la sinestesia in psicoterapia
Transcript
la sinestesia in psicoterapia
Segundo Congreso Internacional “Sinestesia, Ciencia y Arte” 28 abril - 2 majo 2007, Granada, Espana LA SINESTESIA IN PSICOTERAPIA L’utilizzo del Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo: Metafore e Restituzioni disegnate. Dr. Gloria Bova Psicologo Psicoterapeuta Sistemico Relazionale. Responsabile scientifico e didattico della EuKos “Società per la Ricerca e lo Sviluppo delle Scienze Psicologiche”, Milano, Italia ABSTRACT Il linguaggio della psicoterapia è prevalentemente basato sulla parola. Parola parlata e ascoltata, tra paziente e terapeuta. L’ingresso della sinestesia in psicoterapia, apre le porte ad una comunicazione che attiva simultaneamente più canali sensoriali del paziente (uditivo e visivo) aumentando l’impatto del messaggio terapeutico e portando ad un veloce, consapevole e duraturo cambiamento terapeutico. Il Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo suffragato oggi da conoscenze neurofisiologiche è il segno che accompagna la parola, è una comunicazione verbale rafforzata dall'uso dello strumento grafico-visivo utilizzato come rappresentante simbolico, secondo quanto osservato nel Fenomeno dell’interferenza dei canali percettivi. E’ un linguaggio che, sfruttando modalità sensoriali universali di conoscenza e, quindi, di cambiamento, parla attraverso Metafore e Restituzioni Disegnate (dal terapeuta), con Protocolli Grafici ripetibili e generalizzabili, e che produce un Insight Sinestesico (o Somatosensoriale o Verbo-Visivo), che comprende in sé, sia l’insight intellettivo che l’insight emozionale. Applicato con metodo nel colloquio psicoterapeutico apre a nuovi orizzonti comunicativi e favorisce la comprensione immediata di meccanismi e dinamiche disfunzionali, velocizza il recupero della consapevolezza di se stessi e della propria storia, passata e futura. Key words: psicoterapia, sinestesia, rappresentazione grafica, Insight, cambiamento. Introduzione Questa introduzione presenta un lavoro di ricerca clinica che ha portato la sinestesia dentro la psicoterapia. Fare psicoterapia con la marcia in più della sinestesia ha portato a modificare il linguaggio terapeutico con risultati eccellenti. Posso affermare che, ciò che per la medicina è una patologia, per la psicoterapia è una opportunità. Opportunità che va sapientemente sfruttata fino in fondo. Cosa significa la sinestesia in psicoterapia? Per spiegarlo, illustro lo scenario di un consueto colloquio psicoterapeutico: c’è un terapeuta, c’è un paziente (una singola persona se è una terapia individuale, una coppia se è una terapia di coppia, una famiglia se è una terapia di famiglia. Insomma, può anche essere molto affollato questo setting!). Ora, terapeuta e paziente comunicano attraverso la parola. Il paziente si racconta, il terapeuta ascolta. A seconda dei vari modelli psicoterapeutici il terapeuta può parlare poco o molto. Il terapeuta conduce il gioco, dà e toglie la parola, parla per fare domande (aiutandosi magari con delle metafore), ma soprattutto parla per dare delle spiegazioni psicologiche e per fare delle restituzioni su quanto visto e ascoltato, col fine di portare il paziente ad un cambiamento terapeutico (sempre in risposta alla sua domanda d’aiuto). Quindi, questo è lo scenario: due persone, due ruoli, che si ascoltano e si parlano. In questo Congresso si tratta di sinestesia, sinestesia applicata alle più svariate forme dell’espressione umana. Io cercherò di spiegare il processo che ha fatto entrare la sinestesia nel dialogo terapeutico trasformandolo in Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo. Sono una psicologa-psicoterapeuta che proviene dal mondo della medicina (per i miei primi studi) e dal mondo dell’arte (la musica, con un diploma di Conservatorio in Canto, la danza, la grafica, la fotografia, il disegno, ecc), ho studiato a Buenos Aires in Argentina di tecniche psicocorporee, e poi tanto altro. Alla fine di questo lungo percorso mi sono ritrovata come psicoterapeuta in un setting psicoterapeutico… seduta! Più che seduta, bloccata su una sedia (e magari anche scomoda) a dialogare con una persona, seduta a sua volta di fronte a me, che vomitava valanghe di parole scomposte e silenzi... vedevo tutte le sue emozioni cadere sul pavimento, volare nell’aria in cerca di pace. Ed io mi vedevo lì, bloccata su una sedia con a disposizione ancora parole, parole, parole. Troppo poco. Troppo poco per me, e troppo poco per il paziente. Il bisogno di essere me stessa, di non perdere dei pezzi preziosi di me che sono creatività, movimento, gioia, sintesi, velocità di connessione, velocità di soluzione, insomma, non mi è mai piaciuto girare intorno alle cose, non mi è mai piaciuto perdere tempo, raccontarmela. Mi è sempre piaciuto cercare la verità vera nascosta dietro l’apparire. Come un cane da tartufo il mio naso ha sempre cercato di vedere oltre risalendo alla verità dietro le cose, all’autenticità. Così, vedevo tutte queste emozioni, eventi, domande, ignoranza, cattiveria, sofferenza, danzare intorno a me nell’aria e spesso pericolose come lame taglienti. Zampate taglienti o vomiti invischianti da schivare come in uno slalom, a volte dolce, a volte estremo. Tutte cose che venivano vomitate da quelle bocche, e dietro di esse menti vuote, in tilt, e bambini, tanti bambini dietro quei volti di adulti, e cuori bloccati dalla paura di antichi dolori. Avevo di fronte una persona che si era decisamente persa, che aveva perso il fine della sua vita e non sapeva ritrovare la strada per tornare al sé, a casa. La confusione di quella danza scomposta nell’aria era anche nella sua mente. Come rimettere ordine? Ci voleva qualcosa che senza aggiungere altre parole potesse istantaneamente rimettere le cose a posto dentro quella mente confusa. Quindi, per prima cosa, era necessario individuare il centro del caos, l’occhio del ciclone, e poi schiacciare il bottone proprio lì e tutti gli oggetti nell’aria avrebbero trovato il loro corretto movimento, la bellezza dell’armonia della danza della vita e della conoscenza. Ovvio che anche al paziente toccava fare la sua parte e così fu chiaro che se la sua danza avrebbe oltrepassato il punto di non-ritorno facendo scomparire il danzatore, nessuna bacchetta avrebbe potuto restituire ordine al suo caos. Dalla neurofisiologia sappiamo che la conoscenza del mondo e di se stessi è uno scambio tra la persona ed il mondo e che questo scambio avviene attraverso la percezione somato-sensoriale, esterocettiva e propriocettiva. Ogni forma di conoscenza quindi non può prescindere la materia, e solo attraverso di essa può avvenire. Ed infatti, senza il nostro corpo materiale noi smettiamo di esistere. Anche se il nostro corpo è in stato vegetativo e la nostra percezione è assente o ridotta, noi veniamo comunque percepiti dal mondo e qualcosa in cambio la diamo sempre, anche solo riempire il vuoto di chi non vuole perderci o dare senso al lavoro di chi si occupa di noi… quindi, il mondo ci vede e comunica con noi cercando di interpretare i nostri bisogni e soddisfarli. In tutti gli altri casi, noi comunichiamo attivamente col mondo attraverso i nostri canali percettivi: visivo, uditivo, olfattivo, tattile, gustativo e cinestesico. Il 70-80% della popolazione umana usa il canale visivo come via sensoriale preferenziale, il resto è quasi tutto uditivo (ma anche chi ha come via preferenziale gli altri ha comunque contemporaneamente in funzione il canale visivo). Quindi, il visivo è attivo sempre, per chi vede, ovviamente. Nei non vedenti l’equilibrio è naturalmente spostato sul tattile. In un dialogo psicoterapeutico, usando il verbale, tutto è sbilanciato sull’uditivo, tranne quella piccola ma importante parte legata al non verbale. Qualcosa quindi non torna. Una persona è lì a cercare soluzioni per la cosa più importante della sua vita e ha a disposizione una comunicazione monca, handicappata. Sarebbe come voler convogliare l’acqua del mare in un piccolo canale o il traffico dell’esodo estivo in una piccola strada di campagna. L’esito non può essere che l’ingorgo. Bisognava rimettere ordine, riportare il primato del messaggio al visivo. Un visivo capace di oltrepassare le barriere difensive di una mente intrappolata, di portare ad una comprensione immediata, alla riscoperta della propria potenzialità ancora integra e alla fiducia in sé e nella vita. Nascono dalla penna del terapeuta le immagini, le metafore disegnate. Prendono forma i Protocolli Grafici Terapeutici, generalizzabili e ripetibili. Ogni grafico rappresenta uno specifico quadro clinico, sintomo o dinamica disfunzionale. È una rivoluzione. La comprensione è immediata. La danza scomposta e caotica si ferma. Per un attimo tutto resta sospeso nell’aria, nel silenzio dello stupore, di una fonte oscurata che finalmente riceve la luce… è l’Insight! Sono di fronte a un nuovo insight, l’Insight Sinestesico o somatosensoriale o verbo-visivo. Ripetibile, generalizzabile e verificabile! Un insight che contiene in sé sia l’Insight affettivo che l’Insight cognitivo. Assisto. Osservo. Lentamente la danza riprende con timida compattezza. È iniziata una nuova vita. Una primavera che fa germogliare potenzialità assopite sotto i ghiacci dell’inverno e le coltri del buio. Che meraviglia! In questa breve introduzione, ho preferito comunicare emozioni, lasciando al seguito le spiegazioni tecniche e teoriche. Da questo lavoro è nata una Società di Ricerca e Sviluppo che è provider organizzatore di corsi E.C.M. al Ministero della Salute, che ha fatto corsi di formazione ai quali 2 hanno partecipato centinaia di psicoterapeuti, medici e psicologi. È nato un gruppo di lavoro con otto professionisti. È in preparazione un libro che spero di pubblicare entro la prima metà del 2008. Volevo comunicare la poesia della sinestesia in psicoterapia, spero di esserci riuscita. Teoria e Prassi significato essenziale. Era necessario rendere comprensibili, nell’immediatezza della percezione visiva, concetti psicodiagnostici e psicoterapeutici difficili e complessi, con l’obiettivo di un cambiamento consapevole e duraturo. Nasce così dalla penna dell’autrice il Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo applicato alla psicoterapia, dove il segno grafico è utilizzato come rappresentante simbolico attraverso delle Metafore e Restituzioni Psicologiche disegnate estemporaneamente dal terapeuta nell’immediato della seduta in specifici momenti del dialogo terapeutico. Questa modalità di comunicazione è stata ideata e perfezionata all'interno del percorso di costruzione e sperimentazione del Progetto M.I.C. (Modello Integrato Conservativo) a Base SistemicoRelazionale2, da cui si è sviluppato un nuovo modello di psicoterapia, la Psicoterapia Sinestesica3 che utilizza nella sua prassi: i protocolli grafici del Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo4 (disegnati dallo psicoterapeuta), i due test grafici del Metodo del Genogramma5 (disegnati dal paziente) e l’elaborazione, cognitiva ed affettiva, delle visualizzazioni della proiezione immaginativa del Laboratorio Mentale 6. Il Linguaggio Sinestesico verbo-visivo è il segno che accompagna la parola, è una comunicazione verbale rafforzata dall'uso dello strumento grafico-visivo utilizzato come rappresentante simbolico secondo quanto osservato nel fenomeno dell’interferenza dei canali percettivi7. Fenomeno ora dimostrato nei suoi aspetti neurofisiologici dalle recenti ricerche di V. S. Elaborando la Fenomenologia della Percezione di Merleau-Ponty (1945), M. Armezzani1 auspica la necessità, per le scienze psicologiche, di riscoprire il mondo della vita, riscoprire il significato reale dell’esperienza percettiva, per approdare ad un totale ripensamento della corporeità, della spazialità, della temporalità, del linguaggio e della comunicazione, proprio partendo dall’esperienza vissuta. Infatti, è proprio partendo dall’esperienza direttamente vissuta nello spazio dell’incontro terapeutico paziente-psicoterapeuta, che sono andata a cercare quei nuovi “oggetti” (ivi, p.136) dove corpo, mente, sentimento, emozione, percezione, memoria, comprensione, apprendimento, esperienza, cambiamento, sofferenza, autenticità, crescita, autonomia, identità, realizzazione, terapia, vita, individuo, relazione, famiglia, collettività, potessero acquisire un senso ed essere tessuti insieme, maneggiati con disinvoltura, così come fa il gioielliere quando raccogliendo le perle sparse di una collana, le infila una ad una, ricomponendola. Ciascuno ha già le proprie perle, in genere quel che manca è il filo. Il filo altro non è che il linguaggio. Un linguaggio capace di riscoprire e muovere l’arcaico, ricostruendo il senso di una storia e restituendo al suo soggetto, la competenza e la padronanza di sé e della propria vita. Il linguaggio della psicoterapia è prevalentemente e storicamente basato sulla parola. Parola parlata e ascoltata, vicendevolmente da paziente e terapeuta. Il non-verbale, pure se presente, resta sullo sfondo di una comunicazione dialogica che attiva principalmente il canale sensoriale verbo-uditivo. L’ingresso della sinestesia in psicoterapia, apre le porte ad una complessità comunicazionale, dove un input complesso, attiva simultaneamente più canali sensoriali del paziente (uditivo e visivo), aumentando l’impatto del messaggio terapeutico e portando ad un veloce, consapevole e duraturo cambiamento terapeutico. Ovviamente, la via principe alla complessificazione sinestesica del messaggio non poteva che essere l’apertura alla comunicazione visiva, con l’elaborazione di un linguaggio complesso dal punto di vista della percezione sensoriale, ma estremamente semplice e comprensibile nel suo 1 Maria Armezzani, (2002), Esperienza e significato nelle scienze psicologiche, Editori Laterza (pp.134-135). 2 Proposta di modello teorico presentato dall’autrice al II Congresso degli Psicologi Italiani, organizzato dal C.N.O.P. (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi), Relazione: Integrazione dei modelli teorici nell’intervento clinico, Tavola Rotonda L’identità e la costruzione di una Epistemologia Comune, Roma, maggio 2004. 3 Ideata e sperimentata dall’autrice. Attualmente la fase di sperimentazione del modello è allargata al gruppo di collaboratori del Laboratorio di Ricerca della EuKos di Milano. In sintesi, è una Psicoterapia Sinestesica a Base Sistemico-Relazionale, integrata con diversi principi Psicodinamici (i principali autori di riferimento sono: S.Freud, C.G.Jung, A.Freud, M.Klein, C.Rogers, ecc). 4 I protocolli grafici, propri del Linguaggio Sinestesico Verbo-Visivo. 5 Metodo grafico-proiettivo della composizione della famiglia, elaborato dall’autrice, già pubblicato e divulgato attraverso corsi di formazione accreditati dal Ministero della Salute. Comprende le due rappresentazioni grafiche del “Test dello stato dell’arte” (da dove siamo partiti) e del “Test di valutazione del cambiamento in psicoterapia” (dove siamo arrivati). 6 Tecnica immaginativa elaborata dall’autrice, ancora inedita, che permette di “materializzare”, attraverso la visualizzazione guidata su di un immaginario schermo mentale, il dialogo risolutivo tra le diverse parti del sé. 7 In Arcuri, L., Castelli, L. (1996), La trasmissione di pensieri, ed. Zanichelli, (p.187). 3 Ramachandran8 dell’Università di San Diego in California. Ramachandran definisce sinestesia la percettività sinergica di più modalità sensoriali sottolineando l’universalità di tali processi e la loro importanza nella elaborazione del pensiero metaforico. Con questo, Ramachandran apre ad applicazioni multidisciplinari e multisettoriali. Con una battuta, potremmo affermare: ciò che per la medicina è una patologia, per la psicoterapia diventa una opportunità. Questa affermazione è suffragata sinteticamente dalle seguenti osservazioni e connessioni. La capacità di rappresentazione grafico-simbolica è presente nell’intera storia dell’umanità e in ogni sua forma di espressione9, dall’arte alla matematica (anche i numeri, in definitiva, sono rappresentazioni graficosimboliche di concetti quantitativi, così come le notazioni musicali lo sono dei suoni, ecc.). Anche il passaggio all’uso congiunto di più modalità espressive, e quindi percettive, lo si ritrova spontaneamente nella storia evolutiva dell’umanità ed è antecedente alla diffusione della scrittura. Infatti, nella nostra cultura orale, il tramandare storia e saggezza popolare era affidato ai racconti illustrati dei cantastorie (la stessa modalità sinestesica la si ritrova oggi in alcuni filmati pubblicitari10). Nell’educazione dei bambini alla lettura ben si ravvisa questo passaggio evolutivo con le immagini che lasciano sempre più spazio alla parola scritta (che si trasforma comunque in suono, nella lettura silente) fino a scomparire. Ma anche dopo si conserva la primaria tendenza all’immagine nell’apprendimento o memoria visiva. Come ben ci mostra la neurofisiologia, la sinestesia è inscritta nella complessità della struttura cerebrale ed è quell’arcaico che con il linguaggio verbo-visivo si va a risvegliare. Già nell’antichità Aristotele, pur non suffragato dalle attuali conoscenze neurofisiologiche, intuitivamente affermava che la conoscenza, a cui tutti gli uomini aspirano, passa attraverso le percezioni reiterate e memorizzate, prime tra tutte l’udito e la vista, e questa più dell’altra. Egli vedeva nella capacità percettiva dell’uomo la base dell’immaginazione, base di quelle immagini mentali che mai mentono, perché i sensi non sbagliano mai (l’uomo moderno si è talmente distanziato dalla propria percezione corporea che non riesce più ad ascoltare messaggi così arcaici. La successiva separazione corpo-mente ci ha lasciato il suo segno in eredità). Altresì affermava la necessità per la scienza di esprimersi attraverso il linguaggio, e precisamente in discorsi. Il linguaggio sinestesico verbo-visivo, suffragato oggi dalle informazioni neurofisiologiche sui sottostanti circuiti corticali e sottocorticali, parla all’uomo riscoprendo e sfruttando modalità sensoriali universali di conoscenza e, quindi, di cambiamento. Applicato con metodo nel colloquio psicoterapeutico apre a nuovi orizzonti comunicativi e favorisce la comprensione di meccanismi e dinamiche disfunzionali, velocizza il recupero della consapevolezza di se stessi e della propria storia, passata e futura. Apre la strada alla possibilità di un recupero consapevole delle proprie potenzialità, precedentemente bloccate dagli effetti devastanti dell’impatto affettivo con la vita, primo tra tutti, il richiamo alle relazioni disfunzionali e carenzianti delle diverse modalità della relazione di attaccamento madre-bambino11. L’iniziale ipotesi della maggior efficacia terapeutica di una restituzione verbo-visiva rispetto ad una restituzione che impegni il solo canale verbale è stata confermata dai risultati della sperimentazione clinica condotta12. Da cui quanto segue: la contemporanea attivazione-stimolazione di più modalità sensoriali (visiva e uditiva), in accordo anche da quanto delineato dalle intuizioni della Psiconeurolinguistica13, e in conseguenza della contemporanea attivazione di aree corticali e sottocorticali specifiche14, dà luogo ad un Insight Sinestesico (o Somatosensoriale o Verbo-Visivo), che comprende in sé sia l’Insight intellettivo che l’Insight emozionale15 producendo una trasformazione psicoterapeutica (“kunesis” verso “entelechia”) che invece con questi ultimi, se isolati, non è raggiungibile16. La psicoterapia sinestesica utilizza la modalità comunicazionale verbo-visiva, e per questo si avvale dell’uso di specifici grafici che lo psicoterapeuta va disegnando in seduta in specifici momenti del percorso terapeutico all’interno di un colloquio nel quale interagisce attivamente con il paziente. I grafici diventano l’oggettivazione del progetto di lavoro, facilitando l’alleanza terapeutica e contenendo le proiezioni transferali, la cui gestione resta ovviamente alla competenza professionale del terapeuta. Durante la ricerca condotta, tutti i grafici protocollati sono stati ideati estemporaneamente all’interno dei colloqui nelle 11 Richiamo alla Teoria dell’Attaccamento di J. Bowlby (Londra 19071990). Attualmente il gruppo di ricerca è composto da 8 psicologi e psicoterapeuti di diversi orientamenti teorici, operanti in settori privati e pubblici (2 in Svizzera e 6 in Italia (Lombardia ed Emilia)). 13 Bandler, R., Grinder, J. (1981), Metamorfosi terapeutica: principi di programmazione psiconeurolinguistica, ed. Astrolabio. 14 Ramachandran, V.S. (ibid.) 15 Secondo la Psicoanalisi, l’Insight Intellettivo è la capacità di capire razionalmente le proprie movenze psichiche, mentre l’Insight Emozionale comporta una partecipazione affettiva, da Galimberti, U. (1992), Psicologia, ed. Garzanti, 1999, (p.534). 16 Ibid. 12 8 V. S. Ramachandran, Udire i colori, gustare le forme, in “Le Scienze”, n. 418, giugno 2003. 9 Hofstadter, D.R. (1979), Godel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, ed. Adelphi, Milano, 1984. 10 Arcuri, L., Castelli, L., (ibid.). 4 singole sedute e si sono rivelati specifici, cioè specificamente rappresentativi di ogni singolo quadro sintomatologico o dinamica relazionale disfunzionale. I disegni ideati sono stati categorizzati in grafici semplici e complessi, o in grafici specifici per l’individuo, la coppia e la famiglia. Ciascuno di essi si è dimostrato generalizzabile (a pazienti diversi ma con analogie cliniche) e ripetibile (nel tempo, allo stesso paziente, in momenti di stallo della psicoterapia, con l’effetto di sblocco), dimostrando che l’esperienza fatta dalla persona era rimasta in memoria e quindi era stata veramente appresa. Le rappresentazioni grafico-simboliche (disegnate dal terapeuta), se appropriate ed essenziali, e se rispondenti ai criteri di costruzione delineati, in virtù del loro carattere di trasversalità si offrono ad essere utilizzate anche in modelli teorici di diversa base concettuale, sia psicoterapeutici che psicoanalitici (ovviamente se questi permettono all'analista una interazione attiva in seduta), come pure i grafici del Metodo del Genogramma (disegnati invece dal paziente) e l’utilizzo del Laboratorio Mentale. Con il linguaggio sinestesico verbo-visivo si risponde anche alla invocazione della Psicologia del Significato17 per un nuovo tipo di conoscenza che prendendo vita da nuovi modi e procedure di ricerca, tra cui nuove modalità di comunicazione interpersonale non trascuranti della realtà dell’esperienza, diano spiegazione del principio che fuori dell’intersoggettività il linguaggio non ha senso, che il linguaggio non è un sistema di segni ma un insieme di “atti di discorso” entro cui si tenta la comunicazione e la condivisione di significati. Anche James Hillman18 sembra fare una analoga invocazione quando scrive: “[…] ma allora cosa vogliamo? Vogliamo far tacere il rumore concettuale del gergo psicologico e creare, nello studio del terapeuta, un’atmosfera in cui i vari momenti ci parlino nei termini loro propri e che noi rispondiamo ai nostri. La terapia diventa allora la disciplina del cercare di scoprire cosa sono quei termini, in ciascun caso, buttando via la diagnosi in favore dell’inventiva, terapeuta e paziente insieme, un linguaggio in comune adatto a questa particolare vita. Allora non stiamo cercando di scoprire e curare una malattia, stiamo cercando di inventare e parlare un linguaggio. E’ questa la cura: parlare alla vita e ascoltare la vita. E lo scopo non è che la vita guarisca, o diventi normale, e nemmeno che cessino le sue sofferenze, ma che la vita diventi più se stessa […]”. Nella Psicoterapia Sinestesica qui presentata, con l’utilizzo del suo Linguaggio sinestesico verbo-visivo, la conoscenza diventa una concreta, una consapevole e condivisa costruzione soggettiva e intersoggettiva di significati tra psicoterapeuta e paziente/coppia/famiglia, significati che vengono passati inesorabilmente agli infrarossi di continui e duri esami di realtà, e di conoscenza che si attua con l’utilizzo del segno grafico come rappresentante simbolico attraverso “metafore e restituzioni psicologiche disegnate” oltre che “parlate”. Gloria Bova. Psicologa e Psicoterapeuta Relazionale. Management & Company Supporting© Responsabile Scientifico e Didattico della Società EuKos. Docente in progetti E.C.M. Milano, Italia. mailto: [email protected] website: www.eukos.net 17 Armezzani, M., ibid., p.27. Hillman, J., Ventura, M. (1993), Wéve Had a Hundred Years of Psychotherapy - And the World’s Gettino Worse, ed. Garzanti. 18 5