infatti, essendo K2 multipla di K1 , si ha: hT K2 g = K2 ⇐⇒ hT K1 g = K1 ⇔ hT K1 g = K1 . Tutti questi gruppi sono costituiti da matrici di determinante ±1. Le loro intersezioni con il gruppo speciale lineare si indicano rispettivamente con • SO+ 2` (q); • SO− 2` (q); • SO2`+1 (q). (3.3) Definizione Si chiama sottogruppo derivato di un gruppo G e si indica con G0 il sottogruppo generato dai commutatori, ossia: G0 := x−1 y −1 xy | x, y ∈ G . Segue da tale definizione che il sottogruppo derivato di un qualunque gruppo di matrici è costituito da matrici di determinante 1, ossia che GLn (K)0 ≤ SLn (K). 4. I GRUPPI UNITARI. 21 In realtà GLn (K)0 = SLn (K), con l’unica eccezione di GL2 (2). I sottogruppi derivati dei gruppi ortogonali i loro gruppi quozienti rispetto al centro (le cui matrici appartengono a {±I}) si indicano rispettivamente con + • Ω+ 2` (K), P Ω2` (K); − • Ω− 2` (K), P Ω2` (K); • Ω2`+1 (K), P Ω− 2` (K). 4 I gruppi unitari. (4.1) Definizione Supponiamo che K abbia un automorfismo σ di periodo 2. Il gruppo delle isometrie di uno spazio hermitiano V , di dimensione n su K, si dice gruppo unitario e si indica con Un (K). Si definisce inoltre SUn (K) := Un (K) ∩ SLn (K). Il centro Z di SUn (K) è costituito da matrici scalari. Il gruppo quoziente rispetto a Z PSUn (K) := SUn (K) Z si dice il gruppo unitario speciale proiettivo. Se V ha una base ortonormale (ad esempio nel caso in cui K è finito di ordine q 2 ), a meno di coniugio, si può supporre GUn (K) = g ∈ GL2` (K) | g T g σ = I dove g σ si ottiene da g applicando l’automorfismo σ a tutti i suoi elementi. Se K è finito e ha ordine q 2 tali gruppi si indicano rispettivamente con 2 2 2 Un (q ), SUn (q ), PSUn (q ). 5 I gruppi semplici (5.1) Definizione Un gruppo G si dice semplice se G 6= {1} e i suoi unici sottogruppi normali sono {1} e G. La classificazione dei gruppi semplici finiti è ritenuta completa. Essi si suddividono in molte classi, delle quali siamo in grado di elencare le seguenti. 22 CAPITOLO II. I GRUPPI CLASSICI • Per ogni primo p il gruppo Cp di ordine p; • per ogni n 6= 5 il gruppo alterno Alt(n); • i gruppi classici: PSLn (q) con n ≥ 2, tranne nei casi n = 2 e q = 2, 3; PSp2` (q), tranne nei casi ` = 1 e q = 2, 3, ` = 2 e q = 2; P Ω2`+1 (q) per ` ≥ 2, − P Ω+ 2` (q), P Ω2` (q), per ` ≥ 3; PSUn (q 2 ) con n ≥ 2 tranne nei casi n = 2 e q = 2, 3, n = 3 e q = 2. Gli ordini dei gruppi classici sono riportati nella seguente tabella: 1 (n,q−1) n(n−1) 2 (q 2 − 1) · · · (q n − 1) |PSLn (q)| = |PSp2` (q)| = 1 (2,q−1) q ` (q 2 − 1)(q 4 − 1) · · · (q 2` − 1) |P Ω2`+1 (q)| = P Ω+ (q) = 2` − P Ω (q) = 2` PSUn (q 2 ) = 1 (2,q−1) q ` (q 2 − 1)(q 4 − 1) · · · (q 2` − 1) q 2 2 1 (4,q ` −1) q `(`−1) (q 2 − 1)(q 4 − 1) · · · (q 2`−2 − 1)(q ` − 1) 1 (4,q ` −1) q `(`−1) (q 2 − 1)(q 4 − 1) · · · (q 2`−2 − 1)(q ` + 1) 1 (n,q+1) q n(n−1) 2 (q 2 − 1)(q 3 + 1)(q 4 − 1) · · · (q n − (−1)n ) Bibliografia [1] M.Aschbacher, Finite group theory, Cambridge University Press, 1986. [2] R.W.Carter, Simple groups of Lie type, John Wiley and sons (1972). [3] L.Dickson, Linear Groups, Dover Publications, Inc. (1958). [4] N.Jacobson, Basic Algebra I, W.H.Freeman and company, San Francisco,1974. [5] S.Lang, Linear Algebra, Addison-Wesley Publishing Company. [6] M.C. Tamburini, Algebra I unità , Dispensa in rete. [7] M.C. Tamburini, Algebra II unità , Dispensa in rete. [8] M.C. Tamburini, Approfondimenti di Algebra, Dispensa in rete. 23