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Frammenti di psicologia e di riflessione nell’Inferno dantesco
Perché è utile leggere la Divina Commedia di Dante ancora nel nostro tempo?
Per un fatto culturale, in quanto essa costituisce un patrimonio straordinario di conoscenza della
cultura enciclopedica medievale, a livello storico, cronachistico, filosofico, astronomico, religioso,
politico, poetico, linguistico.
Perché soddisfa la curiositas, la cupiditas cognoscendi dell’uomo contemporaneo, anche se distratto
da molteplici interessi, più o meno condivisibili.
Perché può ritenersi un manuale di psicologia umana individuale e sociale, in quanto la centralità
dell’universo artistico della Commedia è occupata dall’uomo in una rete relazionale con se stesso,
con gli altri, con il divino.
Perché è uno stimolo forte alla riflessione sull’uomo con le sue immutabili passioni, che, se
controllate dalla “ratio”, sono “virtus”, se sfrenate, diventano vizi.
L’uomo è analizzato, processato, accompagnato dal poeta-viator, dall’uomo-teologo in un percorso
di dannazione, di espiazione, di salvezza, contestualizzato in una duplice dimensione storicotemporale e atemporale-eterna .
Dopo lo studio pluriennale del” Sacro Poema” ho pensato di focalizzare l’attenzione su alcune
componenti basilari di psicologia e di riflessione in alcuni canti dell’Inferno, cogliendo
nell’esperienza artistica del Poeta situazioni ripetibili, pur in un contesto spazio-temporale e
culturale lontano, ma per molti aspetti esemplare.
Inferno I
Dante racconta di trovarsi, senza sapere come e quando è entrato, in pericolo, in una situazione
difficile(selva oscura), da cui in un primo momento tenta di uscire da solo( salita del colle
illuminato), ma ostacolato(tre belve), chiede aiuto a Virgilio, il quale lo accompagnerà nell’Inferno
e nel Purgatorio, per lasciare il posto a Beatrice nel Paradiso.
Dante rappresenta ciascuno di noi , che, casualmente o improvvisamente , si trova in difficoltà
materiale o psicologica, in una condizione di disagio, per motivi di lavoro, di studio, di famiglia, per
una delusione.
In una fase iniziale pensa di uscirne con le sole proprie forze, ma, vista l’impossibilità, si rivolge a
qualcuno, chiunque sia, amico, familiare, psicologo, che lo liberi dall’angoscia.
Costui lo guiderà in un percorso lungo e complesso, che consente di conoscere persone e situazioni
che lo aiuteranno a maturare, a prendere coscienza e ad uscire dalle difficoltà.
Inferno II
Dante, dopo aver dato il suo assenso a Virgilio, ha un momento di riflessione, di crisi, di timore di
non essere in grado di affrontare il viaggio. Mentre Enea e San Paolo hanno avuto il privilegio di
andare nell’aldilà da vivi per volere divino, in quanto investiti di una missione politica (Enea) e
religiosa(San Paolo), egli non comprende la ragione del suo viaggio.
Virgilio lo rassicura, dicendo che in cielo tre donne lo proteggono( La Vergine-carità, Luciasperanza, Beatrice-fede). Dante, rinfrancato, si dichiara pronto a seguire il poeta come guida,
signore e maestro.
Ciascuno di noi, prima di intraprendere un’azione, un’attività, può essere colto da crisi, da sfiducia
nelle proprie forze, dal riconoscimento dei propri limiti. Provare paura, avere consapevolezza della
propria fragilità, non è negativo, ma costituisce un fattore di crescita, di maturità. La spavalderia, la
sfida, nel contesto attuale dominanti, sono spesso sintomo di immaturità e di mascherata debolezza.
Nelle difficoltà non è umiliante chiedere aiuto. A chi?
Dante sottolinea il valore genitoriale nella figura del padre(Virgilio) e nella figura
materna(Beatrice). Egli nel XXX canto del Purgatorio, nel momento di distacco da Virgilio,
chiamerà costui “dolcissimo padre” e paragonerà Beatrice ad una madre e se stesso ad un bambino
insicuro.
Mentre nel Medioevo i ruoli autorevoli erano ben definiti e riconosciuti, oggi sono incerti. I giovani
spesso preferiscono rivolgersi ai coetanei ed è diffuso il contrasto generazionale, con un
atteggiamento “rottamatore” nei confronti degli anziani.
Quale suggerimento possiamo cogliere in Dante?
Il recupero, il ripristino
di un rapporto intergenerazionale costruttivo, facendo tesoro
dell’esperienza degli adulti e del vigore dei giovani.
Sul piano allegorico l’intervento di Virgilio e delle tre figure femminili significa che per superare la
crisi occorre l’aiuto non solo della ragione(Virgilio)e della fede(Beatrice), ma anche della
carità(Vergine),e della speranza(Lucia).
Concretamente si può interpretare che l’aiuto genitoriale (padre-Virgilio, madre-Beatrice), può
essere rafforzato da altre persone che stimolano alla speranza e si rivelano caritatevoli, solidali con
chi è in difficoltà.
Inferno III
Dante colloca gli ignavi nell’Antinferno, in quanto rifiutati dal Paradiso e dall’Inferno. Dopo la
morte sono collocate sulla soglia dell’aldilà, come sulla terra sono stati sulla soglia della vita.
Quale suggerimento possiamo cogliere dai versi di Dante?
Per avere la salvezza bisogna operare attivamente, fare delle scelte, non restare chiusi nel proprio
privato senza agire bene o male.
Nella realtà attuale è diffuso il rischio di non agire, di omologarsi, di vivere secondo modelli
imposti dall’esterno. Nella società industrializzata è più facile la massificazione.
Nella storia ci sono periodi in cui è richiesto schierarsi, come nella Resistenza, nel Sessantotto, nelle
scelte elettorali nelle democrazie, per cui l’attuale diffuso astensionismo elettorale è dantescamente
condannabile. Oggi è più facile appartarsi, annullarsi nella massa dei pusillanimi.
Inferno V
L’episodio di Paolo e Francesca, condannati tra i lussuriosi, nel secondo cerchio, cosa ci
suggerisce?
Il racconto di Francesca , condiviso da Paolo col suo silenzio-assenso, turba fortemente Dante, che,
dopo un momento di riflessione sulle conseguenze dell’amore- passione , chiede a Francesca di
rivelare in quale circostanza si sono manifestati i loro sentimenti. Dante è talmente sconvolto e
coinvolto da giungere allo svenimento, atto che assume un significato simbolico, in quanto il
risveglio successivo indica il superamento del peccato.
Francesca è colpevole secondo la concezione dantesca, non tanto o non solo perché ha tradito il
marito Gianciotto Malatesta col cognato Paolo, ma perché ha inteso l’amore come il motore e
l’arbitro della vita, un sentimento non in equilibrio con gli altri, divenendo quasi un’ossessione,una
mania.
L’amore- passione diventa una schiavitù , a cui è impossibile sottrarsi, al punto che Paolo resta
unito indissolubilmente a Francesca ,anche dopo la morte, nell’Inferno.
Dante, dunque, non condanna l’amore, ma la schiavitù in cui può capitarci di restringere la nostra
vita, illudendoci che essa possa consistere tutta in un solo sentimento, come l’amore, che, pur nella
forma più intensa, deve essere uno di tutti gli altri aspetti della vita, che sono necessari a renderla
piena e completa.
La vita, pertanto, non deve avere come fulcro un solo sentimento, quali l’amore , il denaro,il
lavoro, il viaggio, ma va vissuta nella sua pienezza solo dando il giusto peso ed equilibrio alle
diverse componenti spirituali e materiali.
Inferno VI
Nel III cerchio i golosi sono immersi nel fango, puniti nei cinque sensi secondo le leggi del
contrappasso.
Sono assordati, scuoiati e squartati dal mostruoso demonio Cerbero.
Dante incontra Ciacco che, su sua richiesta, illustra la condizione politica di Firenze, dilaniata dalle
guerre civili tra Bianchi e Neri, con il sopravvento prima dei Bianchi e poi dei Neri con l’aiuto di
Carlo di Valois.
Ciacco fa la prima profezia dell’esilio a Dante, guelfo bianco, vittima delle persecuzioni dei Neri.
Che rapporto c’è tra la politica e il peccato di gola?
La voracità accomuna i golosi ( per il cibo) e i politici( per il potere).La visione politica dantesca
risulta nel VI canto dell’Inferno comunale, del Purgatorio nazional- comunale e del Paradiso
universale.
Quali motivi di riflessione possiamo cogliere in questo canto?
1. E ’da condannare il consumo smodato e lo sperpero del cibo sia da parte del singolo,
continuamente sottoposto a sollecitazioni mediatiche a mangiare e a bere, sia dei paesi
ricchi, mentre c’è molta gente che soffre la fame. Possiamo cogliere lo stimolo ad un
consumo oculato , ad una alimentazione equilibrata e ad una distribuzione più equa del cibo.
2. Dante condanna il malcostume degli uomini politici, ma non esclude l’impegno politico,
anzi ha fiducia nell’operato costruttivo di politici validi, fra cui celebra nel Paradiso
Cangrande della Scala e Arrigo VII di Lussemburgo. Considera la politica un’attività
onorevole e nel Limbo( I cerchio) colloca in una condizione privilegiata gli Spiriti Magni,
che in vita hanno esercitato la virtus e la sapientia. Depreca il comportamento di papi ed
ecclesiastici, ma conserva la fiducia nella validità del messaggio cristiano. Nella nostra
realtà frequenti sono gli scandali di personaggi politici coinvolti in festini, truffe, sperpero
di denaro pubblico, e di ecclesiastici corrotti, che non osservano le norme, ma non per
questo dobbiamo astenerci dal partecipare attivamente alla vita sociale, anzi occorre
assumere posizioni chiare e forti e mantenere la fiducia nei valori cristiani.
3. Dante
ha
una
visione
politica
globale.
Anche nell’attuale realtà globalizzata un discorso politico serio non può limitarsi agli
interessi personali e locali, ma deve aprirsi dal proprio” particulare” al mondo intero.
Inferno X
Nel sesto cerchio tra gli eretici Dante incontra Farinata degli Uberti, ghibellino fiorentino, e
Cavalcante dei Cavalcanti, consuocero di Farinata e padre del poeta Guido Cavalcanti, amico di
Dante.
Sono condannati per la visione naturalistica della vita, non avendo creduto nell’immortalità
dell’anima.
I due personaggi sono espressione dell’amore patrio (Farinata) e dell’amore
paterno(Cavalcante).
Del tutto immersi nella propria condizione, sono delle monadi chiuse, non comunicano tra loro.
Dante apprezza l’avversario politico Farinata, con il quale condivide l’amore per la patria,
l’esperienza dell’esilio, l’impegno politico serio.
Quale motivo di riflessione possiamo cogliere in questo canto?
Sono positivi, nobili l’impegno politico(Farinata) e gli affetti familiari (Cavalcante), ma quando
sono totalizzanti, ossessivi, non inseriti in un senso equilibrato della vita, da virtuosi diventano
limitativi, insufficienti alla salvezza, in quanto la dimensione terrena viene sopravvalutata e
quella trascendente sminuita. Il codice religioso deve armonizzare i vari aspetti della vita,
affettivi, politici e civili.
Inferno XIII
Nella selva dei suicidi lo stato d’animo di Dante procede dallo stupore all’angoscia. Stupore per
la stranezza del luogo, dell’atto e della pena; angoscia perché Dante cerca di capire le
motivazioni dell’atto e della pena. E’ un atto strano, in quanto col suicidio viene spezzato in
maniera innaturale il legame tra anima e corpo. Il suicida ricerca la felicità e pensa di realizzarla
con l’autodistruzione. C’è in questo una contraddizione, una contorsione che si coglie nella
metamorfosi arborea delle anime( alberi contorti) e nel linguaggio ricco di antitesi, chiasmi.
L’incontro con Pier della Vigna giova al poeta per spiegare i meccanismi psicologici e i limiti
dei valori umani non orientati verso il divino.
In questo canto Dante ci stimola a riflettere sul suicidio. Esso è un gesto estremo registrato nel
passato, nel presente e, purtroppo, continuerà nel futuro,essendo legato alla condizione umana.
E’ praticato sia dai giovani che dagli adulti. Quale la causa?
Scaturisce dal nichilismo, per dirla col filosofo tedesco Nietzsche, da “l’ospite inquietante”, da
un senso di vuoto interiore, dall’assenza di valori in cui credere e di ragioni per cui combattere.
Nel giovane è determinato da un conflitto tra ciò che si è e la paura di non essere ciò che si
sogna di essere, nell’adulto tra ciò che si è e la paura di non essere più ciò che si è.
La delusione nello studio, nell’amore , nel lavoro, frequentemente è alla base di questo gesto
estremo.
La crisi economica di questi anni ha fatto registrare diversi suicidi di imprenditori e di operai.
Il suicida lancia spesso dei segnali, nel tentativo di essere attenzionato, ma spesso essi non
vengono compresi e sono sottovalutati.
Il gesto estremo diventa un atto di accusa verso le persone care o la società, in cui la mancata
raccolta della richiesta di aiuto genera inevitabili sensi di colpa.
Il suicida cerca la realizzazione della felicità nell’autodistruzione e nel produrre un senso di
colpa in chi ritiene responsabile del proprio dolore.
Inferno XV
Dante incontra nel terzo girone del settimo cerchio tra i sodomiti il maestro Brunetto Latini, nei
cui confronti rivela rispetto filiale e stima per il suo sostegno umano e culturale.
Il peccato di Brunetto appare marginale rispetto al tema politico, connotato dalla denuncia della
corruzione del popolo fiorentino e della sua avversione al poeta, costretto all’esilio.
Brunetto, come Ciacco, Francesca, Farinata, pur avendo una personalità nobile o appassionata o
raffinata, hanno vissuto la propria esistenza in una dimensione strettamente terrena,
materialistica, non orientata al divino, quindi fallimentare.
In questo canto Dante offre lo stimolo alla riflessione sulla omosessualità.
Nel Medioevo la sodomia era condannata dalle leggi civili e religiose.
La diversità sessuale attraversa fasi di persecuzioni e di tolleranza.
Veniva tollerata nella Grecia classica e nella società barocca e illuministica, mentre
nell’Ottocento dalla scienza era considerata una malattia.
Il culmine persecutorio spetta nel Novecento alla Germania nazista, appoggiata dall’Italia
fascista, quando l’omosessualità era un reato da punire con la morte, al pari di altri esser i
considerati “diversi” e, quindi, “inferiori”, come ebrei, zingari, rom.
E oggi? Non c’è un atteggiamento univoco, varia da persona a persona e da cultura a cultura.
Nella civiltà occidentale si registra maggiore tolleranza, in particolare nei paesi nord- europei,
nella Spagna, dove, nell’ambito dei diritti civili, sono state introdotte forme di riconoscimento
civile delle unioni omosessuali, mentre in Italia, pur constatando una maggiore apertura con
norme punitive contro la omofobia, tuttavia persistono sacche di pregiudizio nella quotidianità e
nelle opposizioni politicamente schierate contro il riconoscimento delle unioni tra gay.
La Chiesa recentemente appare più decisa ad affrontare il problema.
Nella civiltà orientale-musulmana la diversità è una colpa grave, punita con la morte.
La posizione di Dante può essere considerata anacronistica, ma ci invita a distinguere senza
pregiudizi l’operato civile-culturale e il libero comportamento sessuale della persona gay.
Inferno XXVI
L’ Ulisse dantesco, mosso da curiositas, da cupiditas cognoscendi, con una piccola orazione
persuade i pochi compagni , ormai in età avanzata, ad arricchire la propria esperienza con un
viaggio oltre le colonne d’Ercole( lo stretto di Gibilterra), limite nel Medioevo per l’uomo, oltre
il quale era vietato l’accesso. Dante apprezza Ulisse sul piano umano, per il desiderio di
conoscenza, ma la sua avventura ha un epilogo tragico, in quanto è condannato sul piano
teologico, avendo peccato di hybris col folle volo. Ulisse è un transfert di Dante, poiché , come
l’eroe greco ha anteposto agli affetti familiari la sete di conoscenza , anch’egli ha privilegiato
la politica.
Il viaggio di Ulisse, esploratore eslege, fallisce, poiché si colloca in una dimensione terrena,
mentre quello del pellegrino Dante giunge a compimento, in quanto egli agisce investito da Dio
di una missione civile e religiosa( novello Enea e novello Paolo).
Ulisse, molto apprezzato dai romantici, può ritenersi un eroe moderno.
Quali motivi di riflessione ci offre questo canto?
Almeno due aspetti possono ritenersi attuali: 1-la conoscenza, la cultura come fattore di
crescita;2-il rapporto tra scienza ed etica.
La conoscenza eleva l’uomo, lo distingue dal bruto. Nell’attuale crociata iconoclasta dei
terroristi fondamentalisti, che distruggono musei, biblioteche, siti archeologici, assistiamo al
dilagare della barbarie contro le espressioni della civiltà.
Per Dante, uomo del Medioevo, la conoscenza ha dei limiti.
E oggi? Molto vivo è il dibattito sul rapporto tra scienza ed etica: la ricerca non ha limiti o
deve rispettare i principi etici?
La tendenza prevalente è la piena autonomia e laicità, anche se i cattolici tentano di porre degli
argini, come nella fecondazione eterologa o nella clonazione.
Una conoscenza solo quantitativa difficilmente può dare una risposta esaustiva all’ansia
cognitiva dell’uomo.
Inferno XXXIII
Nell’Antenora, la seconda zona del nono cerchio, Dante colloca i traditori della patria, tra i quali
incontra il Conte Ugolino della Gherardesca, che rode il capo all’arcivescovo Ruggieri.
Ugolino, ghibellino, passato al partito guelfo, divenne podestà di Pisa, e, dopo la disfatta della
Meloria(1284), per indebolire la coalizione nemica, cedette alcuni castelli pisani a Firenze e a
Lucca.
Egli, traditore, fu tradito dall’arcivescovo Ruggieri, che, impadronitosi del potere a capo dei
ghibellini, espulse il Conte Ugolino e, successivamente, lo richiamò col pretesto di una
riappacificazione, ingannandolo. Infatti, lo fece rinchiudere con i figli Uguccione e Gaddo e i
nipoti Anselmuccio e Nino nella torre della Muda, lasciandoli morire di fame.
La tragedia, avvenuta nel 1289, era ancora viva e certamente conosciuta da Dante, il quale, però,
non poteva saper la crudeltà della sua morte insieme ai suoi ragazzi.
Pisa si era macchiata di una colpa gravissima, coinvolgendo degli innocenti, al punto che il
poeta lancia una violenta invettiva, auspicando l’annegamento di tutti i Pisani.
Sul piano psicologico Dante rappresenta il tormento, il dramma del padre che assiste impotente
alla morte dei cari, sentendosi responsabile.
Quali spunti di riflessione può offrire questo canto?
La colpa del tradimento era considerata molto grave, ancor più dell’omicidio nella società
feudale, connotata da un vincolo di fedeltà tra il signore e il vassallo, il vassallo e i suoi fedeli, e
per questo era punita anche con la morte.
Oggi la percezione è molto diversa, se consideriamo i numerosi transfughi da un partito
all’altro.
Questo atto è considerato dall’opinione pubblica quasi normale, non più fattore di scandalo,
tanto meno una colpa grave.
Certo eccessiva ci appare la pena capitale, ma attualmente viene praticata in diversi paesi, come
negli Stati Uniti d’America, in Cina, nei paesi musulmani.
Diverse organizzazioni umanitarie si impegnano per l’eliminazione, attribuendo un ruolo
importante alla detenzione, come strumento non di punizione, ma di rieducazione e di recupero.
Dante denuncia il coinvolgimento dei ragazzi innocenti, vittime sacrificali della violenza delle
guerre civili.
Questo aspetto è molto attuale, se volgiamo l’attenzione ai numerosi conflitti etnici, in cui
cittadini di tribù diverse nello stesso paese si scontrano violentemente, seminando distruzione e
morte, anche di donne, di anziani e, soprattutto, di bambini e adolescenti inconsapevoli e
indifesi.
Nella varietà e ricchezza di temi, personaggi e sentimenti è possibile individuare la centralità
dell’uomo, il duplice ruolo di Dante uomo e giudice, che comprende i limiti, le debolezze della
condizione umana, ma come giudice integerrimo condanna sul piano teologico.
Il filo conduttore
della valutazione dantesca sull’operato dell’uomo è che tutte le attività
intellettive, militari, civili, politiche, commerciali, affettive, se mirate esclusivamente all’utile
materiale,al soddisfacimento personale, impediscono la salvezza, per cui tutte devono essere
orientate ad un fine superiore etico- religioso.
Nel marasma, nella confusione, nella crisi della società attuale Dante offre un monito
fondamentale per contrastare la corruzione dilagante: il recupero dell’etica, come fondamento
del vivere comune.
Nuccia Miroddi