analisi desk - Focus tematici

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analisi desk - Focus tematici
ANALISI DESK
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INDICE
INTRODUZIONE ...............................................................................................................................3
1.
OBIETTIVI DELL’ANALISI DI SFONDO .............................................................................4
2.
METOLOGIE DELL’ANALISI.................................................................................................6
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L’ESPERIENZA ACQUISITA SUL BDG DALL’ASSOCIAZIONE C.A.R.O.S. ...................8
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IL BILANCIO DELLE COMPETENZE PER LO SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE
NELL’ENTE POSTE ITALIANE............................................................................................18
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ALTRE METODOLOGIE........................................................................................................23
5.1 ASSESSMENT CENTER.........................................................................................................23
5.2 DEVELOPMENT CENTER ....................................................................................................25
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INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi quindici anni, il Bilancio di Competenze1, ha conosciuto un sensibile
sviluppo non solo nel nostro Paese ma anche presso altre realtà europee, quali ad esempio: la
Spagna, il Portogallo, la Polonia, etc.
Come più volte richiamato, nella sua accezione originaria francese, il bdc non è un’azione
orientativa ma un dispositivo riconosciuto normativamente (Legge n° 91-1405 del 31.12.1991) che
serve ai lavoratori occupati soprattutto per fare il punto sul proprio sviluppo professionale, al fine
di vedere riconosciute dalle aziende le competenze acquisite e richiedere avanzamenti di carriera e,
per l’azienda, uno strumento per gestire percorsi di carriera e ristrutturazioni aziendali. In Francia, i
bilanci, vengono svolti presso organismi appositamente costituiti (Centres Interistitutionnelles Bilan
de Compétences2) riconosciuti e partecipati da: imprenditori, Sindacati e Ministero del Lavoro; in
questo contesto la pratica del bilancio si inserisce, pertanto, all’interno di un sistema di mobilità
negoziato fra le parti sociali.
Per l’Italia la situazione è diversa dobbiamo, infatti, sottolineare che alla sua generale diffusione si
accompagna un approfondimento anche teorico che suggerisce di cambiarne la denominazione secondo anche quanto scrive Leonardo Evangelista - in Bilancio Orientativo, per indicare un
bilancio con finalità e impostazioni di orientamento. Questa denominazione trova valore anche nel
fatto che, nel nostro Paese, questo strumento viene utilizzato principalmente e quasi
sistematicamente nei centri per l’impiego come servizio di orientamento rivolto ai giovani, che terminato il percorso universitario - si affacciano al mondo del lavoro o ai disoccupati alla ricerca di
una nuova occupazione. Dunque, sulla base della ricerca condotta, si può affermare che - sotto la
denominazione di Bilancio Orientativo - possono essere collocate la maggior parte delle esperienze
rintracciate, di cui però non sarà data visibilità nell’ambito di questo lavoro che aveva come
obiettivo quello di fare un affondo nella Pubblica Amministrazione, una realtà che, proprio in questi
anni, è protagonista di un forte cambiamento dove le strategie di organizzazione e gestione delle
Risorse Umane devono adeguarsi al progressivo espandersi di un modello di sviluppo dell’azione
amministrativa orientato al perseguimento di obiettivi dinamici.
Il perno di questo discorso, dunque, si fonda sullo sviluppo delle Risorse Umane, intese come la
risultante di due movimenti centripeti: da una parte gli investimenti delle organizzazioni per la
valorizzazione del proprio capitale sociale e, dall’altra gli investimenti delle persone su se stesse per
il proprio futuro professionale. Questa transizione nel mercato interno delle aziende, funziona nella
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D’ora in poi Bdc
D’ora in poi C.I.B.C.
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misura in cui entrambe le parti percepiscono vantaggi adeguati. Per questo, da un lato le
Amministrazione Pubbliche tendono a “prendersi cura” delle proprie risorse più di quanto non
facessero in passato e dall’altro gli individui si orientano a diventare protagonisti, in misura
maggiore rispetto al passato, del proprio sviluppo professionale. Nessuna azienda pubblica o
privata, per quanto ben intenzionata, può garantire tutta la formazione necessaria a generare
comportamenti e prestazioni attese, come pure nessun individuo da solo può fronteggiare esigenze
conoscitive sempre più ampie e complesse. Sta quindi cambiando il “patto fondamentale” che
regola gli scambi tra individui e organizzazioni pubbliche: queste ultime, oltre a programmare
interventi mirati tendono a mettere a disposizione dei propri collaboratori strumenti e opportunità di
autosviluppo e di autoformazione; le persone tendono a mobilitare i propri interessi e le proprie
energie, se opportunamente supportate, a vantaggio dei risultati e dello sviluppo aziendale3.
L’analisi delle competenze pertanto, sia pure realizzata con metodiche diverse, rappresenta
l’elemento necessario alle organizzazioni in funzione di un efficace ed efficiente raggiungimento
dei propri obiettivi da una parte e, dall’altra, rappresenta la valorizzazione delle competenze
possedute e messe in atto da quanti operano nella P.A. nell’esercizio del proprio ruolo dove per
competenze, in senso ampio, si intende un “insieme di conoscenze, capacità e comportamenti
finalizzati al conseguimento delle performance richieste”4.
1.
OBIETTIVI DELL’ANALISI DI SFONDO
Nell’ambito del progetto BILCO – Sperimentazione e validazione di un modello di Bilancio delle
Competenze, l’analisi di sfondo realizzata, aveva l’obiettivo di approfondire e descrivere il quadro
di riferimento nell’ambito del quale lo strumento del bdc si sviluppa e viene utilizzato. Per tale
lavoro di ricerca si è cercato di individuare le esperienze italiane e non che presentano una maggiore
coerenza con i criteri di base che caratterizzano il modello messo a punto e sperimentato dal
Formez5, a partire dagli anni 2001/2002, attraverso la realizzazione del primo progetto pilota ‘Il
Bilancio delle competenze per gli operatori della Pubblica Amministrazione’.
La prima sperimentazione era stata condotta sulla base di uno studio preliminare finalizzato
soprattutto alla conoscenza dello strumento del bilancio. Per tale ragione, infatti, si era fatto
riferimento, oltre che al supporto scientifico della Ia Cattedra di Educazione degli Adulti di Roma
Tre che ha, al suo interno, un laboratorio dedicato al bdc, anche ad un gruppo di esperti francesi, tra
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Carlo Penati, documentazione interna Progetto TRAGUARDI -FORMEZ
Ibid.
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Il Bilancio di Competenze, qui assunto nel suo significato originario francese, è un metodo di analisi e descrizione
delle competenze professionali e personali, delle attitudini e motivazioni in vista della definizione di un progetto di
sviluppo professionale e, ove necessario, di un progetto di formazione.
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cui la dott.ssa Nadine Cretè, che all’epoca del Progetto coordinava una analoga sperimentazione
nell’ambito del Centre Nazionale de la Function Publique Territoriale in Francia e la dott.ssa
Josyane Relland, direttrice di un C.I.B.C presso Parigi.
Alla fine della prima esperienza erano emersi punti di debolezza e allo stesso tempo punti di forza,
per utilizzare una terminologia consona al bdc, che imponevano di implementare l’analisi con uno
sguardo, questa volta, alla realtà del nostro Paese. Bisognava innanzitutto andare a sondare il
terreno e la sensibilità che si era creata intorno a questo strumento e - in secondo luogo era
importante - visto che si è tutt’ora in una fase di sperimentazione, andare a studiare i casi di
eccellenza rintracciati al fine di coglierne eventuali suggestioni da elaborare e integrare con il
modello messo a punto dal Formez.
Durante la fase iniziale del progetto BILCO, l’analisi di desk si è, pertanto, realizzata attraverso un
lavoro di ricerca che ha riguardato, in particolar modo, il reperimento e lo studio delle principali
esperienze di bdc realizzate in Italia e nei Paesi dell’Unione Europea nell’ambito delle P.P.A.A.,
nonché attraverso lo studio critico della letteratura più aggiornata in materia di bdc e, infine, con la
realizzazione di un’intervista ad un consigliere di bilancio.
Dai risultati di questo lavoro, un primo dato che emerge mette in rilievo che, nonostante il bdc sia
entrato a pieno titolo nell’alveo degli strumenti impiegati per la gestione e la valorizzazione delle
Risorse Umane la sua applicazione rimane, ancora, piuttosto circoscritta alla realtà delle aziende
private con poche applicazioni nel Pubblico Impiego. È, inoltre, doveroso dichiarare che molte delle
esperienze rintracciate non sono state prese in considerazione perché nonostante la denominazione
di bilancio di competenze, sotto cui venivano presentate si celavano, in realtà, metodiche che
avevano a che fare, piuttosto, con la valutazione delle performances, l’assessment center o altre
metodologie affini.
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2.
METOLOGIE DELL’ANALISI
La ricerca si è sviluppata attraverso:
A. lo studio della letteratura in materia di bilancio delle competenze;
B. il reperimento e lo studio di documentazione relativamente ad esperienze italiane ed europee
in materia di bilancio di competenze;
C. la realizzazione di interviste a testimoni privilegiati.
A) Lo studio della letteratura in materia di bilancio delle competenze
Riguardo al primo punto, si è scelto di lavorare con una letteratura che prescindesse dai testi
considerati classici 6con una visione più recente porta in primo piano, oltre che gli elementi
strutturali del bilancio, anche una riflessione più sistematica di questo strumento in relazione, per
esempio, alla formazione rivolta agli adulti al confronto tra il bilancio e altri strumenti di
valutazione delle Risorse Umane che vengono abitualmente impiegati nei contesti organizzativi
nell’ambito della gestione e dello sviluppo delle Risorse Umane.
Di seguito vengono riportati i titoli dei volumi consultati:
-
C. Lemoine, Risorse per il bilancio di competenze: percorsi, metodologie e strumenti
operativi, Franco Angeli, Milano, 2002
-
A. Di Fabio, Bilancio di competenze e orientamento formativo, Giunti - Organizzazioni
Speciali, Firenze, 2002
-
Levati – Saraò, Il modello delle competenze, Franco Angeli, Milano, 2003
-
M. C. Bonini, L’orientamento nell’educazione degli adulti, Franco Angeli, Milano, 2002
-
S. Russo, Il bilancio di competenze: una storia europea: dal trasferimento delle pratiche
alla certificazione, Franco Angeli, Bologna, 2001
-
A. Alberici – P. Serreri, Competenze e formazione in età adulta. Il bilancio di
competenze, Monolite, 2003
-
R. Gallo – D. Borchi, Bilancio di competenze e assessment center. Potenzialità e limiti
dell’auto e dell’etero valutazione delle Risorse Umane, Franco Angeli, Milano, 2002
6
Testi a cura di Bresciani, e di Aubret o Levy-Leboyer
6
-
G. Antoni – N. Giaconi, Il bilancio delle competenze per la creazione dell’obiettivo
professionale, Corsi & Concorsi, Maggioli Editore, 2003
B)
Il reperimento e lo studio di documentazione relativamente ad esperienze italiane ed
europee in materia di bilancio di competenze;
Relativamente al secondo punto, la ricerca ha proseguito attraverso un lavoro di reperimento e
analisi delle esperienze di bilancio realizzate nel nostro Paese e in Europa attraverso la rete internet.
Per questa fase della ricerca erano stati preventivamente fissati dei criteri al fine di circoscrivere
l’universo entro il quale si andava a svolgere l’indagine, questi criteri concernevano in particolare
alcuni elementi tra cui: la realizzazione di bdc in contesto P.A. e l’impiego del bdc secondo il
modello il francese.
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Per la società C.A.R.O.S. è stato possibile realizzare un’intervista con la Prof.ssa Marina Bottegoni
– docente di Gestione delle Risorse Umane presso la Facoltà di Scienze della Formazione ad Urbino
nonché consigliere di bilancio delle competenze; mentre per le Poste, la descrizione dell’esperienza
è stata fatta a partire dallo studio di tutta una serie di documentazione cartacea.8.
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Dalla ricerca realizzata attraverso internet sono sostanzialmente due i casi che si è scelto di approfondire in questo
contesto, il primo è relativo all’esperienza maturata dal gruppo C.A.R.O.S. e la seconda è, invece, relativa
all’esperienza maturata dall’Ente Poste. Nel primo caso si tratta di una società che eroga il servizio e quindi siamo, in
qualche modo, dalla parte dello strumento, il secondo caso, invece, va ad indagare l’impatto che la somministrazione
dello strumento ha avuto sull’Ente.
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Per il caso dell’Ente Poste si è soprattutto fatto riferimento a E. Paris, Esperienze di Bilancio di competenze in Italia,
(Tesi di Laurea in Educazione degli Adulti- Relatrice A. Alberici), Università degli Studi di Roma 3, Facoltà di Scienze
della Formazione, Anno Accademico 2000-2001, Sessione estiva.
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L’ESPERIENZA ACQUISITA SUL BDG DALL’ASSOCIAZIONE C.A.R.O.S.
Di seguito presentiamo l’intervista realizzata con la la Prof.ssa Marina Bottegoni – docente di
Gestione delle Risorse Umane presso la Facoltà di Scienze della Formazione ad Urbino
collaboratrice del C.A.R.O.S. (Circolo Associativo dei Ruoli Organizzativi e Strategici),
associazione che svolge attività di consulenza presso enti Locali e Pubbliche Amministrazioni:
Come si coniuga il BdC nell’ottica dell’Educazione Permanente?
Si può parlare certamente di un binomio Bilancio – apprendimento ovvero Bilancio delle
Competenze e lifelong learning nella Società conoscitiva in termini di apprendimento in età adulta,
proprio nella prospettiva di apprendimento continuo. In questo caso la valenza formativa del
Bilancio delle Competenze va letta nel contesto d’uso dello stesso, alla luce delle caratteristiche
peculiari dell’apprendimento in età adulta: Sicuramente va tenuto presente che il BdC, al pari di
qualsiasi altro strumento nato grazie all’apporto convergente di diverse discipline scientifiche, ha un
riscontro nella prassi, nel vivo dei processi sociali, allo scopo di incidere su di essi, e si colloca in
un preciso orizzonte culturale e si alimenta mediante una precisa fonte energetica che in questo caso
è la competenza professionale.
Come nasce il progetto presentato durante il Salone di Rimini lo scorso anno?
Fondamentalmente è stato importante avviare un processo di attenzione da parte anche della
Pubblica Amministrazione sulle competenze strategiche del personale, le così dette “core
competenze”, considerate essenziali per le risorse umane e per le organizzazioni per il
raggiungimento dei propri obiettivi.
La valorizzazione delle risorse umane, le donne e gli uomini di un’organizzazione, nell’attuale
società della conoscenza, costituisce uno degli assets fondamentali dell’Ente Locale: il punto di
partenza è la constatazione che il capitale di know-how sta sostituendo quello finanziario nel ruolo
di vincolo primario allo sviluppo economico. L’organizzazione fondata sulla conoscenza (learning
organization) è l’unità economica caratteristica dell’ambiente competitivo entro cui fa premio la
conoscenza distintiva. Lo sviluppo dell’Ente Locale richiede una particolare cura del capitale
umano, fatto di professional e manager compartecipi (spesso anche economicamente) dei risultati
innovativi.
È necessario in altre parole procedere ad un importante investimento nel ri-innovamento della
classe manageriale nel suo complesso, con una serie strutturata di interventi che traguardino ad
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identificare una nuova organizzazione fatta di uomini e donne in grado di confrontarsi meglio e con
successo con i profondi cambiamenti, nel nuovo modo di “essere” Pubblica Amministrazione.
Quale era il suo ruolo nell’ambito del progetto? e cosa fa l’Università di Urbino rispetto al BdC?
Non si può parlare di un ruolo preciso: decisamente le opportunità di “scambio” e di crescita
professionale e culturale derivano proprio da queste occasioni, definibili di kick off.
Oggi l’attenzione che la Pubblica Amministrazione da un lato e le organizzazioni dall’altro offrono
a questa tematica sono evidenti: l’attività del Formez in questo senso è decisamente fondamentale,
così come gli approfondimenti che il mondo scientifico sviluppa e implementa con la ricerca e la
relativa sperimentazione nel mondo del lavoro in un “laboratorio” permanente di apprendimento,
secondo la tecnica di formazione-intervento.
Schematicamente si può così rappresentare il processo di apprendimento da attuare:
Realtà organizzativa
Intervento formativo
Transfert istituzionale
Laboratorio
Transfert
Dell’apprendimento
Setting istituzionale
Setting formativo e di ricerca
Quali sono gli elementi del cambiamento che nella PA giustificano la messa a punto di uno
strumento come il bilancio delle competenze nella Pubblica Amministrazione Italiana?
I cambiamenti intervenuti nei sistemi economici e sociali hanno imposto un ripensamento
anche delle modalità di intervento e di azione dello Stato e delle Amministrazione Pubbliche in
campo economico e sociale. Nello specifico, anche per i vincoli imposti dall’integrazione europea,
sono stati avviati processi di privatizzazione per snellire il sistema pubblico, di decentramento
amministrativo in applicazione del principio di sussidiarietà e di trasformazione in senso aziendale
delle unità rimaste nella sfera pubblica.
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Ciò non significa attuare dei programmi massicci di formazione, ma, in realtà, intraprendere un
processo di educazione permanente teso a far percepire la necessità e l’urgenza del cambiamento.
Quindi non uno “stato”, ma un “viaggio”, dove la formazione è strumento per individuare i percorsi,
tenere la via, superare gli ostacoli e le resistenze.
Il processo educativo, parte essenziale del processo dinamico di ricerca continua dell’eccellenza in
uno scenario mutevole, deve in primo luogo perseguire l’obiettivo di flessibilità, deve cioè
sviluppare la cultura del cambiamento. Ciò significa sviluppare l’esigenza culturale di conoscere
(curiosità intellettuale, invece di diffidenza nei confronti del nuovo), stimolare atteggiamenti
proactive (sperimentare, farsi parte attiva del cambiamento) invece che reattivi (basarsi sul sentito
dire).
Si tratta in particolare di promuovere ed attuare nuovi modelli di organizzazione allineati all’attuale
contesto dell’Ente Locale, cui parallelamente vanno identificate anche modelli di comportamento e
di pensiero.
Per attuare questo cambiamento culturale e impostare al meglio le potenzialità del personale
dell’Ente occorre diffondere la cultura della valutazione vista non tanto come il “giudicare”, che fa
assumere immediatamente un atteggiamento difensivo, ma una valutazione delle competenze che
generi benessere:
-
una crescita del benessere della persona
-
un miglioramento della soddisfazione del cliente e
-
uno sviluppo dell’Amministrazione dentro la quale il soggetto opera, consentendo una
distribuzione “adhocratica” delle risorse, secondo la logica delle “persone giuste al posto
giusto”.
Ciò significa che la valutazione, per essere efficace come supporto, dovrà assumere caratteristiche
precise: essere nota e condivisa, su parametri significativi per il contesto, attraverso metodologie
che sappiano far emergere anche, e soprattutto, le attitudini comportamentali, le abilità sociali
(iniziativa, curiosità, creatività, innovazione, flessibilità, impegno nel decidere, fare le cose e
raggiungere i risultati, abilità relazionali e comunicative, lavoro in team), che sono il vero fattore
differenziale e competitivo fra le risorse umane, in grado di generare valore per l’Amministrazione.
Il punto di partenza è indubbiamente il bilancio delle competenze.
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Quale è il quadro di riferimento (legislativo o altro) che legittima il BdC quale strumento di
valutazione e sviluppo professionale nell’ambito della Pubblica Amministrazione?
Il bilancio delle competenze nel corso degli ultimi 6-7 anni ha conosciuto in Italia un certo
interesse. Oggi l’espressione circola correntemente in diversi ambienti: tra i decisori, ai vari livelli
delle politiche formative e dell’orientamento professionale tra i consulenti della formazione, negli
Enti Pubblici e Privato che operano nei campi, appunto della formazione, dell’orientamento e dello
sviluppo delle risorse umane, sino a farlo diventare una business idea.
Tuttavia alla crescente diffusione della locuzione e del suo uso non corrisponde la medesima
chiarezza e tanto meno una univocità di criteri interpretativi ed applicativi. Spesso sotto lo stesso
nome di BdC si svolgono attività e pratiche completamente diverse tra loro per finalità, strumenti e
metodi.
Viceversa, tra gli studiosi dell’argomento si registra una sostanziale convergenza di definizioni.
Sulla scia degli studi francesi9 possiamo definire sinteticamente il Bilancio delle Competenze come
un metodo di analisi e di autoanalisi assistita delle competenze, delle attitudini e del potenziale di
un individuo in funzione della messa a punto da parte dell'individuo stesso di un proprio progetto di
sviluppo professionale o di inserimento lavorativo o di formazione per l'occupazionale. Così
definito, il Bilancio si presenta come un metodo per lo sviluppo professionale e/o per l'orientamento
professionale di tipo autoattivo e proattivo: perché si basa sull'attivazione del soggetto beneficiario
il quale, sin dalla prima fase del Bilancio, viene sollecitato a rendersi protagonista del processo di
analisi delle proprie competenze, capacità ed attitudini e - nel caso in cui il Bilancio di Competenze
si concluda con un progetto - della messa a punto del proprio progetto di sviluppo professionale, e
di formazione.
Proattivo, perché il beneficiario è chiamato a mettere in campo la propria progettualità e, tramite
questa, ad operare cambiamenti a volte anche profondi.
In virtù di ciò assolve in modo spiccato a funzioni orientative, nel senso, però, dell'orientamento
formativo che aiuta la persona a crescere, a riconoscere le opportunità, a darsi obiettivi e a scegliere
tra alternative diverse.
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Il bilancio delle competenze nasce in Canada e si sviluppa principalmente in Francia, dove nel 1991 il suo utilizzo
viene regolato per legge. Nell’accezione francese “originaria” il bilancio non è un’azione orientativa, ma un dispositivo
riconosciuto dalla legge che serve ai lavoratori occupati soprattutto per fare il punto sul proprio sviluppo professionale
al fine di vedere riconosciute dall’azienda le competenze acquisite e richiedere avanzamenti di carriera e per l’azienda
un strumento per gestire percorsi di carriera e ristrutturazioni aziendali.
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Del resto non si danno né formazione né apprendimento se non si producono cambiamenti nella
persona che si forma o che apprende. E progettare vuol dire darsi nuove mete da raggiungere; vuol
dire essere disponibili ad abbandonare, totalmente o in parte, le vecchie coordinate professionali e
talvolta anche esistenziali; vuol dire “esplorare il futuro per addomesticarlo” secondo una
espressione di Boutinet.
Il BdC così inteso assolve anche ad un’importante funzione di empowerment. Una chiara
ricostruzione dei propri punti di forza e delle proprie possibilità evolutive e di crescita oltre a
rappresentare una base importante ed un risorsa preziosa per la messa a punto di qualsiasi progetto,
concorre a rafforzare il potere di generare alternative ed opportunità , a produrre la conoscenza del
dove e del come ottenere risorse ed innalzare l’autostima in termini di orgoglio, ottimizzazione e
motivazione e quindi in termini di rafforzamento del senso di autoefficacia.
Infatti, accanto all’analisi di esperienze passate, alla scrittura della propria biografia professionale,
ai test, alle simulazioni, una grande attenzione è attribuita all’individuazione e alla descrizione delle
capacità e competenze non certificate cioè dimostrate o acquisite al di fuori dei percorsi formativi
istituzionali e dall’esplicitazione di capacità e competenze che il soggetto non è cosciente di avere,
non limitandosi pertanto all’accertamento delle sole conoscenze tecniche e professionali del
singolo. In quest’ultimo caso abbiamo un accertamento delle conoscenze / competenze , ma non un
intervento orientativo di bilancio.
Va evidenziato che il bilancio non si ferma alla fotografia del soggetto. Parti altrettanto importanti
sono:
a. l’esplorazione dell’ambiente esterno;
b. la stesura di un progetto di formazione personalizzato, strutturato temporalmente e per sottoobiettivi
c. la fase dell’accompagnamento costituita da incontri regolari con il soggetto, intervallati nel
tempo, per verificare la realizzazione dell’obiettivo professionale. Altre componenti del
percorso di bilancio sono in genere l’analisi dei vissuti e la ristrutturazione cognitiva.
Mezzo di pilotaggio professionale , il bilancio delle competenze costituisce in pratica un punto di
collegamento tra due indirizzi.
Il primo – collettivo – si rivolge all’ente e consente di valorizzare le sue risorse umane ottimizzando
la gestione del lavoro e delle carriere, di anticipare il cambiamento rendendolo proficuo attraverso
una preparazione adeguata dei lavoratori dipendenti allo sviluppo tecnologico e strutturale oltre a
trarre profitto dal suo investimento in formazione.
Il secondo di indirizzo individuale – si rivolge al dipendente. Il bilancio di competenze offre
l’opportunità di individuare e valorizzare le competenze professionali e personali di ciascuno di
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conoscere in modo più approfondito le realtà. Consente di elaborare un progetto professionale, di
essere in grado di affrontare i cambiamenti aziendali in maniera reattiva riuscendo ad incanalarsi in
un quadro evolutivo, e realizzare un percorso di formazione personalizzato. A questo titolo si
inserisce in un universo a sei dimensioni tendenti verso:
-
l’elaborazione di una strategia professionale;
-
lo sviluppo di competenze nell’ambito del ruolo
-
l’accompagnamento di una procedura di mobilità interna o esterna;
-
la volontà di cambiare di evolversi di riqualificarsi di ricerca e di formazione
-
la preparazione al riconoscimento ed alla convalida dell’esperienza maturata
-
l’ottimizzazione dell’investimento formazione
Quale modello è stato utilizzato nel vostro progetto (durata, modalità di realizzazione, strumenti e
costi) e quali sono le variante nell’esperienza italiana rispetto al modello originario?
Essenzialmente si tratta di una vera e propria tecnica che aiuta a fare il punto su “se stessi”,
rilevando attitudini, abilità e competenze, magari non emerse e quindi sconosciute allo stesso
soggetto, ossia un metodo di analisi e descrizione delle competenze, delle attitudini e del potenziale
di una persona in funzione di un progetto di sviluppo professionale, di formazione, di selezione e di
sistemi premianti. In questo senso è inteso come servizio alla persona ad alto valore orientativo e
con un’implicita valenza motivante e di empowerment.
Con il Bilancio delle competenze la persona viene aiutata da un équipe di esperti a conoscersi più a
fondo possibile ed a mettere a punto un proprio progetto di sviluppo professionale sensato,
pertinente e credibile; in sintonia ed in aderenza con la “mission” dell’Ente di appartenenza e sulla
base delle proprie competenze, attitudini e potenzialità.
Un tempo le mansioni ed i compiti rappresentavano le unità di riferimento attraverso cui
organizzare il lavoro e mediante i quali gli individui si rapportavano all’organizzazione.
Nelle aziende ben organizzate, infatti, ciascun compito o lavoro era oggetto di una precisa
descrizione, che fungeva da strumento per comunicare cosa occorreva fare nel lavoro e quali
esperienze erano necessarie per svolgerlo.
I mutamenti sociali, tecnologici, economici verificatisi negli ultimi decenni hanno profondamente
influenzato le moderne organizzazioni, al punto di stravolgere completamente tale impostazione.
La natura del lavoro risulta, ora, da un contesto di relazioni intersoggettive, in cui diventano
fondamentali le caratteristiche personali.
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Le competenze, appunto, quali specifiche capacità, abilità, conoscenze che il personale possiede,
diventano così il fulcro centrale del governo delle risorse umane, sostituendo l’approccio
tradizionale basato sulle mansioni.
Il modello parte appunto proprio dalla descrizione delle attività, dei macro-processi, del ruolo, del
profilo professionale e delle skills necessarie per lo svolgimento del ruolo (skill needs) del best
performer. Successivamente potranno essere mappate le skill possedute dalle risorse presenti in quel
ruolo e verificare i gap ovvero gli scostamenti tra l’ottimale del best performer e il
posseduto/valutato, in questo senso potranno essere identificati dei percorsi di formazione
personalizzati o ricollocare il personale secondo l’accezione della persona giusta al posto giusto.
Rispetto al soggetto quale è il risultato finale di un percorso di bilancio? E rispetto
all’Amministrazione?
Tra i vantaggi del Bilancio per il lavoratore vi è quello di essere aiutato ad investire
adeguatamente il proprio patrimonio di competenze sentendosi motivato e realizzato nel e attraverso
il lavoro; per l’Amministrazione in genere uno dei vantaggi è quello di poter contare su persone
attive, ben orientate che aderiscono alla “mission” specifica del loro lavoro in modo libero,
autonomo e partecipato, piuttosto che lasciandosi trainare passivamente dalla routine. Nel contempo
si possono identificare percorsi formativi mirati e coerenti con le esigenze dei singoli e
dell’organizzazione.
Il processo di riforma che sta investendo le Pubbliche Amministrazioni in questo momento crea le
condizioni per sperimentare l’uso del Bilancio delle competenze soprattutto con le figure
professionali chiamate a svolgere un ruolo chiave quali potrebbero essere i quadri e soprattutto i
dirigenti.
Gli uomini e le donne che lavorano nell’Ente Locale devono essere adeguatamente indirizzati in
modo che siano facilitati nello svolgimento dei compiti assegnati e possano aumentare
costantemente nel tempo il valore della propria professionalità.
Si tratta di change management e di un nuovo stile di leadership, dove cultura dell’Ente, valori,
leadership e cambiamento sono legati fra loro in un modo circolare e da uno stretto rapporto che si
regge su un presupposto indispensabile: la coerenza in ogni azione dell’Ammministrazione.
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Quali strumenti andrebbero sviluppati per una migliore valutazione delle competenze delle
risorse umane della Pubblica Amministrazione?
Il BdC richiama le dimensione dell'apprendimento. E le richiama sotto la forma
dell'autoapprendimento guidato dall'équipe di Bilancio.
L’analisi delle competenze necessarie alla Pubblica Amministrazione e la rilevazione di quelle già
possedute dai dipendenti permette la definizione del piano di formazione più appropriato alle
esigenze proprie dell’ente e alla valorizzazione delle risorse esistenti.
Questo approccio di tipo “qualitativo” trova la sua giustificazione nel fatto che l’analisi e la
valutazione delle competenze e del potenziale, diversamente da altri interventi di valutazione della
risorsa umana, pongono l’accento non soltanto sul momento in cui si accerta la presenza di
determinate caratteristiche, ma anche sulla previsione della positività dell’impatto tra le
caratteristiche rilevate ed una determinata prestazione vista all’interno di uno specifico ruolo
lavorativo.
La attività formativa a tal proposito può essere finalizzata a colmare eventuali gap tra il livello delle
conoscenze, abilità e capacità rilevate individualmente e quelle richieste dalla posizione (ruolo)
occupata o di futura destinazione.
La Pubblica Amministrazione dovrà agire attraverso il monitoraggio continuo dei bisogni e
l’assunzione di uno specifico programma annuale legato allo sviluppo di capacità, conoscenze e
acquisizione di comportamenti, elaborato sulla base della ricognizione delle esigenze funzionali alla
realizzazione del programma o delle strategie aziendali.
Assumendo come base di partenza la valutazione delle competenze, l’azione formativa dovrà essere
orientata non soltanto all’aggiornamento e al trasferimento di nuovi contenuti (il “sapere”), ma
anche e soprattutto ad aspetti formativi più ampi (il “saper fare” e il “saper essere”).
L’analisi organizzativa insegna che per vincere le resistenze al cambiamento il metodo migliore è
quello di far partecipare i membri dell’organizzazione alle decisioni che li riguardano, in modo
che il cambiamento stesso diventi un processo di “negoziazione”, di co-partnership, pressoché
costante sulle decisioni, sulle modalità e sugli effetti di ritorno provocati dalle trasformazioni
introdotte, originando un virtuoso processo di condivisione globale.
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Quali prospettive per il futuro per l’applicazione anche in Italia del BdC nella Pubblica
Amministrazione in modo sistematico?
In questo scenario futuro di un modello di azienda/impresa anche per la Pubblica
Amministrazione, in un mondo post - industriale contraddistinto dalla E - Economy e dalla
Knowledge Economy, all'interno della comunità professionale emerge la centralità delle persone.
Ciò che si auspica è che in futuro l'individuo non sia più solo una risorsa strategica, un tramite della
strategia, ma la strategia stessa: che competenze, motivazioni e valori della persona diventino il
centro del sistema. li metodo delle competenze rappresenta allora la risposta organizzativa nel
campo delle Risorse Umane certamente più coerente con queste evoluzioni aziendali: lo sguardo,
infatti, con questo modello, si è necessariamente spostato dai contenuti delle posizioni alle
caratteristiche delle donne e degli uomini che lavorano, cercando di individuare, di coloro che di
fatto garantiscono alle aziende i migliori risultati, quell'insieme complesso, misterioso che forma la
relazione profonda tra la donna, l'uomo e il loro lavoro, con gli obiettivi che si sono posti.
Perché le competenze non rimangano vuoti elenchi, devono impegnare le persone a sviluppare la
capacità di sapersi confrontare sempre più con «sfondi sociali» che mutano da situazione a
situazione e che comportano la necessità di apprendere a valorizzare la personale "intelligenza
sociale" dei diversi interessati. Ciò significherà capacità di lettura e di apprendimento in contesti
differenti, in cui il tradizionale accumulo delle conoscenze e delle esperienze tenderà sempre meno
a proporsi e a ripresentarsi.
Ecco allora che gli approcci alle competenze diventano necessari per far sì che non solo le
organizzazioni siano in grado di conoscerle, riconoscerle, valorizzarle e premiarle, ma anche le
persone, all'interno del proprio percorso personale, siano
sempre più capaci di identificarle,
valorizzarle, comunicarle, per dare senso, contenuto e credibilità al proprio modo di essere e di
qualificarsi.
Ciascun approccio reca in sé contributi fondamentali e spunti che non possono essere trascurati e
forse proprio recuperando e integrando i contributi classici con quelli più recenti in tema di
competenze, rintracciabili sia negli approcci economico-organizzativi sia negli studi di psicologia
sociale cognitiva, saremo in grado di sviluppare un sistema di analisi e di valutazione delle
competenze che ci consenta di gestire politiche di formazione e di sviluppo delle risorse umane, in
funzione di una vera e propria gestione strategica della risorsa umana.
16
Attualmente sono in corso esperienze di Bilancio presso altre Amministrazioni? Se si quali? Il
modello che avete messo a punto è rimasto invariato o ci sono stati degli interventi?
Non sono attualmente in corso esperienze significative presso Amministrazioni e il modello
non è stato rivisitato in quanto comunque è stato ritenuto funzionale agli obiettivi di risultato che ci
si è prefissi, legati alle opportunità di essere funzionale sia alla identificazione di un Piano di
Formazione, scaturente da una reale indagine di gap di performance e quindi essenziale traduzione
di un percorso di formazione personalizzata. A ciò si aggiunge le concrete potenzialità circa le
ipotesi identificative di percorsi / sviluppo di carriera, nonché di gestione delle performance e dei
risultati, in termini sia di valutazione delle prestazioni che delle potenzialità dei singoli soggetti.
Decisamente gli impatti sul cambiamento che tale modello offre, sia per gli individui e le
organizzazioni, sono ampie: sta a noi coglierne l’opportunità di applicazione.
17
4
IL BILANCIO DELLE COMPETENZE PER LO SVILUPPO DELLE RISORSE
UMANE NELL’ENTE POSTE ITALIANE
I cambiamenti organizzativi che hanno interessato l’Ente Poste in questi ultimi anni hanno portato,
fra il maggio 1999 e l’aprile 2001, alla realizzazione di un progetto che prevedeva l’impiego del bdc
come metodologia finalizzata allo sviluppo di carriera.
Il progetto, nato con lo scopo di prevenire l’impatto di genere nei cambiamenti organizzativi e dare
una risposta alla bassa presenza delle donne nelle categorie professionali più elevate, è stato
realizzato con il sostegno del Ministero del Lavoro e del Comitato Nazionale per le Pari
Opportunità e in partnership con le Associazioni dei Quadri e dei Sindacati di categoria.
Gli obiettivi perseguiti erano sostanzialmente due:
•
dare una risposta al problema della sottorapresentazione delle donne nei livelli professionali
più alti;
•
sperimentare una metodologia innovativa di sviluppo delle Risorse Umane che vede
l’individuo protagonista della propria crescita professionale.
Per il reclutamento delle candidate l’Ente ha pubblicato sulla rivista mensile aziendale il Gabbiano
(n. 60 dic. 1999 – gen. 2000) un articolo dal titolo “Pari opportunità per le donne” nel quale
venivano dichiarati: il progetto, i destinatari, gli obiettivi e, infine, l’articolazione del percorso.
All’articolo era, inoltre, allegata una scheda di auto-candidatura da compilare e rinviare alla
Direzione Centrale dell’Ente in caso di adesione.
In prima battuta hanno aderito alla sperimentazione oltre 250 candite, per tale ragione è stato
necessario operare una selezione sulla base dei seguenti criteri:
-
motivazione verso il progetto;
-
disponibilità a partecipare assiduamente a progetti di formazione personalizzati,
-
responsabilità (a parità di condizione hanno avuto la priorità le candidate in posizioni di
maggiore responsabilità);
-
provenienza geografica: al fine di rappresentare tutto il territorio nazionale sono state scelte
20 candiate per il nord, 20 per il centro e 20 per il meridione (per un totale di 60 beneficiari);
-
età compresa tra i 35 e 50 anni.
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Articolazione del progetto:
Fase 1 : Analisi del fabbisogno formativo;
Fase 2: Presentazione del Progetto Pilota relativo all’introduzione, in via sperimentale, del Bilancio
delle Competenze;
Fase 3: Diffusione e valorizzazione dei risultati.
FASE 1: ANALISI DEL FABBISOGNO FORMATIVO
Questa fase si è sviluppata attraverso quattro incontri in aula (della durata di circa 8 ore ciascuno)
gestiti dall’azienda sul tema dell’adattamento ai nuovi modelli organizzativi con l’obiettivo di
veicolare il cambiamento in atto nell’Ente attraverso la figura del Quadro, intesa come punto di
riferimento strategico nell’organizzazione.
Riguardo alla prima fase sono state svolte le seguenti attività:
-
studio e approfondimento delle tematiche attinenti alla ristrutturazione del settore postale
(normativa comunitaria, studio di casi stranieri di riorganizzazione del settore, studi
organizzativi a disposizione dell’azienda);
-
realizzazione di colloqui con testimoni privilegiati (esperti, dirigenti aziendali,
sindacalisti, quadri donne);
-
somministrazione di un questionario conoscitivo a 300 quadri donne dell’Ente Poste;
-
studio e approfondimento delle esperienze straniere di regolamentazione e applicazione
del bilancio di competenze, attraverso la presa in visione della letteratura esistente e
colloqui con esperti stranieri.
Questa prima fase si è conclusa con la redazione di un report in cui sono state evidenziate: a) le
problematiche specifiche dell’Ente in relazione sia ai cambiamenti in atto sia alla riorganizzazione
del lavoro in connessione con gli aspetti che coinvolgono le Pari Opportunità e le alte
professionalità e b) i contenuti e gli obiettivi dell’azione formativa sottesa al bdc.
FASE 2: PROGETTO PILOTA RELATIVO ALL’INTRODUZIONE IN VIA SPERIMENTALE DEL BILANCIO DELLE
COMPETENZE
La seconda fase prevedeva la sperimentazionedella pratica del bdc come metodo di valutazione
delle competenze professionali, delle capacità e delle disposizioni personali delle partecipanti e
delle loro motivazioni e attitudini, allo scopo di definire un progetto di sviluppo professionale
attraverso l’individuazione di percorsi formativi capaci di conciliare le aspirazioni del singolo con
gli obiettivi delle Poste.
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Per questa fase erano previsti: un incontro di gruppo e 8 colloqui individuali della durata di 1h 30’
ciascuno.
Incontro di gruppo
L’incontro di gruppo si è posto come momento di unione tra la fase di informazione e l’avvio del
bdc; nel corso di questa prima giornata è stato presentato e avviato il progetto e le partecipanti sono
state sensibilizzate e informate sia sulla tecnica specifica del bilancio sia, in senso più ampio, sulla
filosofia e sull’aspetto innovativo che è alla base di questo strumento di gestione delle Risorse
Umane.
Oltre alla presentazione del programma e alla descrizione generale degli strumenti che sarebbero
stati utilizzati dai consiglieri di bilancio, la giornata ha rappresentato un momento di confronto e di
scambio rispetto al nuovo momento organizzativo che l’Ente stava vivendo e all’impatto che il
cambiamento genera nelle persone.
Colloqui individuali
Il progetto è proseguito con 8 incontri individuali per ogni beneficiario della durata di un’ora e
mezza ciascuno, a distanza di circa una settimana l’uno dall’altro e svolti nelle sedi concordate.
La pianificazione degli incontri è stata impostata in un’ottica di flessibilità che ha tenuto conto delle
disponibilità e degli impegni delle candidate.
Il percorso complessivo di bilancio è stato articolato in 4 momenti i cui obiettivi e strumenti
specifici possono essere sintetizzati nel modo che segue:
A) Pre-contratto e avvio del bilancio
Il primo incontro individuale dopo l’incontro di gruppo ha avuto lo scopo di stabilire l’alleanza
operativa tra “cliente” (inteso come beneficiario) e consulente (inteso come consigliere). Da parte
del consulente è stato importante capire a fondo ciò che le persone si aspettavano dal percorso e
come queste aspettative potessero essere compatibili con gli obiettivi generali.
Gli strumenti elaborati ed utilizzati nel corso di questo primo incontro hanno tenuto conto del
contesto di cambiamento all’interno del quale si è svolto il bdc e della specificità dell’universo
femminile.
B) Ricostruzione della storia personale e professionale
Il secondo, il terzo e il quarto incontro hanno avuto come obiettivo la ricostruzione del percorso di
studi/formazione e delle esperienze professionali, tenendo in considerazione anche aspetti di
carattere personale, soprattutto in riferimento alle scelte che sono state compiute e alle motivazioni
ad esse collegate.
Gli strumenti proposti hanno consentito alle beneficiarie di rendere esplicito il patrimonio delle
proprie conoscenze, capacità e risorse disponibili, in un’ottica di valorizzazione delle positività e
20
definizione delle caratteristiche e dei punti di vigilanza. Ogni partecipante ha potuto sviluppare, con
l’aiuto del consigliere, una riflessione rispetto al contributo personale di ogni scelta passata in
un’ottica di responsabilizzazione e gestione attiva del proprio percorso. Per i beneficiari è stato un
momento molto importante perché ha stimolato la riflessione e la consapevolezza su valori e
motivazioni, rinforzando il senso di efficace e di autostima personale.
C) Valutazione delle competenze
Il quinto e il sesto incontro hanno avuto come obiettivo la valutazione delle competenze e la
definizione della loro spendibilità nei diversi contesti. Il ruolo del consulente in questa fase è stato,
oltre quello di agevolare l’auto esplorazione, anche di confronto e consulenza di carriera rispetto
all’impiego e al riconoscimento delle competenze rese esplicite.
D) Definizione del progetto, restituzione e chiusura
Il settimo e l’ottavo colloquio hanno consentito la fase di chiusura del bilancio. Sono stati
predisposti gli strumenti di feedback per le candidate e più in particolare il descrittivo delle
competenze e la scheda sul progetto professionale Tutte le riflessioni, considerazioni e
consapevolezze elaborate negli incontri precedenti, sono state riportate su questi due elaborati
conclusivi che, con il supporto del consulente, sono stati approfonditi e rifiniti. Sono stati di seguito
distribuiti i questionari sulla soddisfazione del servizio.
FASE 3: DIFFUSIONE E VALORIZZAZIONE DEI RISULTATI
Quest’ultima fase ha previsto due linee di azione: una prima linea ha visto un’azione di
sensibilizzazione dei responsabili della gestione delle Risorse Umane in azienda e di dirigenti
sindacali su tematiche specifiche delle PO (posizioni operative) e sullo strumento del bdc. A tal fine
è stato svolto un seminario di sensibilizzazione in un arco di due giorni che ha visto la
partecipazione di 24 persone; con la seconda linea di azione c’è stata l’istituzione di incontri
periodici volti a favorire la ricerca e la discussione di nuove regole nella contrattazione collettiva
non penalizzanti per le donne (es. flessibilità, part-time, telelavoro, introduzione nella
contrattazione di nuovi strumenti quali ad es. il bilancio, congedi formativi). Gli incontri sono stati
dedicati, sulla base delle precedenti azioni, all’individuazione di buone prassi e alla possibile
codificazione delle stesse nella contrattazione collettiva. L’azione ha risposto ad un obiettivo di
verifica e rimessa a punto dei criteri e processi di sviluppo nelle prassi gestionali e normative al fine
di valorizzare il potenziale femminile.
A conclusione del percorso è stato organizzato un incontro pubblico al fine di diffondere i risultati
conseguiti sia all’interno dell’Azienda, per sviluppare un positivo orientamento verso le
21
problematiche del personale femminile e la tematica dell’autosviluppo, sia all’esterno per favorire
un confronto con le altre esperienze italiane e straniere e l’applicazione del “bilancio di
competenze” in altri contesti organizzativi.
22
5
ALTRE METODOLOGIE
Come dichiarato nell’introduzione, spesso sotto il bdc, si celano, in realtà, metodologie affini tra
queste abbiamo scelto di presentarne brevemente due, perché riteniamo che in questa fase di
sperimentazione sia utile non trascurare le suggestioni e gli stimoli che possono derivare da altri
strumenti, queste metodologie sono:
•
l’assessment center
•
il development center
5.1 ASSESSMENT CENTER
L’Assessment Center10 è un importante strumento impiegato per l’analisi e la valutazione del
potenziale delle Risorse Umane, finalizzato all’esplorazione delle abilità e delle competenze
dell’individuo inserito all’interno delle realtà aziendali. L’A.C. viene utilizzato per:
•
la selezione,
•
l’orientamento,
•
la formazione,
•
la mobilità e lo sviluppo,
in particolare, l’A.C. indaga principalmente tre macro-aree:
•
il problem solving,
•
le abilità comunicativo/relazionali e
•
le abilità manageriali,
occupando una posizione strategica nella politica di sviluppo dell’impresa che lo adotta.
Concepito, dunque, come un “processo di diagnosi della congruenza tra attitudini personali e
caratteristiche psico-attitudinali richieste dall’organizzazione in termini di saturazione del ruolo, la
tipologia di queste caratteristiche viene determinata attraverso un accurato esame della prestazione
richiesta da una specifica posizione, non necessariamente attuale, ma anche futura od auspicata in
termini di sviluppo organizzativo. L’analisi e la valutazione del potenziale, quindi, per le sue
caratteristiche costitutive si caratterizza come un intervento estremamente flessibile da ritagliare su
misura rispetto alle singole realtà organizzative, in quanto non si riferisce a ruoli generici e definiti
10
D’ora in poi A.C.
23
una volta per tutte, ma a ruoli concreti, inseriti in uno specifico contesto e in una specifica cultura
organizzativa vista sia nelle sue caratteristiche attuali sia in percezione futura”11.
Date le premesse di instabilità e incertezza dovute al continuo sviluppo delle tecnologie, nessuna
organizzazione aziendale può prescindere dall’impiego di tali metodologie senza correre il rischio
di rimanere ai margini della competitività del mercato del lavoro.
Emerge, da quanto detto finora, che l’A.C. consente di analizzare solo una parte delle competenze
individuali, ossia quelle che essendo stimolate attraverso la somministrazione di appositi strumenti
emergono in quella che, Wiliam Levati, definisce una “situazione contenitore”. Va inoltre aggiunto
che proprio per questa sua caratteristica, il livello di profondità di tale analisi sarà correlato
direttamente agli interessi dell’azienda e non a quelle che sono più specificamente le abilità e le
competenze proprie dell’individuo, e quindi i suoi interessi e le sue aspirazioni.
È dunque evidente come il profilo che emerge dall’analisi delle competenze fatta con questo tipo di
strumento sia sicuramente profonda ma anche fortemente circostanziata e influenzata da fattori
quali, per esempio, quelli inerenti il profilo del ruolo, non per questo però, l’A.C. deve essere
considerato come discriminante per l’individuo quanto semmai utile per la sua valorizzazione e
promozione.
11
W. Levati, L’analisi e la valutazione del potenziale delle Risorse Umane. Teoria, metodi, strumenti, Franco Angeli,
Milano, 1999, pag. 18
24
5.2
DEVELOPMENT CENTER
Secondo la definizione degli americani Huck e Russell (1998),
“……..Il Development Center è un metodo di sviluppo e valutazione a più fonti che utilizza
metodologie differenti…ha inizio dove termina il tradizionale Assesment Center, cioè con il
feedback; utilizza la stessa varietà di metodi, resa popolare dall’Assesment Center, ma fornisce ai
partecipanti l’informazione di feedback affinché essi possano orientarsi ad un cambiamento, ed i
metodi concreti per sviluppare tale cambiamento. II suoi obiettivi sono quelli di:
• migliorare l’efficacia dei partecipanti e identificare abilità ed azioni che frenano una
presentazione efficace
• stabilire obiettivi di sviluppo personalizzati per massimizzare i punti di forza e promuovere
miglioramenti dove sia necessario
• diffondere a rafforzare la cultura organizzativa, supportando i partecipanti nell’adozione
delle competenze organizzative di successo….”
Il development è un intervento che ha come asse propulsore il concetto di “sviluppo” e consente di
focalizzare la distanza tra le “competenze fondamentali” possedute e quelle auspicate.
E’ un intervento che stimola l’apprendimento e l’osservazione.
Il processo di apprendimento si sviluppa attraverso simulazioni e momenti di auto ed etero
osservazione. Vengono usati strumenti a supporto quali, questionari e protocolli.
Il processo di apprendimento si snoda attraverso la consapevolezza, la condivisione, il rispetto del
se e dell’altro.
Vengono “osservate” le simulazioni ( queste valutano più cluster di competenze). Sono presenti più
simulazioni e più osservatori. I feedback hanno un ruolo centrale, questi sono immediati e
successivi.
Gli obiettivi possono essere sintetizzati come segue:
•
maggiore consapevolezza personale sulle proprie inclinazioni, skill e stile comportamentale
e come queste influenzano le performance;
•
migliorare le skill al fine di aumentare le performance anche del gruppo di lavoro nel quale
si appartiene;
•
migliorare la propria capacità di osservazione e di espressione di feedback;
•
definire un percorso di sviluppo personale al fine di rafforzare delle debolezze individuate.
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Al fine di “entrare” nel processo del development è opportuno essere aperti, sinceri, spontanei,
concentrati.
L’output del development è il “piano di sviluppo”, tappe concrete, semplici, realizzabili, elaborate
da ogni partecipante al termine del percorso.
Il development non è un percorso di formazione, non è una valutazione delle prestazioni, non è un
percorso collettivo anche se fatto con gli altri, può essere seguito da attività di coaching o di
formazione.
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