Relazione Introduttiva Prima Settimana Teologica 2010
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Relazione Introduttiva Prima Settimana Teologica 2010
Settimane Teologiche di Camaldoli 2010 “La liturgia: tempo dell’ascolto, spazio del gratuito” 25 – 31 Luglio Relazione introduttiva a cura della Presidenza nazionale della F.U.C.I. Liturgia come “culmine e fonte” “La sacra liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa”, si legge nella Sacrosanctum Concilium, ma “nondimeno è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia”1. È, questo, uno dei passi più celebri della Costituzione conciliare del 1963 che ha per oggetto la liturgia e il suo rinnovamento. Ce ne serviamo per introdurre questa settimana tenendolo come riferimento prezioso per il percorso di incontri che ci apprestiamo a compiere, con tutti i nostri interrogativi e il nostro desiderio di approfondimento. Che cos’è la liturgia? Come definirla? Si tratta di una verità da sapere? Oppure di una serie di norme da seguire? È forse un dono da accogliere? Chi è o chi sono i soggetti della liturgia? Che significato ha affermare che la liturgia è “fonte e culmine” e cioè inizio e fine di ogni azione della Chiesa? Parlare di liturgia significa per noi anche cercare in questi giorni di far luce sull’evoluzione che nella Chiesa ha avuto questo tema e la sua proposizione fino ai giorni nostri. Sappiamo che la comprensione della Riforma Liturgica del Vaticano II non può prescindere dalla conoscenza del clima e delle attese che hanno preceduto il Concilio così come pure da quanto ne è seguito. Si tratta di un cammino articolato che costituisce un segno tangibile della vitalità della Chiesa e che continua ancora oggi ad interpellare la comunità cristiana. Quando e perché nasce la “questione liturgica”? Che cos’è? Cosa ha caratterizzato ed animato il Movimento Liturgico? Quali sono stati i suoi frutti? E i suoi limiti? Quali tensioni hanno animato la Riforma? Quali sono state le intuizioni accolte e proposte dal Concilio? Come leggere ed attuare quanto racchiuso nella Costituzione Sacrosanctum Concilium? Ci sono altri testi che possono costituire riferimento prezioso per la nostra riflessione? Liturgia come “fedeltà nel tempo” Tempi, forme, suoni, colori. Sì, la liturgia è anche questo. In particolare la liturgia vive di un ritmo, di una scansione sensata del tempo. Questa scansione non è arbitraria, non è manipolabile: è ricevuta dalla Chiesa come un dono, come un’oggettività da accogliere e da custodire. Essa infatti è segno di una “fedeltà nel tempo”, la fedeltà dell’amore di Dio rivelato in pienezza nel mistero pasquale di Gesù Cristo2. Il tempo liturgico poi ha una triplice articolazione, che si esprime nel ritmo giornaliero, accompagnato dalla liturgia delle ore; nel ritmo settimanale, che ha il suo culmine nell’Eucaristia domenicale; nel ritmo annuale, che intreccia il tempo della natura con i contenuti annunciati dalla Parola di Dio. Una molteplicità di ritmi che educa: “infatti noi non ci possiamo occupare di tutto il mistero di Cristo in una volta sola e ci vuole del tempo per esaminarlo in tutti i suoi aspetti: è appunto questo l’intento pedagogico del ciclo liturgico che dispiega in successione davanti a noi le diverse tappe dell’economia della salvezza”3. In un tempo in cui prevalgono le logiche della velocità e che corre a suon di ritmi concitati, come è possibile farsi docili e partecipare a quella sorta di «scuola di “formazione” alla lettura delle sacre Scritture»4 che, di domenica in domenica, la Chiesa si e ci propone scoprendosi in cammino alla sequela del Signore? In un’epoca in cui va di moda la “religiosità fai-date”, come seguire con fedeltà e pazienza quanto ci viene proposto dai modi e dai tempi della liturgia? Possiamo forse anche noi, ispirati dal canovaccio insostituibile che è la Scrittura per il ciclo liturgico, riscoprire il primato della Parola di Dio nella nostra vita di fede? 1 CONCILIO VATICANO II, Costituzione Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, n° 9-10 Sul tema si consiglia la lettura di M. FERRARI, Fedeltà nel tempo, EDB, Bologna, 2010 3 F. CASSINGENA-TREVEDY, La bellezza della liturgia, Qiqaion, Magnano (BI), 2003, pag.78 4 M. FERRARI, Fedeltà nel tempo, EDB, Bologna, 2010, pag.79 2 1 Inoltre “la liturgia è un tempo festivo” e cioè un tempo che non è né del lavoro né del tempo libero ma è un “tempo donato” dall’Altro e dall’altro5. Che cosa significa la festa in senso cristiano? Come viviamo la dimensione della festa? Ci sentiamo fruitori e dispensatori di un dono? La domenica è un precetto o un atto di amore? E, non da ultimo, la liturgia “travalica anche i limiti del tempo, in quanto la comunità che prega sulla terra si sente una sola cosa anche con i beati, che vivono nell’eternità”6. Abbiamo mai fatto esperienza di questa specialissima comunione? Liturgia come “santo spazio” “La liturgia ha bisogno di spazio e se lo prende, si prende lo spazio di cui ha bisogno; nella sua funzione di architetto prepara i progetti”7. Sono stati scritti volumi sul rapporto tra la liturgia e lo spazio fisico entro cui si celebra8. Ma si tratta solo dello spazio inteso in senso architettonico? Come mette ordine nel tempo, la liturgia mette ordine nello spazio, “mette ordine al mondo sensibile e materiale con una generosità ed un entusiasmo impareggiabili”9. Come non riconoscere l’uso che si fa in ogni sacramento e in ogni atto liturgico, dell’acqua, del vino, del pane, del sale, della cenere, della cera, del fuoco, ..? E c’è forse qualche senso umano di cui la liturgia possa fare a meno? Quanto ci sentiamo coinvolti in questo spazio? Come consideriamo gli elementi di cui questo si compone? Non dimentichiamo infatti la musica, il canto, i profumi, le luci, l’arte floreale… Il rito cristiano è lo spazio in cui si realizza l’incontro tra il dono di Dio agli uomini e la lode degli uomini a Dio. Due movimenti sincronici, un salire e uno scendere, che rendono unico lo spazio liturgico. Quali sono i caratteri peculiari di questa mirabile sinergia? Come porsi in questa realtà di scambio? Come fuggire dalla tentazione di ridurre il rito a magia? Come valorizzare e curare la liturgia che “è tutto lo spazio di cui Dio ha bisogno per esprimersi, tutto il tempo che gli serve per raccontare se stesso”10? La sua bellezza sta forse negli elementi decorativi o nei gesti che si compiono? Uno dei motivi per cui dire grazie alla Riforma Liturgica, scrive Grillo, è che abbiamo compreso che “il rito non è uno spettacolo. Il rito non ammette nessuno come spettatore: se c’è anche un solo spettatore quel rito risulta fallito e intrinsecamente falso. Il rito non sopporta che neppure uno di coloro che vi partecipano sia spettatore: lo celebrano tutti”11. Sono parole che ci provocano e provocano le nostre assemblee e comunità. Né privata né pubblica, così è stata definita l’esperienza liturgica. Come è possibile formulare una simile considerazione? Quali elementi rendono la liturgia un’esperienza comunitaria, che si dilata oltre i limiti di uno spazio determinato abbracciando sia l’intera vita di un credente sia tutti i credenti della terra intera? Liturgia come “sublime mancanza di scopo” “L’atto liturgico”, ha scritto Guardini, “manca di ciò cui solitamente si tende: lo scopo. […] In ogni ambito lo scopo da raggiungere sollecita l’attenzione. La celebrazione liturgica non ha finalità, l’uomo si accosta a Dio ed è presente per lui”12. Quali sono le disposizioni dello spirito necessarie per accogliere e fare del dono della liturgia un’esperienza di nutrimento per la nostra vita? Come evitare il rischio di assistere da spettatori ai riti delle nostre comunità, all’Eucarestia? Come si caratterizza la nostra partecipazione? Quali sono gli ostacoli che incontriamo? Parlando di liturgia “prima di tutto si tratta di formazione”13, ha affermato sempre Guardini: come deve essere l’uomo, come la comunità, se vogliamo avere un giusto comportamento liturgico? In un’epoca di pluralismo a livello di prassi, “come orientarsi in un universo dove coesistono l’uno accanto all’altro il genere parrocchiale, quello carismatico, il genere “giovanile”, tridentino, orientalizzante, il 5 A. GRILLO e C. VALENZIANO, L’uomo della liturgia, Cittadella, Assisi, 2007, pag. 72; A. GRILLO e M. FERRARI, La riforma liturgica e il Vaticano II. Quale futuro?, ed.Pazzini, 2009, pag. 15 6 R. GUARDINI, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, Brescia, 1996, pag.37 7 F. CASSINGENA-TREVEDY, La bellezza della liturgia, Qiqaion, Magnano (BI), 2003, pag.85 8 Si veda ad esempio L. BOUYER, Architettura e liturgia, Qiqaion, 1965 9 F. CASSINGENA-TREVEDY, La bellezza della liturgia, Qiqaion, Magnano (BI), 2003, pag.87 10 Ibidem, pag.53 11 A. GRILLO e M. FERRARI, La riforma liturgica e il Vaticano II. Quale futuro?, ed.Pazzini, 2009, pag.5 12 R. GUARDINI, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, 2005 13 R.GUARDINI, La formazione liturgica, Morcelliana, Brescia 2 genere post-conciliare avanzato e chissà quanti altri… o anche l’assenza di generi?”14. Come valorizzare nella comunità ecclesiale l’insegnamento della liturgia sia sotto l'aspetto teologico che sotto l'aspetto storico, spirituale, pastorale e giuridico? Quale impegno possiamo mettere in atto, come giovani studenti universitari, a livello personale e comunitario nel compito all’“educazione liturgica” da realizzare con la massima cura ed urgenza? Come servire la Chiesa facendo sì la riforma avviata dal Concilio diventi autenticamente esperienza del popolo cristiano? Con queste domande nel cuore e nella mente ci poniamo in ascolto dei nostri Relatori, che ringraziamo per la loro presenza e disponibilità e ci rendiamo disponibili a cogliere questo tempo e questo spazio – la Settimana Teologica della Fuci al ritmo della Comunità Monastica di Camaldoli – come “tempo e spazio favorevole” per approfondire il tema di studio scelto e quindi la nostra partecipazione al Mistero di Cristo e della Chiesa. 14 F. CASSINGENA-TREVEDY, La bellezza della liturgia, Qiqaion, Magnano (BI), 2003, pag. 7-8 3