Antonio De Curtis - loggia massonica trionfo ligure

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Antonio De Curtis - loggia massonica trionfo ligure
Antonio De Curtis
Il Fratello
Il Poeta
'A Livella
'O Schiattamuorto
'A Vita
Il documento sulla appartenenza alla Massoneria di Totò, che viene presentato ai nostri
visitatori esoterici, è uno stralcio di un lavoro di Rita Polverini datato 1998 e pubblicato
su il "Laboratorio" n. 36 maggio-giugno 1998- Turri Copisteria, Scandicci-FI.
L'autrice indaga un aspetto del grande comico sconosciuto ai più.
Le informazioni documentate relative all’appartenenza di Antonio de Curtis alla
Massoneria sono state fornite dal Direttore dell’Archivio Storico del Grande Oriente
d’Italia Palazzo Giustiniani, Vittorio Gnocchini, che, l'autrice, nell'articolo, ringrazia
per: "La squisita disponibilità e, l’entusiasmo e la serietà con cui sempre si mette a
disposizione per il reperimento dei documenti".
Antonio De Curtis
"Il Fratello"
[…] Il 21 aprile 1967 la Loggia Fulgor Artis annunciava dalle pagine del "Tempo" di
Roma la scomparsa di Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe dei
Focas Angelo Flavio Ducas Comneno Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di
Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro
e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo, in arte Totò.
Difficile riuscire a ripercorrere le tappe dell’iniziazione di Totò alla Massoneria, certo è
che i documenti attestano la presenza di Antonio de Curtis a metà del 1945 come
Fratello di 18° in una Loggia napoletana detta Fulgor e, qualche mese dopo, in ottobre,
compare come Maestro Venerabile 30° nella Fulgor Artis di Roma, all’Obbedienza
della Federazione Massonica Universale del Rito Scozzese Antico ed Accettato…
In taluni casi (come per esempio ricorda Giordano Gamberini) si parla di un’Officina
promossa e fondata dal principe come Ars et Labor, ma non è possibile stabilire se essa
fosse altra Loggia o se si fuse o confuse con la Fulgor Artis.
La sua affiliazione viene fatta risalire al 1944, nella Loggia Palingenesi.
Ma quelli, dopo le furie fasciste e la clandestinità, erano anni di grande confusione, e le
Officine avevano ripreso i lavori in modo libero e spontaneo, prima dei riconoscimenti
formali.
Comunque, in breve tempo egli fondò a Roma una Loggia dal significativo nome
Fulgor Artis, di cui probabilmente ricoprì sempre la carica di Maestro Venerabile e che
riuniva vari attori di cinema e teatro…
Il principe Antonio de Curtis, un Fratello che avrebbe potuto senza difficoltà acquisire il
33° del Rito Scozzese, che avrebbe potuto arrivare cioè a far parte delle alte sfere della
gerarchia massonica, nel Supremo Consiglio per la gestione del Rito, si fermò al 30°
grado…
Nel 1998, anniversario dei cento anni della nascita di Totò (15 Febbraio 1898) l’invito
dell’allora Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Virgilio Gaito al Sindaco di
Napoli, Antonio Bassolino, perché nell’occasione si ricordasse non solo l’attore ma
anche il Fratello, suscitò sconcerto e scatenato repliche indignate: come immaginarsi
Totò con indosso il grembiulino, a compiere rituali sotto l’egida di squadra e compasso!
(cfr. "La Repubblica", 15 febbraio 1998).
Luciano De Crescenzo gridò allo scandalo.
Renzo Arbore, invece, giustamente replicò: "Credo che Totò avesse molto forte il
sentimento della solidarietà ed era in questo senso massone.
[ ... ] Totò aveva queste due anime.
Una voleva elevarsi, affrancarsi dal personaggio.
Potrebbe aver visto questa strada, entrare a far parte di un club di persone rette e giuste,
un modo, appunto, di esprimere la sua voglia di andare incontro al prossimo"
[…] Sulla carriera di Totò, sappiamo tutto, tutte le curiosità e tutti gli aneddoti, ma la
presenza di Totò in Massoneria è stato un "segreto", nessuno fino ad ora ne aveva mai
parlato pubblicamente [...]
Evidentemente il principe de Curtis aveva pienamente aderito ai giuramenti degli
antichi rituali, per i quali la Massoneria è essa stessa il "segreto":
"V’è qualche cosa di comune fra voi e me?" — recitano —
"Sì, Venerabile Maestro",
"E che cosa è, fratello mio?",
"Un segreto",
"E quale è?",
"La Massoneria".
E l’ingresso ai segreti dei massoni è nascosto, come si apprende da altro rituale, "nel
cuore, in cui sono racchiusi tutti i segreti dell’Ordine"[…]
Il secondo dopoguerra segna, con l’adesione alla Massoneria, una svolta nella vita di
Antonio.
Il giornalista Alessandro Ferraù, che scrisse una biografia di Totò già nel 1941, ha
voluto sottilmente o ingenuamente segnare questo passaggio attraverso una piccola ma
significativa dedica.
Nel 1941 Totò gli regalò una foto e nel 1967 un volume di ‘A livella entrambe con la
stessa dedica ma nella seconda «aveva inserito al posto di ‘carissimo Direttore’, la frase
‘al mio carissimo e fraterno amico’».
Tutto gira, dunque, attorno a quella poesia, origine e fulcro della sua iniziazione, i cui
primi versi sono apparsi nel 1953, in appendice al libro Siamo uomini o caporali?
Un inno alla livella (dal lat. libella, bilancia), all’orizzontalità perfetta, alla Grande
Eguagliatrice.
Il poeta ci racconta in versi di essere stato testimone, il giorno dei morti, al cimitero, di
un fatto curioso; il fantasma di un marchese e quello di un netturbino si incontrano dove
sono sepolte le loro salme, l’una accanto all’altra.
Il marchese, irritato dalla vicinanza della spoglia e sporca tomba dell’altro, lo
aggredisce: "come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che
sono blasonato?! [ ... ]
Ancor oltre sopportar non posso la vostra vicinanza puzzolente".
Il netturbino, dopo averlo ascoltato, si spazientisce: "Ma chi te cride d’essere... nu ddio?
Ccà dinto, ‘o vvuò capì, ca simmo eguale?
Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io; ognuno comme a ‘n’ato è tale e qquale".
I due protagonisti si presentano con caratteristiche umane e terrene: il nobile è vestito
col cilindro e un gran pastrano, è marchese, signore di Rovigo e di Belluno, porta solo
appellativi ma non possiede un nome e parla correttamente; lo "scupatore" è tutto
sporco e misero, si chiama Gennaro Esposito e parla in dialetto napoletano.
Immancabilmente presenti le due anime di Antonio de Curtis, il principe e il povero, il
blasonato e il figlio di N.N.
La morte che qui viene celebrata, non è la nemica, non rappresenta la fine, non è
drammatica.
Per i Fratelli la morte si lega alla simbologia della terra.
È un rito di passaggio: rivelazione e introduzione.
Putrescat ut resurgat: tutte le iniziazioni attraversano una fase di morte prima di
spalancare le porte ad una vita nuova.
La morte libera le forze ascensionali dello spirito, è la condizione per accedere ad una
vita superiore. Il messaggio è affidato a Gennaro, lo scopatore: "nuje simmo serie...
appartenimmo â morte!".
La Morte è, del resto, il campo neutro, dove non esistono distinzioni né per bontà o
cattiveria, né per nobiltà o povertà, né di gerarchia e potere: «’A morte ‘o ssaje ched’è?
... è una livella»[…]
La livella e il filo a piombo sono gli attributi dei due Sorveglianti e la loro dualità
corrisponde a quella delle due colonne del Tempio.
La livella è costituita da una squadra al vertice della quale è sospeso un filo a piombo:
quindi non solo determina l’orizzontale, ma anche la verticale, l’espansione cosmica.
Il passaggio dalla perpendicolare alla livella esprime una crescita, quella dal grado di
Apprendista a quello di Compagno.
La sintesi della perpendicolare con la livella non è realizzata se non per mezzo della
squadra, attributo del Venerabile.
La livella si lega all’iniziazione, all’inizio del percorso muratorio, esprime la crescita
del massone, e come tale possiamo pensare che fu scritta da Totò [...]
"Il Poeta"
'A Livella
Ogn'anno, il due novembre, c'é l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.
Ogn'anno, puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado, e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza.
St'anno m'é capitato 'navventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! si ce penzo, e che paura!
ma po' facette un'anema e curaggio.
'O fatto è chisto, statemi a sentire:
s'avvicinava ll'ora d'à chiusura:
io, tomo tomo, stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.
"Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l'11 maggio del'31".
'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto
...
...sotto 'na croce fatta 'e lampadine;
tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:
cannele, cannelotte e sei lumine.
Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore
nce stava 'n 'ata tomba piccerella,
abbandunata, senza manco un fiore;
pe' segno, sulamente 'na crucella.
E ncoppa 'a croce appena se liggeva:
"Esposito Gennaro - netturbino"
:
guardannola, che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!
Questa è la vita! 'ncapo a me penzavo...
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s'aspettava
ca pur all'atu munno era pezzente?
Mentre fantasticavo stu penziero,
s'era ggià fatta quase mezanotte,
e i'rimanette 'nchiuso priggiuniero,
muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte.
Tutto a 'nu tratto, che veco 'a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...
Penzaje:stu fatto a me mme pare strano...
Stongo scetato...dormo, o è fantasia?
Ate che fantasia;era 'o Marchese:
c'o' tubbo, 'a caramella e c'o' pastrano;
chill'ato apriesso a isso un brutto arnese;
tutto fetente e cu 'nascopa mmano.
E chillo certamente è don Gennaro...
'omuorto puveriello...'o scupatore.
'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro:
so' muorte e se ritirano a chest'ora?
Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo,
quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto,
s'avota e tomo tomo..calmo calmo,
dicette a don Gennaro:"Giovanotto!
Da Voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!
La casta è casta e va, si, rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava, si, inumata;
ma seppellita nella spazzatura!
Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente".
"Signor Marchese, nun è colpa mia,
i'nun v'avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie è stata a ffa' sta fesseria,
i' che putevo fa' si ero muorto?
Si fosse vivo ve farrei cuntento,
pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse
e proprio mo, obbj'...'nd'a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n'ata fossa".
"E cosa aspetti, oh turpe malcreato,
che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!"
"Famme vedé..-piglia sta violenza...
'A verità, Marché, mme so' scucciato
'e te senti;e si perdo 'a pacienza,
mme scordo ca so' muorto e so mazzate!...
Ma chi te cride d'essere...nu ddio?
Ccà dinto, 'o vvuo capi, ca simmo eguale?
...
...Muorto si'tu e muorto so' pur'io;
ognuno comme a 'na'ato é tale e quale".
"Lurido porco!...Come ti permetti
paragonarti a me ch'ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?".
"Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!
T''o vvuo' mettere 'ncapo... 'int'a cervella
che staje malato ancora e' fantasia?...
'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.
'Nu rre, 'nu maggistrato, 'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme:
tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?
Perciò, stamme a ssenti...nun fa''o restivo, suppuorteme vicino-che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"
'O Schiattamuorto
I' faccio 'o schiattamuorto 'e prufessione,
modestamente songo conosciuto
pe' tutt' 'e ccase 'e dinto a stu rione,
peccheè quann'io manèo 'nu tavuto,
songo 'nu specialista 'e qualità.
I' tengo mode, garbo e gentilezza.
'O muorto nmano a me po' sta' sicuro,
ca nun ave 'nu sgarbo, 'na schifezza.
Io 'o tratto comme fosse 'nu criaturo
che dice 'o pate, mme voglio jì a cuccà.
E 'o còcco luongo, stiso 'int' 'o spurtone,
oure si è viecchio pare n'angiulillo.
'O muorto nun ha età, è 'nu guaglione
ca s'è addurmuto placido e tranquillo
'nu suonno doce pe' ll'eternità.
E 'o suonno eterno tene stu vantaggio,
ca si t'adduorme nun te scite maie.
Capisco, pe' murì 'nce vo' 'o curaggio;
ma quanno chella vene tu che ffaie?
Nn' 'a manne n'ata vota all'al di là?
Chella nun fa 'o viaggio inutilmente.
Chella nun se ne va maie avvacante.
Si' povero, si' ricco, si' putente,
'nfaccia a sti ccose chella fa a gnurante,
comme a 'nu sbirro che t'adda arrestà.
E si t'arresta nun ce stanno sante,
nun ce stanno raggione 'a fa' presente;
te ll'aggio ditto, chella fa 'a gnurante...
'A chesta recchia, dice, io nun ce sento;
e si nun sente, tu ch'allucche a ffa'?
'A morta, 'e vvote, 'e comme ll'amnistia
che libbera pe' sempe 'a tutt' 'e guaie
a quaccheduno ca, parola mia,
'ncoppa a sta terra nun ha avuto maie
'nu poco 'e pace... 'na tranquillità.
E quante n'aggio visto 'e cose brutte:
'nu muorto ancora vivo dinto 'o lietto,
'na mugliera ca già teneva 'o llutto
appriparato dinto a nu' cassetto,
aspettanno 'o mumento 'e s' 'o 'ngignà.
C'è quacche ricco ca rimane scritto:
« Io voglio un funerale 'e primma classe! ».
E 'ncapo a isso penza 'e fa' 'o deritto:
« Così non mi confondo con la massa ».
Ma 'o ssape, o no, ca 'e llire 'lasse cca'?!
'A morta è una, 'e mezze songhe tante
ca tene sempe pronta sta signora.
Però, 'a cchiù trista è « la morte ambulante »
che può truvà p' 'a strada a qualunq'ora
(comme se dice?...) pe' fatalità.
Ormai per me il trapasso è 'na pazziella;
è 'nu passaggio dal sonoro al muto.
E quanno s'è stutata 'a lamella
significa ca ll'opera è fernuta
e 'o primm'attore s'è ghiuto a cuccà.
A VITA
'A vita e' bella, si' è stato un dono,
un dono che ti ha fatto la natura.
Ma quanno po' sta vita e' 'na sciagura,
vuie mm' 'o chiammate dono chisto cca' ?
E nun parlo pe' me ca, stuorto o muorto,
riesco a mm'abbusca' 'na mille lire.
Tengo 'a salute e, non faccio per dire,
songo uno 'e chille ca se fire 'e fa'.
Ma quante n' aggio visto 'e disgraziate :
cecate, ciunche,scieme, sordomute.
Gente ca nun ha visto e maie avuto
'nu poco 'e bbene 'a chesta umanita'.
Guerre, miseria, famma, malatie,
crestiane addeventate pelle e ossa,
e tanta gioventu' c' 'o culo 'a fossa.
Chisto nun e' 'nu dono, e' 'nfamita'