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Per informazioni: sito web: http://archivio.lastampa.it email: [email protected] LE RECENSIONI KRISTOF, FAVOLE NERE SULL'ORLO DEL SUICIDIO Pubblicazione: [12-03-1998, STAMPA, TORINO, pag.4] Sezione: TUTTOLIBRI Autore: GOTA Kristof scrive i suoi romanzi nella lingua dell'esilio. Sono storie estreme nei gironi infernali della vita. Storie di lucida follia in una prosa stringata e ischeletrita da un dialogo perenne, che s'abbarbicano all'Ungheria dei suoi primi vent'anni. Poi ci fu la rivoluzione fallita del '56 e lei se ne ando' lontano con il marito. Dapprima in Austria e poi in Svizzera, a Neuchatel. Lunghi anni in cui Agota ha iniziato a declinare in francese infanzia e adolescenza, anni in cui la patria ha smarrito il suo volto e s'e' acquattata in un paesaggio senza nome, in zone di frontiera, in sbiadite contrade percosse dal vento di un nuovo idioma. E' la geografia volutamente imprecisa dei suoi romanzi ambientati in un generico Paese dell'Est, tra guerra, dittatura e rassegnata liberta'. Dopo Ieri, proposto con successo nel 1996, Einaudi presenta ora la Trilogia della citta' di K., un trittico arricchito dell'ultima parte, La terza menzo gna, nell'ottima versione di Giovanni Bogliolo (i primi due romanzi, Quello che resta e La prova, erano gia' usciti da Guanda nella seconda meta' degli Anni Ottanta). Qui la memoria pare nutrirsi di anonimato e la Storia ritrarsi nella minuta, ossessiva evoluzione delle vicende umane. La Kristof traduce i grandi terremoti dell'Europa, bombardamenti, deportazioni, paranoie dittatoriali, in una favola nera. La racconta dai margini dell'esistenza, dietro lo scorrere del tempo, tra la Grande e la Piccola Citta', una fottuta frontiera e l'altro paese. La mette in bocca a figure anomale, nel corpo e nell'anima, ma incredibilmente vigili e astute. Come i due gemelli Lucas e Klaus, che la madre lascia da una nonna megera, una mezza strega avara e sudicia pronta ad iniziarli ad una vita di dura sopravvivenza. Ma i due non sono ragazzi come altri, sono mostri d'intelligenza, di abilita' manuale, d'astuzia. Vivono nel luridume, tra animali e cianfrusaglie, in una casa fatiscente. Setacciano la realta' che li circonda, la scompigliano, la preparano ai propri scopi. Si addestrano al dolore e all'insensibilita'. Soffocano ogni sentimento per sconfiggere l'esistenza. I fantasmi di un mondo adulto e violento sono scesi nelle loro anime, e nulla puo' ormai colpirli. Viene in mente la figura del piccolo Matzerath nel Tamburo di latta di Gunter Grass. Forse per quel tanto di surreale e picaresco che anche i gemelli suggeriscono. Per quel sentore di grottesco, che avvolge il loro mondo. Ma qui c'e' un'inesorabilita' che nemmeno Grass sapeva concepire, perche' la realta' non e' piu' spettacolo per le scorribande della fantasia. La realta' e' incatenata ad un Copyright (C) Editrice La Stampa - quest'opera è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia. Clicca qui per saperne di più. Per informazioni: sito web: http://archivio.lastampa.it email: [email protected] linguaggio che ha l'andatura di una marionetta omicida, come scrisse una volta Giorgio Manganelli, grande ammiratore della Kristof. Cosi' il rigore realistico ha il ticchettio d'un meccanismo pronto a deflagrare sotto gli impulsi del destino e i minuti scorrono raccogliendo intorno dolore e smarrimento. L'intenso e furfantesco sodalizio di Klaus e Lucas finisce sul cadavere del loro padre che una mina ha ridotto a brandelli mentre tentava di passare la frontiera. Di la', nel Paese oltre cortina, finisce Klaus. Suo fratello annota d'ora in poi la propria vita e attende. Ma l'epica unita' dei due gemelli e' destinata a frantumarsi in mille prospettive: la terza parte della trilogia e' un girotondo di situazioni ormai familiari al lettore che si aggrovigliano e rifrangono senza che alcuna verita' possa riemergere. Gli stessi gemelli, ormai adulti, si confondono in sequenze dove il tempo tramuta ogni possibile verosimiglianza narrativa in un gioco incoerente fra passato e presente, in una vischiosa scia di menzogne. La Kristof imbroglia i fili della speranza: non c'e' sviluppo lineare nelle sue storie e nelle sue figure, ma una meccanica corsa verso il baratro, l'obnubilamento, l'autodistruzione. Qui si muore, squarciati come la giovane Labbro-leporino o la madre dei gemelli con la sua piccola bambina. Penzoleranno i loro scheletri lungo le pagine del libro, icone d'una grottesca disperazione che i figli accudiscono con affetto soffocato. Si muore suicidi come Clara e il piccolo Mathias, e gli stessi gemelli. Agota Kristof ha scelto di mostrare la disumanita' nella lenta usura di spezzoni e maschere umane. Non scavando nei meccanismi della Storia e del Potere, ma scorgendone le tracce sui volti sfigurati della gente. E parla per bocca di Klaus: "... la vita e' di un'inutilita' totale, e' nonsenso, aberrazione, sofferenza infinita, invenzione di un Non- Dio di una malvagita' che supera l'immaginazione". A plasmarla nella lingua dell'esilio puo' sembrare forse meno greve e piu' lontana; ma purtroppo svuotata per sempre di ogni antica tenerezza. Luigi Forte Copyright (C) Editrice La Stampa - quest'opera è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia. Clicca qui per saperne di più.