pdf - Fondazione Internazionale Menarini
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n° 359 - marzo 2013 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via W. Tobagi, 8 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) - www.fondazione-menarini.it Tiziano e Manet un confronto al femminile Dopo 325 anni il padre dell’Impressionismo ripropone in chiave contemporanea la Venere d’Urbino e stavolta le toglie la maschera, il risultato è uno scandalo L’esposizione di Olympia, nel 1865 al Salon, scatena un putiferio e consacra Manet come antiaccademico provocatore dei circoli ufficiali e della morale borghese. Già due anni prima, infatti, Dejeuner sur l’erbe aveva creato scandalo sollevando l’indignazione generale. Gli illustri precedenti dichiarati come fonti d’ispirazione, il Concerto campestre e la Venere d’Urbino di Tiziano non lo salvano dalle accuse. Non è il nudo a scandalizzare, piuttosto lo sguardo sfrontato della donna e l’essere chiaramente una prostituta. Lo raccontano i gioielli, il nastrino di velluto al collo, l’orchidea nei capelli, la pantofola che ciondola dal piede, il nome stesso. Tutto nel quadro parla di voluttà, di erotismo. Un’ipocrisia diffusa e persistente permette e apprezza il nudo, sempre, però, che sia mascherato dietro a un racconto storico o mitologico o magari faccia riferimento a un esotico oriente. Il richiamo alla Venere di Urbino di Tiziano, oltre che dichiarato, è evidente; Manet, tra l’altro, ne aveva fatto una copia nel 1856. La dea di Tiziano è anch’essa nuda, guarda anche lei in modo impudente l’osservatore, ma il travestimento mitologico sposta la rappresentazione su un piano accettabile. Sicuramente già si allontana dalla Venere dormiente di Giorgione dalla quale deriva: non è più addormentata nella natura, ma giace distesa su un letto disfatto con i capelli sciolti sulle spalle, con lo sguardo, carico di seduzione, fisso sull’osservatore. A guardare il quadro senza conoscerne il titolo, potrebbe sembrare una nobildonna in attesa che le serve le portino gli abiti da indossare; solo la bellezza, le rose nella mano e il mirto sul davanzale, attributi di Venere, ci fanno pensare alla grazia mitologica, per il resto possiede una tensione erotica decisamente poco divina che, invece, quella di Giorgione certamente non esibisce. Parte dell’erotismo è poi moderato dalla presenza del cagnolino acciambellato ai suoi piedi. Il cane simboleggia la fedeltà, in questo caso la fedeltà coniugale. Il quadro infatti, era stato commissionato da Guidobaldo della Rovere con uno scopo ben preciso: fornire, in modo culturalmente prestigioso, un’istruzione erotica-figurata alla moglie-bambina Giulia Verano da Camerino. All’Olympia di Manet però, manca il travestimento, si mostra esattamente per quella che è. La struttura del quadro è la medesima, uguale l’organizzazione dello spazio, i colori e la posa, solo che lei è dichiaratamente una donna di piacere, mentre la “donna ignuda” di Tiziano è paludata da Ve- Tiziano: La Venede d’Urbino - Firenze, Galleria degli Uffizi pag. 2 nere; sì, perché anche la dama cinquecentesca è sicuramente una prostituta, ma abilmente mascherata. Olympia è ancor più sfacciatamente realistica: fissa lo spettatore senza un sorriso per togliere ogni possibile accenno poetico, pur non incarnando la bellezza esibisce il suo corpo con le sue imperfezioni, senza alcun imbarazzo, piuttosto con un tono di sfida. Anche la pittura, impostata sul contrasto brutale e su contorni esasperatamente nitidi che appiattiscono le forme a ricordare le stampe giapponesi, è di uno spietato e crudo realismo. Invece di un cane placido e dormiente, stavolta c’è un gatto nero, da sempre animale negativo, adirato e pronto ad aggredire, che, al contrario della fedeltà, potrebbe piuttosto evocare la libertà; invece delle serve indaffarate intorno ai bauli del corredo, c’è una donna di colore che porta in scena un mazzo di fiori che Olympia non degna di uno sguardo; al posto di una nobile dimora c’è lo scorcio di una casa di tolleranza. Sicuramente non c’è più spazio all’ipocrisia. La comparazione fra le due opere è stata a lungo, e a distanza, disquisita, Édouard Manet: Olympia - Parigi, Musée d’Orsay ma, a partire da aprile e fino ad agosto, eccezionalmente, Olympia incontrerà davvero la Venere-cortigiana di Tiziano che l’ispirò. Accadrà a Venezia nel Palazzo Ducale nell’ambito della mostra Manet. Ritorno a Venezia e sarà, finalmente, il confronto diretto fra due sublimi prostitute. francesca bardi pag. 3