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Grazie
a lui i
prodotti
made
in
Calabria per tutta
la settimana hanno
impazzato
a
Casa
Sanremo all'interno di una
vetrina internazionale di
eccellenze enogastronomiche,
organizzata in quello che è il salotto
ufficiale del Festival della Canzone
Italiana.
Anche quest'anno Gigi Sarroino ha risposto
"presente" all'appello di Casa Sanremo, insieme alle associazioni "Il mondo di Ugo", la cui presidente è la figlia Marika, e "Gigi Management" da lui
capitanata. All'interno di Casa Sanremo, presso il
Palafiori di Corso Garibaldi, nel centro della cittadina, giornalisti, artisti, addetti ai lavori e migliaia di visitatori hanno potuto deliziare i loro palati lasciandosi travolgere dall'irresistibile
Bermè, il succo nato dall'incontro tra il bergamotto della costa ionica
di Reggio Calabria e le mele del Trentino; inoltre, grazie a Gigi Sarroino,
a far cantare di vero piacere le papille gustative, i Salumi Calabresi da
Collezione.
Casa Sanremo, durante la settimana del Festival, svolge un ruolo centrale e
strategico nell’offerta di intrattenimento di migliaia di visitatori che arrivano in città,
organizzando numerosi eventi collaterali alla kermesse canora che vantano la presenza di personaggi illustri e conosciuti nel mondo della musica, dello spettacolo e della cultura. Ognuno di loro si è lasciato conquistare da alcune delle eccellenze che contraddistinguono la punta del nostro stivale e che, grazie a Gigi Sarroino, sono approdati in un parterre
così vasto ed esigente che li ha promossi a pieni voti.
CONTROCOPERTINA
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DOMENICA 12 FEBBRAIO
3
Ridateci i Lupercalia,
vogliamo
spendere solo i
soldi dei profilattici!
San
Valentino
la festa più triste dell’anno
LIDIA ZITARA
San Valentino non ha appeal, si confonde con San
Martino e la storia del mantello, con frà Martino
campanaro, finisce in un tourbillon di santi e cioccolatini,
troppo a ridosso dei cenoni di Natale, con gli stessi colori
e gli stessi dolci, panettone a parte. Troppo sul collo a
Carnevale e Pasqua, alla fine le palle di Mozart ti
vanno di traverso assieme alle frappe, i coriandoli, le
nacatole e una fetta di colomba.
Per otto secoli giovani e giovanette avevano avuto licenza annuale di darsi carnalmente gli uni alle altre durante la
festa dei Lupercalia, per celebrare il rinnovarsi ciclico della vita stagionale,
quando a Papa Gelasio – ché già basta il
nome a farti venire freddo – gli si
schiodò il neurone e decise che stop, nix,
nada: niente sesso a ruota libera per
sospingere nella giusta direzione l’avanzamento della primavera. Tutta robaccia
pagana da far sparire in forza del nuovissimo brand concept cattolico. Ed è quindi dal 496 dopo Cristo! che i Lupercalia
sono stati abilmente sostituti da una
festa romantic-sentimentale sì, ma senza
scene di sesso. Praticamente un film con
Drew Barrymore.
Eh sì, san Valentino è una festa davvero
pallosa, e non per i motivi che sappiamo:
consumismo, ipocrisia, superficialità.
Ma per una ragione più profonda: perché è triste. Tutti sappiamo che è una
formalità, che è finta, e questo ci angoscia. Perché non c’è uomo o donna sulla
terra che non voglia credere all’amore.
Amore vero, come quello di Bottondoro
e Wesley, di Paolo e Francesca, di
Giulietta e Romeo, dei due amanti di
Hayez che stanno pure sulle carte del
Mercante in Fiera. O amore come sia,
fatto di bollette e conti da pagare, come
quello dato in sorte a tutti noi, se la sorte
è buona.
San Valentino non ha appeal, si confonde con San Martino e la storia del mantello, con frà Martino campanaro, finisce
in un tourbillon di santi e cioccolatini,
troppo a ridosso dei cenoni di Natale,
con gli stessi colori e gli stessi dolci,
panettone a parte. Troppo sul collo a
Carnevale e Pasqua, alla fine le palle di
Mozart ti vanno di traverso assieme alle
frappe, i coriandoli, le nacatole e una
fetta di colomba. Non sai se il vestito è
così bello per andare a sfilare coi carri
allegorici o per andare a cena, a mangiare rigorosamente la pizza, perché più
della pizza non si può. Già la crisi ha
messo a dura prova i portamonete dei
baldi giovani italiani ma tutte le donne
sanno che anche un baldo giovane italiano ricco non va oltre la pizza (per la cronaca: nessun essere umano con cromosoma sessuale xy va oltre la pizza).
La stanca prende già prima di uscire,
nell’ansia del regalo. Chi lo dona cerca
di fare bella figura risparmiando, ma chi
lo riceve ha in memoria i prezzi aggiornati meglio di Amazon, e se il regalo è
quello sbagliato, santa pace, la serata è
rovinata in partenza! Chi è troppo giovane deve farsi accompagnare dai genitori,
i quali imporranno severissime regole di
coprifuoco, e chi ha un bell’appartamento da condividere, non trova compagnia.
Che spreco! Se poi uno dei due non ha
l’auto sono guai, perché potrebbe piovere e di certo farà freddo, e senza auto,
senza appartamento, dove potrebbe
consumarsi un decente dopocena? Chi
può permettersi una camera d’albergo
oltre un ristorante e un regalo? C’è
anche chi “A San Valentino niente sesso
perché è la festa dell’amore”. Ah,
occhei, chiamate la neuro, non so se per
me o per loro.
Oh no no no! San Valentino va decisamente oltre le nostre possibilità, economiche e mentali! Per celebrarlo decentemente ci vogliono centinaia di euro,
altrimenti – mettevi l’anima in pace – il
regalo si compra al discount e la cena
sarà un toast e una birra.
Sorte peggiore agli “alternativi”, che
fanno regali fai da te che si scassano
dopo due minuti, con biglietti disegnati a
mano con decoro tipo “mio nipote dell’asilo lo faceva più bello”, bacini e selfie,
cenetta bruciata in casa, vinello da lattanti e filmetto sul divano, con il Riopan
da un lato e il telecomando dall’altro.
Mo’ dico, ma caro Papa Gelasio, non
potevi farti i cavolacci tuoi quando hai
tolto i Lupercalia, ché si stava tanto
bene? Oggi i giovani si potrebbero scambiare coccole sudate al modesto prezzo
di una confezione di anticoncezionali e
di profilattici, da consumare sperabilmente tutti in una sera. Pensa al risparmio e all’autentico divertimento per
intere generazioni di giovani che non
sanno più fare sesso se non glielo spiega
un tutorial di Facebook.
ATTUALITÀ
GIUDIZIARIA
La convergenza
del molteplice
La “convergenza del molteplice” consiste nella
confluenza di più dichiarazioni accusatorie,
generalmente riferito a collaboratori o testimoni
di giustizia, su uno stesso fatto o tema di prova,
ove non risulti provato l’intento “calunniatorio”,
è quindi in grado di attestare la “verità storica”
degli stessi, non potendosi considerare indici
rivelatori di inattendibilità le discordanze tra le
dichiarazioni, fisiologicamente assorbibili in quel
margine di autonomia normalmente presente
nel raccordo tra più elementi rappresentativi,
allorché e sempre che risulti dimostrata la sostanziale convergenza dei rispettivi nuclei fondamentali (cfr. Cass. pen., sez. I, 4 novembre 2004 n.
46954; sez. I, 20 ottobre 2006 n. 1263, Alabisio).
A quest’ultimo proposito, per come riportato in
recenti sviluppi investigativi, e con specifico riferimento alle dichiarazioni orali confermative di
chiamate in correità “giova rimarcare che tali
narrative avranno ovviamente maggiore pregnanza quanto più puntuale sia la descrizione dei
fatti e disinteressato l’atteggiamento del testimone verso la concreta vicenda processuale in corso
di svolgimento”.
Certo, non bisogna estremizzare tale requisito,
pretendendo l’estraneità del dichiarante rispetto
alle vicende narrate, presupposto questo imprescindibile per la testimonianza, ma non già per le
dichiarazioni dei soggetti indicati ex artt. 210 e
197 bis c.p.p., non dovendosi dimenticare che
costoro, a cagione della loro provenienza da
ambienti criminali, sono necessariamente coinvolti nei
fatti oggetto delle loro conoscenze; anzi, proprio
tale provenienza può attribuire maggiore credibilità al loro narrato. All’opposto, quando gli altri
elementi di prova siano costituiti da altra o altre
dichiarazioni di fonte analoga, occorre che il giudice proceda alla valutazione della loro credibilità intrinseca e controlli, eventualmente valorizzandola, la loro reciproca autonomia, sì da escludere il pericolo di una coincidenza soltanto fittizia, derivante da fattori accidentali, ovvero la possibilità di una concertazione tra i collaboranti sul
contenuto delle rispettive narrative. Il tipo di
prova in esame, come puntualmente rilevato in
giurisprudenza, non deve essere assistita in ogni
suo più minuto dettaglio da autonomi ed estrinseci riscontri, perché in tal caso ne verrebbe del
tutto obliterato il valore probatorio; le verifiche,
come si legge nella pronuncia della Corte
d’Assise di Palermo del 16 dicembre 1987,
Abbate ed altri, “devono piuttosto concernere
taluni aspetti o singoli punti della propalazione
che, per il loro numero, i particolari che riferiscono, l’estrema difficoltà di loro conoscenza da
parte di soggetti estranei ai fatti, conferiscono
seria ed oggettiva attendibilità alle dichiarazioni
che nel loro complesso riscontrano”.
Ha precisato il Supremo Collegio che l’esigenza
che le plurime dichiarazioni accusatorie, per
costituire riscontro l’una dell’altra, debbano essere convergenti, non può implicare la necessità di
una loro totale e perfetta sovrapponibilità (la
quale, anzi, a ben vedere, potrebbe essa stessa
costituire motivo di sospetto), dovendosi al contrario richiedere solo la concordanza sugli elementi essenziali del thema probandum, fermo
restando il potere-dovere del giudice di esaminare criticamente gli eventuali elementi di discrasia,
onde verificare se gli stessi siano o meno da considerare rivelatori di intese fraudolente o, quantomeno, di suggestioni o condizionamenti di
qualsivoglia natura, come tali suscettibili di inficiare il valore della suddetta concordanza. Non è
necessario neppure che l’ulteriore chiamata in
correità o dichiarazione accusatoria siano coeve,
ben potendo verificarsi che il successivo elemento insorga a distanza di tempo dal primo, esigendosi esclusivamente che la credibilità del dichiarante sia rigorosamente controllata. La possibilità di valida corroborazione reciproca fra più
chiamate in correità (c.d. mutual corroboration)
provenienti da diversi soggetti, inoltre, opera
anche nel caso in cui trattasi di chiamate fondate
su conoscenza indiretta della condotta attribuita
al chiamato, dandosi luogo, in tal caso, soltanto
all’obbligo da parte del giudice di una verifica
particolarmente accurata dell’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni accusatorie, alla stregua
del principio di ordine generale stabilito dal
comma primo del medesimo art. 192 c.p.p. e nell’osservanza del disposto di cui all’art. 195 c.p.p.,
richiamato dall’art. 210, comma quinto, c.p.p.,
dovendosi previamente procedere ad individuare la fonte di provenienza della notizia e, quindi,
a controllare ed apprezzare la sua affidabilità.
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DOMENICA 12 FEBBRAIO 4
e piogge che hanno flagellato la
nostra terra in questo umidissimo
inverno stanno portando con sé
strascichi che potrebbero segnare
in maniera irrimediabile il nostro
comprensorio. Nell’ultima settimana, infatti, crolli, interruzioni
di strade, smottamenti e danni di
vario genere a strutture e arterie
di comunicazione si sono susseguiti a un ritmo
allarmante, a imperituro monito del dissesto
idrogeologico dal quale è afflitta la nostra
Calabria. I casi più eclatanti, nella Locride, sono
certamente stati quelli che hanno colpito le
comunità di Caulonia e Portigliola dove, rispettivamente, è stato denunciato dalla
Federazione Architetti e Ingegneri lo sprofondamento dell’intero centro storico e si è verificato lo smottamento di una grossa sezione di
terreno che ha cancellato alcuni ordini di palchi
presso il teatro greco romano. Entrambi i siti, di
grande valore storico-culturale, mai adeguatamente tutelati da un programma puntuale da
L
Le piogge mettono in pericolo
Caulonia e Portigliola
“
parte del Ministero, rischiano ancora oggi di
venire cancellati dalla forza degli elementi esattamente come da anni accade agli scavi dell’antica Kaulon, e questo in barba agli sforzi delle
amministrazioni comunali e dei progetti di
riqualificazione come quelli messi in atto con
l’organizzazione delle stagioni teatrali estive dai
Rocco Luglio di turno. Se a Caulonia, comunque, il F.AR.I. si dice preoccupato che la situazione possa peggiorare ben prima che vengano
presi impegni concreti, con un comunicato
stampa il primo cittadino di Portigliola ha invece fatto sapere di aver coinvolto gli organi territoriali di tutela dei beni archeologici ottenendo
un ottimo riscontro in merito e che gli è stato
assicurato che, quanto prima, la zona del teatro
verrà messa in sicurezza con interventi utili a
salvaguardarne l’integrità strutturale. Non possiamo che riporre fiducia negli esperti e unirci
all’appello relativo alla salvaguardia dei nostri
siti storici. La riqualificazione del territorio, non
dimentichiamolo, passa innanzitutto dalla valorizzazione della sua storia.
Jacopo Giuca
Fabbriche nocive avvelenano Siderno
In questi giorni
ARPACAL si attiverà per analizzare i pozzi di
contrda
Pantanizzi e
valutare i rischi
per terreno e
popolazione.
Non vorremmo
scoprire che
sotto i nostri
piedi, distribuiti in
vari posti, si trovano sostanze
cancerogene!
Non passa giorno che non si scoprano
altri pericoli nel comune di Siderno,
ultima la scoperta di una sostanza
cancerogena nel piazzale di una fabbrica chimica nella zona di Pantanizzi.
La contrada ha avuto la sfortuna di
trovarsi nell’area destinata ad artigianato e piccole industrie secondo il
piano regolatore degli anni ’80.
All’epoca una fabbrica di intermedi
farmaceutici, BP, prima collocata a
Treviglio, in provincia di Bergamo,
viene spostata, per le continue proteste dei cittadini, in Calabria.
Un regalo imposto, malgrado le proteste, grazie alla connivenza di chi
controlla il territorio, intenzionato a
svenderlo alle industrie del Nord.
Non mi dilungo nella storia di questo
impianto e del Comitato Ecologico di
Pantanizzi, uno dei primi in Italia che
negli anni ’80 ha fatto fuoco e fiamme
per bloccare la cosiddetta "fabbrica
della puzza”. Alla fine una sentenza
dei giudici ha fatto riaprire il centro,
che nel tempo è stato autorizzato
dalla Giunta Regionale della
Calabria a smaltire anche materiali di
provenienza esterna.
Una fabbrica collocata in una zona
che, dall'inizio del 1900, aveva a pochi
metri insediamenti di case e persone.
Fortuna vuole che, dopo l'ultima
esplosione, la fabbrica sia finita sotto
sequestro, affidata un custode giudiziario e i cui titolari sono ancora oggi
sotto processo.
Nel 2003 una prima bonifica dell’area
ha portato allo smaltimento di circa
500 tonnellate di materiale tossico,
cancerogeno, teratogeno e nocivo per
l'ambiente e la vita. Si trattava solo di
una parte delle 1400 tonnellate trovate e abbandonate all'interno della fabbrica o nei terreni circostanti e ben
superiori alle 330 tonnellate che, per
legge, potevano trovarsi in situ.
Nel 2016, dopo 13 anni, grazie all'iniziativa del Comitato a Difesa della
Salute dei Cittadini Sidernesi, erede
del Comitato Ecologico di Pantanizzi,
sono usciti fuori i documenti "dimenticati" negli armadi della Regione, dai
quali abbiamo scoperto che il previsto
piano di smaltimento totale era stato
abbandonato come sono rimasti
abbandonati i fusti corrosi a rischio di
inquinamento di tutta la zona circostante.
In questi giorni, su iniziativa nostra e
grazie a un'interpellanza al Ministero
della Sanità chiesta dall'on.
Fratoianni di SI, qualcosa si sta muovendo, e l'Azienda Sanitaria di
Reggio Calabria (ASP 5) ha effettuato una visita nell'azienda per verificare lo stato della situazione, confermando i rischi di danni incalcolabili e
parlando, come ha già scritto il sindaco di Siderno, di "bomba ecologica".
Tra queste due date un'amministrazione di centro-destra ha permesso a
un'altra azienda, prima AXIM, acquisita poi dalla SIKA, di insediarsi sempre nella stessa zona, sempre a ridosso delle abitazioni.
L'iniziativa del Comitato a Difesa
della Salute dei Cittadini Sidernesi ha
comportato che l’azienda, dopo anni
di autorizzazioni provvisorie e parziali, in attesa di autorizzazione integrale
ambientale (AIA) definitiva, dovesse
sospendere la produzione di una produzione potenzialmente rischiosa.
Intenzionata a regolarizzare la propria posizione, la SIKA ha fatto fare
carotaggi in seguito ai quali si è scoperto che, sotto il terreno del piazzale
della sede, si trova una sostanza che
gli addetti SIKA dichiarano non pertinente alla loro produzione.
Si parla di sostanze per lavanderia,
sempre cancerogene e in grado di
portare a tre i rischi concentrati nella
stessa area.
In questi giorni ARPACAL si attiverà
per analizzare i pozzi circostanti e
valutare i rischi per terreno e popolazione.
Le ipotesi sono tante: le infiltrazioni
sono provocate da una vecchia azienda produttrice di detersivi chiusa
qualche anno fa nella zona, da scarichi di piccole aziende meccaniche, da
materiali abbandonati e sotterrati e
mai scoperti?
E, per finire, nella zona di Siderno si
percepisce un aumento di morti per
leucemia, quando ancora si è in attesa dei dati ufficiali del Registro dei
Tumori della provincia.
Non vorremmo scoprire che sotto i
nostri piedi, distribuiti in vari posti, si
trovano sostanze cancerogene!
Il Comitato a Difesa della Salute dei
Cittadini Sidernesi, sempre in contatto con il Sindaco Fuda e
l'Amministrazione Comunale, ha
proseguito nella sua azione di denuncia e di mobilitazione ed è in attesa
dei risultati delle analisi delle acque
dei pozzi che effettuerà ARPACAL
la prossima settimana, per valutare le
iniziative adatte a sbloccare la situazione.
Francesco Martino
Attialità
Si è deciso di tenerlo in carcere e, oggi, tutti noi pagheremo per
la sua permanenza in cella (poco meno di duecento euro al
giorno) e per l’ingiusta detenzione.
Migliaia di euro che potevano essere spesi per il lavoro, per la
sanità, per la scuola, per la giustizia sono stati sprecati per
togliere legittimità e autorevolezza allo Stato.
Francesco Giorg
Oggi la stampa sbatte il
“mostro” in prima
pagina, utilizzando le
veline delle procure, e
resta muta quando la
vittima sacrificale
dimostra la propria
innocenza. Stampa di
regime che tradisce la
libertà! Non si difende
così la “legalità”, né in
tal modo si combatte la
mafia anzi le si
forniscono ragioni di
legittimità e di difesa. E
così si creano le
condizioni ottimali per
far dilagare il virus
dell’omertà anticamera
della ‘ndrangheta.
chi gli restituirà
Falcomatà crea una Città Metropolitana
a immagine e somiglianza del PD
I delegati sono
tutti
appartenenti
alla grande
famiglia PD. La
nota positiva,
per la Locride,
è l’affidamento
di ben sette
deleghe a Katy
Belcastro.
Mercoledì 9 febbraio sono state assegnate le deleghe ai Consiglieri
Metropolitani, che vanno in questo
modo a completare l’organigramma
amministrativo del nuovo ente reggino. Come c’era da aspettarsi, il
Sindaco Metropolitano Giuseppe
Falcomatà non ha tradito il proprio
reggiocentrismo, facendosi affiancare
da un vicesindaco e da ben quattro
assessori del proprio Comune. Al vicesindaco Mauro, infatti, sono state affidate le deleghe a Personale e organizzazione, Affari generali, Avvocatura,
Società partecipate, Trasparenza
amministrativa, Anticorruzione, Patti
per il Sud e coordinamento dei consiglieri delegati, a Demetrio Marino
quelle di Viabilità, Edilizia scolastica e
programmazione della rete scolastica,
Istruzione università e ricerca, Sport e
impiantistica sportiva, Turismo spettacolo e marketing territoriale, a Tonino
Nocera Ambiente ed energia, Ambiti
naturali, Forestazione, Parchi e aree
protette con i comuni montani,
Politiche di bacino, Servizi a rete, Ato
idrico e Ato rifiuti, Demanio idrico e
fluviale e a Nino Castorina Bilancio,
Politiche internazionali e comunitarie,
Politiche per l’immigrazione, Politiche
giovanili, Rapporti con gli Enti locali e
Rapporti con la Conferenza metropolitana e i territori. Positivo, per il nostro
territorio, l’affidamento alla consigliera locridea Caterina Belcastro delle
deleghe alle Politiche del lavoro,
Politiche sociali, Politiche abitative,
Attività produttive, Caccia e pesca,
Pari opportunità e Rapporti con la
Locride, mentre al sindaco di
Taurianova Fabio Scionti sono state
lasciate le deleghe relative a Trasporti
e Urbanistica. Nonostante i tentativi di
collaborazione attiva espressi da Pier
Paolo Zavettieri e Peppe Zampogna,
consiglieri di Area Socialista e
Popolare, bottino magro per loro, con
la sola delega alle minoranze linguistiche per Zavettieri, costretto a lasciare
le impellenze importanti al solo PD.
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DOMENICA 12 FEBBRAIO 07
La libertà è preziosa ovunque e per chiunque. Lo è ancora di più a
San Luca dove più delicata è la battaglia che dobbiamo condurre
per dimostrare che le regole di sottomissione e di paura che la
‘ndrangheta impone ai suoi affiliati non valgono per noi che ci
riteniamo uomini liberi e che sentiamo alle nostre spalle la forza
immensa della Costituzione e dello Stato di diritto.
gi era innocente,
à la libertà sottratta?
ILARIO AMMENDOLIA
A volte avverto forte la tentazione di
smetterla.
Finirla con il mio “garantismo” e
con il tentativo di dar voce al dolore
di questa nostra Terra. Ho la sensazione che la battaglia garantista
e meridionalista sia irrimediabilmente persa. Il “fronte” è sguarnito e non sarà
la mia “voce” rauca, stanca e flebile a rallentare
la disfatta.
Ma nel momento in cui più forte è la voglia di
rifugiarti nelle “piccole cose” della tua vita e del
tuo mondo, avverti la sensazione che la diserzione è da vili. Allora raccogli le tue residue energie e combatti ancora con la forza della disperazione.
Tuttavia, al di là delle motivazioni personali, i
fatti sono lì a dimostrare le ragioni di un impegno. Quella che racconterò non è una vicenda
che riguarda una singola persona ma la Calabria
intera, una terra dove la democrazia è agonizzante, gran parte della stampa non è libera, la
minaccia criminale altissima, le garanzie costituzionali seriamente compromesse.
Una morsa che schiaccia il cittadino che si trova
smarrito e senza difese.
Durante la scorsa primavera abbiamo scritto di
un giovane, Francesco Giorgi, 23 anni, di San
Luca detenuto da mesi nelle carceri di Locri.
Abbiamo ascoltato il grido disperato della
madre, gli argomenti forti e composti dello zio,
già sindaco comunista di San Luca, e autentico
combattente - senza scorta - nella lotta contro la
‘ndrangheta.
Oggi abbiamo una certezza: i nostri dubbi erano
più che fondati, Giorgi era innocente!
Lo hanno stabilito, la settimana scorsa, i giudici
di Locri.
Noi non facciamo indagini e non emettiamo
sentenze. Ci siamo limitati semplicemente ad
evidenziare che, secondo due argomentate perizie tecniche, il giovane fotografato in una piantagione di canapa indiana che si coltivava in
Aspromonte non era Francesco Giorgi.
E infatti non era Lui!
Fino al momento dell’arresto era un incensurato. Non aveva mai avuto nulla da fare con la
“giustizia”, esattamente come suo padre, sua
madre, i suoi nonni. È doloroso ma necessario in un clima di “giustizia sommaria”- fare questa
specie di ricerca storica sul nucleo familiare
anche se la responsabilità penale dovrebbe
essere solo e soltanto personale.
Giorgi non rappresentava una minaccia per la
società.
L’unico indizio nei suoi confronti consisteva in
una foto che, come è stato stabilito, non era la
sua.
Si è deciso di tenerlo in carcere e, oggi, lo Stato
- in questo caso tutti noi - pagherà per la sua permanenza in cella (poco meno di duecento euro
al giorno) e per l’ingiusta detenzione.
Migliaia di euro che potevano essere spesi per il
lavoro, per la sanità, per la scuola, per la giustizia sono stati sprecati per togliere legittimità e
autorevolezza allo Stato.
Ma nessuno restituirà a Francesco Giorgi la
libertà sottratta.
Nessuno restituirà a quel ragazzo di San Luca le
ore di amore e di spensieratezza che gli sono
La Roccisano presenta il
Piano per il lavoro: La Calabria
al passo con lo Stato
Martedì mattina l’assessore Federica
Roccisano ha presentato, in compagnia
del presidente della giunta regionale
Mario Oliverio, il Piano di azione per il
lavoro e l’occupazione. Il suo discorso
introduttivo dovrebbe permettere di avviare anche nella nostra regione il Reddito di
inclusione attiva, una misura governativa
di contrasto alla povertà che prevede l'erogazione di un beneficio economico alle
famiglie in condizioni economiche disagiate nelle quali almeno un componente sia
minorenne oppure sia presente un figlio
disabile o una donna in stato di gravidanza accertata. Lo strumento, stando alle
parole della Roccisano, dovrebbe garantire maggiore inclusione e rivolgersi in
primo luogo a giovani, donne, disoccupati
e precettori di ammortizzatori sociali
attraverso lo strumento delle politiche
attive, più che mai, è stato sottolineato,
pianificate in maniera sinergica con tutti
gli attori istituzionali.
stati tolti per rinchiuderlo tra le mura di una
cella.
Nessuno può garantire che la lunga detenzione
non provochi effetti devastanti sulla sua personalità.
Non voglio neanche pensare quella che sarebbe
stata la reazione se al posto di Giorgi fosse stato
uno dei tanti cittadini timorati di Dio e ossequiosi alla “legge” o, peggio ancora, un loro figlio.
La libertà è preziosa ovunque e per chiunque.
Lo è ancora di più a San Luca dove più delicata è la battaglia che dobbiamo condurre per
dimostrare che le regole di sottomissione e di
paura che la ‘ndrangheta impone ai suoi affiliati
non valgono per noi che ci riteniamo uomini
liberi e che sentiamo alle nostre spalle la forza
immensa della Costituzione e dello Stato di
diritto.
Ribadiamo: sbaglia chi ritiene che il caso da noi
sollevato riguardi solo uno dei tanti ragazzi che
vivono nei nostri paesi.
Pietro Valpreda, dopo la strage di Piazza
Fontana, era rinchiuso in carcere schiacciato da
accuse che avrebbero ucciso anche un toro.
Eppure, in quegli anni difficili la stampa libera,
l’opinione pubblica impegnata contestò le verità
ufficiali e mille bocche e mille penne hanno “gridato” insieme la verità: “ Valpreda è innocente,
la strage è di Stato”.
La strage era a tutti gli effetti “di stato” e Pietro
Valpreda da perfetto innocente, era la vittima
designata dal golpismo che voleva stroncare la
giovane democrazia italiana.
Valpreda divenne simbolo della verità contro le
bugie di Stato.
I casi sono diversi e lontani.
Pino Varacalli, ex primo cittadino di
Gerace, sconfitto alle ultime consultazioni
del giugno 2016 ed ex presidente della
Conferenza dei sindaci per la Sanità in
provincia di Reggio Calabria è stato nominato giovedì dall'amministrazione Oliverio
in qualità di componente della «struttura
assimilata alla struttura ausiliaria
Supporto alle funzioni amministrative in
materia sanitaria». Un giro di parole burocratese per dire che è divenuto braccio
destro del braccio destro del governatore
Oliverio in materia sanitaria, Franco
Pacenza. Due ruoli, quello di Pacenza e
Varacalli, ideati da Oliverio forse nel tentativo di creare strutture parallele a quella
dei commissari alla Sanità inviati dal
governo, Massimo Scura e Andrea
Urbani, fino a oggi inefficienti nella produzione di soluzioni utili a far emergere
dalla crisi il sistema sanitario regionale.
Uguale dovrebbe essere il nostro impegno a
difendere la libertà anche dell’ultimo cittadino di
questa nostra terra. Nei confronti di chiunque.
Oggi, invece, c’è in giro un conformismo spaventoso che si manifesta con la tendenza di molti
giornali e giornalisti di sbattere il “mostro” in
prima pagina, utilizzando le brutte foto fornite
loro dai commissariati e le veline delle procure.
Quella stessa stampa che resta muta e vigliaccamente silente quando la vittima sacrificale dimostra la propria innocenza. Stampa di regime che
tradisce la libertà! Non si difende così la “legalità”, né in tal modo si combatte la mafia anzi si
forniscono a essa ragioni di legittimità e di difesa. E così si creano le condizioni ottimali per
far dilagare il virus dell’omertà anticamera della
‘ndrangheta.
Si va diffondendo una voglia matta di forche e di
galere. Senza tener conto che in Brasile, in
Columbia o in Messico, le orrende prigioni
sono piene di detenuti eppure si registra il
numero di morti ammazzati più alto del mondo.
In Norvegia le carceri sono quasi vuote e i delitti sono crollati.
L’onta alla civiltà che il lager di “Guantanamo”
rappresenta, ha legittimato il terrorismo senza
sconfiggerlo. Non abbiamo dubbi: è il Diritto
che sconfigge il delitto e non l’arbitrio. Violenza
invoca violenza. Sangue invoca sangue.
Non mi illudo, noi - per qual che vale - continuiamo una antica lotta, consapevoli che la
nostra è solo una vecchia pagoda di spiriti liberi
che coltiva la velleità di fronteggiare una supercorazzata armata di missili atomici. Il confronto
non ha storia a meno che non scatti la scintilla
luminosa della Libertà.
Sanità:Oliverio assegna
un incarico regionale a
Pino Varacalli
RIVIERA
IN BREVE
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CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo
Politica e politichese. I margini
quotidiani per non cambiare
Sarà che ho abbandonato
da tempo la lettura di
opere letterarie e di narrativa, e forse commettendo un errore dal
momento che non si può
solo pensare che politica ed
economia siano i sali del quotidiano. Ma se le ragioni del cuore, letterario,
cedono il passo alle intemperanze della
politica e dell’economia diventa difficile
potersi sottrare al loro dominio. Al loro
voler essere motivo e argomento di discussione o di proposte che vorrebbero cambiare, in meglio, la vita di ognuno di noi e,
magari, della stessa Calabria oltre che della
nazione. Così come credere che - tra una
crisi e un’altra, con una quasi rassegnata
idea del tanto peggio tanto meglio che
impera negli animi di ognuno di noi - si
possa favorire il cambiamento riproponendo formule politiche che di nuovo hanno
solo il nome mentre di antico riprendono
passi e passaggi ha il sapore di un neovelleitarismo piuttosto che di una umile, consapevole, presa di coscienza della nostra debolezza. Un’affermazione di un’idea movimentista molto singolare che vorrebbe ricollocare ogni sforzo andando oltre una matrice populista, oltre una matrice
proletaria…se esiste ancora, per una certa
sinistra, un proletariato come riferimento.
L’unica certezza è che sembra che tutti siano
democratici, a destra, a sinistra e al centro
soprattutto. Un’area, quest’ultima, sempre
più popolata a tal punto da diventare un
non luogo ideale o una sorta di spazio politico rivolto a ibridare quanto ancora possibile, visto che il trasformismo sembra ancora
non essere arrivato al limite della sua percorrenza ideologica. Ebbene, a quanto pare
anche la Calabria non è immune da questa
riorganizzazione del pensiero considerata la
vitalità che si diffonde sulle coste, tra partiti
vecchi e nuovi. Pronta a contribuire a quello che sarà il sicuro cambiamento del domani. Un cambiamento ritenuto imminente.
Quasi epilogo di una profezia costruita
come nemesi del renzismo, come se un
sistema politico sopravvissuto per volontà
anche da chi oggi lo condanna non sia più
autoimmune dalle critiche e dagli insuccessi
che giustamente gli vengono attribuiti.
Insuccessi che non sono solo da ritrovare
nelle scelte e nelle strategie di potere nazionale ma, e forse di più, nell’esatta speculare
riproposizione delle dinamiche politiche
centrali nelle realtà locali. Realtà orfane dei
partiti di ieri che però, in toto o in parte con
nuove sigle, si reinventano, tra scissioni e
gruppi, andando alla ricerca del leader a cui
fare riferimento, a cui ispirarsi, a cui affidare le sorti di una terra che nessuno leader di
ieri, come di oggi, ha mai voluto veramente
conoscere. Questa volontà di accreditarsi ai
congressi nazionali - pensando che di quanto accade in Calabria possa interessare a
qualcuno al punto da farne un disegno di
priorità – provocherà i risultati di sempre e
farà si che la Calabria sarà ciò che è stata in
decenni di politica: un bacino elettorale e di
voti per conto terzi. Nuovamente sacrificata
nel nome di uno sviluppo di cui tutti ne parleranno, ma che in realtà nessuno avrà in
mente di come e in che modo perseguirlo
visti i successi a cui possiamo rivolgerci oggi.
Perché, se così fosse, piuttosto che pensare
ai massimi sistemi politici volteremmo l’angolo di casa e cercheremmo di guardare con
occhi diversi al nostro cortile chiedendoci
cosa abbiamo fatto sino ad ora per cambiare, per affermare un principio di democrazia che non ha colore politico e che non
richiede sostegno di alcun leader: ovvero,
quali iniziative civili sono state condotte per
avere sanità, trasporti e servizi adeguati e
quali i risultati ottenuti. Un atto dovuto alla
propria terra, alla propria vita per una
regione che di parole né è straricca. Una
regione che non può muoversi nei tempi
della velocità, che non si cura come dovrebbe, che non cresce e si anemizza ogni giorno, che vede un flusso migratorio dei propri
giovani ancora una volta diretto verso quelle regioni che forse avrebbero molto da
insegnarci iniziando proprio dal quotidiano.
DOMENICA 12 FEBBRAIO
08
POLITICA
Calabrese chiama,
Imperitura risponde
In seguito alla polemica relativa al rinnovo cariche dell’Assemblea dei Sindaci della Locride, deflagrata sui giornali un paio di settimane fa, Giovanni Calabrese risponde alle accuse relative all’assenteismo che Giorgio Imperitura
ha mosso ai colleghi sindaci per giustificare il suo mancato abbandono della presidenza dell’organo chiedendo al
proprio presidente di convocare urgentemente un’Assemblea che permetta il confronto dei primi cittadini del
nostro comprensorio sulle impellenze più urgenti della Locride. A stretto giro di posta, il primo cittadino di
Martone ha risposto accogliendo l’invito del collega di Locri e convocando l’assemblea richiesta per domani, lunedì
13 febbraio, alle ore 17, presso la sala consigliare del Comune di Siderno. Le tanto discusse dimissioni del presidente dell’Assemblea sono state fissate come 6° punto all’ordine del giorno. Sta adesso ai sindaci del nostro comprensorio dimostrare l’effettiva volontà di rinnovare le cariche innanzitutto presentandosi in numero adeguato all’assise, quindi discutendo in maniera celere ed efficiente i vari punti necessari ad arrivare a questo snodo che segnerà
indubbiamente il futuro dell’organo decisionale.
Sinistra Italiana
è pronta a far
svoltare il sud
Sabato pomeriggio, al polifunzionale di
Siderno, si è svolta l’assemblea congressuale
provinciale di Sinistra Italiana, durante la
quale Domenico Panetta e Elisabetta
Piccolotti, membro del comitato promotore
di Sinistra Italiana e consigliere comunale di
Foligno, hanno fatto il punto della sinistra
nazionale e aperto i lavori utili a eleggere i
delegato provinciale per il congresso nazionale che si terrà a Rimini a metà del mese.
«L’alternativa c’è - ha affermato nel suo
discorso la Piccolotti - Attraverso Sinistra
Italiana ho scoperto un sud meraviglioso,
fatto di persone che sanno immaginare un
futuro diverso. Dialogheremo per portare
alle elezioni un progetto che possa raccogliere tutta la sinistra a sinistra del PD, che non
si riconosce nel renzismo».
Di opposizione al PD ha parlato anche
Panetta: «Noi facciamo i congressi seriamente - ha affermato l’ex sindaco di Siderno - non
come altri partiti che si definiscono di sinistra. Abbiamo un grande obiettivo, sappiamo
cosa ha provocato il liberismo nel mondo.
Non vogliamo essere chiusi, ma una forza
che abbia i numeri per parlare al popolo.
«È necessario ridare speranza al territorio
partendo da noi stessi» ha continuato
Panetta, parlando poi delle controverse scelte fatte da un PD che sembra “prigioniero
inconsapevole o interprete consapevole di
politiche liberiste, che stanno facendo diventare l’Italia il Paese delle cerchie di potenti
con concentrazioni di potere nelle mani di
pochi”.
Al termine dei lavori, i delegati metropolitani eletti a rappresentanza del nostro territorio durante il il congresso costituente che si
terrà al Palacongresso di Rimini dal 17 al 19
febbraio, sono risultati: Domenico Panetta,
Rita Commisso, Giusy Trimboli, Teresa
Macrì, Antonio Guerrieri, Pietro Sergi,
Giada Porretta, Danilo Loria, Francesco
Rao, Luciana Bova e Angelo Broccolo.
STORIE DI ORDINARIA (DIS)INTEGRAZIONE
e tensioni sociali che da troppi anni
affliggono il medio oriente hanno
generato una vera e propria marea
di flussi migratori che, periodicamente, si abbatte senza soluzione di
continuità sulle coste dell’intero sud
Italia. Per far fronte all’emergenza ingenerata
dall’arrivo di centinaia e centinaia di disperati
che, affidandosi a criminali disorganizzati,
approdano moribondi sulle nostre spiagge, lo
Stato ha prodotto delle contromisure emergenziali tristemente note per i disordini e i
disagi che creano soprattutto durante i mesi
della bella stagione.
Se è vero, tuttavia, che di necessità si può
(anche) fare virtù, alle palestre, agli alberghi,
agli ostelli e ai campi attrezzati in fretta e furia
per ospitare (almeno sulla carta) temporaneamente i migranti e dare loro i mezzi per
proseguire il loro viaggio verso il nord
Europa, recentemente ha fatto da contraltare
un progetto di inclusione sociale che fa di
questi soggetti una risorsa per le comunità più
periferiche del nostro Paese e che cerca di
creare un modello di convivenza che garantisca crescita e multiculturalità per le periferie
spesso in difficoltà dinanzi al fenomeno globalizzazione.
Ci riferiamo al Sistema di Protezione per
Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), diffusosi a macchia di leopardo su tutto il territorio
nazionale e in grado di ottenere ottimi risultati anche nel nostro comprensorio, da un
decennio ispirato dal “modello Riace”.
Presenti, oltre che nel paese amministrato da
Mimmo Lucano, ad Africo, Ardore,
Benestare, Bianco, Bivongi, Camini,
Caulonia, Ferruzzano, Gioiosa, Monasterace,
e Sant’Ilario, gli SPRAR, per tre anni, hanno
garantito a centinaia di richiedenti asilo di trovare una comunità disposta ad accoglierli e
integrarli a patto che essi contribuissero, a
loro volta, a farla crescere economicamente e
culturalmente.
Questa splendida
esperienza, che ha
mostrato i suoi frutti
più maturi con il già
accennato “modello
Riace”,
tuttavia,
potrebbe incontrare
di qui a breve una
brusca quanto terribile battuta d’arresto.
A spiegarcene le
motivazioni è Maria
Paola Sorace, presidente di una della
cooperativa che ha gestito il progetto a
Caulonia e preoccupata dalle conseguenze
che un abbandono del Sistema potrebbe
avere sulla Locride.
«Lo SPRAR è una modalità di operare e prestare servizi ormai consolidatasi sul territorio
nazionale - ci spiega la dottoressa Sorace.
«Nella Locride il primo progetto è stato quello al quale ha aderito Riace a seguito di un
approccio all’immigrazione generato da un
numero consistente di sbarchi sulle proprie
spiagge. Cercando di trasformare l’emergenza in opportunità il comune partecipò a un
bando di evidenza pubblica indetto dal
Ministero nell’ottobre 2013, che ha fin da
subito dato ottimi risultati. Osservandone
l’approccio di successo, altre amministrazioni
nei dintorni decisero di avviare questo tipo di
sperimentazione, la cui validità sarebbe durata fino allo scorso 31 dicembre.
«In questo lasso di tempo il Ministero ha previsto il trasferimento della titolarità del progetto ai comuni che vi avevano aderito, affidando
così
direttamente
alle
Amministrazioni l’impellenza di indire un
bando utile a individuare un ente di terzo settore con specifiche competenze disponibile a
gestirlo. La bontà del progetto ha fatto accettare di buon grado ai comuni questa clausola
e convinto quasi tutti a decidere per tempo di
prorogarlo anche nel triennio 2017-2019.
Tuttavia, lo scorso 10 agosto, è stato pubblicato un decreto che, prevedendo il superamento del bando utile a rinnovare la gestione da
parte di un ente di terzo settore, ha fatto
emergere problemi inaspettati.
«Non avendo più direttive in merito alla selezione degli enti, infatti, alcuni comuni, che
hanno già pubblicato il bando in questione, si
sono affidati alla Stazione Unica Appaltante
Provinciale (SUAP) per rinnovare gli accordi,
intraprendendo nuovamente la strada del
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DOMENICA 12 FEBBRAIO 10
L
BUOROCRAZIA
KILLER
Seguendo l’esempio virtuoso di Riace, che tanto lustro ha portato al nostro comprensorio,
sono diversi i comuni della Locrie che, nel 2013, hanno deciso di aderire allo SPRAR, che
cerca di integrare i migranti nelle nostre comunità rendendoli strumento di crescita per i
nostri borghi abbandonati. Tuttavia un cavillo burocratico, come spesso accade nel
nostro Paese, sta mettendo in difficoltà i comuni che voglio proseguire il progetto.
Ecco come muoiono
gli SPRAR
CHI HA VISSUTO IN
PRIMA PERSONA
L’ESPERIENZA
SPRAR CI SPIEGA
NEL DETTAGLIO
PERCHÉ IL SISTEMA
È OGGI IN CRISI E
CHE COSA
COMPORTEREBBE
LASCIARE QUESTO
PROGETTO NELLE
MANI DI HOLDING
INTERESSATE SOLO
AL PROFITTO.
bando a evidenza pubblica. Affidarsi alla
SUAP, tuttavia, ha implicato una lievitazione
inaspettata dei costi, considerato che la
Stazione Appaltante ha trattato questo bando
esattamente come sarebbe avvenuto nel caso
della gara per la realizzazione di una strada.
Richiedendo la propria percentuale e assoggettando i costi all’IVA imponibile al 22%,
infatti, la SUAP ha reso irrisoria la cifra messa
a disposizione dal Ministero per realizzare il
pacchetto di servizi che lo SPRAR dovrebbe
offrire a chi aderisce al programma e, come se
non bastasse, ha previsto di includere delle
spese alle quali non solo i comuni non possono fare fronte in attesa del rimborso derivato
dalla rendicontazione finale, ma che vanno
persino contro la filosofia originaria del progetto e quanto dettato dal Ministero.
«Considerata, poi, che gli enti dedicati, spesso
in grado di svolgere il proprio lavoro grazie
alle donazioni e all’impegno dei volontari,
sono a loro volta impossibilitati a soddisfare i
parametri di una classica gara d’appalto, è
naturale che i comuni stiano temporeggiando
nel rinnovo sempre più convinti che il gioco
non valga la candela.
«Vista la pubblicazione recente del decreto e
il fatto che sia la prima volta che si è costretti
a far fronte a tale problema, è ovvio che la
questione non appaia di immediata (o quanto meno semplice) soluzione. Alcuni comuni
hanno già sottoposto il problema direttamente al Ministero e stanno cercando di battere
strade alternative, ma il rischio che il progetto
SPRAR, nel nostro territorio, fallisca o, peggio, finisca nelle mani di grandi holding dell’accoglienza in grado di ragionare solo in termini di ricavi, è sempre più concreto.
«Dando spazio al business dell’accoglienza,
infatti, il progetto perderà completamente
senso, smettendo di mirare all’inserimento di
questi extracomunitari nel tessuto sociale cittadino attraverso un percorso che renda residenti di fatto coloro che scelgono di restare in
loco e finendo invece per l’assomigliare ai
centri di prima accoglienza, che sono invece
gestiti dalle prefetture e delegati a far fronte
esclusivamente alle emergenze.
«Non è infatti un caso se ultimamente sono
nate molte più strutture di prima accoglienza
(come i Centri di Identificazione ed
Espulsione - CIE - o i Centri di Accoglienza
per Richiedenti Asilo - CARA) che di seconda, e che si siano prodotte deroghe su molti
aspetti degli SPRAR, favorendo gli accordi
con i privati e scavalcando le cooperative
sociali. Continuando su questa strada, la cancellazione dello SPRAR metterà in discussione tutti i programmi di accoglienza non solo
della Locride, ma dell’intera Calabria (che
pure non sono moltissimi), vanificando la
progettazione attorno all’individuo che si è
cercato di costruire in questi anni e cancellando esperienze che consideravamo ormai pienamente consolidate.
«Anche se gli enti che hanno già pubblicato il
bando hanno le mani legate, la speranza è che
altri comuni, che pare stiano intavolando in
queste settimane un discorso con il Ministero
e l’Agenzia delle Entrate, riescano a fare pressioni per la creazione di un bando maggiormente sostenibile. Non è da escludere, e anzi
ce lo auguriamo nella speranza di vedere
sopravvivere quanto meno i progetti più
importanti, che proprio in queste settimane
gli sforzi congiunti di questi enti facciano
emergere condizioni differenti per i successivi
bandi e che garantiscano, in definitiva, che
questa esperienza non muoia».
Jacopo Giuca
Un nuovo premio per Mimmo Lucano. Sarà anche l’ultimo?
Negli ultimi mesi siamo stati tutti ben lieti di gongolare per i successi conseguiti da Mimmo Lucano, inserito tra i 50 politici più influenti dalla rivista Fortune e bravissimo a far parlare di Riace come paese d’avanguardia nell’ambito dell’accoglienza e dell’integrazione.
Ormai assuefatti a sentire esprimere solo critiche positive all’indirizzo del primo cittadino non ci ha ci ha certo stupiti che, proprio nella
giornata odierna, Lucano sia a Dresda, in Germania per ricevere il Premio internazionale della Pace Dresden-Pries. Il riconoscimento, ideato da Günter Blobel, che nel 1999 si aggiudicò il Nobel per Medicina, è stato motivato dalla capacità dimostrata da Lucano, sindaco di un piccolo paese, di mettere in imbarazzo, in quanto a politiche integrative, i primi cittadini delle grandi metropoli europee e
dalla volontà di accogliere a braccia aperte i bisognosi senza stare a mercanteggiare sulle quote da destinare ai migranti. Il traguardo
raggiunto oggi, certamente quello moralmente più prestigioso per il primo cittadino di Riace, rischia tuttavia di rivelarsi anche l’ultimo
se i comuni che aderiscono allo SPRAR non riusciranno a trattare con il Ministero. Benché Mimmo ci abbia abituato a ragionamenti
fuori dagli schemi, infatti, il ritiro delle cooperative paventato da Maria Paola Sorace potrebbe mettere fine anche a quel paradiso dell’integrazione che si vanta di essere diventata la città dei bronzi.
JG
GERENZA
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DOMENICA 12 FEBBRAIO 14
Parlando ancora
del 50° di
sacerdozio di
Don Cornelio
Molti anni fa, fui nominato a
svolgere il mio lavoro, per un
anno scolastico, in un luogo vicino al mio paese, chiamato
Grotteria. Tra tutte le cose
buone che vi trovai, c'era qualcosa che, ricordandola dopo
tanti anni, mi fa rimpiangere
quel periodo molto bello della
mia vita. Ricordo, tra l'altro, un
prodotto che tutte le famiglie
preparavano in modo egregio.
Anche la soppressata, questo
era il nome della specialità
suina, può contribuire a rendere
famosa una cittadina. Ma voglio
ricordare altro. Un giorno mi
trovavo al lavoro nell'aula dove
svolgevo l'attività; c'era una finestra aperta, si era nel mese di
maggio e, mentre i ragazzi
erano intenti a svolgere un compito, di mattino, il sole splendeva e l'aria era calma e trasparente. Tutto profumava di primavera, guardai fuori il verde degli
alberi - erano circa le undici,
non c'era nessuno - e al di là
della strada scorreva una fiumara. L'acqua faceva uno scroscio
musicale, rimasi incantato, tutto
preso dalla magia di Grotteria!
Certo è che Grotteria, al di là
della sua storia, è un posto
pieno di magia, calma, proposta
in abbondanza dal suo clima,
dalle sue primavere incantevoli.
Ecco il luogo dove il giovane
studente Elio ebbe i primi pensieri della vocazione, che progredì nei suoi anni più belli. Non
spetta all'uomo domandare il
perchè delle scelte di nostro
Signore. Certo è che anche questa volta, il ragazzo prima, e
l'uomo poi, hanno dimostrato la
giustezza della volontà del
Padre.
La magia del luogo ha contribuito, non poco, nella formazione del carattere dolce, da vero
Ospedale di Locri: la sanità
d’eccellenza è lontana dai clamori
Vogliamo ringraziare pubblicamente quanti operano
nel reparto di Rianimazione dell'Ospedale di Locri.
A medici e paramedici, e al primario Francesco
Adamo va tutta la nostra gratitudine per la professionalità e umanità che ogni giorno profondono nel loro
lavoro.
Tra dicembre e gennaio, nostra madre, Maria Ferrò,
è stata ricoverata nel suddetto reparto, in condizioni
purtroppo molto gravi, per cui poi non ce l'ha fatta.
Ma non è certo mancata l'assistenza costante e la
dedizione di tutti gli operatori del reparto, primario
in testa, che non si sono risparmiati nel prestare cure
e conforto a mia madre così come a tutti gli altri
pazienti.
Li abbiamo visti dedicarsi ogni attimo agli ammalati
e ai familiari che soffrono con loro, con competenza,
pazienza e sensibilità.
E sono tante le vite che grazie a tutti loro vengono
salvate, senza clamori, nel silenzio di un lavoro
instancabile.
Questa per noi è la buona sanità, sanità d'eccellenza.
A tutti loro il nostro più sincero grazie,
Mimmo e Anna
(i figli della signora Ferrò)
pastore, e soprattutto nel sorriso accattivante.
Oggi, dopo tanti anni dalla sua
consacrazione, l'aspetto non è
più quello del ragazzo e del giovane, ma il sorriso che quasi
sempre erra sulle sue labbra
illuminando il suo volto bonario, un sorriso che invita il fedele ad avere un'immensa fiducia e
lo avvicina di più al sacro.
Solo i veri forti sanno essere
umili. Vederlo quando da solo
cammina per la strada, avendo
un cenno e uno sguardo per
tutti, e in modo particolare per i
più umili.
Oppure, mentre si reca a fare gli
acquisti necessari. La voce
calma e pacata, nelle omelie,
travalica il significato delle
parole e avvicina a Dio. Non
solo è fiorito nella fede, ma
l'aiuto del Supremo non gli è
mai mancato.
Il suo carattere serio e costante,
gli ha fatto raggiungere traguardi importanti nel suo lavoro
ecclesiale. Ha avuto affidata
l'importante parrocchia della
Madonna di Portosalvo della
città di Siderno (1996), incarichi
d'insegnamento, fino ad arrivare
alla nomina di Vicario della diocesi di Locri-Gerace. Ha avuto il
titolo di Monsignore, è amministratore diocesano e tante nomine e incarichi ancora.
Si prova grande soddisfazione, il
lavoro importante, l'auto, la
canonica ecc...
Ma noi preferiamo vederlo
quando, ancora in età giovanile,
appena arrivato a Siderno, era
tutto chiesa e preghiere, tutto
genuino. Emanava dalla sua
persona l'aria magica di
Grotteria (anche se proveniva
da Mammola)! Poche volte
accade nella storia della chiesa
d'incontrare sacerdoti di tale
fede e cotanto ingegno. È sicuro
che si manifesta in loro, chiaramente, la volontà del Signore!
Brawn Giò
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
ll letale ed anacronistico ossimoro del Palazzo
TONINO CARNERI
La politica difende il suo privilegio di continuare in futuro a gestire risorse senza la
responsabilità che vincola una qualsiasi
pubblica amministrazione. Dall’immunità
di sede e dall’assenza del giudice esterno si
è ricavata un’esenzione dallo Stato di diritto: solo spazzando sotto il tappeto avrà
finalmente termine una storia che delegittima silenziosamente il Parlamento, esponendolo al risentimento popolare che alimenta la sempre più nutrita schiera dell’antipolitica.
Ricordo che al ginnasio il compianto
Professor ARENA, Docente di
Filosofia, chiedendomi la definizione di
“Enclave” e degli esempi a proposito,
risposi in maniera baldanzosa e tronfia “
Territorio completamente chiuso entro i
confini di uno stato diverso da quello cui
appartiene” e, in riferimento agli esempi,
in Italia, la repubblica di San Marino e lo
stato Città del Vaticano. Accendendo
l’ennesima sigaretta Nazionale, zigrinata,
perché comprata nel Vaticano dagli affe-
zionati ex allievi universitari a Roma,
rispose: io che cerco di sviluppare in voi
la libertà di pensiero, non desidero coartare la vostra mente, ma in Italia esiste un
altro stato enclave che scoprirete negli
anni. A cosa si riferiva il Professore? L’ho
capito leggendo il libro di Irene Testa
“Parlamento zona franca. Le camere e lo
scudo dell’autodichia”. Confesso di essere ignorante, d’altronde anche il grande
Socrate ammetteva di sapere di non
sapere (comodo ed opportunistico alibi
da parte mia) e di non conoscere il significato di autodichia e di autocrinia.
Autodichia, autodìche - «giustizia»
domestica, fatta in casa. Autocrinia
autokrìno «secernere» Produzione della
norma giuridica da parte dello stesso
soggetto
che
ne
è
il
destinatario. Intendiamoci, quando i
Padri
costituenti
scrissero
la
Costituzione, l’Italia era reduce dalla
nefasta esperienza fascista e, quindi, giustamente dovevano tutelare il principio
di autonomia ed indipendenza della rappresentanza politica dall’ingerenza di
altri poteri. Oggi, in quasi tutto il mondo
è ormai abbandonata. L’art. 64 della
Costituzione recita: Ciascuna Camera
adotta il proprio regolamento. Giusto,
ovunque esiste un regolamento per ottimizzare la funzionalità dell’organo. Ma,
come direbbe Di Pietro, questa interpretazione del regolamento che c’azzecca?
Di fatto ci troviamo di fronte ad una
zona franca dove non entrano la guardia
di finanza, la magistratura ordinaria e
contabile, e neppure il giudice del lavoro.
Nel 2010 Emma Bonino guidò l’opposizione al rifiuto di accesso opposto dal
Presidente Renato Schifani all’ispettore
del lavoro che voleva entrare al Senato
per vedere i contratti di lavoro. Di recente il vicepresidente Luigi di Maio ha tentato, senza successo, di introdurre un
limite al mandato del superfunzionario
della Camera Ugo Zampetti che dal
1999 ininterrottamente è il capo assoluto
dell’amministrazione, con uno stipendio
di € 600.000. E nessuno, al di fuori degli
stessi parlamentari, può sindacare su
come impiega quel miliardo di risorse
messe come posta nel bilancio dello
Stato per garantirne il funzionamento
senza dipendere da altri organi.
Risultato; il segretario generale è una
delle figure più potenti della burocrazia
pubblica italiana. Quante volte si è parlato del barbiere della camera che guadagna più di un chirurgo? Ma chi lo decide? Ancora una volta l’Ufficio di
Presidenza, applicando il proprio regolamento che, grazie all’autodichia, nell’enclave assume il valore assoluto di legge e
si applica ad “insindacabile giudizio”. Ma
non è un dipendente pubblico? Macché,
è un dipendente della Camera, o del
Senato o del Quirinale. E questo vuol
dire che che le regole che valgono per
tutti non valgono per lui, e per altre
migliaia di dipendenti, nel bene e nel
male. Nel bene, significa stipendi e rivalutazioni decisamente superiori a quelli,
per omologhe funzioni, riscontrabili in
altre amministrazioni dello stato.
Esempio: un operatore tecnico (barbiere, centralinista, elettricista…) entra con
uno stipendio intorno ai 30 mila euro,
dopo 10 anni arriva a 50.000 ed a fine
carriera a 136.000 euro. Le progressioni
sono decise ad insindacabile giudizio di
una
commissione
interna.
Assolutamente niente a che fare con i
lavoratori del pubblico impiego, ma è
pure giusto che le teste...dei parlamentari vengano tutelate.Però, nel male i
dipendenti della città stato devono
vedersela con l’altra faccia dell’autodichia, vale a dire l’impossibilità, in caso di
controversia, di rivolgersi ad un giudice
del lavoro, in quanto il loro “giudice
naturale” non è quello ordinario (art. 25
Costituzione:Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per
legge), ma una commissione contenziosi
composta da parlamentari e dal
Segretario generale. E’ triste ammetterlo
ma laddove si legifera si infrangono le
leggi!
Antonio Ghislanzoni Libro proibito
1878
Fra noi dell’umil schiera,
Per falso giuramento
Si può andare in galera
Al Senato, alla Camera
Miglior sistema è invalso…
vi per molti è titolo
D’onor giurare il falso.
ATTUALITÀ
La copertina
PASQUALE GIURLEO
C’è un nemico sotto i
nostri piedi pronto a
colpirci in qualunque
m o m e n t o .
Spendiamo decine di
miliardi di euro per
comprare aerei e
missili da schierare
contro eserciti fantasma. Ma dedichiamo pochi spiccioli per
difenderci dall’unico attacco reale che in
pochi secondi potrebbe uccidere decine di
migliaia di italiani. Questi dati provengono dal dipartimento della Protezione civile con cui viene pianificata l’emergenza in
caso di terremoto. Migliaia di schede,
aggiornate periodicamente (raramente
rese pubbliche). Una per ogni Comune
con tutti i numeri necessari a valutare gli
effetti di un sisma e predisporre così i soccorsi. La banca dati, è da anni sfruttata
dalla Protezione civile. È stata realizzata
da un gruppo di lavoro del Servizio sismico nazionale .
L’intensità di un terremoto viene calata sul
patrimonio edilizio attuale della città
presa in considerazione. Il calcolo tiene
conto di parametri locali come la densità
degli abitanti, la vulnerabilità degli edifici
in base all’anno e al materiale di costruzione, l’altezza dei palazzi e tutto quanto la
Protezione civile aggiorna nel Sige, il sistema informatico di gestione delle emergenze. Ogni scheda offre tre scenari: terremoti di intensità più bassa (maggiore
probabilità che si verifichino nell’arco di
50 anni), media e forte (corrispondenti
alla massima intensità storica registrata in
quel luogo). Gli “Scenari di danno comunali” così ottenuti sono comunque
approssimati, basandosi su un calcolo statistico. La qualità delle costruzioni è un’altra variabile decisiva. Per la statistica, un
condominio in cemento armato costruito
nel 2010 dovrebbe avere una buona capacità antisismica. Nella pratica molto
dipende dal tipo di suolo, dalla qualità del
cemento usato, dall’eventuale sovrapposizione di più onde sismiche durante il terremoto. E soprattutto dalla professionalità di progettisti e costruttori. Per questo
gli stessi scenari di danno, nel loro range di
variabilità della stima, ipotizzano anche
conseguenze più gravi, considerandole
però meno probabili.
Una rete di monitoraggio internazionale,
alla quale partecipa il dipartimento di
Matematica e Geoscienze dell’Università
di Trieste, ha acceso un segnale d’allarme
sull’Italia centrale e sul Meridione, in particolare sulla Calabria e la Sicilia orientale. Nel Centro, l’allerta è stata attivata dal
novembre 2012. In Calabria e Sicilia dal
gennaio 2012, dopo diciotto anni di silenzio del sottosuolo. La situazione viene
valutata ogni due mesi in base all’attività
sismica di fondo. Il gran numero di piccole scosse (7116 che dal 21 giugno del 2016
sino a gennaio 2017 si sono registrate in
centro Italia ma anche in Calabria – l’8
gennaio scorso) dimostra che la nuova
energia che da qualche tempo attraversa
la crosta terrestre tra l’Africa e l’Europa
non si è dissipata e l’allarme degli scienziati per un forte terremoto è ancora in
corso.
Le stime sulle persone che in futuro
potrebbero essere coinvolte, cioè il totale
di morti e feriti nel caso di un forte terremoto, sono agghiaccianti: 161.829 a
Catania, 111.622 a Messina, 84.559 a
Reggio Calabria, 45.991 a Catanzaro,
31.858 a Benevento, 19.053 a Potenza,
73.539 a Foggia, 24.016 a Campobasso,
20.683 a Rieti. Ipotizzando un sisma di
magnitudo 7 nelle aree interne
dell’Appennino meridionale, comprendente la Sila e l’Aspromonte, di intensità
ritenuta possibile perché già registrata in
passato, si prevedono fino a 11.000 morti
e più di 15.000 feriti. La media mondiale
per un sisma di quel livello si ferma a 6.500
morti e 20.500 feriti. In Giappone a 50
morti e 250 feriti. La grande differenza nei
numeri tra Italia e Giappone è chiaramente dovuta alle tecniche di costruzione
Ci ha terrorizzati la mucca pazza e da lì molti sono
diventati vegetariani. Ci hanno terrorizzato i vaccini
e abbiamo preferito i virus. Ci hanno terrorizzato i
virus e ci siamo rimessi in fila perchè ci
risomministrassero i vaccini. Poi ci dicono che
potremmo scomparire, non tutti ma buona parte, da un
momento all’altro e ce ne infischiamo baldanzosamente
impiegate e agli investimenti nella prevenzione.
I terremoti non si possono prevedere con
precisione. Una previsione, pur non
essendo dettagliata nell’indicare il luogo o
il giorno, non serve a evacuare milioni di
abitanti. Basterebbe che le Regioni ne
approfittassero per allertare le reti di soccorso. Un terzo dei sindaci in Calabria,
che tra l’altro è una delle regioni del Sud
dove la Protezione civile è più allenata,
non ha un piano comunale. Significa che,
in caso di emergenza, gli abitanti non
saprebbero dove raccogliersi e i soccorritori dove portare i feriti. Luoghi dove ci si
rassegna alla scaramanzia non essendoci
obbligo di prevenzione.
«Abbiamo popolazioni inconsapevoli del
rischio e perciò esse stesse poco esigenti
verso chi li amministra - dice il direttore
della Protezione Civile, Carlo Tanzi. Girando per l’Italia, ho notato sempre
grande sensibilità sulle risorse da destinare agli esiti di eventi calamitosi, essenzialmente risarcimento dei danni che negli
ultimi anni hanno riguardato oltre l’80 per
cento delle somme erogate. Mai per una
seria politica di messa in sicurezza dei territori. Ancora troppi Comuni non hanno
piani di protezione civile. E quelli che ce
l’hanno sulla carta, in massima parte non
sono conosciuti dai cittadini». Il dipartimento ha messo a disposizione uno staff
tecnico per supportare gli uffici comunali
nel predisporli. Non sembra avere avuto
grande attenzione!
85.000
Secondo il dossier choc della
Protezione Civile, a tanto
ammonterebbero le vittime nella
provincia di Reggio Calabria nel
caso di un terremoto di magnitudo
7. In Giappone un sisma dello stesso
livello provocherebbe 50 morti e
250 feriti. La grande differenza nei
numeri è chiaramente dovuta alle
tecniche di costruzione impiegate e
agli investimenti nella prevenzione.
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Quando
l’asino
non vuole
bere è
inutile che
gli fischi
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
Ho notato che col
passare
del
tempo si riesce a
convivere
meglio con le
grandi paure,
mentre quelle piccole si
acuiscono. Ci ha terrorizzati la mucca
pazza e da lì molti
sono diventati vegetariani. Ci hanno terrorizzato i vaccini e
abbiamo preferito i virus. Ci hanno terrorizzato i virus e ci siamo rimessi in fila perchè ci risomministrassero i vaccini. Ci terrorizzano i ladri e corriamo a installarci un
solido portone blindato. Ci terrorizzano i
germi sui mezzi pubblici e tiriamo fuori la
nostra sprezzante amuchina, simbolo
quotidiano di un fanatismo purificatore.
DOMENICA 12 FEBBRAIO 17
Poi ci dicono che potremmo scomparire,
non tutti ma buona parte, da un momento all’altro e ce ne infischiamo baldanzosamente. Continuiamo a sentirci protetti da
una casa che, qualora venisse previsto,
vanterebbe un certificato di classificazione
sismica A, vale a dire il più basso, vale a
dire “tengo con la sputazza”. Eppure
abbiamo la possibilità di buttarla giù e
ricostruirla. Sì, potremmo farlo, esiste
anche una legge, la 77/2009. Ce l’ha ricordata un mese fa con un suo articolo su
Riviera l’architetto Pasquale Giurleo. Con
questa legge è stato istituito il Fondo
Nazionale per la Prevenzione del Rischio
Sismico. Dal 2009 al 2016 sono stati messi
a disposizione 963 milioni di euro, da
ripartire tra le regioni a maggiore sismicità. Sì, anche in questo caso “uno sputo”
rispetto a quello che bisognerebbe (ri)fare
ma pur sempre un inizio, un nuovo inizio.
Grazie a questa legge tutti i comuni possono indire l’avviso pubblico “Interventi
strutturali di rafforzamento locale o di
miglioramento sismico o, eventualmente,
di demolizione e ricostruzione di edifici
privati” e provare a contenere i danni
delle scosse. Un avviso uguale per tutti a
cui serve solo apporre un timbro e la firma
del sindaco. Non bisogna scervellarsi a
redigerne uno diverso per ogni comune.
Nell’era del copia e incolla e del bradipismo acuto anche gli avvisi pubblici ci vengono incontro e si prestano ad essere validi per tutti. Ci siamo chiesti, pertanto, i
comuni della Locride l’avranno indetto?
Siamo andati a spulciare gli albi pretori
dei 42 comuni e con sorpresa - sebbene
ormai non ci si sorprenda più di niente solo sette comuni lo hanno pubblicato,
due dopo l’uscita dell’articolo dell’architetto Giurleo. Gli altri, nel migliore dei
casi, hanno pubblicato l’ultimo bando
l’anno scorso - ma sono pochi anche questi ultimi, visto che c’è chi è fermo al 2012
e chi non ha mai pubblicato un bando (in
quest’ultimo caso valutiamo l’ipotesi che,
non essendo presente un archivio, potrebbe anche essere stato pubblicato negli
anni scorsi ma non riusciamo a rintracciarlo).
Ottantacinquemila nella sola Calabria tra
morti e feriti. Scomparirebbe la nostra
bellezza che brilla e la nostra ricchezza che
scroscia. Eppure i nostri amministratori
sono lì a presidiare in negletta solitudine il
“bene comune”. Non so in cosa esattamente si condensi quel bene comune, dal
momento che l’aver salva la vita ne resta
fuori. C’era un tempo in cui la politica
contava tanto quanto la vanagloria personale di chi si cimentava in questo campo.
Tranne poche eccezioni le due semirette,
perfettamente parallele, procedevano di
pari passo. Poi qualcosa di imprecisato ha
bloccato brutalmente la semiretta “politica” e così “vanagloria”, sgusciando come
uno scoiattolo, ha potuto sorpassarla, sparandole una pernacchia. Anzi no, una
puzzetta, come lo scoiattolo scorreggino
della pubblicità della vigorsol che anni fa
fu pure censurato. Una puzzetta e puf il
gelo tutto intorno. Dovremmo smetterla
di farci “cosificare” dai politici, lasciarci
imbrigliare dalle loro individualità, uniche
nel loro genere. C’è un momento in cui ti
considerano, poi ti posano, ti riprendono
per posarti di nuovo da qualche altra
parte. Discorsi in stampi da budino con gli
stessi sorrisi negli stessi angoli della conversazione. Ciarpame trionfalmente scialbo o scialbamente trionfale che serve solo
a inspessire il nostro senso di abbandono.
Oggi buona parte dei nostri amministratori crede di dover mostrare la propria
ottundente passione politica attraverso
una contundente violenza verbale. E più
ottundono, più contundono. Noi da parte
nostra continuiamo a considerarli un’entità superiore che non va disturbata, stimolata, ridestata e di cui non va sfilacciata l’imbottitura delle parole cuscinetto.
Il prossimo 10 marzo scade la possibilità
di aderire al bando: amministratori, sveglia! Siamo in 85 mila a rischiare la pelle.
Non voglio pensare che un giorno ci dissolveremo sullo sfondo come quelle comparse dei film di guerra e non ci sarà nemmeno concesso di essere doppiati.
CULTURA
L’ntervista
Giovanni Battista Carafa “della Spina”, nato nel 1492, coniuge di Lucrezia
Borgia dei principi di Squillace (nipote di papa Alessandro VI), fu un
importante personaggio nel viceregno di Napoli della prima metà del XVI
secolo, sul quale aleggia, da secoli, un dibattuto “chiaroscuro” storiografico.
I delitti del marchese
Giovanni Battista Carafa
Dalla confessione di G.B.
Carafa durante il
processo emerge il
ritratto di un feudatario
collerico, cinico, dispotico
e violento (fu il
mandante di cinque
omicidi) ma anche,
paradossalmente, quello
di un impenitente
tombeurdes femmes
La poesia
VOGGHJIU...
Vogghjiu 'i rrestu ccà, tra chista genti,
'nta chista terra duci e maltrattata,
aundi puru 'a persuna cchiù fetenti
trova 'na casa pemm'esti ospitata.
Vogghjiu 'i rrestu ccà, cu chistu mari,
limpidu e chiaru comu 'nu velu,
e du barcuni i mi pozzu ffacciari
e 'i mi cumpundu l'acqua cu cielu.
Vogghjiu i rrestu ccà, 'nta chista paci,
'i mangiu cannarozza e quattr'alici,
i 'mbivu 'u vinu 'i casa chi mi piaci,
a' facci 'i cu' non voli e d'i nemici!
Vogghjiu 'i rrestu ccà, 'nta chistu regnu
chi dintra o' cori meu dassau 'nu
signu,
e vogghjiu finu all'urtimu 'i mi 'mpegnu
'i cacciu 'a nominata ch'è malignu!
Giovanni Ruffo
L’avv. Filippo Racco è membro della
Deputazione di Storia patria per la
Calabria, nonché socio di altri sodalizi storico-culturali calabresi. È autore di varie
pubblicazioni per la storia dell’età moderna, tra le quali, riguardo alla famiglia
Carafa, Una codificazione feudale del
Seicento calabrese. Gli “Ordini, Pandette e
costituzioni” del principe Carlo Maria
Carafa e il buongoverno dello Stato della
Roccella. Seconda edizione aggiornata e
ampliata (2010, prima ed. 1996) e La Croce
e la Mezzaluna. Il principe Fabrizio Carafa,
Sinàn Bassà Cicala e l’assedio di
Castelvetere. 9 settembre 1594 (2014).
In occasione del convegno tenutosi, il 15
gennaio scorso, per il 485° anniversario
dell’autonomia municipale del casale di
Sideroni (odierno Comune di Siderno) per
privilegio imperiale concesso all’allora feudatario Giovanni Battista Carafa, marchese di Castelvetere e conte della Grotteria,
Filippo Racco ha trattato la figura di quel
signore feudale, ancora controversa in
sede storiografica, con una relazione che
ha suscitato l’interesse dell’uditorio anche
per la peculiare biografia di quel personaggio, il quale morì in Napoli, giustiziato,
dopo un lungo processo giudiziario.
Avv. Racco, chi fu Giovanni Battista
Carafa e quale fu la sua politica feudale?
Giovanni Battista Carafa “della Spina”,
nato nel 1492, coniuge di Lucrezia Borgia
dei principi di Squillace (nipote di papa
Alessandro VI), fu un importante personaggio nel viceregno di Napoli della prima
metà del XVI secolo, sul quale aleggia, da
secoli, un dibattuto “chiaroscuro” storiografico. Successo al padre negli estesi feudi
di famiglia (Grotteria con i casali di
Martone, San Giovanni, Agnana,
Mammola e Sideroni; nonché Motta
Gioiosa, La Roccella e Castelvetere), G.B.
Carafa sostenne la politica imperialistica di
Carlo V con l’iperbolica spesa di 59.100
ducati. Per i servigi così resi alla corona,
l’imperatore, nel 1530, lo nominò marchese di Castelvetere (odierna Caulonia) e, in
seguito, lo insignì dei prestigiosi titoli di
cavaliere di S. Giacomo e di Grande di
Spagna di prima classe. Nei feudi dominati, il marchese promosse l’istituzione di
locali fiere e mercati ed istituì, nel 1529,
l’annuale mercato, nel castello di Motta
Gioiosa, della durata di otto giorni (1/8
agosto). Nel settore militare, G.B. Carafa
curò inoltre l’apparato difensivo delle proprie terre feudali per fronteggiare le continue incursioni turchesche e, a tal fine,
munì di mura urbiche (di cui oggi sono
ancora visibili pochi resti) il casale di
Sideroni, per il quale ottenne l’autonomia
municipale con privilegio imperiale del 16
gennaio 1532. In riconoscenza di tutto ciò,
in onore di quel feudatario, i sidernesi gli
eressero una statua trionfale che lo raffigurava, purtroppo dispersa prima del 1674,
come ciò discende da una coeva lapide,
rinvenuta in Siderno superiore non molti
anni or sono, nella quale risulta la memoria di quel monumento.
Quale fu il rapporto tra G.B. Carafa e i
vassalli feudali?
Dal 1528 fino al 1534, il marchese avviò
una decisa azione per la reintegrazione dei
beni feudali un tempo concessi a molti vas-
salli dal padre, il conte Vincenzo Carafa.
Tale operazione, promossa, anche e
soprattutto, al fine di recuperare le ingentissime spese sostenute per l’imperatore, fu
inoltre diretta a reprimere una sorta di
anarchia fiscale perseguita da molti vassalli e ancor più aggravata, per le finanze
carafiane, dall’usurpazione delle proprietà
feudali. Sovente, autore di tali illeciti, spacciati per antiche concessioni del genitore
del marchese, non fu soltanto il popolo, ma
anche l’aristocrazia locale e la classe sociale dei cosiddetti “honorati” (proprietari
terrieri ed esercenti professioni liberali), i
quali li perpetrarono, in particolare, nel
marchesato di Castelvetere, laddove i vassalli furono, da sempre, i più ostili al dominio della casa feudale carafiana. Dopo la
reintegrazione di molti appezzamenti fondiari, la superficie di territorio feudale
castelveterino aumentò nella misura del
4,4%, mentre quella della contea della
Grotteria si attestò intorno all’8,5%. A
seguito di quelle reintegrazioni, tuttavia,
derivarono profonde incrinature nei rapporti tra il feudatario e molti suoi vassalli,
specialmente castelveterini, alcuni dei
quali, per una presumibile conflittuale
ritorsione per gli spossessamenti fondiari
subiti, nel 1548 denunciarono il marchese,
per presunti suoi gravissimi crimini, al
vicerè del tempo Pedro de Toledo.
A seguito di quella denuncia, G.B. Carafa
fu processato?
Dopo che il feudatario fu imprigionato
nelle carceri di Castel Capuano in Napoli,
sede del Tribunale della Vicaria, giunse in
Castelvetere il commissario Rodorico
Alferes, insieme a un cancelliere, per svolgere le opportune indagini investigative.
Costoro però, come pure denunciato dai
vassalli castelveterini, furono corrotti dalla
marchesa Lucrezia Borgia, la quale, avendo spesi ben 30.000 ducati, riuscì anche ad
intimidire e a subornare molti testimoni
addotti a carico del marito, essendo stata
coadiuvata, in tale sua illecita opera, da
una violenta masnada di pregiudicati
comandati da Pietro Carafa, figlio naturale del feudatario incriminato. Appreso ciò
da una successiva denuncia, parimenti presentata da alcuni cittadini, il vicerè de
Toledo revocò l’incarico ad Alferes e inviò
quindi, in Castelvetere, altro commissario
per svolgere ulteriori indagini, dopo le
quali a G.B. Carafa furono contestati molti
delitti nel processo “criminale” promosso
a suo carico. Tali fatti, così come il seguente iter processuale, sono documentati in
incartamenti conservati nell’Archivio di
Stato di Napoli e, in Spagna, nell’Archivo
General de Simancas. Il 26 febbraio 1552,
nelle tetre prigioni napoletane, il marchese
fu sottoposto a interrogatorio con la tortura della “corda”, vero e proprio strumento
di sevizie fisiche e psicologiche, per effetto
della quale, come è ben immaginabile, il
torturato confessava anche reati che non
aveva realmente commessi. E, di ciò, ne è
riprova la dichiarazione difensiva resa da
G.B. Carafa, testualmente verbalizzata
all’inizio della sua tortura, “Io me protesto
che se dico alcuna cosa lo dico per dolore
de li tormenti”.
Il marchese confessò i crimini per i quali
fu denunciato dagli abitanti di
Castelvetere?
Durante l’interrogatorio, tra i dolorosi tor-
Mattarella all'Unical:occasione pe
La cerimonia di inaugurazione dell'anno
accademico dell'Università della Calabria ha
visto la partecipazione del Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella.
Nei giorni precedenti all'evento, l'ateneo di
Arcavacata si è preparato all'arrivo del Capo
dello Stato con numerose operazioni che
hanno, sicuramente, "ritoccato" l'immagine
dell'Università: strade appositamente asfaltate, segnaletica stradale rinnovata e così via.
Operazioni che hanno destato il malcontento
di quanti, giornalmente, sono costretti a subire le inefficienze del sistema e che pertanto
non hanno sopportato questi interventi di facciata.
Alla polemica si sono aggiunte le forti e aspre
critiche al rettore da parte dei docenti e degli
allievi che, da qualche tempo, animano la vita
del Campus.
Lo scontento ha animato naturalmente anche
il giorno dell'inaugurazione, durante il quale
le numerose autorità impiegate per la sicurezza hanno dovuto mantenere l'ordine e contenere quanti si erano organizzati per portare
avanti una manifestazione di protesta contro
la situazione politica italiana, e che non
hanno risparmiato parole accusatorie contro
la polizia e persino nei confronti degli studenti che si apprestavano a dirigersi nell'Aula
Magna per assistere alla cerimonia.
Al di là di questi prevedibili episodi, la cerimonia è stata seguita da molti studenti e si è
contata la presenza di molti politici e personalità di spicco calabresi. Bisogna dire che quasi
l'intera Aula Magna dell'Università era occupata da professori, rettori, giornalisti e politici, pochissimo lo spazio riservato ai giovani e
agli studenti. Si è, però, cercato di rimediare,
proiettando la diretta della cerimonia in una
delle aule universitarie.
Mattarella ha fatto il suo ingresso salutando
tutti i presenti in prima fila con una stretta di
mano, dopodiché si è accomodato al suo
posto. La telecamera fissa su di lui ha permesso di notare quanto rispetto abbia mostrato
per i numerosi interventi che si sono susseguiti. E, mentre gli altri sono stati immortalati e
ripresi più volte distratti dal cellulare, lui non
ha mostrato il benché minimo segno di distrazione. Un coro ha intonato l'Inno di Mameli,
un video ha presentato il Campus, un lungo
intervento basato sull'efficienza dell'Unical ha
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DOMENICA 12 FEBBRAIO 19
La manifestazione ha avuto il momento clou con la
consegna dei riconoscimenti ai Benemeriti della Scuola presidi, docenti e personale ATA - i quali si sono caratterizzati,
durante la loro carriera, per gli alti meriti educativi e lavorativi
al servizio delle giovani generazioni.
menti della “corda”, dei quarantuno delitti
contestatigli il marchese confessò di essere
stato mandante di cinque omicidi (avendone però negati altri due di cui era stato accusato) e, in relazione a sei casi di lesioni personali gravi, dichiarò esserne stato l’esecutore materiale per alcuni e per altri, invece,
soltanto il mandante. Dalla confessione di
G.B. Carafa (verbalizzata, si rammenti,
sotto tortura) emerge il ritratto di un feudatario collerico, cinico, dispotico e violento:
ma anche, paradossalmente, quello di un
impenitente tombeur des femmes, come ciò,
infatti, discende allorquando si protestò del
tutto innocente per ventotto capi di accusa
per violenza carnale, avendovi eccepito il
consenso scriminante delle donne castelveterine, sue presunte vittime, da lui tutte
amate in corrispondenza di amorosi sensi
(tra cui, come in una novella boccaccesca,
anche tale suor Giulia, monaca di clausura
nel locale monastero di S. Maria di
Valverde) e con due delle quali procreò
pure due figli naturali, Pompeo e il già citato Pietro.
Quale fu l’esito del processo “criminale”
cui fu tratto il marchese?
Quella causa penale durò quattro anni. A
sfavore del marchese, oltre alle risultanze
della sua deposizione confessoria, pesarono
le conseguenze dei violenti tumulti popolari avvenuti in Napoli, un anno prima del suo
arresto, contro l’introduzione del Tribunale
della Santa Inquisizione. Quella rivolta,
sostenuta (non già con finalità anti-imperiale ma, sottesamente, antivicereale) dalla
nobiltà partenopea, che mal tollerava il
“prorex” Pedro de Toledo e la sua politica,
fu capeggiata da importanti nobili del
tempo, tra i quali Cesare Carafa dei duchi
di Maddaloni (cognato di G.B. Carafa per
averne sposata la sorella Giulia), il quale,
processato e torturato per quei moti, riferì il
diretto coinvolgimento di Pietro Carafa,
figlio naturale del feudatario di
Castelvetere. Il vicerè de Toledo usò la dura
repressione, che seguì ai quei tumulti, come
severo monito alla inquieta aristocrazia del
viceregno e il processo “criminale” contro
G.B. Carafa, uno dei più importanti feudatari del tempo, gli offrì anche tale opportunità. Tanto è che nessun esito sortì una supplica del 12 agosto 1552, per la concessione
di grazia al marchese di Castelvetere, sottoscritta da potenti feudatari del tempo,
parenti dell’imputato, quali Luigi Carafa,
principe di Stigliano (che partecipò alla
rivolta antitoledana), il di lui fratello
Federico Carafa, marchese di San Lucido
(sostenitore, invece, del vicerè), nonché
Fabrizio Carafa, conte di Ruvo, Diomede
Carafa, conte di Maddaloni, Giovanni
Francesco Carafa, conte di Montecalvo e
Giovanni Battista Carafa, conte di
Policastro. La condanna alla pena capitale,
a quel punto, apparve già segnata ed infatti
pochi mesi dopo, il 17 dicembre 1552, G.B.
Carafa fu giustiziato, in Napoli, mediante
decapitazione. Si compì così, su quel patibolo, il fatale e tragico destino di uno dei
più importanti e potenti feudatari del viceregno napoletano.
Dopo l’esecuzione capitale, che ne è stato
della memoria di G.B. Carafa?
Nella seconda metà del Seicento, la “dannata” memoria del marchese di
Castelvetere fu riabilitata grazie al patrocinio dell’Utriusque Juris Doctor Giovanni
Francesco Pasqualino, noto avvocato e giurista di origine roccellese, all’uopo incaricato dal principe Carlo Maria Carafa, successore di quel feudatario. Ma l’oblio del
tempo e degli uomini sembra ancora infierire sul ricordo (ancorché controverso) di
Giovanni Battista Carafa, il cui nome,
almeno nella locale toponomastica,
Siderno potrebbe - e dovrebbe - oggi ricordare per una migliore conoscenza della
propria identità storica e civica: essendo
stato infatti quel feudatario, si rammenti,
colui il quale, 485 anni or sono, ottenne l’autonomia municipale di Sideroni e il quale
inoltre, con la da lui voluta costruzione delle
mura urbiche difensive, provvide così a
tutelare intere generazioni di sidernesi, da
allora e per i secoli successivi, contro il pericolo delle incursioni turchesche.
Vladimir
er fare polemica?
visto protagonista il rettore, Gino Mirocle
Crisci, una Lectio Magistralis sull'intelligenza
artificiale è stata tenuta dal professor Nicola
Leone, e poi tre interventi, hanno animato
l'intera cerimonia.
Gli interventi sono stati quello della
Rappresentante del personale TecnicoAmministrativo che ha sottolineato più volte
le difficoltà relative a contratti e pagamenti,
quello del Presidente del consiglio degli studenti, Domenico Tulino, che in maniera semplice e brillante ha rivolto un appello al Capo
dello Stato riguardante la questione della
fuga dei cervelli e l'emigrazione dei giovani e,
infine, quello del rappresentante della comunità degli studenti internazionali, Bashar
Swaid, scappato da Aleppo, che con le sue
parole non ha smesso di ringraziare chi lo ha
accolto e gli ha dato una possibilità di studio e
di vita all'Università della Calabria.
L'intervento del Presidente della Repubblica
è stato l'ultimo.
Nessun monologo scritto, nessuna retorica,
ma un discorso semplice e concreto; ha posto
l'attenzione sulla crisi delle Università che ha
attanagliato in particolare il Sud Italia, sull'importanza di risorse e catalizzatori, sebbene non tutto funzioni alla perfezione.
Infine ha invitato a non dimenticare di mantenere viva l'attenzione sui grandi risultati
ottenuti.
L'aver accolto all'Unical Bashar Swaid è uno
di questi.
Sara Leone
A Roccella Ionica la
festa della scuola 2017
In una straordinaria cornice di pubblico, alla presenza dell’Arcivescovo di Campobasso-Bojano Mons.
Giancarlo Maria Bregantini e del Vescovo di LocriGerace Mons. Francesco Oliva, si è svolta a Roccella
Jonica il 29 gennaio scorso la III^ Edizione della
Festa della Scuola promossa dall’Associazione
Museo della Scuola “I Care” di Siderno e dal
Comune di Roccella Jonica.
Tema della giornata è stato: “A scuola di inclusione a
50 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani e dalla
pubblicazione di Lettera ad una professoressa ”.
La Festa della Scuola 2017 ha incluso al suo interno
la premiazione del concorso “Il bosco dei ricordi: l’altra Marcinelle” a seguito della Mostra di Max
Pelagatti ed Enrica Buccione ospitata sempre nel
complesso dei Minimi di Roccella Jonica dal
15 al 30 novembre 2016 per ricordare il 60°
anniversario della strage di Marcinelle, in
Belgio, dove morirono 262 emigranti di cui
136 italiani, 4 calabresi. Il lavoro premiato è
stato realizzato dalla Scuola Primaria “San
Giovanni Bosco” di Agnana Calabra coordinato dagli insegnanti Rita Piscioneri e Barbara
Forestieri.
Il programma della manifestazione ha avuto il
momento clou con la consegna dei riconoscimenti ai Benemeriti della Scuola (presidi,
docenti e personale ATA) i quali si sono caratterizzati, durante la loro carriera, per gli alti
meriti educativi e lavorativi al servizio delle
giovani generazioni. Quest’anno i riconoscimenti alla memoria sono andati ai familiari del
preside Domenico Cappelleri e del preside Paolo
Domenico Guarneri, figure eminenti di studiosi e di
capi d’istituto che hanno segnato con la loro opera il
cammino dei prestigiosi licei della Locride, e dell’insegnante sidernese Lucrezia Albanese Cento, figura
insigne di docente ricordata affettuosamente dai suoi
colleghi. Le altre benemerenze sono andate: al preside Giorgio Papaluca, storico dirigente scolastico
dell’ITC “G. Marconi” di Siderno; all’ins. Giuseppe
Ricupero, docente per tanti lustri nella scuola elementare di Siderno Superiore; all’ins. Elisabetta
Dattilo, maestra di Gioiosa Jonica che ha strappato
alla strada intere generazioni di ragazzi; al segretario
rag. Giacomo Pagano, DSGA per tre decenni
dell’ITT “Umberto Zanotti Bianco” di Marina di
Gioiosa Jonica, figura di riferimento per tanti amministrativi della Locride.
L’Ufficio Scuola della Diocesi Locri-Gerace, diretto
da Mons. Cornelio Femia, ha proposto la benemerenza a Mons. Giancarlo Maria Bregantini fatta propria dall’Associazione Museo della Scuola “I Care”
con questa motivazione: “A Padre Giancarlo Maria
Bregantini, Pastore dei piccoli gesti, per aver saputo,
durante il suo apostolato in terra di Calabria, essere
maestro di speranza e operatore di riscatto guardando principalmente alla scuola e camminandole a
fianco; operando in mezzo alle criticità della Locride
per «far strada ai poveri senza farsi strada» ”.
Nel corso della cerimonia è stata consegnata una
targa all’insegnante centenaria di Siderno Michelina
Speziale rappresentata dal figlio dott. Domenico
Ammendolia attuale DSGA dell’ITC “G. Marconi”.
Al dibattito, introdotto dal Presidente
dell’Associazione Museo della Scuola “I Care!” prof.
Vito Pirruccio, hanno partecipato: il sindaco di
Roccella Jonica prof. Giuseppe Certomà, l’Assessore
alla Pubblica Istruzione della Regione Calabria
dott.ssa Federica Roccisano e i Vescovi Mons.
Francesco Oliva e Mons. Giancarlo Maria Bregantini
i quali hanno esaminato, alla luce del nuovo corso
della Chiesa di Papa Francesco, il problema dell’inclusione nell’attuale contesto storico e con la lente
indagatrice della pedagogia milaniana.
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I FRUTTI DIMENTICATI
A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI
Triticum turgidum L.
Fam. Poaceae
Triminì
Nell’ottobre 1881, durante un corso da lui tenuto sul
greco di Calabria a Bova Marina, il raffinatissimo
ellenofono, Bruno Casile, defunto nel 1996, poetacontadino di Cavalli di Bova, rappresentante della
minoranza linguistica grecanica in alcuni congressi
internazionali, lanciò un appello disperato, oltre che
per la salvezza della nobilissima lingua degli antenati, anche a favore del germoplasma calabrese.
Relazionò in modo efficace sulle varietà dei grani
perduti per colpa della politica dissennata della CEE
che nello spazio di appena un decennio era stata
capace di distruggere le varietà antiche di millenni
che avevano superato centinaia tra guerre e invasioni, ma non avevano evitato le insidie dell’Europa
comunitaria.
Infatti bastò la decisione di pagare i premi di produzione solo per i coltivatori che avessero seminato la
varietà Creso o Patrizio, che in pochissimi anni il prodotto di selezione varietale di millenni, fu vanificato.
Scomparvero il Granoro, il Ciciaruni, lo Squadremo,
la Maiorca Tignusa, la Maiorca Campanella ecc. e
tutto fu ridotto a quelle varietà imposte dalle regole
comunitarie. Ricordò a questo punto il rischio che
correva la Mavrafacì (lenticchia nera che in effetti è
una veccia) ed il grano strategico delle annate piovose: Il Triminì che in greco di Calabria significava Tre
Mesi.
Infatti nelle annate quando pioveva per tutto l’autunno si ricorreva al Triminì, che a differenza delle altre
varietà di grani che si seminavano ai primi di novembre, si seminava ai primi di marzo ed in tre mesi cresceva e arrivava a maturazione prima degli altri e
veniva mietuto alle fine di maggio.
Esso era un grano duro e con la sua farina si produceva il pane, ma anche i migliori maccheroni, perché
“tenevano “ ossia non si spezzavano come avveniva
con quelli confezionati con la farina di “Maiorca “
che era un grano tenero.
Fu avviata un’indagine, ma fu tutto inutile perché il
Triminì ormai era stato perso per sempre.
Si ricorda che un grano analogo, se non identico è
coltivato in Sicilia, il Tuminia, che possiede il signifi-
cato di mesi (minia) e quello di tre (tu), che con i suoi
prodotti di pregio (pane, biscotti, dolci, ecc.) ha conquistato tutta l’Italia del centro-nord; esso è un grano
primaverile che cresce e matura in tre mesi.
Nell’autunno del 2014 il Movimento 5 Stelle organizzò a Cosenza un convegno sulla biodiversità a cui
furono invitati fra l’altro Antonello Canonico di San
Marco Argentano, la dott. essa Samanta Zelasco
ricercatrice del Crea di Cosenza e lo scrivente che
cominciò a relazionare sugli OGM (organismi geneticamente modificati) voluti dalle multinazionali dei
semi, tra cui le americane Monsanto e Dupont e la
svizzera Syngenta. Passò a parlare dei semi perduti
per sempre in Calabria, poi della necessità di salvare
le antiche cultivar di peri, meli, viti ecc. e a un certo
punto si soffermò sul Triminì, il grano strategico delle
annate piovose, perso per sempre.
Gli replicò immediatamente Antonello, rincuorandolo e informandolo che esso era stato salvato nel
suo paese, San Marco Argentano, dove viene chiamato Marzuolo, grazie al fatto che solo con la sua
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farina vengono preparati da sempre particolari ciambelle, pane biscottato, dolci particolari, pasta ecc.;
nessuna altra varietà di grano può assolvere le stesse
funzioni importantissime per le tradizioni di San
Marco. Esso viene seminato ai primi di marzo e alla
fine di maggio è pronto per essere mietuto, come
avveniva per il Triminì, con cui s’identifica il
Marzuolo.
È scattata la solidarietà e immediatamente Antonello
ha provveduto a portare in dono a Nino Sigilli e Dino
Audino di Siderno, a Raffaele Scali d Gioiosa Marina
e allo scrivente 50 chili di Marzuolo che ai primi di
marzo sarà seminati a Siderno, assieme a circa trenta
varietà di fagioli, due varietà di ceci, numerosi ortaggi, rigorosamente calabresi.
Domenica prossima a Soverato Superiore, nell’agriturismo di Gianni Pittelli, la Valle dei Mandorli la
ricercatrice del Crea di Cosenza, dottoressa Samanta
Zelasco, metterà in relazione i suddetti con un
imprenditore-ricercatore del Nord Italia che cercherà
di valorizzare tutto quello che di biodiverso sarà prodotto in alcuni campi di Siderno, Gioiosa,
Monasterace e Stilo dove saranno coltivati le varietà
di ortaggi, legumi ecc. in estinzione.
Solamente con gli scambi tra coloro che amano la
propria terra, che rigorosamente devono fare rete, tra
loro, sarà possibile scongiurare i progetti diabolici
delle multinazionali dei semi che stanno diventando
sempre più pericolosi con la loro strategia di federare
le loro forze, vedi il caso della Bayer, leader a livello
planetario nella produzione di pesticidi, diserbanti,
anticrittogamici ecc. che di recente ha comprato la
Monsanto, americana, a sua volta la più potente nel
settore dei semi.
L’esempio di scambiare i semi è divenuta una pratica
ormai anche istituzionalizzata, tanto che in questi
giorni a Torino si è tenuta una manifestazione apposita, dove gli utilizzatori dei semi antichi di tutt’Italia si
sono incontrati e scambiati i semi.
Queste pratiche semplicissime, attuate in modo
ampio e generalizzato, sarebbero capaci di delimitare
l’arroganza delle multinazionali dei semi, guidati dagli
Stati Uniti, che hanno tentato di far approvare ai
paesi dell’Europa comunitaria i TTIP, Transatlantic
Trade And Investment Partnership, trattato di libero
scambio tra Europa e Stati Uniti secondo cui
l’Europa avrebbe potuto mandare negli Stati Uniti
una certa quantità di propri prodotti indifferenziati
per qualità per cui non ci sarebbero stati più i marchi
Dop, Doc ecc., mentre a loro volta gli americani
avrebbero riversato in Europa il doppio (per contratto) delle loro merci, compresi gli OGM transgenici e
di conseguenza una marea di cibo spazzatura avrebbe
invaso le mense degli europei. Ci fu una forte resistenza specie da parte di stati detentori di marchi di
qualità, italiani, francesi, tedeschi ecc (ad esempio il
San Daniele, il Parmigiano reggiano, ecc.) e il trattato
non fu ratificato, specie per la resistenza dei giovani.
Di recente invece, un trattato analogo, il CETA è
stato siglato tra la Comunità Economica Europea e i
Canada, dove però, nelle grandi società produttrici di
beni alimentari canadesi sono presenti gli investimenti americani e c’è il rischio che ciò che non è entrato
dalla porta possa in prospettiva entrare attraverso la
finestra.
Il giuramento diVitruvio per gli architetti,
ingegneri e geometri della Locride
«Gli errori dei medici finiscono sottoterra, gli errori degli architetti sono
sotto gli occhi di tutti»: questo aforisma ha la versione più nota
attribuita a Frank Lloyd Wright «i medici possono seppellire i loro
errori, gli architetti possono solo coprirli con piante rampicanti»
PASQUALE GIURLEO
PROBABILMENTE ARCHITETTO
Fra “gli errori dei medici”, che danneggiano e
qualche volta uccidono
i pazienti, e gli errori
degli architetti, che
devastano il corpo
sociale riempiendo di
orrori città e campagne, c’è davvero una forte analogia.
Lo spazio in cui viviamo è un formidabile capitale cognitivo che costruisce l’identità collettiva delle comunità. La
frammentazione prodotta dal vandalismo privato e di stato che semina di edifici abbandonati e incompiuti i nostri territori, la veloce modificazione dei paesaggi, il moltiplicarsi di rovine, discariche, non-luoghi residuali che crescono
con una malata obesità che innesca patologie individuali e sociali, che sradica le
identità acquisite e modifica i comportamenti, che segna di piaghe indelebili il
corpo della società, non possono essere
esclusivamente addebitate alla perversa
alleanza tra forze dell’imprenditoria,
della finanza, della politica e delle mafie
ma ne sono responsabili anche i nostri
progettisti...
L’Architetto non opera nei cieli empirei
dominati dalla sola ragione della bellezza e delle forme, senza alcun rapporto
con la società, la cittadinanza, la memoria culturale; al contrario il suo mestiere
ha un forte e capillare impatto sulla vita
di tutti attraverso le modificazioni dell’ambiente urbano e del paesaggio, cioè
delle dinamiche della società civile. Ci
chiediamo se l’architetto deve solo obbedire alle richieste del committente privato e pubblico (decisori) oppure, quando
progetta e costruisce un edificio o trasforma un paesaggio o una città, deve
avere tener conto del contesto storico,
naturale, ambientale in cui opera?
Salvatore Settis, archeologo e storico
dell’arte, in occasione della laurea honoris causa in architettura conferitagli a
Reggio Calabria nel 2014 ha proposto di
introdurre, per analogia al giuramento di
Ippocrate, con cui il medico s’impegna a
operare solo per il bene del paziente, un
“giuramento di Vitruvio”, secondo il
quale gli architetti promettano di «legare etica e conoscenza impegnandosi a
realizzare sempre edifici di qualità evitando scempi ambientali» Questa proposta modellata sul giuramento di
Ippocrate (un testo, scritto intorno al
400 a.C., che viene dalla scuola ippocratica), richiamando la celebre pagina del
De architectura di Vitruvio in cui l’architetto romano (tardo I secolo a.C.) delinea la figura dell’architetto ideale, elencando fra le sue virtù necessarie la cultura che noi chiameremmo umanistica, la
conoscenza storica, il rispetto della salubrità dell’ambiente”
Pertanto ci permettiamo di fare una
modesta proposta fatta a viva voce che è
la seguente: i progettisti della Locride,
che siano architetti, ingegneri o geometri
o agronomi, lancino una “obiezione civile collettiva” nei confronti del consumo
di suolo e delle devastazioni ambientali e
che sottoscrivano questo giuramento di
Vitruvio in cui si impegnano solennemente a «operare con dignità senza soggiacere ad interessi, imposizioni e suggestioni di qualunque natura».
Storia incredibile
In occasione del convegno sui 500 anni della
riforma luterana, si è registrato un (inaspettato?) pienone di giovani e giovanissimi,
nonostante l’incontro si svolgesse di domenica. Questo è vero amore per la cultura, alla
faccia di chi dice che i nostri giovani non
vogliono leggere e non sanno scrivere!
Presenze
importanti
Un inedito scatto
della giornalista
Sky Diletta Leotta
poco prima dell’ingresso sul
palco del Teatro
Ariston di
Sanremo, che
tanta polemica ha
generato sui
social.
Celebrità e
politici
Il famoso “Vici
du campu” posa
in compagnia
del consigliere
comunale
Gianluca
Leonardi in quel
del comune di
Siderno.
Knock-out
Il nostro amico Giuseppe Belligerante,
accantonata (solo momentaneamente!) la
passione per il pallone, si dedica a sport
anticonvenzionali e si da al pugilato con
ottimi risultati. In questa foto vi mostriamo
come mette al tappeto Pasquale Spirlì.
Il ritorno del figliol prodigo
Ernesto Riggio e Frank Passarelli
guardano a Bivongi al Futuro!
Rappresentati giovanili
Walter De Flores, il sindaco di
Cinquefrondi Michele Conia e il vicesindaco di Benestare Domenico
Mantegna si antepongono a Macrì e
D’Agostino rappresentando il nuovo
baluardo della sinistra locridea.
Un po’ più a sinistra…
Amedeo Macrì e Cosimo D’agostino,
compagni COMUNISTI (e non socialisti come avevamo erroneamente
riportato l’ultima volta che erano
comparsi sul nostro Blob)…
Per non dimenticare
Il post che Repubblica
ha pubblicato sul proprio profilo twitter in
occasione del giorno
della Memoria ci ricorQui ospedale a voi studio
da, attraverso Primo
Tutto esaurito per la partita
Levi, l’importanza della
Crotone-Juventus! E per chi non
cultura storica.
fosse rimasto abbasta impressionato
dalla folla sugli spalti, il post twitter
della pagina “Gli Autogol” dimostra
che i tifosi, pur di guardare la partita, si sono asserragliati in ospedale.
Scolarizzati
La classe VªB del plesso Rodinò di Marina di
Gioiosa ci ha fatto visita in redazione assieme
alle professoresse Saraco, Agostino e Romeo
Numeri importanti
Una vecchia scheda di Democrazia
Cristiana. In vista della nuova legge elettorale ci piace ricordare ai nostri lettori
come, una volta, si potevano esprimere
le preferenze anche attraverso i numeri.
SETTIMANALE
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DOMENICA 12 FEBBRAIO
(Siderno, Teatro Nuovo, 19 marzo 1956)
"Bellavita" commedia in un atto unico di
Luigi Pirandello
Regia di Tonino Marando e Mico Cundari
(Personaggi e intepreti)
- Bellavita, dolciere : Mico Cundari
- il notajo Denora : Cosimo Racco
- l'avv. Contento : Alfredo Serafino
- la sig.ra Contento, sua moglie : Laura
Giambanco
- il sig. Giorgino, scrivano : Antonio Fazzolari
L’ANGOLO DI PARRELLO
I Bambini e la Neve
" E così, caro professore, sono lontani i tempi in cui noi bambini amavamo la neve. Quanti bei viaggi abbiamo fatto assieme per andare a vederla. Ci piaceva costruire tanti Pupazzetti con lo sguardo rivolto al cielo e
un sorriso luminoso. Adesso, invece, fatti troppo tristi accadono sulle montagne innevate : vedi la slavina di
Rigopiano o l'elicottero caduto. Tutto questo fa quasi allontanare i giovani dalle bellezze della natura, neve
compresa. Che pensi professore?"-" Personalmente mi dispiace molto ed è difficile accettare questa realtà.
Ma occorre prima di tutto una riflessione non tanto sulla natura quanto sul rapporto che nel tempo abbiamo, o non abbiamo, costruito con essa.......
Franco Parrello
Lincoln
All’inizio del 2013 l’attenzione
delle principali testate giornalistiche che si occupano di cinema fu
attratta da un progetto che dava
l’impressione di avere le carte in
regola per essere ricordato per
molti anni: un regista ormai divenuto una leggenda, un cast stellare,
molti riconoscimenti ai principali
festival di tutto il mondo, una produzione faraonica e un argomento
caro agli americani e non solo. Il
progetto in questione riguardava
“Lincoln”, ed è stato il più grande
fiasco del regista statunitense
Steven Spielberg, probabilmente
l’unica pecca di una carriera
memorabile. Non è un caso se ho
usato l’espressione “grande fiasco”, perché ciò che è successo a
Spielberg girando Lincoln è stato
fallire
in
grande
stile.
Probabilmente non è possibile criticare la produzione sotto nessun
aspetto: i costumi sono meravigliosi, la colonna sonora è una vera e
propria opera d’arte, l’oggetto e la
sceneggiatura del film sono curati
alla perfezione nei più piccoli dettagli, gli interpreti sono efficaci e a
tratti virtuosi, il montaggio è preciso, la padronanza della storia e la
cifra della regia è limpida, in poche
parole sembra che la tavola sia
imbandita per la cena più raffinata
e deliziosa che si possa mai servire…senonché, quando tutti i convitati sono accomodati ai propri
posti, tutti si rendono conto che il
vino è annacquato, la pasta è scotta, la carne è insipida e via discorrendo.
Lincoln racconta le vicende private
e politiche del celebre presidente
dalla sua rielezione fino al giorno
del suo assassinio in un teatro di
Washington DC, riecheggiando la
morte in guerra del suo primogenito, le tensioni col figlio di mezzo e
con la moglie, ma soprattutto i giochi di potere che hanno portato al
tredicesimo emendamento.
Lincoln ha un solo grosso problema: annoia chi lo guarda. E la
causa è molto semplice, all’impianto lento ed esplicativo di un documentario storico sono state applicate le pompose sovrastrutture di
un film drammatico, prova ne sia
che i pochi momenti che riescano
ad emozionare lo spettare siano
tutti caratterizzati da un regime di
intimità, nel quale il contesto storico, la guerra e la schiavitù passano
in secondo piano e vengono (per
fortuna) quasi dimenticati. I tre o
quattro momenti intensi della pellicola (che supera le due ore e
mezzo) sono tutti incastonati nella
vita privata dei protagonisti e
riguardi istinti umani ed emozioni,
non strategie politiche o dinamiche
belliche.
La sensazione che un occhio poco
attento ha alla fine della pellicola è
di aver aspettato quasi tre ore per
vedere accadere qualcosa che già
conosceva. Un valore aggiunto al
film è la strepitosa performance di
Daniel Day-Lewis (premiato proprio per Lincoln con il suo terzo
oscar), che però alle orecchie di noi
italiani è stata deturpata da un
brutto doppiaggio di Pierfrancesco
Favino, un vero peccato.
Purtroppo Spielberg, con questo
lavoro, è stato protagonista di un
enorme spreco, un po’ come se un
cecchino infallibile usasse un
bazooka per uccidere un moscerino.
Domenico Giorgi
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