Libia, le imprese italiane pronte per la

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Libia, le imprese italiane pronte per la
INTERNAZIONALIZZAZIONE
|
LIBIA
di Stefano
FabrizioCianciotta
Valico
Imprese
I rapporti tra l’Italia
e la Libia
4,5 miliardi di euro
l’interscambio con l’Italia nel 2011
2,6 miliardi di euro
il valore del petrolio importato
23% la quota di petrolio importata
dall’Italia
82 le imprese consorziate nello
Sme Task Force Nord Est
Infrastrutture ed Oil & Gas
300 i miliardi
da investire entro il 2022
45 miliardi di barili di riserve
petrolifere
77 milioni di tonnellate di petrolio
prodotto ogni anno
70%
la quota del Pil garantita
da petrolio e gas
Le imprese italiane per la ricostruzione
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el lungo termine la ricostruzione della nuova
Libia è un business che si preannuncia davvero colossale. 300 miliardi di dollari saranno investiti
dal nuovo governo nei prossimi dieci/quindici anni,
per dotare il Paese di nuove infrastrutture, ospedali,
porti ma anche per portare a termine i grandi progetti trascurati da Gheddafi, come la rete fognaria
ed elettrica di Tripoli. Una straordinaria opportunità
per le imprese italiane, quindi, che non ha eguali in
tutto il bacino del Mediterraneo. Ad un anno dalla
morte del raìs, la ricostruzione sembra tuttavia
ferma. Ci sono aspetti incoraggianti, come i mezzi finanziari di cui dispone la Libia. La comunità
internazionale, infatti, sta provvedendo a scongelare parte degli asset che l’entourage di Gheddafi
deteneva altrove, pari a circa 120-150 miliardi di
dollari. Alcune decine di miliardi dovrebbero essere
presto a disposizione del nuovo esecutivo, guidato da
Ali Zeidan, che ha ottenuto la fiducia del Parlamento
solo alla fine di ottobre. Senza contare i grandi pro-
venti dell’energia, con la produzione petrolifera che
sta crescendo ben oltre le aspettative. La Libia, una
volta che si stabilizzerà davvero la situazione con la
deposizione delle armi da parte dei più potenti gruppi
di ribelli, soprattutto gli Zintani e quelli di Misurata,
può cominciare a realizzare una importante ripresa,
anche se il problema principale che si pone alle istituzioni da poco al governo è la mancanza cronica di
una classe dirigente in grado di gestire efficientemente la macchina statale. Il regime di Gheddafi, che ha
governato il paese per 40 anni in modo totalmente
personalistico e senza un apparato statale definito
costituzionalmente, ha infatti impedito la creazione
di una amministrazione e di una magistratura in grado di far fronte alle esigenze di uno stato moderno.
LE RISORSE ENERGETICHE
La Libia è membro dell’Opec e il maggiore produttore africano di petrolio. A gennaio 2011, poco
prima dell’inizio della rivolta, la produzione libica
veniva stimata in 1,69 milioni di barili al giorno.
Con un consumo interno piuttosto limitato (270
mila barili al giorno per una popolazione di 6,35
milioni di abitanti), la Libia poteva contare sulla
rendita derivante dall’esportazione di circa 1,5 milioni di barili al giorno. Secondo le stime più recenti,
la produzione e le esportazioni libiche stanno gradualmente ritornando ai livelli pre-conflitto. Anche
le destinazioni del greggio libico non sembrano aver
subito finora particolari cambiamenti. Il principale
destinatario è l’Italia (Eni è il maggiore operatore
straniero presente in Libia), che importa dalla
Libia circa 376 mila barili giornalieri, mentre
in seconda posizione, ma di molto distaccata,
c’è la Francia con 205 mila barili giornalieri. Seguono poi tra gli importatori di petrolio libico
la Cina (150 mila b/l), Germania (144 mila b/g)
e Spagna (136 mila b/g). Per i paesi importatori
il venir meno della produzione libica durante la
guerra civile del 2011 ha determinato danni pesanti
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sul piano dell’aumento dei prezzi, anche a causa
dell’aumento dei costi di raffinazione dovuto alla
bassa qualità del petrolio che è andato a sostituire
quello libico, il quale è qualitativamente tra i più
leggeri e quindi tra i migliori del mondo. Le riserve
stimate del paese sono notevoli e ancora in parte
inesplorate. La BP Statistical Energy Survey, infatti,
ha valutato a fine 2010 che la Libia può contare su
46.442 miliardi di barili di riserve provate, equivalenti a circa 76 anni di produzione al ritmo attuale.
La gran parte di queste riserve si trova nell’est del
paese ed è al centro della disputa sull’autonomia
della Cirenaica che sta infiammando la politica libica dai primi mesi del 2012.
Notevole, anche se non paragonabile alla produzione petrolifera, è anche la produzione di gas naturale. La Libia è infatti in grado di produrre circa 15
miliardi di metri cubi di gas all’anno, un terzo
dei quali è per uso interno, mentre i restanti due
terzi vengono esportati verso Italia (26 milioni
di metri cubi al giorno attraverso il gasdotto Greenstream) e Spagna (che importa 1,5 milioni di
metri cubi giornalieri trasportato via mare sotto
forma di gas liquido).
LA LIBIA è uno dei più grandi esportatori di petrolio in tutto il mondo. Possiede riserve per oltre 45 miliardi di
barili producendo 77 milioni di tonnellate di petrolio all’anno ed esportando 1,33 milioni di barili al giorno.
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LA CRESCITA ECONOMICA, prevista in rimbalzo dopo la contrazione del 2011 (-28%), dovrebbe attestarsi nel 2012
a +28.8%, per poi stabilizzarsi su un trend positivo intorno al 10% per i prossimi 4-5 anni.
IL NUOVO CANTIERE
Nel bacino del Mediterraneo
la Libia sarà il Paese che
investirà maggiori risorse per
realizzare nuove infrastrutture,
ospedali, porti, e anche opere di
urbanizzazione primaria. Ad un
anno dalla morte di Gheddafi, e
con l’avvento del nuovo governo,
la ricostruzione tuttavia è ferma,
a causa di una situazione politica
ancora instabile. L’Italia è da
sempre partner privilegiato della
ex colonia e, nonostante la crisi
politica in atto, sono in molte le
imprese che hanno scelto
di tornare a operare in Libia, dove
l’Eni è il primo player nel settore
dell’Oil & Gas, mentre la Russia
e la Cina sembrano almeno per
il momento tagliate fuori dagli
investimenti, gestiti dal sistema
delle alleanze della Nato.
RICOSTRUZIONE
LE IMPRESE DEL NORD-EST
SI CONSORZIANO
Sme Task Force per la Libia è un Consorzio composto da
82 medie imprese del Nordest italiano, il cui presidente,
Arduino Paniccia, veneziano, è docente di strategie internazionali e consulente Nato. I settori rappresentati nella task
force sono quelli strategici per partecipare alla ricostruzione
della Libia: costruzioni, engineering, impiantistica, sistemi e
logistica, progettazione, ma anche forniture ospedaliere e
catering. Tra le imprese presenti c’è la Guerrato di Rovigo,
che realizza opere civili, impianti tecnologici, ricerca e sviluppo di energie alternative, ed è operativa dal 2009 anche in
Iraq, attraverso Zonakara Energy Investments, con il compito di fornire le soluzioni nel campo delle infrastrutture e
dell’energia. E ancora Favero e Milan, società veneziana di
ingegneria e progettazione che ha realizzato la pala eolica
dell’architetto Renzo Piano, esempio di generatore eolico a
elevata efficienza e ridotto impatto ambientale. Dell’elenco
fa parte anche la padovana Prisma Engineering, che già nel
2010 era stata scelta per la realizzazione del General Hospital ad Az Zintan City, nel nord ovest della Libia. Nella task
force è stata coinvolto anche lo Iuav di Venezia. Sme Task
Force, il gruppo industriale libico El Dawlia attraverso la sua
consociata El Dawlia Italia e la tradizionale esperienza della
Camera di Commercio Italo-libica hanno dato vita all’Apil,
Associazione Progetto Italia Libia, presentata a Roma alla
fine di ottobre. Di recente, infine, è stato costituito un analogo Consorzio anche in Abruzzo. VivaLybia aggrega nove
imprese di costruzione, che operano nelle realizzazione di
infrastrutture, nei settori impiantistica, serramenti, dragaggi,
restauro e arredo giardino.
IL PESO DELLE IMPRESE ITALIANE
Per ragioni storiche e interessi economici ed energetici l’Italia è stato un partner privilegiato della Libia
negli ultimi quarant’anni. La sicurezza degli approvvigionamenti di petrolio e gas dalla Libia costituisce
una componente fondamentale delle relazioni bilaterali e l’Eni ha una presenza consolidata nel paese.
Nel 2010 il paese nordafricano è stato il principale
fornitore di petrolio dell’Italia – 18 milioni di tonnellate, pari al 23% delle forniture totali (Fonte
Unione petrolifera) – che allo stesso tempo ha importato 9,4 miliardi di metri cubi di gas attraverso
il Greenstream, il gasdotto sottomarino che collega dal 2004 la costa libica, a Mellitah dove l’Eni
gestisce uno degli impianti più importanti, a Gela,
in Sicilia. Negli ultimi decenni le relazioni econo-
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Mario Ciaccia
viceministro alle
Infrastrutture
«Il Pil della Libia era di
circa 82 miliardi di euro
prima della guerra, e
secondo le previsioni
dovrebbe salire ad almeno 140 miliardi
nel 2016. Ma soprattutto le intenzioni
della nuova dirigenza libica sono quelle di
sviluppare un settore produttivo non Oil &
Gas, che prima praticamente non esisteva»
Marco Danieli
presidente
El Dawlia Italia
«La Libia considera
storicamente l’Italia un
partner fondamentale.
Il nostro obiettivo,
attraverso il Progetto Italia-Libia che è stato
promosso di recente, è quello di instaurare
un legame esclusivo con l’Italia, che gode
di grande ammirazione sia tra gli operatori
economici che tra la popolazione comune».
INTERSCAMBIO COMMERCIALE DELL’ITALIA CON LA LIBIA (IN MILIONI DI EURO)
Import
Export
Saldo
Interscambio
2007
14.005
1.639
-12.366
15.643
2008
17.390
2.639
-14.752
20.029
2009
10.561
2.451
-7.705
12.607
2010
12.277
2.702
-9.575
14.979
2011
3.972
613
-3.359
4.585
Fonte Ice
L’Italia è il principale partner della Libia, sebbene nel 2011 l’interscambio abbia subito una notevole contrazione
(-69,6%), a causa delle vicende belliche. Nel 2011 l’Italia è stato il primo destinatario dell’export libico (circa 4
miliardi di euro) e il terzo paese esportatore (613 milioni). Il greggio ha coperto circa il 73% (pari a 2,6 miliardi)
delle importazioni italiane, seguito dal gas (15,8%) e dai prodotti derivati dalla raffinazione.
miche e commerciali sono rimaste solide e costanti anche nelle fasi di tensione a livello politico. Nel
periodo dell’isolamento internazionale (fine anni
Ottanta, anni Novanta) della Libia oggetto di sanzioni da parte dell’Onu, l’Italia è stato l’unico riferimento in Occidente per Tripoli. Le aziende italiane si sono aggiudicate importanti contratti per
la costruzione di infrastrutture, consolidando in
tal modo il ruolo italiano nell’economia libica. La
firma nel 2008 del Trattato di amicizia italo-libico
tra l’allora premier Silvio Berlusconi e il colonnello Gheddafi, che ha messo fine alla disputa sul
passato coloniale, è stata vista come il suggello
della partnership speciale tra i due paesi, aprendo
la strada a una cooperazione più ampia e stabile
anche in materia di flussi migratori. Le imprese
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italiane possono, quindi, giocare ancora un ruolo di
primo piano, ma non devono perdere tempo. Non a
caso in questi mesi una parte dell’esecutivo ha partecipato in diverse occasioni a visite ufficiali in Libia,
a cominciare dal premier Monti, che ha ribadito la
volontà dell’Italia di continuare a collaborare con il
nuovo governo libico. La lotta per aggiudicarsi gli
appalti, tuttavia, sarà serrata, e si stanno affacciando nuovi competitors: Emirati Arabi, Qatar, Libano, Egitto e soprattutto la Turchia. Dieci aziende
britanniche del settore infrastrutture, inoltre, sono
già arrivate in Libia per firmare importanti contratti. Anche i francesi, che hanno lavorato molto
sul fronte dell’intelligence militare, si stanno rafforzando, forti degli appoggi della Nato. Le ultime
notizie confermano che del valore totale dei lavori di
«Il nuovo asse tra
soggetti libici e piccole
medie imprese italiane,
APIL, ha l’obiettivo di
riprendere le operazioni
di ricostruzione in Libia non solo nei settori
chiave del gas e del petrolio, ma anche
nelle infrastrutture e nelle opere civili, per
promuovere il modello di business italiano
basato sul sistema delle Pmi».
«La produzione di Eni in
Libia ha già raggiunto
i 200mila barili di olio
equivalente al giorno,
che diventeranno
300mila entro il 2013. Nel terzo trimestre
del 2012 Eni ha conseguito ottimi
risultati proprio grazie alla crescita della
produzione, sostenuta dal continuo
miglioramento delle attività in Libia».
ricostruzione in Libia il 30-35% sia già stato assegnato alla Francia, il blocco Gran Bretagna-Qatar-Emirati è destinatario di un ulteriore 30% e il rimanente
30% sarà suddiviso tra Turchia, Italia e Usa (prevedibile un 10% ciascuno). Nel grande business c’è
però chi parte svantaggiato: la Russia, e soprattutto
la Cina, i cui enormi progetti edilizi rischiano di rimanere cattedrali nel deserto. Il vuoto lasciato da
loro sarà probabilmente riempito dalla Turchia, le cui
imprese nell’ultimo biennio sono state in Europa
quelle che hanno fatto registrare un aumento di fatturato più alto. I settori più alla portata delle aziende italiane sarebbero l’edilizia di servizio (come
ospedali e impianti di trattamento delle acque) e
sul breve termine soprattutto l’agro-alimentare, la
meccanica, e i materiali da costruzione. Diverse
imprese italiane sono già tornate in Libia, come Salini, che nel 2010 ha firmato tre contratti per circa
400 milioni di euro, tra cui il ripristino delle piste
dell’aeroporto di Kufra e la costruzione delle due
nuove piste dell’aeroporto internazionale di Tripoli;
il gruppo vicentino Maltauro, presente dal ‘76, ha
in corso progetti edilizi ma figura anche nel consorzio che si è aggiudicato la prima tratta dell’autostrada Egitto-Libia-Tunisia, progetto inserito nel Trattato
di amicizia Italia-Libia del 2008. Lo scorso anno Maltauro aveva in fase di avanzata progettazione la co-
struzione di un complesso universitario a Tripoli, del
valore di 180 milioni di euro. Bonatti, general contractor in Libia da oltre 30 anni, è tornato a operare
presso i principali centri di greggio e gas per conto
di compagnie petrolifere internazionali e nazionali,
ma è attivo anche nelle costruzioni civili. Nel settore energetico, inoltre l’Eni dovrebbe consolidare la
sua posizione di primo operatore. Addirittura due
sono i consorzi costituiti da imprese del nord: uno
promosso da Trentino Export, ente strumentale della Regione che si occupa di individuare nuovi mercati, e Sme Task Force, che ha messo insieme circa
cento imprese venete. Una conferma della pole position delle imprese italiane e turche nella ricostruzione viene anche dalla partecipazione dei due Paesi alla Libya Build Expo 2012. La fiera, aperta solo
ai visitatori professionali, è la più grande manifestazione internazionale specializzata nei settori dell’edilizia e delle costruzioni della nuova Libia ed è
stata inaugurata il 20 maggio a Tripoli. L’Italia è stato di gran lunga il Paese più rappresentato, con 131
espositori, anche se non hanno partecipato le imprese del sistema Ance, che hanno preferito attendere
le elezioni previste per il 23 giugno. Al secondo posto la Turchia con 90 imprese e al terzo la Francia,
rappresentata da 41 aziende.
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1. METILLAH, impianto petrolifero Eni.
L’Eni ha storicamente giocato un ruolo
importante nel paese grazie alla sua
tecnologia e know-how necessari al pieno
funzionamento degli impianti di estrazione
e trasporto di greggio e gas.
2. MISURATA. L’impianto di trattamento
delle acque in fase di realizzazione a opera di
Ferretti International.
3. TRA LE IMPRESE ITALIANE che ha scelto di
tornare in Libia vi è anche la friulana Danieli,
i cui lavori per l’impianto di produzione di
lamine a Misurata, interrotti da oltre un anno,
sono ricominciati da poche settimane.
TORNARE IN LIBIA | LA SCELTA
DI FERRETTI INTERNATIONAL
Attiva in Libia dal 2008, grazie anche al contributo Simest, Ferretti International, general contractor di Bergamo, è stata tra le prime imprese a lasciare la Libia
allo scoppio della rivoluzione.
Ad un anno dalla morte di Gheddafi Ferretti ha deciso
di tornare nel paese africano dove stava realizzando
importanti infrastrutture.
Ingegner Ferretti, cosa è cambiato per la vostra impresa
tra il prima e il dopo Gheddafi?
La situazione attuale e contingente impone alle imprese italiane di sviluppare il proprio business all’interno di
paesi emergenti, i quali contrappongono a un’elevata
potenzialità un certo livello di rischio, che deve essere
adeguatamente valutato. Da qui sorge la necessità di
diversificare il proprio business, sia in termini di mercati
presidiati sia per quanto concerne i servizi offerti. Ferretti International ha adottato un approccio lungimirante agendo in questa direzione, al fine di rafforzare
una progressiva tendenza di diversificazione volta alla
diminuzione del livello di rischio.
Entro quanto tempo la situazione potrà normalizzarsi?
Siamo fiduciosi riguardo a una rapida ripresa dei lavori e degli investimenti poiché i segnali che riceviamo
procedono in questa direzione; l’interesse primario di
Ferretti International è di ribadire e rafforzare la propria
presenza in Libia in quanto il mercato libico presenta
interessanti opportunità di crescita e si presta a essere
oggetto di investimenti di notevoli dimensioni di prossima concretizzazione.
Il governo di transizione ha avuto nella gestione dell’emergenza umanitaria e nella ripartenza del comparto
petrolifero le sue immediate priorità. Quale spazio potrà esserci adesso per le imprese italiane?
Vi sono due elementi fondamentali da tenere in considerazione per valutare lo spazio di mercato in cui potranno concorrere le imprese italiane: innanzitutto, le
capacità e il valore aggiunto offerti dalle aziende che,
adeguatamente supportate dalle istituzioni italiane, saranno in grado di mettere in luce tutta la propria competitività nei rispettivi settori di appartenenza. D’altro
canto, è evidente che la stabilizzazione della situazione
politica e il tempo richiesto per il completamento di
tale processo influisce sulla possibilità e potenzialità
operativa nel territorio libico. Importanti opportunità
saranno destinate alle imprese in grado di proporsi in
veste di General Contractor agli interlocutori locali,
offrendo competenze integrate che spaziano dal value engineering a spiccate capacità di management.
Cosa vi ha convinto a tornare in Libia?
La nostra strategia prosegue nella direzione di una rinnovata e mai sopita fiducia nel mercato libico, in cui
beneficiamo di una conoscenza ed esperienza pregressa che ci ha condotti all’acquisizione di diversi contratti
e a una presenza stabile a livello organizzativo. Parte
del nostro team è operativa in loco da parecchi mesi
con l’obiettivo di ultimare i lavori in progress e sviluppare ulteriori opportunità. La validità dei progetti già
eseguiti e la solida collaborazione con il nostro partner
libico si sono concretizzate in un rinnovato rapporto
di fiducia con le autorità locali, pertanto la nostra si
conferma una strategia organizzativa e strutturale a
lungo termine nel mercato libico.
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Paolo Scaroni
ad Eni
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Arduino Paniccia
presidente Apil