01_Ricostruisci una mappa semantica del termine path depen

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01_Ricostruisci una mappa semantica del termine path depen
01_Ricostruisci una
mappa semantica del
termine path dependence,
Indicando genealogia,
autori di riferimento,
teorie e parole chiave
connesse.
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. PATH DEPENDENCE
Paul David nel 1985, stabiliva che “In economic development, a standard which is
first-to-market can become entrenched (like the QWERTY layout in typewriters still
used in computer keyboards)”
[adattamento da Paul David, 1985]. Ossia che nello sviluppo economico, uno standard determinato dal “primo arrivo” sul mercato, può radicarsi e divenire quindi
“trincerato”. Egli lo definì con il nome di Path Dependence, e teorizzò che questi
standard, anche se inferiori e non per forza “migliori” di altri, possono persistere e
protrarsi a causa della dipendenza storica che hanno costituito negli utilizzatori.
Significativo (come già citato), il caso della tastiera con disposizione dei tasti
“QWERTY”.
Sono state molteplici le proposte negli anni, di disposizioni più logiche e migliori, ma
il fatto che questa tipologia si sia diffusa ampiamente durante la fine dell’Ottocento
e nell’utilizzo negli anni con le macchine da scrivere, portando ad una sorta di
monopolio, non ha permesso il loro inserimento nel mercato, con il conseguente
predominio di quella che tutt’oggi utilizziamo.
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Inserendo “path dependence” nei motori di ricerca più comuni si può avere un
primo panorama delle definizioni e degli autori correlati.
Questo però non implica un’efficace prospettiva di affidabilità delle definizioni.
A questo punto, per questa tematica sono stati implementati strumenti quali “google
libri”, che offre la possibilità di fare un’estesa ricerca per parole chiave ed avere
una vera e propria anteprima virtuale dei saggi correlati.
Metodi di ricerca per il progetto 1°LS - A.A.2008/09 | prof. Stefano Maffei
Fatta questa premessa sull’origine del termine path dependence, vediamo quali
sono stati i principali autori di riferimento e le relative teorie.
Pochi anni dopo Brian Arthur, indica cinque fattori che determinano la selezione di
un cammino di sviluppo di una tecnologia:
1.l’apprendimento mediante l’uso (learning by use)
2.le economie esterne di rete (network esternalities)
3.l’apprendimento mediante la pratica produttiva (learning by doing)
4. il rendimento crescente da informazione (increasing returns)
5. le complementarietà tecnologiche
“Quando cresce il numero di attori che compie una scelta in favore di una di una
determinata tecnologia si ha un processo di accumulazione degli apprendimenti
che rende la scelta tecnologica
definitiva bloccandola (lock in).”
[Adattamento da Arthur, W.B. , Competing technologies, increasing returns and
lock-in by historical events, in “Economic Journal”, 99 (marzo 1989), in “Il progetto tra tecnologia e innovazione” Facoltà del Design, Politecnico di Milano, Corso di
Metodi e tecniche per il Progetto; Stefano Maffei]
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Friedrich August von Hayek (Vienna, 8 maggio 1899 – Friburgo, 23 marzo 1992) è
stato un economista e filosofo austriaco, tra i più grandi e più prolifici economisti
del XX secolo. Esponente storico del liberalismo, è stato uno dei maggiori esponenti
della scuola austriaca ed uno dei maggiori critici dell’economia pianificata e centralista. Nel 1974 è stato insignito, insieme a Gunnar Myrdal, del Premio Nobel per
l’economia. Nel 1991 ha anche ricevuto la Presidential Medal of Freedom. (wikipedia: Friedrich August von Hayek).
Ogni azione di un organismo guidato dalla mente è qualcosa di nuovo (F.A. Von
Hayek 1963).
L’informazione esterna basata sui dati, diventa conoscenza attraverso un processo
endogeno (Rizzello, 1995). Gli individui anche quando si trovano di fronte agli
stessi dati possono dare una diversa interpretazione dei medesimi, in quanto il
processo di costruzione attraverso cui si forma la conoscenza è personale e varia
da individuo a individuo.
La path-dependence nel processo di acquisizione della conoscenza è evidente.
Essa è condizionata dalla storia, dalle caratteristiche genetiche e soprattutto
sull’esperienza, cosciente e matacosciente che ogni individuo ha acquisito e continua ad acquisire. Ogni singola percezione dei dati esterni dipende dalle caratteristiche soggettive, che derivano a loro volta da originali percorsi di interpretazione.
Molto significativa è stata la possibilità di “isolare” le parole chiave (innovazione,
path dependency ecc..) per poter essere evidenziate direttamente nelle pagine
virtuali delle opere saggistiche, saltando di pagina in pagina per poter riportare
quelle più significative.
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Questo concetto implica che ogni successivo atto di sviluppo di un individuo,
organizzazione o istituzione sia fortemente influenzato e dipendente dal tragitto
(il “path”) precedentemente percorso.
Alcuni autori sostengono che la path-dependence sia riscontrabile anche nella
storia umana e che, di conseguenza, oltre alla dimensione naturale essa caratterizzi anche quella sociale (Arrow 1994). In termini generali, alla base della
path-dependence c’è l’idea che piccoli eventi storici possano avere successive
conseguenze rilevanti, e l’azione economica possa modificare solo in maniera
limitata (David 1985; Arthur 1988). In questo senso, la path-dependence implica
l’idea che la storia abbia un’importanza notevole.
Path-dependence non è “past-dependence”.
Un modello “past-dependent” descriverebbe le dinamiche delle transizioni,
facendo esclusivo riferimento alle condizioni dello stato antecedente. La pathdependence è invece in grado di coniugare “past-dependence”, con il comportamento intenzionale degli agenti. Questi ultimi vengono considerati in grado di
modificare e influenzare la probabilità di transizione da uno stato all’altro, grazie
all’azione esercitata nei meccanismi di interazione locale di cui sono protagonisti
(David 1988).Path-dependence comporta l’intrinseca imprevedibilità degli effettivi
esiti del cambiamento.
Ogni processo stocastico la cui distribuzione asintotica evolve come una conseguenza (è funzione di) della propria storia è path-dependent. (David, p.14)
[Hayek: la conoscenza come processo path-dependent. Aspetti micro e macro.
Salvatore Rizzello – Università di Torino]
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Di volta in volta, di autore in autore che emergeva durante la ricerca, mi soffermavo
su Wikipedia internazionale per scoprire qualcosa in più sugli autori citati ed avere
ulteriori “link” a siti web tematici al quale fare riferimento.
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Molto curiosa, ma non per questo poco significativa, è la posizione di Dave Praeger,
autore di “Poop the book” e del sito correlato,“Poop culture”.
Egli afferma: “The economic concept of path dependence explains how the set
of decisions one faces for any given circumstance is limited by the decisions one
has made in the past, even though past circumstances may no longer be relevant.
Sewers, for instance, rely on a certain amount of water being flushed down toilets
to push the waste through the network of pipes. Though the technology exists to
drastically lower the 1.6 gallons per flush our toilets currently use, we’re locked
into using that ridiculous amount of water for fear that our sewers might grind to a
stagnant halt without it.”
...CHE TRADUCENDO:
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“Il concetto economico della path-dependence spiega come le decisioni per una
data circostanza, siano limitate da quelle prese in passato, anche se le circostanze
stesse non sussistano più e non siano più di rilevanza. Le fogne, per esempio, dipendono dalla quantità d’acqua che viene scaricata dalle toilet per l’eliminazione dei
rifiuti attraverso la rete di condotti. Sebbene esista la tecnologia per ridurre drasticamente gli 1.6 galloni per ogni scarico di toilet che oggi usiamo, siamo ancorati
all’idea di dover usare quell’enorme quantità d’acqua per paura che le nostre
fogne possano incappare in un blocco stagnante.” Dave Praeger
Spesso è capitato di imbattermi in siti del tutto a sè stanti, che però trattavano la
tematica in questione (come nel caso del sito di Dave Praeger), da un punto di vista
più curioso, moderno ed attuale.
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AUTORI DI RIFERIMENTO
Brian Arthur,
T.S. Ashton,
James M. Cypher,
Paul David,
James L. Dietz,
C. Freeman,
Raghu Garud,
Friedrich August von Hayek,
Peter Karnøe,
Lars Magnusson,
Jan Ottosson,
C. Perez,
Dave Praeger,
L. Suchman,
Joseph Schumpeter.
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Già semplicemente isolando i nomi degli autori più ricorrenti ed inserendoli in un
ipotetico wikipedia è possibile avere un link esponenziale riguardo la tematica oggetto di studio.
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02_Raccogli e confronta
(specificandone fonti
e autori) le principali
definizioni
di artefatto e confrontale
con la definizioni di oggetto tecnico e individuo
tecnico.
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. ARTEFATTO
L’artefatto: i tre livelli di artefatto di Wartofsky. [Wartofsky, Marx W. (1973). Models:
Representation and scientific understanding.]
Egli definisce gli artefatti come “oggettificazione
di bisogni e intenzioni umane investite in contenuti affettivo-cognitivi.”
Primo livello: artefatti primari. Comprendono gli artefatti usati direttamente in
produzione. Come esempio Wartofsky include, asce, coltelli, archi, clave...
Michael Cole, nel suo “Cultural Psychology” include negli artefati primari anche:
le parole, gli strumenti per scrivere, le reti di telecomunicazione ed i personaggi
culturali “mitici”.
Secondo livello: artefatti secondari. Consistono nella rappresentazione degli artefatti primari e del loro utilizzo. Gli artefatti secondari giocano un ruolo centrale nel
preservare e trasmettere le modalità d’azione che hanno luogo con gli artefatti
primari. Essi includono ricette, credenze tradizionali, norme, costituzioni...
Terzo livello: artefatti terziari. Il terzo livello, è una classe di artefatti che “possono
costituire un mondo relativamente autonomo, nel quale le regole e convenzioni
non appaiono più direttamente pratiche, ma invece, sembrano costituire un’arena
di libere attività di gioco.”
Wartofsky definisce questi mondi immaginari come artefatti terziari e li applica ad
opere d’arte e processi di percezione.
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Anche in questo caso sono state inserite le “tag”: artefatto, artefatti, artifact, artifacts, in Google Libri per avere un quadro generale delle opere e degli autori in
questione.
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Jean Ladreière, nel suo “L’etica nell’universo della razionalità”, definisce l’artefatto
“una proiezione particolare, nell’ambito della
realtà fisica, di un progetto elaborato sulla base della rappresentazione fisica del mondo. La comprensione più naturale
che se ne può avere è dunque quella suggerita da tale rappresentazione.”
(tecnologico) come
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Lev Semënovic Vygotskij, psicologo sovietico, definiva l’artefatto come “un
aspetto del mondo materiale il quale è stato modificato nella
storia della sua incorporazione negli obiettivi diretti delle
azioni umane. In virtù dei cambiamenti elaborati nei processi
della loro creazione ed uso, gli artefatti sono simultaneamente ideali (concettuali) e materiali”
(n.d.r. tale definizione è stata attribuita erroneamente a Michael Cole in un libro
di Cristina Grasseni e Francesco Ronzon -Pratiche e cognizione. Note di ecologia della cultura- nel quale mi sono imbattuto durante la ricerca per questo
webquest)
*
ATTENZIONE: durante la ricerca non è raro imbattersi in opere di autori minori
che, come in questo caso, attribuiscono erroneamente dei concetti espressi da
qualcun’altro. È sempre bene verificare quanto si sta scrivendo sull’autore cercando di capire quanto in realtà ha contribuito alla tematica con le sue opere.
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. OGGETTO TECNICO
Gilbert Simondon, nel libro “Dumode d’existecedes objetstechniques”, definisce
l’oggetto tecnico come “prodotto
di un sistema di produzione dotato
di una propria configurazione formale, strutturale e funzionale.”
Alvise Mattozzi, in “Il senso degli oggetti tecnici”, definisce che “essi
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si offrono
come inevitabilmente compositi, eterogenei [...]. Essi rinviano
sempre a un’utilizzazione per la quale sono stati progettati, ma
al tempo stesso non sono che un’istanza d’intermediazione
all’interno di una lunga catena che associa umani, prodotti,
strumenti, macchine...”
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Per Leroi Gourhan, l’oggetto tecnico è un interfaccia tra ambiente esterno e ambiente interno. Considera la tecnica come
prodotto in senso ampio dell’interazione fra ciò che deficnisce ambito interiore, la cultura in un gruppo umano secondo gli etnologi, e l’ambito esteriore, cioè l’ambiente naturale.
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. INDIVIDUO TECNICO
“progettare la forma significa coordinare, integrare e
articolare tutti quei fattori che, in un modo o nell’altro, partecipano al processo costitutivo della forma del prodotto. E, più
precisamente, si allude tanto ai fattori relativi all’uso, alla
fruizione e al consumo individuale o sociale del prodotto (fattori funzionali, simbolici o culturali) quanto a quelli relativi
alla sua produzione (fattori tecnico-economici, fattori tecnicocostruttivi, fattori tecnico-sistemici, fattori tecnico-produttivi e
fattori tecnico-distributivi).” Maldonado
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fattori relativi all’uso;
fattori relativi alla fruizione e al consumo individuale o sociale del prodotto
fattori funzionali, simbolici o culturali
fattori relativi alla produzione;
fattori tecnico-economici;
fattori tecnico-costruttivi;
fattori tecnico-sistemici;
fattori tecnico-produttivi;
fattori tecnico-distributivi;
A tale proposito la concretizzazione di un INDIVIDUO TECNICO
è valida ammettendo che l’attività di coordinare, articolare
e integrare i diversi fattori è sempre fortemente condizionata
dal modo in cui produzione e consumo di beni si esplicano in
una data società
[Maldonado, T., Disegno Industriale: un riesame]
Nel libro “Governare l’innovazione” di G. Ardrizzo, Khaled Fouad Allam, Mohammed Arkoun, Marina Calloni,“quando
l’artigiano usa i suoi strumenti
per scalpellare un pezzo di legno, egli domina perfettamente
l’attrezzo al punto che a volte lo si può considerare come un
prolungamento del corpo. Lo stadio dell’individuo tecnico è lo
stadio della macchina, che corrisponde all’articolazione finalizzata di diversi elementi. L’archetipo dell’individuo tecnico è
la macchina a vapore [...].”
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ARTEFATTO
“oggettificazione
di bisogni e intenzioni umane
investite in contenuti affettivocognitivi.”
Wartofsky
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OGGETTO
TECNICO
“L’oggetto tecnico è il prodotto
di un sistema
di produzione
dotato di una
propria configurazione formale,
strutturale e
funzionale”
INDIVIDUO
TECNICO
Lo stadio
dell’individuo
tecnico è lo
stadio della
macchina, che
corrisponde
all’articolazione
finalizzata di
diversi elementi.
Simondon
Ardrizzo, Allam,
Calloni, Arkoun
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03_Definisci lo user
centered design e la
user driven innovation:
illustrale poi
con due casi studio.
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. USER CENTERED DESIGN
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Lo User Centered Design (UCD) è una metodologia per progettare tenendo conto del punto di vista e delle esigenze
dell’utente. Lo UCD è un processo composto di più attività. Si
basa sull’iterazione di diversi strumenti di analisi od osservazione, progettazione e verifica. In italiano questo processo è
noto anche come “Progettazione Centrata sull’Utente”.
Nel caso di termini che non hanno un’effettiva traduzione dall’inglese all’italiano
ma sono oramai radicati in lingua originale è relativamente più semplice operare
la ricerca.
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Preece (1993) descrive lo user-centered design come un approccio di progetto che include un continuo focus sugli utenti
(users) lungo un processo iterativo dalle prime fasi di analisi
a quelle finali di implementazione.
John Karat (1996) sostiene che user-centered design sia un
processo che considera gli utenti o i dati sugli utenti come
il criterio per generare idee e, conseguentemente, valutare la
qualità di un progetto.
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Il processo è stato definito e descritto da diversi autori e persino da alcune norme
ISO, come la 13407, Human-centered design process. Diverse fonti descrivono processi leggermente diversi, ma guidati dalla stessa filosofia: fondare il progetto sulle
esigenze degli utenti.
La ISO 13407
Questa norma ISO stabilisce quattro attività principali per il processo di UCD:
1.Specificare il contesto d’uso
2.Specificare i requisiti
3.Creare delle soluzioni progettuali
4.Valutare il design
Solo quando le soluzioni progettuali rispecchiano i requisiti, allora il prodotto può
essere rilasciato e pienamente realizzato.
Appare evidente l’importanza che viene data a ben due fasi di analisi prima della
creazione effettiva di soluzioni progettuali. Il contesto d’uso è necessario per identificare quali persone useranno il prodotto, cosa ci faranno e in quali condizioni lo
useranno.
I requisiti si concentrano a questo punto sia sui compiti che gli utenti dovranno portare a termine che sugli eventuali obiettivi di business.
Solo a questo punto il prodotto può iniziare a essere pensato e progettato, in forma
di prospetto, schema, prototipo, fino ad un modello completo.
Ma il passo davvero fondamentale è l’ultimo, ovvero la verifica del prodotto, in par-
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ticolare con utenti reali attraverso i test di usabilità, anche se non solo: interviste,
questionari, analisi ispettive e secondo linee guida possono altresì essere utili.
Gli strumenti
Nelle diverse fasi del ciclo di progetto vengono portate avanti diverse attività con
diversi strumenti.
Nella fase di analisi (1 e 2) tipicamente si compiono le seguenti attività:
1.Incontri con gli stakeholder (portatori di interessi) per capire vincoli e aspettative
2.Analizzare i prodotti esistenti
3.Conduzione di osservazioni sul campo
4.Conduzione di interviste con potenziali utenti
5.Conduzione di workshop con potenziali utenti
6.Questionari
7.Creazione di profili di utente
8.Creazione di elenchi di compiti
9.Creazione di scenari
10.Definizione di team multidisciplinari
Aggiungo che è bene fin dall’inizio creare dei modi agili per comunicare fra i diversi componenti dello staff, e non rigidi e immodificabili. In un lavoro di UCD non
dovrebbero esistere membri del gruppo di lavoro che decidono indipendentemente
dalle opinioni altrui.
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Nella fase in cui si lavora alla creazione di soluzioni progettuali si usano i seguenti
strumenti:
1.Brainstorming, riunioni e discussioni libere
2.Creazione di modelli e schemi di navigazione
3.Creazione di bozzetti e schermate, anche carta e matita
4.Conduzione di analisi e simulazioni cognitive sui bozzetti
5.Creazione di prototipi a bassa o alta fedeltà
Si può notare che accanto ad attività più propriamente progettuali (che comprendono il disegno dell’interfaccia con vari strumenti) si inizia già a condurre delle
valutazioni e delle analisi sulla base dei documenti predisposti nella prima fase
(scenari, compiti)
La valutazione avviene prima e durante l’implementazione vera e propria del
sistema, attraverso:
1.Test con utenti
2.Questionari
3.Analisi euristiche e ispettive
4.Simulazioni cognitive
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Alla fine il prodotto viene corretto e implementato con:
1.La modifica del sistema
2.La realizzazione definitiva di Html, css, grafica e programmazione
La fase di valutazione idealmente non finisce qui, perché si possono mettere a
punto fasi di monitoraggio del sito o del software, grazie a:
1.Meccanismi di segnalazione di problemi
2.Questionari
3.Studi sul campo
4.Ulteriori test di usabilità per controllare gli obiettivi.
[www.usabile.it – Maurizio Boscarol]
Sedia Aeron Herman Miller:
è stata progettata per poter facilmente sostituire i pezzi più soggetti a rottura, seguendo i requisiti dei protocolli Design for Environment di Herma Miller.
Essa è dotata di molteplici regolazioni, progettate per poter permetter all’utente
di qualsiasi “percentile” di trovare la corretta postura. L’approccio User Centered
Design è esemplificato dal fatto che l’utente è stato coinvolto in modo massiccio
durante la progettazione.
Schienale
• La regolazione della tensione del tilt consente all’utente di controllare la resistenza che avverte quando si appoggia all’indietro.
Braccioli
• I braccioli sono regolabili autonomamente sia in verticale che lateralmente per
allineare correttamente le braccia al compito da svolgere. La regolazione del tilt in
avanti posiziona la sedia 5 gradi in avanti.
Varianti
• Il cuscinetto lombare è regolabile verticalmente e la sua profondità può essere
fissata.
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USER DRIVEN INNOVATION
“Customers as innovators”
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(Von Hippel)
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User Driven Innovation significa, oltre il tradizionale approccio al coinvolgimento
degli utenti: “mettere
i clienti in condizione di disegnare il prodotto o servizio più adatto alle proprie esigenze”.
Nuove risorse di vantaggio competitivo:
•1960s & 1970s “Making things cheaper”
Advantage from Cost Division of labor, MTS, mass production
•1980s & 1990s “Making things better”Advantages from Quality and Speed Lean, JIT, flexible specialization, automation
•2000s “Making better things”Advantages from Aesthetics and
AuthenticityDesign, innovation, uniqueness: Stuart Rosenfeld,
Regional Technology Strategies, Inc. (2006)
Si sono appena evidenziati come negli anni la concezione da parte delle aziende
sia radicalmente cambiata da un approccio di “fare cose economiche”, a “far meglio le cose” ed infine “fare cose al meglio”
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Lego Mindstorms è una linea di prodotti LEGO che combinano mattoncini programmabili con motori elettrici, sensori, mattoncini LEGO, pezzi di LEGO Technic
(come ingranaggi, assi e parti pneumatiche) per costruire robot e altri sistemi
automatici e/o interattivi.
LEGO Mindstorms è stato distribuito commercialmente come “RIS” (Robotic Invention System - “Sistema di Invenzione Robotico”). È stato anche venduto ed utilizzato come sistema educativo, originalmente attraverso una partnership con il MIT.
La versione educativa si chiama LEGO Mindstorms for Schools (LEGO Mindstorms
per le scuole) e viene venduto con un software di programmazione basato sulla
GUI ROBOLAB.
LEGO Mindstorms può essere usato per costruire un modello di sistema integrato
con parti elettromeccaniche controllate da computer. Praticamente tutti i tipi di
sistemi integrati elettromeccanici esistenti nella vita reale (come gli elevatori o i
robots industriali) possono essere modellati con i Mindstorms.
C’è una grande e ben sviluppata comunità di professionisti ed amatori di ogni età
coinvolti nella condivisione di progetti, tecniche di programmazione ed altre idee
riguardanti LEGO Mindstorms.
L’RCX Originale dei Minstorms è stato rilasciato nel 1998. Nel 2006 LEGO è stato
immesso sul mercato un sistema di nuova generazione chiamato NXT, centrato su
di un nuovo mattoncino programmabile. Il LEGO Mindstorms NXT è Open Source.
[Wikipedia: Lego Mindstorm]
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COSA IMPLICA UN APPROCCIO DI QUESTO TIPO?
Potenziale coinvolgimento dei lead users, creazione di comunità progettanti, possibilità di avere nuovi prodotti con costi di progettazione nulli (dato che è l’utente
stesso che lo “progetta).
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04_Scegli e documenta
con tre esempi realizzati (ricerche, processi, prodotti o servizi)
l’applicazione di una
metodologia progettuale
creativa in ambito di
design (illustrando anche la teoria da cui scaturisce).
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“Le comunità creative sono gruppi di persone che si organizzano per ottenere
un risultato, cioè per risolvere un problema e/o per aprire una nuova possibilità.
Esse implicano l’attivazione in prima persona dei soggetti interessati al raggiungimento dei risultati. E quindi, nel loro insieme, si presentano come attività
basate sulla capacità/volontà di fare (soli, o scambiandosi un mutuo aiuto),
più che non su quella di chiedere (come tradizione degli utenti dei servizi
sociali).
Si tratta di iniziative generate in modo autonomo dai cittadini stessi. Oppure, assai spesso, di iniziative che sono il risultato dell’incontro virtuoso tra
innovazione sociale, istituzioni e imprese nonprofit e/o di mercato. In tutti i
casi però anche quando sono coinvolte istituzioni o imprese, queste iniziative
vengono immaginate e messe in atto dal basso, alla scala locale. Quindi nel
loro insieme si presentano come dei fenomeni di creatività e imprenditorialità
diffuse.
Questa caratteristica si collega in particolare ai nuovi comportamenti che si
stanno diffondendo in relazione all’emergere dell’economia della rete e dei
network collaborativi che essa sta generando.”
[Carlo Vezzoli, Ezio Manzini – Design per la sostenibilità ambientale]
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In questo caso è stato molto interessante provare a digitare alcune tags (design,
creatività, comunità creative...) e vedere come con “pochi click” si è arrivati a trovare nomi di autori quali Ezio Manzini,Carlo Vezzoli,Anna Meroni e di conseguenza
trovare una scheda dedicata alle comunità creative sul libro “Design per la sostenibilità ambientale, di Carlo Vezzoli ed Ezio Manzini”.
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Vediamo l’aspetto più interessante, ossia l’aver reso possibile nuove modalità di
azione e inedite forme di socialità: piattaforme organizzative il cui tratto comune è
quello di raccogliere persone interessate allo stesso tema, raggiungere la massa
critica necessaria per fare qualcosa e farlo. Sia questo il condividere un bus per
fare un viaggio, organizzare una festa o mettere assieme delle squadre di volontari per pulire un bosco o una spiaggia. (I prossimi esempi riportato sono citati nel
libro riportato poco sopra alla voce “comunità creative”)
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CASI STUDIO: MEETUP
“È arrivato il momento di passare meno tempo a fissare lo schermo e concentrarsi di più sul faccia-a-faccia.”
Meetup è una piattaforma che necessita di un account per potervi accedere ed
interagire con gli altri utenti. Lo scopo è quello di conoscere persone con i tuoi
stessi interessi, contattarli ed organizzare degli incontri per gli scopi preferiti.
Il sito dà la possibilità di CREARE un gruppo Meetup o di CERCARLO.
Per darvi un’idea di cosa stiamo parlando, nella pagina principale di Meetup, vi
sono dei contenuti in aggiornamento automatico, che permettono di visualizzare una piccola parte di quelli che sono gli “incontri che stanno per avvenire” (i
meetup, appunto).
Difatti si può leggere:
18 Meetup in corso in questo momento:
CANTON DEL GRILLO - Amici di Beppe Grillo di Padova
Rainmaker Business Networking Meetup Group
BC Sufis
Inland Empire Manufacturers
...
627 Meetup inizieranno in un’ora:
Womens Small Business Group -JOHNSTOWN AND SURROUNDING AREAS
The Washington DC Ballroom, Latin & Swing Dance Meetup Group
Kent State/Portage County Ron Paul “Campaign For Liberty”
The Greensboro Salsa Group
...
Le tematiche di questi “gruppi” sono tra le più disparate e possibili, non dimenticando che l’utente stesso possa crearne uno tutto suo “invitando” altri utenti ad
unirsi (nel caso non avesse trovato il gruppo specifico al suo interesse)
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SMARTMOBS
PIATTAFORMA COME “TREND-ANALYST” DAL BASSO, FATTA DAGLI UTENTI.
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Smart mob deriva dall’abbrevazione del termine inglese “smart mobile” che letteralmente significa “telefono cellulare intelligente”. Per estensione si può intendere un qualunque apparecchio o tecnologia mobile senza fili, dotato di software
in grado di connettersi in rete e capace di ricevere e dare istruzioni e/o informazioni secondo la programmazione ricevuta.
Howard Rheingold, studioso dell’impatto sociale e delle nuove tecnologie, nel suo
libro “Smart mobs, tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura”
amplia il significato di questo termine definendo smart mobs come “folla/moltitudine intelligente”, evidenziando così l’importanza sociale dell’utilizzo di massa di
queste tecnologie. La formula, infatti, rimanda ad un gioco di parole tra il termine
smart che rimanda a intelligente o brillante e il termine mobs che rimanda a connotazioni negative come quello di folla disordinata. [Wikipedia: smartmob]
A partire dai contenuti del libro, si è creata una comunità
Smartmobs.com: The next social revolution - Mobile communication, pervasive
computing, wireless networks, collective action.
Questa piattaforma raccoglie utenti i quali hanno la possibilità di postare riflessioni, tematiche e previsioni sul futuro delle nuove tecnologie di comunicazione, sul
quale intervenire e dare il proprio contributo. Parola d’ordine comune è l’azione
collettiva, i nuovi networks e comunicazione mobile.
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BBC ACTION NETWORK
“CAMBIA IL MONDO ATTORNO A TE”
Voglia di Bbc e di democrazia
L’esempio inglese di Action Network (Bbc) mostra come dovrebbe funzionare un
«servizio pubblico». L’informazione qui interagisce con i progetti spontanei locali,
che nascono dal bisogno di «fare volontariamente» qualcosa di utile; per sé e per
gli altri
utente anonimo
[ftp://ftp.olografix.org/upload/incoming/newslettern39a3.txt]
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IKEA HACKER
COMUNITÀ ONLINE DI UTENTI CREATIVI IKEA.
È una comunità on-line dove gli utenti di prodotti IKEA, trovano il modo di utilizzarli per altri fini o scopi, talvolta molto ingegnosi, e condividendo il processo di
“trasformazione” dal vecchio al nuovo prodotto.
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Fantasia, invenzione, immaginazione:
« La fantasia è una raccolta più libera dalle altre, essa
infatti può anche non tener conto della realizzabilità o
del funzionamento di ciò che ha pensato. E’ libera di
pensare qualunque cosa, anche la più assurda,
incredibile, impossibile. L’invenzione usa la stessa
tecnica della fantasia, cioè la relazione fra ciò che si
conosce, ma finalizzandola ad uso pratico. […] La
creatività è, anch’essa, un uso finalizzato della fantasia,
anzi della fantasia e dell’invenzione in modo globale. »
Bruno Munari
Metodi di ricerca per il progetto 1°LS - A.A.2008/09 | prof. Stefano Maffei
05_Evidenzia le specificità (e la coerenza) di
alcuni strumenti di ricerca tipici del design connessi al tema del design
a scala territoriale. Proponi tre esempi a supporto della trattazione.
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“Lo sviluppo locale è un processo collettivo di innovazione
territoriale inserito in una prospettiva di tempo durevole. È un
processo correlato ad uno specifico territorio il cui scopo è di
mettere in relazione attori pubblici e privati, società civile e
abitanti per dare forma ad un’idea condivisa di sviluppo che
sia economica, sociale, ambientale, legata al benessere della
collettività e che pone al centro l’essere umano.” [Caldarini C.
e Decoster D. P.]
Metodi di ricerca per il progetto 1°LS - A.A.2008/09 | prof. Stefano Maffei
Condizioni abilitanti per un’effettiva “esistenza” di un design a scala territoriale:
c’è da chiedersi come il Design possa contribuire ai processi di sviluppo locale.
Condizione multiattore: il progetto sarà un’attività in grado di coinvolgere (come
elementi attivo-produttivi) un insieme di soggetti con un bagaglio esperienziale
differente da ognuno e quindi capaci di contribuire in modo più o meno significativo, ma non per questo inutile. (si include il concetto di Design Community)
Condizione multilivello: sarà necessario, considerare l’area in cui stiamo svolgendo l’attività progettuale, come un territorio basato su più livelli-scala di intervento progettuale. (da planetaria ad urbana)
Situativity: l’azione del design prende parte ad un contesto con una determinata
situazione riguardo le condizioni specifiche di un territorio, considerandolo come
un sistema vasto ed articolato che include molte risorse, spesso materiale, le
quali è importante includere nell’azione prgettuale.
Condizione path-dependency: l’azione di progetto è dunque influenzata da un
grado di incertezza che dipende dalla storia stessa del progetto e che si riferisce
sia gli obiettivi sia agli strumenti dell’azione di design. (Fabbri, 2003)
[adattamento da “Sistema Design Italia Magazine: Risorse locali e comunità di
progetto. Stefano Maffei e Beatrice Villari, 2005]
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SPECIFICITÀ E COERENZA DI ALCUNI STRUMENTI DI RICERCA TIPICI DEL DESIGN A SCALA TERRITORIALE:
- Ricerca sul campo
- Ricerca su caso studio
- Studio del sistema culturale
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- Ricerca sul sistema dell’ospitalità
- Ricerca sulla possibilità di partecipazione sociale/coinvolgimento attivo delle
comunità
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TRE (BREVI) ESEMPI A SUPPORTO DI TALE TRATTAZIONE:
Olimpiadi Beijing 2008:
obiettivo progettuale è valorizzare gli elementi materiali ed immateriali che
costituiscono il capitale territoriale cinese (integrazione), non solo dal punto di
vista dello sport ma di tutto ciò che concerne la cultura di questo popolo, le sue
usanze, le sue tradizioni, la sua popolazione. (studio del sistema culturale come
strumento per l’attività progettuale).
Ricerca sulla possibilità di partecipazione sociale/coinvolgimento attivo delle
comunità ed ospitalità (ad esempio, ricerca di volontari per l’ospitalità dei cittadini
stranieri accorsi per le olimpiadi. In questo caso il progetto includere la componente multiattore/multilivello descritta prima, per ovviare al problema della difficoltà dei visitatori con la lingua cinese e l’immensità degli spazi della metropoli
di Pechino).
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EXPO 2015, MILANO:
in questo caso il progetto, non solo tiene conto di tutti quei fattori culturali e
tradizionali della città, per far si che sia vetrina del nostro Paese, ma dovrà anche
includere massicciamente tutta una serie di predisposizioni per permettere a
Milano di poter effettivamente ospitare tutti i visitatori stimati.
Si pensi dunque ai sistemi di trasporto, che già oggi, per i soli cittadini milanesi e
pendolari di lavoro, non funzionano come dovrebbero.
Qui la condizione multilivello è ben esemplificata dal fatto di dover conciliare
quelle istituzioni pubbliche e private per poter costituire vantaggio sulle diverse
tematiche chiave.
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UN (NON)ESEMPIO DI DESIGN PER IL TERRITORIO: CITYLIFE
questo esempio non vuole essere una presa di posizione con accezione negativa
al progetto delle tre torri di Milano, CityLife, bensì vuole essere uno spunto per
evidenziare come un megaprogetto di questo tipo, considerato un po’ come “lo
sbarco di Milano all’era dei grattacieli”, possa in realtà far insorgere ad esempio
i cittadini del quartiere, perchè non direttamente coinvolti nel processo (sebbene
architettonico) di sviluppo progettuale.
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GRAZIE