ApplausiaVerezzi perunaoriginale e divertente “Clizia”

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ApplausiaVerezzi perunaoriginale e divertente “Clizia”
SV
46 Primo Piano
LA STAMPA
GIOVEDÌ 26 LUGLIO 2012
Prima nazionale in piazzetta Sant’Agostino. Si replica oggi e domani
Applausi a Verezzi
per una originale
e divertente “Clizia”
La coppia Pambieri-Tanzi colpisce ancora
portando in scena la commedia di Machiavelli
Sul palco
SILVANO GODANI
BORGIO VEREZZI
E quando s’alza il vento…gli
scenografi tremano a Verezzi perché piazzetta Sant’Agostino, è una specie di piattaforma che si libra in una sorta di magico vuoto pneumatico attraversato dalle potenti
folate di libeccio-maestrale e
tramontana. O forse una zattera (come l’insolita scenografia della «Clizia» di Machiavelli in replica questa sera e domani alle 21,30 reinventata da Giacomo Zito e
capitanata dalla Premiata
Ditta «Beppe Pambieri/Lia
Tanzi» veterana protagonista del luogo con una decina
di presenze) sulla quale per
la 46^ volta il Festival rappresenta il gran Teatro del Mondo. Lo sciabordìo della risacca e lo stridore dei gabbiani
che aprono lo spettacolo su
una desolata «laguna paludosa» dove giace arenata una
grande chiatta alberata men-
tre delle vele rattoppate fungono da quinte essenziali, suggeriscono infatti un’atmosfera
avventurosa alla Kon-Tiki o il
barbaro mondo ricoperto dalle acque di «Waterworld» attraversato dal trimarano di
Kevin Costner.
E invece ecco emergere da
sotto un bigio lenzuolo il protagonista della commedia (Pambieri), un Nicòmaco d’oggi con
tanto di cravatta a righe (allentata) su una camicia bianca
(sbottonata), baffi e capelli grigi su un fisico ancora prestante. La zattera è, dunque, un
pretesto, una specie di isola
nella corrente della Storia, per
affermare quel che Machiavelli scriveva nel prologo: «se nel
mondo tornassino i medesimi
omini come tornano i medesimi casi, non passarebbono mai
cento anni che noi non ci trovassino un’altra volta insieme
a fare le medesime cose che
ora» e che, come ha autorizzato l’autore a riportare con «Cli-
zia» alla Firenze del ‘500 la vicenda della piccola trovatella
(la «Càsina» di Plauto derivata da Dìfilo) allevata nell’antica Atene da un gentiluomo
che poi se ne innamorò divenendo rivale del figliuolo, così
ha giustificato l’aggiornamento di tutta la storia a un clima
di attualità mantenendo sostanzialmente il nucleo narrativo, ma riscrivendo linguaggio e caratteri.
Nicòmaco allora (un Pambieri generosamente pirotecnico) diventa un contemporaneo
uomo di potere che dichiara
protervo «Quello che voglio io
lo prendo e basta», rovinato
dalla passione per la bella figliastra Clizia che lo ha «ringiovanito», consentendo facili
accostamenti ai vari papy, Noemi e Ruby. La moglie Sofronia, che organizza la grande
beffa della sostituzione di Clizia con il fattore Eustachio
«en travesti» nella notte
d’amore voluta dal marito, ne-
Giuseppe
Pambieri
protagonista
di «Clizia»
assieme
alla moglie
Lia Tanzi
gli abiti e nell’interpretazione
di Lia Tanzi è una volitiva e
graffiante «dark lady» che alla
fine pretende dal marito scornato la sua legittima porzione
di sesso, andando oltre la scrittura di Machiavelli. Così avviene anche con gli altri personaggi. Il figlio Cleandro, perenne bamboccione succube di
mammina, è un convincente
Geremia Longobardo, Eustachio, esilarante «gay» in versione finale sado-maso, porge
con maliziosa disinvoltura
doppi e tripli sensi nell’interpretazione di Fabrizio Apolloni, Pirro, sensibile solo al tornaconto economico, è un Lorenzo Alessandri un po’ coatto, Mirrina, recuperata da
Plauto invece di Sostrata, una
Gianna Coletti godibilmente
pettegola, e Doria, complice
serva di Sofronia, una Barbara Bovoli in colorita versione
stregonesca come catapultata
nella vicenda a fare da «deus
ex machina». Spettacolo applauditissimo che non «castigat ridendo mores» ma, un
po’, vellica una pericolosa
«pruderie».