Introduzione al lavoro - Liceo Classico D`Azeglio

Transcript

Introduzione al lavoro - Liceo Classico D`Azeglio
I DIRITTI E LA CARTA DEI DIRITTI DELL’UE
Come abbiamo detto, uno dei compiti delle vacanze è quello di leggere con attenzione la Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea (o Carta di Nizza), che trovate, ad esempio, all’indirizzo
web http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf
Come introduzione alla lettura della Carta, trovate alcuni appunti ripresi da vari siti Internet e
opportunamente riadattati:
1. Una storia dell’evoluzione dell’idea di “diritti” dall’antichità ai giorni nostri
2. Una riflessione sulle diverse categorie di “diritti”
3. Uno schema della Carta di Nizza.
Si tratta di testi talvolta impegnativi che non devono essere studiati, ma che devono costituire la
trama sulla quale leggere la Carta di Nizza, ponendosi le domande: Quali categorie di “diritti” la
Carta garantisce? A chi li garantisce? Che rapporti ci sono tra garanzie a livello di Unione Europea
e dei singoli stati che ne fanno parte? È una Carta assolutamente adeguata al presente o presenta
limiti di qualche genere?
Buon lavoro.
Giorgio
I DIRITTI DELL’UOMO E LA CARTA DEI DIRITTI DELL’UE
1. Storia
La storia dei diritti dell’uomo (o diritti umani) è quasi antica come l’uomo ed è collegata ai primi
codici di leggi, il codice del Re di Ur (2050 a.C.) e il codice di Hammurabi (1780 a.C.), che parlano
di diritti delle donne, dei bambini, degli schiavi.
La prima categoria di diritti è quella dei cosiddetti diritti naturali, una categoria abbastanza vaga e
generica, quella di diritti preesistenti ad ogni codificazione legale, talvolta legati ad una dimensione
religiosa, ma più spesso dal carattere laico. I diritti naturali sono diritti dei quali ogni individuo è
titolare fin dalla nascita, che trovano la loro legittimazione non nel fatto di essere riconosciuti e
accettati da un governo che li concede, ma nel fatto di essere costitutivi della natura stessa
dell’uomo (per esempio diritto alla vita, alla libertà personale).
I filosofi greci si occuparono in modo particolare di diritto naturale, una norma di comportamento
che l’uomo deriva dallo studio delle leggi naturali. Aristotele, nell’Etica Nicomachea, sostiene:
«Del giusto civile una parte è di origine naturale, un’altra si fonda sulla legge. Naturale è quel giusto che
mantiene ovunque lo stesso effetto e non dipende dal fatto che a uno sembra buono oppure no; fondato
sulla legge è quello, invece, di cui non importa nulla se le sue origini siano tali o talaltre, bensì importa
com’esso sia, una volta che sia sancito».
Nel Regno Persiano Ciro il Grande (VI secolo a.C.) fa pubblicare un testo, conservato sul “cilindro di
Ciro”, che è considerato la prima carta dei diritti dell’uomo, perché, proponendo un’idea di rispetto
dell’uomo in quanto tale, sottolinea una primitiva forma di libertà e tolleranza religiosa:
«Io sono Ciro, re del mondo, gran re, re legittimo, re di Babilonia, re di Sumer e Akkad, re delle quattro
estremità (della terra), figlio di Cambise, gran re, re di Anzan, nipote di Ciro, gran re, re di Anshan,
discendente di Teispe, gran re, re di Anshan, di una famiglia (che) ha sempre regnato. Non permetto a
nessuno di spargere terrore nel Paese di Sumer e Akkad. Voglio fermamente la pace a Babilonia e in
tutte le sue sacre città. Per gli abitanti di Babilonia [...] io abolisco i lavori forzati [...] Da Ninive, Assur
e Susa, Akkad, Eshnunna, Zamban, Me-Turnu e Der fino alla regione di Gutium, restituisco a queste
sacre città dall’altro lato del Tigri i templi di cui è stata fatta rovina per lungo tempo, le immagini che
una volta vi erano conservate e stabilisco che essi siano i loro templi. Ho anche radunato gli abitanti di
queste regioni e ho restituito loro le case che avevano.»
Ciro permise anche il ritorno degli ebrei in Palestina dalla cattività babilonese.
Nella Roma antica esisteva il diritto di cittadinanza, un insieme di diritti riservati ai cittadini romani,
per esempio quello di appellarsi al tribunale dell’Imperatore.
Nell’India del III secolo a.C. il Re Aśoka il Grande, convertitosi al Buddismo, praticò una politica di
non violenza, di rispetto per la vita degli animali, trattò i suoi sudditi come eguali, indipendentemente
dalla religione, dalla casta, dall’attività politica:
«Sua Maestà il re santo e grazioso rispetta tutte le confessioni religiose, ma desidera che gli adepti di
ciascuna di esse si astengano dal denigrarsi a vicenda. Tutte le confessioni religiose vanno rispettate per
una ragione o per l’altra. Chi disprezza l’altrui credo, abbassa il proprio credendo d’esaltarlo.» (Editti di
Aśoka)
Nelle società antiche i diritti umani sono di solito citati nei testi sacri: i Veda induisti, la Bibbia ebraica,
il Vangelo cristiano, il Corano islamico.
È nel Medioevo che si sviluppa in particolare l’idea di diritti dell’uomo. Tommaso D’Aquino si fa
sostenitore della dottrina giurisdizionalista, quella secondo la quale i diritti naturali sono come un
“insieme di primi principi etici, generalissimi” che condizionano il legislatore nel diritto positivo, in
quanto sigillo di Dio nella creazione delle cose. I diritti umani quindi non sono più un insieme di cose
più o meno benevolmente concesse da qualche autorità. È diritto dell’uomo rivendicare la propria libertà
quale suo diritto naturale.
Nel 1215 il Re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra pubblica la Magna Charta Libertatum, un
documento in cui si vieta al sovrano di imporre nuove tasse senza il consenso del Parlamento e si
stabiliscono alcuni diritti dei cittadini, ad esempio quello di non essere imprigionati senza aver subito un
regolare processo.
Alla fine dell’anno 1222, il giorno dell’incoronazione di Sundjata Keïta quale sovrano dell’Impero del
Mali, fu solennemente proclamata e tramandata oralmente la Carta Manden, una dichiarazione di diritti
umani essenziali quali il diritto alla vita e il diritto alla libertà. La Carta Manden si rivolge ai “quattro
angoli del mondo” con sette affermazioni:
«ogni vita è una vita»;
«il torto richiede una riparazione»;
«aiutatevi reciprocamente»;
«veglia sulla patria»;
«combatti la servitù e la fame»;
«che cessino i tormenti della guerra»;
«chiunque è libero di dire, di fare e di vedere».
Si trovano in questa carta i temi che saranno trattati vari secoli dopo in Occidente nelle dichiarazioni dei
diritti umani: il rispetto della vita umana e della libertà dell’individuo, la giustizia e l’equità, la
solidarietà. Prendendo posizione contro la schiavitù, divenuta corrente in Africa occidentale, la carta
identifica la violenza delle cause come precedente la violenza della guerra. L’abolizione della schiavitù
fu probabilmente il grande merito di Sundjata Keïta. La Carta Manden può probabilmente essere
considerata come una delle prime dichiarazioni dei diritti dell’uomo.
A partire dal 1305, sotto il regno di Edoardo I d’Inghilterra si diffonde l’istituto dell’Habeas corpus: un
suddito imprigionato deve essere condotto, sottraendolo alle legislazioni particolari, davanti ad un
tribunale reale perché abbia un giusto processo o deve essere, in alternativa, scarcerato. Dal corpus
legislativo inglese l’Habeas corpus è passato in tutte le costituzioni occidentali, fino ad approdare alla
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che all’Articolo 9 recita: “Nessun individuo potrà essere
arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.”
La conquista delle Americhe riaprì il dibattito sui diritti umani: gli indigeni erano uomini a tutti gli
effetti e quindi possessori di diritti inviolabili? È da inscrivere in questo quadro lo scontro filosofico
conosciuto come Giunta di Valladolid (1550-1551) che vide contrapposte la teoria del frate domenicano
Bartolomeo de Las Casas a difesa della libertà naturale degli indigeni americani e quella dell’umanista
Juan Gines de Sepùlveda, sostenitore della loro naturale schiavitù. Questi primi dibattiti sull’argomento
nella storia europea si manifestarono con la bolla Sublimis Deus, attraverso la quale il papa Paolo III
dichiarò l’umanità degli indigeni americani e il loro diritto alla libertà e alla proprietà, condannando la
pratica della schiavitù.
Las Casas lottava dal 1512 per i diritti degli indigeni, quando era cappellano dei conquistadores a Cuba
sotto il comando di Diego Velázquez de Cuéllar. Più volte testimone e attore della resistenza indigena
alla penetrazione sanguinaria dei conquistadores e della cristianizzazione imposta “a ferro e fuoco”, egli
aveva scritto la Brevísima o Breve relazione sulla distruzione delle Indie nella quale descriveva le
crudeltà di cui erano fatti oggetto gli indigeni. Il 26 gennaio 1542 Las Casas fu presentato all’imperatore
Carlo V, al quale riassunse il contenuto della Brevísima. Da questo incontro nacquero le Leggi nuove
del novembre 1542 che proclamavano:
la libertà naturale degli indigeni e la messa in libertà degli schiavi;
la libertà del lavoro, che limita le corvée e abolisce la pesca delle perle;
la libertà di residenza e la libera proprietà dei beni, fino alla punizione di coloro che saranno violenti o
aggressivi verso gli indigeni;
l’abolizione del sistema delle encomiendas, consistente nell’affidare a degli encomenderos spagnoli
determinati territori abitati con, “in dotazione”, un gruppo di indigeni, che dovevano essere colonizzati e
cristianizzati, con libertà assoluta di governo.
Le rivolte e l’anarchia che seguirono nelle colonie spagnole del Nuovo Mondo portarono
all’abrogazione di queste leggi in favore della conquista indiscriminata. E riprese così vigore in modo
sistematico la “tratta” degli schiavi.
Tra il Seicento e il Settecento si diffuse il giurisdizionalismo moderno, specie in epoca illuministica,
una dottrina che affermava la libertà dell’individuo contro ogni forma di assolutismo. I diritti dell’uomo
non dipendono da una visione religiosa, ma sono diritti connaturati alla ragione. Tra i sostenitori di
questa dottrina troviamo Hobbes, Locke, Rousseau, Kant.
La prima dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’epoca moderna è quella dello Stato della Virginia
(USA), scritta da George Mason e adottata dalla Convenzione della Virginia il 12 giugno 1776. Questa
fu largamente copiata da Thomas Jefferson per la dichiarazione dei diritti dell’uomo contenuta nella
Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America (4 luglio 1776) la quale afferma “che tutti
gli uomini sono creati uguali tra loro, che essi sono dotati dal loro creatore di alcuni inalienabili diritti
tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità”.
Ma la prima vera carta formale dei diritti dell’uomo, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino, nasce nel 1789 con la Rivoluzione francese.
L’Ottocento e il Novecento videro l’abolizione della schiavitù, l’affermarsi delle libertà di stampa e
di parola, il diffondersi delle libertà sindacali, l’estensione del diritto di voto, l’emancipazione della
donna.
Un’ulteriore grande affermazione dei diritti umani si ebbe dopo la fine della Seconda guerra mondiale
con la costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e con la redazione della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, siglata a New York nel 1948. Con questa Carta si
stabiliva, per la prima volta nella storia moderna, l’universalità di questi diritti, non più limitati
unicamente ai paesi occidentali, ma rivolti ai popoli del mondo intero, e basati su un concetto di dignità
umana intrinseca, inalienabile e universale. La Dichiarazione riconosce tra le altre cose il diritto alla vita,
alla libertà e alla sicurezza personale; al riconoscimento come persona e all’uguaglianza di fronte alla
legge; a garanzie specifiche nel processo penale; alla libertà di movimento e di emigrazione; all’asilo;
alla nazionalità; alla proprietà; alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; alla libertà di
associazione, di opinione e di espressione; alla sicurezza sociale; a lavorare in condizioni giuste e
favorevoli e alla libertà sindacale; a un livello adeguato di vita e di educazione.
Sulla scia della Dichiarazione dell’ONU, i paesi membri del Consiglio d’Europa hanno fatto un ulteriore
passo in avanti attraverso una Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore nel 1953. Tra le altre cose, la
convenzione stabilisce che il godimento dei diritti da essa garantiti non è soggetto ad alcuna
discriminazione fondata su ragioni di razza, lingua, religione, opinione pubblica, origine nazionale o
sociale.
Il passaggio successivo è quello della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una
versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione. La Carta
di Nizza ha, secondo il Trattato di Lisbona, lo stesso valore dei trattati, ai sensi dell’art. 6 del Trattato
sull’Unione europea, e si pone quindi al vertice dell’ordinamento dell’Unione europea.
GLOSSARIO
DIRITTI NATURALI: Diritti dei quali ogni individuo è titolare fin dalla nascita, che trovano la
loro legittimazione non nel fatto di essere riconosciuti e accettati da un governo che li concede, ma
nel fatto di essere costitutivi della natura stessa dell’uomo (per es. diritto alla vita, alla libertà
personale). Ai governi spetta il compito di dare veste giuridica a tali diritti per garantirne l’effettivo
rispetto.
GIURISDIZIONALISMO: Sistema di rapporti fra Stato e Chiesa caratterizzato dalla loro
distinzione e dal loro coordinamento, che può ispirarsi a due concetti diversi: a) può fondarsi sul
carattere confessionale dello Stato, che esercita diritti sulla Chiesa, ma al tempo stesso la protegge;
si ha allora la reciproca concessione di particolari facoltà, in deroga al diritto comune dello Stato, a
organi della Chiesa e della Chiesa a organi dello Stato, e una cooperazione delle due potestà al
raggiungimento degli stessi fini (g. confessionista); b) gli Stati che non hanno carattere
confessionale, ritenendo nel proprio interesse che la Chiesa non debba vivere secondo il diritto
comune, possono assoggettarla a particolari misure di vigilanza (g. aconfessionista o laico).
APPENDICE
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO
28 agosto 1789
I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in ASSEMBLEA NAZIONALE, considerando che
l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause delle sfortune pubbliche e
delle corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una solenne Dichiarazione, i diritti naturali,
inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i
membri del corpo sociale, ricordi ad essi senza posa i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del
Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo, potendo essere in ogni momento confrontati coi fini
di tutte le istituzioni politiche, vengano maggiormente rispettati; affinché i reclami dei cittadini,
fondati d’ora in poi su princìpi semplici ed incontestabili, siano sempre rivolti al mantenimento
della Costituzione ed alla felicità di tutti.
In conseguenza, l’ASSEMBLEA NAZIONALE riconosce e dichiara, alla presenza e sotto gli
auspici dell’Essere supremo, i seguenti Diritti dell’Uomo e del Cittadino.
Art. 1
Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono
essere fondate che sull’utilità comune.
Art. 2
Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo.
Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza, e la resistenza all’oppressione.
Art. 3.
Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo, nessun individuo
può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa.
Art. 4.
La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali
di ciascun uomo non ha confini se non quelli che assicurano agli altri membri della società il
godimento dei medesimi diritti. Questi confini non possono essere determinati che dalla Legge.
Art. 5.
La Legge non ha diritto di vietare se non le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato
dalla Legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.
Art. 6.
La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno il diritto di concorrere di
persona, o mediante loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere la stessa per tutti, sia
che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini essendo eguali ai suoi occhi, sono egualmente
ammessi a tutte le dignità, posizioni ed impieghi pubblici, secondo la loro capacità, e senza altre
distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.
Art. 7.
Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla Legge, e
secondo le forme che essa ha prescritto. Coloro che sollecitano, spediscono, eseguono o fanno
eseguire ordini arbitrari, debbono essere puniti; ma ogni cittadino chiamato o arrestato in virtù della
Legge, deve obbedire istantaneamente: egli si rende colpevole se oppone resistenza.
Art. 8.
La Legge non deve stabilire se non pene strettamente ed evidentemente necessarie, e nessuno può
essere punito se non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e
legalmente applicata.
Art. 9.
Poiché ogni uomo si presume innocente finché non sia stato dichiarato colpevole, se si sia giudicato
indispensabile arrestarlo ogni rigore che non sarà necessario per assicurarsi della sua persona
dev’essere severamente represso dalla Legge.
Art. 10.
Nessuno dev’essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la loro manifestazione
non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge.
Art. 11.
La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo: tutti i
cittadini possono dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di
questa libertà nei casi determinati dalla Legge.
Art. 12.
La garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino necessita di una forza pubblica; questa forza è
dunque istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata.
Art. 13.
Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, una contribuzione
comune è indispensabile: essa dev’essere egualmente ripartita fra tutti i cittadini, in ragione delle
loro facoltà.
Art. 14.
Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante loro rappresentanti, la
necessità della contribuzione pubblica, di consentirla liberamente, di seguirne l’impiego e di
determinarne la quantità, la ripartizione, l’esazione e la durata.
Art. 15.
La società ha il diritto di chieder conto a tutti gli agenti pubblici della loro amministrazione.
Art. 16.
Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri fissata,
non ha una Costituzione.
Art. 17.
Poiché la proprietà è un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, se non quando la
necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in modo evidente, e sotto la condizione di una
giusta e previa indennità.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO
adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948
Preambolo
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei
loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace
nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di
barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri
umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato
proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti dell’uomo siano protetti da norme giuridiche, se si
vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la
tirannia e l’oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti
fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti
dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di
vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni
Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima
importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L’Assemblea Generale proclama
la presente Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i
popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo
costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e
l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure
progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e
rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro
giurisdizione.
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di
coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 2
1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione,
senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione
politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o
internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia
indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi
altra limitazione di sovranità.
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli
schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.
Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un’eguale
tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un’eguale tutela contro ogni discriminazione che
violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.
Articolo 8
Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali
contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.
Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti
ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi
doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.
Articolo 11
1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata
provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua
difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al
momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il
diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al
momento in cui il reato sia stato commesso.
Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua
famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione.
Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Articolo 13
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio
Paese.
Articolo 14
1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non
politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.
Articolo 15
1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di
mutare cittadinanza.
Articolo 16
1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna
limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio,
durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla
società e dallo Stato.
Articolo 17
1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.
Articolo 18
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la
libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in
pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel
culto e nell’osservanza dei riti.
Articolo 19
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere
molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee
attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Articolo 20
1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.
Articolo 21
1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia
attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del
proprio Paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa
attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto
segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.
Articolo 22
Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla
realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con
l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla
sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.
Articolo 23
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti
condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui
stesso e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad
altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Articolo 24
Ogni individuo ha il diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole
limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.
Articolo 25
1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere
proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e
alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione,
malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per
circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel
matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.
Articolo 26
1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto
riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria.
L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore
deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento
del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la
comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve
favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.
Articolo 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di
godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni
produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.
Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati
in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Articolo 29
1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno
sviluppo della sua personalità.
2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle
limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e
della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del
benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e
i principi delle Nazioni Unite.
Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di
qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla
distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Anche la Costituzione della Repubblica italiana recepisce e sviluppa in modo particolarmente incisivo
la riflessione e la difesa dei diritti dell’uomo: puoi leggere il preambolo (Principi fondamentali) e la
Parte prima (Diritti e doveri nei cittadini) nel sito web del Governo italiano
http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html
2. Le generazioni dei diritti
Le tre generazioni di diritti dell'uomo
È ormai abituale distinguere tre generazioni di diritti dell’uomo, anche se tale classificazione e la
nozione stessa di “generazione” non sono universalmente accettate. La prima generazione di diritti e
di libertà ha come fonte il Bill of rights inglese del 1689 (erede a sua volta della Magna Charta di
Giovanni Senzaterra del 1215), la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del
1789 e i primi dieci emendamenti della Costituzione americana (o Bill of rights) del 1791: da questi
testi sono poi discese la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
I diritti della prima generazione hanno in comune il fatto di essere stati concepiti
essenzialmente per garantire agli individui una tutela nei confronti dello Stato, ottenendo da
esso, se non una totale astensione, almeno una limitazione dei suoi interventi al minimo
indispensabile: per questo motivo essi sono talvolta denominati “diritti di resistenza”. La
filosofia liberale che li ha ispirati è quella sviluppatasi tra il XVIII e il XIX secolo: oggi essa
sopravvive a rigore solo negli Stati Uniti (e anche qui con parecchie attenuazioni), mentre in Europa
la stessa Convenzione del 1950 si sta evolvendo, sulla scia dei successivi protocolli addizionali e
delle interpretazioni giurisprudenziali della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nel nostro secolo queste libertà sono state definite “libertà formali”, e talvolta anche “libertà
negative”. È ben noto l’argomento della critica d’ispirazione marxista, secondo il quale a nulla
servirebbe proclamare l’esistenza di certe libertà quando molti individui, non disponendo del
minimo occorrente per sostentarsi, non possono usufruirne. Quest’argomento - che è stato
ripresentato anche a proposito dei diritti economici e sociali - non è errato in sé, ma ha il difetto di
essere stato utilizzato per mascherare, se non per giustificare, l’assenza delle libertà della prima
generazione, specialmente in quelli che erano gli Stati marxisti dell’Europa centrale e orientale, e
per mettere in discussione il sistema nordamericano e, in generale, i sistemi occidentali.
In nome di argomenti e di principî come questi, nella Francia del dopoguerra intellettuali di sinistra
come Jean-Paul Sartre o Michel Foucault si sono lasciati andare a un’aspra critica delle libertà
“borghesi” e a un’apologia dei sistemi marxisti. Oggi la situazione è molto cambiata: dopo la caduta
del muro di Berlino - avvenuta proprio nel bicentenario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e
del cittadino - le ex democrazie popolari si sono affrettate a includere nei loro nuovi testi
costituzionali l’elenco completo delle cosiddette libertà borghesi, formali o negative. Tuttavia ciò
non significa che le libertà sostanziali non debbano più essere prese in considerazione: esse
corrispondono ai diritti e alle libertà della seconda generazione, che in questa fine di secolo fanno
indubbiamente parte dell’insieme dei diritti fondamentali.
La seconda generazione di diritti e di libertà è emersa essenzialmente nella prima metà del
nostro secolo, anche se già verso la fine del Settecento è possibile intravederne le premesse in
alcuni testi costituzionali.
La Costituzione francese del 24 giugno 1793 (che, com’è noto, non entrò mai in vigore), includeva
nella Dichiarazione dei diritti un articolo che introduceva già una nuova concezione dei diritti e
delle libertà: “L’assistenza pubblica è un obbligo sacro. La società deve provvedere al
sostentamento dei cittadini poveri, sia procurando ad essi un lavoro, sia assicurando i mezzi di
sopravvivenza a chi non è in grado di lavorare” (art. 21). Lo stesso concetto si ritrova nella
Costituzione della Seconda Repubblica del 4 novembre 1848 (art. 13): “ la società [...] assiste i
bambini abbandonati, gli infermi e i vecchi privi di risorse e di familiari in grado di soccorrerli”.
Ma è all’inizio del XX secolo che si comincia a inserire nelle costituzioni un insieme di disposizioni
riguardanti questi diritti: ciò avviene, ad esempio, nella Costituzione messicana del 1917, e, subito
dopo, nella prima Costituzione sovietica (1918). Dopo la Seconda guerra mondiale la maggior parte
delle nuove costituzioni, sia all’Est sia all’Ovest, recepiscono questa nuova generazione di diritti.
Fanno peraltro eccezione la Legge fondamentale tedesca del 1949 e la Costituzione giapponese del
1946; inoltre, come già si è osservato, non vi è traccia di questi diritti nella Convenzione europea
del 1950.
I diritti della seconda generazione, comunemente denominati “diritti economici e sociali”, si
ispirano a una filosofia che mette in risalto, al contrario di quella liberale, il dovere
d’intervento dello Stato. La collettività deve garantire agli individui un minimo di mezzi di
sussistenza: i diritti enunciati sono “diritti di credito”, in base ai quali gli individui potranno
reclamare dalla società il soddisfacimento di un certo numero di bisogni. I diritti economici e
sociali sono dunque in generale - secondo una locuzione talvolta utilizzata in Italia – “diritti a” (in
contrapposizione ai “diritti di”, ossia ai diritti e alle libertà classici): diritto al lavoro, alla casa,
all’istruzione, alla sicurezza sociale, alla tutela della salute, ecc. Essi permettono di chiedere allo
Stato non più un’astensione, ma un’azione positiva, consistente per lo più nella fornitura di una
prestazione e implicante l’istituzione e il funzionamento di servizi pubblici. Poiché questi diritti non
trovano applicazione direttamente, bensì attraverso un intervento legislativo, non sempre esiste la
possibilità di fondare su di essi un’azione giudiziaria. Non bisogna però pensare che sia impossibile
invocarli davanti alla giustizia costituzionale o a quella ordinaria: in effetti, la cosiddetta
“normatività” dei diritti economici e sociali non è necessariamente legata all’intervento preventivo
del legislatore.
Con la terza generazione di diritti dell’uomo, alle libertà classiche e ai diritti economici e
sociali vengono ad aggiungersi i “diritti di solidarietà”, talvolta rivendicati sotto forma di
diritto alla pace, allo sviluppo, alla tutela dell’ambiente ecc. Alcuni di essi vengono affermati
in qualche costituzione recente: ad esempio, il diritto alla pace nella Costituzione giapponese e
il diritto alla protezione dell’ambiente in quella portoghese, in quella brasiliana e nella
maggior parte delle nuove costituzioni dell’Europa centrale e orientale. Questa concezione
estensiva dei diritti dell’uomo è stata oggetto di critiche . Secondo Jean Rivero, ‟per quanto dettata
dalla generosità, anche quest’inflazione, come ogni altra, è pericolosa, perché rischia di togliere alla
nozione di diritti dell’uomo il suo carattere operativo”. In particolare si è osservato che rimangono
indefiniti i titolari dei nuovi diritti (ciascun individuo o la collettività?), il loro oggetto (qual è
l’oggetto del diritto allo sviluppo?) e la loro opponibilità (diritti opponibili al complesso dei paesi, a
determinati paesi, alle collettività che li compongono?). Tuttavia alcuni di questi diritti cominciano
a essere riconosciuti: ad esempio, non soltanto il diritto alla tutela dell’ambiente è sancito da
convenzioni internazionali, ma vengono applicate e osservate le norme costituzionali che lo
affermano.
(Louis Favoreau, Enciclopedia del Novecento)
Alcune teorie sostengono che esistano quattro generazioni di diritti, che, cioè, si stia sviluppando
una nuova generazione di diritti nella società contemporanea.
LA PRIMA GENERAZIONE: i diritti civili e politici
La prima generazione dei diritti umani viene fatta risalire al 1789, quindi alla fine della Rivoluzione
francese con l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Sono diritti che nascono dalla rivendicazione di una serie di libertà fondamentali che erano precluse
ad ampi strati della popolazione. Si tratta in particolare del diritto alla vita e all’integrità fisica, e poi
di tutti quei diritti legati alla libertà di pensiero, di religione, di espressione, di associazione, il
diritto alla partecipazione politica, all’elettorato attivo e passivo.
Con questi diritti si rivendicano una serie di libertà, in particolare legate agli aspetti di
partecipazione politica; è per questo motivo che si parla di diritti a matrice liberale.
LA SECONDA GENERAZIONE: i diritti economici, sociali e culturali
Questa seconda generazione ha origine con la Dichiarazione universale del 1948 e comprende
diritti di natura economica, sociale e culturale (come per esempio il diritto all’istruzione, al lavoro,
alla casa, alla salute ecc.).
L’esercizio effettivo di questi diritti dovrebbe contribuire al miglioramento delle condizioni di vita
del cittadino. In questo senso si parla di diritti di matrice socialista, contrapponendoli a quelli di
matrice liberale della prima generazione.
Infatti i diritti di prima generazione sono importantissimi, ma è anche vero che è necessario prima
di tutto garantire delle condizioni minime di sopravvivenza uguali per tutti, che facciano da base
comune per l’effettivo esercizio delle libertà fondamentali.
LA TERZA GENERAZIONE: i diritti di solidarietà
Questi diritti sono di tipo collettivo: significa che i destinatari non sono i singoli individui, ma i
popoli. Ecco quindi che si parla di diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo,
all’equilibrio ecologico, al controllo delle risorse nazionali, alla difesa ambientale.
Sono anche diritti di tipo solidaristico: vuol dire che ogni popolo ha delle responsabilità nei
confronti degli altri popoli, in particolare nei confronti di quelli che si trovano in situazioni di
difficoltà. Si pensi ad esempio al problema dello sviluppo: molti Paesi si trovano in condizioni di
povertà perché non sono in grado di fornire cibo a tutti gli abitanti o perché sono colpiti da malattie
che non sono in grado di curare a cause della mancanza di denaro per acquistare le medicine. Ora,
di fronte a queste situazioni scatta, o dovrebbe scattare, il dovere di solidarietà dei Paesi più ricchi,
per due motivi. Primo perché esistono delle responsabilità storiche (si pensi a come certe parti del
mondo sono state sfruttate durante l’epoca coloniale), secondo perché spesso queste diseguaglianze
sono la conseguenza di meccanismi di commercio praticati a livello mondiale senza considerare che
alcuni Paesi del mondo possano subire delle gravi conseguenza.
Ecco quindi che si è sentita la necessità di tutelare anche i popoli, intesi come gruppi di individui,
cui vanno riconosciuti dei diritti collettivi in modo tale da creare le condizioni affinchè si possano
poi effettivamente realizzare i diritti individuali.
Fanno parte dei diritti di terza generazione anche quelli che tutelano categorie di individui,
ritenute particolarmente deboli ed esposte a pericoli di violazioni dei loro diritti: si tratta in
particolare dei diritti dell’infanzia e dei diritti della donna.
LA QUARTA GENERAZIONE: i nuovi diritti
Esiste infine una quarta generazione di diritti, che tuttavia non è ancora stata elaborata con
precisione essendo un fenomeno molto recente: i diritti di quarta generazione sono quelli relativi al
campo delle manipolazioni genetiche, della bioetica e delle nuove tecnologie di comunicazione.
La nascita di questi nuovi diritti è una conseguenza della scoperta di nuove tecnologie: in questo
senso la rivendicazione di nuovi diritti deriva dalla minaccia causata dalle nuove tecnologie. Si
pensi ai danni che possono causare alla salute i cibi geneticamente modificati, oppure ai pericoli in
cui possono incorrere specialmente i bambini utilizzando Internet.
Essendo una nuova categoria occorrerà un po’ di tempo perché questi diritti vengano formulati con
precisione e introdotti in documenti ufficiali.
3. La Carta dei diritti dell’UE
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata solennemente proclamata una prima
volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007
a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione. Con l’entrata in vigore del trattato di
Lisbona, la Carta di Nizza ha il medesimo valore giuridico dei trattati, ai sensi dell’art. 6 del
Trattato sull’Unione europea, e si pone dunque come pienamente vincolante per le istituzioni
europee e gli Stati membri e, allo stesso livello di trattati e protocolli ad essi allegati, come vertice
dell’ordinamento dell’Unione europea.
Essa risponde alla necessità emersa durante il Consiglio europeo di Colonia (3 e 4 giugno 1999) di
definire un gruppo di diritti e di libertà di eccezionale rilevanza che fossero garantiti a tutti i
cittadini dell’Unione.
È ben noto che i trattati istitutivi delle Comunità prevedevano sì una serie di libertà, ma strumentali
alla realizzazione del mercato comune.
Dai primi anni Settanta la Corte, però, riconobbe che i diritti fondamentali, quali risultano dalle
tradizioni costituzionali dei paesi membri e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), fanno parte dei principi generali di cui essa
garantisce l’osservanza (nelle situazioni in cui rileva la disciplina comunitaria).
Dal 1977 le istituzioni hanno seguito l’orientamento della Corte e nel 1992, con il Trattato di
Maastricht, all’art. 6, si è formalizzata la giurisprudenza della Corte in materia.
La comunità ha riconosciuto la CEDU, pur non aderendovi, ma bisogna constatare che comunque la
tutela dei diritti fondamentali è sempre stata adeguata al di là di quanto espressamente stabilito dalla
base giuridica principale, il Trattato, fino a Maastricht.
La Convenzione
Il compito di redigere la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata affidata ad una
Convenzione presieduta da Roman Herzog (ex presidente della Repubblica Federale tedesca) e
composta di 62 membri:
15 rappresentanti dei Capi di Stato e di Governo degli stati membri;
1 rappresentante della Commissione europea;
16 membri del Parlamento europeo;
30 membri dei parlamenti nazionali.
La Carta enuncia i diritti e i principi che dovranno essere rispettati dall’Unione in sede di
applicazione del diritto comunitario. L’attuazione di tali principi, comunque, è affidata anche alle
normative nazionali. Il testo della Carta inizia con un preambolo e i 54 articoli sono suddivisi in 6
capi i cui titoli enunciano i valori fondamentali dell'Unione:
Dignità (art 1-5);
Libertà (art. 6-19);
Uguaglianza (art. 20-26);
Solidarietà (art. 27-38);
Cittadinanza (art. 39-46);
Giustizia (art. 47-50).
Il settimo capo (art. 51-54) è rappresentato da una serie di "Disposizioni Generali" che precisano
l’articolazione della Carta con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
I diritti contenuti nella Carta sono classificabili in quattro categorie:
le libertà fondamentali comuni, presenti nelle costituzioni di tutti gli stati membri;
i diritti riservati ai cittadini dell’Unione, in particolare riguardo alla facoltà di eleggere i propri
rappresentanti al Parlamento europeo e di godere della protezione diplomatica comune;
i diritti economici e sociali, quelli che sono riconducibili al diritto del lavoro;
i diritti moderni, quelli che derivano da alcuni sviluppi della tecnologia, come la tutela dei dati
personali o il divieto all'eugenetica.
(da Wikipedia)
________________________________________________________________________________
Nel dicembre 2009, con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, è stato conferito alla Carta lo
stesso effetto giuridico vincolante dei trattati. A tal fine, la Carta era stata modificata e proclamata
una seconda volta nel dicembre 2007.
La Carta riunisce in un unico documento i diritti che prima erano dispersi in vari strumenti
legislativi, quali le legislazioni nazionali e dell’UE, nonché le convenzioni internazionali del
Consiglio d'Europa, delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione internazionale del lavoro
(OIL). Grazie alla visibilità e alla chiarezza che la Carta conferisce ai diritti fondamentali, essa
contribuisce a creare la certezza del diritto nell’UE.
La Carta dei diritti fondamentali comprende un preambolo introduttivo e 54 articoli, suddivisi in
sette capi:
capo I: dignità (dignità umana, diritto alla vita, diritto all’integrità della persona, proibizione della
tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro
forzato);
capo II: libertà (diritto alla libertà e alla sicurezza, rispetto della vita privata e della vita familiare,
protezione dei dati di carattere personale, diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, libertà di
pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione e d’informazione, libertà di riunione e di
associazione, libertà delle arti e delle scienze, diritto all’istruzione, libertà professionale e diritto di
lavorare, libertà d'impresa, diritto di proprietà, diritto di asilo, protezione in caso di allontanamento,
di espulsione e di estradizione);
capo III: uguaglianza (uguaglianza davanti alla legge, non discriminazione, diversità culturale,
religiose e linguistica, parità tra uomini e donne, diritti del bambino, diritti degli anziani,
inserimento dei disabili);
capo IV: solidarietà (diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell'ambito
dell'impresa, diritto di negoziazione e di azioni collettive, diritto di accesso ai servizi di
collocamento, tutela in caso di licenziamento ingiustificato, condizioni di lavoro giuste ed eque,
divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro, vita familiare e vita
professionale, sicurezza sociale e assistenza sociale, protezione della salute, accesso ai servizi
d’interesse economico generale, tutela dellambiente, protezione dei consumatori);
capo V: cittadinanza (diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle
elezioni comunali, diritto ad una buona amministrazione, diritto d’accesso ai documenti, Mediatore
europeo, diritto di petizione, libertà di circolazione e di soggiorno, tutela diplomatica e consolare);
capo VI: giustizia (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, presunzione di innocenza
e diritti della difesa, principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, diritto di
non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato);
capo VII: disposizioni generali.
Campo di applicazione
La Carta si applica alle istituzioni europee nel rispetto del principio della sussidiarietà e in nessun
caso può ampliare le competenze e i compiti a queste attribuiti dai trattati. Essa si applica anche ai
paesi dell’UE nell’ambito della loro attuazione della normativa dell’UE.
Qualora uno qualsiasi dei diritti corrisponda ai diritti garantiti dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, il suo significato e campo d’applicazione deve essere uguale a quello definito dalla
Convenzione, anche se il diritto comunitario può prevedere una maggiore tutela. Qualunque diritto
risultante dalle tradizioni costituzionali comuni dei paesi dell'UE deve essere interpretato
conformemente a tali tradizioni.