Scorciatoie e raccontini: Saba in Saba

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Scorciatoie e raccontini: Saba in Saba
XIV Edizione
I Colloqui Fiorentini – Nihil Alienum
Umberto Saba “Ode la voce che viene dalle cose e dal profondo”
26 – 28 febbraio 2015, Firenze, Palazzo dei Congressi
MENZIONE D’ONORE SEZIONE NARRATIVA
"SCORCIATOIE E RACCONTINI: SABA IN SABA"
Studenti: Valeria Morici
Classe IV AT del Liceo Classico C. Rinaldini Ancona
Docente Referente Prof.ssa Alessia Del Prete
Ulisse. Oggi il mio regno / è quella terra di nessuno. Il porto / accende ad altri i suoi lumi; me al
largo / sospinge ancora il non domato spirito, / e della vita il doloroso amore.
La casa della mia nutrice. Custodivi me / nella casa da cui sorse il sole / dell’infanzia, su cui
tramonta quello /dell’abbagliante vita?
Maria non aveva mai veramente conosciuto sua madre: era morta quando lei era troppo piccola
per ricordarsela ma aveva sempre in mente gli occhi neri pieni di vita che aveva. Suo padre
neanche a parlarne: aveva provato a raggiungerlo ma “Via! No! Tu sei come tua madre!” le aveva
urlato in faccia sulla porta di casa e la ragazza non se la sentiva proprio di litigare.
Dopo aver compiuto il quindicesimo anno di età potevi trovare Maria a lavorare con la nonna nella
piccola sartoria che quest’ultima conduceva: insieme alla nipote c’era anche un’apprendista
olandese che era come una figlia e una sorella maggiore.
Nonna Lina era una donna determinata, così come lo era stata sua figlia e ora sua nipote: in soli tre
anni era stata in grado di imparare a cucire vestiti da sposa autonomamente, senza bisogno di
alcuna assistenza e senza alcun’incertezza.
A diciotto anni Maria contribuiva molto al guadagno della bottega, diventando un punto di
riferimento per i cittadini della città vecchia e per i loro amici che venivano appositamente da
lontano per farsi cucire abiti dalla ragazza. A diciotto anni Maria sapeva cucire, rammendare e
modificare come sua nonna – se non anche meglio, avvantaggiata dalla giovane età - ed era una
giovane donna pronta a sistemarsi e a mettere su famiglia: era tutta una questione di scegliere chi
sarebbe stato il fortunato ad averla come moglie.
La rossa era bellissima, forte, scaltra e non si accontentava facilmente: cercava un uomo che la
facesse ridere e che la trattasse con rispetto, qualcuno con cui si potesse avere conversazioni
riguardanti tutti i temi. Era stata così fortunata da potersi permettere di imparare a leggere e a
scrivere, di farsi una cultura leggendo giornali, libri e riviste anche maschili – non solo i romanzetti
rosa che le consigliavano le amiche.
Maria non era come tutte le altre ragazze e quando sua nonna morì non ne fece un dramma:
mandò avanti l’attività raddoppiando il proprio operato.
Non bastò.
Era una mattina di maggio quando si ritrovò per la prima volta in strada: indossava un vestito
verde lungo fino alle ginocchia, un paio di scarpe bianche non troppo alte e il rossetto rosso –
quello che sarebbe diventato il suo marchio.
Erano circa le undici ed era appoggiata a un lampione intenta ad osservare come le zanzare
venissero stupidamente attirate dalla luce quando un giovane in macchina, accompagnato da un
paio di suoi amici, le si era fermato davanti e “Ehi, ti va di fare un giro?” aveva proposto, gli occhi
che luccicavano grazie all’alcool.
Si chiamava Tiziano, aveva ventidue anni – Maria ne aveva appena compiuti diciannove a marzo –
ed era un marinaio: aveva attraccato da poco e voleva solo farsi un giro. La ragazza ricorda la
timidezza con la quale le accarezzava la pelle mentre cercava di prendere confidenza con un
contatto così intimo – pelle calda, viva e nuda sotto le sue dita sporche e callose.
Città vecchia. Qui prostituta e marinaio […] / sono tutte creature della vita / e del dolore.
S’erano incontrati per la prima volta a La barca sul mare, un bar che rimaneva aperto tutta la notte
e che chiudeva alle prime luci dell’alba. La barca sul mare era nato da uno spazio vuoto, usato
come sgombero dai passanti navigatori. Lo avevano comprato Joey e Stefania, due ex prostitute
ancora affezionate alla vita del porto.
Maria era una frequentatrice assidua. La rossa era solita sedersi tra le cinque e le sei del mattino
per prendere un thè mentre osservava alla fine del turno il sole salire dal mare, indicando l’inizio di
un nuovo giorno e nuove partenze e nuovi arrivi.
S’erano incontrati perché la nave di Daniele era attraccata da pochissimi minuti, lui aveva fame e
doveva trovare assolutamente un posto in cui dormire.
Era entrato nel primo bar aperto che aveva trovato - La barca sul mare, indossava ancora la divisa
da marinaio e portava con sé una borsa verde logora con dentro gli effetti personali. Si era seduto
immediatamente vicino alla porta – a uno o massimo due tavoli di distanza dalla porta – e poteva
osservare la sua Rosangela venire svuotata del carico dai lavoratori mattutini.
Mediterranea. Penso un mare lontano, un porto, ascose / vie di quel porto; quale un giorno v’ero, /
e qui oggi sono, che agli dei le palme / supplice levo, non punirmi vogliano / di un’ultima vittoria
che depreco.
Daniele era il più giovane capitano a cui la città vecchia avesse dato i natali: appena ventitré anni e
aveva già affrontato sei viaggi oltreoceano, un record per la media d’età. Aveva gli occhi azzurri,
eredità del padre, e i capelli biondi, ereditati dalla madre: tutti i parenti gli dicevano sempre che
era il perfetto equilibrio tra l’inquietudine del padre e la razionalità della madre. Al ragazzo
piaceva solo il mare.
Il signor Sergio era quello che si poteva definire un uomo tutto d’un pezzo: rigido, severe,
rispettoso delle leggi, timoroso di Dio. La signora Anna invece era una figura più docile che
tuttavia non veniva sfruttata dal predominante ma anzi veniva amata e rispettata come se fosse la
cosa più bella del mondo. Suo padre spesso parlava con Daniele di sua madre e mai in tutta la sua
vita aveva visto negli occhi dell’uomo niente se non amore puro.
Daniele amava il mare ed era così grato di poterne vedere uno squarcio tutte le mattine: davanti al
suo letto, oltre la grande finestra da cui entrava la luce, lo aspettavano il porto, le onde e il blu. In
estate da bambino si svegliava la mattina presto per osservare le navi attraccare.
La sua stanza aveva anche le pareti blu. Negli anni vi aveva attaccato sopra mappe, topografie e
qualche disegno di nave come la Saint Mary che era stata la sua nave in tutti i suoi sogni.
Era stato il padre a introdurlo nel mondo marittimo: il capitano Sergio sapeva il fatto suo. Aveva
alle spalle talmente tanti anni di guerre e gavetta che era inevitabile non sentirsi in soggezione
sotto il suo sguardo attento e analitico, sempre combattuto.
Aveva portato con sé il figlio per la prima volta quando aveva più o meno sei anni: dalla cima della
prua il biondino urlava di vedere terra o urlava rispondendo a gabbiani che sembravano divertirlo
parecchio. Era stata una tratta da poco – tre ore e poco più di viaggio – ma il capitano da sotto il
suo capello già riusciva a immaginarsi il figlio al suo posto.
Gli insegnò tutto: Daniele a dieci anni già sapeva a memoria le parti fondamentali di una nave di
grandi e piccole dimensioni e non confondeva la poppa e la prua già da un paio. A undici aveva
cominciato ad imparare i nomi delle corde e dei nodi, a comprendere la terminologia specifica e a
dodici anni e cinque mesi compì la sua prima tratta di tre ore e trentacinque da assistente del
capitano a bordo.
La sua prima vera tratta staccato da padre fu quando aveva quindici anni e venne ritenuto
abbastanza bravo e diligente da essere impiegato come coffiere, l'uomo che scruta da più in alto di
tutti. Quel viaggio durò circa dieci ore nelle quali il giovane Daniele si fece notare per l’argutezza,
l’attenzione e il tempismo nell’informare il capitano Sam.
Fu un susseguirsi di successi: il figlio del capitano Sergio crebbe tra le grazie del padre e di tutta la
comunità della città vecchia e la stima che il giovane si stava guadagnando da tutte le ciurme di
passaggio.
Era un maggio molto caldo quando attraversò per la prima volta l’oceano, che gli aprì i battenti e
lo portò dalla parte opposta di casa in tre mesi di viaggio: Daniele aveva compiuto da poco
diciannove anni. Ogni volta che il ragazzo ci pensa ricorda l’odore acre del sale marino che gli
giungeva alle narici, familiare come solo casa poteva essere.
Città vecchia. Qui prostituta e marinaio […] / sono tutte creature della vita / e del dolore.
Daniele stava ancora osservando il mare quando una ragazza dai capelli rossi fiammeggianti era
entrata nel pub indossando un sorriso sulle labbra laccate di rosso, una camicetta bianca e una
gonna nera. Ai piedi aveva scarpe bianche non troppo alte.
Non era stata accolta con parole ma il sorriso che rivolgeva alla donna che teneva il bancone – di
cui non ricordava il nome ma che si era presentata pochi istanti prima - era più che sufficiente per
capire che la ragazza era una di famiglia.
Maria si era seduta a pochi tavoli di distanza dal ragazzo con l’uniforme da capitano e la borsa
verde. Dalla posizione frontale in cui si trovava poteva osservargli i lineamenti del viso: erano ben
definiti – avrà avuto una ventina d’anni – e concentrati, forse stava pensando a una ragazza che lo
aspettava trepidante e innamorata dall’altra parte dell’oceano.
Aveva davanti a sé una birra mezza vuota e un piatto vuoto cosparso di briciole: era appena sceso
dalla Saint Mary e sembrava non vedere l’ora di andare a dormire tanto era affaticato dal viaggio.
Tuttavia i suoi occhi tradivano già la sua voglia di ripartire: la ragazza era una grande osservatrice e
non le era sfuggita la scintilla di vita che bruciava negli occhi azzurri del ragazzo.
Daniele si era distratto un momento dalla visione della sua nave vuota per osservare la figura
opposta a sé: ora stava fissando il mare attentamente, studiandone e assorbendone tutte le
sfumature che il sole di metà gennaio quell’alba aveva deciso di donare all’essere umano. Aveva gli
occhi chiari, forse verdi, ed erano freddi come quell’aria: appariva come una ragazza forte e
determinata ma il sesto senso gli diceva che c’era tanto dolore in quella forza.
Joey la barista – ora ne ricordava il nome – le aveva appena portato una tazza di thè quando anche
la rossa stacca gli occhi dalla scena del porto e per un istante incrocia Daniele: lui le sorride
appena, lei ricambia.
Due felicità. Un marinaio inglese ad un esterno / tavolo siede tranquillo. Ha il berretto / bianco, il
vestito colore del cupo / mare, davanti una bottiglia, a mezzo / vuota, di birra. Dalla dolce terra /
lontano a lungo e in fior di giovinezza, / dovrebbe, a terra, divertirsi. Invece / pensa, o pare che
pensi. Una ragazza / gli siede muta di contro, che manda / dalle labbra sottili azzurro fumo. /
Estranei sono: egli la guarda appena, / e, un attimo, sorride.