I bambini ci guardano…..la mediazione familiare per la gestione del

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I bambini ci guardano…..la mediazione familiare per la gestione del
I bambini ci guardano…..la mediazione familiare per la gestione del conflitto genitoriale
Monica Velletti
La mediazione familiare si è diffusa alla fine degli anni 70 nei paesi di cultura anglosassone, per affrontare i
conflitti familiari al di fuori dalla aule giudiziarie. In Italia la mediazione familiare è giunta alla fine degli anni
’80, fino ad un timido suo ingresso, nel codice civile, con la legge sull’affidamento condiviso del 2006.
L’incremento del numero di separazioni e divorzi, la dissoluzione delle nuove famiglie fondate su rapporti di
fatto, impone una riflessione sugli strumenti da utilizzare per aiutare i partner a gestire il conflitto al fine di
ridisegnare il nuovo assetto familiare. Una risposta solo giudiziaria potrebbe non essere sufficiente qualora
non sostenuta da modalità di composizione del conflitto più “profonde” in grado di indurre le parti a
compiere una riflessione sulla nuova realtà relazionale che scaturisce dalla fine del rapporto di coppia.
La mediazione può essere uno strumento di incredibile ausilio, non solo per la gestione del singolo
conflitto, ma per l’instaurazione di un nuovo modello culturale che porti al superamento delle
contrapposizioni cui la società occidentale culturalmente ci ha abituati. Occorre uscire dalla logica della
contrapposizione (“vincente-perdente”;“amico-nemico”; “vero-falso”). Con la mediazione l’obiettivo non è
quello di raggiungere un compromesso, ma di creare un nuovo modello, un nuovo progetto su cui far vivere
la famiglia all’esito della frattura del rapporto di coppia. Per raggiungere tale risultato occorre porsi in
posizione di ascolto, creare una situazione di dialogo in cui non vi siano maggioranze o minoranze ma
diverse posizioni composte al fine di raggiungere la migliore soluzione possibile.
Un esempio può far meglio comprendere il fine della mediazione e più in generale dei strumenti di
soluzione alternative delle controversie. Si immaginino due persone che condividano la medesima stanza,
l’una vorrebbe tenere la finestra spalancata l’altra chiusa, la soluzione di compromesso di lasciare la
finestra socchiusa non soddisfa nessuna delle due parti. Per dirimere la controversia un terzo interviene
chiedendo alle due parti i motivi della loro scelta: la prima persona spiega di voler la finestra aperta perché
ha bisogna di aria fresca, la seconda risponde che non vuole la finestra aperta o socchiusa perché teme le
correnti d’aria che potrebbero farlo ammalare. Il terzo decide allora di spalancare la finestra della stanza
accanto. Nei conflitti è possibile individuare le posizioni che sono ciò che le parti contrapposte chiedono
(nell’esempio finestra chiusa e finestra aperta) e gli interessi che sono i reali bisogni sottesi rispetto alle
rispettive richieste (nell’esempio bisogno di aria/evitare correnti). Compito del mediatore o del negoziatore
è trovare delle risposte non alle posizioni ma agli interessi.
A differenza dell’ambito giudiziario nel quale la definizione del conflitto è delegata ad un terzo, nella
mediazione familiare l’obiettivo è responsabilizzare i partner sollecitando una soluzione che provenga dagli
stessi, che volontariamente si rivolgono ad un terzo mediatore che non avrà alcun potere di imporre la
soluzione (al contrario del giudice) ma potrà sollecitarla, potrà portare per mano le parti nella ricerca del
nuovo assetto, con una funzione che potremo definire demiurgica stimolando le stesse parti a ridisegnare
un nuovo rapporto familiare, gestendo i conflitti che hanno portato alla dissoluzione del rapporto
originario.
La mediazione familiare non conosce un solo modello: si può scegliere la mediazione globale che ha come
fine la composizione del conflitto in tutti gli ambiti della dissoluzione della coppia (aspetti genitoriali,
economici, divisionali); la mediazione parziale che si concentra sulla composizione del solo conflitto
genitoriale cercando di disegnare un nuovo assetto delle relazioni genitori figli; il modello strutturato di
mediazione che ha lo scopo di definire i problemi raggiungendo un risultato, ovvero il modello terapeutico
con attenzione agli aspetti emotivi affettivi per favorire una ristrutturazione delle relazioni familiari.
Qualunque sia il modello prescelto l’obiettivo è gestire il conflitto genitoriale perché…..i bambini ci
guardano ed è dovere degli adulti fare in modo che scelte dolorose, quali la disgregazione della famiglia, di
qualunque famiglia si tratti (fondata sul matrimonio, di fatto, unione civile, famiglia ricomposta) non
produca effetti negativi sui suoi componenti più fragili: i bambini. Perché ciò accada occorre in primo luogo
uscire dalla aule giudiziarie e diffondere la cultura della mediazione perché i bambini di oggi saranno gli
adulti di domani e solo se avranno appreso la cultura della mediazione saranno capaci di applicare tali
modelli nella loro vita futura, comprendendo che la peggiore mediazione è preferibile alla migliore
sentenza.