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Commento alla l. 47/2015
F. Alonzi
Art. 6
1. Al comma 5-bis dell’articolo 284 del codice di procedura penale, al primo periodo,
dopo le parole:«per il quale si procede» sono aggiunte le seguenti: «, salvo che il giudice
ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entità e che le esigenze
cautelari possano essere soddisfatte con tale misura».
UN RIPENSAMENTO OPPORTUNO, MA POCO CORAGGIOSO.
di Fabio Alonzi
(dottore di ricerca nell’ Università Sapienza, Roma)
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il significato del “fatto” di lieve entità. – 3. Le
non agevoli verifiche del giudice.
1. Con l’articolo in commento il legislatore si dedica ancora alla disciplina degli
arresti domiciliari, in assoluta sintonia con le modifiche apportate dall’art. 5 della
legge in esame.
In questo caso l’intervento è volto a riconsiderare la sfera di applicabilità del
divieto di concessione della detenzione domestica ai soggetti evasi nel quinquennio
antecedente al fatto per il quale si procede, previsto dall’ultimo comma dell’art. 284
Cpp.
Questa disposizione, introdotta dall’art. 16 della legge n. 4 del 2001 1, era stata,
poco dopo la sua entrata in vigore, oggetto di una significativa modifica – una sostanziale riscrittura del comma 5-bis - ad opera del primo provvedimento legislativo
che ha inaugurato la stagione dei provvedimenti c.d. securitari 2.
In particolare, con quell’ultima interpolazione si precisava che la condizione
ostativa alla concessione degli arresti domiciliari doveva essere individuata, non più
nella commissione di una «condotta punibile a norma dell’art. 385 Cp», bensì
nell’esistenza di una precedente condanna, all’evidente fine di fugare i dubbi interpretativi che la precedente formulazione avrebbe potuto sollevare.
1
Per un commento alla versione originaria del comma 5-bis dell’art. 284 Cpp: D. Carcano – D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, Milano, 2001, 85; L. Cesaris, Dal panopticum alla
sorveglianza speciale, in Il decreto «antiscarcerazioni», a cura di M. Bargis, Torino 2001, 75.
2
Ci si riferisce in particolare all’art. 5 della legge 26 marzo 2001, n. 128. Per un commento alle innovazioni introdotte da questa legge si veda, volendo, F. Alonzi, Note critiche a margine del nuovo intervento sulla disciplina delle misure cautelari, in Le nuove norme sulla sicurezza dei cittadini (c.d.
Pacchetto sicurezza), coord. da G. Spangher, Milano 2001, 92 ss.; F Rigo, La nuova disciplina del divieto di concessione degli arresti domiciliari, in Processo penale: nuove norme sulla sicurezza dei cittadini, a cura di P. Gaeta, Padova 2001, 159 ss.; C. Riviezzo, Pacchetto sicurezza. Commento alla legge 26
marzo 2001, n. 128, Milano 2001, 67 ss.
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Anche per questa riforma, come per la coeva introduzione del comma 1-ter
dell’art. 276 Cpp, la reazione da parte della dottrina non fu, tranne alcune eccezioni 3,
affatto entusiasta4.
Il divieto introdotto dal legislatore, che trovava il proprio fondamento in una
presunzione iuris et de iure di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari per
coloro i quali si erano precedentemente dimostrati incapaci di rispettare gli obblighi
connessi a questa misura, veniva sempre ad incidere sui poteri valutativi del giudice
della cautela e di nuovo con evidenti finalità restrittive.
Un inutile ed immotivato irrigidimento del sistema cautelare che faticava a
trovare una giustificazione soprattutto in presenza di un consolidato orientamento
della giurisprudenza di legittimità che aveva sempre correttamente indicato
l’esigenza di una attenta verifica, da parte del giudice de libertate, della capacità della
persona da sottoporre agli arresti domiciliari di rispettare gli obblighi che le venivano
imposti5.
Nonostante le critiche, la disposizione aveva resistito anche al sindacato di costituzionalità del giudice delle leggi che, ribadendo le considerazioni in precedenza
espresse sulla legittimità del comma 1-ter dell’art. 276 Cpp6, aveva rigettato anche la
questione sollevata nei confronti del comma 5-bis dell’art. 284 Cpp7.
Con l’articolo in esame il legislatore 8, dopo aver corretto, sia pur parzialmente,
l’automatismo sanzionatorio previsto dall’art. 276 Cpp per le ipotesi di trasgressione
3
Si vedano in proposito D. Carcano – D. Manzione, Custodia cautelare, cit., 85, i quali seppur ritenevano del tutto apprezzabile l’intento perseguito dal legislatore con tale intervento normativo non
mancavano comunque di sottolineare come in questo modo si introducesse una vistosa compressione dei principi di adeguatezza e proporzionalità.
4
Assolutamente critico era stato il nostro giudizio, cfr. F. Alonzi, Note critiche, cit., 94 ss.
5
Prima dell’introduzione della modifica normativa di cui stiamo trattando, si veda Cass. 21.10.1997,
Primerano, in ANPP 1998, 67. Successivamente ad essa, ed anche in tempi assai recenti non a caso si
è ribadito che la condanna per evasione che non sia divenuta irrevocabile, se non comporta la preclusione automatica della concessione degli arresti domiciliari «costituisce tuttavia elemento di valutazione del quale il giudice può tener conto per apprezzare il pericolo di fuga e per negare
l’applicazione della custodia domestica»: Cass 21.1.2012, Gambino, in CED Cass., m. 252755.
6
Ci si riferisce a C. cost., 6.3.2002, n. 40, in CP 2002, 2086.
7
Cfr. C. cost., 16.4.2003, n. 130, GCos 2003, 977, nella quale di nuovo si sottolineava che non poteva
ritenersi «soluzione costituzionalmente obbligata quella di affidare sempre e comunque al giudice
l’apprezzamento del tipo di misura in concreto ritenuta come necessaria … ben potendo tale scelta
essere effettuata in termini generali dal legislatore» e che comunque precludere il ricorso agli arresti
domiciliari a colui che aveva tenuto una condotta contrastante con gli obblighi caratterizzanti la misura non si poteva considerare come una scelta irragionevole.
8
Per i primi commenti alla legge si vedano G. Amato, Le nuove misure cautelari: istruzioni operative.
Dalla valutazione delle esigenze cautelari ai criteri di scelta: il primo appuntamento con la legge
47/2015, in GD 2015 (22), II ss.; Id., Le nuove misure cautelari: istruzioni operative. Dall’evasione al sistema delle impugnazioni: l’ultimo appuntamento con la legge 47/2015, in GD 2015 (23), II ss.; P. Borrelli, Una prima lettura delle novità della legge 47 del 2015 in tema di misure cautelari personali, in
www.dirittocontemporaneo.it, 3.6.2015; E. Campoli, L’ennesima riforma delle misure cautelari personali: prime osservazioni e primi approcci pratici, in ANPP 2015, 305; F. D’Arcangelo, Le misure cautelari personali (legge 16 aprile 2015, n. 47), in Il penalista 2015; A. Famiglietti, Novità legislative interne, in
Processo penale e giustizia 2015, 10; N. La Rocca, Le nuove disposizioni in materia di misure cautelari
personali (Ddl 1232b), in www.archiviopenale.it; V. Pazienza, Le nuove disposizioni in tema di misure
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alla prescrizione di non allontanarsi dal domicilio, è intervenuto anche sull’ambito di
applicazione del divieto di concessione degli arresti domiciliari all’evaso.
Di fatto l’interpolazione operata sull’art. 284 Cpp ricalca lo spirito della modifica apportata all’art. 276 Cpp: inserire un regime derogatorio all’interno di una disciplina che si connotava invece per tratti di assoluta inderogabilità.
A seguito della riforma in esame si torna di nuovo ad attribuire al giudice la
possibilità di applicare gli arresti domiciliari al soggetto evaso nel quinquennio precedente9, qualora reputi che in base a «specifici elementi il fatto sia di lieve entità» e
le esigenze cautelari del caso concreto possano essere soddisfatte mediante tale misura10.
2. La prima questione esegetica che deve essere affrontata per comprendere
quale sia l’ambito operativo della nuova disposizione è quella relativa al significato da
riconoscere all’espressione «fatto di lieve entità»11.
Per fare questo appare opportuno innanzitutto chiarire a quale condotta si riferisca il sostantivo “fatto” vista la difformità di interpretazioni che in proposito si è
già registrata in dottrina.
Per una parte di essa la «locuzione “fatto di “lieve entità” sembra da riferire …
al fatto per il quale si procede»12 e non a quello per il quale è intervenuta la condanna
per evasione. Secondo un diverso indirizzo esegetico questa ricostruzione non sarebbe affatto da condividere poiché ove si intendesse in tal modo l’espressione inserita
cautelari, Ufficio del Massimario, Settore penale; G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari,
DPP 2015, 529; Id., Brevi riflessioni sistematiche sulle misure cautelari dopo la l. n. 47 del 2015, in
www.dirittocontemporaneo.it, 5.7.2015.
9
Come sottolineato in sede di legittimità la decorrenza del quinquennio va computata à rebours assumendo come momento iniziale la data di consumazione del “fatto per cui si procede”: così Cass.
9.6.2010, n. 35164, in CED Cass., m. 249366. Ad avviso di Cass. 7.1.2014, Podda, ivi, m. 258902, questa
interpretazione del dato positivo non si pone in contrasto con la Carta fondamentale, ragione per la
quale la Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzione
dell’art. 284 comma 5-bis Cpp. Ad avviso del Supremo collegio sarebbe eccepibile costituzionalmente
la scelta diversa di far decorrere il termine ostativo alla concessione della custodia domestica dalla
data di commissione del fatto di evasione, «poiché … si farebbero decorrere gli effetti sanzionatori,
seppur indiretti, derivanti dalla condotta dell’imputato da un momento antecedente alla irrevocabilità della pronuncia giurisdizionale che ha accertato l’avvenuta evasione in violazione dell’art. 27
Cost.».
10
Si può subito osservare come questa precisazione appaia del tutto ovvia, essendo assolutamente
imprescindibile che il giudice nello scegliere e disporre una misura cautelare, di qualunque natura,
deve valutare che la stessa sia idonea a tutelare le esigenze cautelari del caso concreto.
11
L’espressione normativa non sembra possa essere confusa con la formula della “particolare tenuità”
del fatto (o meglio dell’offesa e del comportamento) che, a seguito del d. lgs. n. 28 del 2015, compare
nell’art. 131 bis Cp, quale nuova ipotesi di non punibilità dei reati. Già da un punto di vista letterale le
due formule non sembrano coincidere: l’aggettivo “particolare” esclude ogni sovrapponibilità. A diverse conclusione giunge E. Campoli, L’ennesima riforma, cit., 307. Sul significato della formula della
tenuità del fatto si vedano in particolare F. Caprioli, Prime considerazioni sul proscioglimento per particolare tenuità del fatto, in www.dirittocontemporaneo.it, 8.7.2015; R. Bartoli, L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in DPP 2015, 659 ss.
12
Così V. Pazienza, Le nuove disposizioni, cit., 16.
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nell’art. 284 Cpp essa sarebbe foriera «di conseguenze disomogenee rispetto al sistema, in quanto presupporrebbe l’applicabilità di una misura cautelare, pur sempre detentiva, ad un fatto ritenuto lieve»13.
La critica coglie nel segno, e l’argomento usato non sembra essere l’unico invocabile a sostegno di questa conclusione: se si valuta attentamente la logica del divieto
di concessione degli arresti domiciliari previsto dal comma 5-bis e l’eccezione che il
legislatore vi ha voluto apportare ne emerge uno ulteriore.
Il meccanismo cautelare introdotto nel 2001 trova il proprio fondamento nella
volontà di attribuire valore sintomatico, per la prognosi di adeguatezza cautelare, ad
una determinata condotta - quale quella di evasione - che sia stata accertata giurisdizionalmente ed in maniera definitiva14.
Il regime derogatorio che oggi si è voluto introdurre non può che guardare a
quello stesso fatto sul quale il divieto è stato pensato e disciplinato. Per dirla in maniera più netta: se, con l’introduzione del comma 5-bis, si è inteso vietare gli arresti
domiciliari a chi si sia dimostrato incapace di adattarsi alle restrizioni imposte, è
sempre a quelle stesse condotte trasgressive che occorre riferirsi quando si ripensi il
meccanismo sanzionatorio con il proposito di relativizzarlo.
D’altra parte una delle principali critiche rivolte al congegno previsto dal
comma 5-bis riguardava proprio la circostanza che, stante la sua assolutezza 15, lo stesso avrebbe finito per trovare applicazione anche per fatti non particolarmente gravi,
in virtù anche del rigore sempre dimostrato dalla Suprema corte nel sanzionare le
condotte di evasione16.
Il legislatore tenta ora di superare questo limite, subordinando l’applicazione
del divieto di concessione degli arresti domiciliari alla verifica dell’effettivo contenuto
offensivo dei fatti di evasione.
Infine, va anche considerato che questa lettura è quella che meglio si concilia
anche con la contemporanea modifica del comma 1-ter dell’art. 276 Cpp, volta appunto ad imporre al giudice una verifica dei connotati che caratterizzano la trasgressione
posta in essere dalla persona ristretta per calibrare in termini effettivamente individuali la risposta cautelare.
13
Cfr. P. Borrelli, Una prima lettura delle novità, 17, nota 53.
Seppur non venga detta espressamente dalla disposizione è conclusione oramai sufficientemente
condivisa in dottrina e giurisprudenza che per l’emersione del divieto occorre attendere
l’irrevocabilità della condanna per evasione. In dottrina cfr. F. Alonzi, Note critiche, cit., 93; L. Cesaris, Dal panopticum alla sorveglianza speciale, cit., 86; F Rigo, La nuova disciplina del divieto, cit.,
162. In giurisprudenza Cass 7.1.204, Podda, in CED Cass., m. 258902; Cass. 24.11.2010, Napolitano, ivi,
m. 248815.
15
Affermazione più volte ribadita dai giudici di legittimità, tra le ultime Cass. 12.3.2015, n. 14111, in
CED Cass., m. 262960; Cass. 4.7.2013, Sanseverino, ivi, m. 255954, ove si precisa altresì che in virtù di
tale natura, il divieto stabilito dalla norma «deve intendersi quale divieto di applicazione di qualsivoglia misura cautelare meno afflittiva della custodia carceraria»; approdo che evidentemente dovrà essere riconsiderato in virtù della modifica normativa in commento che ha fatto venir meno il presupposto argomentativo sul quale questa impostazione si fondava, ossia il carattere assoluto della prescrizione.
16
Cfr. F. Alonzi, Note critiche, cit., 98.
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Gli argomenti addotti a sostegno dell’opzione esegetica opposta, per la quale il
fatto lieve non sarebbe quello a cui si riferisce la condanna per evasione, non sembrano peraltro insuperabili.
Si è infatti ritenuto come questa lettura risulterebbe innanzitutto «problematica su un piano strettamente letterale»17. Un critica che, in parte, coglie nel segno, ma
che non considera come sempre più di frequente il legislatore licenzia disposizioni
tutt’altro che chiare e precise, e che necessitano di un attento lavorio interpretativo
per individuare, come nel caso di specie, un significato che sia sistematicamente corretto.
Peraltro la stessa critica di natura letterale potrebbe essere rivolta alla disposizione in esame anche accedendo all’altra opzione ricostruttiva proposta per dare significato all’espressione normativa in commento.
Si incontrerebbero, difatti, non poche difficoltà ad attribuire senso e valore
all’inciso conclusivo del nuovo comma 5-bis laddove si prevede che per le verifiche di
cui è onerato, il giudice deve assumere «nelle forme più rapide le relative notizie».
Questa legittimazione, difatti, non sembra trovare giustificazione alcuna nel
caso in cui ci si riferisse al fatto oggetto dell’accertamento penale in corso 18.
Neppure l’altro argomento posto a sostengo dell’opzione qui criticata appare
decisivo ossia quello secondo il quale «tale ipotesi ricostruttiva potrebbe far sorgere
criticità […] correlate alla necessità di rivisitare […] episodi ormai definiti con sentenza irrevocabile»19.
In realtà, a ben considerare, la verifica della lieve entità del fatto non comporta
alcuna manomissione del giudicato che si è formato sulla sentenza di condanna, ma
impone solo un accertamento circa le caratteristiche della condotta che è stata precedentemente sanzionata per valutarne, ai fini cautelari e «sulla base di specifici elementi», la reale portata20.
In questa ottica si comprende bene la scelta del legislatore di non aver soppresso l’inciso che chiude il comma 5-bis e che continua ad assumere significato anche nell’attuale formulazione della disposizione.
17
Così V. Pazienza, Le nuove disposizioni, cit., 16.
La ragione appare abbastanza evidente: il fatto oggetto dell’accertamento penale in atto è già conosciuto dal giudice, al quale sono già stati forniti gli elementi probatori per apprezzarlo.
19
Sempre V. Pazienza, Le nuove disposizioni, cit., 16.
20
Al riguardo potrebbe sorgere la questione se il giudice della cautela possa disattendere il giudizio
di gravità eventualmente compiuto dal giudice nell’accertamento di merito, o, ipotesi inversa, si
debba sempre adeguare al giudizio di lieve entità della condotta giudicata operato dall’organo della
cognizione. Con l’introduzione della nuova causa di non punibilità del reato per “particolare tenuità”
del fatto la situazione è peraltro destinata a complicarsi. Seppur le due formule non coincidano (cfr.
nota 11), nei fatti, ed in considerazione dei tratti obiettivi del reato di evasione, i due apprezzamenti
potrebbero anche finire per coincidere con la conseguenza che per tutte le condanne successive alla
recente modifica normativa l’esclusione della lieve entità dell’evasione dovrebbe già essere dimostrata dalla presenza della condanna stessa, per le ipotesi naturalmente in cui la stessa possa essere riconosciuta. Per evitare di assolutizzare questa conclusione sarà onere del giudice della cautela valutare
con particolare attenzione il precedente giudicato formatosi sulla decisione di merito, provvedendo
ad assumere celermente le necessarie informazioni.
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Difatti, il giudice per prendere la propria decisione e soprattutto per valutare,
in presenza di una condanna per evasione, se sussista il divieto che la norma commina, sarà chiamato a verificare non solo se quella sentenza sia definitiva, ma anche
come si possa considerare il fatto che è stato sanzionato. Accertamenti che ben giustificano la possibilità per lo stesso organo giurisdizionale di acquisire «nelle forme
più rapide le relative notizie».
3. La necessità che il giudice della cautela verifichi l’effettiva gravità della condotta di evasione ed assuma al riguardo le necessarie informazioni, appare comunque
una opzione non priva di difficoltà operative soprattutto se si pensa, come già sottolineato21, alla celerità con la quale in alcuni casi si deve assumere la decisione cautelare22.
A fronte di questa possibilità occorre poi domandarsi quali possano essere le
conseguenze per la decisione del giudice qualora non si riescano ad assumere, nei
tempi utili, le notizie necessarie per la decisione da assumere. Alla luce della modifica
che stiamo commentando si può ritenere che per l’operatività del divieto fissato nel
comma 5-bis dell’art. 284 Cpp è necessario innanzitutto “provare” che la condanna
per evasione sia divenuta definitiva: una verifica, certamente agevole, che compete al
giudice investito della decisione cautelare, senza la quale il divieto non si dovrebbe
attivare.
Più complesso sembra essere invece il discorso rispetto al mancato accertamento della “lieve entità”. Il testo della nuova disposizione suggerisce che questa circostanza debba emergere da “specifici elementi”: prima di allora dovrebbe essere interdetto al giudice postularne l’esistenza, ed escludere così l’effetto derogatorio al divieto. In questo caso sembra sostenibile che la mancata prova della lieve entità della
violazione precedentemente accertata vada a tutto discapito del soggetto da sottoporre a misura cautelare23.
Si è, sin qui, più volte evocata la circostanza che la deroga al divieto di concessione degli arresti domiciliari si fondi sulla connotazione di “lieve entità” del fatto. É
necessario a questo punto verificare quale sia il valore che è possibile assegnare a tale
locuzione.
Per fare questo non si può non partire dalla considerazione che la stessa
espressione compare anche nel testo del nuovo comma 1-ter dell’art. 276 Cpp, per individuare e connotare le ipotesi in cui la violazione commessa dal detenuto domiciliare, alle prescrizione di non allontanarsi dal proprio domicilio, escluda la possibilità
21
Il rilievo si può leggere in P. Borrelli, Una prima lettura delle novità, 17, nota 53, anche se si omettono di indicare quali possano essere le conseguenze di un mancato accertamento.
22
Si pensi a titolo esemplificativo alla decisione cautelare che deve essere assunta in sede di convalida di una misura precautelare.
23
Nulla impedisce ovviamente che nell’eventualità in cui emergano elementi determinati, successivamente alla prima decisione, magari addotti dalla difesa, che conducano a far ritenere che la violazione commessa si possa considerare lieve, il giudice debba modificare la precedente decisione proprio in virtù dell’effetto derogatorio al divieto di concessione degli arresti domiciliari.
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di disporre la sostituzione automatica degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere.
Se si confrontano con attenzione i contenuti di quest’ultima disposizione con
quelli del comma 5-bis dell’art. 284 Cpp emerge agevolmente come le due norme
condividono, in definitiva, l’apprezzamento di uno stesso fatto (la violazione ad una
prescrizione de libertate), la medesima funzione (derogare un meccanismo sanzionatorio), e si inseriscono all’interno della disciplina della stessa misura cautelare, argomenti più che solidi per ritenere che la formula che compare nelle due disposizioni
debba assumere anche lo stesso significato.
Questo apprezzamento conduce ad un primo risultato: in analogia con quanto
previsto per il comma 1-ter dell’art. 276 Cpp, per l’accertamento della lieve entità occorre far riferimento ai parametri offerti dal comma 1 del medesimo articolo.
Peraltro proprio la precisazione secondo la quale la verifica della lieve entità debba
essere compiuta «sulla base di specifici elementi» potrebbe costituire un argomento
ulteriore a sostengo della necessità che non si faccia riferimento ad un unico elemento, quale l’entità della violazione, ma si debba e possa tener conto di una pluralità di
circostanze, che il legislatore precisa debbano essere determinate.
Le modalità di accertamento della condotta, non ci dicono ancora quando un fatto in
ambito cautelare si possa considerare lieve.
Adattando la definizione che si è cercato di fornire per il concetto di lieve entità nell’art. 276 Cpp24 alle situazioni regolate dall’art. 284 Cpp possiamo concludere
che, in questo ambito, potrà essere considerata“lieve” quella violazione che, per le caratteristiche che ha assunto nel procedimento in cui è stata commessa, non si possa
considerare indice dell’incapacità del soggetto sottoposto agli arresti domiciliari di
osservare l’obbligo di non allontanarsi dal proprio domicilio.
Si vede bene come questa definizione pare adattarsi solo alle ipotesi in cui la
condanna per evasione sia intervenuta per sanzionare fatti posti in essere mentre si
era sottoposti ad una restrizione domestica, di qualunque natura essa fosse25, e non
quando invece il soggetto sia “evaso” da una struttura carceraria.
D’altra parte nella logica dell’art. 284 Cpp fatti del genere difficilmente potrebbero essere considerati lievi, poiché la loro commissione testimonia una particolare
propensione del soggetto a superare ogni ostacolo, anche fisico, pur di sottrarsi al regime detentivo, dimostrando così una elevata pericolosità.
Una considerazione si impone per concludere: la verifica in ordine alla lieve
entità del fatto, nei casi regolati dall’art. 284 Cpp, può essere, per le ragioni illustrate,
tutt’altro che agevole, dovendosi compiere su violazioni che sono state giudicate in
un altro procedimento, e soprattutto può comportare irragionevoli disparità di trattamento se si considerano i contorni molto labili della nozione di lieve entità.
Questo rilievo concorre a rafforzare l’idea, già emersa analizzando il contenuto
delle innovazioni introdotte dall’art. 5 della legge in commento, che, forse, sarebbe
stato più opportuno procedere direttamente all’abrogazione dell’intera disposizione,
24
Cfr. F. Alonzi Un primo timido passo verso la giusta direzione, LP 2015, 6.
La condotta abusiva potrebbe essere adottata sia quando si è sottoposti agli arresti domiciliari, ma
anche nelle ipotesi di detenzione domiciliare.
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come pure era stato ipotizzato durante l’iter parlamentare che ha poi condotto
all’approvazione dell’intero articolato26, evitando di imporre al giudice lo svolgimento
di complessi accertamenti e soprattutto ripristinando quella libertà valutativa che
appare la garanzia primaria per una effettiva personalizzazione del trattamento cautelare.
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Cfr. Scheda di lettura del Servizio studi della Camera dei deputati, in www.camera.it., 15.
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