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CO R RI ER ECO NO M I A
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MARTEDÌ 3 MAGGIO 2016
Osservatorio Investimenti
Sondaggi La prima indagine di Swg tra 1.500 investitori: comodità e rigore tra le chance, ma il 40% teme che siano adatti solo a chi è esperto
Roboadvisor Non andranno al potere
Noi e gli algoritmi
Quali sono le principali opportunità
che possono offrire i robo-advisors
agli investitori?
Poter gestire tutto comodamente da casa o da dove si vuole
37%
Non essere legato/vincolato a un consulente o alla banca
34%
Poter monitorare costantemente i propri investimenti
25%
Basare le scelte di investimento su rigorosi algoritmi
25%
Diversificare gli investimenti in base a livelli di rischio diversi
25%
Poter usufruire di un servizio di consulenza a basso costo
23%
Poter gestire gli investimenti molto più velocemente
20%
Essere accessibile anche per chi ha pochi soldi da investire
20%
Poter gestire gli investimenti in modo molto semplice
15%
E quali, invece, i principali rischi
che intravede nei robo-advisors
per gli investitori?
Sono adatti solo a persone molto esperte in ambito finanziario
41%
Rischiano di fare perdere tutto a persone meno esperte
39%
Non sono in grado di gestire l'emotività del cliente
34%
Il 77% degli italiani pensa che aiuteranno i consulenti umani, senza sostituirli
DI GIUDITTA MARVELLI
I
l nostro portafoglio potrà avvalersi sempre più spesso della
consulenza di un robot. Che cosa ne pensano gli italiani? Il
33% ne ha sentito parlare, ma il
gruppo di chi si ritiene sufficientemente informato è pari solo all’8%.
La stragrande maggioranza, ad ogni
modo, anche se ne sa poco, si dice
d’accordo con l’assunto che «Nessuna macchina può sostituire l’intuizione umana» (87%). Il buon senso,
quindi, sembra non mancare, anche
se la strada da fare nel nostro paese
per capire ed utilizzare al meglio le
opportunità offerte dagli algoritmi
consulenziali è lunga.
Non sono in grado di controllare la volatilità del mercato
31%
Non tengono in conto della propensione al rischio di ciascuno
30%
Non offrono un servizio personalizzato
24%
I numeri
Non gestiscono esigenze complesse di grandi patrimoni
15%
Ecco i dati più interessanti della
ricerca realizzata da Swg su uno degli argomenti più nuovi sul pianeta
del risparmio. Sono stati presentati
da Alessandra Dragotto direttore ricerca di Swg (vedi commento qui
sotto) al Salone del Risparmio, che
si è tenuto a Milano tra il 6 e l’8 aprile al centro congressi MiCo, in una
delle 120 conferenze che hanno composto l’evento. Alla tavola rotonda
hanno poi partecipato alcuni partner fondatori dei primi roboadvisor
italiani, Advise Only e MoneyFarm,
rappresentati rispettivamente da
Raffaele Zenti e Paolo Galvani, oltre
a Germana Martano, direttore generale di Anasf (promotori finanziari)
e Sebastiano Mazzoni Perelli, di-
Possibili più risposte. Fonte: Dati
– aprile 2016. Base: 1.500
Nel futuro, secondo lei
i robo-advisors...
16%
Si riveleranno
un flop e
spariranno
7%
77%
Potranno solo
affiancare le figure e
i canali tradizionali,
senza però
sostituirli
Sostituiranno
del tutto le
figure e i canali
tradizionali di
investimento
Il commento
Quella paura del nuovo
che va capita e superata
DI ALESSANDRA DRAGOTTO*
S
e negli Stati Uniti e in Gran Bretagna
i Robo-advisor sono ormai di casa,
non si può dire altrettanto in Italia
dove se ne parla di rado e solo di recente.
Eppure la nascita dei robo-advisor — così
vengono definiti i servizi di consulenza finanziaria online che forniscono in maniera più o meno automatizzata i consigli e gli
strumenti necessari per permettere di investire anche ai piccoli risparmiatori —
rappresenta per certi aspetti non solo
un’evoluzione naturale della consulenza
finanziaria, ma anche e soprattutto la volontà di rendere accessibile un investimento personalizzato a una clientela
quanto più vasta possibile.
Fino a qualche anno fa, infatti, chi intendeva investire i propri risparmi, poteva
scegliere tra il fai da te o l’affidarsi alle cure di un consulente finanziario. Il primo
caso poteva rivelarsi rischioso e il secondo
oltremodo costoso o di complessa gestione. L’avanzare della tecnologia ha quindi
favorito l’ottimizzazione delle risorse con
una conseguente riduzione dei costi accessori, in favore di un servizio semplice e
potenzialmente accessibile a tutti.
In un mercato come l’Italia però, che è
guidato soprattutto dall’interazione umana, una risposta ai bisogni degli investitori
basata solo sulla tecnologia rischia — almeno nel breve periodo — di rivelarsi un
flop o di essere destinata a un segmento di
nicchia. Sono, infatti, i clienti non fidelizzati quelli che oggi preferiscono un servizio automatizzato alla relazione umana;
coloro che magari sono insoddisfatti dei
risultati ottenuti dai consulenti, coloro
che pensano che in qualche modo sia meglio sbagliare da soli piuttosto che siano
gli altri a sbagliare per te. Può sembrare
banale, dunque, ma la verità è che la tecnologia applicata alla consulenza finanziaria è vissuta più come uno strumento
per gli operatori che come una risposta
del mercato indirizzata alla clientela. Il
compito primario della tecnologia è di
consentire la sinergia tra gli aspetti umani
e questo sembra l’approccio destinato ad
avere maggiore successo. D’altra parte i
cambiamenti spaventano e, la prima reazione è rifiutare l’idea del passaggio. Un
passaggio, tuttavia, inevitabile come ogni
tappa evolutiva che ha segnato — ad
esempio — la transizione dall’analogico al
digitale.
Probabilmente ciò che spaventa e crea
rifiuto è il riferimento alla componente robotica del termine robo-advisor (basterebbe forse cambiarne il nome per mutare
l’orientamento dell’opinione pubblica?),
che in realtà non indica un servizio di consulenza finanziaria esclusivamente automatizzato, bensì la possibilità di rendere
la propria consulenza scalabile a un alto
numero di clienti.
Il punto sembra essere dunque quello
di riuscire a combinare un processo di robo-advisory con la parte più umana ed
emozionale del processo: il consulente finanziario esperto si avvale degli algoritmi
per migliorare la sua consulenza e non per
sostituirla.
Ma c’è un altro aspetto che non può essere trascurato: l’altra faccia della medaglia. Il processo di acculturamento finanziario e digitalizzazione dei clienti è destinato a subire una forte accelerazione, forse più rapida di quanto ci si aspetti. I
comportamenti d’acquisto digitali delle
nuove generazioni sono già ben sviluppati
e sono completamente diversi dalle generazioni precedenti. E le banche lo hanno
capito o lo stanno capendo molto bene.
Il punto dunque è che forse bisogna
guardare al mercato con uno sguardo un
po’ più lungo e prospettico, preservando
ciò che di buono c’è nel sistema attuale,
ma sapendo cogliere al contempo le opportunità di un futuro che è già qui.
*Direttore di ricerca Swg
© RIPRODUZIONE RISERVATA
rector di Prometeia.
Il tema dei roboadvisor, i software in grado di offrire consulenza in
base alle esigenze e al profilo di rischio del cliente, anima discussioni e
di investimenti sui mercati anglosassoni, dove esistono diverse società
dedicate, che offrono servizi in Rete,
e dove i big dell’asset management si
stanno affrettando a comprare
«braccia» virtuali da affiancare ai
loro servizi classici di consulenza.
Secondo alcune stime il business
che oggi vale qualche centinaio di
miliardi nel giro di cinque anni potrà superare i 5 mila miliardi.
In Italia, secondo i dati elaborati
da Swg, è abituato ad utilizzare il
web come ausilio per gli investimen-
Albert
ti il 38% del campione, composto da
1.500 soggetti rappresentativi dell’Italia con portafoglio. Un altro 38%
si affida a un consulente mentre il
52% va in banca o in Posta.
Le tipologie
I risparmiatori «evoluti», composti da cassettisti (35%) e trader
(12%), sono il 47%: per loro la gestione del denaro coincide più con il
concetto di investimento che con
quello di risparmio e di mera preservazione del capitale. Gli evoluti considerano affidabili le piattaforme
online (53%), mentre nel campione
generale si scende al 37%, contro il
58% che si fida solo delle società
specializzate e delle banche tradizio-
nali. E la divergenza di opinione si fa
ancora più grande se si arriva al nocciolo dell’indagine, il giudizio sui roboadvisor. A livello generale il 57%
li ritiene una minaccia, il restante
43% un’opportunità. Ma nel sottoinsieme dei risparmiatori non evoluti,
chi ha paura sale al 67%, mentre nel
segmento degli evoluti è il 59% a ritenere i roboadvisor un’opportunità.
Quali sono le chance positive offerte dai software che investono per
noi? La più votata (37%) è fare tutto
da casa o da dove si vuole, seguita
dal non essere vincolati a un consulente (34%). A una certa distanza di
gradimento si piazzano il monitoraggio degli investimenti, il fatto di
poter usare rigorosi algoritmi e di
diversificare i propri investimenti
(25%). Il basso costo (23%) non è
quindi in cima alla lista e nemmeno
la semplicità (15%). Tra i maggiori
rischi (40%) c’è invece l’idea che siano adatti solo a grandi esperti e che
non siano in grado di gestire l’emotività del cliente (34%). In ultima
analisi, però, nessuno (o quasi) crede che davvero gli algoritmi possano
sostituire del tutto gli umani nella
consulenza finanziaria: questo timore affligge solo il 7% del campione. Il
16% addirittura vede i roboadvisor
come una moda passeggera. Mentre
il 77% sfoggia di nuovo un gran buonsenso, dicendo che «potranno affiancare le figure e i canali tradizionali, senza però sostituirli».
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