Gli americani sono già a Roma «DiBenedetto, facci sognare»

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Gli americani sono già a Roma «DiBenedetto, facci sognare»
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IL PASSATO NON SI DIMENTICA
IL FUTURO È GIÀ INIZIATO
LA SOCIETÀ
DANIELE GALLI
America’, facce Tarzan. Quindici anni
dopo quella strepitosa pellicola di Alberto Sordi, alias Nando Mericoni, gli americani hanno fatto Tarzan per davvero.
Anzi, hanno fatto Tarzan e pure qualcosa
di più. Nel 1969 hanno portato a Roma
stars and stripes, stelle e strisce, del sogno americano. Qui all’American University of Rome ti insegnano a coltivarlo.
Alla maniera loro, però. Quella dei college, dove lo studente è al centro dell’attività didattica e la città - la nostra città - è
la loro classroom. La classe. Qui è il Gianicolo. Il cannone alle spalle, erFontanone è a due passi, Roma sta là sotto. L’orizzonte è reso rarefatto dall’aria stagnante,
figlia di un’alta pressione che da settimane gravita, imperterrita, su Roma. Ma da
lassù, da questo stabile metà giallo e metà
rosso (sul serio) dove studia un angolo di
mondo multirazziale - americani, arabi,
sudamericani, indiani, e persino italiani
- c’è una visuale pazzesca. Lontani dai
miasmi del traffico capitolino si ha una
panoramica decisamente migliore della
vita. Della vita, ma pure della trattativa
tra Unicredit e Mr. DiBenedetto & Co. All’American University of Rome non c’è
uno che non tifi per la cordata a stelle e
strisce. Aggiungiamo: ovviamente.
Gli americani a Roma esistono. E devono passarsela pure discretamente bene. Perché per sei mesi in questo ateneo
ci vogliono seimila euro. «Ma guardi che
la retta è molto inferiore a quella dei college USA», si affretta a spiegare miss
Maurizia Garzia, l’assistente esecutiva
del presidente. Non lo mettiamo in dubbio. E in ogni caso, questa non sembra
Italia. Il prezzo è proporzionato a quello
che l’università ti mette a disposizione.
Una sala computer, giardini dove è possibile studiare nel più assoluto silenzio,
aree relax. L’italiano è un’eccezione. Si
parla la lingua degli affari. Del business.
Si parla la lingua di DiBenedetto. Del possibile futuro presidente dell’As Roma.
«Sì, l’italiano è l’eccezione. Però non
pensi che qua siano tutti americani. Vede
quello studente lì? Viene dall’India. E
quell’altro piegato sui libri? È arabo.
Questo è un campus internazionale». Il
professor Bjørn Thomassen è la conferma vivente di quello che viene riportato
sul depliantinformativo: qui si incontrano uomini e donne di quaranta nazioni.
Esattamente come avviene ogni giorno
nelle Avenue e nelle Street di New York.
Che ci fa in un college americano a Roma
un docente danese («sono di Bornholm,
un’isoletta nel Baltico, bel posto, tranquillo, ma forse pure troppo») di scienze
politiche e antropologia? «Sono arrivato
in Italia per amore. Mi sono sposato con
una...». Con un’italiana? «No, di più. Con
una famiglia romanista». Tanto di cappello, mister Bjørn. «Dico sul serio. Sono in Italia dal ’97, a Roma dal 2003 ma in
Curva Sud dal 2001». E due: tanto di cappello. «Pensi. Mio cognato è di Gradisca,
in provincia di Gorizia. Sapendo che era
uno sfegatato tifoso della Roma, all’inizio
della mia permanenza nel vostro Paese
gli ho fatto credere, per gioco, che ero laziale. Per anni - Bjørn lo dice sorridendo
- mi ha guardato con diffidenza».
Per loro - docenti e studenti dell’American University of Roma - la vendita dell’As Roma è una cosa serissima. Più di
quanto lo sia in Italia. E il professor Thomassen ci spiega la ragione. «Per voi il
calcio sono solo chiacchiere da bar. Nei
Paesi anglosassoni è considerato invece
un fattore economico, politico e sociale.
Il prossimo semestre il professor Simon
GIOVEDÌ 10 FEBBRAIO 2011
SCOMMESSE, L’ARRIVO DI ANCELOTTI DATO A 2.20
Secondo quanto riporta Agipronews, l’arrivo di Carlo Ancelotti alla Roma è un’opzione più che
plausibile. «Il cambio di proprietà e le difficoltà incontrate quest’anno da mister Ranieri» spingerebbero
così l’ex Milan a ritornare nella Capitale dopo il trascorso da giocatore in giallorosso. L’arrivo del tecnico
"blue" viene infatti offerto a 2,20 dai bookies esteri.
IL REPORTAGE
Gli americani sono già a Roma
«DiBenedetto, facci sognare»
L'American University of Rome è il più antico ateneo a stelle e strisce della Capitale
«Ci riconosciamo in questo investitore italoamericano. Potremmo offrirgli una carica»
appreso dai giornali che la loro proThomassen, docente mo
posta economica è seria. Ci solletica l’idea di fare marketing negli USA attraverdi scienze politiche so l’As Roma».
Per i docenti, DiBenedetto è un’occa«Ho sposato una
sione di crescita. Per gli studenti, è l’uomo che può far restare grande l’As Roma.
famiglia romanista» La pensano così l’italianissima Giulia
L'ateneo ha due
squadre di calcio:
oltre agli "Wolves"
le "She Wolves"
STAR AND STRIPES Sopra, dall’alto in senso orario: la cartina del Nord America nell’American University;
una bandiera con i colori della città al secondo piano; il professor Bjørn Thomassen con due collaboratrici
Martin terrà qui un corso su calcio e politica. E un nostro studente, due anni fa,
usò una tesi sull’organizzazione del tifo
laziale per chiedere un dottorato di ricerca a Londra. Lo ottenne». Il pallone fa
parte integrante del tessuto cittadino.
"Roma è la nostra classroom", è il motto
dell’ateneo. Quindi, per logica conseguenza, lo è anche l’As Roma. «Stiamo
tutti tifando per l’offerta americana",
commenta Thomassen. "Se andasse in
porto - prosegue - permetterebbe di
rafforzare il nostro legame con gli Stati
Uniti. I nostri studenti si riconoscono
nell’italoamericano DiBenedetto». Ma
cosa si sa nell’American University of Rome di questo businessman bostoniano?
Ben poco, conferma Thomassen: «Abbia-
AL GIANICOLO Sopra, la targa all’ingresso del più vecchio ateneo americano a Roma; a lato, dall’alto: il presidente ad interim Andrew Thompson; la bandiera USA
incorniciata al piano terra
(«scriva che sono una fan sfegatata di
Borriello, ma che per me ogni cosa viene
dopo Totti»), l’ex americano Orfeo («sono italiano, ma ho vissuto fino a 17 anni
negli States») e la russa Lia, che ha scelto di venire a studiare a Roma da Mosca,
dove viveva, perché Roma - anzi, l’As Roma - ce l’ha tatuata sulle spalle. E nel cuore.
A questa appendice italiana della cultura made in USA è ignota l’identità di
Mr. DiBenedetto. Ma è ignota anche quella del loro futuro presidente. Già, perché
l’attuale numero uno dell’American University of Rome, Andrew Thompson, è ad
interim. «Presto ci saranno nuove elezioni. Noi sapremo chi sarà il prossimo
presidente solo a cose fatte», ci dice miss
Garzia. Vabbé, ma chi sono i candidati?
«Non si sa. È un’informazione confidenziale». Ci risiamo. Era confidenziale il
numero dei possibili compratori americani dell’As Roma, e figuratevi se non erano confidenziali i loro nomi. «È tutto
confidenziale negli Stati Uniti. La privacy
ha un valore fondamentale», chiarisce
sorridendo miss Garzia.
E comunque non è vero che nessuno
sappia chi sia DiBenedetto. «Uno dei
componenti del nostro Cda dovrebbe essere in contatto con lui». Ad Andrew
Thompson, sangue britannico, dello
Yorkshire per la precisione, moglie e figli
italiani («Luca, 6 anni, mi ha già chiesto
una maglietta romanista») e trascorsi da
baby tifoso del Leeds United, scintillano
gli occhi. Un futuro americano per l’As
Roma sarebbe il massimo per l’American
University of Rome.
«Sapevamo - dice Thompson - della
passione di DiBenedetto per lo sport e del
suo rapporto con i Boston Red Sox. Alla
luce dell’investimento non indifferente e
delle sue origini italiane, ci farebbe piacere conoscerlo. Magari potrebbe venire
anche ad assistere a qualche partita delle
nostre squadre». L’università ne ha due:
gli "Wolves" per gli uomini e le "She Wolves", per le ragazze in tacchetti e gonnella.
Thompson ha un’idea: «Si ventilava la
possibilità di offrigli una carica onoraria
del nostro ateneo. A maggior ragione, se
davvero venisse a vivere a Roma». Eh già,
sarebbe un dream, per i romanisti. Ma lo
sarebbe anche per questa università arrampicata su San Pietro. Sarebbe
l’american dream.