ANNO 2016 Notizie dal 08 ottobre al 15 ottobre
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ANNO 2016 Notizie dal 08 ottobre al 15 ottobre
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 ANNO 2016 Notizie dal 08 ottobre al 15 ottobre notizie e informazioni SULL’africa e, in particoLare, SULLa SomaLia, raccolte da agenzie, gruppi, istituzioni, confrontate E comMENTATE CON CONTRIBUTI CRITICI E VALUTATIVi SOMMARIO Pag. 02 - 08 ott. Attacco terroristico in Kenya: tra gli obiettivi operai stranieri Pag. 02 - 08 ott. Marina militare, ritorna la fregata Euro da un’azione antipirateria di 7 mesi Pag. 03 - 08 ott. Yemen: raid coalizione su funerale, 155 morti e 500 feriti Pag. 03 - 09 ott. La clandestinità dei cristiani in Somalia Pag. 05 - 10 ott. Etiopia: tensioni tra il governo centrale e l'etnia oromo Pag. 06 - 10 ott. Kenya: 16 compagnie straniere chiedono risarcimento per danni subiti durante proteste post-elettorali Pag. 06 - 11 ott. Kenya: Consiglio norvegese per i rifugiati, governo di Nairobi viola diritto internazionale su rimpatrio rifugiati somali Pag. 06 - 12 ott. Attacchi multipli in corso in Somalia Pag. 07 - 12 ott. Somalia, truppe etiopi abbandonano base di El Ali dopo attacco di al Shabaab Pag. 07 - 13 ott. L’Etiopia è un partner economico prioritario dell’Italia e dell’Ue in Africa subsahariana Pag. 08 - 13 ott. Dadaab, "Il ritorno dei rifugiati in Somalia è inumano e irresponsabile" Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 1 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 08 ott. Attacco terroristico in Kenya: tra gli obiettivi operai stranieri Sono state chiarite le modalità dell’attentato e, probabilmente lo scopo dell’attentato compiuto dagli al Shabaab a Mandera in Kenya, cittadina al confine con la Somalia, di cui abbiamo dato notizia nel precedente notiziario. Viene confermato che l’attacco terroristico, attribuito dalla polizia agli integralisti islamici al Shabaab, ha causato la morte di sei persone. L’attentato é avvenuto a Mandera, una cittadina al confine con la Somalia, come riferito dal capo della polizia, Joseph Boinnet. Il bilancio dell’attacco poteva essere ben più pesante rispetto alle sei persone uccise se non fosse stato per il rapido intervento delle forze di sicurezza: lo ha sottolineato il governatore della contea di Mandera, Ali Roba, secondo quanto riporta la Bbc online. L’attacco, che ha provocato anche un ferito grave, ha proseguito il governatore, è avvenuto in un cantiere pubblico, dove al momento dell’attentato c’erano altre 27 persone. L’obiettivo dei terroristi era quello di colpire persone “non del posto”, forse quindi gli operai stranieri che lavoravano nel cantiere. Sembra che il commando ha usato una granata per entrare nel cantiere e, una volta dentro, ha cominciato a sparare. 08 ott. Marina militare, ritorna la fregata Euro da un’azione antipirateria di 7 mesi Domenica nella stazione navale Mar Grande di Taranto, la fregata Euro (classe Maestrale) della Marina militare farà rientro in Italia dopo quasi sette mesi operativa nell’operazione antipirateria Atalanta, in Oceano Indiano e Golfo di Aden. Salpata lo scorso 19 marzo dal porto di Taranto, nave Euro ha ricoperto nell’operazione un ruolo sostanziale nella Forza navale europea – Task Force 465 – operando all’interno del bacino somalo, del golfo di Aden e dell’Oceano Indiano per un totale di 4.011 ore di moto e 40.479 miglia nautiche percorse. La nave, al comando del capitano di fregata Giuseppe Massimiliano Aletta, con un equipaggio di circa 180 persone, di cui sette donne, e comprensivo dei team specialistici e mezzi della Brigata Marina San Marco, del gruppo operativo Subacquei e della Componente Aerea della Marina militare, è stata coinvolta in diverse attività operative. Sono state, ad esempio, condotte al largo della Somalia ‘Focused operation aether’ e ‘Minerva’, attività incentrate sulla raccolta di informazioni sui gruppi di pirati ancora attivi lungo la costa somala, nei confronti dei quali in particolare è stato compiuto un monitoraggio continuo, oltre al controllo di 89 imbarcazioni situate all’interno dell’area di operazione. Nel corso della missione nave Euro, oltre ad aver scortato con successo Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 2 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 tre mercantili del ‘World food programme’, ha anche condotto attività di supporto e di cooperazione civile e militare nei porti di Gibuti e Dar Es Salam (Taanzania). Nave Euro (F 575) è stata varata nel 1983, ha un dislocamento di 3.500 ton p.c., ha la velocità ,max di 30 nodi ed una autonomia di 6.000 nm. a 15 nodi-. Dotata di lanciamissili OTOMAT, 1 lanciamissili albatros/aspide, 2 lanciasiluri antisom, 1 cannone Breda da 127 e mitragliere Breda Dardo. E’ una piattaforma per due 2 elicotteri. 08 ott. Yemen: raid coalizione su funerale, 155 morti e 500 feriti È di almeno 155 morti e circa 500 feriti il bilancio dell’attacco aereo della coalizione a guida saudita condotto ieri contro una cerimonia funebre a Sanaa, capitale dello Yemen. Tra le vittime ci sarebbero alcuni alti ufficiali Houthi e il sindaco della città. La coalizione sunnita guidata da Riad, però, ha negato ogni responsabilità in questo attacco, affermando in un comunicato di non aver compiuto operazioni militari sul luogo, e ha invitato a cercare “altre cause”. Immediato lo sdegno della comunità internazionale: dagli Stati Uniti il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Ned Price, ha dichiarato di aver “avviato una revisione immediata della nostra già significativa riduzione del sostegno alla coalizione araba”. Dura condanna anche dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha fatto avviare un’indagine: “Qualsiasi attacco deliberato contro i civili è assolutamente inaccettabile – ha detto – i responsabili devono essere assicurati alla giustizia”. La guerra civile in atto nello Yemen, dal 2015 contrappone i ribelli Houthi alleati con le truppe del deposto presidente Saleh (sciita), contro il governo di Mansur Adi, riconosciuto dalla comunità internazionale e vicino all’Arabia Saudita (sunnita). Finora il conflitto ha causato oltre centomila morti. (R.B.). 09 ott. La clandestinità dei cristiani in Somalia In attesa delle elezioni presidenziali del 30 novembre, Mons. Giorgio Bertin, vescovo di Djibuti e amministratore apostolico della Somalia, parla in una intervista al giornale on-line Zenit, della difficile situazione dei cristiani nel Paese Un piccolo grande segno di speranza è arrivato da Hargeisa, nel Somaliland, ove monsignor Bertin ha recentemente riconsacrato la piccola chiesa dedicata a Sant’Antonio da Padova, a poca distanza dalla capitale, saccheggiata e deturpata negli anni in cui la Somalia sprofondava nel caos della guerra civile. “Ciò dimostra che questa parte della Somalia, il Somaliland, resta rispettoso del diritto di culto che hanno i non musulmani” ha spiegato il presule ai microfoni di Radio Vaticana. Diversa e più difficile è la situazione dei cristiani nel resto del Paese che, dall’inizio della guerra civile ad oggi, sono ridotti a poche decine. L’erosione della comunità di fedeli è ben descritta dal cumulo di macerie impolverate, nel cuore della città vecchia di Mogadiscio, che restano della “più vasta chiesa di tutta l’Africa Orientale”, così come la chiamava l’allora Governatore della Somalia, C.M. de Vecchi di Val Cismon. La Cattedrale di Mogadiscio, dedicata alla SS. Vergine Consolata, viene inaugurata il 1° marzo 1928, epoca in cui la città era il capoluogo della Somalia Italiana. “Inspirata alla cattedral di Cefalù, simbolo della riconquista cristiana della Sicilia”, come scrive de Vecchi nelle memorie recuperate dal foto-reporter torinese Alberto Alpozzi, resterà sede della diocesi di Mogadiscio fino al 1989. Il 9 luglio di quell’anno, come dirà L’Osservatore Romano, viene scritta “una nuova pagina di sangue nel martirologio della Chiesa”. A vergare di rosso quella pagina è Pietro Salvatore Colombo, ex Vescovo di Mogadiscio, assassinato una domenica di ventisette anni fa nel chiostro della “sua” Cattedrale. All’epoca la locale comunità cristiana contava circa 2mila anime. Quello che rimane dell’eredità di Colombo, circa una trentina di fedeli prevalentemente concentrati nella capitale somala, è oggi affidato alle cure di monsignor Bertin. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 3 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Mogadiscio: i resti della cattedrale “Io sono stato in Somalia dal 1969 al ‘71, all’epoca ero un giovane studente di teologia – racconta a ZENIT il presule originario del padovano – poi sono tornato nel gennaio del ‘78 e fino al gennaio del ‘91, dal ‘91 al 2001 sono diventato ‘displaced’, un rifugiato in Kenya, e dal 2001 sono venuto qua a Djibuti, portandomi dietro la responsabilità della Somalia con il titolo di Amministratore Apostolico”. (foto sotto: Gibuti: un militare francese pattuglia il palazzo vescovile) Siamo a Gjibuti, nella Cattedrale di Nostra Signora del Buon Pastore, lungo boulevard de la République, il cuore diplomatico della città affollato da “bande” di piccoli straccioni che rincorrono i passanti alla ricerca di acqua o monete. Il Monsignore è seduto dietro la scrivania del suo “quartier generale”, nel piccolo ufficio che affaccia sulla monolitica struttura disegnata negli anni Sessanta dall’architetto Joseph Müller. E’ da qui che coordina le numerose attività benefiche messe in campo dalla diocesi e dalla Caritas. “Durante la prima repubblica, cioè dal ‘60 al ‘69, e anche all’inizio con Mohammed Siad Barre Barre, non c’era un ostracismo nei confronti dei cristiani, anzi, alcuni di loro avevano dei posti preminenti, ricordo per esempio Anthony Mariano, veniva dal nord, dal cosiddetto Somaliland ed è stato ministro”, racconta Bertin che, prima della morte di Colombo, ogni venerdì celebrava la Santa Messa in lingua somala. Poi? Poi “tutto è andato in rovina”. Assieme ai due campanili e alle volte della Chiesa simbolo della cristianità nell’Africa Orientale – oggi orinatoio a cielo aperto – crolla l’impalcatura su cui poggiano l’intera comunità di fedeli e la loro libertà religiosa. L’ultimo choccante provvedimento arriva a dicembre 2015: la Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 4 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Messa di Natale è bandita per “ragioni di sicurezza”. “Tutti gli eventi connessi alle celebrazioni di Natale e Capodanno – rende noto il Ministero degli Affari Religiosi – sono contrari alla cultura islamica, e potrebbero danneggiare la fede della comunità musulmana”. L’ennesimo schiaffo ai cristiani indigeni è, in realtà, solo uno specchietto per allodole. I pochi “rimasti” sono costretti a pregare sottovoce, nella penombra di qualche riparo di fortuna, ormai da vent’anni. Anche in seguito all’insediamento del Governo federale della Somalia, il 10 settembre del 2010, la condizione di clandestinità dei cristiani in Somalia non è certo migliorata. “Questo Governo federale – attacca il Vescovo – è un nulla, e allora deve dimostrare che difende l’Islam contro ogni propaganda, contro ogni presenza cristiana”. Soprattutto adesso che Al-Shabaab, costola di fedelissimi di Al-Qaeda in Somalia dove, non a caso, lo Stato islamico non è riuscito a penetrare, è tornata a colpire con ferocia. “Ma allora perché cercare il riconoscimento e il sostegno internazionale?”, domanda Bertin al vertice di Villa Somalia. “Se vogliamo vivere insieme a livello internazionale – osserva il presule – allora rispettiamoci nelle differenze”. Il rimprovero di Bertin non esclude chi, dall’altro lato, avalla questo sistema lavandosi la coscienza con l’assistenzialismo. “Smettetela di limitarvi ad inviare viveri e beni materiali – ha spiegato Bertin ai rappresentanti della Nazioni Unite – c’è bisogno ma non basta, bisogna far rinascere lo Stato”. Ed è proprio sul destino di questa auspicata rinascita che ci s’interrogherà alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali. Un appuntamento singhiozzante, inizialmente previsto per agosto scorso, fissato ora per il prossimo 30 novembre. Nelle intenzioni del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) si tratta di “un passo indispensabile verso una Somalia democratica, unita e stabile sia a livello federale che regionale”. Nella speranza che la futura leadership sappia incarnare quell’ideale di politica che, come insegna Monsignor Bertin richiamando a sé le parole di Papa Pio XI, “è la più alta forma di carità”. 10 ott. Etiopia: tensioni tra il governo centrale e l'etnia oromo L’instabilità politica continua ad affliggere l’Etiopia, importante Paese del Corno d’Africa. A partire dal 2 ottobre si è riaccesa la tensione, mai del tutto sopita, nella regione dell’Oromia tra la popolazione locale e il governo centrale, che il 9 ottobre ha proclamato lo stato d’emergenza in tutto il Paese. Oggi risultano bloccati internet e social media sugli smartphone ad Addis Abeba e in gran parte dell'Oromia. Gli oromo lamentano la decisione di estendere la provincia di Addis Abeba a discapito dei loro terreni agricoli e la propria sottorappresentanza a livello istituzionale. Ormai l’esercito controlla le strade, le comunità. Da mesi c’è questa situazione di instabilità, di insurrezione da parte della popolazione, in particolare oromo, ma non solo. Quindi manifestazioni di protesta più o meno spontanee; manifestazioni antigovernative che si risolvono poi nel blocco delle strade, nel danneggiamento dei veicoli o nell’attacco alle forze dell’ordine. C’è questo governo che dura da più di due decenni salito al potere dopo la rivoluzione contro il regime comunista, ma di fatto la popolazione oromo in particolare che comunque rappresenta un terzo della popolazione, è rimasta sostanzialmente esclusa dall’accesso alle cariche politiche, ai posti che contano. Nel paese ci sono comunque altre criticità. La situazione sanitaria resta estremamente precaria; parliamo di una popolazione di quasi 100 milioni di abitanti e di una spesa sanitaria pro capite che resta comunque una delle più basse al mondo in un sistema in termini infrastrutturali e di personale largamente insufficiente a garantire l’accesso ai servizi di base per la stragrande maggioranza della popolazione nonostante, bisogna dirlo e riconoscere, i grandi miglioramenti compiuti negli ultimi 15, 20 anni. Resta però di fatto un sistema ancora largamente insufficiente, in particolare, nelle aree più rurali ove la popolazione ha scarso accesso a servizi ospedalieri. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 5 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 10 ott. Kenya: 16 compagnie straniere chiedono risarcimento per danni subiti durante proteste post-elettorali Sedici compagnie ugandesi e ruandesi hanno chiesto al governo keniota un risarcimento di 46 milioni di dollari per le perdite subite in seguito alle violenze esplose nel paese dopo le discusse elezioni del 2007. Lo riferisce il quotidiano “Daily Nation”. Le compagnie accusano il governo di Nairobi di non avere fornito la necessaria protezione ai loro mezzi, attaccati mentre transitavano lungo l’autostrada che costeggia le città di Nakuru e Eldoret e le città di Malaba e Busia, nell’ovest del paese, particolarmente colpite dalle violenze. In precedenza un tribunale di Mombasa ha dato il via libera a un risarcimento di 8 milioni di dollari in favore della compagnia tanzaniana Modern Holdings East Africa. La compagnia aveva accusato l’autorità portuale del Kenya di non avere maneggiato correttamente 21 container di succhi di fritta e acqua minerale, provocando ingenti perdite ai danni della società. 11 ott. Kenya: Consiglio norvegese per i rifugiati, governo di Nairobi viola diritto internazionale su rimpatrio rifugiati somali Il governo del Kenya sta violando il diritto internazionale, costringendo i residenti del campo profughi di Dadaab a tornare in Somalia entro il mese di novembre, quando è prevista la chiusura del sito. È quanto denunciato dal segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc), Jan Egeland, il quale ha chiesto che il termine della chiusura venga esteso dal momento che il processo di rimpatrio dei rifugiati sta procedendo in modo “caotico e disorganizzato". “Da quel che abbiamo potuto constatare, il processo di rimpatrio sta avvenendo in maniera non più volontaria, dignitosa e sicura”, ha detto Egeland, sostenendo che al loro rimpatrio i rifugiati “non sono sufficientemente protetti”. In un sondaggio commissionato dall’Nrc nel mese di agosto, il 74 per cento dei rifugiati somali residenti a Dadaab hanno dichiarato di non essere disposti a tornare in Somalia, in gran parte a causa dell’insicurezza che persiste nel paese. 12 ott. Attacchi multipli in corso in Somalia Nel giorno del 62esimo anniversario della bandiera nazionale, la Somalia è scossa da una serie di attentati che rischiano di mettere a repentaglio il già fragile equilibrio alle soglie delle elezioni presidenziali che potrebbero svolgersi tra dicembre e l’inizio del prossimo anno. Tre potenti esplosioni, di cui ancora non si conoscono natura ed effetti, si sono udite a Mogadiscio in Somalia in direzione dell’aeroporto internazionale Adan Ade. Nel sud del paese gli scontri tra i miliziani jihadisti di al Shabab e le forze della missione di pace Amisom dell’Unione Africana sono iniziati la scorsa notte nel villaggio di Qoryoolei a circa 120 km dalla capitale Mogadiscio. Un attacco che ha permesso ai terroristi di rimpossessarsi del villaggio e di uccidere una decina di militari. Raid che sono proseguiti anche nelle province meridionali quasi al confine con il Kenya dove cittadini somali, etiopi e kenioti sono stati giustiziati pubblicamente nelle piazze del villaggio di Jilib dopo esser stati accusati dai miliziani di essere spie dell’intelligence inglese e somala. Nel pomeriggio si erano susseguite una serie di voci, poi confermate, che al Shabab fosse riuscito a ottenere la beyah (appoggio) da parte di alcuni clan del complesso sistema tribale somalo che costituiscono lo zoccolo Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 6 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 duro dell’elettorato. Sono, infatti, i 4 principali clan del Paese ad eleggere i circa 14mila elettori che sceglieranno, poi, i 275 parlamentari che voteranno il Presidente. L’infiltrazione anche politica di al Shabab metterebbe a serio rischio il futuro democratico del Paese già dilaniato da lunghi anni di guerre civili e soggetto a quotidiani attacchi kamikaze e dinamitardi dei guerriglieri jihadisti. Al momento sembrano escluse le iniziali ipotesi di golpe. 12 ott. Somalia, truppe etiopi abbandonano base di El Ali dopo attacco di al Shabaab Le truppe etiopi inquadrate nella Missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom) si sono ritirate dalla base di El Ali, nella regione centrale di Hiran, dopo che questa è stata attaccata dalle milizie jihadiste di al Shabaab. È quanto riporta il sito d’informazione “Warqaad”. Secondo l’emittente “Radio Andalus”, organo ufficiale di al Shabaab, le truppe etiopi avrebbero distrutto la base prima di abbandonarla nelle prime ore di questa mattina. La base di El Ali si trova a circa 70 chilometri a ovest di Belet Uen, capoluogo della regione. Le truppe etiopi inquadrate nella missione Amisom sono presenti nelle regioni di Bai, Bakol, e Ghedo, ma sono presenti anche nella regione di Hiraan, che confina con l'Etiopia. 13 ott. L’Etiopia è un partner economico prioritario dell’Italia e dell’Ue in Africa sub- sahariana Il trend di crescita fatto registrare dall’Etiopia negli ultimi dieci anni (il Pil è aumentato mediamente di oltre il 10% dal 2004), l’apertura agli investitori internazionali, il basso costo del lavoro, le dimensioni del mercato (circa 90 milioni di persone), la disponibilità di fonti energetiche nazionali, i collegamenti aerei diretti con l’Italia e la presenza di una comunità italiana piccola ma ben inserita, rappresentano i punti di forza su cui costruire rapporti economico-commerciali più dinamici. Le statistiche riflettono quindi un rapporto bilaterale con buone possibilità di sviluppo, in linea con la crescita del Paese e con l’aumento della domanda di qualità sia da parte dell’industria che dei consumatori finali. Per quanto riguarda la presenza economica italiana, sono molte le aziende che operano in Etiopia e tra queste spicca Salini Impregilo, ormai ben installata nel Paese, che ha vinto recentemente una commessa da 2,5 miliardi di euro per la costruzione di due dighe (‘Gibe III’ sul fiume Omo e ‘Grand Ethiopian Renaissance Dam’ sul Nilo Azzurro). Tra le altre imprese è rilevante la presenza di Calzedonia, Italferr, Drillmec, Soilmec e Cesi. Da ultimo l’accordo di sponsorizzazione recentemente concluso da Errea, produttore di abbigliamento sportivo, che prevede la fornitura del materiale tecnico per la nazionale maggiore e le nazionali giovanili, sia maschili sia femminili. L’Etiopia è il secondo Stato più popoloso dell’Africa e gode delle prospettive di sviluppo più interessanti nel comparto edile, con una crescita prevista di oltre l’11% annuo (dopo il +30% registrato nell’ultimo biennio). Il Governo ha varato un ambizioso piano di investimenti per potenziare le infrastrutture e tra questi il più importante - da 1,9 miliardi di euro - riguarda la rete stradale con 1.846 km di tracciato da realizzare e 21.290 km da riparare. Oltre la costruzione delle citate due dighe aggiudicate da Salini Impregilo, sono previste molte nuove opere quali linee ferroviarie (è stata completata da poco la tratta da Addis Abeba a Gibuti), parchi industriali, il nuovo aeroporto internazionale di Kebri Dehar a Gabredarre e cinque nuovi stadi da 30.000 spettatori e 15 milioni di euro di valore in costruzione nella capitale. E’ stato, infine, recentemente presentato il nuovo piano regolatore di Addis Abeba, che prevede la realizzazione di tredici nuovi distretti con opere per un valore complessivo di 12 miliardi di euro. Nel dettaglio, dovranno essere costruite mezzo milione di abitazioni a Koye, Fechie, Bole, Arabsa e Yeka, sei centri commerciali nelle zone di Kazanchis, Africa Union, Merkato e Torhailoc, sessanta parcheggi multilivello, nove corsie riservate agli autobus e due ospedali di standard internazionale. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 7 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 13 ott. Dadaab, "Il ritorno dei rifugiati in Somalia è inumano e irresponsabile" L'86% delle persone ospiti nel campo profughi più grande del mondo, che si trova in Kenia vicino al confine somalo, non vuole tornare in Somalia. Nel rapporto di Medici Senza Frontiere: si pone inoltre l’accento sulle gravi conseguenze sanitarie che avrebbe un ritorno così massiccio. In vista della chiusura annunciata del campo rifugiati (Dadaab, proprio a ottobre, compie 25 anni: fu aperto nel 1991 per accogliere migliaia di persone in fuga dai conflitti in Etiopia, Sudan e Somali) e del ritorno di migliaia di persone in una Somalia devastata dalla guerra, Medici Senza Frontiere (MSF) chiede al Governo del Kenya e all’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR) di rivedere la decisione o prendere in considerazione con urgenza altre possibilità. In un rapporto pubblicato oggi da MSF, intitolato “Dadaab to Somalia: Pushed Back Into Peril” e basato su testimonianze e interviste raccolte tra luglio e agosto su un totale di 5470 persone, più di otto rifugiati su dieci intervistati dichiarano di non voler ritornare nel Paese, principalmente per la paura di arruolamenti forzati nei gruppi armati, della violenza sessuale e della mancanza di servizi sanitari di base. Nel rapporto, MSF pone inoltre l’accento sulle gravi conseguenze sanitarie che avrebbe un ritorno così massiccio. “È evidente che i campi rifugiati non sono la soluzione migliore per gestire una crisi che si protrae da 25 anni, ma la loro chiusura adesso, senza offrire altre soluzioni durevoli, spinge i rifugiati in una zona di conflitto dove le cure mediche sono gravemente assenti”, dichiara Bruno Jochum, direttore generale di MSF. “Questa decisione è l’ennesimo insuccesso per la protezione dei rifugiati a livello globale e ancora una volta assistiamo a un totale fallimento nel fornire accoglienza alle persone in pericolo. Anche le Nazioni Unite hanno recentemente dichiarato che 5 milioni di persone sono a rischio carestia all’interno del territorio somalo. Rimandare indietro ancora più persone verso la sofferenza è sia inumano sia irresponsabile.” Le équipe mediche di MSF hanno visto bambini arrivare dalla Somalia senza che fossero stati vaccinati contro una serie di malattie prevenibili, chiaro segno di un sistema sanitario piagato da più di 20 anni di guerra dove anche le cure di base non sono garantite. Le donne incinte riceveranno cure minime, mettendo a rischio la propria vita e quella dei nascituri. Persone con condizioni mediche croniche sono anch’esse a rischio – siano diabetici che hanno bisogno di insulina o persone affette da ipertensione che hanno bisogno di cure continue. Infine sono a rischio anche i pazienti in cura per disturbi psicologici. Nel campo di Dagahaley, il 70% dei pazienti seguiti dall’équipe di salute mentale di MSF sono sotto trattamento. “Se un paziente con psicosi è obbligato a interrompere le cure, le sue funzioni cognitive e il suo comportamento regrediranno. In un paese dove i servizi di salute mentale, di fatto, non esistono metterebbe le loro vite in serio pericolo”. L’86% dei rifugiati intervistati a Dagahaley non vuole tornare in Somalia. Praticamente tutti, sia uomini che donne, sono spaventati dalla mancanza di sicurezza legata, soprattutto, all’elevato rischio di violenze sessuali. MSF mette quindi in discussione la natura “volontaria” dei rimpatri che l’UNHCR sta cercando di facilitare. Le paure di cui ci parlano i rifugiati sono reali. Una condizione cruciale è che i rimpatri siano volontari, e che i rifugiati abbiano tutte le informazioni necessarie circa i servizi e le condizioni che troveranno in Somalia. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 8 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Dovrebbero essere prese in considerazione urgentemente più durevoli, come l’allestimento di campi più piccoli in Kenya, l’aumento dei reinsediamenti in paesi terzi, o l’integrazione dei rifugiati nelle comunità keniote,. MSF chiede alla comunità internazionale di condividere la responsabilità con il governo del Kenya. È inaccettabile che senza aver prospettato altre soluzioni alternative, migliaia di rifugiati siano respinti verso conflitti e crisi gravi, ovvero le stesse condizioni da cui erano fuggiti. Il Kenya non dovrebbe farsi carico di questo peso da solo. MSF presente a Dadaab dal 1992 è attualmente l'unica organizzazione a fornire cure mediche nel campo di Dagahaley, dove gestisce un ospedale da 100 posti letto e due centri sanitari, che forniscono servizi ospedalieri e ambulatoriali, tra cui consultazioni di salute mentale, chirurgia, maternità, trattamenti per l'HIV e la tubercolosi. Complessivamente nel 2015, l’equipe di MSF ha effettuato 182.351 visite ambulatoriali e ricoverato 11.560 pazienti. Tra luglio e agosto 2016 MSF ha condotto una serie di discussioni e interviste, e un’indagine a livello familiare, con i rifugiati del campo di Dagahaley circa la loro attuale situazione e le prospettive di un ritorno in Somalia per comprendere le loro preoccupazioni e i loro bisogni. L’indagine ha anche raccolto le testimonianze di 838 capi famiglia (53% uomini e 47% donne) nel campo di Dagahaley, per un totale di 5470 individui. Alcuni numeri dal rapporto: - l’86% delle persone intervistate non ha intenzione di tornare in Somalia - l’85% crede che non avrà accesso ai servizi sanitari in Somalia - l’83% pensa che la Somalia sia “molto pericolosa” - il 97% dichiara che il rischio di violenza sessuale in Somalia è alto - il 97% considera alto il rischio di essere reclutati da gruppi armati in Somalia Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 9