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Buon compleanno capitano
di salvatore morelli
BUON COMPLEANNO CAPITANO
La nave attraccò puntale lungo la banchina delle Sciabiche e solo quando mille barili di mosto
riempirono la stiva prese di nuovo il largo da Brindisi verso Bordeaux. Ci sarebbe voluta una settimana
ed ero ormai al quarto viaggio verso la Francia da quando mio padre non c’era più. Scomparso una notte
di dicembre per le strade di Marsiglia. Il suo corpo era poi affiorato dal mare qualche giorno dopo sugli
scogli di Frioul. Chi l’aveva visto per l’ultima volta barcollare lungo i vicoli di Le Panier disse di lui
che era così pieno di Cassis quanto una damigiana. Una morte senza indagini e un mistero che mia
madre ed io ci siamo sempre portati nel cuore.
Da quel giorno erano passati cinque anni. Poi un pomeriggio d’inverno del 1957 il capitano Vermont
venne a trovarci al Villaggio pescatori. Non l’avevo mai visto in faccia ma di lui ricordavo bene quel
nome. Lo ripeteva spesso papà, fuochista di macchina a bordo della “Marine Rouge”, quando nei suoi
brevi ritorni a casa parlava con mamma e i nonni dei suoi viaggi tra il Mediterraneo e l’Oceano
Atlantico.
Quando si presentò prese posto su una poltrona prima di iniziare a parlare, mentre il tramonto scivolava
tra le statue della cattedrale e il resto del porto. “Deve sapere signora Filomena che io ho sempre
conservato di suo marito un buon ricordo. Ed oggi voglio mantenere una promessa. Forse lei non lo sa,
ma era desiderio di Osvaldo che suo figlio diventasse un capitano. Ho solo aspettato che Rino compisse
18 anni”.
Era sempre stato premuroso con me Emile Vermont durante quei viaggi, lasciando spesso che
consumassi con lui i suoi brevi pasti. “Cosa hanno detto oggi i signori Guadalupi”, mi chiese di quella
giornata trascorsa in parte lungo lo stabilimento vinicolo di via Osanna. “Hanno parlato di una
gradazione alcolica più alta del solito, capace di soddisfare a pieno la richiesta della famiglia Clusè”.
“Bene”, annui. Poi si liscio i baffi come faceva sempre prima di fumare un sigaro.
Io invece tornai sul ponte a guardare la notte che scivolava piano lungo la scalinata Virgiliana e il
Monumento al marinaio, raccogliendo alcuni ricordi. Allora rividi mio padre e quelle rare giornate
passate al mare con lui a “Santa Pulinari”. Dalla balaustra si scorgeva appena qualche piccola luce della
spiaggia ma già si parlava che presto sarebbe scomparsa per fare posto a delle industrie. Poi dietro di me
arrivò il capitano Vermont: “Quando tra due settimane saremo a Marsiglia saprai meglio di tuo padre”,
disse dopo aver tirato una lunga boccata di fumo, poi scomparve verso il ponte principale.
Siamo insieme lungo la scalinata di montée des Accuoules. E’ fine settembre ma fa ancora caldo ad
affrontare i vicoli di Le Panier. Un bambino gioca per strada con altri amici, si chiama Michel ed ha
poco più di 5 anni. Quando bussiamo al civico 34 la donna che ci apre la porta è molto bella. “Patrice lui
è Rino”, spiega alla donna il capitano. Poi, dopo un attimo di smarrimento, sediamo tutti in salotto. “No,
tuo padre non ha mai saputo di Michel: è nato dopo che lui è morto. E’ stato solo uno sbaglio, però
volevo che tu sapessi”. Il racconto di Patrice mi gela il sangue mentre alle lacrime alterna un italiano
appena comprensibile. “Io ho un impegno con te, consegnarti qualcosa che è qui da tanto tempo”. La
bottiglia di vino che mi mette in mano poco dopo è uno Château de Rayne Vigneau del 1939, la mia
data di nascita. “Era per il tuo diciottesimo compleanno ma è sempre rimasta in quella credenza. Voleva
stapparla con te e brindare a un futuro capitano”. Quando mi sveglio la notte è ancora presente, come il
gusto del vino liquoroso che impasta ancora la bocca e i sogni di un marinaio.
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