la sinestesia in psicoterapia

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la sinestesia in psicoterapia
Segundo Congreso Internacional “Sinestesia, Ciencia y Arte”
28 abril - 2 majo 2007, Granada, Espana
LA SINESTESIA IN PSICOTERAPIA
L’utilizzo del Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo: Metafore e Restituzioni disegnate.
Dr. Gloria Bova
Psicologo Psicoterapeuta Sistemico Relazionale. Responsabile scientifico e didattico della EuKos “Società per la
Ricerca e lo Sviluppo delle Scienze Psicologiche”, Milano, Italia
ABSTRACT
Il linguaggio della psicoterapia è prevalentemente basato sulla parola. Parola parlata e ascoltata, tra paziente e terapeuta.
L’ingresso della sinestesia in psicoterapia, apre le porte ad una comunicazione che attiva simultaneamente più canali
sensoriali del paziente (uditivo e visivo) aumentando l’impatto del messaggio terapeutico e portando ad un veloce,
consapevole e duraturo cambiamento terapeutico. Il Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo suffragato oggi da conoscenze
neurofisiologiche è il segno che accompagna la parola, è una comunicazione verbale rafforzata dall'uso dello strumento
grafico-visivo utilizzato come rappresentante simbolico, secondo quanto osservato nel Fenomeno dell’interferenza dei
canali percettivi. E’ un linguaggio che, sfruttando modalità sensoriali universali di conoscenza e, quindi, di cambiamento,
parla attraverso Metafore e Restituzioni Disegnate (dal terapeuta), con Protocolli Grafici ripetibili e generalizzabili, e che
produce un Insight Sinestesico (o Somatosensoriale o Verbo-Visivo), che comprende in sé, sia l’insight intellettivo che
l’insight emozionale. Applicato con metodo nel colloquio psicoterapeutico apre a nuovi orizzonti comunicativi e favorisce
la comprensione immediata di meccanismi e dinamiche disfunzionali, velocizza il recupero della consapevolezza di se
stessi e della propria storia, passata e futura.
Key words: psicoterapia, sinestesia, rappresentazione grafica, Insight, cambiamento.
Introduzione
Questa introduzione presenta un lavoro di
ricerca clinica che ha portato la sinestesia dentro la
psicoterapia. Fare psicoterapia con la marcia in più
della sinestesia ha portato a modificare il linguaggio
terapeutico con risultati eccellenti.
Posso affermare che, ciò che per la
medicina è una patologia, per la psicoterapia è una
opportunità. Opportunità che va sapientemente
sfruttata fino in fondo.
Cosa significa la sinestesia in psicoterapia?
Per spiegarlo, illustro lo scenario di un consueto
colloquio psicoterapeutico: c’è un terapeuta, c’è un
paziente (una singola persona se è una terapia
individuale, una coppia se è una terapia di coppia,
una famiglia se è una terapia di famiglia. Insomma,
può anche essere molto affollato questo setting!).
Ora, terapeuta e paziente comunicano attraverso la
parola. Il paziente si racconta, il terapeuta ascolta.
A seconda dei vari modelli psicoterapeutici
il terapeuta può parlare poco o molto. Il terapeuta
conduce il gioco, dà e toglie la parola, parla per fare
domande (aiutandosi magari con delle metafore),
ma soprattutto parla per dare delle spiegazioni
psicologiche e per fare delle restituzioni su quanto
visto e ascoltato, col fine di portare il paziente ad un
cambiamento terapeutico (sempre in risposta alla
sua domanda d’aiuto).
Quindi, questo è lo scenario: due persone,
due ruoli, che si ascoltano e si parlano.
In questo Congresso si tratta di sinestesia,
sinestesia applicata alle più svariate forme
dell’espressione umana. Io cercherò di spiegare il
processo che ha fatto entrare la sinestesia nel
dialogo terapeutico trasformandolo in Linguaggio
Sinestesico Verbo-Visivo.
Sono una psicologa-psicoterapeuta che
proviene dal mondo della medicina (per i miei primi
studi) e dal mondo dell’arte (la musica, con un
diploma di Conservatorio in Canto, la danza, la
grafica, la fotografia, il disegno, ecc), ho studiato a
Buenos Aires in Argentina di tecniche psicocorporee, e poi tanto altro. Alla fine di questo lungo
percorso mi sono ritrovata come psicoterapeuta in
un setting psicoterapeutico… seduta! Più che
seduta, bloccata su una sedia (e magari anche
scomoda) a dialogare con una persona, seduta a sua
volta di fronte a me, che vomitava valanghe di
parole scomposte e silenzi... vedevo tutte le sue
emozioni cadere sul pavimento, volare nell’aria in
cerca di pace. Ed io mi vedevo lì, bloccata su una
sedia con a disposizione ancora parole, parole,
parole. Troppo poco. Troppo poco per me, e troppo
poco per il paziente.
Il bisogno di essere me stessa, di non
perdere dei pezzi preziosi di me che sono creatività,
movimento, gioia, sintesi, velocità di connessione,
velocità di soluzione, insomma, non mi è mai
piaciuto girare intorno alle cose, non mi è mai
piaciuto perdere tempo, raccontarmela. Mi è sempre
piaciuto cercare la verità vera nascosta dietro
l’apparire. Come un cane da tartufo il mio naso ha
sempre cercato di vedere oltre risalendo alla verità
dietro le cose, all’autenticità.
Così, vedevo tutte queste emozioni, eventi,
domande, ignoranza, cattiveria, sofferenza, danzare
intorno a me nell’aria e spesso pericolose come
lame taglienti. Zampate taglienti o vomiti
invischianti da schivare come in uno slalom, a volte
dolce, a volte estremo. Tutte cose che venivano
vomitate da quelle bocche, e dietro di esse menti
vuote, in tilt, e bambini, tanti bambini dietro quei
volti di adulti, e cuori bloccati dalla paura di antichi
dolori. Avevo di fronte una persona che si era
decisamente persa, che aveva perso il fine della sua
vita e non sapeva ritrovare la strada per tornare al
sé, a casa.
La confusione di quella danza scomposta
nell’aria era anche nella sua mente. Come rimettere
ordine? Ci voleva qualcosa che senza aggiungere
altre parole potesse istantaneamente rimettere le
cose a posto dentro quella mente confusa. Quindi,
per prima cosa, era necessario individuare il centro
del caos, l’occhio del ciclone, e poi schiacciare il
bottone proprio lì e tutti gli oggetti nell’aria
avrebbero trovato il loro corretto movimento, la
bellezza dell’armonia della danza della vita e della
conoscenza. Ovvio che anche al paziente toccava
fare la sua parte e così fu chiaro che se la sua danza
avrebbe oltrepassato il punto di non-ritorno facendo
scomparire il danzatore, nessuna bacchetta avrebbe
potuto restituire ordine al suo caos.
Dalla neurofisiologia sappiamo che la
conoscenza del mondo e di se stessi è uno scambio
tra la persona ed il mondo e che questo scambio
avviene attraverso la percezione somato-sensoriale,
esterocettiva e propriocettiva.
Ogni forma di conoscenza quindi non può
prescindere la materia, e solo attraverso di essa può
avvenire. Ed infatti, senza il nostro corpo materiale
noi smettiamo di esistere. Anche se il nostro corpo è
in stato vegetativo e la nostra percezione è assente o
ridotta, noi veniamo comunque percepiti dal mondo
e qualcosa in cambio la diamo sempre, anche solo
riempire il vuoto di chi non vuole perderci o dare
senso al lavoro di chi si occupa di noi… quindi, il
mondo ci vede e comunica con noi cercando di
interpretare i nostri bisogni e soddisfarli.
In tutti gli altri casi, noi comunichiamo
attivamente col mondo attraverso i nostri canali
percettivi: visivo, uditivo, olfattivo, tattile, gustativo
e cinestesico. Il 70-80% della popolazione umana
usa il canale visivo come via sensoriale
preferenziale, il resto è quasi tutto uditivo (ma anche
chi ha come via preferenziale gli altri ha comunque
contemporaneamente in funzione il canale visivo).
Quindi, il visivo è attivo sempre, per chi vede,
ovviamente. Nei non vedenti l’equilibrio è
naturalmente spostato sul tattile.
In un dialogo psicoterapeutico, usando il
verbale, tutto è sbilanciato sull’uditivo, tranne quella
piccola ma importante parte legata al non verbale.
Qualcosa quindi non torna.
Una persona è lì a cercare soluzioni per la
cosa più importante della sua vita e ha a
disposizione
una
comunicazione
monca,
handicappata. Sarebbe come voler convogliare
l’acqua del mare in un piccolo canale o il traffico
dell’esodo estivo in una piccola strada di campagna.
L’esito non può essere che l’ingorgo. Bisognava
rimettere ordine, riportare il primato del messaggio
al visivo. Un visivo capace di oltrepassare le
barriere difensive di una mente intrappolata, di
portare ad una comprensione immediata, alla
riscoperta della propria potenzialità ancora integra e
alla fiducia in sé e nella vita.
Nascono dalla penna del terapeuta le
immagini, le metafore disegnate. Prendono forma i
Protocolli Grafici Terapeutici, generalizzabili e
ripetibili.
Ogni grafico rappresenta uno specifico
quadro clinico, sintomo o dinamica disfunzionale.
È una rivoluzione. La comprensione è
immediata. La danza scomposta e caotica si ferma.
Per un attimo tutto resta sospeso nell’aria, nel
silenzio dello stupore, di una fonte oscurata che
finalmente riceve la luce… è l’Insight! Sono di
fronte a un nuovo insight, l’Insight Sinestesico o
somatosensoriale o verbo-visivo. Ripetibile,
generalizzabile e verificabile! Un insight che
contiene in sé sia l’Insight affettivo che l’Insight
cognitivo. Assisto. Osservo. Lentamente la danza
riprende con timida compattezza. È iniziata una
nuova vita. Una primavera che fa germogliare
potenzialità assopite sotto i ghiacci dell’inverno e le
coltri del buio. Che meraviglia!
In questa breve introduzione, ho preferito
comunicare emozioni, lasciando al seguito le
spiegazioni tecniche e teoriche. Da questo lavoro è
nata una Società di Ricerca e Sviluppo che è
provider organizzatore di corsi E.C.M. al Ministero
della Salute, che ha fatto corsi di formazione ai quali
2
hanno partecipato centinaia di psicoterapeuti, medici
e psicologi. È nato un gruppo di lavoro con otto
professionisti. È in preparazione un libro che spero
di pubblicare entro la prima metà del 2008. Volevo
comunicare la poesia della sinestesia in psicoterapia,
spero di esserci riuscita.
Teoria e Prassi
significato essenziale. Era necessario rendere
comprensibili, nell’immediatezza della percezione
visiva, concetti psicodiagnostici e psicoterapeutici
difficili e complessi, con l’obiettivo di un
cambiamento consapevole e duraturo. Nasce così
dalla penna dell’autrice il Linguaggio Sinestesico
Verbo-Visivo applicato alla psicoterapia, dove il
segno grafico è utilizzato come rappresentante
simbolico attraverso delle Metafore e Restituzioni
Psicologiche disegnate estemporaneamente dal
terapeuta nell’immediato della seduta in specifici
momenti del dialogo terapeutico.
Questa modalità di comunicazione è stata
ideata e perfezionata all'interno del percorso di
costruzione e sperimentazione del Progetto M.I.C.
(Modello Integrato Conservativo) a Base SistemicoRelazionale2, da cui si è sviluppato un nuovo
modello di psicoterapia, la Psicoterapia Sinestesica3
che utilizza nella sua prassi: i protocolli grafici del
Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo4 (disegnati
dallo psicoterapeuta), i due test grafici del Metodo
del Genogramma5 (disegnati dal paziente) e
l’elaborazione, cognitiva ed affettiva, delle
visualizzazioni della proiezione immaginativa del
Laboratorio Mentale 6.
Il Linguaggio Sinestesico verbo-visivo è il
segno che accompagna la parola, è una
comunicazione verbale rafforzata dall'uso dello
strumento
grafico-visivo
utilizzato
come
rappresentante simbolico secondo quanto osservato
nel fenomeno dell’interferenza dei canali percettivi7.
Fenomeno ora dimostrato nei suoi aspetti
neurofisiologici dalle recenti ricerche di V. S.
Elaborando la Fenomenologia della
Percezione di Merleau-Ponty (1945), M.
Armezzani1 auspica la necessità, per le scienze
psicologiche, di riscoprire il mondo della vita,
riscoprire il significato reale dell’esperienza
percettiva, per approdare ad un totale ripensamento
della corporeità, della spazialità, della temporalità,
del linguaggio e della comunicazione, proprio
partendo dall’esperienza vissuta.
Infatti, è proprio partendo dall’esperienza
direttamente vissuta nello spazio dell’incontro
terapeutico paziente-psicoterapeuta, che sono andata
a cercare quei nuovi “oggetti” (ivi, p.136) dove
corpo, mente, sentimento, emozione, percezione,
memoria,
comprensione,
apprendimento,
esperienza, cambiamento, sofferenza, autenticità,
crescita, autonomia, identità, realizzazione, terapia,
vita, individuo, relazione, famiglia, collettività,
potessero acquisire un senso ed essere tessuti
insieme, maneggiati con disinvoltura, così come fa
il gioielliere quando raccogliendo le perle sparse di
una collana, le infila una ad una, ricomponendola.
Ciascuno ha già le proprie perle, in genere quel che
manca è il filo. Il filo altro non è che il linguaggio.
Un linguaggio capace di riscoprire e muovere
l’arcaico, ricostruendo il senso di una storia e
restituendo al suo soggetto, la competenza e la
padronanza di sé e della propria vita.
Il linguaggio della psicoterapia è
prevalentemente e storicamente basato sulla parola.
Parola parlata e ascoltata, vicendevolmente da
paziente e terapeuta. Il non-verbale, pure se
presente, resta sullo sfondo di una comunicazione
dialogica che attiva principalmente il canale
sensoriale verbo-uditivo. L’ingresso della sinestesia
in psicoterapia, apre le porte ad una complessità
comunicazionale, dove un input complesso, attiva
simultaneamente più canali sensoriali del paziente
(uditivo e visivo), aumentando l’impatto del
messaggio terapeutico e portando ad un veloce,
consapevole e duraturo cambiamento terapeutico.
Ovviamente, la via principe alla complessificazione
sinestesica del messaggio non poteva che essere
l’apertura alla comunicazione visiva, con
l’elaborazione di un linguaggio complesso dal punto
di vista della percezione sensoriale, ma
estremamente semplice e comprensibile nel suo
1
Maria Armezzani, (2002), Esperienza e significato nelle scienze
psicologiche, Editori Laterza (pp.134-135).
2
Proposta di modello teorico presentato dall’autrice al II Congresso
degli Psicologi Italiani, organizzato dal C.N.O.P. (Consiglio Nazionale
dell’Ordine degli Psicologi), Relazione: Integrazione dei modelli teorici
nell’intervento clinico, Tavola Rotonda L’identità e la costruzione di
una Epistemologia Comune, Roma, maggio 2004.
3
Ideata e sperimentata dall’autrice. Attualmente la fase di
sperimentazione del modello è allargata al gruppo di collaboratori del
Laboratorio di Ricerca della EuKos di Milano. In sintesi, è una
Psicoterapia Sinestesica a Base Sistemico-Relazionale, integrata con
diversi principi Psicodinamici (i principali autori di riferimento sono:
S.Freud, C.G.Jung, A.Freud, M.Klein, C.Rogers, ecc).
4
I protocolli grafici, propri del Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo.
5
Metodo grafico-proiettivo della composizione della famiglia, elaborato
dall’autrice, già pubblicato e divulgato attraverso corsi di formazione
accreditati dal Ministero della Salute. Comprende le due
rappresentazioni grafiche del “Test dello stato dell’arte” (da dove siamo
partiti) e del “Test di valutazione del cambiamento in psicoterapia”
(dove siamo arrivati).
6
Tecnica immaginativa elaborata dall’autrice, ancora inedita, che
permette di “materializzare”, attraverso la visualizzazione guidata su di
un immaginario schermo mentale, il dialogo risolutivo tra le diverse
parti del sé.
7
In Arcuri, L., Castelli, L. (1996), La trasmissione di pensieri, ed.
Zanichelli, (p.187).
3
Ramachandran8 dell’Università di San Diego in
California. Ramachandran definisce sinestesia la
percettività sinergica di più modalità sensoriali
sottolineando l’universalità di tali processi e la loro
importanza nella elaborazione del pensiero
metaforico. Con questo, Ramachandran apre ad
applicazioni multidisciplinari e multisettoriali.
Con una battuta, potremmo affermare: ciò
che per la medicina è una patologia, per la
psicoterapia diventa una opportunità. Questa
affermazione è suffragata sinteticamente dalle
seguenti osservazioni e connessioni. La capacità di
rappresentazione grafico-simbolica è presente
nell’intera storia dell’umanità e in ogni sua forma di
espressione9, dall’arte alla matematica (anche i
numeri, in definitiva, sono rappresentazioni graficosimboliche di concetti quantitativi, così come le
notazioni musicali lo sono dei suoni, ecc.). Anche il
passaggio all’uso congiunto di più modalità
espressive, e quindi percettive, lo si ritrova
spontaneamente nella storia evolutiva dell’umanità
ed è antecedente alla diffusione della scrittura.
Infatti, nella nostra cultura orale, il tramandare
storia e saggezza popolare era affidato ai racconti
illustrati dei cantastorie (la stessa modalità
sinestesica la si ritrova oggi in alcuni filmati
pubblicitari10). Nell’educazione dei bambini alla
lettura ben si ravvisa questo passaggio evolutivo con
le immagini che lasciano sempre più spazio alla
parola scritta (che si trasforma comunque in suono,
nella lettura silente) fino a scomparire. Ma anche
dopo si conserva la primaria tendenza all’immagine
nell’apprendimento o memoria visiva.
Come ben ci mostra la neurofisiologia, la
sinestesia è inscritta nella complessità della struttura
cerebrale ed è quell’arcaico che con il linguaggio
verbo-visivo si va a risvegliare. Già nell’antichità
Aristotele, pur non suffragato dalle attuali
conoscenze
neurofisiologiche,
intuitivamente
affermava che la conoscenza, a cui tutti gli uomini
aspirano, passa attraverso le percezioni reiterate e
memorizzate, prime tra tutte l’udito e la vista, e
questa più dell’altra. Egli vedeva nella capacità
percettiva dell’uomo la base dell’immaginazione,
base di quelle immagini mentali che mai mentono,
perché i sensi non sbagliano mai (l’uomo moderno
si è talmente distanziato dalla propria percezione
corporea che non riesce più ad ascoltare messaggi
così arcaici. La successiva separazione corpo-mente
ci ha lasciato il suo segno in eredità). Altresì
affermava la necessità per la scienza di esprimersi
attraverso il linguaggio, e precisamente in discorsi.
Il linguaggio sinestesico verbo-visivo,
suffragato oggi dalle informazioni neurofisiologiche
sui sottostanti circuiti corticali e sottocorticali, parla
all’uomo riscoprendo e sfruttando modalità
sensoriali universali di conoscenza e, quindi, di
cambiamento. Applicato con metodo nel colloquio
psicoterapeutico apre a nuovi orizzonti comunicativi
e favorisce la comprensione di meccanismi e
dinamiche disfunzionali, velocizza il recupero della
consapevolezza di se stessi e della propria storia,
passata e futura. Apre la strada alla possibilità di un
recupero consapevole delle proprie potenzialità,
precedentemente bloccate dagli effetti devastanti
dell’impatto affettivo con la vita, primo tra tutti, il
richiamo alle relazioni disfunzionali e carenzianti
delle diverse modalità della relazione di
attaccamento madre-bambino11.
L’iniziale ipotesi della maggior efficacia
terapeutica di una restituzione verbo-visiva rispetto
ad una restituzione che impegni il solo canale
verbale è stata confermata dai risultati della
sperimentazione clinica condotta12. Da cui quanto
segue: la contemporanea attivazione-stimolazione di
più modalità sensoriali (visiva e uditiva), in accordo
anche da quanto delineato dalle intuizioni della
Psiconeurolinguistica13, e in conseguenza della
contemporanea attivazione di aree corticali e
sottocorticali specifiche14, dà luogo ad un Insight
Sinestesico (o Somatosensoriale o Verbo-Visivo),
che comprende in sé sia l’Insight intellettivo che
l’Insight
emozionale15
producendo
una
trasformazione psicoterapeutica (“kunesis” verso
“entelechia”) che invece con questi ultimi, se isolati,
non è raggiungibile16.
La psicoterapia sinestesica utilizza la
modalità comunicazionale verbo-visiva, e per questo
si avvale dell’uso di specifici grafici che lo
psicoterapeuta va disegnando in seduta in specifici
momenti del percorso terapeutico all’interno di un
colloquio nel quale interagisce attivamente con il
paziente. I grafici diventano l’oggettivazione del
progetto di lavoro, facilitando l’alleanza terapeutica
e contenendo le proiezioni transferali, la cui
gestione resta ovviamente alla competenza
professionale del terapeuta. Durante la ricerca
condotta, tutti i grafici protocollati sono stati ideati
estemporaneamente all’interno dei colloqui nelle
11
Richiamo alla Teoria dell’Attaccamento di J. Bowlby (Londra 19071990).
Attualmente il gruppo di ricerca è composto da 8 psicologi e
psicoterapeuti di diversi orientamenti teorici, operanti in settori privati e
pubblici (2 in Svizzera e 6 in Italia (Lombardia ed Emilia)).
13
Bandler, R., Grinder, J. (1981), Metamorfosi terapeutica: principi di
programmazione psiconeurolinguistica, ed. Astrolabio.
14
Ramachandran, V.S. (ibid.)
15
Secondo la Psicoanalisi, l’Insight Intellettivo è la capacità di capire
razionalmente le proprie movenze psichiche, mentre l’Insight
Emozionale comporta una partecipazione affettiva, da Galimberti, U.
(1992), Psicologia, ed. Garzanti, 1999, (p.534).
16
Ibid.
12
8
V. S. Ramachandran, Udire i colori, gustare le forme, in “Le Scienze”,
n. 418, giugno 2003.
9
Hofstadter, D.R. (1979), Godel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda
Brillante, ed. Adelphi, Milano, 1984.
10
Arcuri, L., Castelli, L., (ibid.).
4
singole sedute e si sono rivelati specifici, cioè
specificamente rappresentativi di ogni singolo
quadro sintomatologico o dinamica relazionale
disfunzionale.
I disegni ideati sono stati categorizzati in
grafici semplici e complessi, o in grafici specifici
per l’individuo, la coppia e la famiglia. Ciascuno di
essi si è dimostrato generalizzabile (a pazienti
diversi ma con analogie cliniche) e ripetibile (nel
tempo, allo stesso paziente, in momenti di stallo
della psicoterapia, con l’effetto di sblocco),
dimostrando che l’esperienza fatta dalla persona era
rimasta in memoria e quindi era stata veramente
appresa.
Le rappresentazioni grafico-simboliche
(disegnate dal terapeuta), se appropriate ed
essenziali, e se rispondenti ai criteri di costruzione
delineati, in virtù del loro carattere di trasversalità si
offrono ad essere utilizzate anche in modelli teorici
di diversa base concettuale, sia psicoterapeutici che
psicoanalitici (ovviamente se questi permettono
all'analista una interazione attiva in seduta), come
pure i grafici del Metodo del Genogramma
(disegnati invece dal paziente) e l’utilizzo del
Laboratorio Mentale.
Con il linguaggio sinestesico verbo-visivo
si risponde anche alla invocazione della Psicologia
del Significato17 per un nuovo tipo di conoscenza
che prendendo vita da nuovi modi e procedure di
ricerca, tra cui nuove modalità di comunicazione
interpersonale non trascuranti della realtà
dell’esperienza, diano spiegazione del principio che
fuori dell’intersoggettività il linguaggio non ha
senso, che il linguaggio non è un sistema di segni
ma un insieme di “atti di discorso” entro cui si tenta
la comunicazione e la condivisione di significati.
Anche James Hillman18 sembra fare una
analoga invocazione quando scrive: “[…] ma allora
cosa vogliamo? Vogliamo far tacere il rumore
concettuale del gergo psicologico e creare, nello
studio del terapeuta, un’atmosfera in cui i vari
momenti ci parlino nei termini loro propri e che noi
rispondiamo ai nostri. La terapia diventa allora la
disciplina del cercare di scoprire cosa sono quei
termini, in ciascun caso, buttando via la diagnosi in
favore dell’inventiva, terapeuta e paziente insieme,
un linguaggio in comune adatto a questa particolare
vita. Allora non stiamo cercando di scoprire e curare
una malattia, stiamo cercando di inventare e parlare
un linguaggio. E’ questa la cura: parlare alla vita e
ascoltare la vita. E lo scopo non è che la vita
guarisca, o diventi normale, e nemmeno che cessino
le sue sofferenze, ma che la vita diventi più se stessa
[…]”.
Nella Psicoterapia Sinestesica qui
presentata, con
l’utilizzo del suo Linguaggio
sinestesico verbo-visivo, la conoscenza diventa una
concreta, una consapevole e condivisa costruzione
soggettiva e intersoggettiva di significati tra
psicoterapeuta
e
paziente/coppia/famiglia,
significati che vengono passati inesorabilmente agli
infrarossi di continui e duri esami di realtà, e di
conoscenza che si attua con l’utilizzo del segno
grafico
come
rappresentante
simbolico
attraverso “metafore e restituzioni psicologiche
disegnate” oltre che “parlate”.
Gloria Bova. Psicologa e Psicoterapeuta Relazionale.
Management & Company Supporting©
Responsabile Scientifico e Didattico della Società EuKos.
Docente in progetti E.C.M.
Milano, Italia.
mailto: [email protected] website: www.eukos.net
17
Armezzani, M., ibid., p.27.
Hillman, J., Ventura, M. (1993), Wéve Had a Hundred Years of
Psychotherapy - And the World’s Gettino Worse, ed. Garzanti.
18
5