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DIVISIONE MERCATO Quale professione? Consulenza 22 maggio 2012 Chi si avventura nel mondo della consulenza ha la possibilità di lavorare con diverse aziende nei settori e nelle aree geografiche più disparati. Come i lavori assegnati, anche le posizioni tra cui scegliere costituiscono un’ampia gamma. Le esperienze di Arjola Abazaj di Deloitte Consulting, Raffaella Rizzi di BEE Consulting, Daniele Gatti di Ernst&Young, Stefania Pesce di KPMG Advisory ed Elena Pipeschi di PricewaterhouseCoopers hanno fornito maggiori informazioni sulle diverse sfaccettature di questo settore. Per quanto riguarda la consulenza manageriale in senso stretto, Arjola Abazaj ha spiegato che il lavoro consiste nel preparare documenti di varia natura (detti deliverable) da presentare al cliente. A seguito dei commenti e delle osservazioni che sorgono durante le riunioni con il cliente, si revisiona la bozza fino a quando non si raggiunge una versione soddisfacente. La flessibilità è d’ordine visto il carattere vario del lavoro, sia in termini di compiti da svolgere (a seconda delle richieste il deliverable è un’analisi diversa), sia in termini di orari, in quanto gli spostamenti e le riunioni sono frequenti e bisogna rispondere alle richieste del cliente nei tempi definiti. Raffaella Rizzi ha invece chiarito le differenze tra consulenza strategica ed organizzativa: la prima si occupa di produrre report per il top management, in tempi più stretti e con deliverable dall’ottica di breve periodo (ad esempio calcolando l’impatto dell’introduzione di nuove normative sulla struttura aziendale); la seconda invece porta alla redazione di documenti utili anche per il middle management, solitamente a supporto di grosse trasformazioni aziendali, in ottiche di periodo più lungo (della durata anche di qualche anno). La possibilità di poter interloquire con varie funzioni (front, middle e back office) e i vari livelli organizzativi richiede lo sviluppo di un linguaggio capace di adattarsi all’interlocutore e al contesto in cui si opera. L’esperienza di Daniele Gatti riguarda invece la consulenza finanziaria, ovvero quella legata a operazioni di restructuring ed M&A. Anche qui il deliverable si definisce volta per volta: può essere un report che mette in evidenza criticità di una particolare transazione, un documento di supporto per una riunione o un elaborato di 400 pagine. Spesso si lavora in ambito di due diligence finanziaria, cioé all’interno di un processo che serve a controllare la solidità dell’azienda oggetto dell’operazione finanziaria. Il lavoro è transaction-oriented: a seconda del progetto i tempi possono spaziare da 3 settimane a 10 mesi di lavoro. La consulenza però non è solo in ambito strategico, organizzativo o finanziario: Stefania Pesce ha raccontato di come la figura del consulente si può avvicinare a tematiche di sostenibilità. Il suo lavoro consiste infatti nel monitoraggio e nella rendicontazione delle performance socio-ambientali delle aziende, rispondendo alle esigenze di queste ultime di comunicare e migliorare la propria sostenibilità. Quello della corporate social responsibility è un tema trasversale e stimolante: interfacciandosi con diverse unità dell’azienda, porta ad una conoscenza del business a 360°. Di giorno in giorno ci si occupa di redigere e attestare documenti quali bilanci di sostenibilità o piani di sostenibilità (che sono una sorta di SWOT analysis dell’azienda in tema ambientale). Le tempistiche dei progetti in genere sono meno pressanti, ma dipendono in ogni caso dalle richieste del cliente. Infine, consulenza può esistere anche come monitoraggio delle attività dell’azienda. Come spiegato da Elena Pipeschi, il lavoro si divide nelle due macro aree di compliance e project management office. La prima si occupa delle nuove normative da implementare: si analizza la situazione attuale, “as-is”, si individuano i gap rispetto alla normativa che entrerà in vigore, si stabiliscono i livelli di criticità dei gap e per colmarli si definisce e si implementa un “action plan”. Il project management office invece monitora le attività nelle DIVISIONE MERCATO aziende, anche in start-up, verificando che le varie funzioni lavorino ai compiti che spettano loro nei tempi previsti. Anche in questo caso ci si interfaccia con tutte le funzioni dell’azienda (organizzazione, compliance, audit, commerciale, consulenza, legale) e il rapporto con il top management è importante per costruire un rapporto di fiducia con il cliente. Nonostante l’ampiezza degli ambiti di specializzazione, ci sono caratteristiche comuni che un consulente deve possedere? Secondo Davide Gatti, la flessibilità per un consulente è cruciale: bisogna imparare velocemente e ci vuole capacità di adattamento. Spesso è l’ambiente di lavoro stesso, come affermato da Stefania Pesce a spingere verso lo sviluppo di una flessibilità mentale, poiché si lavora in team diversi e ci si rapporta con diversi clienti, settori e colleghi. Il cambiamento è quindi sia interno che esterno all’azienda e permette di affinare l’adattamento alle situazioni. Non ci sono specifiche competenze da possedere, perché quelle di base si imparano in università e servono a dare alla persona una forma mentis specifica. Raffaella Rizzi infatti conferma che il lavoro in consulenza consiste nell’imparare un metodo, più che specifiche nozioni (che possono imparare “sul campo”). Più si sale in carriera, più quello che la persona deve possedere sono infatti i soft skill, come la capacità di lavorare in team, di capire le esigenze del cliente, di gestire i conflitti, etc. In ambito linguistico, la conoscenza dell’inglese si conferma un requisito base, poiché la maggior parte dei clienti è costituita da aziende operanti in ambito multinazionale. Infine, qualche suggerimento per i colloqui: oltre alla motivazione e alla conoscenza della posizione per cui ci si sta candidando, spesso può essere utile arrivare già “allenati” sui business case che vengono proposti. I manager infatti danno molto peso alla soluzione di tali quesiti perché permettono di far emergere il ragionamento e l’approccio mentale del candidato al problema. Che l’ambito sia organizzativo, finanziario o strategico, sempre di problem solving si tratta… e un consulente non è un cartomante: per i suoi compiti si affida alla logica, mai al caso.