Rivista di Destination Management e Marketing DESTINATION

Transcript

Rivista di Destination Management e Marketing DESTINATION
Destinations
& Tourism
Rivista di Destination Management e Marketing
n.9 / agosto 2011
comunicazione social marketing destination
Web Marketing Promocommercializzazione prodotto
strategia promozione formazione management
DESTINATION
MANAGEMENT
SOCIAL MEDIA
MARKETING
Il controverso
rapporto tra
destinazioni e
vettori low cost
Il Community
Manager
FORMAZIONE
“Be Community
Manger”
con Four Tourism
Destinations & Tourism
n° 9 | agosto 2011
Editoriale
Due sono i fattori che hanno trasformato
radicalmente il mondo del turismo negli ultimi
dieci anni: l’avvento di internet e la comparsa dei
vettori low cost.
Questi due elementi infatti hanno aperto la strada a
nuovi modelli di gestione, a nuovi attori ma
soprattutto, a nuovi concorrenti, rovesciando quello
che era il modo tradizionale di intendere, scegliere e
acquistare la vacanza. Oggi, l’accessibilità è, insieme
al prezzo, uno dei fattori determinanti nella scelta di
un viaggio e, di conseguenza, lo è anche per la
sopravvivenza e per la crescita delle destinazioni e
degli interi sistemi turistici. È comprovato infatti che la
facilità nel raggiungere una destinazione accelera lo
sviluppo turistico, consente di diversificare i mercati,
favorisce la destagionalizzazione.
Di fatto, le destinazioni turistiche hanno bisogno di
turisti e i turisti hanno bisogno di trasporti. I vettori low
cost hanno intuito questa necessità, hanno
conquistato il mercato e ora sono ben consapevoli del
loro valore strategico.
Da qui, nasce il controverso rapporto tra destinazioni
e compagnie low cost e la controversia circa i
contributi e gli incentivi che richiedono. Se si
considera la questione in un’ottica ROI, sicuramente
è molto più utile creare un nuovo collegamento low
cost piuttosto che effettuare altre azioni di marketing
– brochure, fiere. Almeno, si tratta di un investimento
finalizzato, quantificabile ed efficace proprio perché
mirato.
Purtroppo, la situazione non è così semplice,
soprattutto perché le destinazioni commettono un
errore: si limitano a pagare, senza avere alle spalle
una precisa strategia di promo commercializzazione
e senza conoscere le dinamiche del mercato ‘low
cost’. In questo modo, l’investimento non viene
capitalizzato, ossia la destinazione non si posiziona
sul mercato e non si consolidano neanche i flussi
turistici. Ci si affida totalmente ai vettori low cost,
sottostando alle loro condizioni, perdendo importanti
opportunità.
Altro elemento che è oggetto di controversie e che
purtroppo nel mondo del turismo si fa ancora fatica ad
accettare è il web e in particolare i social media. Oggi,
le conversazioni e i contenuti generati dagli utenti
sono di fondamentale importanza. Purtroppo, sono
ancora molte le destinazioni, le aziende, gli operatori
che hanno un atteggiamento miope e non vogliono
accettare il nuovo stato delle cose.
Tuttavia, nessuno si può più permettere di trascurarli
così come nessuno può più prescindere dal costruire
una comunicazione online. Bisogna ‘andare’ dove va
la gente. E oggi la gente va sui social media.
L’esplosione dei social ha portato con sé tanti
cambiamenti. Sicuramente ha creato nuove figure
professionali, tra cui quella del Community Manager,
un profilo relativamente nuovo ma destinato a
ricoprire ruoli sempre più di rilievo e strategici nella
gestione di un’azienda turistica o di una DMO. È
importante quindi capirne le competenze, le
funzionalità e le responsabilità di quella che si
preannuncia essere la professione del futuro.
Sommario
DESTINATION
MANAGEMENT
SOCIAL MEDIA
MARKETING
FORMAZIONE
Il controverso rapporto tra
destinazioni e vettori low
cost
- Un binomio di successo?
- Contributi per attirarli
- Rischi e benefici
- Mancanza di strategia
- Come Fare
Il Community Manager
- L’importanza del Social
Media Marketing
- Una rete, tanti profili: la figura
del Community Manager
- Il ruolo del Community
Manager
“Be Community Manager”
con Four Tourism
- Il corso dal 5 all’8
settembre a Torino
Four Tourism Srl
Corso Cirié - 10152 Torino
www.fourtourism.it
[email protected]
1
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
n° 9 | agosto 2011
Destination Management
Il controverso rapporto destinazioni e
Josep Ejarque
vettori low cost
Opportunità e rischi, contributi e ricatti
L’accessibilità è ormai un fattore determinante
per gli interi sistemi turistici locali, in quanto, la
facilità nel raggiungere una destinazione
provoca un’accelerazione dello sviluppo
turistico, la possibilità di diversificare i mercati
e favorisce anche la tanto auspicata
destagionalizzazione.
Oggi,
il
prezzo
e
l’accessibilità alla destinazione dal mercato di
origine costituiscono i due fattori più importanti nella
scelta delle vacanze, specialmente se si tratta di
short break.
I dati dell’European Travel Commission hanno
dimostrato che dal 2000 al 2010 nei principali
mercati europei di outgoing il turismo è cresciuto. I
francesi hanno registrato in media un incremento
annuale del 3,2%, gli italiani del 2,8% gli olandesi
del 3,2%, gli inglesi dello 0,4% mentre i tedeschi
sono rimasti stabili.
La crescita dei flussi turistici internazionali è una
delle conseguenze dell’aumento degli short break
che a loro volta sono il risultato e l’effetto della
comparsa e del consolidamento dei vettori low cost.
Nel turismo si sono verificati profondi cambiamenti
negli ultimi dieci anni. Sono comparsi nuovi modelli
di gestione, nuovi attori ma soprattutto, grazie ad
internet e alle low cost, si sono moltiplicati i
concorrenti. Oggi, i diversi vettori low cost
trasportano in Europa il 30% del totale dei turisti.
Basta pensare che tra il 2004 e il 2009 sono passati
dall’offrire il 17% del totale di posti disponibili al 32%
mentre i vettori tradizionali nello stesso periodo
sono passati dall’83% al 68%. Il turismo, le
destinazioni e le aziende turistiche oggi non
possono più ignorare questo fenomeno.
La quota di mercato delle compagnie europee no
frills è passata dal 3% nel 2001 a quasi il 20% nel
2006, con un incremento del +566%!
Questo significa che attualmente in Europa più di un
passeggero su cinque utilizza voli low cost.
2
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
La vacanza fino a qualche anno fa rappresentava
per gli europei una delle scelte più meditate
dell’anno, insieme all’acquisto della casa o della
macchina.
La trasformazione del turismo invece ha prodotto la
‘commodificazione’ della vacanza, creando il
bisogno e l’abitudine nei turisti di fare più viaggi
durante l’anno, riducendo piuttosto i giorni di
permanenza. Questo fenomeno è stato intuito molto
velocemente dai vettori low cost, che hanno puntato
sul turismo come “core business”, partendo dai
principali paesi di outgoing, come Gran Bretagna e
Germania. Nasce così la relazione fra le
destinazioni e le compagnie low cost, come fornitori
di turisti e di conseguenza come attori che possono
veramente cambiare le sorti di un territorio. Se
analizziamo, per esempio, il loro impatto sul
turismo spagnolo si nota che nel 2010 sono arrivati
con Ryanair ben 24,7 milioni di passeggeri.
Anche nel panorama italiano, ci sono diversi casi
che comprovano il loro ruolo significativo sulla
crescita o sul consolidamento turistico di una
destinazione. È il caso di Cagliari, che è passata da
3,3 milioni di passeggeri nel 2009 a oltre i 3,4 milioni
del 2010.
n° 9 | agosto 2011
Lo stesso si può dire di Pisa che traina la crescita
turistica della Toscana, di Orio al Serio per il
Bergamasco e per Milano, ma anche di Ancona per
le Marche. Secondo un’analisi dell’Enac, la
rilevanza del traffico low cost in Italia registra i tassi
di crescita più elevati, rispetto a Germania, Francia,
Gran Bretagna e Spagna.
Low cost e
successo?
destinazioni: un
binomio
di
Le vittime di questo nuovo scenario, venutosi a
creare con l’avvento delle low cost,
contrariamente a quanto si crede, non sono i
vettori tradizionali ma i charter.
Sicuramente i vettori Full Service Carrier hanno
sofferto e sono stati costretti a cambiare i propri
modelli di business per ridurre i costi ed essere più
competitivi. Questo fatto per le destinazioni è stato
positivo perché la riduzione delle tariffe ha portato
lecompagnie aeree tradizionali (Alitalia, Air One,
British Airways, Lufthansa, Air France,..) a
considerare, oltre agli uomini d’affari, anche i turisti
come passeggeri. I charter, invece, sono state le
vere vittime in quanto i tour operator internazionali
hanno smesso di organizzarli.
Fig.1:Presenza delle compagnie low cost in Europa
3
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
La capacità delle low cost di creare traffico ed
attirare passeggeri ha portato gli operatori e le
Amministrazioni a riflettere su come sfruttare
quest’opportunità al fine di incrementare il numero
di turisti nazionali e internazionali verso le proprie
destinazioni. Il problema è che le low cost hanno
bisogno di condizioni particolari di operatività negli
aeroporti (tempi ridotti nel tourn around dell’aereo,
costi di handling bassi ed aeroporti poco
congestionati,…), proprio perchè puntano tutto sul
prezzo.
Esiste una grande controversia sui passeggeri low
cost che nasce dalla convinzione errata che il turista
‘low cost’ spende poco; convinzione confutata dai
dati dello studio del Ciset che dimostrano che in
realtà la spesa giornaliera è quasi uguale a quella di
un turista ‘normale’. L’impatto economico generato
sul territorio dei passeggeri LCC, secondo lo studio
dell’ENAC è positivo.
Esiste una grande
controversia sui passeggeri
low cost che nasce dalla
convinzione errata che
il turista ‘low cost’ spende
poco.
n° 9 | agosto 2011
Solitamente, la spesa diretta sul territorio si calcola
in base alla quota procapite giornaliera per alloggio
e altri servizi; ma quello che conta è che per ogni
euro che l’aeroporto incassa per i passeggeri
arrivati la destinazione ne ricava ben 11. Inoltre, la
maggiore spesa turistica sul territorio innesca
ulteriori effetti economici che portano un ricavo pari
ad altri 9 euro. Per adeguarsi al modello turistico
europeo le destinazioni italiane non possono fare a
meno dei vettori low cost.
Per adeguarsi al modello
turistico europeo le
destinazioni italiane non
possono fare a meno dei
vettori low cost.ost.
La European Travel Commission (ETC) sostiene
che gli enti e le amministrazioni pubbliche dovranno
incrementare gli sforzi per: favorire il turismo di
prossimità, inteso come europeo, incoraggiare
l’utilizzo di internet e finalizzare accordi con i vettori
low cost per aprire nuove tratte e nuovi mercati. Le
compagnie no frills, Ryanair in testa, hanno capito
di ricoprire un ruolo di fondamentale importanza per
le destinazioni, proprio perché possono contribuire
in modo decisivo ad incrementare il numero di arrivi
turistici e facilitare la destagionalizzazione.
Ovviamente, questo ha aumentato il loro potere
contrattuale; ed ha un prezzo.
4
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
n° 9 | agosto 2011
Focus: Contributi
Contributi per attirarle
La questione dei contributi ai vettori low
cost, anche se previsti dall’Unione Europea
a determinate condizioni, è da sempre
oggetto di un acceso dibattito tra le
destinazioni.
In realtà, si tratta di un finta controversia: le low
cost hanno bisogno in aeroporto di costi
operativi molto contenuti che non vadano oltre i
15 euro a passeggero; questo obbliga le società
di gestione aeroportuali ad applicare tariffe
ridotte per le manovre aeroportuali (handling,
dispatching, ecc..), a disegnare complesse
architetture finanziarie per applicare questi
prezzi e a ridurre le tariffe in base agli obiettivi
prefissati in termini di passeggeri trasportati.
Alle compagnie aeree, inoltre, sono garantiti dei
rimborsi sui passeggeri. Sogaer, la società che
gestisce l’aeroporto di Cagliari, per esempio,
rifonde le low cost che attivano nuovi
collegamenti con gli scali europei non serviti da
voli di linea. Il tariffario proposto dalla società è
di 6,5 euro per ogni passeggero in alta stagione
e 10,00 euro durante l’inverno.
Non sono gli unici: la Regione Piemonte ha
preso accordi con Ryanair ma anche con
Alitalia, lo stesso succede nel Friuli Venezia
Giulia, in Trentino, con l’aeroporto di Verona,
Treviso, Brescia e anche Bologna.
È diffusa la convinzione che Ryanair esiga dei
contributi economici consistenti per aprire e
anche per mantenere i collegamenti. In realtà, si
tratta di una pratica consolidata, adottata da tutte
le low cost e non solo; anche Alitalia contratta
con le Regioni l’apertura di nuove tratte, la
chiusure di quelle meno ‘battute’ o
semplicemente la conferma dei collegamenti.
Il punto è capire quanto sia sostenibile
questo modello per le destinazioni,
specialmente in momenti di difficoltà
finanziaria.
È molto difficile conoscere il valore dei contributi
complessivi percepiti dai vettori perché tutti
hanno interesse a tenerlo nascosto. Ryanair, per
esempio, include nei contratti la clausola di
confidenzialità
sugli
accordi
economici.
Recentemente, il gruppo Air France-KLM ha
quantificato in 660 milioni € i contributi ricevuti
dalle Amministrazioni, Camere di Commercio ed
altri enti in Europa.
In realtà, ogni destinazione riceve richieste di
contributi da parte di tutte le compagnie low cost,
da Air Berlin a Easyjet, da Wizz Air a Norvegian
Co e Transavia, per effettuare azioni di
marketing. Sicuramente non sono tanto elevate
ma alla fine tutte tentano di ottenere le migliori
condizioni. La questione dei contributi e degli
aiuti diretti ed indiretti in marketing e pubblicità
comunque non è nuova, anche i tour operator ne
hanno fatto uso e lo fanno ancora.
5
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
Rischi e benefici
Le destinazioni turistiche hanno bisogno di
turisti e i turisti hanno bisogno di trasporti.
Il potere delle low cost dipende in gran parte dal
fatto che sono riuscite, in virtù del prezzo, a
fidelizzare i propri clienti cosa che né gli albergatori
né le destinazioni non sono mai riusciti a fare. Oggi,
nel turismo quello che conta non sono le bellezze
paesaggistiche o architettoniche perché il turista
può scegliere e si muove secondo altri criteri. Ciò
che conta è avere il controllo del mercato. Anche se
può sembrare cinico, uno degli obiettivi di una
promozione turistica efficace è quello di “comprare”
i turisti.
n° 9 | agosto 2011
Il potere delle low cost
dipende in gran parte dal
fatto che sono riuscite, in
virtù del prezzo, a
fidelizzare i propri clienti,
cosa che né gli albergatori
né le destinazioni non
sono mai riusciti a fare.
In Italia, gli incentivi vengono principalmente
destinati agli operatori, specialmente locali, a
consorzi di incoming e di albergatori, ed utilizzati
generalmente per la realizzazione del materiale
cartaceo. Negli ultimi anni, sono cresciute
notevolmente anche le richieste da parte di tour
operator, bus operator, vettori aerei low cost e non,
a causa dell’affacciarsi sul mercato di nuove
destinazioni e dell’incremento quindi della
concorrenza.
Questi incentivi vengono richiesti per coprire i rischi
dell’invenduto, in destinazioni non consolidate, in
modo tale da riuscire ad effettuare una
programmazione ripetitiva che altrimenti non
sarebbero in grado di sostenere economicamente.
Cosa vuol dire? Vuol dire che sicuramente ha molto
più senso che una destinazione spenda 100.000 €
per creare un collegamento nuovo in accordo con
una low cost piuttosto che spenderli in brochure o
per partecipare ad una fiera. Almeno, si tratta di un
investimento finalizzato, quantificabile ed efficace
perché mirato a far arrivare i turisti.
Ma se è vero che un vettore aereo low cost può
aiutare in modo decisivo e rapido ad incrementare
l’arrivo dei turisti in una destinazione è anche vero
che con la stessa facilità il flusso può finire. In molte
destinazioni, infatti, non esiste una strategia chiara
di mercato e soprattutto non si conoscono le
dinamiche dell’ “agguerrito e spietato” mondo di
questo particolare tipo di turismo. E questo è un
grave limite.
L’arrivo delle low cost ha esasperato questo
sistema di incentivi, nel senso che anche le
compagnie aeree adesso richiedono contributi per
garantirsi la copertura dei costi. Il vero problema si
verifica però quando si cede al loro ricatto e
soprattutto quando esiste la dipendenza verso un
solo operatore. È l’esempio di Trapani ma anche
delle città di Valencia o di Granada, dove Ryanair si
è ritirata quando le amministrazioni hanno tagliato
gli aiuti, creando gravi danni ai territori. È la
preoccupazione attuale della Costa Brava, dove
Ryanair minaccia di chiudere o ridurre 18 delle 64
tratte attuali nella sua base operativa dell’aeroporto
di Girona, se il Governo della Catalogna non paga
oltre 12 milioni di euro.
Oggi esistono in Italia, potenzialmente diversi
territori e destinazioni sottomesse al ricatto di
Ryanair e d’altre low cost.
6
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
Destinazioni e low cost: mancanza di strategia
Il problema però va oltre: supportare i vettori
low cost è lecito o no?
Nello specifico, la redditività turistica che le
destinazioni italiane ricavano dalle low cost è molto
inferiore rispetto a quella delle concorrenti francesi
e spagnole. Questo perché in Italia generalmente gli
operatori turistici (Sardegna, Puglia, ecc)
rimangono, spesso passivi, sfruttando la manna che
arriva dal cielo, senza collaborare attivamente ed
economicamente. In Italia, l’unico esempio positivo
di coinvolgimento e di partecipazione è Rimini.
Le destinazioni italiane, in linea generale, si limitano
a pagare, senza adottare nessuna strategia di
fondo, senza effettuare azioni di partnership con i
vettori per vincolarli, senza sfruttare l’occasione per
fidelizzare i clienti che arrivano sul territorio. In
questo modo, si rischia veramente di rimanere
prigionieri delle low cost, di Ryanair, Wizzjet, Jet2,
o di altre linee. Inoltre, spesso la scarsa conoscenza
di come funziona questo mercato impedisce alle
Amministrazioni di capire quale cifra effettivamente
sia giusto pagare.
La
mancanza
di
una
strategia
di
promocommercializzazzione comporta inoltre che
spesso le Amministrazioni si trovano costrette ad
accettare le condizioni imposte dalle low cost, ossia
i mercati e i collegamenti da loro scelti. In questo
momento, esiste una sovra offerta di aerei, e le low
cost
quindi
propongono
collegamenti
economicamente poco sostenibili, con mercati che
non corrispondono al profilo turistico che offre la
destinazione. Si tratta, quindi, di soldi sprecati,
specialmente se gli alberghi sono chiusi e la
destinazione non è funzionante.
Affinché i voli low cost possano giovare alla crescita
turistica di una destinazione è necessario quindi
organizzarsi altrimenti si rischia solamente di
perdere interessanti opportunità.
Facciamo un esempio. La Liguria, in particolare la
Riviera dei Fiori, non riesce a sfruttare il grande
traffico di passeggeri low cost che atterrano nel
vicino aeroporto di Nizza, uno dei piu importanti in
Europa come ricettore di traffico turistico, perdendo
così l’occasione di portare sul proprio territorio tanti
turisti.
n° 9 | agosto 2011
È importante invece che le destinazioni si coordino
con gli aeroporti, determinino obiettivi di rotte e di
mercati, propongano collegamenti per loro
strategici. Per fare questo, però, è necessario
conoscere il mercato e i meccanismi low cost, cosa
che difficilmente si verifica nelle amministrazioni.
La logica imporrebbe quindi di avvalersi di società
specializzate che supportino ed affianchino l’ente
nella
pianificazione
ma
soprattutto
nella
negoziazione con il vettore low cost, per ottenere le
migliori condizioni contrattuali. La mancanza di
coordinamento, in realtà costa, e molto alle
destinazioni. I vettori ottengono degli aeroporti
condizioni economiche vantaggiose, ma anche
chiedono aiuti e supporto economico e di marketing
alle Amministrazioni. In realtà i vettori ottengono
incassi economici e di supporto, speso per due vie
traverse dentro della stessa destinazione.
Le destinazioni italiane, in
linea generale, si limitano a
pagare, senza adottare
nessuna strategia di fondo..
I contributi delle destinazioni per acquisire turisti
sono
sicuramente
necessari.
Ma
sono
necessaripiani di connettività, in modo che lo
sviluppo turistico non dipenda solo dalla presenza o
meno del vettore low cost. Gli obiettivi sono di
incrementare il flusso turistico in bassa stagione e
consolidarlo ma anche di entrare in nuovi mercati.
Tuttavia non è tutto così semplice: ci sono anche
delle problematiche. Ad esempio, il fatto che la
destinazione paghi il vuoto per pieno, può
comportare che il vettore non promuova e venda
solo la destinazione.
Di conseguenza, questa non si consolida nel
mercato e, finito l’incentivo, viene cancellata. È
importante anche che la destinazione sia attenta
perche l’operatore può incassare il contributo,
senza applicare la riduzione di prezzo pattuita.
Il risultato sarebbe un prezzo non di mercato e poco
competitivo; oppure può accadere che l’operatore
consideri l’incentivo come un diritto acquisito, senza
il quale cancellerebbe la destinazione dalla sua
programmazione.
7
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
Come fare?
Innanzitutto, è inutile finanziare un vettore low
cost o un tour operator per tratte e collegamenti
già coperti, dove si ha già una quota di mercato
acquisita.
Gli incentivi devono servire per stimolare. La DMO
deve stipulare accordi e contratti, prestando molta
attenzione a non incorrere in aiuti che possono
essere ‘aiuti di stato’ che sono vietati dall’Unione
Europea. Gli accordi per gli incentivi devono essere
definiti in un arco di tempo specifico e devono
essere stanziati soltanto nelle fase di avvio dei
collegamenti e ridursi progressivamente.
La logica suggerirebbe di stabilire una scala
decrescente in modo che l’importo si riduca man
mano che la destinazione si consolida sul mercato.
Un’altra formula potrebbe essere quella di
aumentare progressivamente il contributo in modo
tale da incentivare l’operatore a rimanere sulla
destinazione. È anche importante stabilire criteri di
premio, seguendo il modello del success fee, ossia
stabilire accordi che siano stimolanti per il vettore, e
poi controllare nel caso, per esempio, di aiuti di tipo
pubblicitario o di marketing, la tipologia di
investimenti da sostenere o addirittura concordando
il piano di comunicazione e pubblicità.
Ci sono diversi modelli di incentivi che seguono
il criterio della promo-commercializzazione:
•
•
•
Accordi win to win: per ogni euro investito in
promozione dalla low cost o dal tour operator
la destinazione corrisponde la stessa quantità.
Percentuale sull’investimento sostenuto. Il
tour operator o la low cost devono dimostrare
gli investimenti sostenuti; la destinazione
contribuisce alle spese sostenute con un
apporto in percentuale, che però non può
essere complessivo dell’intero importo
pagato.
Acquisto del vuoto per pieno (specialmente
per i voli charter). Ovviamente, il numero di
posto acquistati non può essere lo stesso in
alta come, in bassa stagione.
n° 9 | agosto 2011
il modello pubblico-privato, per esempio, è quello
che ha una maggiore resa. Ci sono dei modelli
dove gli operatori turistici, per ogni cliente che gli
arriva attraverso le low cost, contribuiscono
economicamente a un fondo del quale si nutre la
contribuzione alla low cost.
Aumentare
progressivamente il
contributo in modo tale da
incentivare l’operatore a
rimanere sulla destinazione.
Ma in tutti casi è necessario agire con attenzione e
cautela. L’opzione dei bandi pubblici invece è poco
gradita dei vettori. La opzione che più si sta
utilizzando è il bando pubblico con fini pubblicitari.
A partire del 2005, la CEE ha stabilito che gli enti e
i consorzi locali possono dare dei contributi a fondo
perduto, fino ad un massimo del 40%, per
contribuire al lancio di nuove tratte, ma soltanto
negli aeroporti con meno di 5 milioni di passeggeri
all’anno. I costi che possono coprire sono soltanto
quelli relativi alla commercializzazione e alla
promozione.
Le low cost quindi si sono concentrate
particolarmente su azioni di pubblicità e sulla
realizzazione di contratti, in modo tale da rispettare
le condizioni e i termini dei contributi. Tuttavia, se le
Amministrazioni e le destinazioni non controllano gli
investimenti effettuati e la gestione effettiva dei
contributi è facile che i soldi vengano utilizzati più
per ingrassare i conti del vettore in quello che
tecnicamente si chiama “ancillery revenue” che per
offrire un reale servizio al cliente finale o per dare
valore e promuovere la destinazione.
Esistono ovviamente altri modelli, che prevedono il
coinvolgimento economico degli operatori turistici,
che alla fine, sono i principali beneficiari degli arrivi:
8
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
n° 9 | agosto 2011
Social Media Marketing
Il Community Manager
Sabrina Pesarini
Compiti e responsabilità della professione del futuro
Oggi, le conversazioni e i contenuti generati
dagli utenti occupano un ruolo di primaria
importanza, soprattutto grazie all’esplosione dei
blog e dei social media.
Nessuno si può più permettere di trascurarli.
Purtroppo, nel mondo del turismo, sono ancora
molte le destinazioni, le aziende, gli operatori che
hanno un atteggiamento miope o che fingono di non
vedere perché non vogliono accettare il nuovo stato
delle cose. Tuttavia, questa strada è una strada
senza ritorno: tanto vale percorrerla e cercare di
sfruttarla a proprio vantaggio. D’altra parte, il
mercato e i dati parlano chiari: la quota di consumo
di internet non smette di crescere.
Le destinazioni e le aziende turistiche quindi non
possono più evitare di costruire una comunicazione
turistica specifica per il web, inteso non come un
altro ‘media’ ma come un’infrastruttura, fatta di
diversi canali, ognuno con le proprie differenze,
specificità e funzionalità. I social media hanno
trasformato e trasformeranno ancora il modo di
comunicare, di fare promozione turistica.
Perché il marketing sui social media è qualcosa che
va oltre al marketing inteso in senso tradizionale, è
molto di più: si tratta di pubblicità, vendita,
attenzione al cliente, fidelizzazione, comunicazione
corporate, sviluppo del prodotto, ricerche di
mercato.
I social media, non a caso, hanno inaugurato un
nuovo modo di fare marketing:
-
ci pongono di fronte ad un consumatore attivo
e creatore di contenuti (prosumer), molto più
coinvolto e appassionato;
-
creano un legame emozionale con
consumatore, attraverso conversazioni
interazioni con le marche;
-
a differenza di altre azioni pubblicitarie, sono
progressivi e esponenziali perché quello che si
costruisce oggi c’è anche domani, e l’effetto
virale che creano fa si che gli indicatori chiave
crescano in modo esponenziale.
il
e
9
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
Le destinazioni e le imprese turistiche devono
‘andare’ dove va la gente. E oggi la gente va sui
social media: i siti web istituzionali e corporate
stanno perdendo di efficacia e di audience a favore
dei Social Media.
Una rete, tanti profili: la figura del Community
Manager
L’esplosione dei social ha portato con sé tanti
cambiamenti. Sicuramente ha creato nuove
figure professionali le cui competenze sono
sempre più difficili da distinguere.
Tra questi nuovi profili particolarmente interessante
è quello del Community Manager, una figura
relativamente nuova ma destinata a ricoprire ruoli
sempre più di rilievo e strategici nella gestione di
un’azienda turistica o di una DMO.
Il Community Manager è una sorta di coordinatore
che gestisce un team, definendone la strategia, la
linea da seguire e stabilendo i canali e gli strumenti
da utilizzare. Come si evince dal nome stesso, il
Community Manager – rispetto al responsabile
social media, o al social media analist- è
strettamente legato a tutto ciò che riguarda la
community e gli utenti, con un’ottica meno
istituzionale e corporate.
Ma esattamente chi è il Community Manager??
In pratica, il Community
Manager deve portare la voce
della destinazione all’esterno
e veicolare la voce del turista
all’interno.
n° 9 | agosto 2011
rispondere, informare; essere tranquillo e
disponibile ed essere in grado di placare eventuali
discussioni. Deve essere capace di comunicare il
valore aggiunto della destinazione, di trasmettere
quelle emozioni e quella fiducia tali da indurre gli
utenti a sceglierla e, allo stesso tempo, deve essere
capace di cogliere il sentiment, l’umore e le richieste
dei turisti, di trasmetterle a chi di dovere e di
assicurarsi che si lavori all’interno della
destinazione per tradurle in realtà. Il suo compito
quindi è stabilire una relazione di fiducia con la
community degli utenti o fan della marca,
raccogliere il loro feed back e utilizzarlo per proporre
migliorie interne alle strategie turistiche messe in
atto.
Il ruolo del Community Manager
Il Community Manager non è colui quindi che deve
raccontare esclusivamente i vantaggi, le glorie e le
meraviglie
di
una
destinazione
turistica,
difendendola a spada tratta da eventuali
contestazioni o aggressioni. Piuttosto deve
assumere un atteggiamento critico, interrogarsi,
proporre e suggerire cambiamenti alla strategia
adottata, in base ai feed back raccolti dagli utenti.
Deve essere capace di
comunicare il valore
aggiunto della destinazione,
di trasmettere quelle
emozioni e quella fiducia
tali da indurre gli utenti a
sceglierla.
Sicuramente, non è un impiegato o il ‘giovane
smanettone’ il cui compito è quello di aggiornare un
blog, pubblicare un post, scrivere sulla pagina fb o
twittare. Secondo la definizione di Wikipedia
versione inglese ‘il Community manager si occupa
di costruire, fare crescere e gestire le communities
intorno a una marca’.
In pratica, il Community Manager deve portare la
voce della destinazione all’esterno e veicolare la
voce del turista all’interno. Deve saper ascoltare,
10
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
La mission del Community Manager può essere
fondamentalmente riassunta in 5 compiti
principali:
1. Ascoltare, ossia monitorizzare
costantemente la rete alla ricerca di
conversazioni che riguardano la nostra
destinazione o la nostra azienda, i nostri
competitor e il nostro mercato di riferimento;
n° 9 | agosto 2011
Certamente, la capacità di ascoltare e di raccogliere
i messaggi per portarli all’interno dell’impresa è
fondamentale. Se da una parte infatti è importante
ascoltare dall’altra è ugualmente importante riuscire
a trasferire in forma appropriata quanto appreso,
oltre ad essere in grado di fornire consigli adeguati
circa le soluzioni da adottare di volta in volta.
2. Fare circolare all’interno
dell’azienda turistica le informazioni
raccolte – che significa essere capace di
estrapolare dalle conversazioni ciò che è
rilevante, di tradurlo in un discorso intellegibile
e trasferirlo alle persone competenti affinché i
messaggi possano essere tradotti in azioni e
migliorie.
3. Iillustrare i prodotti, le offerte, le
motivazioni della destinazione o
dell’azienda alla community. Deve
riuscire a trasmettere agli utenti in rete il
valore aggiunto, fornendo risposte a quello
che cercano, soddisfacendo le loro esigenze,
accogliendo i loro suggerimenti. Deve
rispondere e conversare attivamente con tutti
gli utenti, utilizzando tutti i canali social su cui
la destinazione ha un profilo; scrivere articoli
sul blog o su altri social media, usando gli
strumenti multimediali a sua disposizione;
selezionare e condividere contenuti che
possano essere di interesse della community.
4. Cercare e creare relazioni con i
leader interni sia alla destinazione sia alla
community: deve essere quindi capace di
riconoscerli e metterli in contatto.
5. Trovare forme di collaborazione tra
la community e la destinazione. La
maggior parte dei direttori, purtroppo, ignora e
sottovaluta l’utilità delle community e la loro
capacità di dare valore alla marca, di
rafforzare la brand reputation e di generare
consenso attraverso il WOM (word of mouth),
ossia il passaparola.
Quando però questo ruolo viene ricoperto da
persone senza esperienza e conoscenza in
comunicazione 2.0, purtroppo, spesso, si creano più
danni che benefici. Se per esempio viene pubblicato
o ‘postato’ sui social e nei siti di recensione un
commento negativo che riguarda una destinazione
oppure una struttura ricettiva la corretta strategia
suggerisce di rispondere alle critiche, ossia di
prenderne atto e porvi rimedio, adottando un
atteggiamento umile e cortese.
L’inesperienza e la non-conoscenza delle modalità
di comunicazione proprie del web 2.0 però possono
portare un inesperto Community Manager a
denunciare chi ha effettuato la critica, a scrivere falsi
post e commenti in difesa della destinazione o
dell’albergo, con il risultato di aggravare la
situazione.
11
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
n° 9 | agosto 2011
Ecco quello che si può definire il decalogo del Community Manager:
Onestà: le bugie in rete, oltre ad essere mal
Collaborazione: la cultura ‘peer to peer’
viste, sono anche facilmente, individuabili.
(tra pari, tra persone dello stesso livello)
e la collaborazione per co-creare valore.
Rispetto: trattare gli altri come ci piacerebbe
essere trattati, ossia con educazione e
gentilezza, con un atteggiamento di apertura,
consapevoli delle diversità culturali e di
opinione.
Apertura: il software libero ci ha insegnato
che gli ambienti aperti creano maggior valore
di quelli chiusi.
Trasparenza: non cercare di nascondere i
Umiltà: i blogger hanno scoperto
velocemente che in rete ci sono sempre
lettori più informati e documentati. Quindi è
opportuno avere un atteggiamento di umiltà
e porsi sempre nella condizione di imparare
dagli altri.
Generosità: condividere informazioni,
apportare valore, aiutare gli altri senza
aspettarsi niente in cambio, investire il
proprio tempo e il proprio sapere.
Reciprocità: essere giusti e ricambiare un
propri obiettivi.
Educazione: evitare frasi, parole,
considerazioni che possano risultare
offensive dal punto di vista religioso,
politico, sessuale o di razza…
Correttezza linguistica: scrivere in italiano
corretto ed evitare l’ortografia tipo sms,
parolacce e neologismi. Si è infatti
dimostrato che i twitter scritti correttamente
sono più seguiti e letti di quelli
sgrammaticati.
complimento o un favore. Riconoscere
visibilità al lavoro degli altri. Apprezzare.
Altro dettaglio di cui tenere conto è l’importanza di
enfatizzare le emozioni: dato che le frasi scritte
possono a volte essere di dubbia interpretazione
per evitare di essere fraintesi è consigliabile l’uso di
emoticon per chiarire il proprio stato d’animo o la
propria posizione rispetto ad un argomento.
Al di là di questi valori, che sono alla base della
cultura 2.0, esistono tutta una serie di strumenti a
disposizione del Community Manager per svolgere
la propria attività e per aiutarlo a destreggiarsi nella
‘giungla’ dei social media.
Ecco i più importanti:
i blog, imprescindibili oggi per creare
community e fidelizzare utenti; ovviamente, è
fondamentale che alla base ci siano contenuti
buoni e di qualità.
I microblogging, come twitter. Interessanti
anche Yammer e Social Cast, piattaforme con più
funzionalità di twitter, che permettono una
comunicazione interna all’impresa.
Le reti sociali, le protagoniste di internet
degli ultimi anni, come Facebook oppure quelli
professionali, come Linkedin o Xing.
Servizi di pubblicazione 2.0, come YouTube
per pubblicare video, Flickr, per le fotografie,
Slideshare, per caricare presentazioni power point.
Numerosi anche gli strumenti per ottimizzare il
lavoro sui social, che ti permettono in un’unica
mossa di aggiornare diversi blog e di gestire
contemporaneamente diversi gruppi (Hotsuite,
Tweetdeck…). Oppure gli strumenti per organizzarsi
e programmarsi il lavoro, con le cose da fare,
priorità, archivio, alert; altri per gestire i feedback
degli utenti e consumatori. Oppure ancora gli
strumenti per monitorizzare la proprio presenza in
rete (Socialmention, Google Blogsearch¸ Radian6
…).
E ovviamente non può mancare, anzi è basilare
avere una massiccia cultura 2.0!
12
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
n° 9 | agosto 2011
Formazione
“Be Community Manager”
Dal 5 all’8 settembre a Torino il primo corso in Italia per diventare CM
L’esplosione dei social media in rete, come
strumenti di conversazione tra persone, e
l’importanza sempre maggiore dei contenuti
generati dagli utenti (user generated content) ha
costretto le imprese a fermarsi e a confrontarsi
con questo nuovo fenomeno.
Oggi, infatti, un’azienda non può non essere
presente sui Social Media. Ma non solo: deve
essere presente in modo attivo, presidiare e gestire
tutti i canali, conversare ed ascoltare.
Ciò ha comportato il moltiplicarsi di figure
professionali, sempre più specializzate, legate
all’ambito del web e dei social media. Nelle strategie
‘social’, per esempio, svolgono un ruolo
fondamentale il Community Manager, il Social
Media Strategies ed il Content Curator che sono
solo alcune delle
figure relativamente nuove
comparse sullo scenario ma che sono destinate a
ricoprire ruoli sempre più importanti e massicci.
Da un’attenta analisi effettuata sul mercato in Italia,
si è delineata in modo chiaro ed evidente una
profonda lacuna che riguarda proprio la figura
professionale del Community Manager. Pochi infatti
sanno chi sia, quali sono le sue caratteristiche
principali così come molti ignorano le competenze
che deve avere sia in termini di skill sia di
management.
Chi è quindi il Community Manager?
13
www.fourtourism.it
Destinations & Tourism
Il Community Manager di oggi è l’evoluzione di
quello che una volta era il moderatore delle
community online. Esistono fondamentalmente
due tipologie: il gestore di community online ‘ad
hoc’, specifiche, e il gestore della community del
brand, figura più recente che sta crescendo con
il crescere dei blog, delle piattaforme di micro
blogging, come twitter o Facebook.
La professionalità del Community Manager, anche
se nuova, richiede grandi competenze e un’ampia
formazione. È vero che il metodo migliore per
imparare, soprattutto quando si tratta di tecnologia,
è la pratica – ‘learning by doing’ – ma oggi purtroppo
non basta. Non si può più improvvisare e neanche
ignorare.
In un contesto come quello attuale, in continua e
rapida evoluzione, è importante fare chiarezza
rispetto alle nuove professionalità che i Social
Media richiedono. In questo senso, Four Tourism
desidera dare il proprio contributo a chi opera in
questo campo, fornendo le conoscenze, le tecniche
e gli strumenti per raggiungere risultati efficaci.
L’obiettivo è formare professionalità competenti per
la creazione e la gestione di comunità online, in
grado di supportare l'utenza e soddisfare le mutevoli
esigenze degli affiliati alle community nei vari
contesti. Quattro giornate di formazione per
imparare
a
gestire
strategicamente
ed
operativamente la propria presenza sui Social
Media, a presidiare le reti sociali per promuovere il
proprio brand e a creare le relazioni con i clienti per
incrementare il proprio business.
n° 9 | agosto 2011
I partecipanti, concluso il corso, saranno in grado di
creare ed alimentare reti sociali di conoscenza,
condivisione, partecipazione e fidelizzazione dei
clienti del brand. Il corso inoltre fornirà le basi per la
gestione della presenza del brand nelle community
online.
Il corso si rivolge ai giovani, ai ‘professionisti’ e ai
responsabili dei Social Media Online che
desiderano conoscere questa nuova professionalità
e acquisire gli strumenti per diventare Community
Manager.
Gli
incontri
avranno
un'impostazione
strettamente operativa per ottenere fin da subito
risultati concreti e poter affrontare con
professionalità il mondo dei social media. Gli
argomenti saranno affrontati in modo semplice
ed immediato, lasciando ampio spazio al
dibattito e al confronto.
A supporto di chi desidera intraprendere questo
mestiere e di chi lo sta già facendo Four Tourism
inoltre ha creato il blog ‘Be Community Manager’, un
luogo per confrontarsi, apprendere e crescere
insieme www.becommunitymanager.it
Iscrizioni ed informazioni:
Tel: 011 4407078 - Katia Pivetta
mail: [email protected]
twitter: @becommunitymanager
14
www.fourtourism.it