Pasqua - Suore Orsoline di Gandino

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Pasqua - Suore Orsoline di Gandino
Incontro famiglie 2013-2014
Metodo per PREGARE IL TESTO
Bergamo, 01 giugno 2014
Entro in preghiera

con un momento di silenzio

respirando lentamente

pensando che incontrerò il Signore

chiedendo perdono delle offese fatte e perdonando quelle ricevute
Tempo di Pasqua - ASCENSIONE
Tornare e ricominciare

immaginando il luogo in cui si svolge la scena da considerare
Vieni, o Spirito Santo,
e da' a noi un cuore nuovo,
che ravvivi in noi tutti i doni
Chiedo al Signore ciò che voglio

sarà il dono che quel brano di Vangelo mi vuole fare e che corrisponde a quanto Gesù fa
o dice in quel racconto
Medito e contemplo la scena
da Te ricevuti con la gioia
di essere Cristiani,
un cuore nuovo sempre giovane e lieto.
Juan de Flandes, Ascensione - 1500
Mi raccolgo
Vieni, o Spirito Santo,

leggendo il testo lentamente, punto per punto
e da' a noi un cuore puro,

sapendo che dietro ogni parola c’è il Signore che parla a me
allenato ad amare Dio, un cuore puro,

usando la memoria per ricordare, l’intelligenza per capire e applicare alla mia vita, la
volontà per desiderare, chiedere, ringraziare…
Non avrò fretta, non occorre fare tutto, è importante sentire e gustare interiormente. Sosto
dove e finché trovo frutto, ispirazione, pace e consolazione…
che non conosca il male
se non per definirlo,
per combatterlo e per fuggirlo;
un cuore puro, come quello
di un fanciullo,
capace di entusiasmarsi e di trepidare.
Concludo

con un colloquio col Signore, da amico ad amico su ciò che ho meditato

finisco con un Padre nostro

esco lentamente dalla preghiera
Dal Vangelo secondo Matteo (28,16-20)
Vieni, o Spirito Santo,
e da' a noi un cuore grande,
aperto alla Tua silenziosa
e potente parola ispiratrice,
e chiuso ad ogni meschina ambizione,
un cuore grande e forte ad amare tutti,
Testi utili
Atti 1,1-11; Salmo (46)47; Efesini 1,17-23; Giovanni 14,18-21
a tutti servire, con tutti soffrire;
un cuore grande, forte,
solo beato di palpitare col cuore di Dio.
Paolo VI
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in
Galilea, sul monte che Gesù aveva loro
indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però
dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro:
«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla
terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i
popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a
osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed
ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo».
Lettura del TESTO
CAMMINO
Che il cammino capace di inventare traiettorie evangeliche sia la chiave possibile
della comprensione dell’Ascensione è rimarcato dalla presenza, nella parte destra
PARTIRE DALLA FINE
Tutto si capisce veramente solo a partire dalla fine. Le parole finali hanno spesso questa capa-
del quadro, di San Giacomo. Il pellegrino. Il camminante. I suoi occhi infatti non
cità di illuminare di una luce nuova, e vera, tutto quello che è già avvenuto ma che non si è ancora
mento terreno che indica un esodo verso l’Alto, una personale passione/ascensione
completamente compreso. Avviene così per il Vangelo, avviene così per le ultime parole del Vange-
per raggiungere il Maestro.
lo di Matteo che oggi abbiamo ascoltato.
guardano il cielo ma sembrano vedere già le rotte del pellegrinaggio, quello sposta-
Un cammino che porta a libertà. E allora notiamo anche il volo libero e liberan-
Partire dalla fine, cioè rendere il punto di arrivo un punto di ripartenza, trasformare la parola
te di uccelli che solcano il cielo. Come un invito per quel gruppo di discepoli, invito a
finale in un nuovo inizio. E’ la proposta evangelica, è passaggio di grande saggezza, lucidità di
non rimanere rocciosamente uniti per farsi forza, invito ad andare: in tutto il mondo
sguardo e di cuore, riuscire a cogliere nel buio di una possibile e definitiva chiusura le luci di una
a proclamare il vangelo a ogni creatura.
nuova apertura. E’ la rivoluzione evangelica: dischiudere vita dalla malattia, bene dal peccato, vita
dalla morte. Tutto il Vangelo si capisce veramente a partire dalla fine perché la fine è l’esplicitazione
di uno stile che abbiamo imparato a conoscere nella vicenda del Dio di Nazareth.
CARNE - MANI
Ma non solo i piedi, anche le mani indicano un percorso: orizzontale.
Guardiamo da sinistra a destra.
UNDICI
Ripartire dalla fine, ripartire da un numero orfano: undici. Numero immerso nell’ombra della
morte e del tradimento. Un dodici di pienezza (discepoli e tribù di Israele) che non è più. Un numero che porta addosso i segni di un fallimento. Noi siamo undici, ancora adesso. Noi siamo uomini
Splendida Maria nel suo manto di dolore impreziosito dall’oro della resurrezione:
che hanno intuito e sperimentato la pienezza della fede eppure continuano a percepirsi inadeguati,
sguardo verso l’alto e mani che si aprono. Anche loro dal basso verso l’alto, come la
incompleti, affaticati. Noi siamo quell’undici, possibile pienezza colpita nel cuore. Orfani sulla faccia
corolla di un fiore, come ad indicare il suo percorso, come ad anticipare la sua Assun-
della terra.
zione.
POSSIBILITA’
Noi siamo un undici, pagina finale che sancisce il fallimento oppure luce di una nuova possibilità. Possibilità resa credibile da una parola che è segno e speranza e desiderio: l’indicazione di un
monte, l’invito, comunque, al cammino. La luce è possibile solo nell’affidamento a parole che regalano
possibilità. Siamo undici, siamo feriti e falliti eppure c’è qualcuno che si fida e chiede fiducia. La
Nel centro il palmo aperto del discepolo: ad implorare una luce che, dall’alto, sola
fiducia di tornare e ricominciare. Per i discepoli il luogo di ripartenza è la Galilea.
può consentire il cammino.
RITORNARE
Ritornare è il primo movimento per poter ricominciare. Ritornare, perché il fallimento, il peccato, l’errore, portano alla dispersione, all’allontanamento dal cuore. Non si tratta quindi di “voltare
pagina”, gesto che spesso invochiamo quando la vita ci mette alle strette ma di un più umile e difficoltoso “tornare alle origini”. E’ splendido e difficile quello che chiede il Signore: per scoprire la ve-
E poi mani giunte: a unire cielo e terra, ad unire gli estremi, presenza assenza,
ra vita non dobbiamo cedere alla tentazione della fuga, del “ripartire da zero”, espressione altiso-
visibile/invisibile: nel gesto della preghiera, traccia possibile di ogni nostra pros-
nante quanto illusoria visto che la nostra vita non si può mai veramente azzerare, visto che la nostra
simità con Dio.
vita porta indelebili i segni delle nostre scelte; per riscoprire la verità dell’esistenza dobbiamo tornare, arricchiti anche dai nostri fallimenti, feriti dai nostri errori, tornare nel punto esatto in cui ave-
vamo percepito la verità dell’esistenza: per i discepoli è la Galilea: l’incontro con Gesù di Nazareth.
MARRONE
La nostra preghiera di quest’oggi sia quella di invocare la possibilità di saper ricominciare ricono-
Tra un corpo quasi totalmente assente (quello di Gesù) e un altro quasi to-
scendoci “undici”, pienezza fallita e ferita in cerca di misericordia.
talmente invisibile (quello del rosso discepolo) noi siamo chiamati a cercare segni visibili in un'altra parte del quadro, al centro. In una meravigliosa
nostro sguardo ecco apparire, al culmine di un piccolo monte, il segno che
PER RICOMINCIARE
Tornare per ricominciare. Ricominciare è l’altro atteggiamento duro e splendido che Gesù ci
siamo chiamati a cercare: impronte. Tracce, segni visibili di un passaggio.
chiede. Ricominciare, che è ben diverso dal semplice “cominciare”. Ricominciare significa che ri-
Ecco dove visibile e invisibile si trovano, si cercano, si rimandano continua-
prendo la strada che ho già percorso, quella strada che non mi ha visto vincente. Ricominciare signi-
mente: nelle impronte lasciate dal Risorto.
fica “tornare da capo”, rialzarsi, fare tesoro degli errori e sapere che inevitabilmente quegli errori
invenzione da uomo d’arte e uomo di fede, tra le due estremità negate al
facilmente si ripresenteranno. Ricominciare è ripercorrere le stesse strade senza l’entusiasmo facile
Segni. Tracce che diventano per noi invito e sostegno e speranza; in questa nuova condizione in cui Gesù
degli inizi ma, soprattutto, è camminare sotto gli occhi di persone che hanno già visto il tuo falli-
non cammina fisicamente le nostre strade, in cui le Sue apparizioni non si danno più sono i segni che siamo
mento e che sono prontissime a fare ironia sul tuo nuovo inizio. Ricominciare significa passare dal
chiamati costantemente a cercare.
“non ti tradirò mai” del primo Pietro alle lacrime amare di pentimento del Pietro traditore perdonato.
La vita del cristiano, la vera vita del cristiano, non è la marcia trionfale di chi “ha capito tutto”
Segni di un passaggio ma anche segni di una presenza. Nella vita che ama, spera, perdona… nella vita quan-
ma il pianto dolcissimo di chi osa parole di speranza nate nel cuore di un fallimento perdonato. Se
do si dice evangelicamente ecco che possiamo trovare i segni del suo essere passato e del suo essere presen-
riuscissimo a far nostra, come chiesa, come cristiani, questa duplice attenzione credo che il Vangelo
te. Il cristiano del tempo post pasquale è un cercatore di segni, di impronte, di tracce.
tornerebbe immediatamente a essere credibile. Ti dico parole nuove, parole di speranza perché anche io
continuamente mi allontano eppure c’è una forza di misericordia che mi permette di ritornare al cuore della
Segni che per noi sono soprattutto i sacramenti luogo, per chi crede, di una presenza Invisibile che si mostra
vita che è Dio. Oso parole di speranza perché io sono un fallito costantemente perdonato, un undici permanen-
visibilmente… nei segni del pane, del vino, dell’olio…
temente riempito dal Suo amore.
Osare parole di speranza perché noi siamo uomini prostrati e dubbiosi. Credenti e fragili. Lo
videro, si prostrarono (…) però dubitarono. L’abbiamo visto, l’abbiamo riconosciuto e però dubitiamo
Quanto le nostre vite sanno essere attente ai segni di speranza, magari lievi come due impronte,
ancora che Lui sia risorto, dubitiamo ancora che la vita abbia la meglio sulla morte, dubitiamo anco-
che riempiono le nostre vite? Quanto i sacramenti istruiscono il nostro cammino?
ra di avere la fede necessaria per farci ancora perdonare e ripartire. Ma non è questo il punto. Il
dubbio, l’errore non sono la fine ma la possibilità di ritornare e ricominciare. Il dubbio e l’errore
non sono le condizioni che ci escludono da Dio ma un possibile appiglio per poter ricominciare.
Gesù ci chiede di andare, dubbiosi, fragili e tremanti per portare al mondo le Sue parole, il Suo vangelo.
CARNE - PIEDE
Piedi capaci di lasciare impronte di Resurrezione devono essere anche i
nostri. Non solo cercatori ma anche uomini e donne capaci di lasciare segno del Suo passaggio nel tempo che ci è dato da attraversare. Ecco perché nella parte più bassa del dipinto, in opposizione all’Assenza di Gesù c’è
la presenza di un piede. Che ci guarda, che ci interroga. Un piede segnato
dalla strada percorsa e dalla strada ancora da percorrere. Sono i piedi del
discepolo rosso. E sono domanda e provocazione per i miei piedi, troppo
spesso timidi, troppo spesso coperti e difesi. Troppo spesso fermi. Pianta del piede, parte del corpo che lascia impronte. Parte del copro che rimane quasi sempre invisibile, parte del corpo che rimane spesso invisibile anche ai nostri occhi… perché spesso chi lascia impronte di risurrezione nemmeno se ne accorgercene.
FRAGILI, TREMANTI TESTIMONI DI DIO
Dubbiosi, fragili e tremanti testimoni del Dio del ritorno e della misericordia. Intrecciare relazioni con i fratelli, mostrarsi nella verità, e dire loro che credere non è “non sbagliare mai” ma ritornare, come si torna tra le braccia della persona che si ama sicuri della comprensione e del perdono.
(da un’omelia di don Alessandro Dehò)
NERO
La
spinta
verticale ci
porta
verso
l’estremità superiore del quadro dove notiamo immediatamente la scelta coraggiosa dell’artista: di Gesù si vedono solo i
piedi che sbucano da una insolita veste
molto scura. Gesù, il Dio della terra, il Dio
Per
la
riflessione
di
oggi,
in
questa
solennità
che aveva condiviso tutto con l’uomo sta iniziando un nuovo capitolo della Sua esperienza con l’uomo.
dell’Ascensione, ci lasciamo aiutare da un’opera di un autore fiammingo del 1500: Juan de Flandes.
Quel particolare momento di prossimità segnato, soprattutto dagli ultimi tre anni di vita, da un corpo che si
era manifestato fino ad arrivare alla nuda epifania della croce, è ormai concluso. Ma è terminato anche il secondo momento, quello del periodo pasquale, quello delle apparizioni. Sta iniziando un nuovo capitolo, molto lungo, il nostro periodo, caratterizzato da una presenza invisibile, diversa e non meno concreta. L’autore
lo indica in modo chiarissimo: di Lui, ancora per un istante, si possono vedere i piedi, e poi?
La risposta è affidata al vero centro di tutta l’opera che è posto tra i piedi di Gesù e lo sguardo del discepolo. Prima di concentrarci su questo particolare dobbiamo notare che la salita di Gesù è segnata da un attraversamento.
GRIGIO
ROSSO
Attraversamento di un cielo oscuro e minaccioso: le nuvole non sono bianche ma cariche di neri presagi.
Lasciamo subito che nel nostro sguardo possa entrare quel
Guardando meglio si intuisce che la tunica di Gesù, caricata dai dolori della passione (sofferenza che ne colo-
rosso che riempie il primo piano dell’opera: un fuoco che rapi-
ra indelebilmente il manto!) oltrepassa le nubi per consegnarsi a una luce che intuiamo, oltre, Aldilà. E’ il Cri-
sce i nostri occhi per spingerli verso l’alto. Non è una colata di
sto della passione che oltrepassa il confine oscuro della morte. Morte che per noi, che rimaniamo da questa
colore, è un’eruzione mistica, una spinta verticale del nostro
parte, rappresenta ancora una minaccia, un eso-
sguardo verso il cielo, stessa direzione del messaggio evan-
do da compiere, un parto doloroso da affrontare.
gelico di oggi. Una spinta accentuata da quella mano aperta, una traiettoria potente disegnata dal profilo
Questa lettura è confermata dalla croce posta
del discepolo di cui noi non vediamo il volto (visibile e invisibile sono le categorie volutamente ripetute nella
sopra la testa del gruppo di discepoli di sinistra,
tela, visibile/invisibile è il cuore del messaggio evangelico dell’Ascensione).
croce sopra la quale non c’è traccia di nuvole: c’è
solo il cielo luminoso.
Splendido il manto del discepolo,
prima di slanciarsi verso l’alto, raccoglie l’orizzontalità della crosta terreste: la terra intera è chiamata a que-
E noi siamo chiamati a chiederci quanto la nostra fede sappia misurarsi davvero con la morte,
sta nuova e definitiva verticalità, la
quanto il nostro credere si misura con la Speranza certa di una luce oltre le tenebre? Quanto le
terra intera è chiamata a questa ascensione.
Noi, interpellati dal vangelo e dal dipinto, siamo chiamati a verificare la nostra capacità di Infinito. Quanto i nostri gesti camminano verso Dio? Quanta forza evangelica, verticale, quanto volo mettiamo nelle nostre parole, nei nostri gesti?
nuvole non schiacciano i nostri pensieri? Quanto crediamo che Gesù, il Risorto, abbia davvero
oltrepassato il confine per eccellenza, quello del morire?