Russia e Cina nel mondo globale: alle radici del multipolarismo
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Russia e Cina nel mondo globale: alle radici del multipolarismo
Russia e Cina nel mondo globale: alle radici del multipolarismo Nonostante l’“inossidabile amicizia”, più volte ribadita tra Joseph Stalin e Mao Zedong, le relazioni sino-russe hanno spesso dato segnali di profonda instabilità e sofferenza. Anche successivamente alla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, nel 1949, i sovietici non furono convinti dall’indipendenza politica e ideologica di Mao, mentre quest’ultimo mal sopportava le direttive provenienti da Mosca. Le tensioni tra le due parti divennero insostenibili con Khrushchev: dispute ideologiche, disaccordi sulla delineazione dei confini, il cangiante ruolo della Cina all’interno dello scacchiere intenzionale furono alcuni dei fattori che contribuirono pesantemente al deterioramento dei rapporti, che vennero poi definitivamente interrotti nel 1960. La visita di Gorbachev a Pechino nel 1989, proprio nei giorni delle manifestazioni di Tiananmen – che sfoceranno nel massacro di giugno – contribuì pesantemente a cambiare le carte in tavola, dando il via ad un graduale ma costante miglioramento nei rapporti. Con l’avvento di Putin in Russia e della nuova leadership in Cina i due paesi si sono ulteriormente avvicinati, sia politicamente che economicamente, nonostante permangano ancora alcune forti differenze. Più in generale, la convergenza politica dei due paesi è rappresentata dalla resistenza alle “interferenze esterne” negli affari interni (democrazia, mercati, media, libertà di fede). La Russia sta diventando maggiormente “sospettosa” nei confronti dell’occidente, mentre la Cina più orientata al mercato ma non per questo maggiormente democratica. Tale convergenza si è esplicitata anche in seno ad alcune istituzioni, come la Shanghai Cooperation Organization (SCO) o la Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), in cui i temi preponderanti sono quelli della lotta al terrorismo, dell’integrazione economica regionale e della sicurezza energetica. D’altro canto, nonostante il livello di reciproca fiducia si sia alzato considerevolmente, nessuno dei due attori si sente completamente a suo agio con l’altro. Pechino continua a guardare con sospetto a Mosca (si prenda ad esempio la questione della vendita di armamenti all’India o l’endorsement alla presenza delle truppe americane in Asia Centrale dopo il 9/11); mentre Mosca, da parte sua, si specchia nel suo “occidentalocentrismo”, rimarcando le differenze che la distinguono dall’Est e che le fanno avvertire la Cina come sostanzialmente “straniera”. Questo panel, che trae la sua origine da una ricerca che è in essere presso la sede forlivese del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, mira a guardare ad alcuni aspetti del rapporto tra la Repubblica Popolare Cinese e la Russia, da diverse angolazioni e con un accento marcatamente storico. Due delle tre presentazioni, infatti, prendono in esame la proiezione esterna dei due paesi – verso l’“Unione Eurasiatica”e l’Asia Centrale – mentre il terzo lavoro ricostruisce il percorso che è stato seguito da Mosca e Pechino in aree di centrale importanza come il Medio Oriente e l’Africa del Nord. Chair: Guido Samarani (Università di Venezia) Relatori: Stefano Bianchini (Università di Bologna) Antonio Fiori (Università di Bologna) Massimiliano Trentin (Università di Bologna) Discussant: Francesco Privitera (Università di Bologna) Antonio Fiori, Genesi della strategia cinese in Asia Centrale: un nuovo “Great Game”? Con l’espansione cinese in alcune zone dell’ex-Unione Sovietica, l’Asia Centrale potrebbe diventare il fulcro di un nuovo “Great Game” tra Mosca, Pechino e alcuni paesi occidentali. Dato, però, lo scarso interesse dell’Occidente e la recessione economica di cui la Russia è vittima, questa “partita” potrebbe limitarsi ad un unico giocatore. Negli ultimi due decenni, infatti, la Cina è diventata la principale potenza economica nella regione; molti dei paesi centroasiatici guardano favorevolmente ai possibili sempre più cospicui investimenti cinesi come ultima speranza di bloccare una spirale che potrebbe minacciare la stabilità politica. Pechino ha, infatti, sorpassato la Russia fino a diventare il principale interlocutore commerciale della regione. Questa presentazione, quindi, mira a ripercorrere le tappe principali dell’espansione cinese in Asia Centrale, guardando alle implicazioni che tale rapporto ha con Mosca e alle ulteriori prospettive che vengono offerte dalla realizzazione della nuova Via della Seta. Stefano Bianchini,“Russkij Mir” ed Unione Euroasiatica: la proiezione esterna della Russia di Putin Il periodo storico che coincide con le presidenze di Putin e Medvedev si è venuto caratterizzando sia per un inatteso (per l’Occidente) consolidamento economico e militare della Russia, sia per un suo maggior dinamismo politico e militare sulla scena internazionale. Questo processo ha portato la Russia ad operare con aggressività soprattutto in ambito CIS (Ucraina e Caucaso), contestando la centralità internazionale degli Stati Uniti, idealmente racchiusa nella critica all’unipolarismo. In quest’ottica, soprattutto la Russia di Putin si è venuta costruendo un profilo conservatore, identificato nel concetto di “mondo russo” (Russkij Mir) e – a causa soprattutto (ma non solo) del peggioramento delle relazioni con l’Occidente e delle sanzioni seguite alla crisi ucraina – nel rafforzamento del progetto di Unione economica eurasiatica con Kazakhstan, Bielorussia e Armenia, in un evidente tentativo di dar vita ad un processo di integrazione parallelo (o alternativo?) alla UE, ma per certi versi perfino di “riequilibrio” rispetto allo sviluppo cinese. La relazione che verrà pertanto presentata si focalizzerà proprio su questi due aspetti di politica estera russa, legati tanto alla dimensione politico-culturale, quanto a quella politico-economica, allo scopo di comprendere se, e in quale misura, si stia sviluppando un’identità complessa della Federazione russa nella ricerca di un’espressione propria della capacità di agire da protagonista in un contesto globalizzato e ricco di rischi e sfide. Massimiliano Trentin, La convergenza delle differenze. Una prospettiva storica delle politiche di Russia e Cina in Medio Oriente e Nord Africa Russia e Cina sono due soggetti politici ed economici di primaria importanza nel Medio Oriente e Nord Africa del XXI secolo e nonostante i tratti assai diversi della loro presenza, i due Paesi convergono sostanzialmente nel modo di approcciarsi all’area: da un lato, Mosca è un partner nella produzione ed esportazione di petrolio, gas e armi, mentre Pechino è anzitutto un consumatore di energia fossile e produttore di beni di consumo e intermedi per tutti i Paesi dell’area; dall’altro lato, la difesa della sovranità nazionale e delle relative istituzioni statuali, la reciprocità nelle relazioni e la realpolitik sono i cardini ufficiali delle rispettive politiche. La convergenza sui principi d’azione ha costituito la base della cooperazione diplomatica e politica dei due Paesi nella risoluzione delle diverse crisi che contraddistinguono il Medio Oriente e Nord Africa. Tuttavia, la situazione attuale rappresenta una novità rispetto al contesto della Guerra Fredda in cui Russia e Cina dapprima cooperarono nella regione per motivi ideologici per poi scontrarsi e competere per le stesse ragioni. La relazione desidera presentare i risultati preliminari della ricerca in corso, ricostruendo il percorso storico e i fattori che hanno portato Russia e Cina a cooperare e poi competere in Medio Oriente e Nord Africa durante la Guerra Fredda, per poi cooperare nuovamente nell’area all’inizio del XXI secolo.