La scultura del Camerun
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La scultura del Camerun
La scultura del Camerun La scultura del Camerun proviene soprattutto dagli altopiani sud occidentali, poiché la parte settentrionale del paese, influenzata dall’Islam, non ha sviluppato alcune forma di rappresentazione figurativa antropomorfa. La produzione artistica delle praterie del Camerun è strettamente connessa ai riti e alle cerimonie che scandiscono la vita dei villaggi e delle tribù: figure, maschere, oggetti che definiscono ruoli e comportamenti. Gli alti pascoli della savana erano tradizionalmente, divisi in novanta regni governati da un re, il fon, supportato da società segrete. Al re venivano attribuiti poteri soprannaturali, grazie ai quali garantiva la protezione del suo popolo, assicurando la fertilità dei campi e la fecondità delle donne. Il fon era infatti responsabile dei rituali di semina e raccolta, della grande festa annuale della stagione secca, delle cerimonie di caccia collettiva e delle spedizioni di guerra. Il Fon veniva nominato dal suo predecessore, che lo sceglieva tra i suoi eredi diretti, escludendo tuttavia il primogenito. Gli oggetti d’arte rappresentano dunque i simboli di funzioni sociali, ma indicano anche una gerarchia nell’organizzazione dei villaggi e delle tribù. Il loro numero, i materiali di cui sono fatti, la loro iconografia indicavano gli spostamenti nella scala sociale e i cambiamenti di status del proprietario. Lo scultore invece non aveva probabilmente un ruolo ufficiale; la sua funzione non era infatti ereditaria, e tra i vari esecutori esisteva un certo antagonismo, sia riguardo agli stili adottati sia riguardo all’abilità di esecuzione. Il principale scopo della scultura in ogni caso era quello di commemorare e celebrare gli antenati reali del fon in carica. In generale, le donne sono escluse da questi riti, sia come attori che come spettatori. Ma à certo che le donne, vestite di stracci e vegetazione, praticavano una propria versione della stessa cerimonia, ma in un altro luogo e in un diverso momento. Normalmente il legno utilizzato per le maschere non è completamente svuotato, perché la maschera non copre il volto di chi lo indossa, che rimane nascosto sotto una gabbia di bambù, circondato da un collare di fibre di Palma, e rispetto al quale la maschera si dispone quindi come una seconda testa. Queste maschere, strumenti della società con funzioni politiche, amministrative, giudiziarie o teatrali, erano conservate in veri e propri magazzini per essere riutilizzati nelle successive ricorrenze.