Liberty, unione delle arti - Fondazione Internazionale Menarini

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Liberty, unione delle arti - Fondazione Internazionale Menarini
n° 377 - ottobre 2016
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Liberty,
unione
delle arti
Un accordo
tra funzionalità
ed estetica che ha dato
la propria impronta
a tutta un’epoca
Con l’avvento dell’era industriale, di
pari passo nasce la società del consumo
e con essa la continua necessità di
oggetti “moderni”, dove per moderno
si intende “alla moda” e quindi meno
durevole nel tempo perché più soggetto ai rapidi cambiamenti di gusto
e alle innovazioni tecnologiche. In un
mondo in cui l’opera dell’uomo viene
subordinata a quella della macchina,
in cui la fotografia prende il posto
del ritratto dal vero, in cui l’artigianalità lascia spazio alla serialità, l’ingegno
e l’estro artistico sembrano diventare
obsoleti e superflui. Dopo un primo
momento di lotta fra l’uomo e la macchina, però, si giunge a una tregua, in
cui il mondo dell’arte inizia a vedere
l’industria non più come la bestia nera,
ma come una risorsa, un valido strumento per la ricerca di modernità. Fra
i primi a capire le infinite possibilità
della tecnologia moderna applicata alla
sfera dell’arte e dell’artigianato è William Morris, al quale si deve la nascita
del movimento Arts and Crafts: l’uomo
non è più schiavo della macchina, ma
anzi è il suo ingegno che la guida nella
realizzazione di qualcosa che vada oltre la riproducibilità tecnica e che riporti in primo piano il gusto piuttosto che la facilità di esecuzione. È in
a lato
Renato Bertelli: Marchesa Casati in maschera di
medusa - Ro (Ferrara), Fondazione Cavallini
sotto
Giulio Bargellini: Annunciazione
Collezione privata
questo clima che a cavallo fra il XIX
e il XX secolo ha luogo in campo artistico quella rottura con il passato che
si manifesta in tutte le discipline e in
tutte le forme e che prende il nome di
Art Nouveau. La nuova corrente si pone
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Umberto Boccioni: Donna di spalle davanti ad una finestra - Roma, Galleria Russo
in antitesi all’Eclettismo ottocentesco,
vuole lasciarsi il passato alle spalle e
guardare al futuro attraverso nuove
forme e nuovi colori. Natura, esotismi
quali il richiamo all’arte giapponese
e agli arabeschi, tinte fredde, insofferenza verso le proporzioni e ricerca
di nuovi ritmi compositivi sono gli ingredienti per una innovativa ricetta di
stile che attinge dal passato l’indispensabile per fare un passo verso la modernità attraverso nuove armonie. Il
già citato William Morris in Paure e
speranze sul futuro dell’arte afferma:
«Quanto ai vostri insegnanti, essi devono essere la natura e la storia…» «…è
così forte il legame fra storia e decorazione che nella pratica di quest’ultima
non possiamo, anche se volessimo,
scrollarci del tutto di dosso l’influenza
dei tempi passati su ciò che facciamo
adesso…». Senza la conoscenza del
passato non si può camminare verso il
futuro, senza lo studio della natura non
si può trasmettere niente nella forma
artistica, perciò è da questi dati che l’artista deve partire nella sua personale
Enrico Lionne: L’attesa - Novara, Galleria d’Arte Moderna Giannoni
ricerca di modernità.
Con l’Art Nouveau l’ornamento assume pari dignità dell’opera d’arte tradizionalmente intesa, l’armonia regna
fra tutte le discipline, domina il sincretismo di tutte le arti: è questo il filo
conduttore della mostra Liberty in Italia – Artisti alla ricerca del moderno che
si tiene presso il Palazzo Magnani di
Reggio Emilia dal 5 novembre 2016
al 14 febbraio 2017, nella quale è possibile ammirare le testimonianze più
significative dell’Art Noveau in Italia;
lo stile Liberty infatti non è altro che
l’espressione italiana della più ampia
tendenza europea che prende vita in
Belgio per poi propagarsi in tutto il
continente, cambiando di fatto solo il
nome: Jugendstil in Germania, Sezessioninstil in Austria, Modernismo in
Spagna; in Italia la nuova tendenza
prende il nome da Arthur Liberty, commerciante di oggetti d’arte londinese
che mise in mostra le sue mercanzie,
disegnate secondo i dettami del nuovo
stile, all’Esposizione Internazionale
d’Arte Decorativa Moderna di Torino
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nel 1902. Il Liberty si afferma anche
nel campo dell’urbanistica, in Italia
sono numerosi gli esempi di architettura grazie alla quale interi quartieri
prendono forma secondo i dettami del
“nuovo stile”; non solo all’esterno, ma
anche al loro interno le abitazioni iniziano a riflettere questo bisogno di modernità, perciò anche l’arredamento,
le suppellettili e perfino gli abiti assumono nuove forme. L’Art Noveau
unisce agli aspetti prettamente funzionali quelli edonistici ed estetici. Già il
critico d’arte britannico John Ruskin
sosteneva alla fine dell’Ottocento che
la “poesia” dell’architettura è tutta nell’ornamento, che non viene più considerato come qualcosa di posticcio,
aggiunto all’opera, ma ne diviene esso
stesso parte intrinseca. Gli architetti
del primo Novecento iniziano a sviluppare nuove soluzioni per coniugare
forme prettamente funzionali con le
nuove possibilità tecnologiche, ma anche con il nuovo gusto, in un connubio perfetto fra pittura, scultura e
arti decorative, come si evince ad esempio dai bozzetti e dai progetti di Ettore
Ximenes, Giuseppe Palanti, Paolo Sironi e Ernesto Basile. Le Arti Applicate tornano a nuova vita con il Liberty,
che vuole abbattere la distinzione fra
arti maggiori e arti minori. In mostra
a Reggio Emilia, il volto della Marchesa Casati è trasformato con grande
abilità da Renato Bertelli nella maschera di Medusa in un vaso di ceramica invetriata con applicazioni di vetri tagliati a brillante; non c’è più limite alla fantasia dell’artista e alle applicazioni di questa nella realtà, materiali come ceramica, ferro e vetro entrano a pieno titolo nella realizzazione
delle opere d’arte e si affiancano a quelli
tradizionali portando freschezza e
innovazione. Molti degli artisti italiani
che trovano nella corrente Liberty un
modo moderno per esprimersi, sono
fra coloro che poi prenderanno la via
del Futurismo: lo stesso Bertelli pochi
anni dopo l’opera citata crea il Profilo continuo del Duce, in cui imbriglia
il movimento della testa di Benito Mussolini in un pezzo di ceramica che sembra quasi prendere vita sotto l’occhio
dello spettatore.
Anche Umberto Boccioni attraversa
una fase Liberty: Donna di spalle da-
sopra
Duilio Cambellotti: Bozzetto esecutivo
per il Manifesto dell’Esposizione nazionale
di Torino del 1898
Roma, Archivio Cambellotti
a lato
Galileo Chini: Pannello decorativo in ceramica
vanti ad una finestra del 1907-1908,
è un’illustrazione per il Touring Club
realizzata in tempera su carta, materiali poveri che nelle mani dell’artista
richiamano le stampe giapponesi e si
affacciano alla modernità con la giustapposizione di grandi campiture di
colori freddi.
Accanto alle arti applicate, l’illustrazione e la grafica sono quelle che hanno
maggiormente caratterizzato l’Art Nouveau. Gli artisti si aprono ora anche ai
manifesti e al mondo dell’editoria; per
l’illustrazione libraria è famoso il caso
del connubio artistico fra i testi di D’Annunzio e le illustrazioni di Adolfo De
Carolis, che prende le mosse dall’evoluzione estetica dei preraffaelliti, per
stemperarla con esotismi e proporzioni
alterate in senso decorativo. De Carolis è una figura di artista a tutto tondo,
oltre ad essere l’illustratore prediletto
di D’Annunzio si dedica anche alle arti
applicate, in particolare alle opere tessili, a preziose rilegature di libri, alle
ceramiche e alle decorazioni lignee dei
mobili, disegna studi per banconote,
titoli, calendari e manifesti, sperimen-
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tando tutte le tecniche, tutti i materiali, tutti i campi in cui l’arte può esprimersi. Fra i lavori dannunziani in pieno
stile Liberty sono i disegni per le opere
teatrali, gli allestimenti delle scene, i
costumi per Eleonora Duse e una serie di boccette di vetro da profumo disegnate appositamente per D’Annunzio.
L’esposizione di Palazzo Magnani individua i due filoni che hanno convissuto nel Liberty: quello “floreale” e
quello “modernista”, due facce della
stessa medaglia, seppur molto diverse
fra loro; lo “stile floreale” nasce dallo
studio preciso della natura e procede
con forme sinuose, linee curve, piccoli
animali e tralci che intrecciandosi creano
un tessuto di grande eleganza e raffinatezza, come nelle opere pittoriche
di Galileo Chini e Plinio Nomellini
e nelle sculture di Domenico Trenta-
coste e Pietro Canonica; lo “stile modernista” è più lineare e apre la strada
alle Avanguardie artistiche di inizio
Novecento, volgendosi verso la stilizzazione delle forme decorative; questa
lettura del Liberty prende le fila proprio dalla letteratura critica coeva e individua il collegamento fra le due
declinazioni nella linea grafica e nella
ricerca sul segno, che è rintracciabile
in qualunque tipo di produzione artistica del periodo, dalle pitture alle sculture, dalle ceramiche ai grandi manifesti pubblicitari, dall’architettura all’abbigliamento.
Forse mai come con l’Art Nouveau un
movimento ha saputo declinarsi in
ogni aspetto della vita artistica, facendosi spazio nella dimensione del quotidiano, rispondendo alla necessità
di un’arte per la comunità intera.
elena aiazzi