La venere di Urbino - Storia dell`Arte.eu

Transcript

La venere di Urbino - Storia dell`Arte.eu
La venere di Urbino - Storia dell'Arte.eu
Giovedì 18 Luglio 2013 14:26
Il dipinto più copiato
di MELANIA MAZZUCCO Il testo integrale sulla "Venere di Urbino" (1538 - Firenze,
Galleria degli Uffizi) pubblicato su "Repubblica" il 14 luglio
Questa donna nuda è felice, potente e irresistibile. Erotica, disponibile, audacissima e però di
una purezza perfino sublime. Il fatto che si possano - e si debbano - usare per lei questi
aggettivi contraddittori spiega le reazioni incontrollate che ha scatenato fin da quando, nel
1538, il ventiquattrenne Guidobaldo della Rovere signore di Camerino - che forse l’aveva
commissionata, o forse no - la vide ancora in lavorazione nello studio del pittore e voleva
farsela consegnare, anche se non aveva i soldi per pagarla (dovette chiederli alla madre, fatto
che, visto il soggetto del quadro, spiega la sua paura che costei glieli negasse e un altro
acquirente più danaroso potesse soffiargliela). Negli spettatori suscitava desiderio, imbarazzo o
scandalo. Negli artisti una cupidigia altrettanto violenta: possederla replicandola.
E’ forse il quadro più copiato della storia dell’arte. Fino a oggi i pittori si sono confrontati con
lei, offrendone una versione più casta, più astratta, oppure più pornografica. Ma, nonostante i
rifacimenti, la nuda di Tiziano è rimasta senza sorelle. La cosiddetta Venere di Urbino ha però
una ‘madre’. Nel 1510 Giorgione aveva dipinto per un aristocratico veneziano una Venere
nuda, dormiente in un paesaggio (la Venere di Dresda). Quel quadro, incompiuto, lo aveva
finito Tiziano stesso. 28 anni sono un tempo lunghissimo nella vita di un uomo: da sodale di
Giorgione era diventato uno dei pittori più celebri d’Europa. Nel 1538 aveva una cinquantina
d’anni. Eppure, tornò al modello dell’amico scomparso: riprese la posizione della figura
femminile ma - apportando delle varianti - mutò completamente il senso del quadro.
La Venere di Dresda dorme. Si titilla il pube, ma in sogno forse - o in un gesto di pudore, per
coprirsi. Non sa che la stiamo guardando. La nuda di Tiziano è sveglia. Di più, è consapevole
della nostra presenza: ci guarda. Le labbra accennano un sorriso. Questo quadro ha generato
infinite repliche, ma anche fiumi di parole e polemiche secolari. Riassumendo brutalmente, le
interpretazioni si dividono in due scuole. Alcuni studiosi - forti della definizione del quadro data
dal suo primo acquirente: “la donna nuda” appunto - negano ogni implicazione mitologica, e
leggono l’immagine per ciò che essa è: un magnifico nudo contemporaneo. Senza messaggi e
implicazioni allegoriche. La modella sarebbe una cortigiana - amica di Tiziano o del giovane
della Rovere o di entrambi: la sua identità non conta. La donna reale diventa l’incarnazione
della bellezza effimera e però trionfante della carne.
1/3
La venere di Urbino - Storia dell'Arte.eu
Giovedì 18 Luglio 2013 14:26
Altri, forti della testimonianza di Vasari (che definì il soggetto come una “Venere giovanetta”),
vi decifrano implicazioni filosofiche, neoplatoniche, oppure epitalamiche: leggono gli oggetti del
quadro come simboli, propedeutici alla sessualità riproduttiva del matrimonio e alla fecondità
della sposa. Questo sarebbe un quadro nuziale. Ma la ragione del suo fascino risiede proprio
nel fatto che l’immagine non si lascia spogliare della sua ambiguità.
La nuda è distesa su un letto. La pelle lattea è il suo vestito. Unici ornamenti, un braccialetto
d’oro tempestato di pietre preziose, un orecchino di perla a forma di pera e un anellino al
mignolo. E i capelli biondi: sistemati in una complicata acconciatura che però s’è sciolta, le
ricadono sulla spalla. Le lenzuola spiegazzate lasciano affiorare il rivestimento del materasso,
un prezioso tessuto rosso a motivi floreali. Poggiata sul braccio destro, la nuda giocherella con
un mazzo di rose. Un fiore caduto spicca tra i fiori finti del tessuto, come sollecitasse il
paragone tra realtà e finzione artistica. Un paragone evocato in primo luogo da lei. E’ a
grandezza naturale (il quadro è lungo un metro e sessantacinque).
Stoffe e carnagione sono dipinti con tale maestria da sembrare vera epidermide e vero
broccato. Lei è qui, davanti a te.
La mano sinistra si carezza il pube, con lo scopo apparente di nascondere il pelo, ma in realtà
attirando il nostro sguardo proprio su quel triangolo, scurito dall’ombra. Ai piedi di lei è
acciambellato un cagnetto da compagnia - l’occhio vispo, come promessa di fedeltà e di
vigilanza. Una linea verticale (il bordo di un rettangolo scuro) divide in due lo spazio,
separando la nuda in primo piano dalla stanza sullo sfondo. Il letto però non poggia sul
pavimento, non si trova davvero in quella stanza. La prospettiva non è rispettata, e la
diminuzione in scala delle figure non è scientifica.
La nuda e le donne non esistono nello stesso spazio, non appartengono alla stessa realtà. E’
stato ipotizzato perfino che lei sia dipinta - sul coperchio interno del cassone in cui rimesta la
serva. Una specie di quadro nel quadro. Comunque nella parte destra si svolge una scena di
vita quotidiana: le serve trafficano coi suoi vestiti - che nel 1538 le veneziane conservavano in
cassoni dipinti o intagliati (solo in seguito si diffuse l’abitudine di lasciarli in forma sui manichini
di legno). Una serva, china sul cassone, vi fruga dentro. L’altra, in piedi davanti alle
tappezzerie, le tiene sollevato il coperchio col braccio nudo, mentre con noncuranza ospita
sulla spalla un elegante abito blu. Sul davanzale di una finestra a bifora campeggia un
cespuglio di mirto tosato da un giardiniere, mentre un alberello stormisce alla brezza del
tramonto. In questo interno cittadino la natura è tenuta sotto controllo, a distanza.
La natura che trionfa qui è un’altra: il corpo della donna - la bellezza della carne nuda che
sigilla ogni mistero. Se gli occhi di lei ti invitano, il centro del quadro è la sua mano sul sesso.
Le dita piegate suggeriscono il movimento - e muovono lo sguardo dello spettatore, che viene
risucchiato là dove ha inizio ogni cosa. La combinazione degli occhi teneri e maliziosi della
nuda col gesto della sua mano raggiunge una perfezione - concettuale, pittorica, emozionale irripetibile. Tiziano ne fu consapevole. In seguito si specializzò nella raffigurazione di Venere a
letto con musicista o di eroine mitologiche nude (come Danae). Ma non ripeté mai questa. Lo
2/3
La venere di Urbino - Storia dell'Arte.eu
Giovedì 18 Luglio 2013 14:26
sguardo e il gesto sono rimasti unici. Come fosse consapevole di aver colto l’essenza della
vita: nessuno può spingersi oltre..
Melania Mazzucco
http://temi.repubblica.it/repubblicaspeciale-mazzucco/2013/07/12/il-dipinto-piu-copiato/?h=1
Joomla SEO powered by JoomSEF
3/3