I RAPPORTI ETICO-SOCIALI Artt. 29-34_1 Prof.ssa Maria Rappazzo

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I RAPPORTI ETICO-SOCIALI
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I RAPPORTI ETICO-SOCIALI
Nel Titolo II della Parte Prima della Costituzione, dedicata ai rapporti etico-sociali
sono presi in considerazione i diritti che riguardano l’uomo non solo come individuo ma
come membro delle formazioni sociali di cui fa parte.
1. LA TUTELA DELLA FAMIGLIA
Art. 29.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti
stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
L’articolo 29 della Costituzione definisce la famiglia e i rapporti tra i coniugi.
Dalla lettura del primo comma dell’articolo in esame si evincono due presupposti di
rilievo che caratterizzano la famiglia nel nostro ordinamento giuridico.
La famiglia è considerata dalla Costituzione una società naturale, cioè una
aggregazione che nasce da esigenze naturali, che esiste prima dello Stato e si regge
su valori e regole morali proprie. Lo Stato si limita a riconoscere e a garantire i diritti
della famiglia, diritti inquadrabili fra i diritti inviolabili di cui all’articolo 2 della
Costituzione.
Il primo comma, inoltre, pone, il matrimonio come presupposto della famiglia
legittima. Con tale affermazione i Costituenti hanno inteso conferire il
riconoscimento giuridico ai nuclei familiari che poggiano su tale vincolo.
Il secondo comma fissa il principio di uguaglianza morale e giuridica tra i coniugi.
Da qui il riconoscimento della parità tra i coniugi, introdotto con la riforma del diritto
di famiglia ( L. 151/1975), che ha stabilito i diritti e i doveri che nascono dal
matrimonio.
2. LA TUTELA DELLA PROLE
Art. 30.
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati
fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
L’articolo 30 della Costituzione enuncia i doveri dei genitori nei riguardi dei figli, il
principio di tutela dei figli naturali e il principio dell’autonomia educativa.
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Il primo comma dell’articolo in esame sancisce il potere-dovere dei genitori di
mantenere, istruire ed educare i propri figli, sia quelli procreati durante il matrimonio
(figli legittimi) sia quelli nati fuori dal matrimonio ( figli naturali).
Il primo comma statuisce, inoltre, che in caso di incapacità dei genitori ad assolvere i
loro doveri – comportamenti che spesso possono avere effetti pregiudizievoli per la
prole – lo Stato si riserva il diritto di sospendere o togliere la potestà ai genitori e
disporre l’allontanamento dei figli.
Il secondo comma dell’articolo 30 assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni
tutela giuridica e sociale, prevedendo l’integrazione familiare purché i loro interessi
non si scontrino con quelli della famiglia legittima.
L’ultimo comma riserva alla legge la regolamentazione della ricerca della paternità.
3. GLI INTERVENTI A FAVORE DELLA FAMIGLIA
Art. 31.
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della
famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie
numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale
scopo.
L’art. 31 enuncia il principio degli interventi pubblici a favore della famiglia.
Le disposizioni contenute in questo articolo dimostrano come il costituente riserva alla
famiglia - ritenuta la prima cellula della società in cui avviene la prima formazione
dell’individuo- una tutela particolare, delineando un ampio programma di sostegno per
la sua costituzione e di protezione dell’infanzia e della gioventù.
A tal fine sono previsti, da una parte, interventi di carattere economico ( sgravi
fiscali, assegno per il nucleo familiare ecc.) dall’altra, interventi a sostegno della
maternità e della paternità ( asili nido, congedo per maternità, consultori familiari
ecc.).
4. IL DIRITTO ALLA SALUTE
Art. 32.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse
della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana.
L’art. 32 tutela il diritto alla salute, un diritto sociale riconducibile ai diritti
fondamentali di cui all’art. 2 della Costituzione.
La salute- intesa non più come assenza di malattia ma come equilibrio psico-fisico rappresenta non solo un diritto primario dell’individuo, ma anche un interesse
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preminente della collettività che predispone a questo scopo adeguate strutture per la
sua protezione.
È compito dello Repubblica impegnarsi per realizzare il benessere del cittadino e
garantire a tutti il diritto alla salute, pertanto lo Stato deve garantire cure gratuite
a coloro che non hanno i mezzi economici per curarsi.
Il secondo comma fissa un ulteriore garanzia per il cittadino: il divieto di imporre al
cittadino trattamenti sanitari, se non nelle ipotesi previste dalla legge e nel
rispetto della persona umana. Il trattamento può essere imposto solo se esiste la
certezza che la persona ne tragga direttamente un vantaggio e, indirettamente, ne
tragga beneficio l’intera collettività.
5. LA LIBERTÀ DI INSEGNAMENTO
Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per
tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri
per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la
parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico
equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la
conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi
ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
L’art. 33 tutela la libertà dell’arte e della scienza, che consiste, in concreto, nella
libertà dell’artista, dello scienziato e di tutti coloro che “ fanno cultura”, sono cioè in
grado di poter trasmettere il loro patrimonio di conoscenze alle generazioni future. Si
tratta di quella che comunemente viene chiamata istruzione e che, per essere vera
cultura deve favorire nei giovani lo sviluppo delle capacità critiche e di analisi della
realtà. Soltanto la formazione di un pensiero libero e indipendente è garanzia dello
spirito democratico, e la cultura deve essere trasmessa stimolando il pluralismo delle
idee che è linfa vitale della democrazia.
Per favorire lo sviluppo della cultura viene riconosciuta dall’articolo in esame la
libertà di insegnamento, cioè la possibilità per il docente di impostare il proprio
lavoro nel modo ritenuto più idoneo a promuovere lo sviluppo culturale e sociale degli
studenti.
La libertà di insegnamento è strettamente collegata alla libertà di manifestazione del
pensiero ( art. 21 Cost.). L’attività educativa svolta dal docente deve mirare e
promuovere il confronto delle idee, senza vincoli di assoggettamento politico o
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ideologico da parte dello Stato, da un lato e, dall’altro, senza cadere
nell’indottrinamento.
Lo Stato indirizza l’attività di insegnamento, istituisce scuole statali e predispone i
programmi per ogni ordine e grado di istruzione.
La Costituzione riconosce a chiunque il diritto di istituire scuole private, purché non
comportino spese per lo Stato.
Le scuole private possono essere parificate a quelle pubbliche se si sottopongono agli
stessi obblighi previsti per questi ultimi.
6. IL DIRITTO ALLO STUDIO
Art. 34.
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più
alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie
ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
L’articolo 34 tutela il diritto allo studio.
L’istruzione-considerata il primo fondamentale strumento per la promozione umana- è
garantita a tutti. Solo coloro che sono istruiti possono partecipare consapevolmente
alla vita dello Stato, mentre quelli che non hanno ricevuto una adeguata istruzione si
trovano in condizioni di disagio e sono costretti ai margini della società. Rendere
concreto il diritto all’istruzione significa porre tutti i giovani nelle condizioni di
prepararsi alla vita nel migliore dei modi e, per tale ragione, la Costituzione impone
un’istruzione obbligatoria e gratuita a partire dalla prima elementare e ai più
meritevoli, anche se privi di mezzi, garantisce il diritto di accedere agli studi
superiori. Lo Stato deve rendere effettivo questo diritto con aiuti finanziari (borse di
studio, sussidi ecc.) a cui si accede per concorso.
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I RAPPORTI ECONOMICI
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I RAPPORTI ECONOMICI
Nel titolo III della Parte prima della Costituzione vengono presi in considerazione i
rapporti economici all’interno del quale è possibile distinguere due categorie di norme:
 La prima parte , relativa alla posizione costituzionale del lavoro e dei lavoratori.
 La seconda parte, relativa all’intervento dello Stato nell’economia, intervento
finalizzato a conciliare l’interesse della collettività con quello della libertà di
iniziativa economica e della proprietà privata.
LA TUTELA DEL LAVORO
1. LA COSTITUZIONE ED IL LAVORO
Art. 35
“La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare
e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse
generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.”
L’articolo 35 della Costituzione esprime i principi di tutela del lavoro e della
formazione professionale e riconosce la libertà di emigrazione.
Il primo comma fissa come criterio generale il riconoscimento di un'uguale protezione
a tutti i tipi di lavoro, senza porre alcuna distinzione tra il lavoro manuale o
intellettuale, dipendente o autonomo.
Il secondo comma di questa disposizione assegna allo Stato il compito di promuovere
sia la formazione sia l’elevazione professionale dei lavoratori al fine di favorire lo
sviluppo economico e sociale del Paese.
Il terzo comma dell’articolo in esame dà rilievo internazionale alla tutela del lavoro,
impegnando lo Stato a recepire le disposizioni internazionali che tutelano i lavoratori
subordinati e ad aderire alle organizzazioni internazionali che perseguono tale finalità.
Il quarto comma, infine riconosce la libertà di emigrazione e sancisce la tutela dei
lavoratori italiani all’estero, riservando allo Stato il compito di garantire, in
particolare, il rispetto dei diritti economici e sociali.
2. LA GIUSTA RETRIBUZIONE ED I DIRITTI IRRINUNCIABILI
Art. 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del
suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza
libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può
rinunziarvi.
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L'articolo 36 della Costituzione sancisce alcuni diritti fondamentali dei lavoratori
subordinati, in particolare il primo comma sancisce il diritto ad una retribuzione
dignitosa, in grado di assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una vita libera dal
bisogno e stabilisce, inoltre, che tale retribuzione deve essere commisurata non solo
al numero di ore lavorate ma anche al grado di qualificazione e di responsabilità
Il 2° comma affida alla legge il compito di fissare il numero massimo di ore per la
giornata lavorativa.
Il 3° comma dell’art. 36, infine,
assicura al lavoratore il diritto al riposo
settimanale ed alle ferie annuali retribuite ed esclude la possibilità che il lavoratore
possa rinunciare a tali prerogative.
3. LA TUTELA DELLA DONNA LAVORATRICE E DEI MINORI
Art. 37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni
che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento
della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e ai bambino i
speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a
parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
L’articolo 37 prevede una tutela specifica per le donne e i minori.
Il primo comma di questo articolo sancisce la parità fra lavoratori e lavoratrici sia
dal punto di vista della retribuzione sia dal punto di vista delle condizioni di lavoro e
delle opportunità di carriera. Prevede, altresì, una tutela particolare alle madri ed i
bambini per consentire alle donne l’adempimento della funzione familiare.
L’art. 37 secondo comma riserva alla legge il compito di decidere a quale età un
giovane possa essere avviato al lavoro.
Il terzo comma, infine assegna alla Repubblica il compito di tutelare il lavoro dei
minori con norme particolari e garantisce al minore, a parità di lavoro, la stessa
retribuzione spettante ai lavoratori adulti.
4. LA PROTEZIONE SOCIALE
Art. 38
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto
al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità o vecchiaia, disoccupazione
involontaria.
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Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai
compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati
dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
L’art. 38 della Costituzione prevede adeguate garanzie di assistenza a favore dei
soggetti impossibilitati a lavorare, perché invalidi, malati o anziani, assicurando
loro quanto necessario per le esigenze di vita quotidiana. In particolare il primo comma
della norma sancisce il diritto all’assistenza sociale, cioè quel complesso di
prestazioni effettuate dallo Stato a favore di cittadini inabili o comunque in stato di
bisogno.
Il secondo comma prevede un sistema di previdenza sociale finalizzato ad assicurare
i lavoratori contro gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, la disoccupazione
involontaria ecc.
Il terzo comma sancisce la tutela dei disabili sia fisici che psichici , garantendo loro
sia la formazione che l’inserimento nel mondo del lavoro.
L’ultimo comma, infine, prevede che accanto all’assistenza pubblica possano esserci
forme di assistenza privata.
5. L’ORGANIZZAZIONE SINDACALE
Art. 39
L’organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso
uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un
ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità
giuridica. Possono, rappresentati
unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro
con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il
contratto si riferisce.
L’art. 39 contiene al primo comma il riconoscimento della libertà sindacale, una
libertà che rientra nella più ampia e già riconosciuta libertà di associazione.
Nell’ambito del diritto di libertà sindacale si individuano il diritto di ogni persona di
dar vita ad associazioni sindacali, il diritto di non aderire ad alcuna organizzazione
sindacale, il diritto di costituire più organizzazioni sindacali per la stessa categoria.
Il secondo comma del suddetto articolo attribuisce ai sindacati piena autonomia
organizzativa e statuisce che agli stessi non può essere imposto alcun obbligo eccetto
quello della registrazione presso uffici centrali o locali, secondo norme di legge ( che
allo stato attuale non sono state ancora emanate).
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Il terzo comma subordina la registrazione da parte dei sindacati alla condizione che i
loro statuti configurino una struttura democratica , cioè basata sul pluralismo e sul
dialogo.
L’ultimo comma, infine fa derivare dalla registrazione il riconoscimento della
personalità giuridica del sindacato e subordina a tale requisito la possibilità di
stipulare contratti collettivi efficaci per tutti i lavoratori del settore.
6. IL DIRITTO DI SCIOPERO
Art. 40
Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.
L’art. 40 riconosce ai lavoratori un altro strumento di tutela: il diritto di sciopero.
Lo sciopero è una forma di protesta da parte dei lavoratori dipendenti che la
Costituzione riconosce come un diritto per la tutela dei loro interessi collettivi.
Lo sciopero consiste nell’astensione facoltativa e collettiva ( deve essere indetto da
un sindacato) dall’attività lavorativa per un certo tempo. Esso comporta la sospensione
del rapporto di lavoro ed una riduzione della retribuzione in proporzione alla durata.
Nel 1990 con la legge n. 146, è stato regolamentato lo sciopero nel settore dei servizi
pubblici essenziali ( sanità, trasporto, scuola ecc.) al fine di garantire ai cittadini la
tutela dei diritti fondamentali come la salute, l’istruzione, la circolazione ecc.
fortemente messi a rischio per il protrarsi delle proteste e delle rivendicazioni.
7. LA LIBERTÀ DI INIZIATIVA ECONOMICA
Art. 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
L’art. 41 della Costituzione riconosce il diritto di iniziativa economica privata, cioè la
libertà di svolgere qualunque attività economica, scegliendo, altrettanto liberamente,
il modo come svolgerla ed il settore dove operare.
Il secondo comma dell’articolo in esame circoscrive tale liberta entro confini ben
delimitati, statuendo che l’attività economica deve essere svolta tenendo presente
l’utilità sociale, cioè garantendo una ricaduta positiva sulla società e senza causare
danni alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.
Lo Stato deve intervenire e vigilare affinché l’attività economica non sia svolta ad
esclusivo vantaggio dell’imprenditore e non provochi danni sociali. A tal fine l’ultimo
comma dell’art. 41 affida al legislatore il compito di indirizzare la libertà di
iniziativa economica privata mediante programmi e controlli appropriati.
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8. LA PROPRIETÀ
Art. 42.
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o
a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di
acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di
renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo,
espropriata per motivi d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i
diritti dello Stato sulle eredità.
Il primo comma dell’articolo 42 della Costituzione riconosce la possibilità di
coesistenza di due diversi tipi di proprietà, quella pubblica e quella privata, posti
su di un piano di parità.
La Costituzione, al secondo comma dell’articolo in esame, assegna al legislatore
ordinario il compito di disciplinare i modi di acquisto e di godimento della proprietà
privata affermando, altresì, che lo Stato deve intervenire per assicurare la funzione
sociale e per rendere la proprietà accessibile a tutti.
Per realizzare questo fine ed in armonia con il principio dell’utilità sociale, lo Stato
può, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriare la proprietà privata (
art. 42 3° comma Cost.).
L’ultimo comma dell’art. 42, infine, attribuisce al legislatore
il compito di
regolamentare la successione legittima e testamentaria (cioè quel potere, riconosciuto
all’individuo, di disporre dei propri beni in seguito alla sua morte) ed i diritti dello
Stato sull’eredità.
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9.
LA TUTELA DEL RISPARMIO
Art. 47.
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina,
coordina e controlla l'esercizio del credito.
Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà
diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi
complessi produttivi del Paese.
Il primo comma dell’articolo 47 della Costituzione afferma che la Repubblica
incoraggia il risparmio, poiché questa attività ha un ruolo importante nel circuito
economico, sia perché consente ai singoli di provvedere ai bisogni futuri, sia perché
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consente agli imprenditori di reperire le risorse necessarie a finanziare la propria
attività. La tutela del risparmio è concepita dai costituenti in un ottica di protezione
del lavoratore e dell’imprenditore, a tal fine l’articolo in esame afferma, altresì, che
l’esercizio del credito, svolto essenzialmente dalle Banche, deve essere disciplinato
coordinato e controllato da norme severe che possano assicurare l’affidabilità degli
operatori.
Il secondo comma dell’articolo 47 afferma che lo Stato incoraggia l’accesso alla
proprietà dell’abitazione ( ad es. concedendo delle agevolazioni fiscali per l’acquisto
della prima casa) ed alla proprietà diretta coltivatrice, nonché all’investimento
azionario.
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I RAPPORTI POLITICI
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I RAPPORTI POLITICI
Dallo status di cittadino discende il diritto-dovere di partecipare alla vita dello Stato.
La Costituzione nel Titolo IV dedicato ai rapporti politici rende effettiva tale
partecipazione ed indica i doveri del cittadino verso lo Stato.
1. IL DIRITTO DI VOTO
Art. 48.
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini
residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una
circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel
numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di
sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
L’art. 48 sancisce il diritto di voto (o diritto di elettorato attivo) quale principale
strumento per l’esercizio della sovranità popolare.
Dall’articolo in esame discendono il carattere rappresentativo della nostra Repubblica
ed il riconoscimento del suffragio universale, poiché hanno diritto di voto tutti i
cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età ( corpo elettorale).
Il secondo comma definisce l’esercizio del voto come un dovere civico, cioè un dovere
morale di partecipare attivamente alla vita democratica. Non va incontro ad alcuna
sanzione chi si astiene dal voto. L’articolo 48, sempre al secondo comma, indica le
caratteristiche del voto, cioè i requisiti fondamentali (personale, uguale, libero,
segreto) per garantire a tutti gli elettori di manifestare liberamente la propria
volontà.
Il voto è personale , cioè individuale, può essere espresso solo dall’elettore, che non
può delegare altri ad esercitarlo per lui; è eguale, cioè dotato di identico peso e
valore ai fini del conteggio finale; è libero, cioè formulato senza subire
condizionamenti, pressioni, intimidazioni, strumentalizzazioni; è segreto, cioè espresso
in assenza di altre persone che possano eventualmente influenzare l’elettore.
Il terzo comma dell’articolo 48 prevede il riconoscimento del diritto di voto dei
cittadini residenti all’estero mentre l’ultimo comma stabilisce alcune limitazioni
all’esercizio del diritto di voto: si tratta di casi di persone condannate a gravi pene
detentive o moralmente indegne.
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I RAPPORTI POLITICI
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2. I PARTITI POLITICI
Art. 49.
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con
metodo democratico a determinare la politica nazionale.
L’articolo 49 riconosce la libertà di associazione in partiti politici.
I partiti politici sono associazioni di persone, unite da un’ideologia comune, che
perseguono fini politici.
I partiti politici rappresentano l’elemento fondamentale per attuare concretamente
la democrazia rappresentativa perché svolgono una funzione da tramite tra il popolo e
le istituzioni.
I cittadini possono partecipare alla vita politica del Paese oltre che con l’esercizio del
diritto di voto, anche aderendo ad un partito politico esistente o dandone vita ad uno
nuovo.
Dall’art. 49 discende la garanzia del pluripartitismo: dal pluralismo delle idee e degli
interessi nascono più partiti e la possibilità di scegliere tra alternative diverse
garantisce il regime democratico.
I partiti politici giuridicamente sono associazioni di fatto, non sono assoggettati ai
controlli previsti per le associazioni riconosciute e godono di un’ampia autonomia, ma
occorre che lo statuto ed il programma siano indirizzati a fini democratici. La
Costituzione assegna ai partiti politici il compito di determinare la politica nazionale,
ma essi devono farlo democraticamente, devono mantenere e rafforzare le istituzioni
democratiche e non sovvertir ei fondamenti dello Stato.
3. LA PETIZIONE
Art. 50.
Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti
legislativi o esporre comuni necessità.
L’articolo 50 introduce il primo degli istituti di democrazia diretta, la petizione, che
insieme al referendum e all’iniziativa popolare, rientra nel complesso degli strumenti
attraverso i quali i cittadini partecipano alla determinazione dell’indirizzo politico
dello Stato, esercitando direttamente la sovranità.
La petizione è un atto con cui i cittadini richiamano l’attenzione del Parlamento su
problemi di interesse generale e ne sollecitano la soluzione.
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I RAPPORTI POLITICI
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4. ACCESSO ALLE CARICHE E AGLI UFFICI PUBBLICI, ELETTORATO
PASSIVO
Art. 51.
Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle
cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A
tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra
donne e uomini.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai
cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo
necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
L’art. 51 sancisce il diritto alla parità di accesso agli uffici pubblici e alle cariche
elettive tra gli uomini e le donne, in armonia con il principio di uguaglianza di cui
all’articolo 3 della Costituzione.
Al primo comma dell’art. 51, in seguito alla modifica Costituzionale operata dalla L.
n.1/2003, sono state introdotte nella Costituzione le “ pari opportunità”, al fine di
dare più spazio alla presenza femminile sia per l’accesso alle cariche elettive, sia agli
uffici pubblici.
L’art. 51 prevede il diritto di eleggibilità ( diritto di elettorato passivo) che è
riconosciuto a tutti coloro che godono del diritto di elettorato attivo: chi è elettore è,
di regola, anche eleggibile, ferme restando le differenze relative all’età ( 25 anni per
essere eletti alla Camera dei Deputati e 40 anni per essere eletti al Senato della
Repubblica).
Il l secondo comma dell’art. 51 prevede l’ammissione agli uffici pubblici e alle
cariche elettive anche gli italiani non appartenenti alla Repubblica, cioè coloro che
vivono all’estero ed hanno la doppia cittadinanza ovvero hanno perso la cittadinanza
italiana.
L’ultimo comma dell’articolo in esame sancisce il diritto dei soggetti eletti di
conservare il proprio posto di lavoro. Lo scopo è di garantire a chi ricopre una
carica elettiva di dedicarsi pienamente a questo mandato senza il timore di dover
rinunciare alla propria fonte di reddito.
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I RAPPORTI POLITICI
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I DOVERI DEL CITTADINO
La Costituzione sancisce alcuni fondamentali e inderogabili doveri pubblici imposti ai
singoli al fine di realizzare concretamente il principio di solidarietà economica, sociale
e politica che discende dall’art. 2 della Costituzione.
1. LA DIFESA DELLA PATRIA
Art. 52.
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo
adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei
diritti politici.
L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.
L’articolo 52 sancisce il dovere di difesa della Patria.
Questo dovere inderogabile non si riferisce solo al territorio nazionale, ma anche al
patrimonio comune di cultura e di valori che trovano riconoscimento nella Costituzione.
Tale dovere è definito dal 1° comma dell’art. 52 un dovere sacro, perché ha un
fondamento non solo giuridico ma anche morale. La difesa della Patria riguarda tutti i
cittadini, uomini e donne, perciò l’assolvimento di questo dovere non deve essere
inteso solo come difesa militare, in quanto anche in tempo di pace, per far fronte a
calamità naturali, tutta la comunità sociale deve sentirsi coinvolta a prestare
soccorso.
Dal 1° gennaio 2005 con la L. n. 226/2004, è stato sospeso l’obbligo di leva ed istituito
il servizio militare professionale, Lo Stato italiano conserva la possibilità di
reintrodurlo in caso di entrata in guerra dell’Italia o per eventi eccezionali.
L’ultimo comma dell’articolo 52, infine, stabilisce che l’organizzazione ed il
funzionamento delle Forze armate debbano essere permeati dallo spirito
democratico. In applicazione di questo principio è stato modificato il regolamento
relativo alla disciplina militare, per cui al soldato devono essere garantiti gli stessi
diritti inviolabili che spettano al cittadino: proprio per questo è stata abolita la pena
di morte anche nel codice penale militare di guerra.
2. IL DOVERE DI PAGARE I TRIBUTI
Art. 53.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
Prof.ssa Maria Rappazzo
I RAPPORTI POLITICI
Artt. 48-54_5
L’art. 53 prevede il dovere di pagare i tributi.
La Stato impone i tributi per reperire i mezzi finanziari per far fronte alle spese
derivanti dalla fornitura dei servizi pubblici alla collettività.
Il primo comma stabilisce che tutti coloro che hanno capacità contributiva, cioè
percepiscono un reddito o possiedono un patrimonio, non solo i cittadini, hanno il
dovere di pagare i tributi allo Stato.
Il secondo comma sancisce per l’imposizione fiscale il criterio della progressività, in
base al quale la percentuale da applicare per determinare l’imposta aumenta al
crescere della ricchezza. E ciò perché coloro che percepiscono alti redditi, possono,
con un minor sacrificio, contribuire maggiormente al benessere della collettività.
3. IL DOVERE DI FEDELTÀ ALLA REPUBBLICA
Art. 54.
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la
Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con
disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
L’art. 54 prevede il dovere di fedeltà alla Repubblica e di rispetto della
Costituzione e delle leggi.
Imponendo il dovere di fedeltà alla Repubblica il costituente ha inteso garantire la
fedeltà alla forma istituzionale scelta dal popolo il 2 giugno del 1946 oltre che ai
principi ispiratori del nostro ordinamento.
Sempre al 1° comma l’art. 54 prevede il dovere di osservare la Costituzione e tutte
le leggi che costituiscono il nostro sistema giuridico.
Il dovere di fedeltà non ha limiti in quanto ognuno di noi è tenuto a rispettare tutte le
leggi dello Stato, in particolar modo chi ricopre cariche pubbliche ha il dovere di
compierle con disciplina ed onore, in quanto essere al servizio della collettività
significa agire nell’interesse di tutti. In alcuni casi previsti dalla Costituzione viene
imposto il giuramento solenne di fedeltà alla Repubblica ed alla Costituzione, per
vincolare chi ricopre certe cariche allo svolgimento delle proprie funzioni nel rispetto
delle istituzioni ed al servizio della collettività.
Prof.ssa Maria Rappazzo