1° semestre 2002 - Servizi per la PA

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1° semestre 2002 - Servizi per la PA
bollettino
giuridico
ambientale
1° Semestre 2002
Assessorato all’Ambiente
27
REGIONE PIEMONTE
ASSESSORATO AMBIENTE
Direzione 22 - Tutela e Risanamento Ambientale - Programmazione - Gestione Rifiuti
Settore 22.2 - Sistema Informativo Ambientale e Valutazione Impatto Ambientale
www.regione.piemonte.it/ambiente
ISSN 1120-3056
Direttore Responsabile: Roberto Salvio
Impostazione grafica e allestimento
CSI-Piemonte
INTRODUZIONE
La pubblicazione di una raccolta di normativa ed atti amministrativi di interesse ambientale
risponde all’esigenza degli operatori del settore e del pubblico interessato di avere a disposizione l’insieme dei provvedimenti emanati nel corso degli anni, sia di carattere generale che
relativi ad aspetti specifici delle problematiche ambientali.
Il Bollettino Giuridico Ambientale raccoglie le normative e gli atti di indirizzo emanati a livello
comunitario, statale e regionale, secondo l’ordine cronologico con il quale sono stati pubblicati, tenuto conto della rilevanza giuridica che la pubblicazione riveste ai fini della entrata in
vigore dei singoli provvedimenti.
La pubblicazione del Bollettino Giuridico Ambientale, avviata nell’anno 1989, è semestrale.
Ciascun numero è suddiviso in tre sezioni, che contengono gli atti di rispettiva competenza:
Comunità Europea
Stato
Regione
Sono stati inseriti - nelle sezioni Stato e Regione - alcuni provvedimenti di competenza di soggetti operanti a livello nazionale, sovraregionale o regionale, quali Comitati o Autorità (es.
Autorità di Bacino), in considerazione dell’interesse che essi rivestono per la conoscenza delle
problematiche ambientali.
La classificazione per tipologia di argomento, presente nei primi sedici numeri, non viene più
effettuata, in quanto resa inapplicabile per la complessità e la trasversalità che caratterizzano
la produzione giuridica ambientale. La possibilità di ricerca dei testi per argomento sarà invece mantenuta sulla versione informatizzata del Bollettino Giuridico Ambientale.
Viene invece mantenuta la sezione “citazioni”, nella quale sono riportati, seppure in modo non
esaustivo, i titoli di provvedimenti diversi, riconducibili per alcuni aspetti ai temi ambientali,
pubblicati nel semestre di riferimento.
LEGENDA
Elenco delle principali abbreviazioni
Acc.
ACCORDO
G.U.C.E
GAZZETTA UFFICALE COMUNITÀ EUROPEE
B.U.
BOLLETTINO UFFICIALE REGIONE PIEMONTE
L.
LEGGE
C.I.P.E.
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
L.C.
LEGGE COSTITUZIONALE
CIR.M.
CIRCOLARE MINISTERIALE
L.R.
LEGGE REGIONALE
CIR.R.
CIRCOLARE REGIONALE
O.M.
ORDINANZA MINISTERIALE
COM.M.
COMUNICATO MINISTERIALE
P.A.
PUBBLICA AMMlNlSTRAZlONE
COM.R.
COMUNICATO REGIONALE
RAC.CE
RACCOMANDAZIONE COMUNITÀ EUROPEE
D.C.R.
DELIBERA CONSIGLIO REGIONALE
R.D.
REGIO DECRETO
D.D.
DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE
R.D.L.
REGIO DECRETO LEGGE
DEC.CE
DECISIONE COMUNITÀ EUROPEE
REG.CE
REGOLAMENTO COMUNITÀ EUROPEE
Del.
DELIBERAZIONE
RIS.CE
RlSOLUZIONE COMUNITÀ EUROPEE
Del.Aut.
Bacino
DELIBERAZIONE DELL'AUTORITÀ Dl BACINO
DEL FIUME PO
T.U.
TESTO UNICO
D.G.R.
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE
app.
appendice
D.l.
DECRETO INTERMINISTERIALE
art. artt.
articolo/i
D.L.
DECRETO LEGGE
cpv.
capoverso
D.Lg./D.Lgs.
DECRETO LEGISLATIVO
let. Iett.
Iettera/e
D.M.
DECRETO MINISTERIALE
n.
numero
D.P.C.M.
DECRETO PRESIDENTE CONSIGLIO MINISTRI
p. pag.
pagina/e
D.P.G.R.
DECRETO PRESIDENTE GIUNTA REGIONALE
par. §
paragrafo
D.P.R.
DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
reg.
regolamento
DIR.CE
DIRETTIVA COMUNITÀ EUROPEE
s.n.
senza numero
DIR.P.C.M.
DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
suppl.
supplemento
GAZZETTA UFFICALE REPUBBLICA ITALIANA
tab.
tabella
G.U.
INDICE
ATTI DELLA COMUNITÀ EUROPEA
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 7 dicembre 2001, 2001/100/CE . . . . . . . . . . . . . .15
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva
70/220/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli a motore
(G.U.C.E. n. L 16 del 18 gennaio 2002)
Decisione della Commissione 21 dicembre 2001, 2002/18/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18
Decisione della Commissione che stabilisce il piano di lavoro relativo al marchio
comunitario di qualità ecologica
(G.U.C.E. n. L 7 dell’11 gennaio 2002)
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 12 febbraio 2002, 2002/3/CE . . . . . . . . . . .33
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'ozono nell'aria
(G.U.C.E. n. L 67 del 9 marzo 2002)
Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio 1° marzo 2002,
n. 466/2002/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .49
Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un programma di
azione comunitario per la promozione delle organizzazioni non governative attive
principalmente nel campo della protezione ambientale
(G.U.C.E. n. L 75 del 16 marzo 2002)
Decisione della Commissione 7 marzo 2002, 2002/273/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55
Decisione della Commissione che assegna quote di importazione per le sostanze
controllate di cui al regolamento (CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del
Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono per il periodo compreso tra
il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002
(G.U.C.E. n. L 94 dell’11 aprile 2002)
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 26 marzo 2002, 2002/30/CE . . . . . . . . . . .60
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure
per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli
aeroporti della Comunità
(G.U.C.E. n. L 85 del 28 marzo 2002)
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 15 aprile 2002, n.
805/2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .67
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE)
n. 2158/92 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro gli incendi
(G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002)
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 15 aprile 2002 n.
804/2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .69
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento
(CEE) n. 3528/86 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro l'inquinamento atmosferico
(G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002)
Decisione del Consiglio 25 aprile 2002, 2002/358/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .71
Decisione del Consiglio riguardante l'approvazione, a nome della Comunità europea,
del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni
(G.U.C.E. n. L 130 del 15 maggio 2002)
Decisione della Commissione 27 giugno 2002, n. 2002/525/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .85
Decisione della Commissione che modifica l’allegato II della direttiva 2000/53/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso
(G.U.C.E. n. L 170 del 29 giugno 2002)
ATTI DELLO STATO
Decreto Ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .91
Regolamento recante: "Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale"
(Suppl. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 2002)
Decreto Ministeriale 23 novembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .97
Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372
(Suppl. alla G.U. n. 37 del 13 febbraio 2002)
Deliberazione del Comitato Nazionale dell'Albo Nazionale delle Imprese
che effettuano la gestione dei rifiuti 12 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .108
Criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo nazionale delle imprese che effettuano la
gestione dei rifiuti, nella categoria 9: bonifica dei siti
(G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002)
Decreto Ministeriale 20 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .110
Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi
(G.U. n. 48 del 26 febbraio 2002)
Decreto Ministeriale 21 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .119
Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica e
mobilità sostenibile nelle aree naturali protette
(G.U. n. 91 del 18 aprile 2002)
Decreto Ministeriale 21 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .122
Recepimento della direttiva 2001/7/CE della Commissione del 29 gennaio 2001 che
adatta per la terza volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di
merci pericolose su strada
(G.U. n. 1 del 2 gennaio 2002)
Deliberazione del Comitato Nazionale dell'Albo Nazionale delle Imprese
che effettuano la gestione dei rifiuti 27 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .124
Criteri per l'iscrizione all'albo nella categoria 5 (raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi) ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443
(G.U. n. 21 del 25 gennaio 2002)
Decreto Ministeriale 8 gennaio 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .127
Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali
(G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002)
Decreto Ministeriale 10 gennaio 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .130
Modificazioni della direttiva 76/769/CEE relativa all'immissione sul mercato e all'uso
di talune sostanze e preparati pericolosi
(G.U. n. 78 del 3 aprile 2002)
Decreto Legislativo 2 febbraio 2002, n. 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .132
Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo
umano
(G.U. n. 58 del 9 marzo 2002)
Decreto Ministeriale 5 febbraio 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .136
Modifiche al decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, di individuazione dei programmi nazionali
(G.U. n. 56 del 7 marzo 2002)
Decreto Legge 7 febbraio 2002, n. 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .140
Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale
(G.U. n. 34 del 9 febbraio 2002)
Legge 20 febbraio 2002, n. 30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .142
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sugli effetti transfrontalieri derivanti da incidenti industriali, con annessi, fatta a Helsinki il 17 marzo 1992
(Suppl. alla G.U. n. 62 del 14 marzo 2002)
Decreto Legge 7 marzo 2002, n. 22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .161
Disposizioni urgenti per l’individuazione della disciplina relativa all’utilizzazione del
coke da petrolio (pet-coke) negli impianti di combustione
(G.U. n. 57 dell’8 marzo 2002)
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .163
Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini
dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione
(G.U. n. 60 del 12 marzo 2002)
Deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas 19 marzo 2002 . . . . . . . . . . . .172
Condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e
calore come cogenerazione ai sensi dell’art. 2, comma 8, del decreto legislativo 16
marzo 1999, n. 79 (Deliberazione n. 42/02)
(G.U. n. 79 del 4 aprile 2002)
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .182
Modalità di utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze UMTS, di cui all'art. 103 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388
(G.U. n. 137 del 13 giugno 2002)
Decreto Ministeriale 2 aprile 2002, n. 60 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .184
Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto,
gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio
(Suppl. alla G.U. n. 87 del 13 aprile 2002)
Legge 9 aprile 2002, n. 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .220
Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale
(G.U. n. 84 del 10 aprile 2002)
Direttiva Ministeriale 9 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .221
Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n.
2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti
(Suppl. alla G.U. n. 108 del 10 maggio 2002)
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .241
Costituzione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei
grandi rischi
(G.U. n. 91 del 18 aprile 2002)
Accordo Conferenza Stato Regioni 18 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .243
Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, i
Comuni, le Province e le Comunità montane sull'art. 8, comma 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante "attuazione della direttiva 98/83/CE relativa
alla qualità delle acque destinate al consumo umano", come modificato dal decreto
legislativo 2 febbraio 2002, n. 27
(G.U. n. 145 del 22 giugno 2002)
Decreto Ministeriale 26 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .244
Modifiche al decreto ministeriale 23 novembre 2001 in materia di dati, formato e
modalità della comunicazione di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 372 del 1999
(G.U. n. 126 del 31 maggio 2002)
Legge 1° giugno 2002, n. 120 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .245
Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997
(Suppl. alla G.U. n. 142 del 19 giugno 2002)
ATTI DELLA REGIONE
Determinazione Dirigenziale 29 novembre 2001, n. 624 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .251
D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, artt. 6, 15, 7 e 8; D.P.R. 25 luglio 1991 e D.C.R. n.
946-17595 del 13 dicembre 1994 - Autorizzazioni di carattere generale per le emissioni in atmosfera provenienti da impianti per attività di servizio nuovi, da modificare o
da trasferire
(B.U. n. 6 del 7 febbraio 2002)
Deliberazione Autorità di Bacino del fiume Po 18 dicembre 2002, n. 25 . . . . . . . . . . . . . .257
Direttiva “Portale limite di deflusso per l’asta del fiume Po - Individuazione dei valori
obiettivo
(B.U. n. 11 del 14 marzo 2002)
Deliberazione del Consiglio Regionale 27 dicembre 2001, n. 217 - 41038 . . . . . . . . . . . . . .260
Direttiva CE 97/11. Integrazione degli allegati alla legge regionale 14 dicembre 1998,
n. 40 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione”
(B.U. n. 5 del 31 gennaio 2002)
Legge Regionale 28 dicembre 2001, n. 38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .267
Costituzione dell’Agenzia interregionale per la gestione del fiume Po
(B.U. n. 1 del 3 gennaio 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 28 dicembre 2001, n. 81 - 4973 . . . . . . . . . . . . . . . .270
L.R. n. 42/2000 art. 16 definizione dei criteri, delle modalità e dei termini per la presentazione dei progetti per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale
di siti inquinati, ai fini dell’ammissione a finanziamento regionale
(B.U. n. 3 del 17 gennaio 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 7 gennaio 2002, n. 23 - 5028 . . . . . . . . . . . . . . . . . .273
Indirizzi per l’istruttoria delle istanze relative alla realizzazione di centrali termoelettriche
di potenza superiore a 300 MW termici
(B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 14 gennaio 2002, n. 44 - 5084 . . . . . . . . . . . . . . . . .275
Manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale con asportazione di materiali litoidi: individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi e determinazione dei canoni. Prime indicazioni
(B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002)
Deliberazione del Consiglio Regionale 29 gennaio 2002, n. 219 - 2992 . . . . . . . . . . . . . . . .281
Prima individuazione delle zone vulnerabili dai nitrati di origine agricola, ai sensi del
decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152
(Suppl. al B.U. n. 7 del 14 febbraio 2002)
Legge Regionale 4 febbraio 2002, n. 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .292
Modificazioni alla legge regionale 21 agosto 1978, n. 53 “Istituzione del Parco naturale della Valle del Ticino” e alla legge regionale 30 marzo 1992, n. 19 “Norme per l’utilizzo e la fruizione del Parco naturale della Valle del Ticino”
(B. U. n. 6 del 7 febbraio 2002)
Legge Regionale 4 febbraio 2002, n. 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .293
Modifiche alla legge regionale 24 aprile 1990, n. 50 “Istituzione della Zona di
Salvaguardia dell’Alpe Devero”
(B.U. n. 6 del 7 febbraio 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 11 febbraio 2002, n. 12 - 5250 . . . . . . . . . . . . . . . . . .294
Legge Regionale 14 dicembre 1998, n. 40 - D.C.R. n. 217 - 41038 del 27/12/2001.
Aggiornamento allegato B2, categoria progettuale n. 1. Conversione in Unità Bovina
Adulta (UBA)
(B.U. n. 13 del 28 marzo 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 18 febbraio 2002, n. 33 - 5320 . . . . . . . . . . . . . . . . . .296
Procedure semplificate per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale nel rispetto
delle condizioni di cui all’articolo 13 del D.M. 471/1999 - Interventi di bonifica di terreni contaminati a seguito di perdite da serbatoi interrati per lo stoccaggio di oli minerali
(B.U. n. 10 del 7 marzo 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 19 febbraio 2002, n. 226 - 5745 . . . . . . . . . . . . . . . . .300
Legge regionale 24/aprile/1990 n. 50, ‘Istituzione della zona di salvaguardia dell’Alpe
Devero’. D.C.R. n. 618-3421 del 24/febbraio/2000, “Approvazione del piano paesistico della Zona di salvaguardia dell’Alpe Devero”. Integrazione, a seguito di accertamento di errore materiale, delle norme di attuazione del piano paesistico della zona di
salvaguardia dell’Alpe Devero
(B.U. n. 11 del 14 marzo 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 25 febbraio 2002, n. 49 - 5392 . . . . . . . . . . . . . . . . . .301
Criteri e modalità relativamente all’attuazione dell’art. 9, comma 3 del D.M. 25 ottobre
1999 n. 471 relativo alla bonifica di siti inquinati
(B.U. n. 11 del 14 marzo 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 19 marzo 2002, n. 75 - 5611 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .305
Legge regionale 40/1998 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le
procedure di valutazione”. Riorganizzazione allegati
(B.U. n. 15 dell’11 aprile 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 3 aprile 2002, n. 40 - 5724 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .317
Sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani ai sensi della legge regionale 13 aprile
1995 n. 59. Definizione delle modalità di intervento finanziario regionale per la realizzazione di impianti di compostaggio e di incenerimento della frazione secca del rifiuto urbano in attuazione del programma attivato con D.G.R. n. 30-27992 del 2 agosto 1999
(B.U. n. 17 del 24 aprile 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 22 aprile 2002, n. 24 - 5880 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .322
L.R. n. 48 del 29 agosto 2000 - Individuazione della percentuale minima di recupero
che gli impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio di rifiuti, devono
raggiungere per usufruire del pagamento in misura ridotta del tributo speciale, per il
deposito in discarica degli scarti e sovvalli
(B.U. n. 20 del 16 maggio 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 22 aprile 2002, n. 23 - 5879 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .326
Legge regionale 40/1998 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le
procedure di valutazione”. Aggiornamento allegato alla D.G.R. 21-27037 del 12 aprile
1999 in materia di organo tecnico
(B.U. n. 20 del 16 maggio 2002)
Deliberazione della Giunta Regionale 23 maggio 2002, n. 45 - 6103 . . . . . . . . . . . . . . . . . .336
Indirizzi relativi all’esercizio delle funzioni amministrative attribuite alle Province in materia di controllo sul rendimento energetico degli impianti termici, nonché allo svolgimento dei compiti da espletarsi da parte dell’A.R.P.A. in modo integrato
(B.U. n. 25 del 20 giugno 2002)
Determinazione Dirigenziale 13 giugno 2002, n. 194 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .345
L.R. 59/95. Incentivo di Euro 5,16/abitante (L.10.000/abitante) previste dal Piano
regionale per i Comuni o Consorzi di Comuni che abbiano raggiunto entro il 2001 il
50% di raccolta differenziata. Modalità e termini per la presentazione delle domande,
concessione e revoca
(B.U. n. 26 del 27 giugno 2002)
Determinazione Dirigenziale 17 giugno 2002, n. 197 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .348
Contributi regionali a favore di Consorzi, Comunità Montane e Aziende per l’incentivazione della gestione dei servizi di raccolta differenziata del rifiuto organico. Criteri di
concessione e modalità di erogazione e revoca. Approvazione modulo di domanda e
termine per presentazione domanda di incentivazione
(B.U. n. 26 del 27 giugno 2002)
Citazioni e riferimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .353
Volumi già pubblicati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .363
Atti della
Comunità
Europea
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
7 dicembre 2001, n. 2001/100/CE
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva
70/220/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l'inquinamento
atmosferico da emissioni dei veicoli a motore
(G.U.C.E. n. L 16 del 18 gennaio 2002 )
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Comitato economico e
sociale (2),
deliberando in conformità della procedura di
cui all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1) La direttiva 70/220/CEE del Consiglio (4) è
una delle direttive particolari della procedura di
omologazione istituita dalla direttiva 70/156/CEE
del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative all'omologazione dei veicoli a
motore e dei loro rimorchi (5).
(2) La direttiva 98/69/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998,
relativa alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli
a motore e recante modificazione della direttiva 70/220/CEE (6) introduce limiti specifici per
le emissioni di monossido di carbonio e i idro-
(1) GU C 365 E del 19.12.2000, pag.268.
(2) GU C 139 dell'11.5.2001, pag.1.
(3) Parere del Parlamento europeo del 15 maggio 2001
(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 16 ottobre 2001 (non
ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione
del Parlamento europeo del 14 novembre 2001 (non
ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 76 del 6.4.1970, pag.1.Direttiva modificata da
ultimo dalla direttiva 2001/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 35 del 6.2.2001, pag.34).
(5) GU L 42 del 23.2.1970, pag.1.Direttiva modificata da
ultimo dalla direttiva 2000/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 203 del 10.8.2000, pag.9).
(6) GU L 350 del 28.12.1998, pag.1.
carburi, nonché una nuova prova per misurare queste emissioni a bassa temperatura, in
modo da adattare alle condizioni ambiente
incontrate nella pratica l'efficienza del sistema
di controllo delle emissioni dei veicoli della categoria M 1 e della categoria N 1, classe I,
dotati di motore ad accensione comandata.
(3) La Commissione ha fissato limiti adeguati per le emissioni a bassa temperatura dei veicoli della categoria N 1, classe II e III, con
motore ad accensione comandata. È ora
opportuno sottoporre alla prova a bassa temperatura anche i veicoli della categoria M 1
con motore ad accensione comandata destinati a trasportare più di sei occupanti e i veicoli della categoria M 1 con motore ad accensione comandata aventi una massa massima
superiore a 2.500 kg, che in precedenza ne
erano esclusi.
(4) A causa delle loro caratteristiche di emissione, è opportuno escludere dalla prova a
bassa temperatura i veicoli con motore ad
accensione comandata che funzionano unicamente con un combustibile gassoso (GPL o
GN). I veicoli dotati di sistema a benzina utilizzato soltanto in casi d'urgenza o per l'avviamento del motore e in cui il serbatoio della
benzina non può contenere più di 15 litri,
devono essere considerati come veicoli che
funzionano unicamente con combustibile gassoso.
(5) È opportuno uniformare la prova relativa
alle emissioni a bassa temperatura con la
prova relativa alle emissioni a temperatura
ambiente normale. La prova a bassa temperatura è pertanto limitata ai veicoli delle categorie M e N aventi una massa massima non
superiore a 3.500 kg.
15
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2001/100/CE
(6) La direttiva 70/220/CEE deve essere
modificata in conseguenza,
HANNO ADOTTATO
LA PRESENTE DIRETTIVA:
membri adottano queste misure, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o
sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del
riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di
diritto interno che essi adottano nella materia
disciplinata dalla presente direttiva.
Art. 1
Gli allegati I e VII della direttiva 70/220/CEE
sono modificati conformemente all'allegato
della presente direttiva.
Art. 2
1. Gli Stati membri mettono in vigore le
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla
presente direttiva entro nove mesi dalla sua
entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati
Art. 3
La presente direttiva entra in vigore il terzo
giorno successivo alla pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Art. 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
ALLEGATO
MODIFICHE ALL'ALLEGATO I
DELLA DIRETTIVA 70/220/CEE
1. La figura I.5.2, tipo VI, è sostituita dalla figura seguente:
"Prove di omologazione
Veicoli con motore ad accensione
comandata delle categorie M e N
Veicoli con motore
ad accensione spontanea
delle categorie M 1 ed N 1
Tipo VI
Si (massa massima =3, 5 t)
—"
2. Il punto 5.3.5 è modificato come segue:
“Il riferimento alla nota (1) e la stessa nota (1) sono soppressi”.
16
3.Il punto 5.3.5.1 è sostituito dal punto seguente:
"5.3.5.1.Devono essere sottoposti a questa prova tutti
i veicoli della categoria M 1 e della categoria N 1 muniti di
motore ad accensione comandata, ad eccezione di quelli
che funzionano unicamente con un combustibile gassoso
(GPL o GN). I veicoli che possono essere alimentati sia
con la benzina che con un combustibile gassoso, ma in
cui il sistema a benzina è utilizzato soltanto in casi d'urgenza o per l'avviamento del motore e in cui il serbatoio
della benzina non può contenere più di 15 litri, sono considerati, ai fini della prova di tipo VI, come veicoli che funzionano unicamente con un combustibile gassoso.
I veicoli che possono essere alimentati sia a benzina
che con GPL o GN devono essere sottoposti alla prova di
tipo VI soltanto con la benzina.
Questa prescrizione si applica ai nuovi tipi di veicoli della
categoria M 1 e della categoria N 1, classe I, eccetto i veicoli destinati a trasportare più di sei occupanti ed i veicoli
aventi una massa massima superiore a 2.500 kg. (1)
A decorrere dal 1° gennaio 2003, questa prescrizione
si applica ai nuovi tipi di veicoli della categoria N 1, classi
II e III, ai nuovi tipi di veicoli della categoria M 1 destinati a
trasportare più di sei occupanti e ai nuovi tipi di veicoli
della categoria M 1 aventi una massa massima superiore
a 2.500 kg e inferiore o uguale a 3.500 kg.
(1) Questa prescrizione si applica ai nuovi tipi a decorrere dal 1° gennaio 2002."
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2001/100/CE
4. La tabella di cui al punto 5.3.5.2 è sostituita dalla
tabella seguente:
"Temperatura di prova 266 K (–7 °C)
Categoria
Classe
Massa di monossido
di carbonio (CO) L 1 (g/km)
Massa di idrocarburi
(HC) L 2 (g/km)
M 1 (1)
N1
N 1 (2)
—
I
I
III
15
15
24
30
1,8
1,8
2,7
3,2
(1) Eccettuati i veicoli destinati a trasportare più di sei
occupanti e i veicoli aventi una massa massima superiore a 2.500 kg.
(2) Compresi i veicoli della categoria M 1 di cui alla nota
1."
MODIFICHE ALL'ALLEGATO VII
DELLA DIRETTIVA 70/220/CEE
5. La prima frase del punto 1 è modificata come segue:
"1.Il presente allegato si applica soltanto ai veicoli con
motore ad accensione comandata, quali sono descritti al
punto 5.3.5 dell'allegato I."
6. La prima frase del punto 2.1.1 è modificata come
segue:
"2.1.1.Il presente punto riguarda le apparecchiature
necessarie per le prove delle emissioni dei gas di scarico
a bassa temperatura ambiente effettuate sui veicoli con
motore ad accensione comandata, quali sono definiti al
punto 5.3.5 dell'allegato I."
7. Al punto 4.3.3, il riferimento alla nota 1 e la stessa
nota 1 sono soppressi.
17
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
21 dicembre 2001, n. 2002/18/CE
Decisione della Commissione che stabilisce il piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica
(G.U.C.E. n. L 7 dell’11 gennaio 2002)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea,
visto il regolamento (CE) n. 1980/2000 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 17
luglio 2000, relativo al sistema comunitario,
riesaminato, di assegnazione di un marchio di
qualità ecologica (1), in particolare l'articolo 5,
considerando quanto segue:
(1) Ai sensi del regolamento (CE) n.
1980/2000, la Commissione è tenuta a stabilire un piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica.
(2) Il piano di lavoro deve comprendere una
strategia per lo sviluppo del sistema nella
quale siano definiti gli obiettivi relativi al miglioramento dell'ambiente e alla penetrazione nel
mercato, un elenco non esaustivo di gruppi di
prodotti da considerare prioritari per l'azione
comunitaria e i piani di coordinamento e i cooperazione tra il sistema comunitario e altri
sistemi di assegnazione di marchi di qualità
ecologica negli Stati membri.
(3) Il piano di lavoro deve inoltre definire i
provvedimenti per l'attuazione della strategia
e includere un piano di finanziamento del
sistema.
(4) Infine il piano di lavoro deve definire i servizi ai quali non si applica il sistema, tenendo
conto del regolamento (CE) n. 761/2001 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 19
marzo 2001, sull'adesione volontaria delle
organizzazioni a un sistema comunitario di
ecogestione e audit (EMAS) (2).
(5) Il piano di lavoro deve essere riesamina-
18
(1) GU L 237 del 21.9.2000, pag. 1.
(2) GU L 114 del 24.4.2001, pag. 1.
to a intervalli regolari.
(6) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato
istituito ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1980/2000,
HA ADOTTATO
LA PRESENTE DECISIONE:
Art. 1
È adottato il piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica per il
periodo compreso tra il 1° gennaio 2002 e il
31 dicembre 2004, di cui all'allegato.
Art. 2
La revisione del piano di lavoro deve avere
inizio entro il 31 dicembre 2004.
Art. 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
ALLEGATO
PIANO DI LAVORO RELATIVO AL MARCHIO
COMUNITARIO DI QUALITÀ ECOLOGICA
INTRODUZIONE
Il marchio comunitario di qualità ecologica è stato introdotto nel 1992 per incoraggiare le imprese a sviluppare
prodotti con un impatto ambientale ridotto durante tutto il
loro ciclo di vita e a fornire ai consumatori informazioni più
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
adeguate al riguardo.
Da allora sono stati sviluppati nuovi approcci strategici
sulla sostenibilità di beni e servizi. Questi interventi, effettuati a tutti i livelli politici, sono culminati nel Libro verde
sulla politica integrata relativa ai prodotti (1) (IPP), che propone una nuova strategia di rafforzamento e i riorientamento delle politiche ambientali associate ai prodotti e i
sviluppo del mercato di prodotti più ecologici; esso costituirà uno degli elementi chiave innovativi del Sesto programma di azione per l'ambiente intitolato: "Ambiente
2010: il nostro futuro, la nostra scelta " (2).
La strategia proposta dalla Commissione nel Libro
verde sulla politica integrata relativa ai prodotti è in fase di
esame presso altre istituzioni europee e i soggetti interessati. I risultati di questo ampio dibattito consentiranno di
capire come sia possibile integrare la strategia IPP nella
politica ambientale. Questa consultazione offrirà una base
per un futuro Libro bianco, che conterrà le conclusioni
della Commissione relative all'attuazione della strategia
IPP. La strategia proposta dal Libro verde prevede tre elementi principali: i meccanismi dei prezzi, la domanda di
beni e servizi più ecologici e le misure per promuovere un
approccio più ecologico nella progettazione e nell'uso dei
prodotti. Occorre tra l'altro facilitare l'accesso, per i consumatori, a informazioni comprensibili, rilevanti e credibili
rafforzando e riorientando il sistema di assegnazione dei
marchi ecologici.
Tutto ciò favorirà una nuova dimensione del marchio
europeo di qualità ecologica, che fino ad ora ha usufruito
di un supporto limitato o nullo da parte di altre misure politiche e non ha ancora raggiunto un livello soddisfacente
di visibilità sul mercato. Nell'ambito del sistema europeo
del marchio di qualità ecologica sono disponibili una
quantità considerevole di informazioni e i conoscenze
specifiche sulla politica di prodotto basata sull'orientamento al ciclo di vita, che possono essere messe a disposizione delle parti interessate coinvolte nell'ulteriore sviluppo dell'approccio IPP.
Il presente piano di lavoro deve pertanto essere collocato nel contesto delle discussioni in corso in merito a
una politica integrata dei prodotti a livello comunitario e
allo sviluppo del Sesto programma di azione per l'ambiente e della strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile. Quest'ultima rientra nei lavori preparatori per il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile che si
terrà a Johannesburg nel 2002. Durante il vertice, in base
alla strategia di Rio del 1992, l'Unione europea cercherà
di addivenire a un "accordo globale "sullo sviluppo sostenibile. Il Consiglio europeo di Göteborg del giugno 2001 (3)
ha concordato una strategia di sviluppo sostenibile
aggiungendo una dimensione ambientale alla strategia di
Lisbona relativa all'occupazione, alle riforme economiche
e alla coesione sociale. Indicando esplicitamente la IPP
come un compito di responsabilità congiunta ed esortando l'industria a prendere parte allo sviluppo e alla diffusione dell'impiego di tecnologie ecologiche, lo stesso Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza di sganciare la
(1) COM(2001) 68 def.
(2) COM(2001) 31 def.
(3) Conclusioni della presidenza del 15 e 16 giugno
2001, SN200/01 pag. 4; comunicazione della Commissione: sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'EU per lo sviluppo sostenibile (9175/01).
crescita economica dall'uso delle risorse.
Le asserzioni ambientali costituiranno un elemento di
rilievo nell'ambito di questi nuovi approcci, con un contributo significativo dei marchi ISO tipo I (marchi di qualità
ecologica certificati da terze parti e basati sul ciclo di vita,
conformemente alla norma ISO 14024), come il marchio
comunitario di qualità ecologica. Va detto che il marchio
di qualità ecologica, in quanto sistema volontario e selettivo, non dispone della forza e dell'universalità che possono offrire provvedimenti normativi quali i regolamenti.
Tuttavia, i sistemi validi di assegnazione del marchio ecologico continueranno ad essere attraenti per i consumatori grazie alla loro immediatezza e semplicità e vanno a
beneficio delle aziende in quanto incentivano i prodotti e
offrono vantaggi commerciali nei punti vendita. Il marchio
comunitario di qualità ecologica costituisce inoltre un
punto di riferimento per l'eccellenza ambientale a livello
europeo, ad esempio introducendo considerazioni di
carattere ambientale negli appalti pubblici e contribuendo
ad identificare i prodotti ecologici per i quali possono
essere previsti sgravi fiscali. Inoltre, nel progetto di direttiva sull'impatto ambientale delle apparecchiature elettriche ed elettroniche l'assegnazione di un marchio di qualità ecologica viene proposta come assunzione della
conformità ai requisiti della direttiva.
Infine, sebbene sia chiaro che il marchio comunitario di
qualità ecologica non abbia ancora raggiunto una penetrazione del mercato soddisfacente, esso si è affermato
distintamente rispetto al passato, grazie ad una gamma di
gruppi di prodotti in continuo aumento, la diffusione di
prodotti etichettati in quasi tutti gli Stati membri e la
costante presentazione di nuove richieste di assegnazione. Nuove prospettive, come la politica integrata dei prodotti in generale e l'evoluzione verso una dimensione più
ecologica nelle pratiche di appalto in particolare, stanno
aprendo ulteriori opportunità di mercato.
Ciò nonostante, rimane ancora molto da fare per rendere il marchio comunitario di qualità ecologica attraente
per produttori, distributori, consumatori e altre parti interessate.
In particolare, occorre diffondere la filosofia del marchio
di qualità ecologica quale marchio di eccellenza ambientale dotato di numerosi punti di forza esclusivi, in quanto
è l'unico ad essere realmente europeo, valido nei 15 Stati
membri dell'UE e in tre Stati SEE. Si tratta di un marchio
pubblico, e non privato, sviluppato sotto l'autorità delle
istituzioni europee. I criteri sono sviluppati in base ad
un'ampia consultazione fra tutte le parti interessate, comprese le autorità pubbliche, i rappresentanti dei consumatori e le organizzazioni ambientaliste non governative
(ONG), l'industria, le piccole e medie imprese (PMI), i
distributori e altri. Si tratta di un marchio ambientale, non
sanitario o i qualità, nonostante siano tenuti in considerazione anche questi aspetti. Esso prende in considerazione tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti: ciò significa
che il marchio non è legato ad uno specifico aspetto o
limitato alle caratteristiche di un singolo prodotto, bensì
che utilizza lo stesso logo per un'ampia gamma di gruppi
di prodotti ed è pertanto facilmente riconoscibile dai consumatori, che possono confidare nel fatto che i prodotti
sui quali è apposto sono fra i migliori per quanto riguarda
le prestazioni ambientali. Non si tratta di un'autodichiarazione del fabbricante, in quanto l'ottemperanza ai criteri è
certificata, verificata e controllata da una terza parte indipendente (uno degli organismi competenti del marchio di
qualità ecologica).
19
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
L'obiettivo fondamentale del presente piano di lavoro
consiste pertanto nel basare su queste solide fondamenta il programma di lavoro dei prossimi tre anni, che:
- renderà il marchio di qualità ecologica uno strumento più efficace e i successo per il miglioramento della
qualità ambientale di prodotti e servizi,
- contribuirà a rendere più sostenibili i consumi e a
raggiungere gli obiettivi politici delineati nella strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile, nel Sesto programma di azione per l'ambiente e
nel futuro Libro bianco sulla strategia della politica
integrata dei prodotti,
- sfrutterà nel modo più efficace le risorse finanziarie
che la Commissione, gli Stati membri e i membri del
comitato dell'UE per il marchio di qualità ecologica
(CUEME) (4) hanno assegnato al sistema.
2. Obiettivi di miglioramento dell'ambiente e di penetrazione nel mercato
STRATEGIA DI SVILUPPO DEL SISTEMA
PER IL PERIODO 2002-2004
a) Sviluppo dei gruppi di prodotti
Sinora sono stati adottati criteri relativi a 17 gruppi di
prodotti (tessuto-carta, lavastoviglie, ammendanti, materassi da letto, prodotti vernicianti per interni, calzature,
prodotti tessili, personal computer, detersivi per bucato,
detersivi per lavastoviglie, carta per copia, lampade elettriche, computer portatili, frigoriferi, lavatrici, detergenti
multiuso e per servizi sanitari e detersivi per piatti a mano).
Per almeno cinque nuovi gruppi di prodotti (coperture
dure per pavimenti, televisori, mobili, aspirapolvere e
sistema ricettivo turistico) i lavori di definizione dei criteri
sono in corso e dovrebbero concludersi nel 2002.
L'obiettivo a lungo termine consiste nel definire una
serie di gruppi di prodotti che costituiscano una gamma
di prodotti sufficientemente completa da attrarre venditori al dettaglio, produttori e consumatori, e che sia gestibile sul piano della definizione e revisione periodica dei relativi criteri. Nel breve periodo l'obiettivo è di avere tra 25 e
35 gruppi di prodotti [per un elenco non esaustivo dei
gruppi di prodotti prioritari, cfr. il successivo punto 4, lettera a), e punto 3, lettera a) ].
Laddove opportuno, verrà ampliato progressivamente
il campo di applicazione di ciascun gruppo di prodotti, ad
esempio includendo anche determinati prodotti per uso
professionale.
Il sistema, le sue procedure e le sue risorse consentono
attualmente alla Commissione di adottare ogni anno fra 4
e 8 decisioni concernenti i criteri per i gruppi di prodotti. In
generale, la revisione dei gruppi di prodotti esistenti deve
essere effettuata ogni 4-5 anni (anche se questo periodo è
adattato ai singoli casi), con una media di circa 4-6 revisioni all'anno, il che lascia spazio mediamente alla definizione di due nuovi gruppi di prodotti ogni anno.
1. Politica e strategia
La politica e la strategia a lungo termine del marchio
comunitario di qualità ecologica sono in continuo sviluppo
e adattamento e devono essere strettamente integrate, tra
l'altro, nelle discussioni in corso sulla politica integrata dei
prodotti (IPP) dell'UE, nello sviluppo del Sesto programma
di azione per l'ambiente e nella strategia della Comunità
europea per lo sviluppo sostenibile. Il marchio di qualità
ecologica deve inoltre seguire da vicino i più ampi sviluppi
che interessano le asserzioni di prodotto, comprese le
asserzioni ISO tipo II e III e i marchi che riguardano parametri etici, di qualità e legati alla salute umana.
Allo scopo di gestire in maniera efficace le numerose
discussioni al riguardo ed il flusso di informazioni, sia nell'ambito del sistema che in altri ambiti, e per preparare e
orientare il dibattito sul futuro del sistema, occorre istituire un gruppo, attivo e permanente, di gestione strategica.
Obiettivo
Continuare a sviluppare e a adattare la politica e la strategia a lungo termine del sistema e integrarlo nelle varie
politiche sviluppate in relazione al consumo sostenibile
(ad esempio la politica integrata dei prodotti, l'integrazione di aspetti ambientali negli appalti pubblici, una maggior
diffusione dei marchi di qualità ecologica, la riduzione
delle imposte sui prodotti ecologici, ecc. ).
Misure di attuazione
Il CUEME deve istituire un gruppo permanente di
gestione strategica incaricato di sviluppare e i configurare
la propria politica e strategia sul lungo periodo; esso
dovrà altresì coordinare le proprie attività con gli sviluppi
delle altre strategie politiche sopra indicate, fornendo loro
dati e orientamenti. Le questioni politiche devono essere
discusse nel corso delle riunioni della presidenza (5).
20
(4) Nota: La Commissione svolge funzione di segretariato del CUEME e partecipa a tutte le sue attività.
(5) Queste riunioni sono indette due volte l'anno dal presidente di turno del CUEME e hanno luogo nel suo
paese; l'obiettivo è i discutere gli orientamenti politici
e gli aspetti del marketing.
Gli obiettivi di miglioramento dell'ambiente e i penetrazione nel mercato sono essenzialmente:
a) aumentare il numero dei mercati potenzialmente
aperti ai prodotti recanti il marchio di qualità ecologica espandendo progressivamente la gamma di
gruppi di prodotti contrassegnati dal marchio;
b) per ciascuno di questi mercati e gruppi di prodotti
aumentare significativamente la visibilità del marchio
di qualità ecologica (vale a dire il numero di prodotti
con il marchio di qualità ecologica presenti sul mercato);
c) incrementare di continuo i vantaggi generali che il
sistema offre a livello ambientale rafforzandone il
contributo ad un approccio più sostenibile dei consumi.
Obiettivo
Definire una serie di gruppi di prodotti che costituiscano una gamma di prodotti sufficientemente completa e
gestibile in grado di interessare venditori al dettaglio, produttori e consumatori.
Entro cinque anni il numero dei gruppi di prodotti
dovrebbe aumentare a 25-35.
Misure di attuazione
In base all'elenco di priorità dei gruppi di prodotti, per
ciascun anno contemplato dal piano di lavoro la
Commissione, il CUEME e gli Stati membri procedono alle
necessarie revisioni di gruppi di prodotti esistenti e definiscono uno o due nuovi gruppi di prodotti.
In generale, per ciascun gruppo di prodotti i criteri
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
rimangono validi quattro o cinque anni, sebbene questo
periodo di validità è solo di riferimento e va adattato ai singoli casi.
Per facilitare la definizione dei criteri il CUEME dovrebbe istituire un gruppo di lavoro che si occupi degli aspetti comuni a molti gruppi di prodotti (ad esempio ritardanti
di fiamma, imballaggi, ecc. ).
b) Penetrazione nel mercato, visibilità e sensibilizzazione dei consumatori
Vi sono quattro parametri di misurazione della visibilità
del marchio di qualità ecologica:
- imprese: il numero di imprese cui è stato assegnato
il marchio di qualità ecologica,
- prodotti: il numero di prodotti per i quali le imprese
hanno ottenuto il marchio di qualità ecologica,
- articoli: il numero di articoli commercializzati con il
marchio di qualità ecologica,
- valore: il valore delle vendite di tali articoli franco fabbrica.
Attualmente (agosto 2001) il marchio di qualità ecologica è utilizzato da 83 imprese (a fronte di 37 nel marzo
2000) per alcune centinaia di prodotti. Gli articoli tessili e
i prodotti verniciati per interni sono di gran lunga i gruppi
di prodotti di maggiore successo in termini di numero di
richiedenti. Il tessuto-carta copre una quota significativa
del valore generale delle vendite dei prodotti recanti il
marchio di qualità ecologica. La distribuzione dei detentori del marchio di qualità ecologica e dei loro prodotti
nell'UE nel SEE è ancora piuttosto disomogenea ma, in
confronto alla situazione di un anno fa, mostra una migliore distribuzione dei prodotti, più bilanciata in 12 dei 17
gruppi di prodotti, con titolari di licenza presenti in 13 dei
18 paesi partecipanti. I dati provvisori per il 2000 indicano vendite per circa 17 milioni di articoli recanti il marchio
di qualità ecologica, per un valore franco fabbrica di circa
38 milioni di EUR.
Per quanto riguarda la reale penetrazione nel mercato, i
prodotti con marchio di qualità ecologica occupano tuttavia una frazione relativamente poco significativa, attualmente inferiore all'1% del mercato totale dei vari gruppi di
prodotti. Ad esempio, nel 1999 il valore delle vendite franco fabbrica di prodotti vernicianti per interni con marchio
di qualità ecologica non superava 8 milioni di EUR in tutta
l'UE, a fronte del valore totale delle vendite complessive di
pitture per decorazioni, pari a circa 7 200 milioni di EUR.
L'obiettivo a breve temine consiste pertanto in un
aumento considerevole del numero di prodotti recanti il
marchio di qualità ecologica, al fine di renderli visibili sul
mercato e aumentarne l'impatto ambientale. L'obiettivo a
lungo termine consiste nell'incrementare continuamente
tale visibilità per avvicinarsi al più presto al potenziale teorico di penetrazione nel mercato del marchio di qualità
ecologica, generalmente compreso fra l'1% e il 30% del
mercato nel suo insieme (in funzione del gruppo di prodotti in questione e della selettività dei relativi criteri per
l'assegnazione del marchio).
Occorre sottolineare che, in base all'esperienza globale dei marchi di qualità ecologica di tipo I, raramente ci si
avvicina a tali livelli di penetrazione nel mercato e generalmente soltanto per uno o due gruppi di prodotti in mercati geograficamente limitati. Il marchio di qualità ecologica deve pertanto porsi obiettivi realistici ma allo stesso
tempo ambiziosi. A breve termine, al fine di raggiungere
un livello minimo di visibilità, sarebbe necessario un incremento annuo pari almeno al 25% del valore e/o del nume-
ro di articoli con marchio di qualità ecologica.
La visibilità non è certo un concetto preciso ma, per
quanto riguarda il marchio di qualità ecologica, si considera di avere raggiunto il livello minimo di visibilità quando
i consumatori dell'UE e del SEE hanno la possibilità di
scegliere, al momento dell'acquisto, prodotti di vari tipi
recanti il marchio di qualità ecologica, senza doverli cercare troppo attivamente. Una definizione indicativa grossolana può ad esempio consistere nel fatto che devono
essere commercializzati in ciascuno Stato membro prodotti con marchio di qualità ecologica di almeno tre o
quattro gruppi di prodotti diversi, in quantità che rappresentino almeno l'1% del loro mercato complessivo.
Sotto questo aspetto gli organismi competenti del marchio di qualità ecologica di ciascuno Stato membro
hanno identificato determinati gruppi di prodotti esistenti
cui orientare le attività promozionali e i marketing, in particolare i prodotti tessili, le calzature, i prodotti vernicianti
per interni, gli ammendanti e il tessuto-carta.
Sebbene, in ultima analisi, la decisione di utilizzare o
meno il marchio di qualità ecologica spetti interamente alle
singole imprese (e viene presa essenzialmente in base a
fattori economici e i marketing), il CUEME, gli Stati membri e la Commissione possono comunque influenzare
considerevolmente la penetrazione nel mercato del marchio di qualità ecologica. Al pari della promozione attiva
del marchio presso tutte le parti interessate (cfr. la sezione
concernente le azioni promozionali), l'ampia consultazione
e il dialogo al momento della definizione dei criteri mirano
a conseguire il migliore equilibrio possibile fra gli obiettivi
ambientali e la fattibilità sul piano tecnico, in modo da
attrarre i produttori, i distributori e i consumatori.
Pur essendo sensibilmente aumentato il numero di
grossi produttori e venditori al dettaglio consapevoli del
marchio di qualità ecologica e delle opportunità che il
nuovo sistema può offrire ai loro prodotti, in quanto principali parti interessate essi dovrebbero essere tempestivamente e correttamente informati.
I diversi studi svolti dalla Commissione europea negli
ultimi anni hanno messo in evidenza alcune lacune del
processo di comunicazione, fra cui la mancanza di informazioni, più o meno evidente, sul sistema e sulle opportunità che offre e l'impressione diffusa che il marchio di
qualità ecologica sia uno strumento di marketing piuttosto debole. Altri fattori riguardano la riluttanza a partecipare ai sistemi di assegnazione del marchio di qualità
ecologica e le difficoltà che incontrano i richiedenti, in particolare in relazione a determinati gruppi di prodotti, a
soddisfare i criteri selettivi, in quanto non sempre essi
hanno pieno controllo sull'intera catena degli approvvigionamenti (ad esempio nel settore dei prodotti tessili). Molte
di queste barriere sono dovute a problemi di comunicazione e i cooperazione fra i soggetti coinvolti nella promozione e nella diffusione del sistema, e vengono discusse
nel presente piano di lavoro. Un ulteriore aspetto di grande rilevanza ai fini della visibilità e della penetrazione nel
mercato e, di conseguenza, dei vantaggi diretti del marchio per l'ambiente è messo in evidenza in un recente
lavoro sul marketing del marchio di qualità ecologica in
Grecia, che si prefiggeva di aumentare la notorietà del
logo del marchio di qualità ecologica rappresentante un
fiore stilizzato presso il grande pubblico. Affinché il logo
possa influenzare le scelte dei consumatori, questi ultimi
devono essere in grado di comprendere (grazie a conoscenze proprie o per sentito dire o leggendo il marchio o
gli opuscoli di accompagnamento, ecc.) che un prodotto
21
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
che reca il marchio di qualità ecologica ha un impatto
ambientale ridotto. Ad esempio, da un sondaggio precedente, svolto in Finlandia nel 1999, è emerso che il 39%
circa dei consumatori conosceva o poteva ipotizzare il
significato del marchio europeo di qualità ecologica,
anche se soltanto una percentuale inferiore (il 22%) lo ha
riconosciuto effettivamente come marchio comunitario.
Finché il numero dei prodotti recanti il marchio di qualità ecologica è relativamente esiguo, per risultare pienamente efficienti dal punto di vista dei costi le azioni promozionali dovrebbero concentrarsi sui produttori e i distributori, piuttosto che sui consumatori. via però che crescerà il numero dei produttori e dei distributori che richiedono il marchio, grazie ad un'intensificazione delle azioni
di promozione, anche il livello di notorietà del marchio
dovrebbe aumentare, rendendo a quel punto plausibili e
utili le azioni di sensibilizzazione rivolte più particolarmente ai consumatori.
Nel frattempo la Commissione ha preparato una serie
di opuscoli che illustrano gli obiettivi e il significato del
marchio di qualità ecologica per gruppi di prodotti specifici, da accludere agli articoli in vendita al consumatore
finale; tali opuscoli dovrebbero ora essere distribuiti dai
membri del CUEME con una maggiore sistematicità.
Anche impiegando notevoli risorse di marketing, occorrono molti anni perché un marchio si affermi e sia riconosciuto su larga scala. Sebbene l'obiettivo a lungo termine
dovrebbe essere il riconoscimento del marchio europeo di
qualità ecologica come marchio di eccellenza ambientale
da parte di oltre la metà dei consumatori europei, è evidente tuttavia che esso può essere raggiunto soltanto in
modo progressivo. A breve termine, ed entro i limiti delle
risorse disponibili, occorre svolgere sondaggi per valutare
il grado di riconoscimento del marchio presso il pubblico
e per monitorare le azioni di sensibilizzazione dei consumatori. È necessario definire e concretizzare iniziative per
il raggiungimento di questi obiettivi.
In particolare, la campagna promozionale danese del
2000-2001 rivolta ai consumatori ha dimostrato che è
possibile conseguire miglioramenti significativi del riconoscimento da parte dei consumatori (in questo caso è quadruplicato, raggiungendo il 20%) grazie a una cooperazione e un coordinamento molto stretto con i produttori e
i distributori di un determinato settore. Il fattore chiave per
il successo ottenuto consiste nel fatto che i prodotti
recanti il marchio di qualità ecologica (prodotti tessili e
detergenti) sono stati immessi sul mercato da un grande
numero di produttori contemporaneamente al lancio della
campagna promozionale (televisiva, mediante opuscoli
distribuiti presso i punti di vendita, ecc. ).
Obiettivi
Incrementare di almeno il 25% annuo il valore e/o il
numero di articoli con marchio di qualità ecologica.
Raggiungere, prima della conclusione del piano di lavoro,
un livello minimo di visibilità in due terzi degli Stati membri.
Tutti i principali produttori e venditori al dettaglio
dovrebbero conoscere il marchio di qualità ecologica. A
lungo termine, oltre la metà dei consumatori europei
dovrebbe riconoscere il marchio comunitario di qualità
ecologica come marchio di eccellenza ambientale.
22
Misure di attuazione
Entro la fine del primo anno del piano di lavoro il CUEME
dovrebbe porre in atto meccanismi di comunicazione
periodica per preparare statistiche annuali che rilevino la
penetrazione nel mercato dei vari gruppi di prodotti.
Entro la fine del primo anno del piano di lavoro il
CUEME dovrebbe sviluppare il succitato criterio del livello
minimo di visibilità del marchio di qualità ecologica e valutare in quali paesi tale livello è stato raggiunto.
Per tutta la durata del piano di lavoro il CUEME, gli Stati
membri e la Commissione dovrebbero intraprendere azioni individuali e/o comuni di promozione del marchio
comunitario di qualità ecologica, mirate in particolare ai
venditori al dettaglio e agli addetti agli appalti pubblici (cfr.
infra). Queste azioni devono essere oggetto di relazioni (e
di scambi di informazioni) nel corso delle riunioni presidenziali del CUEME che si svolgono due volte l'anno.
Devono inoltre essere inserite nelle relazioni i dati sulle
risorse destinate alle promozioni, che possibilmente
dovrebbero essere pari o superiori al 50% i quelle destinate allo sviluppo e alla revisione dei gruppi di prodotti.
Parallelamente, occorre richiedere un feedback alle parti
interessate e tenerne conto in modo sistematico.
In ciascuno Stato membro gli organismi competenti
per il marchio di qualità ecologica, i gruppi di interesse e
le autorità pubbliche dovrebbero identificare determinati
gruppi di prodotti già definiti come prioritari e, dove
appropriato, concentrare su di essi una parte significativa
dei loro sforzi di marketing.
Il CUEME dovrebbe sviluppare una metodologia efficace sotto il profilo dei costi per monitorare il riconoscimento, da parte dei consumatori, del logo comunitario apposto sul marchio di qualità ecologica ed inoltre realizzare
azioni efficaci sotto il profilo dei costi per raggiungere questo obiettivo.
Cfr. inoltre le azioni promozionali congiunte [punto 4,
lettera b), e punto 5].
c) Vantaggi per l'ambiente
L'obiettivo generale del marchio di qualità ecologica
consiste nel promuovere i prodotti potenzialmente in
grado di ridurre gli impatti ambientali negativi rispetto agli
altri prodotti dello stesso gruppo, contribuendo così ad
un uso efficiente delle risorse e a un elevato livello di protezione dell'ambiente. In questo modo, esso contribuisce
a rendere più sostenibili i consumi e a raggiungere gli
obiettivi politici delineati nella strategia della Comunità
europea per lo sviluppo sostenibile (ad esempio in riferimento al cambiamento climatico, all'efficienza dell'uso
delle risorse e all'ecotossicità), nel Sesto programma di
azione per l'ambiente e nel futuro Libro bianco sulla strategia della politica integrata dei prodotti.
Studi e relazioni precedenti hanno dimostrato che i
vantaggi specifici per l'ambiente connessi ai marchi di
qualità ecologica sono difficili da calcolare poiché non è
facile isolarli e misurarne la portata rispetto ai vantaggi per
l'ambiente derivanti da altre misure ambientali. Tuttavia, è
possibile stimare il massimo vantaggio ambientale realizzabile se tutti i prodotti di un determinato gruppo soddisfacessero ai criteri del marchio di qualità ecologica. Nel
proporre nuovi criteri per un gruppo di prodotti, gli studi
tecnici devono valutare, per quanto possibile, tale potenziale massimo.
In generale, i vantaggi diretti del marchio di qualità ecologica per l'ambiente sono strettamente correlati alla sua
penetrazione nel mercato, che viene conseguita innanzitutto con il consolidamento e l'aumento delle vendite dei
prodotti recanti il marchio che hanno un ridotto impatto
ambientale e, in secondo luogo, con i miglioramenti che i
produttori devono introdurre per conformarsi ai criteri del
marchio di qualità ecologica. Il potenziamento dei vantag-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
gi del marchio di qualità ecologica per l'ambiente dipende chiaramente dalle varie attività promozionali e i marketing già in corso o previste nell'ambito del presente piano
di lavoro.
In pratica il marchio di qualità ecologica offre alcuni
importanti vantaggi indiretti che non si riflettono nel numero di prodotti dotati di marchio o i licenze; essendo
senz'altro positivi tali vantaggi devono essere valutati e
promossi.
Un importante vantaggio indiretto per l'ambiente connesso al marchio di qualità ecologica consiste nell'aumento dell'uso di tale marchio o i altri criteri ambientali
negli appalti pubblici o privati. L'articolo 10 del regolamento (CE) n. 1980/2000 prevede che: "Per incoraggiare
l'uso dei prodotti contrassegnati dal marchio di qualità
ecologica la Commissione e le altre istituzioni della
Comunità nonché le altre autorità pubbliche nazionali
dovrebbero, fatto salvo il diritto comunitario, dare l'esempio quando stabiliscono i propri requisiti per i prodotti".
Agli appalti pubblici fa capo circa il 14% (6) della domanda del mercato europeo e gli addetti agli appalti nelle
imprese e nelle altre organizzazioni governative e non
governative devono essere stimolati più sistematicamente ad utilizzare i criteri per il marchio di qualità ecologica
nei bandi di gara. Il documento interpretativo della Commissione sugli appalti pubblici e sull'ambiente (6) chiarisce
in che modo si può procedere.
Il grado di sensibilizzazione degli acquirenti, tuttavia,
non è ancora sufficiente per produrre effetti significativi sul
mercato.
Un obiettivo specifico deve pertanto consistere nell'aumento, nei prossimi anni, della domanda di prodotti più
"verdi" da parte degli addetti agli appalti pubblici e privati. Occorre effettuare sondaggi e studiare opportune
misure per aumentare tali cifre.
Bisogna inoltre sottolineare che quello degli appalti e
degli acquisti è un settore in cui l'impatto del marchio di
qualità ecologica non è necessariamente collegato al
numero di prodotti recanti tale marchio. Un prodotto che
dimostri di soddisfare ai criteri del marchio di qualità ecologica può essere scelto dagli acquirenti anche se non è
necessariamente contrassegnato da tale marchio.
Un analogo vantaggio indiretto, che non sempre si
riflette nel numero di prodotti recanti il marchio di qualità
ecologica, consiste nell'aumento dell'uso dei criteri di tale
marchio come termine di riferimento per l'eccellenza ecologica dello sviluppo e del marketing dei prodotti da parte
delle imprese. Alcune di esse, ad esempio, garantiscono
che i loro prodotti sono conformi ai criteri del marchio di
qualità ecologica completamente o in parte, senza necessariamente richiedere tale marchio.
Obiettivi
Contribuire a rendere più sostenibili i consumi e a raggiungere gli obiettivi politici delineati nella strategia della
Comunità europea per lo sviluppo sostenibile, nel Sesto
programma di azione per l'ambiente e nel futuro Libro
bianco sulla strategia della politica integrata dei prodotti.
Sviluppare progressivamente valutazioni qualitative e
quantitative dei vantaggi diretti e indiretti del marchio di
qualità ecologica.
(6) Comunicazione interpretativa della Commissione sul
diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale
negli appalti pubblici, COM(2001) 274 def.
A medio termine, informare gli addetti agli appalti pubblici delle possibilità di utilizzare i criteri del marchio di
qualità ecologica nei bandi di gara.
A medio termine, delineare il ruolo dei criteri del marchio
come termine di riferimento dell'eccellenza ambientale.
Misure di attuazione
Per tutta la durata del piano di lavoro il CUEME, gli Stati
membri e la Commissione dovrebbero intraprendere azioni individuali e/o collettive di informazione degli addetti agli
appalti pubblici e privati in merito alle opportunità di utilizzare i criteri del marchio di qualità ecologica nei bandi di
gara.
Nei primi tre anni del presente piano il CUEME dovrebbe sviluppare e migliorare la metodologia e i parametri per
valutare i vantaggi diretti e indiretti per l'ambiente del marchio di qualità ecologica. I massimi vantaggi potenziali per
l'ambiente per ciascun gruppo di prodotti devono essere
sistematicamente valutati quando si stabiliscono o si revisionano i criteri.
Deve essere attuata una strategia di monitoraggio, di
valutazione e i potenziamento dei vantaggi indiretti per
l'ambiente dei criteri del marchio di qualità ecologica.
3. Elenco non esaustivo dei gruppi di prodotti prioritari
a) Gruppi di prodotti prioritari
Affinché un gruppo di prodotti sia considerato prioritario
per l'assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica devono essere soddisfatte alcune condizioni. In particolare l'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n.
1980/2000 stabilisce una serie di requisiti essenziali per
l'assegnazione del marchio di qualità ecologica. Il prodotto
deve appartenere ad un gruppo che rappresenta un volume significativo di vendite nel mercato interno ed essere
destinato ai consumatori finali. Deve comportare impatti
ambientali significativi che possano essere positivamente
influenzati dalle scelte dei consumatori; infine i produttori e
i venditori al dettaglio devono essere disposti ad apporre il
marchio di qualità ecologica sui loro prodotti.
In altri termini, i gruppi di prodotti devono essere valutati per la loro rilevanza, la potenzialità e la capacità di
risposta. La rilevanza è connessa alla natura e all'entità
dei relativi impatti ambientali, la potenzialità si riferisce ai
possibili vantaggi per l'ambiente e la capacità di risposta
riguarda quanto un gruppo di prodotti può essere influenzato positivamente dal marchio di qualità ecologica.
L'appendice 1 del presente documento illustra in sintesi gli elementi principali che concorrono alla definizione
dei gruppi di prodotti "candidati". In base all'elenco dei
quesiti, a ciascun gruppo di prodotti candidato deve
essere assegnato un giudizio di priorità "elevata", "media"
o "bassa" oppure di "nessuna priorità", oltre che le necessarie risorse. I prodotti giudicati "non prioritari" vanno
accantonati ai fini dell'assegnazione del marchio.
Per il momento, il peso relativo attribuito ai singoli quesiti non è determinato e può variare logicamente di caso
in caso.
In questo contesto occorre tenere conto anche degli
sviluppi della politica integrata dei prodotti (ad esempio la
possibilità di introdurre asserzioni ISO del tipo II o III per i
gruppi di prodotti in questione). L'attribuzione della priorità complessiva per ciascun gruppo di prodotti dovrebbe
avvenire a seguito di discussioni e con il consenso del
CUEME. La metodologia (e pertanto l'appendice 1) deve
23
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
essere ulteriormente migliorata, aggiornata e applicata ai
gruppi di prodotti prioritari elencati nell'appendice 2, nella
quale figurano i gruppi di prodotti già definiti e in via di
definizione, oltre che indicazioni su eventuali nuovi gruppi
di prodotti (candidati).
L'appendice 2 deve essere aggiornata di conseguenza, se necessario adattando la denominazione dei gruppi
di prodotti candidati per tenere conto maggiormente della
loro evoluzione futura. In sede di revisione dei gruppi di
prodotti già definiti occorrerà altresì ampliarne progressivamente, quando necessario, il campo di applicazione,
includendo ad esempio determinati prodotti per uso professionale.
Si sottolinea che gli elenchi in appendice 2 non sono
esaustivi, come stabilito all'articolo 5 del regolamento
(CE) n. 1980/2000. In qualunque momento la Commissione ha la facoltà di incaricare il CUEME dello sviluppo e della revisione periodica di criteri ecologici e requisiti di valutazione e i verifica per gruppi di prodotti che non
sono inclusi nell'attuale elenco. Questi elenchi possono
inoltre essere aggiornati durante il periodo di validità del
presente piano di lavoro [in base alla procedura stabilita
all'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1980/2000, con la
possibilità di aggiungere nuovi gruppi di prodotti.
Obiettivi
Sfruttare al meglio le risorse allocate per lo sviluppo dei
gruppi di prodotti, concentrando l'attenzione sui gruppi di
prodotti più adatti per il marchio comunitario di qualità
ecologica.
Misure di attuazione
Il CUEME dovrebbe sviluppare e migliorare la metodologia di definizione delle priorità, in particolare cercando di
definire criteri di classificazione ambientale e ponderazione degli elementi che concorrono alla definizione delle
priorità. In questo ambito esso deve tenere conto fra l'altro del successo o dell'insuccesso dei gruppi di prodotti
già definiti, che deve essere debitamente analizzato.
L'appendice 1 deve essere aggiornata di conseguenza.
La tabella dei gruppi di prodotti prioritari e le relative
priorità (cfr. appendice 2) dovrebbero essere aggiornate
regolarmente, previa consultazione del CUEME, applicando la metodologia descritta in precedenza. In particolare,
per i gruppi di prodotti di cui all'appendice 2, il cui grado
di priorità deve ancora essere stabilito, tale valutazione
deve essere effettuata quanto prima. In sede di revisione
dei singoli gruppi di prodotti il CUEME dovrà procedere a
rivalutarne le priorità.
24
b) Servizi esclusi dal sistema
L'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1980/2000 non
esclude esplicitamente alcun servizio dall'ambito del
sistema del marchio di qualità ecologica. Tutti i gruppi di
prodotti, che si tratti di beni o i servizi, devono comunque
soddisfare le condizioni stabilite all'articolo 2, paragrafo 2,
ed essere oggetto di una decisione della Commissione
che definisca i criteri ecologici per l'assegnazione del
marchio di qualità ecologica per il gruppo di prodotti in
questione.
Analogamente, l'articolo 3 del regolamento (CE) n.
761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema
comunitario di ecogestione e i audit (EMAS) non esclude
esplicitamente alcun servizio dal campo di applicazione
dell'EMAS. In generale, qualunque fornitore di servizi
impegnato al miglioramento delle proprie prestazioni
ambientali complessive può chiedere di propria iniziativa
di essere inserito nell'EMAS, a prescindere dal tipo di servizi offerto.
Non esistono motivi a priori per escludere a lungo termine un servizio dal marchio di qualità ecologica. I vincoli
previsti all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n.
1980/2000 escludono già un numero di servizi molto
superiore a quello dei beni, in quanto non hanno impatti
ambientali significativi, né presentano un potenziale significativo che possa incidere sul miglioramento ambientale
tramite le scelte dei consumatori.
Almeno in un primo tempo, ai fini dell'assegnazione del
marchio comunitario di qualità ecologica, si devono considerare prima i servizi con un aspetto fortemente associato ai beni, come gli autolavaggi (che consumano
acqua, energia e detergenti) o le lavanderie per prodotti
tessili (che utilizzano lavatrici, trasporti, energia, detergenti, producono rifiuti, ecc.).
Una ragione consiste nel fatto che nell'ambito del marchio comunitario di qualità ecologica o dei marchi nazionali l'esperienza in merito ai servizi e all'applicazione di
metodologie sul ciclo di vita è molto più limitata rispetto a
quella relativa ai beni. In questo contesto, la definizione
del primo gruppo di prodotti nel settore dei servizi, vale a
dire la struttura ricettiva turistica, e le prime esperienze
acquisite al riguardo saranno preziose. Può tuttavia essere consigliabile, per l'intera durata del presente piano di
lavoro, svolgere studi di fattibilità su uno o due altri gruppi di prodotti associati a servizi, anche al fine di approfondire le nostre esperienze e conoscenze sui servizi.
Esistono evidenti argomentazioni di marketing a favore
del completamento delle "famiglie" di beni che presentano maggiore attrattiva per produttori, venditori al dettaglio
e consumatori e in un secondo momento anche dei servizi strettamente associati, prima di definire nuove famiglie
di beni correlati a servizi (ad esempio i finanziamenti
"verdi" o i servizi della pubblica amministrazione).
Il ruolo del marchio comunitario di qualità ecologica
visto nel contesto più ampio della politica integrata dei
prodotti e di altre strategie politiche richiede, almeno in
una fase iniziale, un ampliamento della gamma dei beni
da includere nel sistema, prima che dei servizi.
Ciò nonostante, via che aumentano le conoscenze sui
beni e sui servizi ai quali potrebbe essere attribuito il marchio e si rafforza il ruolo del sistema del marchio di qualità
ecologica, alcuni servizi ancora non identificati potrebbero giustamente acquisire la priorità per l'assegnazione del
marchio di qualità ecologica.
In conclusione, non è opportuno escludere a priori
alcun servizio in particolare. Un'applicazione caso per
caso dell'elenco citato in precedenza può rappresentare
un metodo obiettivo per l'assegnazione delle priorità fra
gruppi di beni e servizi.
Bisognerebbe inoltre valutare se un determinato servizio sia in stretto e diretto rapporto con i gruppi già identificati. Bisogna infine sottolineare i ruoli complementari e i
reciproco supporto del marchio di qualità ecologica e
dell'EMAS (e degli altri sistemi di gestione dell'ambiente,
come la norma ISO 14001). In breve, un'impresa che partecipa al sistema EMAS è certamente gestita in maniera
sistematica dal punto di vista ambientale e migliora continuamente le sue prestazioni ecologiche rispettando o
persino anticipando requisiti legislativi minimi. I prodotti
recanti il marchio di qualità ecologica sono evidentemente tra i migliori dal punto di vista ambientale. Un'impresa
che aderisce all'EMAS trarrebbe pertanto beneficio dal-
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l'uso dei criteri del marchio di qualità ecologica nell'ambito della propria politica ambientale, come un chiaro e
positivo obiettivo per i propri prodotti. Un'impresa che
detiene o richiede il marchio di qualità ecologica per propri prodotti trarrebbe beneficio dall'adesione all'EMAS sul
piano della gestione e della conformità ai relativi criteri.
Nell'ambito del nuovo sistema di assegnazione del
marchio di qualità ecologica è stato possibile introdurre
varie agevolazioni finanziarie, ad esempio per imprese
con certificazione EMAS e ISO, PMI e per le prime imprese richiedenti.
Misure di attuazione
Nei primi tre anni del piano di lavoro il CUEME dovrebbe sviluppare una metodologia di definizione dei criteri
ecologici per i servizi ed esaminare svariati servizi al fine di
valutarne il grado di priorità.
Nei primi due anni del piano di lavoro il CUEME dovrebbe studiare le potenziali sinergie fra il marchio di qualità
ecologica e l'EMAS e gli altri sistemi di gestione ambientale, tra cui quello definito nella norma ISO 14001.
4. Cooperazione e coordinamento fra il sistema UE e
altri sistemi di assegnazione di marchi di qualità
ecologica negli Stati membri
Il coordinamento e la cooperazione fra il marchio
comunitario di qualità ecologica e altri marchi di qualità
ecologica esistenti negli Stati membri devono diventare
progressivamente più sistematici e completi, con un
rafforzamento significativo del contributo dei sistemi di
assegnazione dei marchi in Europa alla promozione e allo
sviluppo del consumo sostenibile.
Esistono vari livelli di cooperazione e coordinamento,
tra cui lo scambio di informazioni, le azioni promozionali
congiunte e lo sviluppo di gruppi di prodotti.
Un migliore coordinamento dei gruppi di prodotti consentirebbe in particolare un considerevole risparmio di
risorse.
Obiettivo
Instaurare e consolidare progressivamente e sistematicamente la cooperazione e il coordinamento fra il marchio
comunitario di qualità ecologica e altri marchi analoghi
negli Stati membri.
Misure di attuazione
Il CUEME e gli altri marchi nazionali devono istituire un
gruppo permanente di gestione della cooperazione e del
coordinamento.
a) Coordinamento dello sviluppo dei gruppi di prodotti
Il marchio comunitario di qualità ecologica e gli altri
marchi dovrebbero scambiarsi sistematicamente informazioni sui rispettivi gruppi di prodotti esistenti e sui programmi di sviluppo dei gruppi di prodotti e possibilmente
coordinare i loro sforzi e correlare risorse, conoscenze
specifiche e risultati. Ciò porterebbe a risparmi su tutti i
fronti e al chiarimento dei rispettivi ruoli dei vari sistemi e
agevolerebbe l'armonizzazione (nei casi in cui marchi
simili mirano a obiettivi simili).
Ciascun approccio offre vantaggi specifici e per questo
essi devono essere sviluppati parallelamente. Per ciascun
gruppo di prodotti deve essere presa una decisione
comune, nell'ambito di ogni marchio, in merito alle varie
situazioni e possibilità, secondo le modalità qui descritte:
UE sì, nazionale o regionale no: nei casi in cui esistano cri-
teri UE per un determinato gruppo di prodotti, mentre il
marchio nazionale o regionale non ne dispone, gli organismi competenti del marchio nazionale (o regionale)
devono decidere (informandone il CUEME) se:
i) astenersi dal definire criteri per questo gruppo di prodotti (in questo caso sarebbe disponibile solo il marchio UE), con il vantaggio di semplificare la scelta dei
produttori e rafforzare il marchio UE, a fronte tuttavia
della necessità di intensificare le attività di marketing
del marchio UE per tale gruppo di prodotti;
ii) adottare i criteri UE a livello nazionale (ad esempio
come ha fatto l'Austria per le lampade elettriche),
con il vantaggio di offrire ai produttori nazionali la
scelta fra utilizzare il marchio nazionale e/o il marchio
UE per il mercato locale e il marchio UE per il mercato comunitario, rafforzando così entrambi i marchi;
iii) adottare criteri diversi da quelli del marchio UE.
Questo approccio dovrebbe essere motivato dai
diversi obiettivi ambientali e i marketing e dovrebbe
essere chiaramente spiegato a tutte le parti interessate a livello nazionale e comunitario. Ad esempio,
laddove i criteri UE siano molto rigorosi, il marchio
nazionale potrebbe legittimamente mirare ad un segmento più ampio del mercato fissando criteri meno
severi, e viceversa. Il marchio nazionale potrebbe
inoltre prefiggersi obiettivi ambientali specifici,
espressi nei criteri, che sono forse meno importanti
o meno appropriati a livello europeo. Tuttavia, nella
maggior parte dei casi entrambe le parti devono
compiere uno sforzo per raggiungere una convergenza sui criteri.
UE no, nazionale sì: nei casi in cui esistano criteri nazionali (o regionali), il marchio comunitario di qualità ecologica dovrebbe tenerne conto in sede di definizione
delle priorità dei gruppi di prodotto da identificare a
livello UE. Qualora si decidesse di procedere in tal
senso, in sede di definizione dei criteri UE, il CUEME
dovrebbe tenere conto dei criteri nazionali esistenti.
Occorre identificare, descrivere, spiegare e comunicare alle rispettive parti interessate le eventuali differenze
fra i criteri nazionali e quelli definiti a livello comunitario.
UE no, nazionale no: nei casi in cui non esistono criteri né
nazionali né UE, gli organismi competenti del marchio
comunitario di qualità ecologica e dei marchi nazionali
devono discutere caso per caso se sia più appropriato
sviluppare criteri a livello UE o nazionale oppure
entrambi (in questo caso, chiarendo e motivando eventuali elementi di complementarità) e come procedere
con la massima efficacia.
UE sì, nazionale sì: nei casi in cui per un determinato
gruppo di prodotti esistano criteri sia per il marchio
comunitario di qualità ecologica, sia per il marchio
nazionale, occorre decidere se armonizzare progressivamente i rispettivi criteri (ad esempio adottando i criteri dell'altro marchio), se adottare approcci complementari (cfr. sopra) o se ritirare un marchio (o entrambi)
per un determinato gruppo di prodotti.
Obiettivo
Coordinare progressivamente lo sviluppo dei gruppi di
prodotti nei vari sistemi di marchi nell'UE.
Misure di attuazione
Il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri
dovrebbero rivedere e catalogare tutti i gruppi di prodotti
inclusi nei marchi di qualità ecologica nell'UE e nei paesi
candidati (e successivamente negli altri paesi), oltre che
25
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
istituire e aggiornare un registro centrale dei gruppi di prodotti e dei relativi criteri.
Il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri
dovrebbero creare un meccanismo di coordinamento
progressivo dei rispettivi programmi di lavoro che consenta anche lo scambio di informazioni.
Per ciascun gruppo di prodotti nell'ambito di ciascun
marchio, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati
membri dovrebbero determinare quale delle situazioni e
degli approcci esposti nel precedente punto 4, lettera a),
sia applicabile.
Per quanto possibile, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero armonizzare i rispettivi database sugli ingredienti dei detersivi (elenchi DID) e
tutti gli elementi al riguardo.
Nell'ambito dei lavori in corso per lo sviluppo dei gruppi di prodotti, il CUEME e gli altri marchi presenti negli
Stati membri dovrebbero esaminare la possibilità, secondo opportune modalità, di riconoscere reciprocamente i
prodotti intermedi o finali che recano uno degli altri marchi negli Stati membri, ad esempio nel contesto di gruppi
di prodotti per i quali sono ammesse agevolazioni per
l'uso di prodotti recanti il marchio.
Il CUEME dovrebbe tenere conto dei lavori svolti nell'ambito della rete europea globale per il marchio di qualità ecologica (GEN).
26
b) Azioni comuni per la promozione del sistema UE,
degli altri marchi di qualità ecologica negli Stati
membri e dei prodotti recanti tali marchi, finalizzate anche a sensibilizzare i consumatori e a renderli
edotti dei ruoli comuni e complementari dei sistemi
Alle parti interessate dovrebbero essere fornite informazioni che illustrino il valore ambientale dei vari marchi di
qualità ecologica in Europa, presentando i vari sistemi
non come concorrenti, ma come complementari, anche
se con gruppi di prodotti e obiettivi diversi, e mirati sempre all'obiettivo finale comune dello sviluppo sostenibile e
i corretti modelli di consumo.
A tal fine occorre garantire un dibattito continuo tra le
autorità responsabili del marchio UE e degli altri marchi
presenti negli Stati membri per definire congiuntamente i
sistemi, gli obiettivi e i ruoli comuni e complementari dei
marchi e presentarli di concerto.
Saranno essenziali le campagne promozionali organizzate congiuntamente per spingere i gruppi di prodotti
similari allo scopo di spiegare ai consumatori i vari aspetti ambientali, se presenti, e i vantaggi derivanti dai sistemi
concertati. È inoltre importante sviluppare un sito web e
un database comuni che consentano ai consumatori
europei e ai responsabili degli appalti pubblici e privati di
reperire con maggiore facilità i prodotti contrassegnati dal
marchio di qualità ecologica (dando ad esempio informazioni sui punti di acquisto, sui produttori e sui referenti).
Laddove sia il marchio nazionale (o regionale), sia quello comunitario si avvalgano di criteri per un determinato
gruppo di prodotti, è evidente che il miglior risultato possibile (in termini di informazione dei consumatori e i rafforzamento del marchio di qualità ecologica come strumento per incentivare il consumo sostenibile) si ottiene quando gli interessati richiedono e ottengono entrambi i marchi. A livello nazionale i produttori trarrebbero vantaggio
dalla notorietà locale del marchio nazionale e dalla dimensione europea del marchio UE, mentre vendendo i propri
prodotti negli altri Stati membri (dove il marchio nazionale
è generalmente meno noto) essi trarrebbero vantaggio
dal marchio UE. La presenza contemporanea di entrambi
i marchi aumenterebbe l'attenzione dei consumatori al
riguardo, rafforzando entrambi i sistemi.
Al fine di incoraggiare l'uso simultaneo dei due marchi,
i sistemi tariffari dovrebbero essere adattati in modo da
prevedere opportuni sconti a chi presenta richiesta per
ottenere entrambi i marchi. Ad esempio i richiedenti
potrebbero essere autorizzati a dedurre dagli oneri connessi all'assegnazione di un marchio il costo dell'altro
marchio. Occorre esaminare attentamente le conseguenze finanziarie (positive e negative, a breve e a lungo termine) di questa soluzione e definire procedure adeguate
per affrontare eventuali complicazioni.
Obiettivo
Aumentare progressivamente la consapevolezza in
merito agli obiettivi e ai ruoli del marchio UE e degli altri
marchi negli Stati membri.
Misure di attuazione
Nel primo anno del piano di lavoro la Commissione, gli
Stati membri, il CUEME e gli altri marchi presenti negli
Stati membri dovrebbero elaborare di concerto le necessarie informazioni destinate alle parti interessate (produttori, consumatori, distributori, addetti agli appalti pubblici
e così via) concernenti l'esistenza, i ruoli e gli obiettivi
comuni e complementari dei marchi nazionali e del marchio UE. Nel secondo anno del piano di lavoro dovrebbero essere intraprese azioni mirate alla diffusione di tali
informazioni.
Il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri
dovrebbero scambiare e divulgare informazioni in merito
ai prodotti posti in vendita con il marchio di qualità ecologica e ai relativi punti vendita.
La Commissione, il CUEME e gli altri marchi presenti
negli Stati membri dovrebbero esplorare le possibilità di
creare su Internet un punto vendita "ecologico" comune
per i prodotti contrassegnati con il marchio di qualità ecologica (e/o altre azioni simili). Se utile, occorrerà al contempo proporre una tabella di marcia e una dotazione
finanziaria per la realizzazione di questa iniziativa.
Il CUEME e i marchi nazionali dovrebbero sviluppare
azioni comuni per promuovere l'uso dei criteri del marchio
di qualità ecologica negli appalti pubblici e privati.
La Commissione, previa consultazione del CUEME,
dovrebbe studiare le possibilità e le opportunità di adattare la struttura tariffaria del marchio comunitario di qualità
ecologica al fine di offrire uno sconto appropriato ai richiedenti che desiderino ottenere il marchio UE e uno o più
marchi negli altri Stati membri, tenendo conto delle conseguenze finanziarie (positive e negative, a breve e a
lungo termine) e, se opportuno, proponendo una modifica della decisione che disciplina il marchio. Gli altri marchi
presenti negli Stati membri dovrebbero procedere analogamente.
5. Azioni comuni di promozione
(Nota: le azioni comuni per la promozione del marchio
UE si aggiungono alle azioni comuni concernenti i marchi nazionali di cui sopra e alle azioni promozionali in
corso, poste in atto dai singoli Stati membri, dai membri del CUEME e dalla Commissione.)
Un sistema volontario può avere successo e un impatto significativo sul mercato se è sostenuto da sufficienti
attività promozionali e i marketing. L'articolo 10 del rego-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
lamento revisionato invita gli Stati membri e la
Commissione, in collaborazione con i membri del
CUEME, a promuovere l'uso del marchio comunitario di
qualità ecologica mediante azioni di sensibilizzazione e
campagne di informazione presso consumatori, produttori, venditori all'ingrosso e al dettaglio e il pubblico in generale. Il coinvolgimento delle varie parti interessate e, in
particolare, di quelle che possono fungere da moltiplicatori (come il settore della vendita al dettaglio e le ONG i
difesa dei consumatori e ambientaliste) rivestono un'importanza cruciale. Occorre identificarle chiaramente e sviluppare una strategia mirata a un'informazione ottimale
per ciascuna di esse.
In particolare, il CUEME dovrebbe continuare a organizzare riunioni periodiche due volte l'anno, dedicate
essenzialmente al marketing, alla promozione e allo sviluppo strategico, e istituire un gruppo di lavoro permanente di gestione del marketing in grado di sviluppare e
coordinare azioni promozionali congiunte di ogni genere,
comprese quelle della Commissione e degli Stati membri.
Come già indicato in precedenza (cfr. la sezione relativa alla penetrazione nel mercato), le risorse complessive
devolute per le attività (comuni o individuali) di promozione e i marketing devono essere significative, e pari o
superiori al 50% dell'entità delle risorse allocate per lo sviluppo tecnico dei gruppi di prodotti.
Obiettivo
Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero coordinare opportunamente le iniziative di marketing
e sviluppare e realizzare azioni comuni.
Misure di attuazione
Il CUEME dovrebbe istituire un gruppo permanente per
la gestione delle attività di marketing.
Per quanto possibile, le risorse stanziate per le azioni di
promozione (comuni o i altro genere) devono raggiungere
un livello pari al 50% i quelle devolute allo sviluppo e alla
revisione dei gruppi di prodotti.
Il CUEME dovrebbe organizzare incontri semestrali per
discutere essenzialmente questioni inerenti a marketing,
promozione e sviluppo strategico del sistema (riunioni
presidenziali).
Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero identificare di concerto i principali gruppi target e
definire e attuare una strategia per ciascuno di essi.
a) Attività comuni di promozione per sensibilizzare
tutti gli interessati
L'obiettivo principale consiste nell'informare in modo
continuativo produttori, consumatori e moltiplicatori (venditori al dettaglio e ONG), vale a dire tutte le parti interessate, in merito al marchio di qualità ecologica e ai suoi sviluppi, ricorrendo ad opportuni strumenti quali materiale
stampato (opuscoli, bollettini di informazione e articoli) e il
sito web.
Al contempo occorre richiedere in modo sistematico un
feedback da parte dei soggetti interessati da tenere in
debita considerazione.
Per quanto riguarda gli opuscoli, è già disponibile una
gamma completa di materiali (il fascicolo informativo sul
marchio di qualità ecologica) elaborati dalla Commissione e
a vari organismi competenti, che possono essere messi a
disposizione delle parti interessate in modo sistematico e
che dovrebbero anche essere aggiornati e migliorati con
regolarità. Per ottimizzarne l'uso il CUEME, la Commissione
e gli Stati membri dovrebbero coordinare gli sforzi per sfruttare nel modo più efficiente le limitate risorse, tra l'altro pre-
parando opuscoli e bollettini di informazione e completando il sito web, in modo da diffondere le informazioni in
modo più sistematico fra i principali gruppi target.
Il sito web del marchio comunitario di qualità ecologica
(http: //europa.eu.int/ecolabel) costituisce già una fonte
esaustiva di informazioni di rilievo; esso deve essere gestito e aggiornato attivamente e congiuntamente. Per rafforzare la sua credibilità e trasparenza occorre incoraggiare
contributi regolari da parte di tutte le parti interessate,
compresi i consumatori e le ONG ambientaliste.
Oltre a fornire gli strumenti informativi adatti, è importante anche rivolgere l'attenzione a manifestazioni, esposizioni e fiere, in occasione delle quali presentare il marchio europeo di qualità ecologica a un pubblico più vasto.
Mancano tuttavia analisi sistematiche per individuare le
esposizioni o le fiere più adatte per la promozione dell'eco-label. Un altro aspetto di rilievo da esplorare ulteriormente riguarda la possibilità di utilizzare prodotti con marchio di qualità ecologica durante "mega-eventi" come
campionati mondiali, giochi olimpici, festival e così via.
Infine, è diffusa l'idea errata che la procedura di richiesta del marchio di qualità ecologica sia complessa, burocratica e costosa, mentre in seguito alla recente revisione
del regolamento e della struttura tariffaria tale procedura è
stata semplificata e i costi sono assai più contenuti rispetto al passato. Inoltre, nel definire i criteri relativi a ciascun
prodotto, si è dedicata particolare attenzione a ridurre al
minimo i costi di collaudi e test e a chiarire esattamente
quali documenti e risultati di test devono essere presentati dai richiedenti. Alle parti interessate devono essere fornite maggiori informazioni in merito a tutti questi aspetti.
Obiettivo
Informare in modo continuativo tutte le parti interessate del marchio di qualità ecologica e dei suoi sviluppi. Al
contempo, occorre richiedere in modo sistematico un
feedback da parte dei soggetti interessati, da tenere in
considerazione.
Misure di attuazione
Il CUEME e la Commissione dovrebbero organizzare
l'aggiornamento e il miglioramento continuo del sito web
sul marchio di qualità ecologica.
Il CUEME dovrebbe organizzare e coordinare lo sviluppo e la distribuzione di opuscoli e i altri materiali stampati.
Il CUEME dovrebbe compilare un elenco di eventi in
occasione dei quali presentare il marchio di qualità ecologica e avanzare una proposta su come utilizzare i prodotti con marchio di qualità ecologica durante "mega-eventi"
accuratamente selezionati.
Il CUEME dovrebbe garantire che le informazioni fornite alle parti interessate chiariscano le procedure, i tempi e
i costi necessari per richiedere il marchio di qualità ecologica.
b) Attività comuni di promozione per sensibilizzare gli
addetti agli appalti pubblici e privati
La sezione precedente, concernente la penetrazione
nel mercato, pone in evidenza il ruolo degli addetti agli
appalti pubblici e privati. Le attività comuni di promozione
dovrebbero puntare su questo gruppo target. Occorre
fornire informazioni in merito al quadro giuridico (modalità
con cui un acquirente può incorporare i criteri del marchio
di qualità ecologica nei bandi di gara, ora chiarite nel
documento interpretativo della Commissione sugli appalti pubblici e l'ambiente) e ai criteri disponibili per i diversi
gruppi di prodotti. Anche in questo caso, il sito web del
marchio di qualità ecologica riveste un ruolo di spicco. È
27
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
opportuno organizzare riunioni fra il CUEME e gli addetti
agli appalti pubblici e prendere anche in considerazione la
possibilità di svolgere campagne nazionali e/o regionali.
Obiettivo
A medio termine, informare gli addetti agli appalti pubblici delle possibilità di utilizzare i criteri per il marchio di
qualità ecologica nei bandi di gara.
Misure di attuazione
Entro la fine del secondo anno del piano di lavoro il
CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero
sviluppare una strategia comune e una serie di azioni
comuni per promuovere l'uso dei criteri del marchio di
qualità ecologica negli appalti pubblici e privati.
La Commissione dovrebbe preparare un manuale sugli
appalti pubblici "verdi", che illustri fra l'altro come utilizzare i criteri nei bandi di gara. Il CUEME, la Commissione e
gli Stati membri dovrebbero garantire la massima diffusione di tale manuale fra gli addetti agli appalti pubblici e
organizzare sessioni informative e i formazione e altre
azioni di rilievo. Le informazioni pertinenti devono essere
disponibili sul sito web del marchio di qualità ecologica.
c) Attività comuni di promozione e sostegno alle PMI
e ai distributori
Oltre a intraprendere le diverse azioni promozionali illustrate nelle sezioni precedenti, occorre creare reti a supporto delle procedure di richiesta del marchio di qualità
ecologica da parte delle PMI. Non sempre le PMI dispongono degli strumenti adeguati o i informazioni sufficienti
per valutare le opportunità offerte dal marchio di qualità
ecologica. È dunque utile assisterle con un'azione di
networking che coinvolga altri richiedenti, gruppi di interesse, organismi competenti e altre organizzazioni di rilievo, come le associazioni industriali o le autorità regionali.
Rivestono un ruolo di rilievo anche i venditori al dettaglio, con la funzione di "sentinelle" nel percorso fra produttori e consumatori. Essi possono ad esempio utilizzare il marchio di qualità ecologica per migliorare l'immagine di qualità dei prodotti contrassegnati da marchi commerciali propri e al contempo cercare di offrire ai clienti
altri prodotti recanti il marchio di qualità ecologica. A tale
proposito lo sviluppo di partnership strategiche con i venditori al dettaglio riveste un'importanza prioritaria.
Misure di attuazione
Il CUEME dovrebbe sviluppare una strategia e azioni
per creare e gestire reti di supporto del marchio ecologico per le PMI.
Il CUEME dovrebbe sviluppare partnership strategiche
con i venditori al dettaglio.
questi, circa 2,8 milioni di EUR sono stati assegnati al
marketing e alla promozione.
L'entità delle risorse è adeguata per lo sviluppo e la
revisione dei gruppi di prodotti e, in funzione delle risorse
finanziarie annuali del CUEME, della Commissione e degli
Stati membri, tale livello potrà essere mantenuto nei prossimi anni. Queste risorse devono tuttavia essere utilizzate
nel modo più efficace possibile.
Nel 2000 i proventi complessivi derivati dagli oneri
imposti dagli organismi competenti hanno sfiorato i
280.000 EUR; questa cifra è destinata quasi certamente
ad aumentare di pari passo con lo sviluppo del sistema, il
che dovrebbe comportare un incremento costante delle
risorse destinate alle attività di marketing e alla promozione (escluse le attività svolte dalle imprese cui è stato assegnato il marchio di qualità ecologica), fino a raggiungere
almeno il 50% delle risorse destinate allo sviluppo e alla
revisione dei gruppi di prodotti.
Obiettivo
Pianificare il finanziamento a lungo termine del sistema
utilizzando nel modo più efficiente possibile le risorse
assegnate.
Misure di attuazione
Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero puntare ad un accordo sul finanziamento del sistema sul lungo periodo.
Appendice 1
METODOLOGIA DI DEFINIZIONE DEI GRUPPI
DI PRODOTTI PRIORITARI
Il seguente elenco non esaustivo sintetizza i principali
quesiti da porre in riferimento ad ogni gruppo di prodotti
"candidato" (una risposta affermativa a ciascuna domanda indica l'opportunità di procedere per stabilire criteri
ecologici per il gruppo di prodotti in questione):
Quesiti riguardanti l'ambiente:
Il gruppo di prodotti …
1) …comporta impatti ambientali significativi su scala
globale o regionale, o a carattere generale?
2) …è caratterizzato da una significativa potenziale
capacità di indurre miglioramenti ambientali attraverso le scelte dei consumatori?
3) …ha rilevanza per la legislazione, gli strumenti e le
strategie politiche in materia di ambiente (ad esempio
politica integrata dei prodotti, rifiuti, cambiamento climatico, marchio energetico)?
6. Piano di finanziamento del sistema
28
In considerazione del coinvolgimento di varie organizzazioni, tra cui anche amministrazioni pubbliche (il bilancio della Commissione, ad esempio, è annuale), non è
possibile stabilire con precisione i bilanci di previsione per
gli anni a venire.
Ciò nonostante, i requisiti del sistema del marchio di
qualità ecologica possono contare su due componenti
principali: le risorse per lo sviluppo dei gruppi di prodotti
e quelle per il marketing e la promozione.
Le risorse devolute per il marchio di qualità ecologica
nel 2000, comprese quelle destinate al CUEME, alla
Commissione e agli Stati membri, si possono stimare a
45 persone circa e 4 milioni di EUR (stipendi esclusi). Di
Quesiti riguardanti il mercato:
Il gruppo di prodotti …
4) …rappresenta un volume significativo di vendite e
scambi commerciali nel mercato interno?
5) …fornisce opportunità e incentivi ai produttori e/o ai
venditori al dettaglio affinché cerchino vantaggi concorrenziali associati all'offerta di prodotti recanti il
marchio di qualità ecologica?
6) …associa già tematiche ambientali alla sua commercializzazione?
7) …soddisfa l'interesse esplicito delle parti interessate
ad avere un marchio di qualità ecologica per questo
gruppo di prodotti?
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
8) …raggiunge un volume di vendite significativo per il
consumo o l'impiego finale?
9) …ha un mercato significativo nel settore degli appalti
pubblici?
10) …ha un mercato significativo nel settore degli appalti
privati?
11) …proviene da piccoli produttori?
12) …presenta un elevato tasso di vendita presso i consumatori finali (ad esempio giornaliero o settimanale)?
13) …sostiene una "famiglia" di gruppi di prodotti esistente?
14) …offre un'opportunità particolare di miglioramento
della visibilità generale del sistema?
Altri elementi:
Il gruppo di prodotti …
15) …riguarda anche aspetti inerenti alla salute e alla
sicurezza dei consumatori?
16) …esiste nell'ambito di altri sistemi di marchi di qualità
ecologica in Europa o altrove e, in caso affermativo,
riscuote successo nell'ambito di tale sistema?
17) …ha standard di impiego predefiniti?
Appendice 2
ELENCO NON ESAUSTIVO DI GRUPPI
DI PRODOTTI PRIORITARI
Gruppi di prodotti esistenti o in corso di definizione
Prodotti in tessuto-carta
Carta per copia
Ammendanti
Prodotti verniciati per interni
Prodotti tessili
Calzature
Detersivi per lavastoviglie
Detersivi per bucato
Detergenti multiuso e per servizi sanitari
Detersivi per piatti a mano
Materassi da letto
Lampade elettriche
Personal computer
Computer portatili
Lavatrici
Frigoriferi
Lavastoviglie
Sistema ricettivo turistico
Mobili
Coperture dure per pavimenti
Televisori
Aspirapolvere
Pneumatici
Eventuali nuovi gruppi di prodotti
(Nota: Il CUEME e la Commissione stanno attualmente
collaborando per valutare in dettaglio il livello di priorità di
questi eventuali nuovi gruppi di prodotti e per determinare l'ordine e la tempistica ideali per il loro sviluppo)
Carta per stampa
Prodotti di carta stampata
Prodotti di carta trasformata, articoli di cartoleria
Carta da parati
Sacchi per immondizia/sacchi di plastica
Sacchetti per la spesa - Altri sacchetti
Articoli per scrittura
Telefoni
Fotocopiatrici
Piccoli elettrodomestici
Accessori di abbigliamento
Guanti
Articoli di pelletteria
Articoli sportivi
Giochi e giocattoli
Imballaggi
Prodotti per fai da te
Condizionatori
Impianti di riscaldamento
Impianti per l'acqua calda
Isolanti
Materiali da costruzione
Servizi edili
Servizi al dettaglio
Asciugatrici
Servizi finanziari
Servizi di trasporto
Servizi di consegna
Servizi di riparazione di veicoli
Autovetture
Utensili da cucina, casalinghi, ecc.
Prodotti sanitari (assorbenti igienici, salviette, ecc.)
Shampoo e saponi
29
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
Appendice 3
SINTESI DEGLI OBIETTIVI E DELLE MISURE DI ATTUAZIONE
Obiettivi
Misure di attuazione
2003
2002
2004
Politica e strategia
Continuare a sviluppare e
adattare la politica e la
strategia a lungo termine
del sistema e integrare il
marchio di qualità ecologica
nelle varie politiche in materia
di consumo sostenibile
Istituire un gruppo permanente Continuare
di gestione strategica per
sviluppare e delineare una
politica e una strategia a
lungo termine, da coordinare
con gli sviluppi delle altre
strategie fornendo loro dati
e orientamenti
Definire una serie di gruppi
di prodotti che costituiscano
una gamma di prodotti
sufficientemente completa e
gestibile da attirare venditori
al dettaglio, produttori
e consumatori
Definire nuovi gruppi di prodotti Definire nuovi gruppi
di prodotti
Adattare la validità dei criteri
in generale a 4-5 anni
Continuare
Sviluppo di gruppi di prodotti
Definire 25-30 gruppi di
prodotti entro 5 anni
Definire nuovi gruppi
di prodotti
Sviluppare una metodologia
di definizione dei criteri per i
servizi
Istituire un gruppo di lavoro che
si occupi delle questioni comuni
a molti gruppi di prodotti
Sfruttare al meglio le risorse
allocate per lo sviluppo dei
gruppi di prodotti,
concentrando l'attenzione
sui gruppi di prodotti più
adatti per il marchio
comunitario di qualità
ecologica
Sviluppare e migliorare la
Continuare
metodologia di assegnazione
delle priorità
Aggiornare la tabella dei
gruppi di prodotti prioritari
Organizzare un
coordinamento con gli altri Valutare una serie di gruppi
marchi di qualità ecologica di servizi
Coordinare gli sforzi di
marketing e sviluppare e
attuare azioni congiunte
Formare un gruppo
permanente di gestione
del marketing
Continuare
Attività promozionali e i marketing
Identificare i principali
gruppi target e definire e
attuare una strategia per
ciascuno di essi
Continuare
Svolgere azioni di
promozione
Svolgere azioni di
promozione
Continuare ad aggiornare
il sito web, a distribuire
opuscoli, a partecipare a
eventi, a fornire informazioni
Continuare ad aggiornare
il sito web, a distribuire
opuscoli, a partecipare a
eventi, a fornire informazioni
Organizzare incontri semestrali
del CUEME per discutere
questioni inerenti a marketing,
promozioni e sviluppo
strategico del sistema
(riunioni presidenziali)
Incrementare di almeno il 25% Svolgere azioni di
all'anno gli articoli recanti il promozione
marchio di qualità ecologica
Raggiungere un livello minimo Identificare e focalizzare gli
di visibilità in due terzi degli sforzi di marketing sui gruppi
Stati membri
di prodotti chiave in
ciascuno Stato membro
30
Informare in modo continuativo
tutte le parti interessate del
marchio di qualità ecologica
e dei suoi sviluppi.
Parallelamente, richiedere
un feedback alle parti
sui costi e così via
Aggiornare e migliorare la
struttura del sito web sul
Sviluppare una strategia e
marchio di qualità ecologica azioni per le reti di supporto
alle PMI e una partnership
Organizzare e coordinare la strategica con i venditori
sui costi e così via
Destinare alla promozione
almeno il 50% delle risorse
dedicate allo sviluppo
dei gruppi di prodotti
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
interessate
preparazione e la
distribuzione di opuscoli
Sensibilizzare tutti i principali e i altri materiali stampati
produttori e i venditori al
dettaglio in merito al marchio Preparare un elenco di
di qualità ecologica
eventi in occasione dei
quali presentare il marchio
Operare in modo che oltre di qualità ecologica
la metà dei consumatori
europei riconosca il marchio Informare i potenziali
comunitario di qualità
richiedenti delle procedure
ecologica come un marchio e dei costi connessi alla
di eccellenza ambientale
richiesta di assegnazione
Introdurre meccanismi di
comunicazione per preparare
statistiche annuali sulla
penetrazione del marchio
nel mercato
al dettaglio
Sviluppare una metodologia
efficace sotto il profilo dei
costi per monitorare il livello
di notorietà del logo del
marchio di qualità ecologica
presso i consumatori e
sviluppare azioni efficaci
sotto il profilo dei costi per
rafforzare ulteriormente
questo aspetto
Sviluppare il criterio del livello
minimo di visibilità del
marchio di qualità ecologica
e valutare in quali paesi è
stato raggiunto
Impatti diretti e indiretti
Informare gli addetti agli
appalti pubblici della
possibilità di utilizzare i
criteri per il marchio di
qualità ecologica nei bandi
di gara
Elaborare un manuale sugli
appalti pubblici "verdi" e sui
criteri per il marchio di
qualità ecologica, diffonderlo
(anche sul sito web) e
organizzare sessioni
informative e di formazione
Sviluppare una strategia e
una serie di azioni comuni
per promuovere l'uso dei
criteri per il marchio di
qualità ecologica negli
appalti pubblici e privati
Contribuire a rendere i
consumi più sostenibili
Sviluppare metodologia e
Continuare
parametri per una stima dei
vantaggi diretti e indiretti del Analizzare le sinergie
Sviluppare progressivamente marchio di qualità ecologica sviluppabili con l'EMAS
valutazioni qualitative e
per l'ambiente
quantitative dei vantaggi
diretti e indiretti del marchio Eseguire una stima
di qualità ecologica
sistematica dei massimi
vantaggi potenziali per
Rafforzare il ruolo dei criteri l'ambiente per ciascun
del marchio di qualità
gruppo di prodotti quando
ecologica come termine di si stabiliscono criteri
confronto dell'eccellenza
nuovi o li si revisiona
ambientale
Attuare una strategia di
monitoraggio, valutazione e
i rafforzamento dei vantaggi
indiretti per l'ambiente
connessi ai criteri del marchio
di qualità ecologica
Continuare
Continuare
Cooperazione e coordinamento
Sviluppare progressivamente Formare un gruppo
la cooperazione e il
permanente di gestione della
coordinamento fra il marchio cooperazione e del
comunitario di qualità
coordinamento tra i diversi
ecologica e gli altri marchi marchi
negli Stati membri
Rivedere e catalogare tutti i
Coordinare progressivamente gruppi di prodotti dotati di
lo sviluppo dei gruppi di
marchi di qualità ecologica
Attuare un meccanismo di
coordinamento progressivo
dei programmi di lavoro dei
vari schemi e i scambio
delle informazioni
Esaminare la possibilità di
"riconoscere" i prodotti
intermedi o finiti che recano
Armonizzare i database sugli
ingredienti dei detersivi (elenchi
DID) e i relativi aspetti
31
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/18/CE
prodotti nei vari sistemi di
nell'UE e nei paesi candidati
assegnazione di un marchio
nell'UE
Introdurre un sistema di
istituzione e aggiornamento
di un registro centrale dei
gruppi di prodotti e dei
relativi criteri
uno degli altri marchi
Tenere conto del lavoro già
svolto con la rete europea
globale (GEN) per il marchio
di qualità ecologica
Determinare in che modo
ciascun gruppo di prodotti
relativo ad ogni singolo
marchio rientra nel sistema
europeo e/o nazionale
Sensibilizzare ulteriormente
in modo graduale circa gli
obiettivi comuni e
complementari e il ruolo del
marchio UE e degli altri
marchi negli Stati membri
Sviluppare e trasmettere
congiuntamente informazioni
alle parti interessate in merito
all'esistenza, al ruolo e agli
obiettivi comuni e
complementari dei marchi
nazionali e del marchio UE
Scambiare informazioni su
quali prodotti recanti il
marchio vengono venduti
e dove
Continuare
Continuare
Esplorare le possibilità di
sviluppare un punto vendita
"ecologico" virtuale di
prodotti con marchio di
qualità ecologica su Internet
Studiare le possibilità e le
opportunità di adattare la
struttura tariffaria del marchio
comunitario di qualità
ecologica al fine di offrire
uno sconto appropriato ai
richiedenti che desiderano
il marchio UE e uno o più
altri marchi degli
Stati membri
Sviluppare azioni congiunte
atte a promuovere l'uso dei
criteri del marchio di
qualità ecologica negli
appalti pubblici
Finanziamento
Pianificare il finanziamento a
lungo termine del sistema
utilizzando le risorse nel
modo più efficiente
possibile
32
Mirare ad un accordo sul
finanziamento a lungo
termine del sistema
Continuare
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
12 febbraio 2002, n. 2002/3/CE
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'ozono nell'aria
(G.U.C.E. n. L 67 del 9 marzo 2002)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e
sociale,
visto il parere del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato,
visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 10 dicembre 2001,
considerando quanto segue:
(1) In base ai principi sanciti dall'articolo 174
del trattato, il Quinto programma d'azione a
favore dell'ambiente approvato con risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di
Consiglio, del 1° febbraio 1993, riguardante
un programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo
sostenibile, integrato dalla decisione n.
2179/98/CE, prevede in modo specifico l'adeguamento della legislazione vigente in
materia di inquinanti atmosferici. Il suddetto
programma raccomanda di stabilire obiettivi a
lungo termine in materia di qualità dell'aria.
(2) Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5 della
direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, il
Consiglio adotta la normativa di cui al paragrafo 1 e le disposizioni di cui ai paragrafi 3 e
4 di detto articolo.
(3) È importante garantire un'efficace protezione della popolazione dagli effetti dell'esposizione all'ozono nocivi alla salute umana. È
opportuno ridurre, per quanto possibile, gli
effetti nocivi dell'ozono sulla vegetazione, sugli
ecosistemi e sull'ambiente nel suo complesso. L'inquinamento da ozono è per natura
transfrontaliero e richiede pertanto misure a
livello comunitario.
(4) La direttiva 96/62/CE stabilisce che i
valori numerici delle soglie devono basarsi sui
risultati delle ricerche svolte da gruppi scientifici internazionali del settore. La Commissione
deve tener conto dei più recenti risultati della
ricerca scientifica nel settore epidemiologico
ed ambientale e dei progressi della metrologia
nell'ottica di riesaminare gli elementi su cui tali
soglie sono fondate.
(5) La direttiva 96/62/CE prescrive la fissazione di valori limite e valori-obiettivo per i livelli
di ozono. Data la natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono, andrebbero fissati,
a livello comunitario, valori bersaglio per la
protezione della salute umana e della vegetazione. Tali valori bersaglio dovrebbero rifarsi
agli obiettivi provvisori fissati dalla strategia
comunitaria integrata per combattere l'acidificazione e l'ozono a livello del suolo, che costituiscono altresì il fondamento della direttiva
2001/81/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti
atmosferici.
(6) In base alla direttiva 96/62/CE è opportuno che piani e programmi siano attuati nelle
zone e negli agglomerati in cui le concentrazioni di ozono superano i valori bersaglio onde
garantire, per quanto possibile, che entro la
data stabilita tali valori siano rispettati. Ciò
consiste, in larga misura, nell'attuare misure di
controllo conformi alla normativa comunitaria
in materia.
(7) Al fine di garantire un'efficace protezione
della salute umana e dell'ambiente è necessario fissare obiettivi a lungo termine. Tali obietti-
33
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
vi a lungo termine dovrebbero rifarsi alla strategia in materia di riduzione dell'ozono e dell'acidificazione ed allo scopo da questa perseguito di ravvicinare gli attuali livelli di ozono
agli obiettivi a lungo termine.
(8) Le misurazioni dovrebbero essere obbligatorie nelle zone in cui le concentrazioni superano gli obiettivi a lungo termine. Il numero
di punti di campionamento fissi necessari può
essere ridotto grazie a mezzi di valutazione
supplementari.
(9) Occorrerebbe fissare una soglia di allarme per l'ozono per la protezione della popolazione in generale. È altresì opportuno fissare
una soglia di informazione per proteggere i
gruppi sensibili della popolazione.
Occorrerebbe fornire sistematicamente alla
popolazione informazioni aggiornate sulle
concentrazioni di ozono nell'aria.
(10) Occorrerebbe predisporre piani d'azione a breve termine qualora ciò possa ridurre
significativamente il rischio di superamento
della soglia di allarme. Occorrerebbe ricercare
e studiare la possibilità di ridurre il rischio, la
durata e la gravità di tali superamenti. Tali
misure locali non dovrebbero tuttavia essere
imposte laddove l'analisi costi-benefici dimostri che sarebbero sproporzionate.
(11) Data la natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono, può essere necessario un
certo grado di coordinamento fra Stati membri limitrofi ai fini della predisposizione e dell'attuazione di piani, programmi e piani d'azione a breve termine, nonché dell'informazione
della popolazione. Gli Stati membri dovrebbero continuare, se del caso, la cooperazione
con paesi terzi, privilegiando una tempestiva
partecipazione di quelli candidati all'adesione.
(12) Onde poter redigere relazioni periodiche, dovrebbero essere trasmessi alla
Commissione i dati relativi alle concentrazioni
rilevate.
34
(13) È opportuno che la Commissione riesamini le disposizioni della presente direttiva
sulla scorta dei progressi più recenti della ricerca scientifica, con particolare riguardo agli
effetti dell'ozono sulla salute umana e sull'ambiente. La relazione della Commissione dovrebbe inserirsi nell'ambito di una strategia in
materia di qualità dell'aria intesa a rivedere e
proporre obiettivi comunitari di qualità dell'aria
e a elaborare strategie concrete per il loro
conseguimento. In questo contesto la relazio-
ne dovrebbe tener conto della possibilità di
conseguire gli obiettivi a lungo termine entro
un determinato periodo di tempo.
(14) Le misure necessarie per l'attuazione
della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio,
del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
(15) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, ovvero garantire un'efficace protezione
dagli effetti nocivi sulla salute umana dell'esposizione all'ozono e ridurre gli effetti nocivi
dell'ozono sulla vegetazione, sugli ecosistemi
e sull'ambiente nel suo complesso, non possono essere sufficientemente realizzati dagli
Stati membri a motivo della natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono e possono
dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure secondo il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Nel rispetto del principio di
proporzionalità di cui a detto articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi.
(16) La direttiva 92/72/CEE del Consiglio,
del 21 settembre 1992, sull'inquinamento dell'aria provocato dall'ozono dovrebbe essere
abrogata,
HANNO ADOTTATO
LA PRESENTE DIRETTIVA:
Art. 1
Finalità
La presente direttiva si prefigge di:
a) fissare obiettivi a lungo termine, valori bersaglio, una soglia di allarme e una soglia di
informazione relativi alle concentrazioni di
ozono nell'aria della Comunità, al fine di
evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi
sulla salute umana e sull'ambiente nel suo
complesso;
b) garantire che in tutti gli Stati membri siano
utilizzati metodi e criteri uniformi per la
valutazione delle concentrazioni di ozono
e, ove opportuno, dei precursori dell'ozono (ossidi di azoto e composti organici
volatili) nell'aria;
c) ottenere adeguate informazioni sui livelli di
ozono nell'aria e metterle a disposizione
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
della popolazione;
d) garantire che, per quanto riguarda l'ozono, la qualità dell'aria sia salvaguardata
laddove è accettabile e sia migliorata negli
altri casi;
e) promuovere una maggiore cooperazione
tra gli Stati membri per quanto riguarda la
riduzione dei livelli d'ozono, e l'uso delle
potenzialità delle misure transfrontaliere e
l'accordo su tali misure.
Art. 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) "aria": l'aria esterna presente nella troposfera, esclusi i luoghi di lavoro;
2) "inquinante": qualsiasi sostanza direttamente o indirettamente immessa dall'uomo
nell'aria, che può avere effetti nocivi sulla salute umana o sull'ambiente nel suo complesso;
3) "precursori dell'ozono": sostanze che
contribuiscono alla formazione di ozono a
livello del suolo, alcune delle quali sono elencate nell'allegato VI;
4) "livello": concentrazione di un inquinante
nell'aria o deposizione dello stesso su una
superficie in un dato periodo di tempo;
5) "valutazione": qualsiasi metodo impiegato per misurare, calcolare, prevedere o stimare il livello di un inquinante nell'aria;
6) "misurazione in siti fissi": le misurazioni
effettuate ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 5
della direttiva 96/62/CE;
7) "zona": parte del territorio degli Stati membri da essi delimitata;
8) "agglomerato": zona con una concentrazione di popolazione superiore a 250.000 abitanti o, allorché la concentrazione di popolazione è pari o inferiore a 250.000 abitanti, una
densità abitativa per km2 tale da rendere
necessarie per gli Stati membri la valutazione
e la gestione della qualità dell'aria;
9) "valore bersaglio": livello fissato al fine di
evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana e/o sull'ambiente nel suo complesso, da conseguirsi per quanto possibile entro
un dato periodo di tempo;
10) "obiettivo a lungo termine": concentrazione di ozono nell'aria al di sotto della quale
si ritengono improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti
sulla salute umana e/o sull'ambiente nel suo
complesso. Tale obiettivo deve essere conseguito, salvo quando ciò non sia realizzabile
tramite misure proporzionate, nel lungo periodo al fine di fornire un'efficace protezione della
salute umana e dell'ambiente;
11) "soglia di allarme": livello oltre il quale vi
è un rischio per la salute umana di esposizione di breve durata della popolazione in generale, e raggiunto il quale gli Stati membri devono immediatamente intervenire a norma degli
articoli 6 e7;
12) "soglia di informazione": livello oltre il
quale vi è un rischio per la salute umana in
caso di esposizione di breve durata per alcuni
gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale sono necessarie
informazioni aggiornate;
13) "composti organici volatili" ("COV"): tutti
i composti organici provenienti da fonti antropogeniche e biogeniche, diversi dal metano,
che possono produrre ossidanti fotochimici
reagendo con gli ossidi di azoto in presenza di
luce solare.
Art. 3
Valori bersaglio
1. I valori bersaglio per il 2010 per le concentrazioni di ozono nell'aria sono riportati
nella parte II dell'allegato I.
2. Gli Stati membri redigono un elenco delle
zone e degli agglomerati nei quali i livelli di
ozono nell'aria, valutati ai sensi dell'articolo 9,
superano i valori bersaglio di cui al paragrafo 1.
3. Per le zone e gli agglomerati di cui al
paragrafo 2, gli Stati membri adottano misure
volte a garantire, in linea con le disposizioni
della direttiva 2001/81/CE, che sia predisposto ed attuato un piano o un programma al
fine di raggiungere i valori bersaglio, salvo
quando ciò non sia realizzabile tramite misure
proporzionate, a partire dalla data indicata
nella parte II dell'allegato I. Qualora, ai sensi
dell'articolo 8, paragrafo 3 della direttiva
96/62/CE, occorra predisporre o attuare piani
o programmi relativi ad inquinanti diversi dall'ozono, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani o programmi integrati riguardanti tutti gli inquinanti in questione.
4. I piani o programmi di cui al paragrafo 3
contengono le informazioni minime descritte
nell'allegato IV della direttiva 96/62/CE e sono
portati a conoscenza della popolazione e delle
organizzazioni interessate, quali associazioni
ambientaliste, dei consumatori o di tutela dei
35
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
gruppi di popolazione sensibili ed altri organismi sanitari competenti.
Art. 4
Obiettivi a lungo termine
1. Gli obiettivi a lungo termine per le concentrazioni di ozono nell'aria sono indicati
nella parte III dell'allegato I.
2. Gli Stati membri redigono un elenco delle
zone e degli agglomerati nei quali i livelli di
ozono nell'aria, valutati ai sensi dell'articolo 9,
superano gli obiettivi a lungo termine di cui al
paragrafo 1, ma sono inferiori o uguali ai valori bersaglio fissati nella parte II dell'allegato I.
Per tali zone e agglomerati gli Stati membri
predispongono e attuano misure efficaci dal
punto di vista dei costi finalizzate al conseguimento degli obiettivi a lungo termine. Le misure adottate devono almeno essere coerenti
con tutti i piani o programmi di cui all'articolo
3, paragrafo 3. Inoltre, esse si basano sulle
misure adottate ai sensi delle disposizioni
della direttiva 2001/81/CE e della pertinente
normativa CE.
3. I progressi della Comunità nel conseguimento degli obiettivi a lungo termine sono
soggetti a successivi riesami, nell'ambito del
processo di cui all'articolo 11 e in rapporto alla
direttiva 2001/81/CE, prendendo come anno
di riferimento il 2020 e tenendo conto dei progressi realizzati nel conseguimento dei massimali di emissione nazionali stabiliti in detta
direttiva.
Art. 5
Norme per le zone e gli agglomerati
con livelli di ozono conformi
agli obiettivi a lungo termine
36
Gli Stati membri redigono un elenco delle
zone e degli agglomerati nei quali i livelli di
ozono sono conformi agli obiettivi a lungo termine. Nella misura in cui lo consentono fattori
attinenti alla natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono e alle condizioni meteorologiche, in tali zone e agglomerati essi mantengono i livelli di ozono al di sotto degli obiettivi a lungo termine e preservano tramite misure proporzionate la migliore qualità dell'aria
compatibile con lo sviluppo sostenibile e un
elevato livello di protezione dell'ambiente e
della salute umana.
Art. 6
Informazione del pubblico
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per:
a) assicurare che le informazioni aggiornate
sulle concentrazioni di ozono nell'aria
siano messe regolarmente a disposizione
del pubblico, delle associazioni interessate, quali le associazioni ambientaliste, le
associazioni dei consumatori, le associazioni di tutela dei gruppi di popolazione
sensibili e gli altri organismi sanitari competenti.
Le informazioni sono aggiornate con frequenza almeno giornaliera ovvero, laddove opportuno e fattibile, oraria.
Le informazioni indicano almeno tutti i casi
di superamento delle concentrazioni corrispondenti all'obiettivo a lungo termine per
la protezione della salute, le soglie di informazione e di allarme in relazione al corrispondente periodo di mediazione. Le informazioni dovrebbero inoltre comprendere una breve valutazione in relazione agli
effetti sulla salute.
Le soglie di informazione e di allarme per
le concentrazioni di ozono nell'aria sono
indicate nella parte I dell'allegato II;
b) mettere a disposizione del pubblico e
delle organizzazioni pertinenti, come quelle ambientaliste, dei consumatori, per la
tutela dei gruppi di popolazione sensibili, e
degli altri organismi sanitari competenti,
relazioni annuali dettagliate in cui siano
indicati almeno, per quanto riguarda la
salute umana, tutti i casi di superamento
delle concentrazioni corrispondenti al
valore bersaglio e all'obiettivo a lungo termine, le soglie di informazione e di allarme
in relazione al periodo di mediazione, e,
per quanto riguarda la vegetazione, qualsiasi superamento del valore bersaglio e
dell'obiettivo a lungo termine, nonché, se
del caso, una breve valutazione degli
effetti dei casi di superamento in questione. Esse possono altresì contenere, se del
caso, informazioni e valutazioni ulteriori in
materia di protezione delle foreste, come
specificato nella parte I dell'allegato III.
Possono anche includere informazioni sui
precursori pertinenti, ove queste non
siano già contemplate dalla legislazione
comunitaria vigente;
c) provvedere affinché siano fornite con la
massima tempestività agli organismi sani-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
tari e alla popolazione informazioni sui casi
di superamento in corso o previsti della
soglia di allarme.
Le informazioni e le relazioni summenzionate sono rese pubbliche con i mezzi adeguati secondo i casi, ad esempio mediante mezzi radiotelevisivi, stampa o pubblicazioni, pannelli informativi o reti informatiche, quali Internet.
2. Le informazioni dettagliate da comunicare al pubblico ai sensi dell'articolo 10 della
direttiva 96/62/CE in caso di superamento di
una delle soglie devono comprendere gli elementi indicati nella parte II dell'allegato II. Ove
fattibile, gli Stati membri fanno in modo di fornire tali informazioni anche nei casi in cui si
prevede un superamento della soglia di informazione o di allarme.
3. Le informazioni fornite ai sensi dei paragrafi 1 e 2 devono essere chiare, comprensibili ed accessibili.
Art. 7
Piani d'azione a breve termine
1. Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3 della
direttiva 96/62/CE, gli Stati membri predispongono piani d'azione ai livelli amministrativi adeguati che indicano le misure specifiche
da adottare a breve termine, tenendo conto di
circostanze locali particolari, per le zone ove vi
sia un rischio di superamento della soglia di
allarme qualora vi sia un potenziale significativo di riduzione di tale rischio o della durata o
gravità dei superamenti della soglia di allarme.
Qualora si rilevi che non sussiste un potenziale significativo di riduzione del rischio, della
durata o gravità dei superamenti nelle zone in
questione, gli Stati membri sono esonerati
dall'applicazione delle disposizioni dell'articolo
7, paragrafo 3 della direttiva 96/62/CE. Spetta
agli Stati membri accertare se vi sia un potenziale significativo di riduzione del rischio, della
durata o della gravità dei superamenti, tenuto
conto delle condizioni geografiche, meteorologiche ed economiche nazionali.
2. L'elaborazione di piani d'azione a breve
termine, inclusi i livelli di attivazione di azioni
specifiche, rientra nella responsabilità degli
Stati membri. Tali piani possono prevedere,
secondo i casi, misure graduate ed economicamente valide di controllo e, ove risulti necessario, di riduzione o i sospensione di talu-
ne attività, tra cui il traffico di autoveicoli, che
contribuiscono alle emissioni che determinano
il superamento della soglia di allarme. Possono anche essere previste misure efficaci connesse con l'attività degli impianti industriali e
l'utilizzazione di prodotti.
3. Nel predisporre e attuare i piani d'azione
a breve termine, gli Stati membri prendono in
considerazione esempi di misure di provata
efficacia, che dovrebbero essere incluse negli
orientamenti di cui all'articolo 12.
4. Gli Stati membri mettono a disposizione
del pubblico e delle associazioni interessate,
quali le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori, le associazioni di tutela
dei gruppi di popolazione sensibili e gli altri
organismi sanitari pertinenti, sia i risultati delle
loro indagini, sia il contenuto dei piani d'azione specifici a breve termine e informazioni sull'attuazione di questi piani.
Art. 8
Inquinamento transfrontaliero
1. Quando le concentrazioni di ozono superano i valori bersaglio o gli obiettivi a lungo termine principalmente a causa di emissioni di
precursori verificatesi in altri Stati membri, gli
Stati membri interessati collaborano per predisporre, ove opportuno, piani e programmi
concertati per il conseguimento dei valori bersaglio o degli obiettivi a lungo termine, salvo
quando ciò non sia realizzabile tramite misure
proporzionate.
La Commissione li assiste in tale processo.
Nell'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 11 la Commissione valuta, tenendo
conto della direttiva 2001/81/CE, in particolare l'articolo 9, se siano necessarie altre azioni
a livello comunitario al fine di ridurre le emissioni dei precursori che causano tali fenomeni
di inquinamento transfrontaliero da ozono.
2. Ove opportuno ai sensi dell'articolo 7, gli
Stati membri predispongono e attuano piani
d'azione a breve termine concertati che si applicano alle zone di frontiera dei diversi Stati
membri. Gli Stati membri provvedono affinché
nelle zone di frontiera dei diversi Stati membri
per le quali sono stati predisposti piani d'azione a breve termine, la popolazione riceva tutte
le informazioni del caso.
3. Allorché si verifichino superamenti della
soglia di informazione o della soglia di allarme
37
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
in zone prossime ai confini nazionali, dovrebbero essere informate quanto prima le autorità
competenti degli Stati membri limitrofi interessati al fine di agevolare l'informazione del pubblico di tali Stati.
4. Nel predisporre i piani e programmi di cui
ai paragrafi 1 e 2 e nell'informarne il pubblico
come previsto al paragrafo 3, gli Stati membri
continuano, se del caso, una cooperazione
con i paesi terzi, con particolare attenzione ai
paesi candidati all'adesione.
Art. 9
Valutazione delle concentrazioni
di ozono e di precursori nell'aria
38
1. Le misurazioni continue in siti fissi sono
obbligatorie nelle zone e negli agglomerati nei
quali durante uno qualsiasi degli ultimi cinque
anni di rilevamento le concentrazioni di ozono
hanno superato gli obiettivi a lungo termine.
Laddove siano disponibili solo dati relativi ad
un periodo inferiore a cinque anni, per accertare i superamenti gli Stati membri possono
avvalersi di brevi campagne di misurazione
effettuate in periodi e siti rappresentativi dei
massimi livelli di inquinamento, integrandole
con gli inventari delle emissioni e l'uso dei
modelli.
L'allegato IV contiene i criteri per l'ubicazione dei punti di campionamento ai fini della
misurazione dell'ozono. La parte I dell'allegato V contiene il numero minimo di punti di
campionamento fissi ai fini della misurazione
continua dell'ozono nelle zone e negli agglomerati nei quali la misurazione è l'unica fonte
di informazione per la valutazione della qualità
dell'aria.
In corrispondenza del 50% dei punti di campionamento dell'ozono prevista ai sensi della
parte I dell'allegato V, viene effettuata anche la
misurazione del biossido di azoto. La misurazione del biossido di azoto è continua, ad
eccezione delle stazioni rurali di fondo, quali
definite nella parte I dell'allegato IV, nelle quali
possono essere utilizzati altri metodi di misurazione.
Nelle zone e negli agglomerati nei quali le
informazioni ottenute dai punti di campionamento per la misurazione in siti fissi sono integrate da informazioni provenienti da tecniche
di modellizzazione o misurazioni indicative, il
numero complessivo dei punti di campionamento di cui alla parte I dell'allegato V può
essere ridotto a condizione che:
a) i metodi supplementari consentano di
pervenire a un livello d'informazione adeguato per la valutazione della qualità dell'aria con riferimento ai valori bersaglio e
alle soglie di informazione e di allarme;
b) il numero di punti di campionamento da
installare e la risoluzione spaziale di altre
tecniche devono poter consentire di accertare le concentrazioni di ozono conformemente agli obiettivi di qualità dei dati di
cui alla parte I dell'allegato VII e in vista dei
risultati di cui alla parte II dell'allegato VII;
c) il numero di punti di campionamento in
ciascuna zona o agglomerato sia almeno
uno per due milioni di abitanti o, se ciò
produce un numero maggiore di punti di
campionamento, uno per 50.000 km2;
d) ciascuna zona o agglomerato contenga
almeno un punto di campionamento;
e) il biossido di azoto venga misurato in tali
rimanenti punti di campionamento, ad
esclusione delle stazioni rurali di fondo.
In questo caso si tiene conto dei risultati
delle tecniche di modellizzazione e/o
misurazioni indicative ai fini della valutazione della qualità dell'aria in riferimento ai
valori bersaglio.
2. Nelle zone e negli agglomerati in cui,
durante tutti gli ultimi cinque anni di misurazione le concentrazioni sono state inferiori agli
obiettivi a lungo termine il numero delle stazioni di misurazione continua è stabilito ai sensi
alla parte II dell'allegato V.
3. Ciascuno Stato membro provvede affinché nel suo territorio venga installata e mantenuta operativa almeno una stazione di misurazione per fornire dati sui precursori dell'ozono
elencati nell'allegato VI. Ogni Stato membro
stabilisce il numero e l'ubicazione delle stazioni nelle quali misurare i suddetti precursori,
attenendosi ad obiettivi, metodi e raccomandazioni contenuti in detto allegato.
Nell'ambito degli orientamenti di cui all'articolo 12 vengono elaborate anche linee guida
per un'appropriata strategia di misurazione
dei precursori dell'ozono, tenendo conto delle
norme vigenti a livello comunitario e del programma concertato di sorveglianza continua
e di valutazione del trasporto a lunga distanza
di sostanze inquinanti atmosferiche in Europa
(EMEP) .
4. Nella parte I dell'allegato VIII sono contenuti i metodi di riferimento per l'analisi dell'o-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
zono. Nella parte II del medesimo allegato
sono stabilite le tecniche di modellizzazione
dell'ozono.
5. Le eventuali modifiche necessarie per
adeguare al progresso scientifico e tecnico il
presente articolo e gli allegati da IV a VIII sono
adottate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.
Art. 10
Trasmissione delle informazioni
e relazioni
1. Allorché trasmettono informazioni alla
Commissione ai sensi dell'articolo 11 della
direttiva 96/62/CE, gli Stati membri provvedono anche e, per la prima volta, per l'anno civile successivo alla data di cui all'articolo 15,
paragrafo 1, a:
a) trasmettere alla Commissione, per ogni
anno civile, entro il 30 settembre dell'anno
successivo l'elenco delle zone e degli
agglomerati di cui all'articolo 3, paragrafo
2, all'articolo 4, paragrafo 2 e all'articolo 5;
b) trasmettere alla Commissione una relazione che fornisca un quadro globale della
situazione quanto al superamento dei valori bersaglio stabiliti nella parte II dell'allegato I. La relazione fornisce una spiegazione dei casi annuali di superamento del
valore bersaglio per la protezione della
salute umana; la relazione contiene altresì i
piani e i programmi di cui all'articolo 3,
paragrafo 3; la relazione viene trasmessa
entro due anni dalla fine del periodo nel
corso del quale si sono rilevati superamenti dei valori bersaglio fissati per l'ozono;
c) informare la Commissione, a scadenza
triennale, dei progressi realizzati nell'ambito di ciascun piano o programma.
2. Inoltre gli Stati membri, per la prima volta,
per l'anno civile successivo alla data di cui
all'articolo 15, paragrafo 1:
a) trasmettono alla Commissione in via provvisoria, per ognuno dei mesi compresi tra
aprile e settembre di ogni anno
i) entro la fine del mese successivo, per
ogni giorno in cui si osservano superamenti delle soglie di informazione e/o di
allarme, le seguenti informazioni:data,
durata dell'episodio in ore, valore/i massimo/i di 1 ora di ozono;
ii) entro il 31 ottobre di ogni anno, le altre
informazioni indicate nell'allegato III;
b) per ogni anno civile, entro il 30 settembre
dell'anno successivo, trasmettono alla
Commissione le informazioni convalidate
di cui all'allegato III insieme alle concentrazioni medie annuali dei precursori dell'ozono indicati nell'allegato VI;
c) trasmettono alla Commissione, con scadenza triennale ed entro il 30 settembre
successivo alla fine di ciascun triennio,
nell'ambito della relazione settoriale di cui
all'articolo 4 della direttiva 91/692/CEE
del Consiglio, le seguenti informazioni riguardanti:
i) il riesame dei livelli di ozono osservati o
valutati, a seconda dei casi, nelle zone e
negli agglomerati di cui all'articolo 3,
paragrafo 2, all'articolo 4, paragrafo 2 e
all'articolo 5;
ii) eventuali misure adottate o predisposte
ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2;
iii)le decisioni in merito ai piani d'azione a
breve termine, la elaborazione e il contenuto, nonché una valutazione degli
effetti dei piani stessi, predisposti ai sensi dell'articolo 7.
3. La Commissione provvede a:
a) far sì che le informazioni trasmesse ai
sensi del paragrafo 2, lettera a) siano
immediatamente messe a disposizione
con mezzi appropriati e comunicate
all'Agenzia europea dell'ambiente;
b) pubblicare ogni anno un elenco delle zone
e degli agglomerati di cui al paragrafo 1,
lettera a) e, entro il 30 novembre di ogni
anno, una relazione sulla situazione dell'ozono durante l'estate dell'anno in corso e
del precedente anno civile per fornire, in
un formato comparabile, quadri globali
della situazione di ciascuno Stato membro, tenuto conto delle diverse condizioni
meteorologiche e dell'inquinamento transfrontaliero, e fornire un quadro globale di
tutti i superamenti dell'obiettivo a lungo
termine negli Stati membri;
c) verificare regolarmente l'attuazione dei
piani o dei programmi presentati ai sensi
del paragrafo 1, lettera b) mediante analisi dei progressi registrati e delle tendenze
a livello di inquinamento atmosferico e
tenendo conto delle condizioni meteorologiche e dell'origine dei precursori dell'ozono (biogenica o antropogenica) ;
d) tener conto delle informazioni fornitele ai
sensi dei paragrafi 1 e 2 nella redazione
delle relazioni triennali sulla qualità dell'a-
39
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
ria, ai sensi dell'articolo 11, punto 2 della
direttiva 96/62/CE;
e) predisporre un opportuno scambio delle
informazioni ed esperienze comunicatele
ai sensi del paragrafo 2, lettera c), punto
iii) in materia di elaborazione ed attuazione
dei piani d'azione a breve termine.
4. Nell'adempiere ai compiti di cui al paragrafo 3 la Commissione si avvarrà, secondo
necessità, delle competenze dell'Agenzia
europea dell'ambiente.
5. Entro il 9 settembre 2003 gli Stati membri comunicano alla Commissione i metodi impiegati per la valutazione preliminare della
qualità dell'aria ai sensi dell'articolo 11, punto
1, lettera d) della direttiva 96/62/CE.
Art. 11
Riesame e relazioni
1. Entro il 31 dicembre 2004 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che descrive l'esperienza
acquisita nell'applicazione della presente
direttiva.
Essa verterà in particolare su:
a) gli ultimi risultati della ricerca scientifica
alla luce degli orientamenti dell'Organizzazione mondiale della sanità in materia di
effetti dell'esposizione all'ozono sull'ambiente e sulla salute umana tenendo conto specificatamente dei gruppi di popolazione sensibili; viene preso in considerazione lo sviluppo di modelli più accurati;
b) i recenti sviluppi tecnologici, in particolare
nel campo dei metodi di misurazione o di
altri tipi di valutazione delle concentrazioni, nonché l'evoluzione delle concentrazioni di ozono in tutta Europa;
c) il confronto tra le previsioni basate su modelli e le misurazioni effettive;
d) la determinazione e i livelli degli obiettivi a
lungo termine, dei valori bersaglio, delle
soglie di informazione e di allarme;
e) l'impatto che il programma internazionale
concertato ai sensi della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza dell'UNECE ha sugli
effetti dell'ozono sulle colture e la vegetazione naturale.
40
2. La relazione si inserisce nel contesto di
una strategia in materia di qualità dell'aria intesa a rivedere e proporre obiettivi comunitari di
qualità dell'aria e a elaborare strategie concrete per il loro conseguimento. In tale contesto,
la relazione terrà conto dei seguenti elementi:
a) margine di intervento per un'ulteriore riduzione delle emissioni inquinanti di tutte le
fonti, nei limiti della fattibilità tecnica e dell'efficacia dei costi delle misure;
b) correlazione tra, da un lato, gli inquinanti e
le opportunità di strategie integrate per
conseguire la qualità dell'aria nella Comunità e, dall'altro, i relativi obiettivi;
c) possibilità di ulteriori azioni a livello comunitario intese a ridurre le emissioni di precursori;
d) progressi nell'applicazione dei valori bersaglio di cui all'allegato I, compresi i piani
ed i programmi predisposti e realizzati ai
sensi degli articoli 3 e 4, esperienza acquisita nell'attuazione di piani d'azione a
breve termine ai sensi dell'articolo 7 e
condizioni, di cui all'allegato IV, nelle quali
le misurazioni della qualità dell'aria sono
state effettuate;
e) possibilità di conseguire gli obiettivi a lungo termine di cui alla parte III dell'allegato
I, entro un periodo di tempo determinato;
f) norme attuali e future in materia di informazione del pubblico e di scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione;
g) correlazione tra la presente direttiva e i
cambiamenti previsti a seguito di misure
che la Comunità e gli Stati membri devono adottare per soddisfare gli impegni
relativi ai cambiamenti climatici;
h) il trasporto transfrontaliero dell'inquinamento, tenuto conto delle misure adottate
nei paesi candidati all'adesione.
3. La relazione effettua inoltre un riesame
delle disposizioni della presente direttiva alla
luce dei risultati e, se necessario, è corredata
di una proposta di modifica della presente
direttiva, con particolare riguardo agli effetti
dell'ozono sull'ambiente e sulla salute umana
e tenendo conto specificamente dei gruppi di
popolazione sensibili.
Art. 12
Orientamenti
1. Ai fini dell'attuazione della presente direttiva la Commissione elabora orientamenti
entro il 9 settembre 2002. A tale scopo essa
si avvarrà delle competenze reperibili presso
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
gli Stati membri, l'Agenzia europea dell'ambiente o gli enti specializzati del settore, secondo necessità e tenendo conto dei requisiti
vigenti nella legislazione comunitaria e
dell'EMEP.
2. Gli orientamenti sono adottati secondo la
procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.
Essi non modificano né direttamente né indirettamente i valori bersaglio, gli obiettivi a
lungo termine o le soglie di allarme e i informazione.
Art. 13
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato
istituito dall'articolo 12, paragrafo 2 della direttiva 96/62/CE.
alla presente direttiva o sono corredate di un
siffatto riferimento all'atto della pubblicazione
ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono
decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di
diritto interno che essi adottano nel settore
disciplinato dalla presente direttiva.
Art. 16
Abrogazioni
La direttiva 92/72/CEE è abrogata a decorrere dal 9 settembre 2003.
Art. 17
Entrata in vigore
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7
della decisione 1999/468/CE, tenendo conto
delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6
della decisione 1999/468/CE è fissato a tre
mesi.
La presente direttiva entra in vigore il giorno
della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale
delle Comunità europee.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento
interno.
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Art. 18
Destinatari
Art. 14
Sanzioni
Gli Stati membri determinano il regime di
sanzioni da irrogare in caso di violazione delle
norme nazionali di attuazione della presente
direttiva. Le sanzioni sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Art. 15
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 settembre 2003. Essi ne
informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento
ALLEGATO I
DEFINIZIONI, VALORI BERSAGLIO E OBIETTIVI
A LUNGO TERMINE PER L'OZONO
I. Definizioni
Tutti i valori sono espressi in µg/m3. Il volume deve
essere normalizzato alle seguenti condizioni di temperatura e di pressione: 293 K e 101,3 kPa. L'ora indicata è
quella dell'Europa centrale.
Per AOT40 (espresso in µg/m3)·ora s'intende la somma
della differenza tra le concentrazioni orarie superiori a 80
µg/m3 (=40 parti per miliardo) e 80 µg/m3 in un dato periodo di tempo, utilizzando solo i valori orari rilevati ogni giorno tra le 8:00 e le 20:00, ora dell'Europa centrale (1).
Per essere validi, i dati annuali sui superamenti utilizzati per verificare il rispetto dei valori bersaglio e degli obiettivi a lungo termine riportati nel seguito devono soddisfare i criteri di cui alla parte II dell'allegato III.
(1) Ora corrispondente per le regioni ultraperiferiche.
41
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
II. Ozono: valori bersaglio
Parametro
Valore bersaglio per il 2010 (a) (1)
1. Valore bersaglio per la protezione
della salute umana
Media massima giornaliera
su 8 ore (b)
120 µg/m3 da non superare
per più di 25 giorni per anno civile
come media su 3 anni (c)
2. Valore bersaglio per la protezione
della vegetazione
AOT40, calcolato sulla base
dei valori di 1 ora da maggio
a luglio
18 000 µg/m3 ·h come media
su 5 anni (c)
(a) Data a partire dalla quale si verifica la rispondenza ai valori bersaglio. Ciò significa che i valori del 2010 saranno utilizzati per verificare la concordanza con gli obiettivi nei successivi 3 o 5 anni.
(b) La massima concentrazione media giornaliera su 8 ore sarà determinata esaminando le medie consecutive su 8
ore, calcolate in base a dati orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata sarà assegnata al giorno nel quale finisce; in pratica, la prima fascia di calcolo per ogni singolo giorno sarà quella compresa tra le ore
17.00 del giorno precedente e le ore 01.00 del giorno stesso; l'ultima fascia di calcolo per ogni giorno sarà quella
compresa tra le ore 16.00 e le ore 24.00 del giorno stesso.
(c) Se non è possibile calcolare la media i 3 o 5 anni poiché non si ha un insieme completo di dati relativi a più anni
consecutivi, i dati annuali minimi necessari per la verifica della rispondenza con i valori bersaglio sono i seguenti:
- per il valore bersaglio per la protezione della salute umana: dati validi relativi ad 1 anno,
- per il valore bersaglio per la protezione della vegetazione: dati relativi a 3 anni.
(1) I valori bersaglio e i superamenti consentiti sono fissati fatti salvi i risultati degli studi e del riesame, di cui all'articolo
11, che terranno conto delle diverse situazioni geografiche e climatiche nella Comunità europea.
III. Ozono: obiettivi a lungo termine
Parametro
Obiettivo a lungo (a)
1. Obiettivo a lungo termine per la
protezione della salute umana
Media massima giornaliera su
8 ore nell'arco di un anno civile
120 µg/m3
2. Obiettivo a lungo termine per la
protezione della vegetazione
AOT40, calcolato sulla base dei 6.000 µg/m3 ·h
valori di 1 ora da maggio a luglio
(a) I progressi realizzati dalla Comunità nel conseguimento dell'obiettivo a lungo termine, prendendo come riferimento l'anno 2020, sono riesaminati nell'ambito del processo di cui all'articolo 11.
ALLEGATO II
SOGLIE DI INFORMAZIONE E DI ALLARME
I.
Soglie di informazione e di allarme per l'ozono
Soglia di informazione
Soglia di allarme
Parametro
Soglia
Media di 1 ora
Media di 1 ora (a)
180 µg/m3
240 µg/m3
(a) Per l'attuazione dell'articolo 7, il superamento della soglia va misurato o previsto per tre ore consecutive.
II. Informazioni minime da fornire al pubblico qualora si sia verificato o sia previsto un superamento della
soglia di informazione o di allarme
42
Le seguenti informazioni devono essere fornite al pubblico su scala sufficientemente vasta e quanto più rapidamente
possibile:
1) Informazioni sui superamenti registrati:
- località o area in cui si è verificato il superamento,
- tipo di soglia superata (di informazione o di allarme),
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
- ora d'inizio e durata del superamento,
- massima concentrazione media di 1 ora e i 8 ore.
2) Previsione per il pomeriggio/giorno/i seguenti:
- area geografica dei superamenti previsti della soglia di informazione o i allarme,
- tendenza dell'inquinamento prevista (miglioramento, stabilizzazione, peggioramento).
3) Informazione sui settori colpiti della popolazione, possibili effetti sulla salute e condotta raccomandata:
- informazione sui gruppi di popolazione a rischio,
- descrizione dei sintomi riscontrabili,
- precauzioni che i gruppi di popolazione colpiti devono prendere,
- dove ottenere ulteriori informazioni.
4) Informazione sulle azioni preventive per la riduzione dell'inquinamento e/o l'esposizione all'inquinamento: indicazione delle principali fonti;azioni raccomandate per la riduzione delle emissioni.
ALLEGATO III
INFORMAZIONI TRASMESSE DAGLI STATI MEMBRI ALLA COMMISSIONE E CRITERI PER L'AGGREGAZIONE
DEI DATI E IL CALCOLO DEI PARAMETRI STATISTICI
I.
Informazioni da trasmettere alla Commissione
La seguente tabella stabilisce tipo e quantità delle informazioni che gli Stati membri devono trasmettere alla
Commissione:
Tipo di stazione
Livello
Soglia di
informazione
Qualsiasi
Soglia di
allarme
Dati provvisori
per ogni
a settembre
Relazioni annuali
mese da aprile
180 µg/m3 1 ora
- per ogni giorno n cui
si osservano episodi:
data, durata del
superamento in ore,
valori massimi di 1 ora
di ozono e relativo NO2
quando richiesto,
- valori massimi mensili
di ozono di 1 ora
- per ogni giorno in cui
si osservano superamenti:
data, durata del
superamento in ore,
valori massimi di 1 ora
di ozono e relativo NO2
quando richiesto
Qualsiasi
240 µg/m3 1 ora
- per ogni giorno in cui
si osservano superamenti:
data, durata del superamento
in ore, valori massimi di
1 ora di ozono e relativo
NO2 quando richiesto
- per ogni giorno in cui
si osservano superamenti:
data, durata del
superamento in ore,
valori massimi di 1 ora
di ozono e relativo NO2
quando richiesto
Protezione
della salute
Qualsiasi
120 µg/m3 8 ore
- per ogni giorno in cui si
osservano superamenti:
data, valore massimo
di 8 ore (b)
- per ogni giorno in cui si
osservano superamenti:
dati, valore massimo di
8 ore (b)
Protezione
della
vegetazione
Suburbana, rurale,
rurale di fondo
AOT40 (a)
=6 000
µg/m3 ·h
1 ora,
accumulato
da maggio
a luglio
--
Valore
Protezione
delle foreste
Suburbana, rurale,
rurale di fondo
AOT40 (a)
=20000
µg/m3 ·h
1 ora,
accumulato
da aprile a
settembre
--
Valore
40 µg/m3
(c)
1 anno
--
Valore
Beni materiali Qualsiasi
Periodo
di media/
accumulo
43
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
(a) Vedi definizione di AOT40 di cui alla parte I dell'allegato I.
(b) Media massima giornaliera su 8 ore [cfr. allegato I, parte II, nota (a) ].
(c) Valore da rivedere, a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, alla luce degli sviluppi delle conoscenze scientifiche.
Le relazioni annuali devono contenere anche i seguenti dati, qualora tutti i dati orari disponibili per l'ozono, il biossido
di azoto e gli ossidi di azoto per l'anno in questione non siano già stati consegnati nel quadro della decisione 97/101/CE
del Consiglio (1):
- per l'ozono, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto e la somma di ozono e biossido di azoto (indicata come parti
per miliardo ed espressa in µg/m3 di ozono), valore massimo, 99.9° o, 98° o, 50° o percentile e media annuale e
numero di dati validi ottenuti da serie di 1 ora,
- valore massimo, 98° o 50° o percentile e media annuale ottenuti dalle serie di concentrazioni di ozono massime
giornaliere di 8 ore.
I dati presentati nelle relazioni mensili sono considerati provvisori e devono essere aggiornati, se necessario, in occasione delle successive comunicazioni.
(1) GU L 35 del 5.2.1997
II. Criteri per l'aggregazione dei dati e il calcolo dei parametri statistici
I percentili devono essere calcolati secondo la procedura specificata alla decisione 97/101/CE del Consiglio. Per verificare la validità dell'aggregazione dei dati e del calcolo dei parametri statistici devono essere usati i seguenti criteri:
Parametro
Proporzione prescritta di dati validi
Valori di 1 ora
Valori di 8 ore
Valore medio massimo giornaliero su 8 ore sulla
base delle medie consecutive di 8 ore
75% (ovvero 45 minuti)
75% dei valori (ovvero 6 ore)
75% delle concentrazione medie consecutive
su 8 ore calcolate in base a dati orari (ossia 18 medie su
8 ore al giorno)
90%dei valori di 1 ora nel periodo di tempo definito
per il calcolo del valore AOT 40 (a)
75% dei valori di 1 ora nella stagione estiva (da aprile
a settembre) ed invernale (da gennaio a marzo e a ottobre
a dicembre) rispettivamente
90% dei valori medi massimi giornalieri di 8 ore (27 valori
giornalieri disponibili al mese)
90% dei valori di 1 ora tra le 8.00 e le 20.00, ora
dell'Europa centrale
5 mesi estivi su 6 (da aprile a settembre)
AOT40
Media annuale
Numero di superamenti e valori massimi per mese
Numero di superamenti e valori massimi per anno
(a) Qualora non siano disponibili di tutti i dati misurati, i valori AOT40 saranno calcolati in base ai seguenti fattori:
AOT40 [stimato] = AOT40misurato x
numero totale di ore possibili *
numero di valori orari misurati
* il numero di ore è compreso nel periodo di tempo di cui alla definizione di AOT40 (ossia tra le ore 8.00 e le 20.00, ora
dell'Europa centrale, dal 1° aprile al 30 settembre di ogni anno per la protezione delle foreste).
44
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
ALLEGATO IV
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE E UBICAZIONE DEI PUNTI DI CAMPIONAMENTO
PER LA VALUTAZIONE DELLE CONCENTRAZIONI DI OZONO
Quanto segue si applica alle misurazioni in siti fissi:
I.
Ubicazione su macroscala
Tipo di
stazione
Finalità della misurazione
Rappresentatività
(a)
Criteri di ubicazione
su macroscala
Urbana
Protezione della salute
Alcuni km2
umana: determinare
l'esposizione all'ozono della
popolazione delle zone urbane,
ovvero delle zone con densità
di popolazione e concentrazioni
di ozono relativamente alte e
rappresentative dell'esposizione
della popolazione generale
Lontano dall'influsso di emissioni locali come
traffico, distributori di carburante, ecc.
Zona sufficientemente areata da garantire
un'adeguata miscela delle sostanze da misurare.
Per esempio zone cittadine ad uso residenziale
o commerciale, parchi (lontano dagli alberi),
ampie strade o piazze con traffico minimo o
nullo, zone aperte appartenenti a strutture
scolastiche o a impianti ricreativi o sportivi.
Suburbana
Protezione della salute
Alcune decine di km2
umana e della vegetazione:
determinare l'esposizione della
popolazione e della vegetazione
alla periferia degli agglomerati,
dove si riscontrano i massimi
livelli di ozono, ai quali
la popolazione e la vegetazione
possono essere esposti
direttamente o indirettamente
Non nelle immediate vicinanze dell'area di
massima emissione, sottovento rispetto alla
direzione o alle direzioni principali del vento,
in condizioni favorevoli alla formazione
di ozono.
Aree in cui la popolazione, le colture sensibili o
gli ecosistemi naturali situati ai margini estremi
di un agglomerato sono esposti ad elevati
livelli di ozono.
Ove appropriato, anche qualche stazione
suburbana situata sopravvento rispetto all'area
di massima emissione, onde determinare i
livelli regionali di inquinamento di fondo
da ozono.
Rurale
Protezione della salute
umana e della vegetazione:
determinare l'esposizione
della popolazione, delle
colture e degli ecosistemi
naturali alle concentrazioni di
ozono su scala subregionale
Livelli subregionali
(alcune centinaia
di km2)
Le stazioni possono essere situate in piccoli
insediamenti e/o aree con ecosistemi naturali,
foreste o a colture.
Aree rappresentative dell'ozono purché distanti
dall'influenza di emissioni locali immediate,
come insediamenti industrialie strade.
Aree aperte, ma non alla sommità di montagne.
Rurale
di fondo
Protezione della salute
umana e della vegetazione:
determinare l'esposizione
della popolazione, delle
colture e degli ecosistemi
naturali alle concentrazioni
di ozono su scala regionale
Livelli regionali/
nazionali/continentali
(da 1.000 a
10.000 km2)
Stazioni situate in aree a bassa densità di
popolazione, ad esempio con ecosistemi
naturali, foreste, a grande distanza da aree
urbane ed industriali e distanti dall'influenza
delle emissioni locali.
Evitare zone soggette ad un locale aumento
delle condizioni di inversione a livello del suolo,
nonché la sommità delle montagne.
Sconsigliate le zone costiere caratterizzate da
evidenti cicli di vento diurni a carattere locale.
(a) I punti di campionamento devono, nella misura del possibile, essere rappresentativi di zone analoghe non ubicate
nelle immediate vicinanze.
Per le stazioni rurali e rurali di fondo occorre eventualmente coordinare i campionamenti con le norme relative al monitoraggio prescritte dal regolamento (CE) n.1091/94 della Commissione (1) , relativo alla protezione delle foreste della
Comunità contro l'inquinamento atmosferico.
(1) GU L 125 del 18.5.1994, pag. 1.
45
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
II. Ubicazione su microscala
Per quanto fattibile si devono rispettare le seguenti
istruzioni:
1) L'orifizio di ingresso della linea di campionamento deve
essere libero (per un arco di almeno 270°) e il flusso
d'aria non deve essere ostruito in prossimità dell'analizzatore, che deve trovarsi ad una distanza da edifici,
balconi, alberi ed altri ostacoli pari a più del doppio
della distanza con cui l'ostacolo sporge al di sopra dell'analizzatore.
2) Di regola il punto di ingresso deve trovarsi tra 1,5 m
(fascia di respirazione) e 4 m dal suolo. Sono ammesse posizioni più elevate in stazioni urbane particolari ed
in zone boschive.
3) L'orifizio di ingresso deve trovarsi lontano da fonti quali
fornaci e camini di incenerimento e ad almeno 10 m
dalla strada più vicina, con distanza crescente in funzione dell'intensità di traffico.
4) L'orifizio di scarico dell'analizzatore deve essere collocato in modo da evitare il ricircolo dell'aria espulsa
verso l'orifizio di ingresso.
Si può anche tener conto dei fattori seguenti:
1) sostanze interferenti;
2) sicurezza;
3) accesso;
4) disponibilità di energia elettrica e di connessioni telefoniche;
5) visibilità del punto di campionamento rispetto all'ambiente esterno;
6) sicurezza della popolazione e degli addetti;
7) opportunità di effettuare nello stesso punto campionamenti per altri inquinanti;
8) requisiti di pianificazione.
III. Documentazione e riesame della scelta del sito
Le procedure di selezione del sito devono essere interamente documentate in fase di classificazione, ad esempio mediante fotografie dei punti cardinali dell'ambiente
circostante e mappe dettagliate. Il sito deve essere riesaminato a intervalli regolari, aggiornando la documentazione in modo da verificare che i criteri di selezione siano
ancora rispettati.
Ciò richiede un'adeguata selezione ed interpretazione
dei dati di monitoraggio nel contesto dei processi meteorologici e fotochimici che determinano le concentrazioni di
ozono rilevate in ciascun sito.
ALLEGATO V
CRITERI PER CALCOLARE IL NUMERO MINIMO DI PUNTI DI CAMPIONAMENTO
PER LA MISURAZIONE IN SITI FISSI DELLE CONCENTRAZIONI DI OZONO
1. Numero minimo dei punti di campionamento per misurazioni fisse continue atte a valutare la qualità dell'aria
in vista della rispondenza a valori-bersaglio, obiettivi a lungo termine e soglie di allarme ed informazione laddove la misurazione continua è la sola fonte di informazione
Popolazione
( _1 000)
<
<
<
<
<
<
<
>
250
500
1.000
1.500
2.000
2.750
3.750
3.750
Agglomerati
(urbano e suburbano) (a)
Altre zone
(suburbane e rurali) (a)
Rurale di fondo
1
2
3
3
4
5
1 stazione supplementare
per 2 milioni di abitanti
1
2
2
3
4
5
6
1 stazione supplementare
per 2 milioni di abitanti
1 stazione/50.000 km2
come densità media di
tutte le zone di un paese (b)
(a) Almeno una stazione nelle zone suburbane, dove può verificarsi la maggiore esposizione della popolazione, Negli
agglomerati almeno il 50% delle stazioni deve essere situato nelle zone suburbane.
(b) 1 stazione per 25.000 km2 è raccomandata per zone topograficamente complesse.
2. Numero minimo dei punti di campionamento per le misurazioni fisse in zone ed agglomerati che raggiungono gli obiettivi a lungo termine
46
Il numero di punti di campionamento per l'ozono, unito ad altri metodi di valutazione supplementare quali le tecniche
di modellizzazione della qualità dell'aria e la misurazione contestuale di diossido di azoto, deve essere sufficiente per
esaminare la tendenza dell'inquinamento da ozono e verificare la conformità agli obiettivi a lungo termine. Il numero di
stazioni situate negli agglomerati e nelle altre zone può essere ridotto ad un terzo del numero specificato alla parte I.
Qualora le informazioni raccolte da stazioni di misurazione fisse siano l'unica fonte di informazione, deve essere mantenuta almeno una stazione di sorveglianza. Se nelle zone in cui esistono altri metodi di valutazione a seguito di ciò una
zona rimane priva di stazioni, deve essere istituito un coordinamento con un numero tale di stazioni nelle zone limitrofe
da garantire una corretta valutazione delle concentrazioni di ozono rispetto agli obiettivi a lungo termine. Il numero delle
stazioni rurali di fondo deve essere pari a 1 per ogni 100.000 km2.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
ALLEGATO VI
MISURAZIONI DEI PRECURSORI DELL'OZONO
Finalità
Scopo principale di queste misurazioni è l'analisi delle tendenze dei precursori dell'ozono, la verifica dell'utilità delle
strategie di riduzione delle emissioni, il controllo degli inventari delle emissioni e la correlazione delle fonti di emissioni alle
concentrazioni di inquinamento.
Ci si prefigge inoltre di approfondire la conoscenza dei processi di formazione dell'ozono e i dispersione dei precursori, e di migliorare l'applicazione di modelli fotochimici.
Sostanze
La misurazione dei precursori dell'ozono deve comprendere almeno l'ossido di azoto e i composti organici volatili
(VOC) del caso. Si raccomanda di eseguire la misurazione dei seguenti composti organici volatili:
Etano
Etilene
Acetilene
Propano
Propilene
n-butano
i-butano
1-butene
trans-2-butene
cis-2-butene
1.3-butadiene
n-pentano
i-pentano
1-pentene
2-pentene
Isoprene
n-esano
i-esano
n-eptano
n-ottano
i-ottano
Benzene
Toluene
Etilbenzene
m+p-xilene
o-xilene
1, 2, 4-Trimet.Benzene
1, 2, 3-Trimet.Benzene
1, 3, 5-Trimet.Benzene
Formaldeide
Idrocarburi totali escluso
il metano
Metodi di riferimento
Per gli ossidi di azoto si applica il metodo di riferimento specificato alla direttiva 1999/30/CE (1) o in strumenti normativi comunitari successivi.
Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione i metodi utilizzati per il campionamento e la valutazione dei VOC.
La Commissione effettua in tempi brevi un'analisi comparata dei metodi e studia la possibilità di definire un metodo
di riferimento per il campionamento e la valutazione dei precursori, onde ottenere una maggiore comparabilità e precisione delle misure nell'ottica del riesame della presente direttiva previsto all'articolo 11.
Siti
Le misurazioni devono essere effettuate principalmente nelle aree urbane e suburbane, presso tutti i punti di monitoraggio istituiti ai sensi della direttiva 96/62/CE e considerati idonei alla luce degli obiettivi di monitoraggio di cui sopra.
(1) GU L 163 del 29.6.1999, pag. 41.
ALLEGATO VII
OBIETTIVI DI QUALITÀ DEI DATI E COMPILAZIONE DEI RISULTATI DELLA VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL'ARIA
I. Obiettivi di qualità dei dati
A titolo orientativo, sono stati stabiliti per i programmi di garanzia di qualità i seguenti obiettivi in materia di margini
consentiti di incertezza dei metodi valutazione, periodo minimo di copertura e raccolta dei dati delle misurazioni.
Per ozono, NO e NO2
Misurazioni fisse continue
Incertezza delle singole misurazioni
Letture minime
15%
90% durante l'estate
75% durante l'inverno
Misurazioni indicative
Incertezza delle singole misurazioni
30%
Letture minime
90%
Periodo minimo di copertura
> 10% durante l'estate
Modellizzazione
Incertezza
Medie di 1 ora (diurne)
50%
Massimo giornaliero su 8 ore
50%
Stima obiettiva
Incertezza
75%
47
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/3/CE
L'incertezza (con un intervallo di confidenza del 95%) dei
metodi di misurazione sarà valutata in base ai principi della
"ISO Guide to the Expression of Uncertainty in
Measurements "(1993) (Guida ISO all'espressione dell'incertezza nella misura) e dell'ISO 5725-1 "Accuracy (trueness
and precision) of measurements methods and results
"(1994) Accuratezza (Precisione ed esattezza) dei metodi di
misura e dei loro risultati) o a principi equivalenti. Le percentuali di incertezza riportate nella precedente tabella sono
indicate per le singole misurazioni da cui si ottiene la media
per il periodo considerato ai fini del calcolo dei valori bersaglio e degli obiettivi a lungo termine, con un intervallo di confidenza del 95%. L'incertezza delle misurazioni fisse continue deve essere interpretata come applicabile nella regione
della concentrazione usata per la relativa soglia.
L'incertezza per la modellizzazione e la stima oggettiva
è definita come la deviazione massima dei livelli di concentrazione misurati e calcolati, nel periodo considerato
per il calcolo della soglia, a prescindere dall'ordine cronologico degli episodi.
Il "periodo di osservazione" è definito come l'arco di
tempo considerato per la definizione del valore soglia,
durante il quale si misura l'inquinante.
La "lettura" è definita come il rapporto tra il tempo durante il quale lo strumento produce dati validi ed il tempo
per cui il parametro statistico o il valore aggregato deve
essere calcolato.
Le prescrizioni relative alla lettura minima e al periodo
minimo di osservazione non comprendono le perdite di
dati dovute alla taratura periodica o alla manutenzione
ordinaria della strumentazione.
II. Risultati della valutazione della qualità dell'aria
È necessario raccogliere le seguenti informazioni per le
zone o gli agglomerati in cui per le misurazioni sono usate
fonti diverse:
- descrizione delle attività di valutazione svolte,
- metodi specifici utilizzati e loro descrizione,
- fonti di dati e informazioni,
- descrizione dei risultati, il loro grado di incertezza e in
particolare superficie delle aree nella zona o nell'agglomerato le cui concentrazioni superano gli obiettivi a lungo termine o i valori bersaglio,
- per gli obiettivi a lungo termine o i valori bersaglio
48
volti alla protezione della salute umana, la popolazione potenzialmente esposta alle concentrazioni superiori alla soglia.
Ove possibile, gli Stati membri elaborano mappe che
mostrino la distribuzione delle concentrazioni all'interno di
ciascuna zona o agglomerato.
III. Normalizzazione
Per l'ozono il volume deve essere normalizzato alle
seguenti condizioni di temperatura e pressione: 293 K,
101, 3 kPa. Per gli ossidi di azoto si applicano le specifiche di normalizzazione di cui alla direttiva 1999/30/CE.
ALLEGATO VIII
METODO DI RIFERIMENTO PER L'ANALISI
DELL'OZONO E A TARATURA DEGLI ANALIZZATORI
I. Metodo di riferimento per l'analisi dell'ozono e la
taratura degli analizzatori
- Metodo di analisi: UV photometric method (ISO FDIS
13964),
- Metodo di taratura: Reference UV photometer (ISO
FDIS 13964, VDI 2468, B1.6).
Questo metodo è attualmente in fase di normalizzazione presso il comitato europeo di normalizzazione (CEN).
Una volta che questi abbia pubblicato la relativa norma, il
metodo e le tecniche ivi descritte costituiranno il metodo
di riferimento e di taratura da utilizzare ai sensi della presente direttiva.
Uno Stato membro può anche usare qualsiasi altro
metodo a condizione di dimostrare che esso fornisce
risultati equivalenti al metodo di cui sopra.
II. Tecniche di riferimento per la modellizzazione dell'ozono
Attualmente non è possibile specificare tecniche di riferimento per la modellizzazione. Le modifiche per adeguare questa parte al progresso scientifico e tecnico saranno
adottate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
1° marzo 2002, n. 466/2002/CE
Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un programma di azione comunitario per la promozione delle organizzazioni non
governative attive principalmente nel campo della protezione ambientale
(G.U.C.E. n. L 75 del 16 marzo 2002)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Comitato economico e
sociale (2), previa consultazione del Comitato
delle regioni,
deliberando in conformità della procedura di
cui all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1) Il trattato prevede lo sviluppo e l'attuazione di una politica ambientale comunitaria e
stabilisce gli obiettivi e i principi che devono
ispirare tale politica.
(2) Il programma di azione introdotto dalla decisione del Consiglio 97/872/CE, del 16 dicembre
1997, concernente un programma di azione comunitario per la promozione delle organizzazioni
non governative attive principalmente nel campo
della protezione ambientale (4) termina il 31 dicembre 2001. Il programma è stato valutato
dalla Commissione e dai beneficiari, attuali e
precedenti, che si sono dichiarati molto favorevoli a una sua continuazione o revisione.
(3) Il Sesto programma di azione per l'ambiente riconosce la necessità di dare maggio(1) GU C 270 E del 25.9.2001, pag. 125.
(2) Parere espresso il 18 ottobre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del Parlamento europeo del 23 ottobre 2001
(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 6 dicembre 2001
(non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e
decisione del Parlamento europeo del 16 gennaio
2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 354 del 30.12.1997, pag. 25.
re potere ai cittadini e le misure proposte prevedono un dialogo ampio e approfondito con
i soggetti interessati della politica ambientale.
Per consentire alle organizzazioni non governative (in prosieguo denominate "ONG") di
partecipare a questo dialogo, il Sesto programma per l'ambiente prevede la necessità
di un sostegno adeguato, compreso un finanziamento comunitario alle ONG.
(4) Le ONG attive nel campo della protezione ambientale hanno già dimostrato di poter
contribuire alla politica ambientale della Comunità, quale stabilita all'articolo 174 del trattato, attraverso una partecipazione attiva a
concrete misure di protezione ambientale e
attività di sensibilizzazione alla necessità di
tutelare l'ambiente in un'ottica di sviluppo sostenibile. Possono partecipare a questo programma anche le ONG attive nel campo della
protezione degli animali, a condizione che tali
attività siano volte al raggiungimento di obiettivi di protezione dell'ambiente.
(5) Le ONG sono essenziali per coordinare e
convogliare verso la Commissione l'informazione e le opinioni sulle prospettive nuove ed
emergenti, ad esempio in materia di protezione della natura e problemi ambientali transfrontalieri, che non sono, ad esempio o non
possono essere, pienamente trattati a livello
degli Stati membri o a livello inferiore. Le ONG
sono ben informate sulle preoccupazioni del
pubblico in materia ambientale e possono
quindi promuovere queste opinioni e riferirle
alla Commissione.
(6) Le ONG ambientali partecipano a gruppi
di esperti e a comitati di preparazione e attuazione delle istituzioni comunitarie, apportando
un contributo importante alle politiche, ai pro-
49
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC.466/2002/CE
grammi e alle iniziative della Comunità e al
necessario equilibrio di interessi tra i vari soggetti in campo ambientale, tra cui industria/commercio, sindacati e gruppi di consumatori.
(7) Si dovrebbero promuovere le ONG capaci di stimolare uno scambio su prospettive,
problemi e possibili soluzioni e di porre in
essere attività significative riguardo a problemi
ambientali con una dimensione comunitaria,
con la partecipazione di soggetti interessati a
livello nazionale, regionale e locale. Saranno
pertanto prese in considerazione soltanto le
ONG e le reti di ONG attive a livello europeo.
(8) L'espansione geografica del programma
è necessaria per includere le ONG dei paesi
candidati all'adesione, considerata la loro
importanza per ottenere l'accettazione pubblica dell'"acquis" ambientale e rafforzarne l'attuazione.
(9) Alla luce dell'esperienza acquisita nei
primi tre anni di attuazione della presente decisione, dovrebbe essere effettuata una valutazione del funzionamento del programma
per deciderne la continuazione.
(10) Gli stanziamenti annuali sono stabiliti
dall'autorità di bilancio nel quadro della procedura di bilancio.
(11) La presente decisione stabilisce, per
tutta la durata del programma, una dotazione
finanziaria che costituisce per l'autorità di bilancio, nel quadro della procedura di bilancio
annuale, il riferimento principale, ai sensi del
punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6
maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il
Consiglio e la Commissione sulla disciplina di
bilancio e sul miglioramento della procedura di
bilancio (5),
DECIDONO:
Art. 1
1. È istituito un programma di azione comunitario che promuove le organizzazioni non
governative (ONG) attive principalmente nel
campo della protezione ambientale.
2. L'obiettivo generale del programma è la
promozione delle ONG attive principalmente
50
(5) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1.
nel campo della protezione e del miglioramento ambientali a livello europeo. Tali attività
dovrebbero comportare il contributo, o la capacità di contribuire, allo sviluppo e all'attuazione della politica e della legislazione ambientale comunitaria nelle varie regioni
dell'Europa.
3. Il programma promuove anche la partecipazione sistematica delle ONG in tutte le fasi
del processo decisionale della Comunità in
materia ambientale, garantendone l'adeguata
rappresentanza alle riunioni di consultazione
dei soggetti interessati e alle audizioni pubbliche. Il programma contribuisce inoltre al rafforzamento di piccole associazioni regionali o
locali impegnate nell'applicazione dell'acquis
comunitario in materia di ambiente e sviluppo
sostenibile nel contesto in cui operano.
Art. 2
Per ottenere una sovvenzione, una ONG
deve presentare le seguenti caratteristiche ed
essere conforme all'allegato:
a) deve essere un'entità giuridica indipendente senza fini di lucro, attiva principalmente nel settore della protezione e del
miglioramento ambientale, con finalità
ecologiche al servizio della collettività e in
un'ottica di sviluppo sostenibile;
b) deve essere attiva a livello europeo, a titolo individuale o attraverso varie associazioni coordinate, con una struttura (base
di membri) ed attività che coprano almeno
tre paesi europei. Tuttavia, è accettabile la
presenza in due paesi europei, purché l'obiettivo primario delle attività sia sostenere lo sviluppo e l'attuazione della politica
ambientale comunitaria, come descritto
nell'articolo 1, paragrafi 2 e 3;
c) le sue attività devono soddisfare in particolare i principi inerenti al Sesto programma di azione per l'ambiente ed essere in
linea con le aree prioritarie individuate
all'articolo 5;
d) deve essere legalmente costituita da più
di due anni e i suoi conti annuali devono
essere stati certificati da un revisore ufficiale per i due anni precedenti. In caso di
circostanze eccezionali, la Commissione
può concedere una deroga a tali due
requisiti a patto che ciò non comprometta
la tutela degli interessi finanziari della
Comunità.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC.466/2002/CE
Art. 3
Art. 5
Il programma è aperto alla partecipazione di
ONG europee stabilite:
a) negli Stati membri;
b) nei paesi associati all'adesione (6), conformemente alle condizioni stabilite nei rispettivi accordi europei, nei loro protocolli
addizionali e nelle decisioni dei rispettivi
Consigli di associazione;
c) a Cipro, a Malta o in Turchia, conformemente alle condizioni e procedure che saranno convenute con questi paesi; o
d) nei paesi balcanici che fanno parte del
processo di stabilizzazione e associazione
per i paesi dell'Europa sudorientale (7), conformemente alle condizioni e procedure
che saranno convenute con questi paesi.
1. Considerata l'importanza dello sviluppo
sostenibile e della salute e della qualità della
vita dei cittadini europei, il sostegno a titolo del
presente programma è mirato in particolare
alle aree prioritarie del sesto programma di
azione in materia di ambiente, raggruppate
come segue sotto quattro voci principali:
a) limitare il cambiamento climatico;
b) natura e biodiversità - proteggere una
risorsa senza eguali;
c) salute e ambiente;
d) garantire la gestione sostenibile delle
risorse naturali e dei rifiuti.
Il sesto programma di azione in materia di ambiente sarà oggetto di una revisione nel quarto
anno di applicazione e sarà eventualmente aggiornato e modificato per tener conto di nuovi
sviluppi e nuove informazioni. Oltre alle aree sopra citate, sono anche considerati prioritari l'educazione ambientale e l'attuazione e il controllo della legislazione ambientale comunitaria.
Art. 4
1. La Commissione pubblica un invito a presentare proposte nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee, concernente le sovvenzioni per l'anno civile successivo, entro il 30 settembre di ogni anno. Inoltre la Commissione
impiega altri strumenti appropriati disponibili,
inclusi i mezzi elettronici, per far sì che il programma sia noto a potenziali beneficiari.
2. L'invito a presentare proposte comprende
un pacchetto informativo e stabilisce i criteri di
ammissibilità, selezione e assegnazione (incluse precisazioni sul sistema di ponderazione
proposto) e la procedura di presentazione
delle domande, valutazione e approvazione.
3. Dopo la valutazione delle proposte la
Commissione decide, entro il 31 dicembre di
ciascun anno, tranne eventuali ritardi nell'adozione del bilancio comunitario, quali organizzazioni riceveranno il finanziamento nell'anno
successivo. La decisione dà luogo ad un
accordo tra la Commissione e il beneficiario in
cui sono stabiliti l'importo massimo della sovvenzione, le modalità di pagamento, le misure
di controllo e monitoraggio e gli obiettivi da
raggiungere con la sovvenzione. I pagamenti
sono effettuati immediatamente.
(6) Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia.
(7) Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Albania,
Repubblica federale di Jugoslavia, Bosnia-Erzegovina
e Croazia.
2. La procedura di selezione ed assegnazione si svolge in quattro tappe, come illustrato
nella parte A dell'allegato.
Art. 6
1. Una sovvenzione non supera il 70% delle
spese medie annue ammissibili dell'organizzazione candidata, verificate nei due anni precedenti, nel caso di ONG basate nella Comunità, o l'80% nel caso di ONG basate nei
paesi candidati all'adesione e nei paesi balcanici, e non supera l'80% delle spese ammissibili dell'organizzazione candidata per l'anno in
corso. L'importo è determinato annualmente
secondo un sistema fisso di ponderazione
che tiene conto dei risultati della valutazione di
cui all'articolo 5 e alla parte A dell'allegato e
dei principi indicati nella parte C dell'allegato.
2. Un beneficiario ai sensi del presente programma è libero di usare la sovvenzione per
coprire le sue spese ammissibili come ritiene
opportuno, nel corso dell'anno oggetto di finanziamento. Sono considerate ammissibili
tutte le spese a carico del beneficiario durante l'anno della sovvenzione, ad eccezione di
quelle specificate nella parte D, sezione 2 dell'allegato. Il beneficiario può anche destinare
fondi a partner od organizzazioni aderenti, in
conformità di quanto specificato nel programma di lavoro approvato.
51
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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3. L'importo della sovvenzione diventa definitivo soltanto quando la dichiarazione finanziaria verificata è stata accettata dalla Commissione, con la garanzia che i finanziamenti
comunitari sono stati utilizzati conformemente
alle disposizioni pertinenti contenute nel Regolamento finanziario del 21 dicembre 1977 (8).
Il pagamento finale è ridotto in conseguenza
se il totale delle sovvenzioni comunitarie derivante da questo e a altri programmi supera
l'80% delle spese ammissibili verificate del
beneficiario per l'anno.
4. Inoltre se la dichiarazione finanziaria verificata dell'anno della sovvenzione mostra che
le entrate totali del beneficiario, a parte le
entrate regolarmente accantonate per le
spese non ammissibili, superano le spese ammissibili, il pagamento finale è ridotto oppure,
se necessario, l'importo in eccesso è recuperato in conseguenza. Conformemente all'articolo 256 del trattato, gli ordini di riscossione
costituiscono titolo esecutivo.
5. Per garantire l'efficacia delle sovvenzioni
alle ONG ambientali, la Commissione prende
le misure necessarie per verificare che un'organizzazione selezionata continui a soddisfare
i requisiti per l'assegnazione della sovvenzione
durante tutto l'anno della sovvenzione. Sono
in particolare introdotti un regime sistematico
per monitorare le prestazioni dei beneficiari
durante l'anno della sovvenzione e una valutazione ex post delle prestazioni.
6. La Commissione comunica alle ONG
escluse i motivi per cui esse non rispondono
ai requisiti, fornendo informazioni sufficienti a
consentire loro di identificare le necessità di
riforma prima di presentare nuove domande.
Art. 7
1. Il presente programma comincia il 1°
gennaio 2002 e termina il 31 dicembre 2006.
2. La dotazione finanziaria per l'esecuzione
del presente programma per il periodo 2002 2006 è pari a 32 milioni di Euro.
3. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati
dall'autorità di bilancio entro i limiti delle prospettive finanziarie.
52
(8) GU L 356 del 31.12.1977, pag. 1. Regolamento
modificato da ultimo dal regolamento (CE) n.
762/2000 (GU L 111 del 20.4.2001, pag. 1).
Art. 8
1. Per tutelare gli interessi finanziari della
Comunità rispetto a frodi e altre irregolarità, la
Commissione può effettuare controlli ad hoc
ed ispezioni nell'ambito del presente programma, conformemente al regolamento
(Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (9). Ove
opportuno l'Ufficio europeo antifrode (OLAF)
svolge indagini che sono disciplinate dal regolamento (CE) n.1073/1999 del Parlamento
europeo e del Consiglio (10).
2. Il beneficiario della sovvenzione tiene a
disposizione della Commissione, per un periodo di cinque anni dopo l'ultimo pagamento,
tutta la documentazione di riferimento, tra cui
il bilancio certificato, concernente la spesa
incorsa nell'anno della sovvenzione. Il beneficiario della sovvenzione provvede affinché, se
del caso, la documentazione di riferimento in
possesso dei partner o membri sia a disposizione della Commissione.
Art. 9
1. Il mancato raggiungimento dei risultati
previsti, quale risulta dalle relazioni obbligatorie, può comportare l'inammissibilità al finanziamento nell'ambito del presente programma
per l'anno successivo. Il mancato raggiungimento dei risultati ripetuto per due anni successivi ha come conseguenza l'inammissibilità per gli anni restanti del programma.
2. Se una ONG diventa oggetto di un ordine
di riscossione della Commissione a causa di
irregolarità intenzionali, irregolarità dovute a
negligenza o frode, essa è automaticamente
esclusa dal finanziamento per gli anni restanti
del programma.
3. Se la Commissione scopre irregolarità,
cattiva gestione o frodi in relazione ad una
sovvenzione, tramite audit o controlli ad hoc,
al beneficiario sono applicate una o più delle
seguenti misure amministrative e sanzioni,
proporzionalmente alla gravità del caso (e con
il diritto di impugnare la decisione):
a) annullamento della sovvenzione;
b) pagamento di una multa fino al 50% dell'importo dell'ordine di riscossione;
c) esclusione da altri possibili finanziamenti
comunitari per gli anni restanti del pro(9) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2.
(10) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.
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DEC.466/2002/CE
gramma;
d) esclusione dai pertinenti meccanismi di
dialogo della Commissione, per gli anni
restanti del programma.
Art. 10
Un elenco dei beneficiari che saranno finanziati nell'ambito del presente programma, con
indicazione dell'importo assegnato, è pubblicato ogni anno nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee.
Art. 11
Entro il 30 aprile di ogni anno, la Commissione presenta una relazione agli Stati membri
e al Parlamento europeo sulla procedura di
assegnazione di sovvenzioni per l'anno in corso, nonché sui risultati delle sovvenzioni concesse per l'anno precedente. La relazione
contiene l'esposizione della metodologia utilizzata dalla Commissione per selezionare i
beneficiari nell'anno in corso. La Commissione indice, entro il 30 giugno di ogni anno,
una riunione cui partecipano le parti interessate allo scopo di discutere la relazione.
Al più tardi il 31 dicembre 2004, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul raggiungimento degli obiettivi del presente programma
durante i primi tre anni corredata, se opportuno, da proposte di adeguamenti nell'ottica di
continuare o meno il programma. Questa relazione è basata sulle relazioni concernenti le
prestazioni dei beneficiari e valuta, in particolare, la loro efficacia a contribuire agli obiettivi
enunciati nell'articolo 1 e nell'allegato.
Il Parlamento europeo e il Consiglio, conformemente al trattato, decidono sulla continuazione del programma a decorrere dal 1° gennaio 2007. Prima di presentare proposte a tal
fine, la Commissione svolge una valutazione
esterna dei risultati conseguiti dal programma.
Art. 12
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
ALLEGATO
A. LE QUATTRO TAPPE DELLA PROCEDURA DI
SELEZIONE ED ASSEGNAZIONE
1) Eliminazione delle domande non conformi ai requisiti
tecnici/amministrativi di richiesta di finanziamento nell'ambito del presente programma. In particolare, non
sono ammissibili al presente programma domande
incomplete o insufficientemente dettagliate, o domande non completate secondo le istruzioni del modulo di
domanda o che sono state presentate dopo la scadenza stabilita.
2) Eliminazione delle domande non conformi ai requisiti di
ammissibilità indicati agli articoli 2 e 3.
3) Valutazione comparativa delle restanti domande
ammissibili rispetto ai criteri seguenti, ulteriormente
specificati nella parte B seguente:
a) rispondenza della candidatura, e più in particolare
del programma di lavoro proposto, agli obiettivi del
programma descritti all'articolo 1 e alle priorità del
programma descritte all'articolo 5;
b) gestione e qualità del prodotto;
c) raggio di azione, efficacia, efficienza.
Ad ogni candidato sarà assegnato un punteggio comparativo.
4) Determinazione del gruppo di domande che entreranno nella procedura di assegnazione, conservando soltanto quelle che hanno ottenuto punteggi superiori a
soglie stabilite dalla Commissione.
B.CRITERI DI VALUTAZIONE DEI CANDIDATI
I candidati che hanno superato le due prime fasi di
selezione di cui alla parte A sono esaminati in relazione ai
criteri seguenti.
1. Rispondenza della domanda agli obiettivi del programma
La domanda, compreso il programma di lavoro proposto, sarà valutata con riferimento alle seguenti caratteristiche del candidato:
a) Pertinenza politica (in relazione a: Sesto programma
di azione per l'ambiente, nuova governance europea, sviluppo sostenibile, allargamento, stabilizzazione e processo di associazione dei paesi dell'Europa sud-orientale, sviluppo della partnership euromediterranea, integrazione e parità di genere) .
b) Pertinenza e impatto potenziale della partecipazione
all'elaborazione e all'attuazione della politica ambientale della Comunità.
c) Capacità di farsi interprete delle preoccupazioni del
pubblico in diverse regioni d'Europa e i presentare idee
e proposte per la soluzione di problemi ambientali.
d) Pertinenza nelle azioni di sensibilizzazione all'ambiente e i potenziamento della conoscenze, in generale e
in relazione alle politiche ambientali della Comunità.
e) Capacità di sviluppare reti tra organizzazioni degli
Stati membri e organizzazioni dei paesi candidati
all'adesione, incoraggiare la cooperazione con organizzazioni del settore pubblico e privato, attrarre cofinanziamenti da fonti esterne.
Per ciascuna delle caratteristiche di cui sopra, è esaminata la capacità del candidato a svolgere i ruoli ONG
associati indicati negli esempi riportati nella parte D.
2. Gestione e qualità del prodotto
Le caratteristiche da valutare comprendono:
53
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC.466/2002/CE
a) Struttura organizzativa, dotazione adeguata di personale e gestione delle risorse umane.
b) Processo decisionale interno, relazioni con i membri,
inclusi gli accordi per assicurare l'adesione dei membri agli sviluppi politici e alle dichiarazioni politiche.
c) Approccio strategico, orientamento sugli obiettivi e
prassi di pianificazione.
d) Amministrazione, controllo di bilancio e gestione
finanziaria.
e) Modalità di relazione (a livello interno ed esterno) .
f) Autovalutazione e controllo di qualità, feedback di
esperienza (apprendimento).
g) Competenza tecnica/scientifica.
3. Raggio di azione, efficacia, efficienza
Le caratteristiche da valutare comprendono:
a) Visibilità generale dell'organizzazione e delle sue attività.
b) Relazioni esterne e efficacia (con altri soggetti che
trattano l'ambiente come autorità locali e regionali,
imprese e industrie, gruppi di consumatori, sindacati, altre ONG e il pubblico in generale).
C.DETERMINAZIONE DELLE SOVVENZIONI
La sovvenzione è calcolata sulla base del totale delle
spese ammissibili del candidato previste per l'anno di
sovvenzione, tenendo espressamente conto delle sue
spese medie verificate nei due anni precedenti e secondo
i principi seguenti:
1) A parità di tutti gli altri parametri, l'importo della sovvenzione per le ONG con volumi maggiori di attività
pertinenti (misurate in base al valore medio delle loro
spese annuali verificate dei due anni precedenti e al
totale delle spese ammissibili previste per l'anno di sovvenzione) sarà di norma più elevato degli importi delle
sovvenzioni per le ONG con volumi inferiori di attività
pertinenti. Tuttavia, la distribuzione sarà effettuata su
base non lineare e i conseguenza i beneficiari con volumi inferiori di attività pertinenti riceveranno una percentuale di sostegno relativamente più elevata.
2) A parità di tutti gli altri parametri, le ONG che ricevono
un punteggio comparativo più elevato nella valutazione
riceveranno importi superiori delle ONG con un punteggio inferiore.
3) Se una ONG ha chiesto un importo specifico, in nessun
caso la sovvenzione concessa supera tale importo.
D.SPESE AMMISSIBILI
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1) Sono considerate ammissibili tutte le spese sostenute
dal beneficiario durante l'anno per cui è accordata la
sovvenzione, ad eccezione di quelle elencate al punto
2. Le spese ammissibili potrebbero includere alcune
delle seguenti attività, citate a titolo esemplificativo:
a) coordinare e riferire alla Commissione le informazioni e i pareri basati sulle preoccupazioni e opinioni del
pubblico in merito alle prospettive nuove e emergenti che non possono essere o non sono trattate integralmente a livello dello Stato membro o a un livello
appropriato;
b) effettuare le ricerche e i lavori preparatori necessari
per la partecipazione a gruppi di esperti, a comitati
delle istituzioni comunitarie incaricati della preparazione e dell'attuazione, apportando in tal modo un
importante contributo alle politiche, ai programmi e
alle iniziative comunitarie, nonché il necessario equilibrio rispetto agli interessi di altri soggetti in campo
ambientale, quali l'industria/le imprese, i sindacati, i
gruppi di consumatori;
c) stimolare lo scambio di opinioni tra i soggetti interessati a livello nazionale, regionale e locale sui problemi e le possibili soluzioni inerenti a questioni ambientali aventi dimensione comunitaria. Si potrebbe trattare segnatamente di provvedere al trasferimento di
conoscenze e i garantire sinergie mediante il
networking;
d) sensibilizzare il pubblico alle questioni ambientali e
approfondire le conoscenze sull'ambiente in generale e in relazione alle politiche ambientali della
Comunità;
e) creare capacità, al fine in particolare di rafforzare il
coinvolgimento delle piccole ONG, delle nuove reti di
ONG e delle ONG nei paesi candidati all'adesione e
nei paesi balcanici a livello europeo.
2) I pagamenti effettuati dal beneficiario e i contratti aggiudicati a parti terze che comprendono elementi delle
categorie seguenti sono considerati non ammissibili:
a) spese di rappresentanza, di ospitalità, spese non
necessarie o non giustificate;
b) spese chiaramente al di fuori del programma di lavoro convenuto del beneficiario per l'anno della sovvenzione;
c) rimborsi di debiti, interessi dovuti, perdite riportate;
d) costi relativi al capitale investito, investimenti o riserve accantonate per rafforzare le attività del beneficiario;
e) contributi in natura;
f) spese private;
g) attività criminali/illegali.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
7 marzo 2002, n. 2002/273/CE
Decisione della Commissione che assegna quote di importazione per le
sostanze controllate di cui al regolamento (CE) n. 2037/2000 del Parlamento
europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono per il
periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002
(G.U.C.E. n. L 94 dell’11 aprile 2002)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea,
visto il regolamento (CE) n. 2037/2000 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
giugno 2000, sulle sostanze che riducono lo
strato di ozono (1), modificato dai regolamenti (CE) n. 2038/2000 (2) e (CE) n. 2039/2000
(3), in particolare l'articolo 7,
considerando quanto segue:
(1) L'articolo 7 stabilisce che l'immissione in
libera pratica nella Comunità di sostanze controllate importate da paesi terzi è soggetta a
restrizioni quantitative. Le restrizioni sono fissate
e alle imprese sono assegnate quote per il
periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31
dicembre 1999 e per ciascun periodo successivo di dodici mesi secondo la procedura di cui
all'articolo 18, paragrafo 2. Le quote sono assegnate solo per il bromuro di metile e gli idroclorofluorocarburi (HCFC), nonché per le sostanze
controllate impiegate per usi essenziali o critici o
per applicazioni di quarantena o trattamento
anteriore al trasporto, per le sostanze usate
come materie prime o come agenti di fabbricazione o destinate alla distruzione.
(2) I limiti quantitativi all'immissione di sostanze controllate sul mercato comunitario
sono stabiliti all'articolo 4 e nell'allegato III.
(3) Eventuali modifiche dei suddetti limiti non
devono comportare, a livello comunitario, un
consumo di sostanze controllate superiore ai
limiti stabiliti dal protocollo di Montreal sulle
sostanze che riducono lo strato di ozono.
(1) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 1.
(2) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 25.
(3) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 26.
(4) L'articolo 4, paragrafo 2, stabilisce il livello calcolato totale di bromuro di metile che i
produttori e gli importatori possono immettere
sul mercato o usare per proprio conto per un
determinato periodo di 12 mesi, nel caso di
specie dal 1° gennaio al 31 dicembre 2002.
(5) L'articolo 4, paragrafo 3, stabilisce il livello calcolato totale di idroclorofluorocarburi
(HCFC) che i produttori e gli importatori possono immettere sul mercato o usare per proprio conto per un determinato periodo di 12
mesi, nel caso di specie dal 1° gennaio al 31
dicembre 2002.
(6) La Commissione ha pubblicato una
comunicazione agli importatori comunitari di
sostanze controllate che riducono lo strato di
ozono (4), a seguito della quale ha ricevuto le
dichiarazioni relative alle importazioni previste
per il 2002.
(7) Per il bromuro di metile destinato ad usi
diversi dall'applicazione di quarantena e a
trattamenti anteriori al trasporto le quote di
importazione sono assegnate agli importatori
primari, e per tali la Commissione intende gli
importatori che trattano direttamente, fatturando, con i produttori al di fuori della Comunità. Sulla quota di bromuro di metile di
ciascun importatore è trattenuta una riserva
del 3,75% e una riserva di emergenza
dell'1,25% da assegnare nel 2002 secondo la
procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2.
(8) Per il bromuro di metile destinato all'applicazione di quarantena e a trattamenti anteriori al trasporto, le quote di importazione
sono assegnate agli importatori primari, e per
(4) GU C 205 del 21.7.2001, pag. 7
55
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/273/CE
tali la Commissione intende gli importatori che
trattano direttamente, fatturando, con i produttori al di fuori della Comunità. Sulla quota
di bromuro di metile di ciascun importatore è
trattenuta una riserva del 10%, da assegnare
nel 2002 secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2.
(9) Per gli HCFC, l'assegnazione di quote
individuali ai produttori ed agli importatori si
basa sui principi di continuità, uguaglianza e
proporzionalità. Nel fissare le quote la Commissione ha tenuto conto della necessità di
ridurre ulteriormente la produzione, l'importazione e l'uso di sostanze che riducono l'ozono e i interferire il meno possibile con il funzionamento del mercato.
(10) È opportuno riservare una parte del
livello calcolato totale di HCFC che può
essere immesso sul mercato agli importatori
comunitari che non producono HCFC. Nel
1998, nel 1999, nel 2000 e nel 2001 il livello
delle importazioni è stato pari al 4% del livello calcolato totale di HCFC disponibile per
l'immissione sul mercato. Per il 2002 è
opportuno riservare il 4% del quantitativo
totale di HCFC disponibile per l'immissione
sul mercato agli importatori che non producono HCFC. Tale percentuale corrisponde ad
un quantitativo di 227.040 kg PRO
(Potenziale di riduzione dell'ozono - Ozone
Depletion Potential - ODP), da assegnare in
base alle rispettive quote di mercato del
1999 agli importatori che nello stesso anno
hanno ottenuto una quota, tenendo inoltre
conto degli effettivi quantitativi richiesti.
(11) Le quote per usi essenziali sono autorizzate con apposita decisione della Commissione.
(12) La Commissione rilascia le licenze d'importazione ai sensi dell'articolo 6, previa verifica del rispetto da parte dell'importatore delle
disposizioni di cui agli articoli 6, 7, 8 e 13.
56
Art. 1
1. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo I (clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114
e 115) e del gruppo II (altri clorofluorocarburi
completamente alogenati), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da
fonti esterne e che possono essere immesse
in libera pratica nella Comunità europea nel
2002 è di 3381000 kg PRO.
2. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo III (halon), oggetto del regolamento
(CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera
pratica nella Comunità europea nel 2002 è di
0 kg PRO.
3. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo IV (tetracloruro di carbonio), oggetto
del regolamento (CE) n. 2037/2000 provenienti da fonti esterne e che possono essere
immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 5.307.329 kg PRO.
4. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo V (1, 1, 1-tricloroetano), oggetto del
regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti
da fonti esterne e che possono essere
immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 400.060 kg PRO.
5. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo VI (bromuro di metile), oggetto del
regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti
da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 4.706.095, 600 kg PRO.
6. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo VII (idrobromofluorocarburi), oggetto
del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere
immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 0 kg PRO.
(13) L'articolo 8 vieta l'immissione in libera
pratica nella Comunità o il perfezionamento
attivo di sostanze controllate importate da
Stati non parti del protocollo.
7. Il quantitativo di sostanze controllate del
gruppo VIII (idroclorofluorocarburi), oggetto
del regolamento (CE) n. 2037/ 2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere
immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di .3812.606,520 kg PRO.
(14) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato
istituito ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 2,
Art. 2
HA ADOTTATO
LA PRESENTE DECISIONE:
1. Sono assegnate quote di importazione
per i clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115
e per gli altri clorofluorocarburi completamente alogenati per il periodo 1° gennaio - 31
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/273/CE
dicembre 2002 alle imprese di cui all'allegato
1, per i fini ivi indicati.
2. Sono assegnate quote di importazione
per il tetracloruro di carbonio per il periodo 1°
gennaio - 31 dicembre 2002 alle imprese di
cui all'allegato 2, per i fini ivi indicati.
3. Sono assegnate quote di importazione
per l'1, 1, 1-tricloroetano per il periodo 1°
gennaio - 31 dicembre 2002 alle imprese di
cui all'allegato 3, per i fini ivi indicati.
4. Sono assegnate quote di importazione
per il bromuro di metile per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2002 alle imprese di cui
all'allegato 4, per i fini ivi indicati.
5. Sono assegnate quote di importazione
per gli idroclorofluorocarburi per il periodo 1°
gennaio - 31 dicembre 2002 alle imprese di
cui all'allegato 5.
6. Le quote di importazione assegnate per il
periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2002 per i
clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115, gli
altri clorofluorocarburi completamente alogenati, il tetracloruro di carbonio, l'1, 1, 1-tricloroetano, il bromuro di metile e gli idroclorofluorocarburi sono indicate nell'allegato 6 (1).
Art. 3
Le seguenti imprese sono destinatarie della
presente decisione:
DuPont de Nemours (Nederland) BV
Baanhoekweg 22
3313 LA Dordrecht
Nederland
Atofina SA
Cours Michelet - La Défense 10
F-92091 Paris La Défense
Honeywell Fluorine Products Europe BV
Kempenweg 90
PO Box 264
6000 AG Weert
Nederland
Rhodia Organique Fine Ltd
PO Box 46 - St Andrews Road
Avonmouth
Bristol BS11 9YF
United Kingdom
Solvay Fluor und Derivate GmbH
Hans-Böckler-Allee 20
D-30173 Hannover
Ausimont SpA
Viale Lombardia 20
I-20021 Bollate (MI)
Phosphoric Fertilizers Industry SA
Thessaloniki Plant
OO Box 10183
GR-54110 Thessaloniki
Advanced Chemical SA
C/Balmes, 69 Pral 3 o
E-08007 Barcelona
Agroquímicos De Levante SA
Polígono Industrial Castilla
Calle Vial n o 5 S/N
E-46380 Cheste (Valencia)
Albemarle Europe SPRL
Parc Scientifique Einstein
Rue du Bosquet 9
B-1348 Louvain-La-Neuve
Alcobre SA
C/Luis I, Nave 6-B
Polígono Industrial Vallecas
E-28031 Madrid
Alfa Agricultural Supplies SA
15, Tim.Filimonos str.
GR-11521 Athens
Arch Chemicals NV
Keetberglaan 1A
Havennummer 1061
B-2070 Zw _ ndrecht
Asahi Glass Europe BV
World Trade Center
Strawinskylaan 1525
1077 XX Amsterdam
Nederland
Ineos Fluor Ltd
PO Box 13, The Heath
Runcorn Cheshire WA7 4QF
United Kingdom
Biochem Ibérica
Químicos Agrícolas e Industriais, Lda
Estrada M.502 -Apartado 250
Atalaia
(1) L'allegato 6 non viene pubblicato poiché contiene
informazioni commerciali riservate
P-2870-901 Montijo
Bromine and Chemicals Ltd
201 Haverstock Hill
Hampstead
London NW34QG
57
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/273/CE
United Kingdom
P-2584-908 Carregado
Celotex Limited
Warwick House
27/31 St Mary's Road
Ealing
London W5 5PR
United Kingdom
Polar Cool SL
C/Valdemorillo, 8 Polígono Industrial
Ventorro del Cano
E-28925 Alcoron
Promosol
Bld Henri Cahn
Dunlop-Enerka BV
Oliemolenstraat 2
Drachten
Nederland
BP 27
F-94363 Bry-sur-Marne Cedex
Refrigerant Products Ltd
N9 Central Park Estate
Westinghouse Road
Trafford Park
Manchester M17 1PG
United Kingdom.
Eurobrom BV
PO Box 158
2280 AD R _ sw _ k
Nederland
Galco SA
Avenue Carton de Wiart 79
B-1090 Brussels
Galex SA
BP 128
F-13321 Marseille Cedex 16
Gasco NV
Assenedestraat 4
B-9940 Rieme-Ertvelde
Great Lakes Chemical (Europe) Ltd
Sycamore House, Lloyd Drive, The Grove
Ellesmere Port
South Wirral L65 9HQ
United Kingdom
GU Thermo Technology Ltd
Greencool Refrigerants
Unit 12
Park Gate Business Centre
Chandlers Way
Park Gate
Southampton SO31 1FQ
United Kingdom
Guido Tazzetti &Co.
Strada Settimo 266
I-10156 Torino
HARP International
Gellihirion Industrial Estate
Rhondda Cynon taff
Pontypridd CF37 5SX
United Kingdom
58
Mebrom NV
Assenedestraat 4
B-9940 Rieme-Ertvelde
Neoquímica
Largo da Estação, Apartado 97
Vala do Carregado
Sigma Aldrich Chemie GmbH
Riedstraße 2
D-89555 Steinheim
Sigma Aldrich Chimie SARL
80, rue de Luzais, L'isle d'abeau Chesnes
FR-38297 St Quentin Fallavier
Sigma Aldrich Company Ltd
The Old Brickyard
New Road
Gillingham SP8 4XT
United Kingdom
SJB Chemical Products BV
Wellerondom 11
3230 AG Brelle
Nederland
Syngenta Crop Protection
Surrey Research Park
Guildford, Surrey
GU2 7YH
United Kingdom
Synthesia Española SA
Conde Borell, 62
E-08015 Barcelona
Universal Chemistry &Technology SpA
Viale A.Filippetti 20
I-20122 Milano
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/273/CE
ALLEGATO 1
GRUPPI I e II
Quote di importazione assegnate agli importatori in
conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per i clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115 e gli altri clorofluorocarburi completamente alogenati usati come materie
prime o destinati alla distruzione nel periodo compreso tra
il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002.
Impresa
- Honeywell Fluorine Products (NL)
- Ineos Fluor Ltd (UK)
- Solvay Fluor und Derivate (D)
- Syngenta (UK)
ALLEGATO 2
GRUPPO IV
Quote di importazione assegnate agli importatori in
conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per il tetracloruro di carbonio usato come materia prima nel
periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002.
Impresa
- Dunlop-Enerka (NL)
- Honeywell Fluorine Products (NL)
- Ineos Fluor Ltd (UK)
- Phosphoric Fertilisers Industry (GR)
ALLEGATO 3
GRUPPO V
Quote di importazione assegnate agli importatori in
conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per l'1, 1,
1-tricloroetano usato come materia prima nel periodo
compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002.
Impresa
- Arch Chemicals (B)
- Atofina (F).
ALLEGATO 4
-
Bromine &Chemicals (UK)
Eurobrom (NL)
Great Lakes Chemicals (UK)
Mebrom (B)
Neoquímica (P)
Sigma Aldrich Chemie (D)
Sigma Aldrich Chimie (FR)
Sigma Aldrich Company (UK)
ALLEGATO 5
GRUPPO VIII
Quote di importazione assegnate agli importatori in
conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per gli
idroclorofluorocarburi usati come materie prime o come
agenti di fabbricazione, o destinati alla rigenerazione o alla
distruzione o a scopi di laboratorio, ad usi oggetto di
deroga o a altre applicazioni consentite ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2037/2000, nel periodo
compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002.
Produttore
- Atofina (F)
- Ausimont (I)
- DuPont de Nemours (NL)
- Honeywell Fluorine Products (NL)
- Ineos Fluor Ltd (UK)
- Rhodia Organique (UK)
- Solvay Fluor und Derivate (D)
Importatore
- Advanced Chemicals (E)
- Alcobre (E)
- Asahi Glass (NL)
- Celotex (UK)
- Galco (B)
- Galex (F)
- Gasco (B)
- Greencool (UK)
- Guido Tazzetti (I)
- HARP International (UK)
- Polar Cool (E)
- Promosol (F)
- Refrigerant Products (UK)
- Sigma Aldrich Chimie (F)
- Sigma Aldrich Company (UK)
- SJB Chemical Products (NL)
- Synthesia (E)
- Universal Chemistry &Technology (I)
GRUPPO VI
Quote di importazione assegnate agli importatori in
conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per il bromuro di metile destinato ad usi diversi dall'applicazione di
quarantena o a trattamenti anteriori al trasporto o a applicazioni di quarantena e trattamenti anteriori al trasporto o
usato per scopi di laboratorio o come materia prima nel
periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002.
Impresa
- Agroquimicos de Levante (E)
- Albemarle Europe (B)
- Alfa Agricultural Supplies (GR)
- Atofina (F)
- Biochem Ibérica (P)
59
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
26 marzo 2002, n. 2002/30/CE
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del
rumore negli aeroporti della Comunità
(G.U.C.E. n. L 85 del 28 marzo 2002)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Comitato economico e
sociale (2),
visto il parere del Comitato delle regioni (3),
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato (4),
considerando quanto segue:
(1) Lo sviluppo sostenibile è uno degli obiettivi fondamentali della politica comune dei trasporti. Esso richiede un approccio integrato
volto a garantire sia l'efficace funzionamento
dei sistemi di trasporto della Comunità sia la
tutela dell'ambiente.
(2) Ai fini dello sviluppo sostenibile del trasporto aereo è necessario adottare una serie
di misure intese a ridurre le emissioni acustiche
degli aeromobili negli aeroporti in cui esistono
particolari problemi di inquinamento acustico.
(3) L'Organizzazione dell'aviazione civile
internazionale (ICAO) ha elaborato una nuova
e più rigorosa norma di certificazione acustica,
definita nell'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile internazionale, volume 1,
parte II, capitolo 4, la quale contribuirà a migliorare, in prospettiva, la situazione del rumore nei pressi degli aeroporti.
60
(1) GU C 75 E del 26.3.2002, pag. 318.
(2) Parere espresso il 20 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere espresso il 14 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) Parere del Parlamento europeo del 13 marzo 2002
(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 26 marzo 2002.
(4) La norma del capitolo 4 è stata istituita ai
fini della certificazione degli aeromobili e non
come base per l'introduzione di restrizioni
operative.
(5) Il ritiro progressivo degli aerei del capitolo
2 in applicazione della direttiva 92/14/CEE del
Consiglio, del 2 marzo 1992, sulla limitazione
dell'utilizzazione degli aerei disciplinati dall'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile
internazionale, volume 1, parte II, capitolo 2,
seconda edizione (1988) (5) sarà completato
alla data del 1° aprile 2002 e dovranno essere
prese nuove misure per evitare un aumento
dell'inquinamento acustico dopo il 2002, nell'ipotesi di una crescita costante del settore del
trasporto aereo in Europa.
(6) L'impiego di aeromobili caratterizzati da
migliori prestazioni ambientali può contribuire
ad utilizzare in modo più efficiente le capacità
aeroportuali disponibili e a facilitare lo sviluppo
delle infrastrutture aeroportuali in sintonia con
le esigenze del mercato.
(7) L'adozione di un quadro comune di
norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative negli aeroporti della Comunità,
nell'ambito di un approccio equilibrato alla
gestione del rumore, contribuirà a salvaguardare le esigenze del mercato interno, garantendo
che negli aeroporti in cui esistono problemi di
inquinamento acustico simili vengano introdotte restrizioni operative simili. Tale quadro comprende la determinazione dell'impatto del
rumore in un aeroporto, la valutazione delle
misure disponibili per attenuare tale impatto,
(5) GU L 76 del 23.3.1992, pag. 21. Direttiva modificata
da ultimo dal regolamento (CE) n.991/2001 della
Commissione (GU L 138 del 22.5.2001, pag. 12).
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/30/CE
nonché la scelta delle misure di riduzione del
rumore più adeguate al conseguimento del
massimo beneficio ambientale al minimo costo.
(8) Il regolamento (CEE) n. 2408/92 del
Consiglio, del 23 luglio 1992, sull'accesso dei
vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (6) dispone, agli articoli 8 e 9, tra l'altro, che le nuove restrizioni operative vengano
pubblicate ed esaminate: è quindi opportuno
stabilire il nesso che intercorre tra queste
disposizioni e quelle della presente direttiva.
(9) È opportuno riconoscere il legittimo interesse delle imprese del settore del trasporto
aereo al conseguimento degli obiettivi di
gestione del rumore mediante soluzioni convenienti sul piano economico.
(10) La 33a assemblea dell'ICAO ha adottato la risoluzione A33/7 che introduce il concetto di "approccio equilibrato" alla gestione
del rumore. Tale approccio costituisce un metodo d'azione per affrontare il problema delle
emissioni acustiche dei velivoli, comprese
linee di indirizzo internazionali per l'introduzione di restrizioni operative specifiche per ogni
aeroporto. Il suddetto "approccio equilibrato"
alla gestione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili comprende quattro
principali elementi ed esige un'attenta valutazione di tutte le soluzioni possibili per attenuare le emissioni acustiche, ossia la riduzione
alla fonte del rumore prodotto dagli aerei, la
pianificazione e la gestione del territorio, le
procedure operative per l'abbattimento del
rumore e le restrizioni operative, ferma restando l'osservanza dei pertinenti obblighi di
legge, degli accordi in vigore, della normativa
vigente e delle prassi consolidate.
(11) L'"approccio equilibrato" è un importante progresso per ottenere una riduzione del
rumore. Tuttavia, se si vuole ottenere una riduzione del rumore efficace e sostenibile è altresì necessario applicare norme tecniche più
rigorose, ad esempio norme acustiche più
rigorose per gli aeromobili, mettendo al contempo fuori servizio gli aeromobili rumorosi.
(12) La direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio relativa alla determinazione e alla
gestione del rumore ambientale (7), provvedimento di portata orizzontale che disciplina
(6) GU L 240 del 24.8.1992, pag. 8.
(7) Tale direttiva è in fase di elaborazione e si applicherà
a partire dalla sua adozione.
tutti le modalità di trasporto, ha istituito un
approccio comune per la valutazione e la
gestione del rumore ambientale. Essa mira a
controllare il problema ambientale provocato
dal rumore nei principali agglomerati urbani e
nelle vicinanze delle principali infrastrutture di
trasporto - compresi gli aeroporti -, a garantire che ai cittadini siano comunicate le informazioni relative al rumore ambientale e ai suoi
effetti, ed inoltre ad imporre alle autorità competenti di elaborare piani d'azione finalizzati a
prevenire e contenere l'inquinamento acustico
là dove necessario e a conservare la qualità
acustica dell'ambiente là dove questa è
accettabile.
(13) La direttiva 85/337/CEE del Consiglio,
del 25 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (8) prevede un esame approfondito dei progetti aeroportuali, compresa
l'attenuazione delle emissioni acustiche. Si può
ritenere che le disposizioni di tale direttiva soddisfino, in parte, le prescrizioni della presente
direttiva in tema di valutazione dei progetti di
estensione delle infrastrutture aeroportuali.
(14) È possibile che tale esame dimostri che
gli obbiettivi perseguiti possono essere raggiunti unicamente mediante restrizioni dell'offerta di nuovi servizi e il graduale ritiro di aeromobili che soddisfano solo marginalmente la
norma di certificazione acustica di cui al capitolo 3.
(15) È opportuno riconoscere le specificità
del problema dell'inquinamento acustico degli
aeroporti situati al centro di grandi agglomerati urbani ("aeroporti metropolitani") consentendo in essi l'adozione di norme più severe.
(16) È necessario completare l'elenco indicativo degli aeroporti metropolitani sulla base
delle informazioni che verranno fornite dagli
Stati membri.
(17) È opportuno facilitare l'estensione delle
infrastrutture aeroportuali al fine di tutelare le
possibilità di sviluppo sostenibile del settore
del trasporto aereo.
(18) È assolutamente necessario permettere
che continuino ad essere applicate le vigenti
misure di gestione del rumore adottate in
(8) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40. Direttiva modificata
dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio (GU L 73 del
14.3.1997, pag. 5).
61
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/30/CE
determinati aeroporti, nonché consentire talune modifiche tecniche alle restrizioni operative
parziali.
(19) È opportuno evitare che gli operatori dei
paesi in via di sviluppo subiscano un pregiudizio economico eccessivo concedendo, in
caso di necessità, opportune deroghe, corredate da sistemi di garanzia idonei ad evitare
abusi.
(20) È necessario assicurare la trasparenza
dei procedimenti e la consultazione di tutte le
parti interessate ogniqualvolta vengano proposte misure dirette a contenere il rumore, in
particolare l'introduzione di nuove restrizioni
operative.
(21) Gli operatori dovrebbero essere informati con congruo anticipo delle nuove restrizioni operative che verranno adottate.
(22) È opportuno prendere le disposizioni
necessarie per garantire un diritto di ricorso
contro le decisioni di istituire restrizioni operative, dinanzi ad un organo di appello, che può
essere un tribunale.
(23) La presente direttiva è conforme ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità di cui
all'articolo 5 del trattato. L'adozione di restrizioni operative negli aeroporti comunitari può contribuire a raggiungere l'obiettivo di evitare la
degradazione del clima acustico nei pressi
degli aeroporti, ma non esclude la possibilità
che si ingenerino distorsioni della concorrenza.
Pertanto, lo scopo perseguito può essere
meglio realizzato, a livello comunitario, adottando norme armonizzate in materia di restrizioni
operative per la gestione del rumore nei pressi
degli aeroporti. La direttiva si limita al minimo
necessario per realizzare tale obiettivo e non va
al di là di quanto è necessario a tal fine.
(24) Le misure necessarie per l'attuazione
della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio,
del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9).
(25) Le misure disposte dalla presente direttiva assorbono le disposizioni del regolamento
(CE) n. 925/1999 del Consiglio, del 29 aprile
1999, relativo all'immatricolazione e all'impiego nella Comunità di alcuni tipi di aerei subsonici civili a reazione che sono stati modificati e
62
(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ricertificati conformi alle norme del volume I,
parte II, capitolo 3, dell'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile internazionale,
terza edizione (luglio 1993) (10). È pertanto
opportuno abrogare tale regolamento,
HANNO ADOTTATO
LA PRESENTE DIRETTIVA:
Art. 1
Obiettivi
Gli obiettivi della presente direttiva sono i
seguenti:
a) stabilire norme comunitarie intese ad agevolare l'adozione di restrizioni operative
coerenti a livello degli aeroporti, allo scopo
di limitare o ridurre il numero delle persone colpite dagli effetti nocivi del rumore
prodotto dagli aeromobili;
b) istituire un quadro che salvaguardi le esigenze del mercato interno;
c) promuovere uno sviluppo delle capacità
aeroportuali che rispetti l'ambiente;
d) favorire il raggiungimento di obiettivi definiti di riduzione dell'inquinamento acustico
a livello dei singoli aeroporti;
e) consentire la scelta fra le varie misure
disponibili allo scopo di conseguire il massimo beneficio ambientale al minor costo.
Art. 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) "aeroporto", un aeroporto civile nella Comunità con un traffico superiore a 50.000
movimenti di velivoli subsonici civili per
anno calendario (intendendosi per movimento il decollo o l'atterraggio), tenendo
conto della media degli ultimi tre anni
calendario prima di applicare le disposizioni della presente direttiva all'aeroporto
specifico;
b) "aeroporto metropolitano", un aeroporto
situato nel centro di una grande agglomerazione urbana, nessuna pista del quale
abbia una lunghezza disponibile per il
decollo superiore a 2.000 metri e che fornisce solo collegamenti da punto a punto tra
gli Stati europei o all'interno di uno stesso
(10) GU L 115 del 4.5.1999, pag. 1.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/30/CE
c)
d)
e)
f)
g)
Stato, in cui un numero elevato di persone
soffre obiettivamente per il rumore provocato dagli aeromobili e ogni ulteriore
aumento dei movimenti degli aeromobili
costituisce un fastidio particolarmente forte
in considerazione della gravità dell'inquinamento acustico. Questi aeroporti figurano
nell'allegato 1. L'allegato può essere modificato conformemente alla procedura di cui
all'articolo 13, paragrafo 3;
"velivolo subsonico civile a reazione", un
velivolo la cui massa massima certificata
al decollo è pari o superiore a 34.000 kg,
o con un numero massimo certificato di
posti a sedere per passeggeri per il tipo di
aereo in questione superiore a 19, esclusi
i sedili riservati all'equipaggio;
"velivolo marginalmente conforme", un
velivolo subsonico civile a reazione che
soddisfa i limiti di certificazione definiti nel
volume 1, parte II, capitolo 3, dell'allegato
16 della convenzione sull'aviazione civile
internazionale con un margine cumulativo
non superiore a 5 EPNdB (Effective
Perceived Noise in decibels - unità di misura del livello effettivo di rumorosità percepita), intendendosi per margine cumulativo la cifra espressa in EPNdB ottenuta
sommando le singole eccedenze (cioè le
differenze fra il livello di rumore certificato
e il livello di rumore massimo autorizzato)
misurate in ciascuno dei tre punti di riferimento per la misurazione del rumore quali
definiti nel volume 1, parte II, capitolo 3,
dell'allegato 16 alla convenzione sull'aviazione civile internazionale;
"restrizioni operative", le misure relative
alle emissioni acustiche, mediante le quali
viene limitato o ridotto l'accesso dei velivoli subsonici civili a reazione ad un determinato aeroporto. Vi rientrano le restrizioni operative intese a vietare l'esercizio di
velivoli marginalmente conformi in aeroporti determinati, come pure le restrizioni
operative parziali che incidono sull'esercizio dei velivoli subsonici civili a reazione
secondo il periodo di tempo considerato;
"parti interessate", le persone fisiche o giuridiche interessate o che possono essere
interessate dall'introduzione di misure di
riduzione del rumore, comprese le restrizioni operative, o che hanno un legittimo
interesse all'introduzione di dette misure;
"approccio equilibrato", un approccio in
base al quale gli Stati membri prendono in
considerazione le misure disponibili per
affrontare il problema del rumore in un
aeroporto situato nel loro territorio, in particolare l'effetto prevedibile di una riduzione alla fonte del rumore degli aeromobili,
la pianificazione e la gestione del territorio,
procedure operative di riduzione del
rumore e restrizioni operative.
Art. 3
Autorità competenti
Gli Stati membri garantiscono che vi siano
autorità competenti responsabili per le questioni disciplinate dalla presente direttiva.
Art. 4
Norme generali relative alla gestione
del rumore prodotto dagli aeromobili
1. Gli Stati membri adottano un approccio
equilibrato nell'affrontare i problemi di inquinamento acustico negli aeroporti situati nel loro
territorio. Possono anche prendere in considerazione incentivi economici quale misura
per la gestione del rumore.
2. Quando prendono in considerazione l'adozione di restrizioni operative, le autorità
competenti tengono pienamente conto dei
costi e benefici probabili che conseguirebbero
dalle diverse misure disponibili, nonché delle
caratteristiche specifiche di ciascun aeroporto.
3. Le misure o le combinazioni di misure
adottate in forza della presente direttiva non
sono più restrittive di quanto risulti necessario
per conseguire l'obiettivo ambientale definito
per un determinato aeroporto. Esse non introducono discriminazioni basate sulla nazionalità o sull'identità del vettore aereo o del
costruttore di aeromobili.
4. Le restrizioni operative basate sulle prestazioni sono fondate sulle emissioni acustiche dell'aeromobile determinate dalla procedura di certificazione applicata conformemente all'allegato 16, volume 1, della convenzione
sull'aviazione civile internazionale, terza edizione (luglio 1993).
Art. 5
Norme relative alla valutazione
1. Quando viene prevista una decisione in
materia di restrizioni operative si tiene conto
63
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/30/CE
delle informazioni specificate nell'allegato II,
per quanto opportuno e possibile, in relazione
alle restrizioni operative di cui trattasi e alle
caratteristiche dell'aeroporto.
2. Quando i progetti aeroportuali sono soggetti ad una valutazione di impatto ambientale ai sensi della direttiva 85/337/CEE la valutazione effettuata in conformità di detta direttiva
è considerata rispondente ai requisiti prescritti dal paragrafo 1, a condizione che tale valutazione abbia tenuto conto per quanto possibile delle informazioni specificate all'allegato II
alla presente direttiva.
Art. 6
Regole relative all'introduzione
di restrizioni operative intese al ritiro
dei velivoli solo marginalmente conformi
1. Se l'esame di tutte le misure possibili, ivi
comprese le restrizioni operative parziali, effettuato conformemente all'articolo 5 dimostra
che il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva impone l'introduzione di restrizioni operative intese a ritirare dal traffico i velivoli marginalmente conformi, nell'aeroporto in
questione si applicano le disposizioni seguenti in luogo della procedura di cui all'articolo 9
del regolamento (CEE) n. 2408/92:
a) sei mesi dopo che è stata effettuata la
valutazione e dopo la decisione di introdurre una restrizione operativa, è fatto
divieto ai velivoli marginalmente conformi
di prestare servizi supplementari rispetto a
quelli prestati nel periodo corrispondente
dell'anno precedente in tale aeroporto;
b) decorsi non meno di sei mesi dopo tale
momento, agli operatori può essere chiesto di ridurre il numero di movimenti dei
loro velivoli marginalmente conformi che
servono tale aeroporto ad una percentuale annua che non superi il 20% del numero totale iniziale di tali movimenti.
64
2. Nell'osservanza delle norme di valutazione di cui all'articolo 5, le autorità che gestiscono gli aeroporti metropolitani che figurano
nell'allegato I possono adottare misure più
severe, sia con riferimento alla definizione di
velivoli marginalmente conformi, sempreché
queste misure non riguardino gli aviogetti subsonici civili che sono conformi, grazie alla loro
certificazione originale o alla ricertificazione,
alle norme acustiche di cui al volume 1, parte
II, capitolo 4, dell'allegato 16 alla convenzione
sull'aviazione civile internazionale.
Art. 7
Restrizioni operative esistenti
L'articolo 5 non si applica:
a) alle restrizioni operative già decise alla
data di entrata in vigore della presente
direttiva;
b) alle modificazioni tecniche di ordine minore apportate alle restrizioni operative parziali che non hanno alcuna incidenza
significativa sul piano dei costi per le compagnie aeree di un determinato aeroporto
comunitario e che sono state introdotte
dopo l'entrata in vigore della presente
direttiva.
Art. 8
Deroghe per i velivoli immatricolati
nei paesi in via di sviluppo
Per un periodo di 10 anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente direttiva, i
velivoli marginalmente conformi immatricolati
nei paesi in via di sviluppo e riportati nell'allegato 3 possono derogare alle disposizioni dell'articolo 6 a condizione che:
a) tali velivoli, ai quali sia stato rilasciato un
certificato che attesta la loro rispondenza
alle norme acustiche di cui al volume 1,
parte II, capitolo 3, dell'allegato 16 alla
convenzione sull'aviazione civile internazionale, siano stati utilizzati nell'aeroporto
in questione della Comunità tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 2001 ("periodo
di riferimento") e
b) che questi velivoli siano stati iscritti,
durante il periodo di riferimento, nel registro del paese in via di sviluppo interessato e che continuino ad essere gestiti da
una persona fisica o giuridica stabilita in
tale paese.
Art. 9
Deroga per singole attività
di carattere eccezionale
In determinati casi, gli Stati membri possono autorizzare, negli aeroporti situati sul loro
territorio, singole attività di velivoli marginalmente conformi che non potrebbero effettuarsi sulla base delle altre disposizioni della presente direttiva.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/30/CE
La deroga è limitata:
a) ai velivoli le cui singole attività siano di
carattere talmente eccezionale che sarebbe irragionevole negare una deroga temporanea;
b) ai velivoli su voli non aventi fini di lucro per
trasformazioni, riparazioni o attività di
manutenzione.
1. La Commissione è assistita dal comitato
istituito dall'articolo 11 del regolamento (CEE)
n. 2408/92.
Art. 10
Consultazione e trasparenza
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7
della decisione 1999/468/CE, tenendo conto
delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Gli Stati membri provvedono ad istituire, a
norma della legislazione nazionale applicabile,
procedure di consultazione delle parti interessate, ai fini dell'applicazione degli articoli 5 e 6.
Art. 11
Termine di preavviso
1. Gli Stati membri provvedono affinché,
all'atto dell'applicazione di una nuova restrizione operativa ne sia dato pubblico avviso a
tutte le parti interessate ivi compresa la spiegazione dei motivi per la sua introduzione tenendo conto degli idonei elementi di un
approccio equilibrato:
a) sei mesi prima dell'entrata in vigore delle
misure di cui all'articolo 6, paragrafo 1,
lettera a) ;
b) un anno prima dell'entrata in vigore delle
misure di cui all'articolo 6, paragrafo 1,
lettera b) e all'articolo 6, paragrafo 2;
c) in caso di misure di cui all'articolo 6, due
mesi prima della conferenza di programmazione per il corrispondente periodo di
programmazione.
Art. 13
Comitato
2. Il comitato può essere consultato dalla
Commissione su qualsiasi questione attinente
all'applicazione della presente direttiva.
4. Il Comitato prende atto della valutazione
effettuata dagli Stati membri ai sensi dell'articolo 5 e delle misure adottate, o i cui è prevista l'adozione, sulla base di detta valutazione.
Art. 14
Informazione e revisione
Gli Stati membri comunicano alla Commissione, a richiesta, le informazioni relative
all'applicazione della presente direttiva.
Entro 5 anni dalla entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione presenta una
relazione al Parlamento europeo e al Consiglio
sull'applicazione della presente direttiva.
La relazione è corredata, se necessario, di
proposte di revisione della direttiva.
Essa contiene una valutazione dell'efficacia
della direttiva con particolare riferimento alla
necessità di riformulare la definizione di velivoli
marginalmente conformi di cui all'articolo 2,
lettera d), al fine di introdurre una definizione
più rigorosa.
2. Tutti gli Stati membri informano immediatamente gli altri Stati membri, nonché la
Commissione, di qualsiasi nuova restrizione
operativa, adottata ai sensi della presente direttiva, che essi hanno deciso di applicare in
un aeroporto situato nel loro territorio.
Il regolamento (CE) n. 925/1999 è abrogato
con effetto dalla data di entrata in vigore della
presente direttiva.
Art. 12
Diritto di ricorso
Art. 16
Attuazione
Gli Stati membri garantiscono che vi sia un
diritto di impugnare le misure assunte ai sensi
degli articoli 6 e 7, lettera b), dinanzi a un
organo di ricorso diverso dall'autorità che ha
preso la misura contestata, conformemente
alla legislazione e alle procedure nazionali.
Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva entro il 28 settembre 2003. Essi ne
informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali dispo-
Art. 15
Abrogazione
65
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DIR. 2002/30/CE
sizioni, queste contengono un riferimento alla
presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri determinano le
modalità del riferimento.
Art. 17
Entrata in vigore
La presente direttiva entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Art. 18
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
ALLEGATO I
Elenco degli aeroporti metropolitani
Berlin-Tempelhof
Stockholm Gromma
London City
Belfast City
ALLEGATO II
Informazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1
1. Situazione attuale
1.1. Descrizione dell'aeroporto con indicazione delle sue
capacità, della sua ubicazione, dell'intorno aeroportuale, del volume e della composizione del traffico aereo,
nonché della composizione delle piste di decollo.
1.2. Descrizione degli obiettivi ambientali fissati per l'aeroporto e del contesto nazionale.
1.3. Particolari delle curve isofoniche degli anni precedenti e dell'anno in corso, compresa una stima del numero delle persone disturbate dal rumore degli aeromobili.Descrizione del metodo di calcolo utilizzato per
calcolare le curve.
1.4. Descrizione delle misure attuate per attenuare le emissioni acustiche: ad esempio, informazioni sulla pianificazione e la gestione del territorio; programmi di isolamento acustico;procedure operative quali le PANSOPS; restrizioni operative quali limitazioni del livello
sonoro, limitazioni o divieti dei voli notturni, tasse sul
rumore; impiego di piste preferenziali, itinerari preferenziali e track-keeping; monitoraggio del rumore.
66
2. Previsioni in assenza di nuove misure
2.1. Descrizioni di (eventuali) modifiche ed ampliamenti
dell'aeroporto già approvati e in programma; ad
esempio, aumento della capacità, delle piste e/o
espansione dei terminali e composizione futura del
traffico, nonché la sua crescita prevista.
2.2. Nell'eventualità di un'estensione della capacità aeroportuale, indicare i vantaggi inerenti a tale offerta supplementare.
2.3. Descrizione degli effetti sull'ambiente acustico in
assenza di ulteriori misure e descrizione delle misure
già programmate allo scopo di attenuare tale impatto
acustico nello stesso periodo.
2.4. Curve isofoniche previste, compresa la stima del
numero di persone che saranno probabilmente soggette al rumore degli aeromobili; occorre distinguere
fra aree residenziali preesistenti e aree residenziali
recenti.
2.5. Valutazione delle conseguenze e costi possibili inerenti ad un'assenza di interventi miranti ad attenuare
gli effetti di un peggioramento dell'inquinamento acustico, qualora sia prevista una tale evoluzione.
3. Valutazione delle misure complementari
3.1. Succinta esposizione delle misure supplementari cui
si può fare ricorso in funzione delle varie opzioni proposte all'articolo 4, paragrafo 1, ed in particolare indicazione delle principali ragioni che ne hanno motivato la scelta.
Descrizione delle misure scelte per un'analisi più
approfondita e delle informazioni più complete sul
costo inerente all'adozione di tali misure. Il numero di
persone che dovrebbero beneficiare e l'arco temporale in cui verranno attuate; infine, una categorizzazione dell'efficacia globale delle singole misure.
3.2. Valutazione dell'efficacia rispetto ai costi o del rapporto costi/benefici dell'adozione di misure particolari, tenuto conto dei loro effetti socioeconomici sugli
utenti dell'aeroporto (operatori, passeggeri e merci);
viaggiatori ed enti locali.
3.3. Panoramica dei possibili effetti che le misure proposte potrebbero avere sull'ambiente e sulla concorrenza in altri aeroporti, su altri operatori e altre parti interessate.
3.4. Le motivazioni delle scelte operate.
3.5. Riepilogo di natura non tecnica.
4. Relazioni con la direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio relativa alla determinazione e alla
gestione del rumore ambientale
4.1. Qualora siano state approntate le mappe del rumore
o piani d'azione a norma di tale direttiva, questi serviranno per fornire le informazioni richieste dal presente allegato.
4.2. La valutazione dell'esposizione al rumore (cioè, curve
di isolivello e numero delle persone colpite) è effettuata utilizzando almeno gli usuali indicatori di rumore
Lden e Lnight, come precisato nella direttiva sopra
menzionata, qualora disponibili.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
15 aprile 2002, n. 805/2002
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2158/92 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità
contro gli incendi
(G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Comitato economico e
sociale (2),
previa consultazione del Comitato delle
regioni,
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1) Il periodo di applicazione dell'azione
comunitaria prevista dal regolamento (CEE) n.
2158/92 del Consiglio (4) ha avuto termine il 31
dicembre 2001.
(2) A norma dell'articolo 10, paragrafo 3, del
regolamento (CEE) n. 2158/92, prima della
scadenza di tale periodo di applicazione la
Commissione deve presentare al Parlamento
europeo e al Consiglio una proposta di revisione concernente in particolare gli aspetti
ecologici, economici e sociali nonché i risultati di un'analisi costi/benefici.
(3) Non essendo terminati i lavori preparatori, tale proposta di revisione non può essere
presentata allo stadio attuale, sicché il
(1) GU C 51 E del 26.2.2002, pag. 343.
(2) Parere espresso il 16 gennaio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002
(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e
decisione del Consiglio del 18 marzo 2002.
(4) GU L 217 del 31.7.1992, pag. 3. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1485/2001
del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 196 del
20.7.2001, pag. 4) .
Parlamento europeo e il Consiglio non sono in
grado di stabilire le future modalità per il proseguimento dell'azione comunitaria per la protezione delle foreste contro gli incendi prima
che scada il periodo d'applicazione della medesima.
(4) Il proseguimento di tale azione comunitaria nel 2002 presuppone quindi una misura
transitoria volta a prorogarne di un anno la
durata.
(5) La dotazione finanziaria per attuare tale
azione comunitaria, la quale costituisce per
l'autorità di bilancio il riferimento privilegiato ai
sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio (5), fissata a 49, 4 milioni di
EUR dall'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2158/92, dovrebbe essere
adattata in base all'importo iscritto nel bilancio
per il 2002.
(6) È necessario modificare di conseguenza
il regolamento (CEE) n. 2158/92,
HANNO ADOTTATO
IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Art. 1
L'articolo 10 del regolamento (CEE) n.
2158/92 è sostituito dal seguente:
"Articolo 10
1. L'azione è prevista per una durata di un(5) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1.
67
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
REG.CE 805/2002
dici anni a partire dal 1° gennaio 1992.
2. La dotazione finanziaria per l'attuazione
dell'azione è di 59,9 milioni di EUR per il
periodo 1997-2002. Gli stanziamenti annui
sono autorizzati dall'autorità di bilancio
entro il limite delle prospettive finanziarie.
3. Entro il 30 giugno 2002 la Commissione
presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento e una proposta di revisione attinente in particolare agli aspetti
ecologici, economici e sociali (valutazione
qualitativa) e ai risultati di un'analisi costibenefici (valutazione quantitativa)."
Art. 2
Il presente regolamento entra in vigore il
giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Il presente regolamento è obbligatorio in
tutti i suoi elementi e direttamente applicabile
in ciascuno degli Stati membri.
68
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
15 aprile 2002 n. 804/2002
Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 3528/86 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità
contro l'inquinamento atmosferico
(G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Comitato economico e
sociale (2),
previa consultazione del Comitato delle
regioni,
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1) Il periodo di applicazione dell'azione
comunitaria prevista dal regolamento (CEE) n.
3528/86 del Consiglio (4) ha avuto termine il 31
dicembre 2001.
(2) A norma dell'articolo 11, paragrafo 3, del
regolamento (CEE) n. 3528/86, prima della
scadenza di tale periodo di applicazione la
Commissione deve presentare al Parlamento
europeo e al Consiglio una proposta di revisione concernente in particolare gli aspetti
ecologici, economici e sociali nonché i risultati di un'analisi costi/benefici.
(3) Non essendo terminati i lavori preparatori, tale proposta di revisione non può essere
presentata allo stadio attuale, sicché il
(1) GU C 51 E del 26.2.2002, pag. 342.
(2) Parere espresso il 16 gennaio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002
(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e
decisione del Consiglio del 18 marzo 2002.
(4) GU L 326 del 21.11.1986, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1484/2001
del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 196 del
20.7.2001, pag. 1).
Parlamento europeo e il Consiglio non sono in
grado di stabilire le future modalità per il proseguimento dell'azione comunitaria per la protezione delle foreste contro l'inquinamento
atmosferico prima che scada il periodo d'applicazione della medesima.
(4) Il proseguimento di tale azione comunitaria nel 2002 presuppone quindi una misura
transitoria volta a prorogarne di un anno la
durata.
(5) La dotazione finanziaria per attuare tale
azione comunitaria, la quale costituisce per
l'autorità di bilancio il riferimento privilegiato ai
sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio (5), fissata a 35, 1 milioni di
EUR dall'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 3528/86, dovrebbe essere
adattata in base all'importo iscritto nel bilancio
per il 2002.
(6) È necessario modificare di conseguenza
il regolamento (CEE) n. 3528/86,
HANNO ADOTTATO
IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Art. 1
L'articolo 11 del regolamento (CEE) n.
3528/86 è sostituito dal seguente:
"Articolo 11
1. L'azione è prevista per una durata di
(5) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1.
69
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
REG.CE 804/2002
sedici anni a partire dal 1° gennaio 1987.
2. La dotazione finanziaria per l'attuazione
dell'azione è di 42,6 milioni di EUR per il
periodo 1997-2002.
Gli stanziamenti annui sono autorizzati dall'autorità di bilancio entro il limite delle prospettive finanziarie.
3. Entro il 30 giugno 2002 la Commissione
presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento nonché una proposta di
revisione attinente in particolare agli aspetti
ecologici, economici e sociali (valutazione
qualitativa) e ai risultati di un'analisi costibenefici (valutazione quantitativa)."
Art. 2
Il presente regolamento entra in vigore il
giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Il presente regolamento è obbligatorio in
tutti i suoi elementi e direttamente applicabile
in ciascuno degli Stati membri.
70
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
25 aprile 2002, n. 2002/358/CE
DECISIONE DEL CONSIGLIO
Decisione del Consiglio riguardante l'approvazione, a nome della Comunità
europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni
(G.U.C.E. n. L 130 del 15 maggio 2002)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo
300, paragrafo 2, primo comma, prima frase,
e paragrafo 3, primo comma,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1) L'obiettivo finale della convenzione quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in
seguito denominata "la convenzione"), approvata a nome della Comunità con decisione
94/69/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1993,
concernente la conclusione della convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (3), consiste nello stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera a un
livello tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza antropica con il sistema climatico.
(2) La conferenza delle parti della convenzione ha concluso, nella prima sessione, che
l'impegno dei paesi sviluppati a riportare,
entro il 2000, individualmente o congiuntamente ai livelli del 1990, le proprie emissioni di
biossido di carbonio e di altri gas serra non
inclusi nel protocollo di Montreal allegato alla
convenzione di Vienna sulla protezione della
ozonosfera, è insufficiente per il conseguimento dell'obiettivo di lungo termine della
convenzione, consistente nella prevenzione
delle interferenze antropiche pericolose con il
sistema climatico. La conferenza ha convenu-
(1) GU C 75 E del 26.3.2002, pag. 17.
(2) Parere espresso il 15 febbraio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU L 33 del 7.2.1994, pag. 11.
to inoltre di avviare un processo che consentisse, mediante l'adozione di un protocollo o
di un altro idoneo atto giuridico (4), opportuni
interventi nel periodo successivo al 2000.
(3) Questo processo ha portato l'11 dicembre 1997 all'adozione del protocollo di Kyoto
della convenzione quadro delle Nazioni Unite
sui cambiamenti climatici (in seguito denominato: "il protocollo") (5).
(4) La conferenza delle parti della convenzione, nella quarta sessione, ha deciso di adottare il piano di azione di Buenos Aires per il raggiungimento di un accordo sull'attuazione degli
elementi essenziali del protocollo nella sesta
sessione della conferenza delle parti (6).
(5) Gli elementi essenziali per l'attuazione
del piano di azione di Buenos Aires sono stati
approvati all'unanimità dalla conferenza delle
parti nella sesta sessione svoltasi a Bonn dal
19 al 27 luglio 2001 (7).
(6) La conferenza delle parti, nella settima
sessione tenutasi a Marrakech dal 29 ottobre
al 10 novembre 2001, ha adottato all'unanimità una serie di decisioni che attuano gli
accordi di Bonn (8).
(7) Il protocollo, a norma dell'articolo 24, è
(4) Decisione 1/CP.1: "Mandato di Berlino: esame dell'adeguatezza dell'articolo 4, paragrafo 2, lettere a) e b)
della convenzione, proposte relative al protocollo e
decisioni riguardanti il follow-up".
(5 ) Decisione 1/CP.3: "Adozione del protocollo di Kyoto
della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici".
(6 ) Decisione 1/CP.4 "Piano d'azione di Buenos Aires".
(7) Decisione 5/CP.6: "Attuazione del piano d'azione di
Buenos Aires".
(8) Decisione 2-24/CP.7: "Accordi di Marrakech".
71
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
aperto alla ratifica, all'accettazione o all'approvazione degli Stati e delle organizzazioni
regionali di integrazione economica che lo
hanno firmato.
(8) Nell'articolo 4 il protocollo prevede che le
parti adempiano congiuntamente agli impegni
assunti a norma dell'articolo 3, agendo nell'ambito delle organizzazioni regionali di integrazione
economica e in cooperazione con esse.
(9) Al momento della firma del protocollo a
New York, il 29 aprile 1998, la Comunità europea ha dichiarato che essa e i suoi Stati membri avrebbero, ai sensi dell'articolo 4, adempiuto congiuntamente agli impegni assunti a norma
dell'articolo 3, paragrafo 1 del protocollo.
(10) Nel decidere di adempiere congiuntamente agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto, la Comunità e i
suoi Stati membri sono congiuntamente
responsabili, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo
6 e a norma dell'articolo 24, paragrafo 2 del
protocollo, dell'adempimento, da parte della
Comunità, dell'impegno quantificato di riduzione delle emissioni assunto ai sensi dell'articolo
3, paragrafo 1 del protocollo. Di conseguenza,
a norma dell'articolo 10 del trattato che istituisce la Comunità europea, gli Stati membri
hanno collettivamente e individualmente l'obbligo di adottare tutte le opportune misure di
carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi risultanti dall'azione decisa dalle istituzioni della Comunità,
incluso l'impegno quantificato di riduzione
delle emissioni ai sensi del protocollo, di agevolare l'adempimento di tale impegno e di
astenersi da qualsiasi misura che rischi di
compromettere la realizzazione dello stesso.
(11) La base giuridica di eventuali ulteriori
decisioni in relazione all'approvazione da
parte della Comunità di impegni futuri concernenti le riduzioni delle emissioni sarà stabilita
in base al contenuto e agli effetti della decisione medesima.
(12) Il Consiglio è giunto ad un accordo sui
contributi dei singoli Stati membri all'adempimento dell'impegno globale di riduzione delle
emissioni della Comunità nelle conclusioni del
Consiglio del 16 giugno 1998 (9). Taluni Stati
membri hanno formulato ipotesi sulle emissioni dell'anno di riferimento e sulle politiche e
sulle misure comuni e coordinate. I contributi
sono stati differenziati in considerazione, fra
l'altro, delle aspettative di crescita economica,
della situazione in materia di energia e della
struttura industriale di ciascuno Stato membro. Il Consiglio ha inoltre convenuto di inserire il contenuto dell'accordo nella decisione del
Consiglio concernente l'approvazione del protocollo da parte della Comunità. L'articolo 4,
paragrafo 2 del protocollo stabilisce che la
Comunità e i suoi Stati membri notifichino al
Segretariato, istituito dall'articolo 8 della convenzione, il contenuto dell'accordo alla data
del deposito dei loro strumenti di ratifica o di
approvazione. La Comunità e gli Stati membri
sono tenuti ad adottare le misure necessarie
affinché la Comunità possa adempiere ai suoi
obblighi ai sensi del protocollo, fatta salva la
responsabilità di ogni Stato membro nei confronti della Comunità e degli altri Stati membri
per quanto riguarda l'adempimento dei suoi
impegni.
(13) Le emissioni dell'anno di riferimento
della Comunità e dei suoi Stati membri non
saranno determinate in modo definitivo prima
dell'entrata in vigore del protocollo. Una volta
che le emissioni dell'anno di riferimento saranno state determinate in modo definitivo e,
comunque, prima dell'inizio del periodo di
adempimento, la Comunità e i suoi Stati
membri fisseranno tali livelli di emissione in
termini di tonnellate di biossido di carbonio
equivalente, secondo la procedura di cui
all'articolo 8 della decisione 93/389/CEE del
Consiglio, del 24 giugno 1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di
altri gas ad effetto serra nella Comunità (10).
(14) Il Consiglio europeo di Göteborg del 15
e 16 giugno 2001 ha ribadito la determinazione della Comunità e degli Stati membri a
rispettare gli impegni assunti nel protocollo e
ha dichiarato che la Commissione avrebbe
preparato una proposta di ratifica entro la fine
del 2001 in modo da consentire alla Comunità
e ai suoi Stati membri di osservare l'impegno
di rapida ratifica del protocollo.
(15) Il Consiglio europeo di Laeken del 14 e
72
(9) Documento 9702/98 del 19 giugno 1998 del
Consiglio dell'Unione europea che rispecchia l'esito
dei lavori del Consiglio "Ambiente" del 16-17 giugno
1998, allegato I.
(10) GU L 167 del 9.7.1993, pag. 31. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 1999/296/CE (GU L 117
del 5.5.1999, pag. 35).
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
15 dicembre 2001 ha confermato la determinazione dell'Unione ad onorare i suoi impegni
nell'ambito del protocollo di Kyoto ed il suo
auspicio che il protocollo entri in vigore prima
del vertice mondiale di Johannesburg sullo
sviluppo sostenibile che si svolgerà dal 26
agosto al 4 settembre 2002.
(16) Le misure necessarie per l'attuazione
della presente decisione sono adottate
secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità
per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11),
HA ADOTTATO
LA PRESENTE DECISIONE:
cedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della
presente decisione, la Commissione stabilisce
i livelli di emissione assegnati rispettivamente
alla Comunità europea e a ciascuno dei suoi
Stati membri in termini di tonnellate equivalenti di biossido di carbonio, previa determinazione dei dati definitivi di emissione dell'anno di
riferimento e in base agli impegni quantificati
di limitazione o riduzione stabiliti nell'allegato
II, tenendo conto delle metodologie per la
stima delle emissioni antropiche dalle fonti e
dall'assorbimento dei pozzi di cui all'articolo
5, paragrafo 2 del protocollo e delle modalità
di calcolo delle quantità assegnate a norma
dell'articolo 3, paragrafi 7 e 8 del protocollo.
La quantità assegnata alla Comunità europea
e a ciascuno dei suoi Stati membri è uguale ai
livelli di emissione stabiliti rispettivamente per
ognuno di essi a norma del presente articolo.
Art. 1
Il protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in seguito denominato: "il protocollo"), firmato il 29 aprile 1998 a New York,
è approvato a nome della Comunità europea.
Il testo del protocollo è riportato nell'allegato I.
Art. 2
La Comunità europea e i suoi Stati membri
adempiono congiuntamente, ai sensi dell'articolo 4 del protocollo, agli impegni assunti a
norma dell'articolo 3, paragrafo 1 del protocollo
stesso e nel pieno rispetto delle disposizioni dell'articolo 10 del trattato che istituisce la Comunità europea. Gli impegni quantificati di limitazione e di riduzione delle emissioni approvati
dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri
al fine di stabilire i livelli di emissione assegnati
rispettivamente a ciascuno di essi nel primo
periodo di adempimento degli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni, dal
2008 al 2012, sono stabiliti nell'allegato II. La
Comunità europea e i suoi Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi ai livelli
di emissione stabiliti nell'allegato II, previsti a
norma dell'articolo 3 della presente decisione.
Art. 3
Entro il 31 dicembre 2006 e secondo la pro(11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Art. 4
1. La Commissione è assistita dal comitato
istituito dall'articolo 8 della decisione
93/389/CE.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7
della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui
all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione
1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento
interno.
Art. 5
1. Il Presidente del Consiglio è autorizzato a
designare la (le) persona (persone) abilitata
(abilitate) a notificare la presente decisione, a
nome della Comunità europea, al Segretariato
della convenzione quadro delle Nazioni Unite
sui cambiamenti climatici, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 del protocollo.
2. Il Presidente del Consiglio è autorizzato a
designare la (le) persona (persone) abilitata
(abilitate) a depositare lo strumento di approvazione, alla stessa data della notifica di cui al
paragrafo 1, presso il Segretario Generale
delle Nazioni Unite a norma dell'articolo 24,
paragrafo 1 del protocollo, al fine di esprimere
il consenso della Comunità ad essere vincolata dall'atto.
3. Il Presidente del Consiglio è autorizzato a
designare la (le) persona (persone) abilitata
73
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
(abilitate) a depositare, alla stessa data della
notifica di cui al paragrafo 1, la dichiarazione
di competenza di cui all'allegato III, a norma
dell'articolo 24, paragrafo 3 del protocollo.
Art. 6
1. Quando depositano i loro strumenti di ratifica o di approvazione del protocollo, gli Stati
membri notificano, nello stesso tempo e a proprio nome, la presente decisione al Segretariato della convenzione quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 del protocollo.
2. Gli Stati membri si adoperano per intraprendere le necessarie iniziative in vista del
deposito dei loro strumenti di ratifica o di
approvazione simultaneamente a quelli della
Comunità europea e degli altri Stati membri e,
per quanto possibile, entro il 1° giugno 2002.
3. Gli Stati membri informano la Commissione, entro il 1° aprile 2002, delle loro decisioni di
ratificare o approvare il protocollo ovvero a
seconda della circostanza della probabile data
di conclusione dei relativi procedimenti. La
Commissione, in cooperazione con gli Stati
membri, decide una data per il deposito simultaneo degli strumenti di ratifica o approvazione.
decisione 1/CP.1 dalla Conferenza delle Parti della
Convenzione nella sua prima sessione,
HANNO CONVENUTO
QUANTO SEGUE:
Art. 1
Ai fini del presente protocollo si applicano le definizioni
contenute all'articolo 1 della Convenzione. Inoltre:
1) Per "Conferenza delle Parti" si intende la Conferenza
delle Parti della Convenzione.
2) Per "Convenzione" si intende la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici,
adottata a New York il 9 maggio 1992.
3) Per "Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico" si intende il Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico costituito congiuntamente dalla Organizzazione Meteorologica Mondiale ed il Programma delle Nazioni Unite
per l'Ambiente, nel 1988.
4) Per "Protocollo di Montreal" si intende il protocollo di
Montreal relativo alle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Montreal il 16 settembre
1987, nella sua forma successivamente modificata
ed emendata.
5) Per "Parti presenti e votanti" si intendono le Parti presenti che esprimono un voto affermativo o negativo.
6) Per "Parte" si intende, a meno che il contesto non
indichi diversamente, una Parte del presente protocollo.
7) Per "Parte inclusa nell'Allegato I" si intende una Parte
che figura nell'Allegato I della Convenzione, tenuto
conto degli eventuali emendamenti, o la Parte che
ha presentato una notifica ai sensi dell'articolo 4,
paragrafo 2, punto g), della Convenzione.
Art. 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
ALLEGATO I
TRADUZIONE
PROTOCOLLO DI KYOTO DELLA CONVENZIONE
QUADRO DELLE NAZIONI UNITE
SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
LE PARTI DEL PRESENTE PROTOCOLLO,
ESSENDO Parti della Convenzione Quadro delle
Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (da qui in avanti
denominata "la Convenzione"),
PERSEGUENDO l'obiettivo finale della Convenzione
enunciato all'articolo 2,
RICORDANDO le disposizioni della Convenzione,
GUIDATE dall'articolo 3 della Convenzione,
74
NEL RISPETTO del Mandato di Berlino, adottato con
Art. 2
1. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I, nell'adempiere agli
impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle
emissioni previsti all'articolo 3, al fine di promuovere lo
sviluppo sostenibile:
a) Applicherà e/o elaborerà politiche e misure, in
conformità con la sua situazione azionale, come:
i) Miglioramento dell'efficacia energetica in settori
rilevanti dell'economia nazionale;
ii) Protezione e miglioramento dei meccanismi di
rimozione e di raccolta dei gas ad effetto serra,
non inclusi nel protocollo di Montreal, tenuto conto degli impegni assunti in virtù degli accordi internazionali ambientali; promozione di metodi sostenibili di gestione forestale, di imboschimento e di
rimboschimento;
iii) Promozione di forme sostenibili di agricoltura, alla
luce delle considerazioni relative ai cambiamenti
climatici;
iv) Ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili, di tecnologie per la cattura e l'isolamento del biossido di
carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative
compatibili con l'ambiente;
v) Riduzione progressiva, o eliminazione graduale,
delle imperfezioni del mercato, degli incentivi
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
fiscali, delle esenzioni tributarie e di sussidi, che
siano contrari all'obiettivo della Convenzione, in
tutti i settori responsabili di emissioni di gas ad
effetto serra, ed applicazione di strumenti di mercato;
vi) Incoraggiamento di riforme appropriate nei settori
pertinenti, al fine di promuovere politiche e misure
che limitino o riducano le emissioni dei gas ad
effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal;
vii)Adozione di misure volte a limitare e/o ridurre le
emissioni di gas ad effetto serra non inclusi nel
protocollo di Montreal nel settore dei trasporti;
viii)Limitazione e/o riduzione delle emissioni di metano attraverso il suo recupero ed utilizzazione nel
settore della gestione dei rifiuti, come pure nella
produzione, il trasporto e la distribuzione di energia;
b) Coopererà con le altre Parti incluse all'Allegato I per
rafforzare l'efficacia individuale e combinata delle
politiche e misure adottate a titolo del presente articolo, conformemente all'articolo 4, paragrafo 2(e) (i),
della Convenzione. A tal fine, dette Parti dovranno
dar vita ad iniziative per condividere esperienze e
scambiare informazioni su politiche e misure, in particolar modo sviluppando sistemi per migliorare la
loro compatibilità, trasparenza ed efficacia. La
Conferenza delle Parti agente come Conferenza
delle Parti del protocollo dovrà, nella sua prima sessione, o quanto prima possibile, esaminare i mezzi
per facilitare tale cooperazione, tenendo conto di
tutte le informazioni pertinenti.
2. Le Parti incluse nell'Allegato I cercheranno di limitare o ridurre le emissioni di gas ad effetto serra non inclusi
nel protocollo di Montreal generati da combustibili utilizzati nel trasporto aereo e marittimo, operando con la
Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile e
l'Organizzazione Internazionale Marittima.
3. Le Parti incluse nell'Allegato I si impegneranno ad
attuare le politiche e misure previste nel presente articolo
al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi, inclusi gli
effetti avversi del cambiamento climatico, gli effetti sul
commercio internazionale e gli impatti sociali, ambientali
ed economici sulle altre Parti, in special modo le Parti
paesi in via di sviluppo ed, in particolare, quelle menzionate nell'articolo 4, paragrafi 8 e 9, della Convenzione, in
considerazione dell'articolo 3 della Convenzione. La
Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti
del presente protocollo potrà adottare, se opportuno,
ulteriori misure per promuovere l'applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.
4. Nel caso in cui ritenga utile coordinare alcune politiche e misure previste nel paragrafo 1(a) del presente articolo, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali e
degli effetti potenziali, la Conferenza delle Parti agente
come riunione delle Parti del presente protocollo, valuterà
le forme ed i mezzi appropriati per organizzare il coordinamento di tali politiche e misure.
Art. 3
1. Le Parti incluse nell'Allegato I assicureranno, individualmente o congiuntamente, che le loro emissioni antropiche aggregate, espresse in equivalente-biossido di carbonio, dei gas ad effetto serra indicati nell'Allegato A, non
superino le quantità che sono loro attribuite, calcolate in
funzione degli impegni assunti sulle limitazioni quantificate e riduzioni specificate nell'Allegato B e in conformità
alle disposizioni del presente articolo, al fine di ridurre il
totale delle emissioni di tali gas almeno del 5 % rispetto ai
livelli del 1990, nel periodo di adempimento 2008-2012.
2. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I dovrà aver ottenuto nel 2005, nell'adempimento degli impegni assunti a
titolo del presente protocollo, concreti progressi.
3. Le variazioni nette di gas ad effetto serra, relative ad
emissioni da fonti e da pozzi di assorbimento risultanti da
attività umane direttamente legate alla variazione nella
destinazione d'uso dei terreni e dei boschi, limitatamente
all'imboschimento, al rimboschimento e al disboscamento dopo il 1990, calcolate come variazioni verificabili delle
quantità di carbonio nel corso di ogni periodo di adempimento, saranno utilizzate dalle Parti incluse nell'Allegato I
per adempiere agli impegni assunti ai sensi del presente
articolo. Le emissioni di gas ad effetto serra, dalle fonti e
l'assorbimento dai pozzi associati a dette attività, saranno notificati in modo trasparente e verificabile ed esaminati a norma degli articoli 7 e 8.
4. Precedentemente alla prima sessione della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo ogni Parte inclusa nell'Allegato I fornirà
all'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e
Tecnologico, per il loro esame, dati che permettano di
determinare il livello di quantità di carbonio nel 1990 e di
procedere ad una stima delle variazioni di dette quantità
di carbonio nel corso degli anni successivi. Nella sua
prima sessione, o quanto prima possibile, la Conferenza
delle Parti agente come riunione delle Parti del presente
protocollo, determinerà le modalità, le norme e le linee
guida da seguire per stabilire quali attività antropiche supplementari, legate alle variazioni delle emissioni dalle fonti
e dai pozzi di assorbimento dei gas ad effetto serra nelle
categorie dei terreni agricoli, nonché nelle categorie della
variazione della destinazione d'uso dei terreni e dei
boschi, dovranno essere aggiunte o sottratte alle quantità
attribuite alle Parti incluse nell'Allegato I, tenendo conto
delle incertezze, della necessità di comunicare risultati
trasparenti e verificabili, del lavoro metodologico del
Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento
Climatico, delle raccomandazioni dell'Organo Sussidiario
del Consiglio Scientifico e Tecnologico, conformemente
all'art. 5, e delle decisioni della Conferenza delle Parti. Tale
decisione si applicherà nel secondo e nei successivi
periodi di adempimento. Una Parte può applicarla alle sue
attività antropiche supplementari nel primo periodo di
adempimento a condizione che dette attività abbiano
avuto luogo dopo il 1990.
5. Le Parti incluse nell'Allegato I in transizione verso una
economia di mercato ed il cui anno o periodo di riferimento è stato stabilito in conformità alla decisione 9/CP.2,
adottata dalla Conferenza delle Parti nella sua seconda
sessione, utilizzeranno tale anno o periodo di riferimento
per l'attuazione degli impegni assunti a norma del presente articolo. Ogni altra Parte inclusa nell'Allegato I in transizione verso una economia di mercato e che non abbia
ancora presentato la sua prima comunicazione nazionale,
in conformità dell'articolo 12 della Convenzione, potrà
ugualmente notificare alla Conferenza delle Parti agente
come riunione delle Parti del presente protocollo la sua
intenzione di considerare un anno o un periodo storico di
75
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
riferimento diverso dal 1990 per adempiere agli impegni
assunti a norma del presente articolo. La Conferenza delle
Parti, agente come riunione delle Parti del presente protocollo si pronuncerà sulla accettazione di tale notifica.
6. Tenendo conto dell'articolo 4, paragrafo 6, della
Convenzione, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo concederà alle
Parti incluse nell'Allegato I in transizione verso una economia di mercato un certo grado di flessibilità nell'adempimento degli impegni assunti diversi da quelli previsti nel
presente articolo.
7. Nel corso del primo periodo di adempimento degli
impegni per la riduzione e la limitazione quantificata delle
emissioni, dal 2008 al 2012, la quantità attribuita a ciascuna Parte inclusa nell'Allegato I sarà uguale alla percentuale
ad essa assegnata, indicata nell'Allegato B, delle emissioni
antropiche aggregate, espresse in equivalente-biossido di
carbonio, dei gas ad effetto serra indicate all'Allegato A e
relative al 1990, o nel corso dell'anno o del periodo di riferimento, ai sensi del paragrafo 5, moltiplicate per cinque. Le
Parti incluse nell'Allegato I, per le quali la variazione nella
destinazione d'uso dei terreni e dei boschi costituivano nel
1990 una fonte netta di emissione di gas ad effetto serra,
includeranno nelle emissioni relative al 1990, o ad altro
periodo di riferimento, le emissioni antropiche aggregate,
espresse in equivalente biossido di carbonio, meno le quantità assorbite dai pozzi di assorbimento all'anno 1990, derivanti dalla variazione nella destinazione d'uso dei terreni.
8. Tutte le Parti incluse nell'Allegato I potranno utilizzare il 1995 come anno di riferimento per gli idrofluorocarburi, i perfluorocarburi e l'esafluoro di zolfo, ai fini delle
operazione di calcolo di cui al paragrafo 7.
9. Per le Parti incluse nell'Allegato I, gli impegni assunti per
i successivi periodi di adempimento saranno determinati
come emendamenti all'Allegato I del presente protocollo e
saranno adottati conformemente alle disposizioni di cui
all'articolo 21, paragrafo 7. La Conferenza delle Parti agente
come riunione delle Parti del presente protocollo inizierà la
valutazione di tali impegni almeno sette anni prima della fine
del primo periodo di adempimento, di cui al paragrafo 1.
10. Tutte le unità di riduzione delle emissioni, o tutte le
frazioni di una quantità assegnata, che una Parte acquista da un'altra Parte, conformemente alle disposizioni di
cui agli articoli 6 o 17, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista.
11. Tutte le unità di riduzione delle emissioni, o tutte le
frazioni di una quantità assegnata, che una Parte trasferisce ad un'altra Parte, conformemente alle disposizioni di
cui agli articoli 6 o 17, sarà sottratta alla quantità assegnata alla Parte che la trasferisce.
12. Tutte le riduzioni accertate delle emissioni che una
Parte acquista da un'altra Parte, conformemente alle
disposizioni di cui all'articolo 12, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista.
13. Se le emissioni di una Parte inclusa nell'Allegato I,
nel corso di un periodo di adempimento, sono inferiori alla
quantità che le è stata assegnata in virtù del presente articolo, tale differenza sarà sommata, su richiesta di detta
Parte, alla quantità che le è stata assegnata per i successivi periodi di adempimento.
76
14. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I si impegnerà ad
adempiere agli impegni indicati nel paragrafo 1, al fine di
ridurre al minimo gli effetti sociali, ambientali ed economici contrari sui paesi in via di sviluppo Parti, in particolare
quelli indicati all'articolo 4, paragrafi 8 e 9, della
Convenzione. In linea con le decisioni della Conferenza
delle Parti, per l'attuazione di tali paragrafi, la Conferenza
delle Parti agente come riunione delle Parti del presente
protocollo, esaminerà, nella sua prima sessione, le misure necessarie per ridurre al minimo gli effetti dei cambiamenti climatici e/o l'impatto delle misure di risposta delle
Parti menzionate in detto paragrafo. Tra le questioni da
prendere in considerazione vi saranno il finanziamento,
l'assicurazione ed il trasferimento di tecnologie.
Art. 4
1. Tutte le Parti incluse nell'Allegato I, che abbiano concordato un'azione congiunta per l'attuazione degli obblighi
assunti a norma dell'articolo 3, saranno considerate adempienti se la somma totale delle emissioni antropiche aggregate, espresse in equivalenti biossido di carbonio, di gas ad
effetto serra indicati nell'Allegato A non supera la quantità
loro assegnata, calcolata in funzione degli impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni elencate
nell'Allegato B e conformemente alle disposizioni dell'articolo 3. Il rispettivo livello di emissione assegnato a ciascuna delle Parti dell'accordo sarà stabilito nell'accordo.
2. Le Parti di tale accordo notificheranno al Segretariato il contenuto dell'accordo alla data di deposito degli
strumenti di ratifica, d'accettazione, di approvazione o di
adesione del presente protocollo. Il Segretariato informerà, a sua volta, tutte le Parti ed i firmatari della Convenzione dei termini dell'accordo.
3. Tutti gli accordi di questo tipo rimarranno in vigore
per la durata del periodo di adempimento specificata
all'articolo 3, paragrafo 7.
4. Se le Parti, agendo congiuntamente, lo fanno nel
quadro di una organizzazione regionale di integrazione
economica e di concerto con essa, ogni variazione nella
composizione di detta organizzazione, successiva all'adozione del presente protocollo, non inciderà sugli impegni
assunti in virtù del presente protocollo. Ogni variazione
nella composizione dell'organizzazione avrà effetto solo ai
fini dell'attuazione degli impegni previsti all'articolo 3 che
siano adottati successivamente a quella modificazione.
5. Se le Parti dell'accordo, agendo congiuntamente,
non raggiungeranno il livello totale combinato delle riduzioni di emissioni, ogni Parte sarà responsabile del proprio
livello di emissioni stabilito nell'accordo.
6. Se le Parti, agendo congiuntamente, operano all'interno di una organizzazione regionale di integrazione economica, Parte del presente protocollo, e di concerto con
essa, ogni Stato membro di detta organizzazione regionale di integrazione economica, individualmente, o congiuntamente con l'organizzazione regionale di integrazione economica, agendo ai sensi dell'articolo 24, sarà
responsabile, nel caso in cui venga raggiunto il livello totale combinato delle riduzioni di emissioni, del livello delle
sue emissioni, così come notificato in conformità del presente articolo.
Art. 5
1. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I realizzerà, non più
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
tardi di un anno prima dell'inizio del primo periodo di
adempimento, un sistema nazionale per la stima delle
emissioni antropiche dalle fonti e dall'assorbimento dei
pozzi di tutti i gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal. La Conferenza delle Parti agente come
riunione delle Parti del presente protocollo deciderà, nella
sua prima sessione, le linee guida di tali sistemi nazionali,
tra le quali saranno incluse le metodologie specificate nel
paragrafo 2 infra.
2. Le metodologie per la stima delle emissioni antropiche da sorgenti e dall'assorbimento dei pozzi di tutti i gas
ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal
saranno quelle accettate dal Gruppo Intergovernativo di
Esperti sul Cambiamento Climatico e approvate dalla
Conferenza delle Parti nella sua terza sessione. Laddove
tali metodologie non vengano utilizzate, verranno introdotti gli adattamenti necessari conformi alle metodologie
concordate dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo nella sua prima
sessione. Basandosi sul lavoro del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico e sulle raccomandazioni fornite dall'Organo Sussidiario del Consiglio
Scientifico e Tecnologico, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo esaminerà regolarmente e, se opportuno, revisionerà tali
metodologie ed adattamenti, tenendo pienamente conto
delle decisioni pertinenti della Conferenza delle Parti. Ogni
revisione delle metodologie o degli adattamenti si effettuerà solo al fine di accertare il rispetto degli impegni
assunti a norma dell'articolo 3 per ogni periodo di adempimento successivo a detta revisione.
3. I potenziali di riscaldamento globale utilizzati per calcolare l'equivalente-biossido di carbonio delle emissioni
antropiche dalle sorgenti e dall'assorbimento dei pozzi di
gas ad effetto serra elencati nella Allegato A saranno quelli
accettati dal Gruppo Intergovernativo di Esperti sul
Cambiamento Climatico ed approvati dalla Conferenza
delle Parti nella sua terza sessione. Basandosi sul lavoro
del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento
Climatico e sulle raccomandazioni fornite dall'Organo
Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico, la
Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti
del presente protocollo esaminerà periodicamente e, se
opportuno, revisionerà il potenziale di riscaldamento globale di ciascuno di tali gas ad effetto serra tenendo pienamente conto delle decisioni pertinenti della Conferenza
delle Parti. Ogni revisione di un potenziale di riscaldamento globale sarà applicabile solo agli impegni di cui all'articolo 3 per ogni periodo di adempimento posteriore a
detta revisione.
Art. 6
1. Al fine di adempiere agli impegni assunti a norma
dell'articolo 3, ogni Parte inclusa nell'Allegato I può trasferire ad ogni altra di dette Parti, o acquistare da essa,
unità di riduzione risultanti da progetti finalizzati alla riduzione delle emissioni antropiche da fonti o all'aumento
dell'assorbimento antropico dei pozzi dei gas ad effetto
serra in ogni settore dell'economia, a condizione che:
a) Ogni progetto di questo tipo abbia l'approvazione
delle Parti coinvolte;
b) Ogni progetto di questo tipo permetta una riduzione
delle emissioni dalle fonti, o un aumento dell'assorbimento dei pozzi, che sia aggiuntivo a quelli che
potrebbero essere realizzati diversamente;
c) La Parte interessata non potrà acquistare alcuna
unità di riduzione delle emissioni se essa non adempierà alle obbligazioni che le incombono a norma
degli articoli 5 e 7;
d) L'acquisto di unità di riduzione delle emissioni sarà
supplementare alle misure nazionali al fine di adempiere agli impegni previsti dall'articolo 3.
2. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo potrà, nella sua prima sessione o quanto prima possibile, elaborare ulteriori linee
guida per l'attuazione del presente articolo, in particolar
modo per quel che riguarda la verifica e la realizzazione
dei rapporti.
3. Una Parte inclusa nell'Allegato I potrà autorizzare
persone giuridiche a partecipare, sotto la sua responsabilità, ad azioni volte alla creazione, alla cessione o all'acquisizione, a norma del presente articolo, di unità di riduzione delle emissioni.
4. Se, in conformità con le disposizioni pertinenti di cui
all'articolo 8, sorgesse una questione relativa all'applicazione delle prescrizioni di cui al presente articolo, la cessione e l'acquisizione di unità di riduzione delle emissioni
potranno continuare dopo che la questione sarà stata
sollevata, a condizione che nessuna Parte utilizzi dette
unità per adempiere ai propri impegni a norma dell'articolo 3 finché non sarà risolto il problema del rispetto delle
obbligazioni.
Art. 7
1. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I indicherà nell'inventario annuale delle emissioni antropiche da fonti e degli
assorbimenti dei pozzi dei gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal, presentato in conformità
delle decisioni della Conferenza delle Parti, le informazioni supplementari, determinate conformemente alle disposizioni di cui al paragrafo 4 infra, necessarie per assicurare il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 3.
2. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I indicherà nella propria comunicazione nazionale, presentata ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione, le informazioni supplementari necessarie per dimostrare che essa adempie agli impegni assunti a norma del presente protocollo, da determinarsi secondo le disposizioni di cui al paragrafo 4 infra.
3. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I comunicherà le
informazioni richieste, di cui al paragrafo 1, annualmente,
a partire dal primo inventario che essa è tenuta a presentare in conformità della Convenzione per il primo anno del
periodo di adempimento dopo l'entrata in vigore, per
detta Parte, del presente protocollo. Ogni Parte presenterà le informazioni richieste a norma del paragrafo 2 nel
quadro della prima comunicazione nazionale che essa è
tenuta a presentare a norma della Convenzione dopo
l'entrata in vigore, per detta Parte, del presente protocollo e dopo l'adozione delle linee guida previste dal paragrafo 4 infra. La frequenza con cui dovranno essere presentate le successive informazioni richieste ai sensi del
presente articolo sarà stabilita dalla Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo,
tenendo conto del calendario deciso dalla Conferenza
delle Parti per la presentazione delle comunicazioni nazionali.
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DEC. 2002/358/CE
4. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo adotterà nella sua prima
sessione e riesaminerà periodicamente in seguito le linee
guida relative alla preparazione delle informazioni richieste
a norma del presente articolo, considerando le direttive
per la preparazione delle comunicazioni nazionali delle
Parti inclusi nell'Allegato I adottate dalla Conferenza delle
Parti. La Conferenza delle Parti agente come riunione
delle Parti del presente protocollo deciderà anche prima
del primo periodo di adempimento le modalità di calcolo
delle quantità assegnate.
Art. 8
1. Le informazioni comunicate ai sensi dell'articolo 7 da
ciascuna delle Parti incluse nell'Allegato I saranno esaminate da gruppi di esperti in adempimento delle pertinenti
decisioni della Conferenza delle Parti ed in conformità alle
linee guida adottate, a tal fine, dalla Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo a
norma del paragrafo 4 infra. Le informazioni comunicate a
norma dell'articolo 7, paragrafo 1, da ciascuna delle Parti
incluse nell'Allegato I verranno esaminate come parte
della compilazione annuale degli inventari delle emissioni
e delle quantità assegnate e della corrispondente contabilità. Inoltre, le informazioni fornite da ciascuna Parte
inclusa nell'Allegato I, a norma dell'articolo 7, paragrafo 2,
saranno esaminate come parte della revisione delle
comunicazioni nazionali.
2. I gruppi di esperti saranno coordinati dal Segretariato e costituiti da esperti scelti tra quelli nominati dalle
Parti della Convenzione e, a seconda dei casi, da organizzazioni intergovernative, conformemente alle indicazioni fornite, a tal fine, dal Conferenza delle Parti.
3. Il processo di revisione permetterà una valutazione
tecnica completa e dettagliata dell'applicazione del presente protocollo della Parte. I gruppi di esperti elaboreranno un rapporto per la Conferenza delle Parti agente come
riunione delle Parti del presente protocollo, nel quale valuteranno l'adempimento degli impegni assunti dalla Parte in
esame ed indicheranno i problemi eventualmente riscontrati ed i fattori che incidono sull'adempimento. Il
Segretariato comunicherà detto rapporto a tutte le Parti
della Convenzione. Inoltre, il Segretariato enumererà tutte
le questioni inerenti l'adempimento, indicate nel rapporto,
per ulteriori considerazioni della Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo.
4. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo adotterà nella sua prima sessione, e riesaminerà periodicamente, in seguito, le linee
guida per l'esame dell'applicazione del presente protocollo da parte dei gruppi di esperti, tendo in considerazione le pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti.
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5. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo, con l'assistenza dell'Organo
Sussidiario di Attuazione e, se necessario, dell'Organo
Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico esaminerà:
a) Le informazioni presentate dalle Parti, a norma dell'articolo 7, ed i rapporti sull'esame di dette informazioni, effettuati a norma del presente articolo; e
b) Le questioni relative all'attuazione elencate dal
Segretariato, a norma del paragrafo 3, nonché tutte
le questioni sollevate dalle Parti.
6. In seguito all'esame delle informazioni di cui al paragrafo 5, la Conferenza delle Parti agente come riunione
delle Parti del presente protocollo adotterà, su ogni questione, le decisioni necessarie al fine dell'attuazione del
presente protocollo.
Art. 9
1. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo esaminerà periodicamente il
protocollo alla luce delle migliori informazioni scientifiche
disponibili e degli studi di valutazione sul cambiamento climatico ed il loro impatto come pure delle pertinenti informazioni tecniche, sociali ed economiche. Tali esami saranno coordinati con altri pertinenti previsti dalla Convenzione,
in particolare quelli richiesti all'articolo 4, paragrafo 2(d), e
all'articolo 7, paragrafo 2(a), della Convenzione. Sulla base
di detti esami, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà la misure
necessarie. 2. Il primo esame avrà luogo nella seconda
sessione della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Nuovi esami saranno effettuati ad intervalli regolari e precisi.
Art. 10
Tutte le Parti, tenendo conto delle loro comuni ma differenziate responsabilità e delle loro specifiche priorità di sviluppo nazionale e regionale, dei loro obiettivi e delle loro
circostanze, senza introdurre nuovi impegni per le Parti
non incluse nell'Allegato I ma riaffermando quelli già enunciati all'articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione e continuando a perseguire l'adempimento di tali impegni al fine
di raggiungere uno sviluppo sostenibile, tenendo conto
dell'articolo 4, paragrafi 3, 5 e 7, della Convenzione:
a) formuleranno, dove necessario e nella misura possibile, programmi nazionali e, se opportuno, regionali,
economicamente convenienti ed efficaci, per migliorare la qualità dei fattori di emissione, dei dati sulle
attività e/o dei modelli locali che riflettano la situazione socio-economica di ogni Parte, al fine della realizzazione periodica degli inventari nazionali delle emissioni antropiche dalle fonti e l'assorbimento dai pozzi
dei gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di
Montreal, utilizzando metodologie comparabili, che
dovranno essere decise dalla Conferenza delle Parti
ed essere conformi alle direttive per le comunicazioni nazionali adottate dalla Conferenza delle Parti.
b) formuleranno, applicheranno, pubblicheranno ed
aggiorneranno regolarmente i programmi nazionali e,
se necessario, quelli regionali contenenti misure per
mitigare i cambiamenti climatici e per facilitare un
adeguato adattamento ad essi;
i) Tali programmi dovrebbero riguardare, tra l'altro, i
settori energetico, dei trasporti e dell'industria
come pure l'agricoltura, la silvicoltura e la gestione dei rifiuti. Inoltre, le tecnologie di adattamento
ed i metodi per migliorare la pianificazione del territorio permetterebbero di meglio adattarsi ai cambiamenti climatici;
ii) Le Parti incluse nell'Allegato I presenteranno informazioni sulle misure adottate in virtù del presente
protocollo, compresi i programmi nazionali, a norma dell'articolo 7; le altre Parti cercheranno di
includere nelle loro comunicazioni nazionali, se
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c)
d)
e)
f)
g)
opportuno, informazioni sui programmi contenenti
misure che, a loro avviso, contribuiscono a fronteggiare i cambiamenti climatici ed i loro effetti
negativi, incluse le misure volte alla riduzione dell'aumento dei gas ad effetto serra e all'incremento
dei pozzi di assorbimento, al rafforzamento delle
capacità (capacity building) e all'adattamento.
Coopereranno nella promozione di modalità efficaci
per lo sviluppo, l'applicazione e la diffusione di tecnologie, di conoscenze tecniche, di pratiche e di processi ecologicamente compatibili con il cambiamento climatico, ed adotteranno tutte le misure necessarie per promuovere, facilitare e finanziare, se
necessario, l'accesso a dette fonti o a trasferirle, in
particolare verso i paesi in via di sviluppo, inclusa la
formulazione di politiche e programmi per l'efficace
trasferimento di tecnologie ecologicamente compatibili, che siano di pubblica proprietà o di pubblico
dominio, e la creazione, nel settore privato, di una
ambiente idoneo che permetta la promozione del
trasferimento di tecnologie ecologicamente compatibili e l'accesso ad esse.
Coopereranno nella ricerca scientifica e tecnica e
promuoveranno il mantenimento e lo sviluppo di
sistemi di osservazione sistematica e la costituzione
di archivi di dati al fine di ridurre le incertezze relative
al sistema climatico, le conseguenze negative del
cambiamento climatico e le conseguenze economiche e sociali delle diverse strategie di risposta, e promuoveranno la realizzazione ed il rafforzamento delle
capacità e delle misure endogene di partecipazione
agli sforzi, ai programmi e alle ricerche internazionali
ed intergovernativi relativi alla ricerca e all'osservazione sistematica, a norma dell'articolo 5 della
Convenzione.
Coopereranno e promuoveranno a livello internazionale, ricorrendo, dove opportuno, ad organismi esistenti, la realizzazione e l'esecuzione di programmi di
educazione e formazione, compreso il rafforzamento
delle capacità nazionali, in particolare sul piano
umano ed istituzionale, e lo scambio ed il distaccamento di personale incaricato alla formazione di
esperti nel settore, specialmente nei paesi in via di
sviluppo, e faciliteranno sul piano nazionale la sensibilizzazione del pubblico ai cambiamenti climatici e
l'accesso alle relative informazioni. Appropriate
modalità dovrebbero essere sviluppate per attuare
tali attività attraverso i competenti organi della
Convenzione, a norma dell'articolo 6 della
Convenzione;
Includeranno nelle proprie comunicazioni nazionali
informazioni sui programmi e le attività intraprese in
applicazione del presente articolo, in conformità alle
pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti;
Nell'adempiere agli impegni previsti dal presente articolo prenderanno pienamente in considerazione l'articolo 4, paragrafo 8, della Convenzione.
Art. 11
1. Nell'attuazione dell'articolo 10 le Parti terranno conto
delle disposizioni dell'articolo 4, paragrafi 4, 5, 7, 8, e 9
della Convenzione.
2. Nel contesto dell'attuazione dell'articolo 4, paragrafo
1, della Convenzione, in conformità con le disposizioni di
cui all'articolo 4, paragrafo 3, ed all'articolo 11 della
Convenzione, e attraverso l'entità o le entità incaricate ad
assicurare il funzionamento del meccanismo finanziario
della Convenzione, i paesi sviluppati Parti della
Convenzione e le altri Parti sviluppate incluse nell'Allegato
II della Convenzione:
a) Forniranno nuove ed ulteriori risorse finanziarie al fine
di coprire la totalità dei costi concordati sostenuti dai
paesi in via di sviluppo per migliorare nell'adempimento degli impegni previsti a norma dell'articolo 4,
paragrafo 1(a), della Convenzione, e dell'articolo 10,
punto a), del presente protocollo;
b) Forniranno, inoltre, ai paesi in via di sviluppo Parti, al
fine del trasferimento di tecnologie, le risorse finanziarie di cui essi hanno bisogno per fronteggiare la
totalità dei costi supplementari concordati per procedere nell'adempimento degli impegni già indicati
all'articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione e previsti all'articolo 10 del presente protocollo, sui quali un
paese in via di sviluppo abbia concordato con l'entità o le entità internazionali, di cui all'articolo 11 della
Convenzione, conformemente al detto articolo.
L'adempimento di tali impegni terrà conto della necessità che il flusso dei mezzi finanziari sia adeguato e prevedibile, nonché dell'importanza di una adeguata divisione delle spese tra le Parti che sono paesi sviluppati. Gli
orientamenti impartiti all'entità o alle entità incaricate del
funzionamento del meccanismo finanziario della Convenzione, figuranti nelle pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti, comprese quelle adottate prima dell'adozione del presente protocollo, si applicheranno mutatis
mutandis alle disposizioni del presente paragrafo.
3. Le Parti che sono paesi sviluppati e le altre Parti sviluppate che figurano nell'Allegato II della Convenzione
potranno anche fornire, ed i paesi in via di sviluppo Parti
potranno ottenere, risorse finanziarie per l'attuazione dell'articolo 10 del presente protocollo, attraverso canali bilaterali, regionali o multilaterali.
Art. 12
1. È istituito un meccanismo per lo sviluppo pulito.
2. Il fine del meccanismo per uno sviluppo pulito è di
assistere le Parti non incluse nell'Allegato I nel raggiungimento di uno sviluppo sostenibile e contribuire all'obiettivo finale della Convenzione, e di aiutare le Parti incluse
nell'Allegato I ad adempiere ai loro impegni quantificati di
limitazione e di riduzione delle loro emissioni ai sensi dell'articolo 3.
3. Ai sensi del meccanismo per uno sviluppo pulito:
a) Le Parti non incluse nell'Allegato I beneficeranno di
attività di progettazione finalizzate alle riduzioni certificate delle emissioni; e
b) Le Parti incluse nell'Allegato I potranno utilizzare le
riduzioni certificate delle emissioni derivanti da tali
per contribuire in parte all'adempimento degli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni ai sensi dell'articolo 3, in conformità a quanto
determinato dalla Conferenza delle Parti agente
come riunione delle Parti del presente protocollo.
4. Il meccanismo per uno sviluppo pulito sarà soggetto all'autorità e alle direttive della Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo e
alla supervisione di un comitato esecutivo del meccani-
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smo per uno sviluppo pulito.
5. Le riduzioni di emissioni derivanti da ogni attività
saranno certificate da enti operativi designati dalla
Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti
del presente protocollo sulla base dei seguenti criteri:
a) Partecipazione volontaria approvata da ogni Parte
coinvolta;
b) Benefici reali, misurabili e a lungo termine, in relazione con la mitigazione dei cambiamenti climatici; e
c) Riduzione delle emissioni che siano supplementari a
quelle che si produrrebbero in assenza dell'attività
certificata.
6. Il meccanismo per uno sviluppo pulito aiuterà ad
organizzare, se necessario, il finanziamento delle attività
certificate.
7. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo, nella sua prima sessione,
elaborerà le modalità e le procedure volte ad assicurare la
trasparenza, l'efficienza e la responsabilità grazie ad un
audit e ad una verifica indipendente delle attività.
8. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo assicurerà che una parte dei
fondi provenienti da attività certificate sia utilizzata per
coprire le spese amministrative e per aiutare le Parti, paesi
in via di sviluppo, che siano particolarmente vulnerabili agli
effetti negativi del cambiamento climatico, a far fronte ai
costi di adattamento.
9. Possono partecipare al meccanismo per uno sviluppo pulito, in particolare alle attività indicate al precedente
paragrafo 3 (a) e all'acquisto di unità di riduzione certificate delle emissioni, entità private e pubbliche; la partecipazione sarà sottoposta alle direttive impartite dal comitato esecutivo del meccanismo per uno sviluppo pulito.
10. Le riduzioni di emissioni certificate ottenute tra l'anno 2000 e l'inizio del primo periodo di adempimento
potranno utilizzarsi per contribuire all'adempimento degli
impegni previsti per detto periodo.
Art. 13
1. La Conferenza delle Parti, organo supremo della
Convenzione, agirà come riunione delle Parti del presente protocollo.
2. Le Parti della Convenzione che non sono Parti del
presente protocollo possono partecipare, in qualità di
osservatori, ai lavori delle sessioni della Conferenza delle
Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Quando la Conferenza delle Parti agisce come riunione delle Parti del presente protocollo le decisioni, ai
sensi del protocollo, verranno adottate esclusivamente
per le Parti del presente protocollo.
3. Quando la Conferenza delle Parti agisce come riunione delle Parti del presente protocollo, ogni membro
dell'Ufficio della Conferenza delle Parti che rappresenti una
Parte della Convenzione che, in quel momento, non sia
Parte del presente protocollo sarà sostituito da un nuovo
membro eletto dalle Parti del presente protocollo e tra esse.
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4. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo esaminerà regolarmente l'attuazione del presente protocollo e, conformemente al suo
mandato, adotterà le decisioni necessarie per promuove-
re la sua effettiva attuazione. Eserciterà le funzioni che le
sono conferite dal presente protocollo e:
a) Valuterà, sulla base di tutte le informazioni che le sono
comunicate conformemente alle disposizioni del presente protocollo, l'attuazione del protocollo a cura
delle Parti, gli effetti generali delle misure adottate in
applicazione del presente protocollo, in particolare gli
effetti ambientali, economici e sociali, così come il loro
impatto cumulativo, ed i progressi realizzati al fine del
raggiungimento dell'obiettivo finale della Convenzione;
b) Esaminerà periodicamente le obbligazioni contratte
dalle Parti ai sensi del presente protocollo, prendendo
in debita considerazione ogni esame richiesto dall'articolo 4, paragrafo 2 (d), e dell'articolo 7, paragrafo 2,
della Convenzione e alla luce dell'obiettivo della
Convenzione, dell'esperienza acquisita nel corso della
sua attuazione e dell'evoluzione delle conoscenze
scientifiche e tecniche esaminerà ed adotterà periodici rapporti sull'attuazione del presente protocollo;
c) Promuoverà e faciliterà lo scambio di informazioni
sulle misure adottate dalle Parti per far fronte al cambiamento climatico e ai suoi effetti, tenendo conto
delle diverse circostanze, responsabilità e capacità
delle Parti e dei loro rispettivi impegni ai sensi del
presente protocollo;
d) Faciliterà, a richiesta di due o più Parti, il coordinamento delle misure che sono state adottate per far
fronte al cambiamento climatico ed ai suoi effetti,
tenendo conto delle diverse circostanze, responsabilità e capacità delle Parti e dei rispettivi impegni ai
sensi del presente protocollo;
e) Promuoverà e dirigerà, conformemente all'obiettivo
della Convenzione e alle disposizioni del presente
protocollo, e tenendo in piena considerazione le pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti, lo sviluppo ed il periodico perfezionamento di metodologie comparabili per l'attuazione efficace del presente
protocollo, che saranno adottate dalla Conferenza
delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo;
f) Formulerà raccomandazioni su qualsiasi questione
necessaria all'attuazione del presente protocollo;
g) Cercherà di mobilitare ulteriori risorse finanziarie in
conformità dell'articolo 11, paragrafo 2;
h) Creerà gli organi sussidiari considerati necessari per
l'attuazione del presente protocollo;
i) Solleciterà ed utilizzerà, se necessario, i servizi e la
cooperazione delle organizzazioni internazionali e
degli organismi intergovernativi e non governativi
competenti e le informazioni che essi forniscono;
j) Eserciterà le altre funzioni che siano necessarie per
l'attuazione del presente protocollo e considererà
ogni incarico derivante da una decisione della
Conferenza delle Parti della Convenzione.
5. Il regolamento interno della Conferenza delle Parti e
le procedure finanziarie applicate ai sensi della
Convenzione si applicheranno mutatis mutandis al presente protocollo, a meno che la Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo
non decida diversamente per consenso.
6. Il Segretariato convocherà la prima sessione della
Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti
del presente protocollo in coincidenza con la prima sessione della Conferenza delle Parti in programma dopo
l'entrata in vigore del presente protocollo. Le ulteriori ses-
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sioni ordinarie della Conferenza delle Parti agente come
riunione delle Parti del presente protocollo si terranno
ogni anno e coincideranno con le sessioni ordinarie della
Conferenza delle Parti, a meno che la Conferenza delle
Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo non decida diversamente.
7. Le sessioni straordinarie della Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo
si terranno ogni volta che la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo lo
riterrà necessario, o quando una delle Parti lo solleciti per
iscritto, a condizione che, entro sei mesi dalla comunicazione alle Parti, a cura del Segretariato, sia appoggiata da
almeno un terzo delle Parti.
8. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue agenzie
specializzate e l'Agenzia Internazionale dell'Energia
Atomica, come pure tutti gli Stati membri di dette organizzazioni od osservatori che non siano parte della
Convenzione, potranno essere rappresentati alle sessioni
della Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo come osservatori. Ogni organo od agenzia, nazionale od internazionale, governativo o
non governativo, che è competente nelle materie di cui al
presente protocollo e che abbia informato il Segretariato
del suo desiderio di essere rappresentato come osservatore nel corso di una sessione della Conferenza delle Parti
agente come riunione delle Parti del presente protocollo,
potrà essere ammessa come osservatore, a meno che
almeno un terzo delle Parti presenti vi si opponga.
L'ammissione e la partecipazione degli osservatori sarà
soggetta al regolamento interno di cui al paragrafo 5.
Art. 14
1. Il Segretariato, istituito a norma dell'articolo 8 della
Convenzione, avrà la funzione di Segretariato del presente protocollo.
2. L'articolo 8, paragrafo 2, della Convenzione, relativo
alle funzioni del Segretariato, e l'articolo 8, paragrafo 3,
relativo alle disposizioni per il funzionamento, si applicheranno mutatis mutandis al presente protocollo. Il
Segretariato eserciterà, inoltre, le funzioni assegnategli ai
sensi del presente protocollo.
Art. 15
1. L'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e
Tecnologico e l'Organo Sussidiario di Attuazione, istituiti
dagli articoli 9 e 10 della Convenzione, avranno, rispettivamente, la funzione di Organo Sussidiario del Consiglio
Scientifico e Tecnologico e di Organo Sussidiario di
Attuazione del presente protocollo. Le disposizioni della
Convenzione relative alle funzioni dei due organi si applicheranno, come stabilito dalla Convenzione, mutatis
mutandis al presente protocollo. Le sessioni dell'Organo
Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico e
dell'Organo Sussidiario di Attuazione del presente protocollo coincideranno con quelle dell'Organo Sussidiario del
Consiglio Scientifico e Tecnologico e dell'Organo
Sussidiario di Attuazione della Convenzione.
2. Le Parti della Convenzione che non siano Parti del
presente protocollo potranno partecipare in qualità di
osservatori ai lavori di ogni sessione degli Organi
Sussidiari. Quando gli organi sussidiari agiscono come
organi sussidiari del presente protocollo le decisioni ai
sensi del presente protocollo saranno adottate esclusivamente per quelle Parti che siano parti del protocollo.
3. Quando gli organi sussidiari istituiti dagli articoli 9 e
10 della Convenzione esercitano le loro funzioni in relazioni a questioni di interesse per il presente protocollo, ogni
membro del Comitato Direttivo degli organi sussidiari che
rappresenti una parte della Convenzione che, in quel
momento, non sia parte del presente protocollo è sostituito da un nuovo membro eletto dalle Parti del presente
protocollo e tra di esse.
Art. 16
La Conferenza delle Parti agente come riunione delle
Parti del presente protocollo considererà, prima possibile,
la possibilità di applicare al presente protocollo, e se del
caso di modificare, il meccanismo consultivo multilaterale
di cui all'articolo 13 della Convenzione alla luce di ogni
pertinente decisione che potrà essere adottata dalla
Conferenza delle Parti. Ogni meccanismo consultivo multilaterale che possa essere applicato al presente protocollo lo sarà senza pregiudizio delle procedure e dei meccanismi di cui all'articolo 18.
Art. 17
La Conferenza delle Parti definirà i principi, le modalità,
le norme e le linee guida pertinenti, in particolare per la
verifica, la preparazione dei rapporti e la contabilità relativa al commercio dei diritti di emissione. Le Parti incluse
nell'Allegato B potranno partecipare al commercio di diritti di emissione al fine di adempiere agli impegni assunti a
norma dell'articolo 3. Ogni scambio di questo tipo sarà
integrativo delle misure adottate a livello nazionale per
adempiere agli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni previsti dal presente articolo.
Art. 18
Nella sua prima sessione, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà
procedure e meccanismi appropriati ed efficaci per determinare ed affrontare i casi di inadempimento delle disposizioni
del presente protocollo, determinando una lista indicativa
delle conseguenze, che tengano conto della causa, del tipo,
del grado e della frequenza dell'inadempienza. Se le procedure ed i meccanismi, di cui al presente articolo, avranno
conseguenze vincolanti per le Parti, saranno adottati per
mezzo di un emendamento al presente protocollo.
Art. 19
Le disposizioni dell'articolo 14 della Convenzione si
applicheranno mutatis mutandis al presente protocollo.
Art. 20
1. Ogni Parte può proporre emendamenti al presente
protocollo.
2. Gli emendamenti al presente protocollo saranno
adottati durante una sessione ordinaria della Conferenza
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DEC. 2002/358/CE
delle Parti agente come riunione delle Parti del presente
protocollo. Il testo di ogni proposta di emendamento al
presente protocollo sarà comunicato alle parti dal
Segretariato almeno sei mesi prima della sessione alla
quale l'emendamento sarà proposto per l'adozione. Il
Segretariato comunicherà, inoltre, il testo di ogni proposta
di emendamento alle Parti ed ai firmatari della Convenzione e, a titolo informativo, al Depositario.
3. Le Parti compiranno ogni sforzo per raggiungere un
accordo per consenso su qualsiasi proposta di emendamento al presente protocollo. Se tutti gli sforzi in tal senso si
dimostrassero vani e non si raggiungesse alcun accordo,
l'emendamento sarà adottato, come ultimo ricorso, a maggioranza dei tre quarti delle Parti presenti e votanti. L'emendamento adottato sarà comunicato dal Segretariato al Depositario, che lo trasmetterà a tutte le Parti per l'accettazione.
4. Gli strumenti di accettazione degli emendamenti
saranno depositati presso il Depositario. Ogni emendamento, adottato conformemente al paragrafo 3 supra,
entrerà in vigore, per le Parti che lo avranno accettato, il
novantesimo giorno successivo alla data in cui il
Depositario avrà ricevuto gli strumenti di accettazione di
almeno tre quarti delle Parti del Presente protocollo.
5. L'emendamento entrerà in vigore, per ogni altra
Parte, il novantesimo giorno successivo alla data in cui la
Parte avrà depositato, presso il Depositario, il suo strumento di accettazione del detto emendamento.
Art. 21
1. Gli allegati del presente protocollo costituiscono parte
integrante di esso e, salva disposizione contraria espressa,
ogni riferimento al protocollo costituirà, allo tempo stesso,
un riferimento ai suoi allegati. Gli allegati adottati successivamente all'entrata in vigore del presente protocollo si limiteranno a liste, moduli e ad altri documenti descrittivi di
carattere scientifico, tecnico, procedurale o amministrativo.
2. Ogni Parte può proporre allegati al presente protocollo o emendamenti agli allegati del presente protocollo.
3. Gli allegati del presente protocollo e gli emendamenti
agli allegati del presente protocollo saranno adottati durante una sessione ordinaria della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Il testo
di ogni proposta di allegato o di emendamento ad un
annesso sarà comunicato alle Parti dal Segretariato almeno sei mesi prima della sessione nella quale l'allegato o l'emendamento sarà proposto per l'adozione. Il Segretariato
comunicherà, inoltre, il testo di ogni proposta di allegato o
di emendamento ad un allegato alle Parti ed ai firmatari
della Convenzione e, per conoscenza, al Depositario.
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4. Le Parti compiranno ogni sforzo per raggiungere un
accordo per consenso su qualsiasi proposta di allegato o
di emendamento ad un allegato. Se tutti gli sforzi in tal
senso si dimostrassero vani e non si raggiungesse alcun
accordo, l'allegato o l'emendamento ad un allegato sarà
adottato, come ultimo ricorso, a maggioranza dei tre
quarti delle Parti presenti e votanti. L'allegato o l'emendamento ad un allegato adottato sarà comunicato dal
Segretariato al Depositario, che lo trasmetterà a tutte le
Parti per l'accettazione.
5. Ogni allegato o emendamento ad un allegato, diverso
dagli Allegati A o B, che sia stato adottato a norma dei paragrafi 3 e 4, entrerà in vigore, per tutte le Parti del presente
protocollo, sei mesi dopo la data in cui il Depositario avrà
comunicato loro l'adozione dell'allegato o dell'emendamento all'allegato, ad eccezione delle Parti che abbiano notificato per iscritto al Depositario, entro detto periodo, che non
accettano l'allegato o l'emendamento all'allegato.
L'annesso o l'emendamento ad un annesso entrerà in vigore, per le Parti che abbiano ritirato la loro notifica di non
accettazione, il novantesimo giorno successivo alla data di
ricevimento, da parte del Depositario, del ritiro della notifica.
6. Se l'adozione di un allegato o di un emendamento
ad un allegato comporta un emendamento al presente
protocollo, l'allegato o l'emendamento ad un allegato non
entrerà in vigore fino al momento in cui l'emendamento al
protocollo non entrerà in vigore.
7. Gli emendamenti agli Allegati A e B del presente protocollo saranno adottati ed entreranno in vigore in conformità alla procedura di cui all'articolo 20, a condizione che
ogni emendamento all'Allegato B sia adottato solo con il
consenso scritto della Parte interessata.
Art. 22
1. Ad eccezione di quanto stabilito al paragrafo 2 infra,
ogni Parte disporrà di un voto.
2. Le organizzazioni regionali di integrazione economica, nell'area di loro competenza, disporranno, per il loro
diritto di voto, di un numero di voti uguale al numero dei
loro Stati membri che sono Parti del presente protocollo.
Tali organizzazioni non eserciteranno il loro diritto di voto
se uno dei loro Stati membri eserciterà il suo, e viceversa.
Art. 23
Il Segretariato Generale dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite sarà il Depositario del presente protocollo.
Art. 24
1. Il presente protocollo sarà aperto alla firma e soggetto alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati
e delle organizzazioni regionali di integrazione economica
che sono Parti della Convenzione. Sarà aperto alla firma
presso le Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a
New York dal 16 marzo 1998 al 15 marzo 1999 e sarà
disponibile per l'adesione a partire dal giorno successivo
al giorno in cui cesserà di essere aperto alla firma. Gli
strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione saranno depositati presso il Depositario.
2. Ogni organizzazione regionale di integrazione economica che diventi Parte del presente protocollo, senza
che nessuno dei suoi Stati membri lo sia, sarà vincolata a
tutte le obbligazioni di cui al presente protocollo. Nel caso
una organizzazione abbia uno o più Stati membri che
siano Parti del presente protocollo, detta organizzazione
ed i suoi Stati membri determineranno le rispettive responsabilità per l'adempimento delle loro obbligazioni
assunte a norma del presente protocollo. In tali casi, l'organizzazione e gli Stati membri non potranno esercitare
simultaneamente i diritti derivanti dal presente protocollo.
3. Nei loro strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, le organizzazioni regionali di integrazione economica indicheranno il loro livello di competenza
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
rispetto alle questioni rette dal presente protocollo. Inoltre,
dette organizzazioni informeranno il Depositario, che a
sua volta informerà le Parti, di ogni sostanziale modifica
nella portata della loro competenza.
Art. 25
1. Il protocollo entrerà in vigore il novantesimo giorno
successivo alla data in cui almeno 55 Parti della
Convenzione, tra le quali Parti incluse nell'Allegato I le cui
emissioni totali di biossido di carbonio rappresentano
almeno il 55% delle emissioni totali al 1990 dell'Allegato I,
abbiano depositato i loro strumenti di ratifica, approvazione, adesione, accettazione.
2. Al fine del presente articolo, "il totale delle emissioni
di biossido di carbonio al 1990 delle Parti incluse
nell'Allegato I" si considera la quantità notificata dalle Parti
incluse nell'Allegato I alla data in cui le stesse adottano il
presente protocollo o ad una data anteriore, nella loro
prima comunicazione nazionale presentata a norma dell'articolo 12 della Convenzione.
3. Per ogni Stato o organizzazione regionale di integrazione economica che ratifichi, accetti o approvi il presente protocollo o vi aderisca una volta che tutte le condizioni di cui al paragrafo 1, per l'entrata in vigore, siano state
realizzate, il presente protocollo entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito degli strumenti di ratifica, approvazione, adesione, accettazione.
4. Al fine del presente articolo, ogni strumento depositato da una organizzazione regionale di integrazione economica non si aggiunge a quelli depositati dagli Stati
Membri dell'organizzazione stessa.
Art. 26
Nessuna riserva potrà essere avanzata al presente protocollo.
Art. 27
1. Trascorsi tre anni dalla data in cui il presente protocollo è entrato in vigore per una Parte, detta Parte, in
qualsiasi momento, può ritirarsi dal presente protocollo
attraverso una notifica scritta indirizzata al Depositario.
2. Tale ritiro avrà effetto dopo un anno dalla data in cui
il Depositario ne abbia ricevuto notifica o ad ogni altra
data, successiva, indicata nella detta notifica.
3. Ogni Parte che si ritiri dalla Convenzione sarà considerata, contemporaneamente, ritirata dal presente protocollo.
Art. 28
L'originale del presente protocollo, i cui testi in arabo,
cinese, francese, inglese, russo e spagnolo sono ugualmente autentici, è depositato presso il Segretariato
Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
REDATTO a Kyoto il giorno undici dicembre millenovecentonovantasette.
IN TESTIMONIANZA DEL QUALE i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente protocollo alle date indicate.
ALLEGATO A
Gas ad effetto serra
Biossido di carbonio (CO2)
Metano (CH4)
Ossido di azoto (N2O)
Idrofluorocarburi (HFCs)
Perfluorocarburi (PFCs)
Esafluoro di zolfo (SF6)
Settori/categorie delle fonti
Energia
Combustione di carburanti
Settore energetico
Industrie manifatturiere ed edili
Trasporti
Altri settori
Altro
Emissioni fuoriuscite da combustibili
Combustibili solidi
Petrolio e gas naturale
Altro
Processi industriali
Prodotti minerali
Industria chimica
Metallurgia
Altre produzioni
Produzione di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo
Consumo di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo
Altro
Uso di solventi e di altri prodotti
Agricoltura
Fermentazione enterica
Trattamento del letame
Risicoltura
Terreni agricoli
Incendi controllati delle savane
Incenerimento sul luogo di rifiuti agricoli
Altro
Rifiuti
Discariche per rifiuti solidi
Trattamento delle acque reflue
Incenerimento dei rifiuti
Altro
ALLEGATO B
Parte quantificazione degli impegni di limitazione o di
riduzione delle emissioni (percentuale delle emissioni dell'anno o del periodo di riferimento)
Australia 108
Austria 92
Belgio 92
Bulgaria* 92
Canada 94
Comunità Europea 92
Croazia* 95
Danimarca 92
Estonia* 92
Federazione Russa* 100
Finlandia 92
Francia 92
83
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/358/CE
Germania 92
Giappone 94
Grecia 92
Irlanda 92
Islanda 110
Italia 92
Lettonia* 92
Liechtenstein 92
Lituania* 92
Lussemburgo 92
Monaco 92
Norvegia 101
Nuova Zelanda 100
Olanda 92
Polonia* 94
Portogallo 92
Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord 92
Repubblica Ceca* 92
Romania* 92
Slovacchia* 92
Slovenia* 92
Spagna 92
Stati Uniti d'America 93
Svezia 92
Svizzera 92
Ucraina* 100
Ungheria* 94
*Paesi in transizione verso un'economia di mercato.
ALLEGATO II
Tabella degli impegni quantificati di limitazione o riduzione delle emissioni allo scopo di stabilire i livelli
di emissione rispettivamente assegnati alla Comunità europea e ai suoi Stati membri conformemente
all'articolo 4 del protocollo di Kyoto
Impegni quantificati di riduzione delle emissioni quali figurano
nell'allegato B del protocollo di Kyoto (percentuale delle emissioni
dell'anno o periodo di riferimento)
92%
Impegni quantificati di limitazione o riduzione delle emissioni
conformemente all'articolo 4, paragrafo 1 del protocollo di Kyoto
(percentuale delle emissioni dell'anno o periodo di riferimento)
92,5%
79%
79%
125%
115%
100%
113%
93,5%
72%
94%
87%
127%
100%
104%
87,5%
Comunità europea
Belgio
Danimarca
Germania
Grecia
Spagna
Francia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Paesi bassi
Austria
Portogallo
Finlandia
Svezia
Regno unito
ALLEGATO III
Dichiarazione della Comunità europea a norma dell'articolo 24, paragrafo 3 del protocollo di Kyoto
84
I seguenti Stati sono attualmente membri della Comunità europea: Regno del Belgio, Regno di Danimarca, Repubblica federale di Germania, Repubblica ellenica, Regno di Spagna, Repubblica francese, Irlanda, Repubblica
italiana, Granducato di Lussemburgo, Regno dei Paesi
Bassi, Repubblica d'Austria, Repubblica del Portogallo,
Repubblica di Finlandia, Regno di Svezia, Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
La Comunità europea dichiara che, conformemente al
trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare
l'articolo 175, paragrafo 1, essa può stipulare accordi
internazionali e attuare gli obblighi che ne derivano, che
contribuiscono a perseguire i seguenti obiettivi:
- salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità
dell'ambiente,
protezione della salute umana,
utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali,
promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale.
La Comunità europea dichiara che i suoi impegni quantificati di limitazione delle emissioni nel quadro del protocollo saranno rispettati mediante l'azione della Comunità e
degli Stati membri secondo le loro rispettive competenze
e che essa ha già adottato strumenti giuridici, vincolanti
per i suoi Stati membri, concernenti questioni disciplinate
dal protocollo. La Comunità europea fornirà periodicamente informazioni sui suoi pertinenti strumenti giuridici nel
quadro dell'informazione supplementare incorporata nella
sua comunicazione nazionale, presentata ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione, al fine di dimostrare il rispetto
dei suoi impegni nell'ambito del protocollo, a norma dell'articolo 7, paragrafo 2 e dei relativi orientamenti.
-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
27 giugno 2002, n. 2002/525/CE
Decisione della Commissione che modifica l’allegato II della direttiva
2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori
uso
(G.U.C.E. L 170 del 29 giugno 2002)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea,
vista la direttiva 2000/53/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 18 settembre
2000, relativa ai veicoli fuori uso (1), in particolare l’articolo 4, paragrafo 2, lettera b),
considerando quanto segue:
elettrici. L’analisi della progressiva sostituzione
del cadmio deve comunque essere proseguita, tenendo conto della disponibilità di veicoli
elettrici. La Commissione, pubblicherà i risultati raggiunti e, qualora i risultati lo giustifichino, potrà proporre una proroga del termine
previsto per l’eliminazione del cadmio negli
accumulatori dei veicoli elettrici.
(1) A norma della direttiva 2000/53/CE la
Commissione è tenuta a valutare, in base al
progresso tecnico e scientifico, talune sostanze pericolose vietate dall’articolo 4, paragrafo
2, lettera a), della stessa direttiva.
(6) L’esenzione relativa all’impiego del piombo nel rivestimento interno dei serbatoi di carburante deve essere soppressa, in quanto è
già possibile evitare l’uso di tale sostanza in
questi componenti.
(2) In esito alle consultazioni scientifiche e
tecniche svolte, la Commissione è giunta a
precise conclusioni.
(7) Poiché è manifestamente impossibile
raggiungere l’assenza completa di metalli
pesanti, certi valori di concentrazione di
piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente in determinati materiali e componenti
devono essere tollerati, purché le sostanze
pericolose non siano state introdotte intenzionalmente.
(3) Determinati materiali e componenti contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo
esavalente devono beneficiare o continuare a
beneficiare di un’esenzione dal divieto d’impiego, poiché per essi l’uso di queste sostanze pericolose risulta ancora inevitabile.
(4) Talune esenzioni dal divieto d’impiego,
riguardanti determinati materiali o componenti, devono essere limitate sia nell’ambito di
applicazione sia nella durata, di guisa che le
sostanze pericolose siano eliminate nei veicoli
non appena il loro uso potrà essere evitato.
(5) Il cadmio presente negli accumulatori dei
veicoli elettrici deve beneficiare di un’esenzione fino al 31 dicembre 2005, in quanto entro
questa data, secondo gli attuali dati tecnici e
scientifici e la valutazione ambientale complessiva, saranno disponibili sostanze sostitutive e sarà garantita la disponibilità dei veicoli
(1) GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34.
(8) La direttiva 2000/53/CE deve essere
modificata in conformità.
(9) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato,
istituito dall’articolo 18 della direttiva
75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975,
relativa ai rifiuti (2), modificata da ultimo dalla
decisione 96/350/CE della Commissione (3),
HA ADOTTATO
LA PRESENTE DECISIONE:
(2) GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39.
(3) GU L 135 del 6.6.1996, pag. 32.
85
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/525/CE
Art. 1
L’allegato II della direttiva 2000/53/CE è
sostituito dal testo contenuto nell’allegato
della presente decisione.
Essa porta a termine l’analisi e ne pubblica i
risultati entro il 31 dicembre 2004; se i risultati ne dimostrano la necessità, essa può proporre una proroga dei termini ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), della direttiva
2000/53/CE.
Art. 2
Gli Stati membri provvedono affinché il cadmio negli accumulatori dei veicoli elettrici non
venga immesso sul mercato dopo il 31 dicembre 2005.
Nel quadro della valutazione ambientale complessiva già avviata, la Commissione continua
ad analizzare la progressiva sostituzione del
cadmio, tenendo conto della necessità di
assicurare la disponibilità di veicoli elettrici.
Art. 3
La presente decisione si applica dal 1° gennaio 2003.
Art. 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
ALLEGATO
“Allegato II
Materiali e componenti cui non si applica l'articolo 4, paragrafo 2, lettera a)
Materiali e componenti
Ambito di applicazione
e termine di scadenza
dell'esenzione
Da etichettare o rendere
identificabili in base all'articolo 4,
paragrafo 2, lettera b), punto iv)
Piombo come elemento di lega
1. Acciaio destinato a lavorazione
meccanica e acciaio zincato contenente,
in peso, lo 0,35% o meno di piombo
2. a) Alluminio destinato a lavorazione
meccanica contenente, in peso, il 2%
o meno di piombo
b) Alluminio destinato a lavorazione
meccanica contenente, in peso, l'1%
o meno di piombo in peso
1° luglio 2005 (1)
1° luglio 2008 (2)
3. Leghe di rame contenenti, in peso,
il 4% o meno di piombo
4. Cuscinetti e pistoni in piombo/bronzo
Piombo e composti di piombo nei componenti
5. Accumulatori
X
6. Masse smorzanti
7. Masse di equilibratura delle ruote
8. Agenti di vulcanizzazione e stabilizzanti
per elastomeri nelle applicazioni destinate
al controllo dei fluidi e all'apparato propulsore
9. Stabilizzante per vernici protettive
10. Spazzole di carbone per motori elettrici
86
X
Veicoli omologati entro il
1° luglio 2003 e masse di
equilibratura delle ruote
destinate alla manutenzione
di tali veicoli: 1° luglio 2005 (3)
1° luglio 2005 (4)
1° luglio 2005
Veicoli omologati entro il
1° luglio 2003 e spazzole di
carbone di motori elettrici
destinate alla manutenzione
di tali veicoli: 1° gennaio 2005
X
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/525/CE
11. Saldature su schede elettroniche
e altre applicazioni elettriche
X
12. Rame nelle guarnizioni dei freni
contenente, in peso, più dello 0,5% di
piombo
Veicoli omologati entro il
1° luglio 2003 e manutenzione
di tali veicoli: 1° luglio 2004
13. Sedi di valvole
Tipi di motore sviluppati entro
il 1° luglio 2003: 1° luglio 2006
14. Componenti elettrici contenenti piombo
inseriti in una matrice di vetro o ceramica
esclusi il vetro delle lampadine e delle candele
15. Vetro delle lampadine e delle candele
16. Inneschi pirotecnici
Cromo esavalente
17. Rivestimento anticorrosione
18. Frigoriferi ad assorbimento nei camper
Mercurio
19. Lampade a luminescenza e visualizzatori
del quadro strumenti
Cadmio
20. Paste a film spesso
21. Accumulatori per veicoli elettrici
(5)
X
X (6)
(per i componenti diversi da
quelli piezoelettrici dei motori)
1° gennaio 2005
1° luglio 2007
1° luglio 2007
X
X
1° luglio 2006
31 dicembre 2005
Dopo il 31 dicembre 2005
l'immissione sul mercato di batterie
NiCd sarà consentita solo come
parti di ricambio per i veicoli
immessi sul mercato prima
di tale data.
X
(1) Entro il 1º gennaio 2005 la Commissione deve valutare se rivedere la scadenza fissata per l'eliminazione di questa
voce in funzione della disponibilità di sostanze sostitutive del piombo, alla luce degli obiettivi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a).
(2) Cfr. nota 1.
(3) Entro il 1º gennaio 2005 la Commissione deve valutare l'esenzione in questione in funzione degli aspetti legati alla
sicurezza stradale.
(4) Cfr. nota 1.
(5) Rimozione se, in correlazione con la voce n. 14, si supera un livello soglia medio di 60 grammi per veicolo. Per l'applicazione della presente disposizione non vengono presi in considerazione i dispositivi elettronici non installati dal
fabbricante nella linea di produzione.
(6) Rimozione se, in correlazione con la voce n. 11, si supera un livello soglia medio di 60 grammi per veicolo. Per l'applicazione della presente disposizione non vengono presi in considerazione i dispositivi elettronici non installati dal
fabbricante nella linea di produzione.
Note:
- È ammessa una concentrazione massima dello 0,1%, in peso e per materiale omogeneo, di piombo, cromo esavalente e mercurio e una concentrazione massima dello 0,01 %, in peso per materiale omogeneo, di cadmio, a condizione che tali sostanze non siano state introdotte intenzionalmente (1).
- È ammessa anche una concentrazione massima dello 0,4% in peso di piombo nell'alluminio, a condizione che la
sostanza non venga introdotta intenzionalmente (2).
- Fino al 1° luglio 2007 è ammessa una concentrazione massima dello 0,4% in peso di piombo nel rame destinato ai
materiali di attrito delle guarnizioni dei freni, a condizione che la sostanza non sia stata introdotta intenzionalmente (3).
- È ammesso senza limitazioni il riutilizzo di parti di veicoli già sul mercato alla data di scadenza di un'esenzione, in
quanto il riutilizzo non rientra nell'articolo 4, paragrafo 2, lettera a).
- Fino al 1° luglio 2007 anche i nuovi pezzi di ricambio destinati alla riparazione (4) di parti di veicoli cui non si applicano le disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), godono delle stesse esenzioni."
(1) “Introdotta intenzionalmente” significa “utilizzata deliberatamente nella formulazione di un materiale o di un componente, qualora si voglia ottenere la presenza prolungata di tale sostanza nel prodotto finale, per dare a quest'ultimo
una caratteristica, un aspetto o una qualità specifici”. La definizione di “introdotta intenzionalmente” non si riferisce
87
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DEC. 2002/525/CE
all'impiego di materiali riciclati come feedstock per la produzione di nuovi prodotti, qualora una percentuale dei
materiali riciclati possa contenere quantità dei metalli regolamentati.
(2) Cfr. nota 1.
(3) Cfr. nota 1.
(4) La presente disposizione si applica ai pezzi di ricambio e non ai componenti destinati alla normale manutenzione dei
veicoli. Essa non si applica inoltre alle masse di equilibratura delle ruote, alle spazzole di carbone dei motori elettrici e alle guarnizioni dei freni, perché tali componenti rientrano in voci specifiche.
88
Atti dello
Stato
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
18 settembre 2001, n. 468
DECRETO MINISTERIALE
Regolamento recante: "Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale"
(Suppl. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni e integrazioni;
Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22, recante "attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti
pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti da imballaggio" modificato con integrazioni dal decreto legislativo 8 novembre 1997,
n. 389 e con la legge 9 dicembre 1998, n.
426, in particolare gli articoli 17, 18 - comma
1, lettera n) e 22 - comma 5, che dettano le
disposizioni generali in materia di bonifica dei
siti inquinati;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente di
concerto con il Ministro dell'industria, commercio e artigianato e il Ministro della sanità
del 25 ottobre 1999, n. 471, che, in attuazione del citato articolo 17 del decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22, disciplina i criteri, le
procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei
siti inquinati ed in particolare l'articolo 15,
comma 1, che individua i principi e i criteri
direttivi per la classificazione degli interventi di
interesse nazionale;
Vista la legge 9 dicembre 1998, n. 426,
recante "Nuovi interventi in campo ambientale", ed in particolare l'articolo 1, che individua
i primi interventi di bonifica di interesse nazionale e prevede l'adozione, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, di un programma nazionale di bonifica e ripristino
ambientale dei siti inquinati;
Considerato che il Programma nazionale
individua al medesimo articolo 1 gli ulteriori
interventi di bonifica di interesse nazionale, gli
interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le
modalità e il trasferimento delle relative risorse, le modalità per il monitoraggio e il controllo delle attività di realizzazione degli interventi
previsti, i presupposti e le procedure per la
revoca dei finanziamenti e il riutilizzo delle
risorse resesi disponibili;
Visti i decreti ministeriali di perimetrazione
dei primi siti di interesse nazionale individuati
dalla legge n. 426/1998 e precisamente: Cengio e Saliceto del 20 ottobre 1999; Massa e
Carrara del 21 dicembre 1999, Napoli orientale del 29 dicembre 1999; Pieve Vergonte del
10 gennaio 2000; Balangero del 10 gennaio
2000; Casal Monferrato del 10 gennaio 2000;
Manfredonia del 10 gennaio 2000; Litorale
Domitio Flegreo ed Agro Aversano del 10 gennaio 2000; Pitelli del 10 gennaio 2000; Taranto
del 10 gennaio 2000 Brindisi del 10 gennaio
2000; Piombino del 10 gennaio 2000; Gela e
Priolo del 10 gennaio 2000; Venezia-Porto
Marghera del 23 febbraio 2000, con i quali
sono stati perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell'ambiente sulla base dei
criteri di cui all'articolo 18, comma 1, lettera n)
del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
e successive modificazioni, i primi siti di interesse nazionale individuati dall'articolo 1,
comma 4, della legge n. 426/1998;
Vista la legge 23 dicembre 1999, n. 488;
Vista la legge 23 dicembre 2000, n. 388, ed
in particolare l'articolo 114, commi 24 e 25,
che ha individuato tre nuovi siti di interesse
nazionale: Sesto San Giovanni, Napoli
Bagnoli-Coroglio, Pioltello e Rodano;
Viste le proposte presentate dalle regioni in
merito agli interventi da inserire nel Program-
91
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 18/09/2001
ma nazionale ai fini della classificazione quali
ulteriori interventi di interesse nazionale ed
atteso che tra gli ambiti identificati dalle regioni solo alcuni presentano caratteristiche di
rischio sanitario e ambientale, di pregio ambientale, di rilevanza socio economica similari
a quelle dei siti già individuati dal legislatore
come di interesse nazionale;
Ritenuto di identificare, in ragione della predetta similitudine, tra gli interventi proposti
quali ulteriori interventi di interesse nazionale
quelli relativi ai seguenti siti: Basse di Stura
(Torino), Biancavilla, Bolzano, Cerro al Lambro, Cogoleto (Stoppani), basso bacino del
fiume Chienti, Crotone, Emarese (Aosta), Fibronit (Bari), Fidenza, provincia di Frosinone,
laguna di Grado e Marano, Guglionesi II,
Livorno, Mardimago e Ceregnano (Rovigo),
Milano-Bovisa, fiumi Saline e Alento, comprensorio Sassuolo-Scandiano, Sulcis Iglesiente-Guspinese, Terni, Tito, Trento Nord,
Trieste.
Tenuto conto che i nuovi siti di interesse
nazionale individuati dalla legge n. 388/2000 e
i siti individuati dal presente Programma nazionale di bonifica devono essere perimetrati
secondo le medesime procedure di cui alla
legge n. 426/1998 e ritenuta l'opportunità di
allegare al Programma nazionale le schede
tecniche illustrative dei siti nazionali dalle quali
risultano, tra l'altro, la situazione di inquinamento, il costo di massima presunto degli interventi di bonifica e ripristino ambientale nonché le motivazioni della rilevanza nazionale
degli stessi;
Considerato l'elevato numero dei siti, la
complessità delle situazioni presenti negli ambiti perimetrati, la mancanza di indicatori puntuali dello stato di contaminazione degli stessi, l'urgenza di avviare gli interventi di riduzione degli effetti dell'inquinamento, la necessità,
a tali scopi, di individuare puntualmente le
aree e di identificare il tipo ed il livello di contaminazione mediante adeguata caratterizzazione analitica;
Ritenuta l'opportunità di demandare alle regioni, sulla base di appositi criteri, l'individuazione dei soggetti beneficiari nonché la definizione delle modalità, le condizioni e i termini
per l'erogazione dei finanziamenti, trasferendo
alle medesime, con successivi decreti, le risorse finanziarie disponibili;
92
Ritenuta l'opportunità, in fase di prima appli-
cazione, di ripartire le risorse disponibili sulla
base dei seguenti criteri e valutazioni:
a)criterio base di proporzionalità, che tiene
conto delle prime indicazioni dei fabbisogni finanziari indicati dalle regioni, o comunque risultanti dall'istruttoria o desunti
in via presuntiva sulla base dell'estensione
del sito, delle conoscenze disponibili sulle
caratteristiche dell'inquinamento e della
natura degli interventi da realizzare, in
modo da assicurare a ciascuno dei siti
nazionali un primo contributo che consenta di avviare o proseguire l'attuazione degli
interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione;
b)criterio correttivo di natura tecnica, che
tiene conto delle caratteristiche di rischio
sanitario e ambientale derivanti dall'inquinamento del sito e dell'urgenza dell'intervento limitatamente alla messa in sicurezza d'emergenza;
c)salvaguardia occupazionale;
d)finanziamenti pregressi;
e)accordi di programma stipulati;
f) appartenenza all'elenco dei primi siti di
interesse nazionale individuati dal legislatore;
g) somme già stanziate a valere sulle risorse
di cui alla legge n. 426/1998;
Considerato che per la caratterizzazione
delle aree marine perimetrate sarà necessario
avvalersi dell'ICRAM sulla base di apposita
convenzione del Ministero dell'ambiente, che
definirà i tempi, le modalità delle attività di
caratterizzazione nonché le relative risorse;
Visto il parere della commissione Ambiente
territorio e lavori pubblici della Camera dei
deputati espresso nella seduta del 14 marzo
2001, n. 805/COMM/VIII;
Visto il parere della commissione Territorio,
ambiente, beni ambientali del Senato della
Repubblica espresso in data 21 marzo 2001,
n. 19423/S;
Vista l'intesa della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome espressa nella seduta del 8
marzo 2001, n. 1178;
Visti i pareri espressi dalla Sezione normativa del Consiglio di Stato n. 122/01 del 14
maggio 2001 e n. 162/01 del 13 giugno 2001;
Viste le note in data 26 aprile 2001 prot.
4667/RIBO/M/DI/B, prot. 4668/RIBO/M/DI/B
e prot. 4666/RIBO/M/DI/B, con le quali il
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 18/09/2001
Ministro ha chiesto ai presidenti delle regioni
Veneto, Lombardia e Sardegna di comunicare
le rispettive determinazioni in merito all'integrazione del Programma nazionale, e più precisamente l'intesa ad inserire i siti indicati nei
richiamati pareri espressi dalle competenti
commissioni parlamentari nell'elenco dei siti
nazionali individuati dal Programma, la indicazione delle somme da destinare a tali nuovi siti
con conseguente rimodulazione, a livello di
ciascuna delle tre regioni, delle somme ripartite dal Programma, e le schede tecnico-descrittive dei siti medesimi;
Tenuto conto che i presidenti delle regioni
Veneto, Lombardia e Sardegna non hanno
comunicato la rispettiva intesa all'integrazione
del Programma nazionale;
ADOTTA
il seguente regolamento:
Art. 1
1. È approvato, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 3, della legge 9 dicembre
1998 n. 426, il Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati di
interesse nazionale, con i relativi allegati che
costituiscono parte integrante del presente
decreto.
Art. 2
Contenuti del programma nazionale
1. Il programma nazionale provvede alla:
a)individuazione degli interventi di interesse
nazionale relativi a siti ulteriori rispetto a
quelli di cui all'articolo 1, comma 4, della
legge 9 dicembre 1998, n. 426 e all'articolo 114, commi 24 e 25 della legge 23
dicembre 2000, n. 388;
b)definizione degli interventi prioritari;
c)determinazione dei criteri per l'individuazione dei soggetti beneficiari;
d)determinazione dei criteri di finanziamento
dei singoli interventi e delle modalità di
trasferimento delle risorse;
e)disciplina delle modalità per il monitoraggio
e il controllo sull'attuazione degli interventi;
f) determinazione dei presupposti e delle
procedure per la revoca dei finanziamenti
e per il riutilizzo delle risorse resesi comunque disponibili, nel rispetto dell'origi-
naria allocazione regionale delle risorse
medesime;
g)individuazione delle fonti di finanziamento;
h)prima ripartizione delle risorse disponibili
per gli interventi prioritari.
Art. 3
Interventi di interesse nazionale
1. Gli interventi di interesse nazionale, per i
quali il presente programma disciplina e prevede il concorso pubblico, sono quelli di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica, di
messa in sicurezza permanente e di ripristino
ambientale, relativi ai seguenti siti:
a)i siti di interesse nazionale individuati dall'articolo 1, comma 4, della legge n.
426/1998, come precisati nella tabella
riportata nell'allegato A e nelle schede
descrittive dell'allegato B;
b)i siti di interesse nazionale individuati dall'articolo 114, commi 24 e 25 della legge 23
dicembre 2000, n. 388, quali risultano elencati nell'allegato C, e meglio descritti nelle
apposite schede riportate nell'allegato D;
c)i siti di interesse nazionale individuati dal
presente programma sulla base dei criteri
stabiliti dall'articolo 18, comma 1, lettera
n) del decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22 e dall'articolo 15 del decreto ministeriale n. 471/1999, quali risultano elencati nell'allegato E, e meglio descritti dalle
apposite schede riportate nell'allegato F.
2. I siti di cui alle lettere b) e c) del comma 1
sono perimetrati con la procedura di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 426/1998.
Art. 4
Interventi prioritari
1. Ai fini del presente decreto sono considerati prioritari gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione, oppure, nel caso in cui siano già stati realizzati
interventi di messa in sicurezza d'emergenza
e di caratterizzazione, gli interventi di bonifica
o di messa in sicurezza permanente e di ripristino ambientale.
Art. 5
Soggetti beneficiari
1. Il concorso pubblico, nella realizzazione
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Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 18/09/2001
degli interventi di messa in sicurezza, di caratterizzazione, di bonifica e ripristino ambientale, è ammesso nei confronti dei seguenti soggetti beneficiari, alle condizioni rispettivamente indicate:
a)pubbliche amministrazioni, per interventi
aventi ad oggetto aree o beni pubblici;
b)pubbliche amministrazioni, per interventi
in danno aventi ad oggetto beni privati,
effettuati nel caso in cui il responsabile
non provveda o non sia individuabile e
non provveda nessun altro soggetto interessato;
c) soggetti privati titolari di diritti reali su beni
immobili sui quali insistano manufatti ad
uso residenziale, a condizione che la costruzione dei predetti manufatti o il cambio
di destinazione d'uso siano avvenuti anteriormente all'entrata in vigore del decreto
ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, e
risultino comunque conformi alla vigente
normativa urbanistica ed edilizia;
d)soggetti privati titolari di diritti reali su
immobili destinati ad uso diverso da quello residenziale.
94
2. Non possono in ogni caso beneficiare del
contributo pubblico di cui all'articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni:
a)i soggetti privati che, in relazione a siti inquinati in data anteriore all'entrata in vigore del
regolamento di cui al decreto ministeriale
25 ottobre 1999, n. 471, risultino a qualsiasi titolo responsabili di atti e fatti costituenti
illecito penale o amministrativo posti in
essere in violazione di norme di tutela
ambientale che abbiano cagionato danno
ambientale, ai sensi dell'articolo 18 della
legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché gli altri
soggetti privati responsabili dell'inquinamento, verificatosi prima dell'entrata in
vigore del decreto ministeriale 25 ottobre
1999, n. 471, e non integrante la fattispecie illecita di cui all'articolo 18 della legge 8
luglio 1986, n. 349, che non abbiano posto
in essere gli interventi e le iniziative previsti
dall'articolo 9, commi 1, 2 e 3 del decreto
ministeriale anzi detto;
b)i soggetti privati che si siano resi, a qualunque titolo, per atti inter vivos, acquirenti
o cessionari, in data successiva all'entrata
in vigore del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, di diritti reali o personali
d'uso relativamente alle aree inquinate.
3. Le ipotesi di esclusione di cui alle precedenti
lettere a) e b) del comma 2 si estendono altresì
alle persone giuridiche che si trovino in una delle
condizioni di controllo o di collegamento di cui
all'articolo 2359 del codice civile rispetto al
soggetto responsabile dell'inquinamento.
Art. 6
Criteri di finanziamento
1. In fase di prima applicazione, le risorse
finanziarie disponibili di cui al successivo articolo 9, comma 1, lettere a) e b), sono ripartite
tra i siti di cui all'art. 3 secondo quanto previsto nell'allegato G; tali risorse sono destinate in
via prioritaria al finanziamento degli interventi di
messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione, relativi ad aree o beni pubblici o
effettuati in danno di soggetti inadempienti da
parte delle pubbliche amministrazioni.
2. L'individuazione dei soggetti beneficiari
nonché le modalità, le condizioni e i termini
per l'erogazione dei finanziamenti sono disciplinati dalle regioni, anche mediante il ricorso
agli strumenti di programmazione negoziata di
cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23
dicembre 1996, n. 662, nel rispetto di quanto
previsto dal precedente articolo 5, ed in particolare dei seguenti criteri di finanziamento e
modalità di erogazione, salvo quanto previsto
al comma 3:
a)finanziamento degli interventi, nel rispetto
della priorità di cui al comma 1, all'approvazione dei relativi interventi di messa in
sicurezza, piani e progetti e previa approvazione del relativo quadro economico delle spese da parte della regione, o del commissario delegato, relativo alle diverse fasi;
la regione o il commissario delegato provvederà anche alle successive variazioni
economiche qualora queste non comportino modifiche progettuali o di intervento;
b)erogazione dei finanziamenti per stati di
avanzamento lavori nella esecuzione degli
interventi, sulla base di idonea verifica in
corso d'opera, secondo quanto disciplinato dalle regioni;
c)rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture strumentali alla realizzazione degli interventi, nel caso in cui il soggetto attuatore
sia tenuto, nella scelta del contraente,
all'applicazione della suddetta normativa;
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 18/09/2001
d)concessione dei finanziamenti ai beneficiari sulla base della valutazione della congruità dei quadri economici di spesa relativa ai singoli progetti approvati, nonché di
una relazione tecnico-economica comprensiva del cronogramma degli interventi
e del termine di fine lavori.
3. Per i soggetti pubblici l'erogazione avverrà per fasi successive, previa verifica in corso
d'opera e le regioni possono concedere anticipazioni per indagini preliminari, per piani di
caratterizzazione e per progettazione preliminare e definitiva.
Art. 7
Monitoraggio e controllo
1. Il monitoraggio sulla attuazione del Programma nazionale è svolto, anche ai fini dell'attivazione delle procedure di revoca dei finanziamenti, dalle regioni, che si possono avvalere delle ARPA.
2. I controlli sulla conformità degli interventi
ai progetti approvati sono effettuati dalla provincia territorialmente competente ai sensi
dell'articolo 12 del decreto ministeriale 25
ottobre 1999, n. 471.
3. I soggetti beneficiari, ogni sei mesi, predispongono e trasmettono alla regione territorialmente competente una relazione sullo stato dei lavori che ne evidenzi l'avanzamento
fisico e finanziario.
4. Le regioni provvedono annualmente a trasmettere al Ministero dell'ambiente una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati e sulle somme effettivamente
erogate.
5. Il Ministero dell'ambiente, anche avvalendosi dell'ANPA, ove rilevi gravi inadempienze
da parte del soggetto beneficiano, propone alla
regione competente l'adozione delle procedure
di revoca e di riassegnazione delle risorse di cui
al successivo articolo 8, comma 3.
Art. 8
Procedure di revoca dei finanziamenti e
procedure di riassegnazione
1. I finanziamenti concessi ai sensi del presente Programma sono revocati con provvedimento motivato della regione territorialmente competente, d'intesa con il Ministero del-
l'ambiente, nelle ipotesi di sopravvenienza
delle cause di esclusione di cui all'articolo 5,
comma 2, nonché nei casi di mancato rispetto della tempistica degli interventi stabiliti
imputabile al beneficiario, ovvero nel caso in
cui contravvengano alle previsioni di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 9 dicembre
1998, n. 426.
2. La revoca può altresì essere disposta in
ogni altra ipotesi di grave inadempienza del
soggetto beneficiario o di violazione degli obblighi assunti, nonché in casi di forza maggiore ostativi alla realizzazione dell'intervento anche non imputabili al soggetto beneficiario.
3. Le risorse finanziarie revocate sono restituite dai soggetti, titolari degli interventi di bonifica, alla regione o al commissario delegato
competente, che provvede alla riassegnazione ad altri interventi possibilmente nell'ambito
dello stesso sito oppure per interventi in altri
siti ricompresi nel Programma nazionale.
4. Le minori spese risultanti dai relativi quadri economici nonché quelle risultanti dall'avvenuta realizzazione sono utilizzate dalla regione con le stesse modalità di cui all'articolo
6 per altri interventi da realizzarsi nello stesso
sito o in altri siti ricompresi nel Programma
nazionale.
Art. 9
Fonti di finanziamento e modalità
di trasferimento delle risorse
1. Il programma nazionale di bonifica e di
ripristino ambientale dei siti inquinati è finanziato con le risorse finanziarie rivenienti:
a)dall'articolo 1 della legge 9 dicembre
1998, n. 426;
b)dall'articolo 49 della legge 23 dicembre
1998, n. 448, così come rifinanziato dalla
tabella "D" della legge 23 dicembre 1999,
n. 488 e, per gli anni successivi, dall'annuale legge finanziaria in relazione agli
obiettivi determinati nel Documento di
programmazione economica e finanziaria;
c)dal fondo di rotazione di cui all'articolo 18,
comma 9-bis, della legge n. 349/1986,
come introdotto dall'art. 114, comma 1,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
d)dalle deliberazioni del CIPE destinate al
finanziamento di progetti e di interventi di
risanamento ambientale;
e)dal quadro comunitario di sostegno 2000-
95
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 18/09/2001
2006, approvato con decisione comunitaria n. 2050 del 1° agosto 2000;
f) dalle somme disponibili a qualsiasi titolo
per la realizzazione degli interventi di bonifica, assegnate dalla U.E., dallo Stato,
dalle regioni, dagli enti locali;
2. Le risorse finanziarie di cui all'articolo 6,
comma 1, nel rispetto dei criteri di ripartizione
ivi stabiliti, sono trasferite alle regioni e alle province autonome con decreto del Ministero dell'ambiente. Per le regioni e i siti di interesse
nazionale oggetto di commissariamento, le
risorse sono assegnate alla contabilità speciale dei commissari delegati, che opereranno nel
rispetto dei criteri di cui all'articolo 6, comma
2. Le risorse sono assegnate entro sessanta
giorni dalla pubblicazione del decreto di approvazione del presente Programma nazionale.
3. Le ulteriori risorse disponibili saranno ripartite e trasferite, tenendo conto dello stato di
attuazione degli interventi già finanziati e di
appositi piani finanziari, predisposti dalle regioni o dalle strutture commissariali, relativi ai singoli ulteriori interventi di messa in sicurezza
d'emergenza, di caratterizzazione, di bonifica
o di messa in sicurezza permanente e di ripristino ambientale, nel rispetto dei preminenti
interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela sanitaria, ambientale e occupazionale.
4. I limiti di impegno, di cui all'articolo 1 della
legge n. 426/1998, destinati alla contrazione
da parte degli enti locali territoriali competenti
di mutui ventennali ed altre operazioni finanziarie con la Cassa depositi e prestiti ed altri
istituti di credito, sono trasferiti, sulla base delle assegnazioni di cui alla tabella di ripartizione (allegato G), alle regioni o ai commissari
delegati, che provvedono a regolare direttamente con gli istituti mutuanti l'ammortamento dei mutui per capitale ed interessi.
49 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ai
fini della utilizzazione dei finanziamenti assegnati dal presente decreto a favore delle province autonome di Trento e Bolzano resta
ferma l'applicazione delle disposizioni stabilite
dall'articolo 5 della legge 30 novembre 1989,
n. 386 e dall'articolo 12 del decreto legislativo
16 marzo 1992, n. 268.
Art. 12
Disposizioni finali
1. Agli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati previsti dal Programma nazionale si applicano le definizioni, i limiti
di accettabilità, i criteri, le procedure e le
modalità stabiliti nel regolamento di cui al decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471.
2. Con la medesima procedura di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 426/1998 si
provvede all'integrazione del programma allegato al presente decreto.
3. Con successivi decreti si provvederà al
trasferimento delle risorse alle regioni o alla
contabilità speciale dei commissari delegati
per l'emergenza rifiuti nonché all'ulteriore
ripartizione delle risorse disponibili.
4. Sono fatti salvi i poteri attribuiti ai commissari delegati dalle ordinanze di protezione
civile.
Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
ALLEGATI
Art. 10
Convenzione con ICRAM
La convenzione con l'ICRAM per la caratterizzazione e gli interventi sulle aree marine è
stipulata dal Ministero dell'ambiente.
Art. 11
Norme relative alle province autonome
di Trento e Bolzano
96
In relazione a quanto disposto dall'articolo
(omissis)
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
23 novembre 2001
DECRETO MINISTERIALE
Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372
(Suppl. alla G.U. n. 37 del 13 febbraio 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio del
24 settembre 1996 sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;
Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
372, recante "Attuazione della direttiva
96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione
integrate dell'inquinamento", ed, in particolare, l'art.10, comma 2, secondo cui i dati e il
formato della comunicazione prevista dal
comma 1 del medesimo articolo sono individuati con decreto del Ministro dell'ambiente,
conformemente a quanto stabilito dalla Commissione europea;
Vista la legge 21 gennaio 1994, n. 61,
recante "Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione
dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA)" ed il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1997, n.
335, che ha introdotto il regolamento concernente la disciplina delle modalità di organizzazione dell'Agenzia nazionale per la protezione
dell'ambiente in strutture operative;
Visto il decreto legislativo 24 febbraio 1997,
n. 39, recante attuazione della direttiva
90/313/CEE concernente la libertà di accesso
alle informazioni in materia ambientale;
Vista la decisione della Commissione europea 2000/479 del 17 luglio 2000 sull'attuazione del Registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER, European Pollutant Emission
Register) ai sensi dell'art. 15 della direttiva
96/61/CE e il documento intitolato "Guidance
Document on EPER implementation according to Art. 3 of the Commission Decision of
17 July 2000 (2000/479/EC)";
Considerato il carattere innovativo del processo che si avvierà con la prima dichiarazione, riguardante i dati dell'anno 2001;
Considerato quindi che la prima dichiarazione servirà anche a sperimentare il procedimento di raccolta dei dati, che si assesterà,
qualitativamente, con le dichiarazioni degli
anni successivi;
DECRETA:
Art. 1
Finalità
1. Il presente decreto, conformemente a
quanto disposto dalla Commissione europea,
stabilisce i dati, il formato e le modalità della
comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.
Art. 2
Definizioni
1. Ferme restando le definizioni di cui all'art.
2 del decreto legislativo n. 372/99, ai fini del
presente decreto si intende per:
1) Complesso IPPC: struttura industriale o
produttiva costituita da uno o più impianti
nello stesso sito in cui lo stesso gestore
svolge una o più delle attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo n. 372/99.
2) Scarico diretto: emissione di sostanze direttamente nell'aria e nell'acqua.
3) Scarico indiretto: emissione di sostanze
nell'acqua per trasferimento, tramite fognatura, ad un impianto di depurazione
esterno al complesso IPPC.
4) Validazione: controllo al fine di assicurare
la completezza e la consistenza di ogni
singola comunicazione e dell'insieme delle
comunicazioni, in conformità al presente
decreto.
97
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
Art. 3
Dati e formato della comunicazione
Art. 5
Pubblicità dei dati
1. I dati ed il formato della comunicazione di
cui all'art. 1 sono stabiliti negli allegati 1 e 2,
contenenti le Linee guida e il Questionario per
la dichiarazione delle emissioni.
1. L'ANPA e il Ministero assicurano, nel
rispetto del decreto legislativo 24 febbraio
1997, n. 39, e conformemente a quanto stabilito dalla Commissione europea, l'accesso
del pubblico ai dati di cui al presente decreto,
anche attraverso l'istituzione di un Inventario
nazionale delle emissioni e delle loro sorgenti,
aperto alla consultazione secondo le modalità
indicate al punto 1.1 dell'allegato 1.
Art. 4
Modalità e scadenze
della comunicazione
1. Tutti i gestori di complessi IPPC comunicano all'autorità competente di cui all'art. 2,
comma 1, numero 8), del decreto legislativo
372/99 e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, di seguito denominata
ANPA, secondo le modalità indicate all'art. 3,
entro il 1° giugno del 2002, i dati identificativi
del complesso e, nel caso in cui siano superati i valori soglia di cui alle tabelle 1.6.2 e
1.6.3 dell'allegato I, anche i dati sulle emissioni, relativi all'anno 2001.
2. Entro il 30 aprile di ogni anno, a partire
dall'anno 2003, tutti i gestori di complessi
IPPC le cui emissioni superano i valori soglia
di cui alle tabelle 1.6.2 e 1.6.3 dell'allegato I,
comunicano all'autorità competente di cui al
comma 1 e all'ANPA, secondo le modalità
indicate all'art. 3, i dati relativi all'anno precedente.
3. Le autorità competenti di cui al comma 1,
diverse dall'autorità statale, trasmettono
all'ANPA, previa validazione, le comunicazioni
relative all'anno precedente, entro il 30 settembre 2002 per quanto riguarda i dati relativi
all'anno 2001, ed entro il 30 giugno di ogni
anno per quanto riguarda i dati relativi agli anni
successivi.
4. I gestori di complessi IPPC e le autorità
competenti di cui al precedente comma trasmettono i dati previsti dal presente articolo
all'ANPA per via telematica, secondo le modalità indicate al punto 1.1 dell'allegato 1.
98
5. L'ANPA elabora e trasmette i dati di cui al
presente articolo al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio, di seguito denominato Ministero, entro il 31 dicembre 2002 per
quanto riguarda i dati relativi all'anno 2001, ed
entro il 30 novembre di ogni anno per quanto
riguarda i dati relativi agli anni successivi.
La trasmissione è effettuata anche ai fini del
successivo invio dei dati alla Commissione
europea.
Art. 6
Revisione ed aggiornamento
1. Entro il 2004, alla luce del primo ciclo di
comunicazione dei dati alla Commissione
europea e degli sviluppi concernenti il Registro
europeo delle emissioni inquinanti, l'ANPA può
sottoporre al Ministero proposte di revisione
delle Linee guida e del Questionario allegati al
presente decreto e delle modalità di comunicazione, anche ai fini di integrare le procedure
di comunicazione e di trasmissione dei dati al
Modello unico di dichiarazione ambientale di
cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70.
Il presente decreto sarà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
ALLEGATO 1
LINEE GUIDA PER LA DICHIARAZIONE
DELLE EMISSIONI
1.1
LA DICHIARAZIONE E LE LINEE GUIDA
Dichiarazione - In base alla presente normativa i complessi produttivi IPPC sono tenuti ad una dichiarazione
annuale che riguarda: informazioni per l’identificazione del
complesso e delle attività sorgenti di emissioni che vi
sono svolte, informazioni sulle emissioni in aria ed acqua
di sostanze o gruppi di sostanze stabiliti, se superiori a
determinati valori soglia.
La dichiarazione si compone essenzialmente di tre
parti. La prima parte riguarda l’identificazione del complesso produttivo e delle attività sorgenti di emissioni che
vi sono svolte. La seconda parte riguarda le emissioni in
aria. La terza parte riguarda le emissioni in acqua (nel
questionario è presente anche una quarta parte, che è
relativa alle emissioni in acqua). Le informazioni dichiarate
andranno a costituire l’Inventario nazionale INES
(Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) e il
Registro EPER (European Pollutant Emission Register).
Attraverso l’Inventario INES e il Registro EPER le informazioni saranno rese pubbliche.
Nel 2002 tutti i complessi IPPC devono dichiarare i dati
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
relativi al 2001. I complessi IPPC che, in base ai criteri
riportati nel presente allegato, non hanno emissioni da
dichiarare devono compilare solo la prima parte del questionario relativa all’identificazione del complesso IPPC (in
questo caso i dati non saranno resi pubblici). I complessi
IPPC che, in base ai criteri riportati nel presente allegato,
hanno emissioni da dichiarare, devono compilare il questionario anche per le parti relative alle emissioni in aria
e/o acqua.
Le dichiarazioni successive all’anno 2002 riguarderanno solo i complessi IPPC che, in base ai criteri riportati nel
presente allegato, hanno emissioni da dichiarare.
Le dichiarazione devono essere inviate contemporaneamente alla propria autorità competente e all’ANPA
entro il 30 marzo. Le modalità di invio saranno definite e
diffuse in tempo utile, tramite internet, sul sito dell’Agenzia
Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it).
Linee guida - Le linee guida, che contengono le istruzioni per la dichiarazione, sono rivolte agli operatori dei complessi produttivi. Esse, dopo aver messo l’operatore del
complesso in grado di capire se deve dichiarare o meno,
guidano il dichiarante nel reporting: quali informazioni
acquisire, come acquisirle e come dichiararle. Nelle linee
guida sono riportati criteri e modalità per la produzione
dei dati. Ciò che è richiesto al dichiarante è di porre grande attenzione alla qualità dei dati e di fornire, secondo le
indicazioni delle linee guida, i migliori dati possibili.
Le linee guida si compongono dei seguenti capitoli:
“Criteri ed indicazioni per la dichiarazione” dove sono
riportate tutte le indicazioni necessarie per una corretta
compilazione del questionario: chi deve dichiarare, quali
inquinanti dichiarare e quando dichiararli, come acquisire
e come esprimere i dati di emissione. Sono inoltre riportati elenchi di riferimenti nazionali ed internazionali dove si
possono trovare informazioni utili per la produzione dei
dati di emissione; “Particolarità” dove sono riportate indicazioni per risolvere alcune difficoltà che si possono
incontrare nella dichiarazione; “Riferimenti” che è un elenco di tutti i riferimenti normativi nazionali e comunitari che
sono alla base della dichiarazione delle emissioni in aria
ed acqua di origine industriale; “Glossario” che contiene
le definizioni di alcuni termini e acronimi usati nel testo
(una piccola “ g ” posta in apice ad una parola nel testo
indica che nel “Glossario” si può trovare la sua definizione); “Allegati” dove sono riunite tutte le tabelle e le figure
alle quali si fa riferimento nelle linee guida ed anche nel
questionario. Le linee guida saranno sottoposte a processi di revisione annuali in base agli sviluppi del registro
europeo EPER e della normativa ambientale nazionale ed
internazionale. La consultazione delle linee guida è indispensabile per la corretta compilazione del questionario.
Le presenti Linee Guida sono disponibili sul sito Internet
dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente
(www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it). L’Inventario
Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti è reso
disponibile, per la consultazione da parte del pubblico, sui
siti Internet del Ministero dell’Ambiente (www.minambiente.it) e dell’Agenzia Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it).
1.2
CRITERI ED INDICAZIONI PER LA DICHIARAZIONE
1.2.1 Il complesso IPPC
L’unità dichiarante è il complesso IPPC. Per comples-
so si intende una struttura industriale o più genericamente produttiva costituita da uno o più impianti nello stesso
sito g, in cui lo stesso operatore svolge una o più attività.
Un complesso è detto IPPC quando al suo interno è svolta almeno un’attività IPPC (vedi paragrafo successivo). Un
complesso è detto non IPPC quando al suo interno non
è svolta alcuna attività IPPC.
1.2.2 Le attività IPPC
Le attività IPPC sono le attività dell’allegato I della Direttiva
IPPC. Esse sono riportate in Tab. 1.6.1. Se un’attività non
è compresa in Tab.1.6.1, è definita attività non IPPC. In
Tab. 1.6.1 le attività IPPC sono distinte in categorie; ciascuna categoria è identificata da un codice IPPC a due
cifre. Il codice IPPC ad una cifra identifica gruppi di categorie di attività. A ciascuna categoria è poi associato uno
o più codici NOSE-Pg (cinque cifre) e uno o più codici
NACE. Come si può vedere in Tab.1.6.1, alle categorie
spesso è associato un valore soglia 1 riferito alla potenza
termica installata o alla capacità produttiva. Quando alla
categoria di attività è associato un valore soglia, si intende che solo le attività con potenza o capacità superiore al
valore soglia sono attività IPPC. Quando alla categoria di
attività non è associato alcun valore soglia, si intende che
tutte le attività di questa categoria sono attività IPPC. Se
più attività della stessa categoria sono svolte nel medesimo complesso, le capacità di queste installazioni devono
essere sommate per ottenere la capacità della categoria
(ovviamente le capacità devono essere espresse nella
stessa unità di misura per essere sommate). Esempio: se
in un complesso ci sono due caldaie di 40 e 25 MWth
rispettivamente, le singole capacità devono essere sommate per ottenere la capacità della categoria, che sarà
pari a 65 MWth. (In questo esempio mentre le singole
capacità sono inferiori, la somma è superiore al valore
soglia per la categoria 1.1). Ciascuna attività sorgente di
emissione è dunque identificata da una terna di codici: un
codice IPPC, uno NOSE-P e uno NACE.
1.2.3
Le attività IPPC e non IPPC
Se nel complesso IPPC sono svolte più attività IPPC,
tutte le attività IPPC devono essere dichiarate. Se nel
complesso IPPC oltre alle attività IPPC sono presenti
anche attività non IPPC che contribuiscono alle emissioni g totali del complesso, il contributo delle attività non
IPPC deve essere sottratto dal totale delle emissioni. Se
non è possibile valutare il contributo delle emissioni da
attività non IPPC (es: perché sono convogliate insieme a
quelle da attività IPPC o per altri motivi tecnici) è consentito lasciarle incluse nel dato di emissione totale; in questo caso si deve semplicemente indicare la presenza e la
tipologia delle attività non IPPC che contribuiscono all’emissione totale del complesso IPPC.
1.2.4 La principale attività IPPC
La principale attività IPPC è quella che contribuisce
maggiormente alle emissioni. Se nel complesso è svolta
una singola attività IPPC, essendo l’unica, è anche la principale. Se nel complesso sono svolte più attività IPPC, tra
quest’ultime deve essere indicata qual’è la principale.
Generalmente la principale attività IPPC coincide con la
principale attività economica. Se la determinazione della
principale attività economica è difficile e/o non risultasse
chiara la coincidenza tra principale attività economica e
principale attività IPPC, il giudizio di esperti e delle auto-
99
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
rità competenti guideranno nella identificazione dell’attività principale.
1.2.5 Gli inquinanti e i valori soglia
Nelle Tab. 1.6.2 e 1.6.3 sono riportati gli inquinanti (2) le
cui emissioni rispettivamente in aria ed in acqua sono da
dichiarare. Gli inquinanti sono generalmente accompagnati da indicazioni per la loro identificazione e da un valore soglia espresso in kg per anno (kg/a). 1 Il valore soglia
si riferisce alla capacità massima produttiva di progetto
che è costante nel tempo (finché non vengono fatte delle
modifiche), e non al grado di produzione che varia nel
tempo e che è generalmente inferiore alla suddetta capacità di progetto. L’emissione di un inquinante deve essere dichiarata quando l’emissione totale del complesso
IPPC dichiarante è superiore al valore soglia.
Eccezioni: 1. Le emissioni totali annue di anidride
solforosa e di ossidi di azoto provenienti da impianti di
combustione con potenza termica nominale pari o superiore a 50 MW (categoria IPPC 1.1), indipendentemente
dal tipo di combustibile utilizzato (solido, liquido o gassoso) devono essere dichiarate anche se inferiori al valore
soglia. 2. Per quanto riguarda il selenio e i policlorobifenili in Tab. 1.6.2 e il nonilfenolo e il pentaclorobenzene in
Tab. 1.6.3, provvisoriamente non accompagnati da indicazioni per l’identificazione e da valori soglia, si raccomanda di dichiarare comunque l’emissione in caso di
presenza dell’inquinante.
1.2.6
Chi deve dichiarare?
L’attività svolta nel complesso
è compresa in Tab.1.6.1?
Il complesso non è IPPC
STOP
Non si deve partecipare al censimento
(non fare nulla)
Il complesso è IPPC
AVANTI
Si deve partecipare al censimento
(continuare a leggere le linee guida)
Nelle emissioni sono presenti gli inquinanti
di Tab. 1.6.2 e 1.6.3 a livelli superiori a quelli
riportati nelle stesse tabelle?
NO
Prima dichiarazione (2002): dichiarare i dati
identificativi del complesso IPPC
Dichiarazioni successive: dichiarare solo se
variano le condizioni della prima dichiarazione
SI
Prima dichiarazione (2002): dichiarare i dati
identificativi e i dati di emissioni del complesso IPPC
Dichiarazioni successive: dichiarare se
permangono le condizioni della prima dichiarazione
Lo schema precedente mostra chiaramente il percorso
che l’operatore di un complesso produttivo deve seguire
per capire se deve partecipare al censimento e, in caso
affermativo, che cosa deve dichiarare.
1.2.7 Le sottoliste di inquinanti
Nelle tabelle da 1.6.4.1 a 1.6.5.6 sono riportate sottoliste specifiche, che indicano per ciascuna categoria di attività, i principali inquinanti che possono essere presenti
nelle emissioni. Le tabelle da 1.6.4.1 a 1.6.4.6 sono relative alle emissioni in aria. Le tabelle da 1.6.5.1 a 1.6.5.6
sono relative alle emissioni acqua. Le sottoliste non sono
elenchi di minima (dichiarare almeno le emissioni degli
inquinanti riportati nelle sottoliste) né di massima (dichiarare al massimo le emissioni degli inquinanti riportati nelle
sottoliste): le sottoliste sono liste di controllo che devono
essere utilizzate come guida per la selezione degli inquinanti da dichiarare. È responsabilità del dichiarante dichiarare le emissioni di tutti gli inquinanti di Tab. 1.6.2 e Tab.
1.6.3. Ciò non vuol dire che il dichiarante deve misurare o
stimare tutti gli inquinanti di Tab. 1.6.2 e Tab. 1.6.3 per
sapere se sono presenti o meno nelle emissioni. In base
alla conoscenza dei processi svolti nel complesso produttivo, il dichiarante sa se un determinato inquinante è presente o meno nelle emissioni generate dai processi stessi.
100
(2) Per comodità li chiameremo inquinanti anche se vi
sono compresi gruppi di inquinanti e parametri come
il COD.
Solo se ritiene che un certo inquinante sia presente nelle
emissioni deve acquisire il dato di emissione e dichiararlo
secondo quanto riportato nel paragrafo 1.2.6. Conseguentemente la lista degli inquinanti emessi da una attività
può anche differire dalle sottoliste, come può avvenire, ad
esempio, per l’industria chimica dove grande è la varietà
dei processi per la produzione di differenti prodotti.
1.2.8 Emissioni in aria
In riferimento alla Tab. 1.6.2, l’emissione di un inquinante
in aria deve essere dichiarata quando l’emissione totale del
complesso IPPC dichiarante è superiore al valore soglia.
Eccezioni: 1. Le emissioni totali annue di anidride solforosa e di ossidi di azoto provenienti da impianti di combustione con potenza termica nominale pari o superiore a
50 MW (categoria IPPC 1.1), indipendentemente dal tipo
di combustibile utilizzato (solido, liquido o gassoso) devono essere dichiarate anche se inferiori al valore soglia.
2. Si raccomanda di dichiarare comunque le emissioni
di selenio e di policlorobifenili provvisoriamente non accompagnati da valori soglia.
L’emissione totale deve includere emissioni puntuali
(convogliate) e diffuse/non puntuali (non convogliate). È richiesto di indicare la tipologia dell’emissione totale dichiarata (emissione puntuale o emissione puntuale + diffusa/non puntuale), anche nel caso in cui non sia possibile
eccezionalmente valutare entrambi i contributi. Se all’emissione totale del complesso dichiarante contribuiscono
anche attività non IPPC, i corrispondenti contributi devo-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
no essere sottratti dal totale, ma possono rimanere inclusi come specificato nel paragrafo 1.2.3. Se all’emissione
totale del complesso dichiarante contribuiscono attività
svolte in complessi diversi da quello dichiarante (es: un
impianto di abbattimento condiviso tra due o più operatori di diversi complessi), i contributi provenienti da attività
svolte in complessi diversi da quello dichiarante devono
essere sottratti dall’emissione totale. Se il complesso
dichiarante condivide con altri operatori un impianto di
abbattimento situato in un altro complesso confinante
adiacente, deve calcolare e dichiarare la propria quota
che contribuisce all’emissione totale. L’emissione totale
del complesso dichiarante deve essere ripartita tra le attività IPPC sorgenti di emissione svolte nel complesso. Se
nel complesso è svolta solo un’attività IPPC, l’emissione
totale sarà attribuita tutta all’unica attività IPPC svolta nel
complesso. Se nel complesso IPPC sono svolte più attività IPPC, l’emissione totale sarà distribuita tra tutte le
attività IPPC sorgenti di emissione. Alla dichiarazione delle
emissioni in aria è dedicata la parte II del questionario.
1.2.9 Emissioni in acqua
La dichiarazione delle emissioni in acqua è più complessa rispetto a quella delle emissioni in aria. La maggiore complessità è dovuta soprattutto alla presenza o meno
di processi di depurazione (3) degli effluenti e alla ubicazione degli eventuali impianti di trattamento. Il complesso
IPPC dichiarante deve dichiarare la presenza o meno di
processi di depurazione degli effluenti e l’ubicazione del/i
impianto/i di depurazione. Nel caso in cui i reflui o parte di
essi siano sottoposti ad un processo di depurazione, il
complesso IPPC dichiarante in particolare deve dichiarare se l’impianto di depurazione fa parte:
• del complesso IPPC dichiarante (depurazione onsite),
• di un complesso IPPC diverso dal dichiarante (depurazione off-site, altro IPPC)
• di un complesso non IPPC (depurazione off-site,
altro non IPPC)
• di nessun complesso (depurazione off-site, unità
tecnica a sé, depuratore consortile)
In Fig. 1.6.1 è schematizzata la richiesta di informazioni sulla presenza ed ubicazione dell’impianto di depurazione.
Le emissioni in acqua sono distinte in scarichi diretti ed
indiretti. Lo scarico diretto è lo scarico avviato direttamente al corpo recettore (corso d’acqua) anche dopo
eventuale depurazione on-site; lo scarico indiretto è lo
scarico avviato, previo trasferimento tramite fognatura, ad
un impianto di depurazione off-site. In riferimento alla tab.
1.6.3, l’emissione di un inquinante in acqua deve essere
dichiarata quando l’emissione totale del complesso IPPC
dichiarante è superiore al valore soglia. Eccezione: si raccomanda di dichiarare comunque le emissioni di nonilfenolo e pentaclorobenzene provvisoriamente non accompagnati da valori soglia. Per le emissioni in acqua, l’emissione totale da confrontare con il valore soglia è la somma
di scarichi diretti e scarichi indiretti. L’emissione totale
deve includere emissioni puntuali (convogliate) e diffuse/non puntuali (non convogliate). È richiesto di indicare la
tipologia dell’emissione totale dichiarata (emissione puntuale o emissione puntuale + diffusa/non puntuale), anche
nel caso in cui non sia possibile eccezionalmente valuta-
(3) La depurazione di acque reflue non è un’attività IPPC.
re entrambi i contributi. Se all’emissione totale del complesso dichiarante contribuiscono anche attività non
IPPC, i corrispondenti contributi devono essere sottratti
dal totale, ma possono rimanere inclusi come specificato
nel paragrafo 1.2.3. L’emissione totale del complesso
dichiarante deve essere ripartita tra le attività IPPC sorgenti di emissione svolte nel complesso. Se nel complesso è svolta solo un’attività IPPC, l’emissione totale sarà
attribuita tutta all’unica attività IPPC svolta nel complesso.
Se nel complesso IPPC sono svolte più attività IPPC, l’emissione totale sarà distribuita tra tutte le attività IPPC
sorgenti di emissione. In Fig.1.6.2 è schematizzata la
situazione effluenti idrici di un ipotetico complesso IPPC i
cui reflui idrici in parte non necessitano e in parte necessitano di depurazione e la depurazione è in parte interna
ed in parte esterna. La spiegazione allegata alla Fig. 1.6.2
e la successiva Tab. 1.6.6 illustrano le principali modalità
di dichiarazione dell’ipotetico complesso IPPC di
Fig.1.6.2. Per ogni scarico idrico è inoltre richiesto di comunicare il nome ed il codice del bacino recettore. Alla
dichiarazione delle emissioni in acqua è dedicata la parte
III del questionario.
Depurazione off-site presso un depuratore che è
un’unità tecnica a sé (depuratore consortile)
Nel caso di depurazione off-site quando il depuratore è
una unità tecnica a sé (un impianto di depurazione consortile è una unità tecnica a sé) è consentito eccezionalmente al complesso IPPC dichiarare anche l’emissione
dopo la depurazione off-site. L’adozione di questa eccezione non cancella l’obbligo di dichiarare gli scarichi indiretti secondo le modalità già illustrate. Nel caso di adozione di questa eccezione gli scarichi indiretti non saranno inseriti nel Registro Europeo delle Emissioni (EPER),
cioè i dati di emissione in acqua prima della depurazione
non saranno comunicati per l’inserimento in EPER; al loro
posto saranno comunicati i dati di emissione in uscita dal
depuratore. L’adozione di questa eccezione deve avvenire secondo le seguenti modalità:
1. sarà completa cura del complesso produttivo che
vuole adottare questa eccezione fornire le informazioni
necessarie alla propria autorità competente e all’ANPA;
2. se più complessi IPPC, che inviano i propri reflui ad uno
stesso depuratore consortile, vogliono adottare questa
eccezione, è sufficiente che uno solo di essi invii alla
propria autorità competente e all’ANPA le informazioni
necessarie affinché l’eccezione sia applicata a tutti i
complessi IPPC. In pratica uno solo tra i complessi
IPPC dichiaranti che inviano i propri reflui allo stesso
depuratore consortile deve farsi carico dell’onere dell’invio delle informazioni;
3. le informazioni necessarie che devono essere comunicate alla propria autorità competente e all’ANPA affinché
l’eccezione possa essere adottata sono le seguenti:
• consenso del gestore del depuratore a dichiarare
informazioni relative al suo impianto di depurazione e
che tali informazioni siano rese pubbliche;
• elenco dei complessi IPPC dichiaranti che inviano i
propri effluenti allo stesso depuratore consortile, con
l’indicazione di quali intendono adottare questa
eccezione;
• dati di identificazione del depuratore consortile;
• dati di emissione diretta in acqua del depuratore
consortile.
L’acquisizione da parte della propria autorità compe-
101
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
tente della lettera di consenso del gestore del depuratore consortile è indispensabile per l’utilizzo da parte
delle autorità stesse delle informazioni sul depuratore;
4. per il depuratore, analogamente a ciascun complesso
dichiarante IPPC, deve essere indicata la principale
attività IPPC. In questo caso la principale attività IPPC
(associata alle emissioni del depuratore) sarà l’attività
IPPC che contribuisce maggiormente alle emissioni
dirette in acqua in uscita dal depuratore, selezionata tra
quelle svolte presso i complessi produttivi IPPC dichiaranti che inviano i propri reflui al depuratore. La principale attività IPPC deve essere identificata dal codice
IPPC e codice NOSE;
5. il dato di emissione del depuratore dovrebbe corrispondere solo alla quota relativa ai contributi di tutti i
complessi IPPC che inviano i propri reflui al depuratore. Se non è possibile valutare (e scorporare dall’emissione totale) il contributo proveniente da eventuali altre
sorgenti non IPPC (complessi produttivi non IPPC,
insediamenti civili) che inviano i propri scarichi al depuratore consortile, è consentito dichiarare l’emissione
totale in uscita del depuratore. In questo caso si raccomanda di comunicare in “Note e comunicazioni” la
presenza di sorgenti non IPPC. Alla dichiarazione delle
emissioni dopo depurazione off-site quando il depuratore è un’unità tecnica a sé, è dedicata la parte IV del
questionario.
1.2.10 Misurare, calcolare, stimare
Le informazioni quantitative sugli inquinanti presenti
nelle emissioni possono essere acquisite attraverso le tre
seguenti procedure: Misura, Calcolo e Stima. Qualunque
sia la modalità utilizzata per acquisire il dato, il dichiarante
deve comunque sempre porre grande attenzione alla qualità dei dati e fornire, secondo le indicazioni delle presenti
linee guida, i migliori dati possibili. Si precisa che la qualità
e l’accuratezza (4) del dato dichiarato, è responsabilità del
dichiarante stesso. La modalità di acquisizione del dato di
emissione deve essere indicata accompagnando ciascun
dato di emissione dichiarato con la lettera M o C o S a
seconda se è stato Misurato, Calcolato o Stimato.
• Misura - Una emissione si intende misurata (M) quando
l’informazione quantitativa deriva da misure realmente
fatte su campioni prelevati nell’impianto stesso utilizzando metodi standardizzati o ufficialmente accettati.
Spesso per convertire i risultati delle misure in dati di
emissioni sono necessari calcoli aggiuntivi. Il dato di
emissione può derivare da misure in continuo o da
monitoraggi con una definita frequenza annua. I monitoraggi in continuo producono ovviamente i dati più
accurati, ma spesso non sono praticabili, può essere
antieconomico e anche superfluo realizzarli. Nel caso
dei monitoraggi non in continuo è importante che la frequenza del campionamento garantisca medie sufficientemente rappresentative della composizione media
annua della emissione, relativamente all’inquinante in
oggetto.
Le misure saltuarie sono quelle eseguite “una tantum”,
ad esempio una o poche volte all’anno e generalmente non nell’ambito di un programmato piano di monitoraggio. A causa della scarsa frequenza annua le misu-
102
(4) Un dato è tanto più accurato quanto più è vicino al
valore vero.
re saltuarie generalmente non possono fornire dati rappresentativi dei rilasci annui di un certo inquinante principalmente per due cause: variazione dei rilasci nel
tempo in relazione ai cambiamenti dei processi e/o dei
livelli connessi alla produzione, e variabilità connesse
alle varie fasi (campionamento e analisi) dei metodi
analitici applicati. Quando ragionevoli motivi accrescono la rappresentatività delle misure saltuarie, nell’impossibilità di utilizzo di altre procedure di acquisizione
dei dati, anche le misure saltuarie possono essere utilizzate per valutare l’emissione totale annua. Le misure
saltuarie possono comunque sempre risultare utili per
la verifica delle stime.
• Calcolo - Una emissione si intende calcolata (C) quando l’informazione quantitativa è ottenuta utilizzando
metodi di stima e fattori di emissione accettati a livello
nazionale o internazionale e rappresentativi dei vari settori industriali. È importante tener conto delle variazioni
nei processi produttivi, per cui quando il calcolo è basato sul bilancio di massa, quest’ultimo deve essere
applicato ad un periodo di un anno o anche ad un periodo inferiore che sia rappresentativo dell’intero anno.
La qualità dei fattori di emissione può variare molto, in
funzione dell’attendibilità e applicabilità dei calcoli e
misure da cui derivano. Si raccomanda di usare i fattori di emissione più attendibili, originati da monitoraggi di
impianti e rilasci simili.
• Stima - Una emissione si intende stimata (S) quando
l’informazione quantitativa deriva da stime non standardizzate basate sulle migliori assunzioni o ipotesi di
esperti. La procedura di stima fornisce generalmente
dati di emissione meno accurati dei precedenti metodi
di misura e calcolo, per cui dovrebbe essere utilizzata
solo quando i precedenti metodi di acquisizione dei
dati non sono praticabili.
1.2.11 Che cosa faccio: misuro, calcolo o stimo?
Le tre procedure di acquisizione dei dati non sono
equivalenti. Un monitoraggio in continuo fornisce dati
sicuramente più rappresentativi, ma laddove non sono
praticabili misure sperimentali con metodi e/o frequenza
adeguata, il calcolo basato su fattori di emissione di
buona qualità o su bilanci di massa è senz’altro da preferire. La scelta sarà di volta in volta affidata alle conoscenze e all’esperienza di coloro che hanno il compito di produrre i dati. Si raccomanda di porre grande attenzione alla
qualità dei dati e di fornire i migliori dati possibili ai fini della
loro accuratezza e omogeneità.
1.2.12 Che cosa indico M, C o S?
Per valutare l’emissione totale di un certo inquinante il
primo passo da fare è individuare tutti i punti di rilascio,
compresi ad esempio i canali di deflusso, tutti i camini e i
punti di fuga. Poi si dovrà valutare ogni singolo rilascio
con una delle procedure descritte. Molto spesso una sola
procedura non è sufficiente a dare l’emissione totale.
Spesso i dati ottenuti per misura diretta, anche se molto
accurati, non bastano da soli per valutare l’emissione
totale comprensiva di tutti i punti di rilascio, Avvertenza:
qualunque sia la procedura seguita per l’acquisizione dei
dati, si raccomanda di registrare e conservare per almeno
tre anni tutta la documentazione relativa all’ottenimento
dei dati (qualsiasi misura, calcolo, assunzione, ragionamento, ipotesi, etc…) che sarà valutata ricorrendo anche
alle procedure di calcolo e stima. In questi casi l’emissio-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
ne totale riportata sarà identificata dalla lettera corrispondente alla procedura utilizzata per determinare la porzione più grande della emissione. Es: l’emissione annuale di
un inquinante in aria è determinata con le tre procedure: il
30% del totale è misurato (rilasci dal camino), il 15% del
totale è stimato (fughe) e il 55% è calcolato (rilasci dalle
valvole). Poiché la maggior parte è calcolata, l’emissione
totale, somma delle tre, sarà identificata dalla lettera C.
1.2.13 Come devo esprimere il dato di emissione?
Il dato di emissione deve essere dichiarato come emissione annua. Le unità di misura da utilizzare dipendono
dagli inquinanti. Per la maggior parte degli inquinanti si
deve utilizzare il chilogrammo per anno (kg/a); altre unità
di misura sono tonnellate per anno (t/a o Mg/a) e grammi
per anno (g/a). Nel questionario per ogni inquinante è indicata l’unità di misura da utilizzare. Il dato di emissione di
ciascun inquinante deve essere approssimato alla prima
cifra decimale. Es: 226.525,65 ton/anno di CO deve
essere approssimato a 226.525,6; 226.525,66 ton/anno
di CO deve essere approssimato a 226.525,7; 1.018,70
kg/anno di cromo deve essere approssimato a 1.018,7.
1.2.14 Misura delle emissioni in aria
Per la misura degli inquinanti nelle emissioni in aria si
raccomanda di utilizzare i metodi riportati e/o indicati nella
normativa italiana. I principali riferimenti normativi nazionali
italiani dove si possono trovare metodi ed indicazioni utili
sono riportati in Tab. 1.6.7. Per gli inquinanti non regolamentati dalla normativa nazionale italiana si raccomanda di
utilizzare metodi standardizzati internazionalmente accettati. Se si vuole usare un metodo non standardizzato, esso
dovrà essere verificato con un metodo standard. Un elenco indicativo dei principali metodi di analisi standardizzati
e riconosciuti a livello internazionale, elaborati da UNI (Ente
Nazionale Italiano di unificazione), CEN (European
Committee for Standardization), ISO (International Organization for Standardization), ASTM (American Society for
Testing and Materials) ed EPA (Environmental Protection
Agency, USA) è riportato in Tab. 1.6.8. I siti web delle principali organizzazioni nazionali ed internazionali dove e possibile vedere, comprare ed in alcuni casi scaricare gratuitamente i metodi per la misura degli inquinanti nelle emissioni in aria sono i seguenti:
UNI
http://catalogo.uni.com/catalogo/home.html
CEN
http://www.cenorm.be/
ISO
http://www.iso.ch/cate/cat.html
ASTM http://www.astm.org/cgi-bin/SoftCart.exe/STORE/
store.htm?E+mystore
EPA
http://www.epa.gov/
Avvertenza: indipendentemente dalla unità di misura indicata per la dichiarazione, per il confronto con il valore
soglia, esprimere il dato di emissione totale di ciascun
inquinante nella stessa unità di misura utilizzata per il valore soglia (kg/anno).
1.2.15 Misura delle emissioni in acqua
Per la misura degli inquinanti nelle emissioni in acqua si
raccomanda di utilizzare i metodi riportati e/o indicati nella
normativa italiana. I principali riferimenti normativi italiani
dove si possono trovare metodi ed indicazioni utili per la
misura sono riportati in Tab. 1.6.9. È imminente la pubblicazione dell’edizione 2000 del volume “Metodi analitici per
le acque” (Istituto di Ricerca sulle Acque, CNR). Per gli
inquinanti non regolamentati dalla normativa nazionale italiana si raccomanda di utilizzare metodi standardizzati
internazionalmente accettati. Se si vuole usare un metodo
non standardizzato, esso dovrà essere verificato con un
metodo standard. Un elenco indicativo dei principali metodi di analisi standardizzati e riconosciuti a livello internazionale elaborati da UNI (Ente nazionale Italiano di unificazione), CEN (European Committee for Standardization), ISO
(International Organization for Standardization), ASTM
(American Society for Testing and Materials) ed EPA
(Environmental Protection Agency, USA) è riportato in
Tab.1.6.10. I siti web delle principali organizzazioni nazionali ed internazionali dove e possibile vedere, comprare ed
in alcuni casi scaricare gratuitamente i metodi per la misura degli inquinanti nelle emissioni in acqua sono elencati
nel paragrafo “Misura delle emissioni in aria”.
1.2.16 Calcolo e stima delle emissioni in aria
E’ imminente la pubblicazione di un “Manuale nazionale dei fattori di emissione in aria”, alla cui stesura stanno
lavorando gruppi di lavoro ANPA, ARPAT, ENEA e CESI.
Appena possibile sarà disponibile sul sito SINANET
(http://www.sinanet.anpa.it). Si riporta un elenco di riferimenti internazionali dove trovare fattori di emissione e
metodi per la stima delle emissioni:
• La Task Force su “Emission Inventories” nell’ambito del
programma UNECE’s EMEP ha elaborato e aggiorna
“Atmospheric Emission Inventory Guidebook”, che a
livello europeo è attualmente la principale fonte per i
fattori di emissione in aria. Gli aggiornamenti sono
disponibili nel working web site della Task Force:
http://www.aeat.co.uk/netcen/airqual/TFEI/unece.htm
La 2a edizione di “Atmospheric Emission Inventory
Guidebook” è disponibile anche nel sito web dell’Agenzia Ambientale Europea. La disponibilità di copie cartacee è limitata.
http://themes.eea.eu.int/toc.php/state/air?doc=39186&l=en
Metodi di stima e fattori di emissione sono disponibili
anche nel sito dello “European Topic Centre on Air
emissions”
http://etc-ae.eionet.eu.int/etc-ae/index.htm
• Fattori di emissione e metodi per la stima delle emissioni per tutti i settori definiti in the United Nations
Framework convention on Climate Change sono riportati nelle lineeguida IPCC (Intergovernmental Panel on
Climate Change), versione 1996, per gli inventari dei
gas serra. Inoltre l’IPCC ha sviluppato un rapporto su
"Good practice guidance and uncertainty management
in national greenhouse gas inventories". Entrambi i
documenti sono disponibili su IPCC-NGGIP website.
http://www.ipcc-nggip.iges.or.jp/
• Tutto il materiale su fattori di emissione e metodi di
stima disponibili elaborati da “US EPA Office of Air
Quality Planning & Standards” possono essere visti ed,
in alcuni casi, scaricati dal sguente sito web. Alcuni
prodotti sono elencati.
http://www.epa.gov/ttn/chief/
Compilation of Air Pollutant Emission Factors AP-42,
Fifth Edition, Volume I: Stationary Point and Area
Sources.
http://www.epa.gov/ttn/chief/ap42.html
Volume II: Mobile Sources (AP-42), pending 5th edition
(Last updated: 06 April 1998).
http://www.epa.gov/oms/ap42.htm
Factor Information REtrieval (FIRE) Data System.
http://www.epa.gov/ttn/chief/fire.html
103
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
•
•
•
•
TANKS 4.07 for Windows®
http://www.epa.gov/ttn/chief/tanks.html
Fattori di emissioni elaborati nel “The National atmospheric emissions inventory of the United Kingdom”
sono disponibili in:
http://www.aeat.co.uk/netcen/airqual/emissions
Il manuale “The Australian emission estimation technique manual” è disponibile in:
http://environment.gov.au/epg/npi/eet_manuals.html
Materiale su inventari delle emissioni può essere consultato in:
http://www.oecd.org/env/
http://appli1.oecd.org/ehs/urchem.nsf/
Informazioni utili, in particolare per la produzione dei
dati di emissione del PM10 possono essere trovate in:
http://www.iiasa.ac.at%7Erains/index.html.
1.2.17 Calcolo e stima delle emissioni in acqua
Le informazioni e i riferimenti utili per il calcolo e la stima
delle emissioni in acqua sono molto più scarse rispetto
alle emissioni in aria. Si riporta un elenco di riferimenti
internazionali dove trovare fattori di emissione e metodi
per la stima delle emissioni:
• Informazioni generali sulle emissioni in acqua si possono trovare nel sito web di OSPARCOM in relazione al
progetto “Harmonised Quantification and Reporting
Procedures for Hazardous Substances (HARP)”
http://www.ospar.org/
http://www.sft.no/english/harphaz/
• Estimation methods of Industrial Wastewater Pollution
in the Meuse Basin, Comparison of approaches, LIFE
study ENV/F/205, Agence de l’eau, RIZA, Landesumweltamt Nordrhein Westfalia, Office International de
l’eau, Ministère de la Region Walonne, Vlaamse Milieumaatschappij. August 1998, Agence de l’eau, Paris
France.
• Dutch Notes on Monitoring of Emission to Water. Il
documento tratta di aspetti correlati al monitoraggio
delle emissioni in acqua per TWG Monitoring nell’ambito dell’IPPC, Institute for Inland Water Management
and Waste Water Treatment/RIZA. February 2000,
RIZA, Lelystad, The Netherlands.
1.2.18 Ufficio Europeo IPPC e Documenti BREF
Nell’ambito della Direttiva IPPC, l’Ufficio Europeo IPPC
di Siviglia, in collaborazione con l’industria e organizzazioni ambientali governative e non governative di tutti gli Stati
Membri, sta elaborando dei documenti denominati BREF
(Best available techniques Reference documents) che
contengono informazioni sui processi e tecniche di produzione, livelli di emissione e misure e tecniche per la
riduzione delle emissioni. I Documenti BREF elaborati
finora sono elencati nella seguente tabella. Informazioni
aggiornate sui Documenti BREF si possono trovare nel
sito web dell’Ufficio Europeo IPPC:
http://eippcb.jrc.es/exe/FActivitie.
Documenti BREF disponibili e attesi (Ottobre 2000)
104
Settori industriali
Cemento e calce viva
Ceramica
Cloro-alcali
Gestione/trattamento comuni delle acque
reflue/dei gas di scarico
Refrigerazione e vuoto
Questioni economiche e trasversali ai vari comparti previsto
Emissioni prodotte dallo stoccaggio di materiali sfusi o pericolosi
Trasformazione dei metalli ferrosi
Alimenti e latte
Lavorazione del vetro
Allevamento intensivo
Ferro e acciaio
Discariche
Grandi impianti di combustione
Prodotti chimici organici in quantità rilevanti
Prodotti chimici inorganici gassosi e liquidi in quantità rilevanti
Prodotti chimici inorganici solidi in quantità rilevanti
Monitoraggio
Trasformazione dei metalli non ferrosi
Prodotti organici della chimica
Polimeri
Pasta da carta e carta
Raffinerie
Macelli/carcasse di animali
Impianti di forgiatura e fonderie
Specialità chimiche inorganiche
Trattamento superficiale dei metalli
Trattamenti superficiali con solventi
Concerie
Lavorazione dei tessili
Incenerimento dei rifiuti
Recupero/smaltimento dei rifiuti
Stato del documento
documento finale
previsto
proposta finale
prima proposta
proposta finale
previsto
proposta finale
previsto
proposta finale
previsto
documento finale
previsto
previsto
prima proposta
previsto
previsto
proposta
documento finale
fine previsto
previsto
documento finale
prima proposta
previsto
previsto
previsto
previsto
previsto
seconda proposta
previsto
previsto
previsto
Data
marzo 2000
2003
agosto 2000
maggio 2000
settembre 2000
2002
2002
agosto 2000
2002
agosto 2000
2001
marzo 2000
2004
2002
luglio 2000
2003
2003
gennaio 1999
maggio 2000
2004
2003
luglio 2000
febbraio 2000
2002
2001
2004
2003
2003
giugno 2000
2002
2003
2004
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
1.3
PARTICOLARITÀ
1.3.1 Evitare di contare una emissione due volte
Quando più di una procedura di produzione di dati è
usata c’è il rischio di contare due volte una emissione.
Es.: in un impianto le acque di lavaggio del pavimento di
un’area di processo sono raccolte e scaricate all’esterno attraverso un unico scarico. In questo caso, se la
quantità stimata di sostanza presente nelle acque di
lavaggio del pavimento viene addizionata alla quantità
misurata nello scarico finale, il dato finale sarà affetto da
un errore per eccesso (doppia conta degli inquinanti
presenti nelle acque di lavaggio del pavimento dell’area
di processo).
1.3.2 Che cosa faccio quando….?
Che cosa faccio quando in base alla conoscenza dei
processi di produzione che si svolgono nel complesso
IPPC dichiarante non posso escludere la presenza di un
certo inquinante nelle emissioni e il metodo analitico di
determinazione generalmente utilizzato nello stabilimento “non è adeguato” agli scopi della dichiarazione? Nel
contesto di queste linee guida per metodo “non adeguato” si intende un metodo analitico che non è in grado
di fornire indicazioni quantitative sufficienti per stabilire
se i valori soglia di Tab 1.6.2 e 1.6.3 sono superati o
meno. Ciò accade quando il limite di rivelabilità del
metodo è superiore alla concentrazione dell’inquinante
che si vuole determinare; questo perché il metodo è
stato messo a punto e generalmente utilizzato per altri
scopi, ad esempio per stabilire se un certo limite normativo (diverso dai valori soglia di Tab 1.6.2 e 1.6.3. e
generalmente espresso in concentrazione) è rispettato o
meno o quando l’inquinante è presente in tracce e ultratracce, per la cui determinazione necessiterebbero
eventualmente metodi non praticabili. In questo caso la
sola informazione che il metodo disponibile fornisce è
che la concentrazione dell’inquinante è < limite di rivelabilità del metodo stesso. Questa informazione, spesso
sufficiente come già detto per conoscere se un certo
limite di emissione (espresso in concentrazione) stabilito
dalla normativa nazionale è rispettato o meno, può non
esserlo per decidere se dichiarare o meno l’emissione
totale annuale di un inquinante nel presente censimento. In questo caso moltiplicando infatti concentrazioni di
inquinante pari al limite di rivelabilità del metodo per la
portata annuale degli effluenti gassosi ed acquosi si
ottiene una emissione annuale massima (approssimata
per eccesso) che può risultare superiore ai valori soglia
di Tab. 1.6.2 e 1.6.3. (se si ottiene un’emissione annuale inferiore al valore soglia il problema non esiste). In
questo caso, se non è possibile acquisire un dato di
emissione più corretto (utilizzando un metodo con limite
di rivelabilità adeguato o tramite calcolo o stima), si raccomanda di: assumere la concentrazione dell’inquinante nelle emissioni pari al limite di rivelabilità del metodo,
moltiplicare il limite stesso per la portata annuale per
ottenere l’emissione annuale massima, dichiarare il dato
di emissione come < emissione annuale massima. Il
dato di emissione così comunicato non sarà inserito nel
Registro EPER e non sarà reso pubblico. Si raccomanda di segnalare ulteriormente questi casi negli spazi
“Note e comunicazioni”.
Che cosa faccio quando nelle acque prelevate per
uso interno del complesso già sono presenti inquinanti
(es: cloruri nelle acque di mare), compresi in Tab. 1.6.3,
le cui quantità possono anche andare a sommarsi a
quelle eventualmente prodotte dalle attività svolte nel
complesso? Questo caso ovviamente non è un problema quando la presenza dell’inquinante nelle emissioni è
dovuta unicamente alla sua presenza già nelle acque
prelevate, indipendentemente dall’emissione. Quando
l’emissione totale è la somma di due contributi, uno proveniente dalle attività IPPC svolte nel complesso e uno
indipendente da esse, quest’ultimo può essere sottratto
dall’emissione totale da dichiarare. Se non si può valutare quantitativamente il contributo indipendente dalle
attività IPPC svolte si deve dichiarare il dato globale. In
entrambi i casi (di sottrazione o meno del contributo
indipendente dalle attività IPPC) indicare la particolarità
di questo dato negli spazi “Note e comunicazioni”. In
fase di validazione e controllo si terrà conto della particolarità del dato ai fini dell’inserimento nelle banche dati
nazionale ed europea.
1.3.3 Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)
In Tab. 1.6.2 e 1.6.3 è specificato che per gli IPA si
intende la somma degli IPA di Borneff (fluorantene,
Benzo(b)fluorantene, Benzo(k)fluorantene, Benzo(a)pirene, Benzo(ghi)perilene, Indeno(1,2,3-cd)pirene). Al fine di
dichiarare dati omogenei a livello europeo si raccomanda,
utilizzando i metodi di misura indicati nella normativa italiana (tab. 1.6.7 e 1.6.9) e riconosciuti a livello internazionale (tab. 1.6.8 e 1.6.10) che generalmente prevedono la
determinazione di un numero di composti maggiori e
diversi rispetto a quelli di Borneff, di limitare la dichiarazione ai soli IPA di Borneff. In caso di dichiarazione delle
emissioni di IPA si raccomanda di comunicare l’emissione
annuale del Benzo(a)pirene espressa in Kg/a.
1.3.4 Cromo e composti
In caso di dichiarazione delle emissioni di Cromo e
composti (tab. 1.6.2 e 1.6.3) si raccomanda di comunicare l’emissione annuale del Cr esavalente (Cr VI) espressa in Kg/a.
1.3.5 Organostannici
In caso di dichiarazione delle emissioni dei composti
organostannici (tab. 1.6.3) si raccomanda di comunicare
l’emissione annuale di tributilstagno e trifenilstagno,
espresse in Kg/a.
1.4 RIFERIMENTI
• Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996
sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, nota come Direttiva IPPC (Integrated Pollution
Prevention and Control)
• Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 372, di attuazione della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e
riduzione integrate dell’inquinamento
• Commission Decision 2000/479/EC on the implementation of a European Pollutant Emission Register
(EPER) according to Artiche 15 of Council Directive
96/61/EC
• Direttiva 90/313/CE del 7 giugno1990 concernente la
libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale.
• Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, recante
attuazione della direttiva 90/313/CE, concernente la
libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale.
105
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
• Direttiva 88/609/CEE del 24 novembre 1988 concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di
taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.
• Convention on Long-range Trasboundary Air Pollution
(CLRTAP), 1979 Geneva.
• Amended Proposal for a Decision of the European
Parliament and the Council establishing the list of priority substances in the field of water policy, Brussel
16.01.2001 COC (2001) 17 final 2000/035 COD.
• Criteri per la standardizzazione dei dati conoscitivi e per
la trasmissione delle informazioni richieste ai fini dell’attuazione del Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n.
152.
1.5
GLOSSARIO
• Complesso IPPC: Struttura industriale o più genericamente produttiva costituita da uno o più impianti nello
stesso sito, in cui lo stesso operatore svolge una o più
delle attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.
• Emissione: Scarico diretto di un inquinante nell'aria o
nell'acqua e scarico indiretto, previo trasferimento tramite fognatura, ad un impianto di depurazione esterno
al sito.
• Impianto: Unità tecnica permanente in cui sono svolte
una o più attività elencate nell'allegato I del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con
le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire
sulle emissioni e sull'inquinamento.
• NACE: (National Classification of Economic Activities)
La nomenclatura NACE è la classificazione standard
europea delle attività economiche.
• NOSE-P: (Nomenclature Of Sources of Emission) La
nomenclatura NOSE o NOSE-P è la classificazione
standard europea delle fonti di emissione. Manual:
NOSE Nomenclature for sources of emissions, 8D,
Luxembourg 25 May 1998, Eurostat.
• Sito: Ubicazione geografica del complesso.
TABELLE
(omissis)
ALLEGATO 2
QUESTIONARIO PER LA DICHIARAZIONE
DELLE EMISSIONI
106
2.1
PRESENTAZIONE
Il questionario per la dichiarazione dei dati di emissione
è composto di quattro parti, ciascuna costituita da più
schede.
La PARTE I (schede 1, 2 e 3) riguarda l’identificazione
del complesso dichiarante e delle attività IPPC che lo
caratterizzano; riguarda inoltre informazioni sulla persona
tecnicamente competente che può essere contattata
dalle autorità competenti e dall’ANPA in caso di necessità. La PARTE I deve essere compilata da tutti i com-
plessi IPPC dichiaranti. Per quanto riguarda la dichiarazione del 2002 relativa ai dati del 2001, i complessi IPPC
le cui emissioni sono inferiori ai valori soglia riportati nelle
Tab. 1.6.2 e 1.6.3 delle linee guida (All.1), devono compilare la PARTE I. In questo caso le informazioni dichiarate
non saranno rese pubbliche.
La PARTE II (schede 4, 4.1…4.n) del questionario è
relativa alle emissioni in aria, totali e ripartite per singole
attività IPPC sorgenti delle stesse. La PARTE II deve essere compilata dai complessi IPPC che hanno emissioni in
aria da dichiarare.
La PARTE III (schede 5, 6, 7, 7.1…7.n) è relativa alle
emissioni in acqua: situazione depurazione, emissioni
totali distinte in scarichi diretti ed indiretti e ripartite per
singole attività IPPC sorgenti delle stesse. La PARTE III
deve essere compilata dai complessi IPPC che hanno
emissioni in acqua da dichiarare.
La PARTE IV (schede A e B) riguarda i complessi produttivi IPPC che inviano i propri effluenti liquidi, tutti o
parte di essi, ad un depuratore esterno che è un’unità
tecnica a sé legata da un contratto al complesso dichiarante. Tali complessi produttivi IPPC, dopo aver compilato la parte III del questionario, possono scegliere se compilare o meno la IV parte. La compilazione di questa parte
del questionario con informazioni sulle emissioni in uscita
dal depuratore esterno permette alla autorità di rendere
pubblici solo i dati di emissione in acqua dopo la depurazione esterna. L’adozione di questa opportunità prevede
il consenso del gestore del depuratore che secondo le
modalità più avanti descritte deve pervenire all’autorità
competente. Per compilare correttamente il questionario
è indispensabile seguire le istruzioni riportate nelle linee
guida.
Le informazioni richieste entro un riquadro di colore grigio non saranno rese pubbliche dall’ANPA (vedi PARTE I,
Scheda 3). Nella pagina successiva è riportato lo schema
di lettera di certificazione del responsabile della dichiarazione, che deve pervenire all’autorità competente.
La dichiarazione deve essere accompagnata da una
certificazione da parte di un responsabile della dichiarazione (proprietario o gestore o altro) del complesso
dichiarante. Il responsabile della dichiarazione può essere
o meno la persona di riferimento. La persona di riferimento è quella tecnicamente competente che, in caso di
necessità, può essere contattata dalle autorità competenti e il questionario da compilare per la dichiarazione
sarà disponibile in versione informatica (la “pesantezza”
della versione cartacea sarà superata dalla “agilità” di
quella informatica) sul sito dell’Agenzia per la Protezione
dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it). Nel
sito dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente saranno
disponibili tutte le informazioni necessarie per la dichiarazione.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 23/11/2001
Schema lettera di certificazione del responsabile della dichiarazione
Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
proprietario/gestore del complesso IPPC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
sito in via/piazza/località . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
numero civico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
CAP. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
provincia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
dichiaro che, in base alle mie conoscenze, le informazioni riportate nella dichiarazione sono vere e che
i valori dichiarati, prodotti in base ai migliori dati disponibili, sono accurati.
Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Firma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2
PARTE I – IDENTIFICAZIONE DEL COMPLESSO IPPC DICHIARANTE
2.2.1 Scheda 1 – Dati identificativi del complesso IPPC dichiarante
1.1 Denominazione della società madre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Denominazione del complesso produttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Indirizzo:
1.3.1 via/piazza/località . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.2 numero civico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.3 CAP. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.4 comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.5 provincia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Coordinate geografiche
1.4.1 Latitudine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.2 Longitudine (con riferimento a Greenwich) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Attività economica principale (NACE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6 Partita IVA e/o codice fiscale del complesso produttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 Numero di impianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.8 Numero di addetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.9 Numero di ore esercizio annue riferito all’attività economica principale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.10 Autorità competente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
Inserire il nome della società madre
Inserire il nome del complesso produttivo IPPC
Denominazione della società madre e del complesso produttivo possono coincidere, se la
società madre ha un solo complesso produttivo
Inserire l’indirizzo
Inserire le coordinate geografiche. Misurare le
coordinate al centro geografico del sito sede del
complesso dichiarante. Esprimere le coordinate in
latitudine e longitudine, in gradi e minuti, fino ad
una precisione dell’ordine del km.
Indicare il codice NACE (4 cifre) corrispondente
alla principale attività economica svolta nel complesso dichiarante. Identificare l’attività economica
principale con il codice NACE utilizzato dal
Servizio Statistico Nazionale. Per l’individuazione
del codice NACE consultare la tab. 1.6.1.
Indicare la partita IVA e/o il codice fiscale del com-
1.7
1.8
1.9
1.10
1.11
plesso dichiarante.
Indicare il numero di impianti presenti nel complesso.
Indicare il numero di addetti che lavorano nel
complesso.
Indicare il numero di ore lavorative riferite alla principale attività economica comprensive di tutti i
periodi di funzionamento.
Per i complessi di competenza nazionale l’autorità
competente è la medesima autorità statale competente al rilascio del provvedimento di Valutazione dell’impatto ambientale; per gli altri complessi
IPPC è l’autorità individuata dalla Regione per il
rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
Indicare l’anno a cui si riferiscono i dati di emissione della dichiarazione.
(omissis)
107
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DELIBERAZIONE DEL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE
DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI
12 dicembre 2001
Criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, nella categoria 9: bonifica dei siti
(G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002)
IL COMITATO NAZIONALE
DELL'ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI
Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22, ed in particolare l'art. 30, comma 4, che
stabilisce l'obbligo di iscrizione all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione
dei rifiuti, in prosieguo denominato Albo, nonche' per le imprese che intendono effettuare
attività di bonifica dei siti inquinati;
Visto il decreto 28 aprile 1998, n. 406 del
Ministro dell'ambiente di concerto con i
Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione,
e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, recante il regolamento di
organizzazione e funzionamento dell'Albo,
ed in particolare l'art. 6, comma 1, lettera b),
che attribuisce alla competenza del Comitato
nazionale dell'Albo la determinazione dei criteri di iscrizione nelle diverse categorie e
classi;
Considerato che l'iscrizione all'Albo è subordinata al possesso dei requisiti di idoneità
tecnica e di capacità finanziaria di cui all'art.
11 del decreto 28 aprile 1998, n. 406;
Ritenuto di dover fissare i requisiti minimi per
l'iscrizione all'Albo nella categoria 9 riguardante le imprese che intendono effettuare attivitaà
di bonifica dei siti;
108
re necessarie per l'esecuzione degli interventi di bonifica dei siti secondo i criteri di
cui all'allegato A;
b) dimostrare di aver eseguito interventi di
bonifica dei siti secondo i criteri di cui
all'allegato B;
c) disporre della dotazione minima di personale individuata nell'allegato C;
d) soddisfare il requisito di capacità finanziaria con gli importi di cui all'allegato D.
2. Il possesso della capacità finanziaria di
cui al comma 1, lettera d), è dimostrato con le
modalità di cui all'art. 11, comma 2, del
decreto 28 aprile 1998, n. 406, ovvero
mediante la presentazione di un'attestazione
di affidamento bancario rilasciata da istituti di
credito o da società finanziarie con capitale
sociale non inferiore a lire cinque miliardi,
secondo lo schema allegato sotto la lettera E,
o da una dichiarazione concernente la cifra di
affari, globale e distinta per lavori, dell'impresa, per gli ultimi cinque esercizi.
Art. 2
Responsabile tecnico
DELIBERA:
1. I requisiti professionali del responsabile
tecnico delle imprese che intendono iscriversi
all'Albo nella categoria 9 sono individuati nell'allegato F.
Art. 1
Requisiti per l'iscrizione
Art. 3
Disposizioni finali e transitorie
1. Le imprese che intendono iscriversi
all'Albo nella categoria 9 devono:
a) dimostrare la disponibilità delle attrezzatu-
1. L'efficacia della presente deliberazione
decorre, ai sensi dell'art. 30, comma 8, del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 12/12/2001
dalla data di entrata in vigore del decreto che
fisserà modalità e importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore
dello Stato, come previsto dall'art. 30, comma
6 del medesimo decreto legislativo.
Allegati
(omissis)
109
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
20 dicembre 2001
DECRETO MINISTERIALE
Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di
previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi
(G.U. n. 48 del 26 febbraio 2002)
IL MINISTRO DELL'INTERNO
Visto l'art. 3 della legge 21 novembre 2000,
n. 353, recante "Legge quadro in materia di
incendi boschivi";
Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n.
343, convertito, con modificazioni, dalla legge
9 novembre 2001, n. 401, recante "Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento
operativo delle strutture preposte alle attività
di protezione civile e per migliorare le strutture
logistiche nel settore della difesa civile" che,
all'art. 3, apportando modificazioni alla predetta legge n. 353/2000, ha disposto che tutti
i riferimenti al Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile si intendono
effettuati al Ministro dell'interno delegato dal
Presidente del Consiglio dei Ministri ed ha
contestualmente soppresso l'Agenzia di protezione civile;
Considerato che il Consiglio dei Ministri si è
pronunciato, in via preliminare, in data 16
luglio 2001;
Visto il parere favorevole espresso dalla
Conferenza unificata, nella seduta del 19 luglio
2001, repertorio atti 484/CU del 19 luglio
2001;
Preso atto che la Conferenza unificata ha
anche proposto l'istituzione di un gruppo di
lavoro, cui affidare il compito di approfondire il
tema dei requisiti minimi psico-attitudinali ed i
dispositivi di protezione individuale relativi agli
operatori, ivi compresi gli appartenenti alle
organizzazioni di volontariato, da adibire allo
spegnimento degli incendi boschivi e che il relativo provvedimento è attualmente in corso di
elaborazione;
Vista la delibera del Consiglio dei Ministri in
data 23 luglio 2001;
110
Ritenuto necessario emanare le linee guida
di cui alla predetta legge n. 353/2000, adeguando il testo alle modificazioni introdotte
con il decreto-legge n. 343/2001 convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 401/2001,
relativamente alla soppressione dell'Agenzia
di protezione civile;
Emana le seguenti linee guida di cui all'art. 3
della legge 21 novembre 2000, n. 353, relative ai piani regionali per la programmazione
delle attività di previsione, prevenzione e lotta
attiva contro gli incendi boschivi.
1.Premessa
La nuova legge-quadro in materia di incendi
boschivi (legge n. 353/2000) nasce dalla diffusa convinzione che l'approccio più adeguato
per perseguire la conservazione del patrimonio boschivo (bene insostituibile per la qualità
dalla vita) sia quello di promuovere e incentivare le attività di previsione e di prevenzione,
anziché privilegiare la fase emergenziale legata allo spegnimento degli incendi.
Le innovazioni introdotte dalla legge n.
353/2000 hanno lo scopo di indirizzare verso
una costante e radicale riduzione delle cause
d'innesco d'incendio, utilizzando sia i sistemi
di previsione per localizzare e studiare le caratteristiche del pericolo sia iniziative di prevenzione per realizzare un'organica gestione
degli interventi e delle azioni mirate a mitigare
le conseguenze degli incendi.
L'informazione alla popolazione sull'importanza di mantenere il bosco e le sue funzioni,
l'addestramento e la formazione del personale addetto, così come gli eventuali incentivi
elargiti in termini proporzionali alla riduzione
delle superfici bruciate rispetto agli anni precedenti concorreranno a rendere più efficaci le
azioni di salvaguardia.
Il modello organizzativo che si delinea - an-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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che tecnologicamente avanzato in virtù dell'utilizzo di tecniche di rilevamento da piattaforma
satellitare, di applicazioni GIS e di software per
la simulazione del comportamento del fuoco deve prevedere altresì un'azione di coordinamento tra le varie realtà interessate (amministrazioni centrali, regioni, province, comuni, comunità montane, volontariato) affinché
l'azione di contrasto agli incendi risponda ai
principi dell'efficienza, dell'efficacia e dell'economicità. Le sinergie da attivare tra il centro di
comando e controllo regionale e quello locale
devono risultare chiare e codificate.
Le regioni promuovono, nelle forme ritenute
più opportune (Conferenza dei servizi, ecc.),
apposite riunioni di coordinamento con gli enti
locali allo scopo di informare e di discutere
sulle problematiche locali nonché di definire gli
interventi di pianificazione indicando gli obiettivi prioritari da difendere.
La programmazione e la pianificazione delle
attività, in questo nuovo contesto normativo,
devono perseguire l'obiettivo della riduzione
delle superfici boscate percorse dal fuoco:
ciò, tra l'altro, comporta la possibilità di acquisire quote di incentivi messe a disposizione
dallo Stato proprio allo scopo di promuovere il
processo di riorganizzazione incentrato sullo
spostamento delle risorse economiche e
umane dalle attività di emergenza verso quelle di prevenzione e di controllo del territorio.
Un'accurata e costante attività di manutenzione dei boschi, delle scarpate stradali e ferroviarie, da effettuare nei periodi a basso pericolo utilizzando eventualmente anche le risorse lavorative degli enti locali e le organizzazioni di volontariato, garantirebbero sia la riduzione delle cause d'innesco d'incendio sia il contenimento dei danni prodotti dagli incendi. Le
medesime unità, invece, nei periodi a maggior
pericolo potrebbero essere impiegate nelle
attività di controllo e vigilanza del territorio organizzando squadre con compiti di pattugliamento, avvistamento anche con mezzi aerei
leggeri, allarme e primo intervento che assicurerebbero quell'azione tempestiva (nella prima
mezz'ora) sul fuoco indispensabile a contenere la propagazione delle fiamme.
I risultati dell'applicazione di questo modello
organizzativo dipendono anche dal livello culturale ed economico del locale contesto
sociale che opportunamente informato e formato potrà creare le condizioni necessarie per
rispettare le limitazioni e i divieti posti nell'uso
del territorio.
Le linee guida per la predisposizione dei
piani sono elaborate per suggerire un'architettura generale del "Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi
boschivi" che le singole regioni dovranno redigere adattandola alle proprie specifiche strutturazioni operative e realtà territoriali, affinché
le finalità della normativa in questione possano essere raggiunte in tempi brevi con il massimo dei risultati.
Per "regioni" si intendono quelle a statuto
ordinario e speciale nonché le province autonome; inoltre, per Corpo forestale dello Stato
si deve intendere, per le regioni e province
autonome, i rispettivi Corpi forestali.
Le regioni a statuto autonomo e le province
autonome potranno utilizzare i più ampi margini operativi, organizzativi e di programmazione consentiti dagli statuti di autonomia.
Le presenti linee guida esprimono altresì
indirizzi e suggerimenti per la redazione e l'attuazione (per quanto attiene al rischio incendi
boschivi) dei programmi regionali e provinciali
di previsione e prevenzione nonché dei piani
provinciali e comunali e/o intercomunali di
protezione civile e di emergenza.
Le regioni sottopongono a revisione annuale il piano per aggiornare le parti suscettibili di
modifiche e/o integrazioni.
Le linee guida potranno essere modificate o
aggiornate, sentita la Conferenza unificata,
alla luce dei risultati concreti conseguiti nell'applicazione della legge n. 353/2000.
2.Schema del piano regionale per la programmazione delle attività di previsione,
prevenzione e lotta attiva contro gli
incendi boschivi.
Si riporta di seguito lo schema del "Piano
regionale per la programmazione delle attività
di previsione, prevenzione e lotta attiva contro
gli incendi boschivi". Le regioni hanno la facoltà di organizzare, nel modo che ritengono
più confacente alle proprie esigenze, i singoli
punti dell'articolazione mantenendone i contenuti o, se lo ritengono opportuno, ampliandoli
e/o dettagliandoli maggiormente.
I. Parte generale:
1.Descrizione del territorio;
2.Banche dati;
3.Cartografia di base;
4.Supporti informatici;
5.Analisi storica dei dati AIB;
111
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6.Obiettivi prioritari da difendere;
7.Modello organizzativo.
II. Previsione:
8. Le cause determinanti e i fattori predisponenti l'incendio;
9. Le aree percorse dal fuoco nell'anno
precedente, rappresentate a mezzo di
apposita cartografia tematica;
10. Le aree a rischio di incendio boschivo
rappresentate con apposita cartografia
tematica aggiornata, con l'indicazione
delle tipologie di vegetazione prevalenti;
11. I periodi a rischio di incendio boschivo,
con l'indicazione delle prevalenti caratteristiche anemologiche stagionali;
12. Gli indici di pericolosità fissati su base
quantitativa e sinottica;
13. Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche
attraverso sistemi di monitoraggio satellitare.
III.Prevenzione:
14. Contrasto alle azioni determinanti anche
solo potenzialmente l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di
incendio boschivo di cui alle lettere c) e
d) dell'art. 3, comma 3, della legge n.
353/2000;
15. La consistenza e la localizzazione delle
vie di accesso e dei tracciati spartifuoco
nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico;
16. Le operazioni silvicolturali di pulizia e
manutenzione del bosco, con facoltà di
previsione di interventi sostitutivi del
proprietario inadempiente in particolare
nelle aree a più elevato rischio;
17. Le esigenze formative e la relativa programmazione;
18. Le attività informative.
IV. Lotta attiva:
19. La consistenza e la localizzazione dei
mezzi, degli strumenti e delle risorse
umane nonché le procedure per la lotta
attiva contro gli incendi boschivi;
20. Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento;
21. Sale operative unificate permanenti
(SOUP);
22. Intervento sostitutivo dello Stato nei
confronti delle regioni inadempienti;
V. Sezione aree naturali protette regionale.
112
VI.Sezione parchi naturali e riserve naturali
dello Stato.
VII. Previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano stesso.
3.Contenuti dello schema di Piano regionale per la programmazione delle attività
di previsione, prevenzione e lotta attiva
contro gli incendi boschivi.
I. Parte generale:
1. Descrizione del territorio: la descrizione
dell'ambito territoriale regionale con la
specificazione delle zone boscate, arborate, cespugliate, ecc., concorre a fornire gli elementi indispensabili per definire gli obiettivi prioritari da difendere.
2. Banche dati: le regioni sono tenute a
costituire e ad aggiornare con cadenza
annuale una base dati relativa a:
gli incendi boschivi degli ultimi 5 anni
(fonti: schede AIB-FN del CFS; comuni,
comunità montane ed enti gestori delle
aree protette, VVF); per quanto attiene la
procedura per l'archiviazione dei fogli
notizia incendi deve essere utilizzata
quella del Ministero delle politiche agricole e forestali denominata AIBFNWIN. Il
rilascio delle licenze e degli aggiornamenti software alle regioni avverrà a titolo gratuito a cura di detto Ministero. Le
regioni sono tenute a trasmettere i propri
file di dati AIB-FN al Ministero delle politiche agricole e forestali, al Ministero dell'interno e al Dipartimento della protezione civile. Le regioni che abbiano già una
propria procedura di archiviazione ed
elaborazione dei fogli notizie incendi boschivi potranno mantenere i propri standard fornendo comunque al Ministero
delle politiche agricole e forestali, al Ministero dell'interno e al Dipartimento della protezione civile dati compatibili con le
finalità previste;
le reti di monitoraggio, avvistamento, telecomunicazione;
gli interventi infrastrutturali e selvicolturali già effettuati;
mezzi e materiali disponibili presso tutti i
soggetti impegnati;
le informazioni relative alle squadre di
personale addetto alle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva dislocate sul territorio (centro operativo e ambito territoriale di pertinenza;
individuazione responsabile; nominativi,
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3.
4.
5.
6.
numeri telefonici, turnazione, grado di
addestramento, dotazione individuale e
settori di impiego degli addetti; mezzi a
disposizione delle squadre, ecc.);
le procedure per la lotta attiva contro gli
incendi boschivi.
L'eventuale utilizzo di sistemi GIS per la
gestione delle informazioni richiede, ovviamente, che dette banche dati siano
opportunamente e adeguatamente
georeferenziate.
Cartografia di base. Dovrà essere predisposta una serie di carte tematiche, di
adeguata scala che evidenzino almeno:
a)i limiti amministrativi con l'individuazione dei centri operativi, la dislocazione
delle squadre (e relativi ambiti di pertinenza) e mappa degli obiettivi da difendere con l'indicazione delle priorità;
b)aree percorse dal fuoco;
c)vegetazione;
d)uso del suolo;
e)viabilità e punti di approvvigionamento
idrici.
La scala dei vari elaborati sarà opportunamente scelta in base alle esigenze
riscontrate da ogni regione e al livello di
precisione dei dati; trattandosi comunque di un livello geografico alquanto vasto, potrebbe essere opportuno anche
un livello comunale o subcomunale per
aree omogenee; laddove ce ne fosse la
possibilità, sarebbe utile comunque
scegliere scale di livello più dettagliato;
in ogni caso è preferibile non scendere,
per gli elaborati derivati, al di sotto della
scala 1:50.000.
Supporti informatici. È opportuno che
vengano descritti i sistemi informativi e
le strutture informatiche per la gestione
delle banche dati e della cartografia.
Analisi statistica dei dati AIB. La descrizione e l'analisi dei dati relativi all'evoluzione del fenomeno degli incendi boschivi, in ordine all'andamento delle variabili che lo caratterizzano, è funzionale
alla verifica di quanto attuato negli anni
precedenti e alla definizione di strategie
organizzative e operative finalizzate al
conseguimento di migliori risultati.
Obiettivi prioritari da difendere. L'individuazione degli obiettivi prioritari da
difendere rappresenta una nuova strategia di lotta contro gli incendi boschivi
finalizzata alla riduzione dei danni eco-
nomici e alla mitigazione delle conseguenze sul patrimonio ambientale e
socio-culturale nonché alla conservazione del bene inteso come elemento indispensabile della qualità della vita.
La definizione degli obiettivi consente di
fissare una scala di priorità di supporto
all'attività decisionale nella fase dell'attivazione dell'intervento di difesa e di
contrasto agli incendi.
Per la determinazione degli obiettivi
prioritari sono da considerare quali elementi di valutazione:
a)presenza antropica (strutture abitative, industriali, commerciali, turistiche);
b)pregio vegetazionale e ambientale:
aree naturali protette;
c)aree boscate e/o non boscate limitrofe alle aree di cui ai punti a) e b);
d)rimboschimenti di giovane età e/o
boschi di conifere;
e)difficile accessibilità da terra verso le
aree di cui ai punti precedenti.
Le regioni inviano al COAU del Dipartimento della protezione civile l'elenco
degli obiettivi prioritari da difendere. Il
COAU ne tiene conto per stabilire la
priorità dell'invio dei mezzi aerei AIB.
7. Modello organizzativo. Nel piano dovrà
essere sinteticamente descritto il modello organizzativo con le indicazioni
delle strutture e delle forze utilizzate,
nonché gli eventuali accordi che la
regione promuove con le amministrazioni pubbliche e private ai fini dell'attuazione delle varie fasi del piano.
II. Previsione:
8. Le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio.
Per fattori predisponenti si intende l'insieme degli aspetti che favoriscono l'innesco di un incendio e la propagazione
del fuoco:
condizioni climatiche (alte temperature,
siccità, ventosità, bassa umidità relativa,
ecc.), geomorfologia (pendenze, esposizione all'irraggiamento solare, ecc.),
caratteristiche vegetazionali e selvicolturali (presenza di specie più o meno
infiammabili e/o combustibili, contenuto
d'acqua, stato di manutenzione del bosco, ecc.).
Per cause determinanti si intendono gli
aspetti che in una situazione definita da
fattori predisponenti possono dar luogo
113
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all'immediato sviluppo e alla propagazione del fuoco.
Le cause determinanti dovranno essere
distinte in conformità al regolamento
CEE n. 804/94 relativo all'attuazione di
un sistema comunitario di informazione
sugli incendi di foresta denominato "Base comune minima d'informazioni sugli
incendi di foresta" che classifica l'origine
presunta di ciascun incendio secondo le
quattro categorie di seguito riportate:
incendio di origine ignota;
incendio di origine naturale;
incendio di origine colposa;
incendio di origine dolosa.
9. Le aree percorse dal fuoco nell'anno
precedente, rappresentate con apposita cartografia.
Il piano contiene la cartografia delle aree
percorse dal fuoco nell'anno precedente, aggiornata annualmente (utilizzando,
ove disponibili, i rilievi realizzati dai comuni per l'apposizione del regime vincolistico previsto per le aree percorse
dal fuoco dall'art. 10 della legge n.
353/2000), preferibilmente riportata e
archiviata in formato digitale.
Le procedure tecniche per la definizione
delle aree potranno essere modificate
alla luce dei risultati della sperimentazione di tecniche satellitari prevista dall'art.
12, comma 5, della legge n. 353/2000,
alla quale le regioni sono chiamate a
concorrere per la validazione dei dati.
La relazione delle aree percorse dal
fuoco con il data-base territoriale può
utilizzare il Sistema informativo della
montagna (SIM) del Corpo forestale
dello Stato (CFS), già attivo come sportello unico per l'utenza della montagna
presso tutte le regioni, le sedi periferiche
dello stesso Corpo, le comunità montane, gli enti parco e alcuni comuni.
Il SIM - fornito a titolo gratuito dal CFS - registrerebbe così i territori interessati
dall'apposizione del regime vincolistico
e consentirebbe un facile riscontro al
momento della richiesta da parte del
proprietario di rilascio di eventuali nullaosta.
10. Le aree a rischio di incendio boschivo
rappresentate con apposita cartografia
tematica aggiornata, con l'indicazione
delle tipologie di vegetazione prevalenti.
La valutazione del grado di rischio attri-
buibile alle diverse formazioni forestali,
vale a dire la loro propensione a essere
percorse più o meno facilmente dal fuoco, deve tenere conto delle caratteristiche peculiari della vegetazione, di quelle geomorfologiche e meteoclimatiche
nonché del fattore antropico nelle accezioni del comportamento umano, del
grado di urbanizzazione, della viabilità e
del livello socio-economico della zona.
Pertanto, la caratterizzazione del territorio dal punto di vista del rischio di incendio boschivo sarà data dalla sovrapposizione, opportunamente ponderata,
delle informazioni relative: all'estensione
delle aree boscate, alla tipologia vegetazionale, alle condizioni d'uso e allo stato
di conservazione del bosco, alla presenza di zone di particolare interesse naturalistico, paesaggistico e ambientale,
alla frequenza d'innesco d'incendio e
all'estensione delle aree percorse dal
fuoco, alle aree agricole, alla densità
della popolazione, ai flussi turistici, alla
rete viaria, ai centri abitati, alle aree
oggetto di contenzioso tra pubblico e
privato, alle caratteristiche orografiche,
all'esposizione e alle pendenze dei versanti, alle caratteristiche climatiche e
meteorologiche. I dati potranno anche
essere rilevati integrando le diverse
metodologie esistenti (telerilevamento
aereo/satellitare o rilievi a terra), che
permettono di indagare superfici di
dimensioni diverse con diverso grado di
risoluzione spaziale. Ove possibile,
sarebbe opportuno effettuare tale analisi - previa elaborazione di un'adeguata
cartografia tematica - a mezzo di supporto GIS.
11. I periodi a rischio di incendio boschivo,
con l'indicazione delle prevalenti caratteristiche anemologiche stagionali.
Le risultanze dei sistemi di previsione
messi in atto dalla regione forniscono gli
elementi essenziali per individuare i periodi a rischio di incendi boschivi e i relativi divieti sulla base anche dei dati meteorologici e dell'aridità (o umidità) del
suolo.
12. Gli indici di pericolosità fissati su base
quantitativa e sinottica.
Il piano contiene la descrizione degli
indici di pericolosità giornaliera di incendio boschivo, adottati dalla regione in
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funzione delle specifiche caratteristiche
territoriali e meteoclimatiche.
Detti indici esprimono numericamente la
probabilità che una determinata formazione forestale possa essere interessata
da un incendio in relazione ai fattori predisponenti precedentemente definiti:
caratteristiche strutturali e fisiche (stato
di manutenzione, infiammabilità e combustibilità, contenuto d'acqua, ecc.),
condizioni meteorologiche (venti, temperature, umidità relativa, piogge) e
aspetti geomorfologici della zona stessa
(pendenze, esposizione, ecc.).
In particolare, qualora le regioni non dispongano già di metodologie di valutazione dell'indice giornaliero di pericolosità di incendio, dovranno essere preferibilmente adottati metodi meteorologici,
cumulativi di inizio e diffusione, basati
comunque su criteri fissati dalla Commissione europea per la previsione del
pericolo di incendio (sistema EUDIC).
Gli indici potranno essere rappresentati
utilizzando appositi supporti cartacei
e/o GIS o, anche, direttamente i servizi
territotiali del sistema informativo della
montagna (SIM) del CFS, visualizzando
mediante scale di colori i vari tematismi
che consentono di avere una visione
sinottica della pericolosità.
L'indice di pericolosità definito giornalmente da parte della regione sarà oggetto di apposita, tempestiva comunicazione (che metta debitamente in rilievo gli aspetti meteorologici avversi, e in
particolare i forti venti) da parte della
regione medesima alle proprie strutture
operative AIB e agli enti locali secondo
protocolli prestabiliti.
13. Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche
attraverso sistemi di monitoraggio satellitare.
Le informazioni necessarie alla creazione e alla gestione di banche dati, alla
redazione della cartografia tematica,
all'utilizzo di simulatori di eventi e di modelli di propagazione del fuoco possono
essere acquisite tramite rilevamento da
piattaforma satellitare o da mezzo aereo
o con rilievi diretti da terra; dette metodologie possono essere altresì impiegate per attività di sorveglianza e controllo
del territorio.
III. Prevenzione.
14. Contrasto alle azioni determinanti anche
solo potenzialmente l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di
incendio boschivo di cui alle lettere c) e
d) dell'art. 3, comma 3, della legge n.
353/2000.
Le regioni, in base alle loro specifiche
situazioni, definiscono le azioni che possono determinare lo sviluppo degli incendi boschivi e da assoggettare a divieti. In ogni caso, oltre a definire la tipologia delle azioni, deve essere indicata
anche la loro applicazione sia in termini
temporali che territoriali.
15. La consistenza e la localizzazione delle
vie di accesso e dei tracciati spartifuoco
nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico.
Gli interventi strutturali e infrastrutturali
per la previsione, la prevenzione e la
lotta attiva contro gli incendi boschivi
(viali tagliafuoco, piste e sentieri antincendio, punti di approvvigionamento
idrico, sistemi di avvistamento, basi per
i mezzi terrestri e aerei, ecc.) dovranno
essere programmati dalla regione in
base alla priorità degli obiettivi da difendere e a criteri di ottimizzazione operativa e gestionale delle attività.
La regione fissa le tipologie e gli standards relativi alla realizzazione degli interventi in base alle proprie caratteristiche ambientali e territoriali nonché le
modalità per l'affrancazione dei terreni
individuati per la realizzazione di interventi strutturali e infrastrutturali preventivi ove detti terreni fossero soggetti a uso
civico ai sensi della legge 16 giugno
1927, n. 1766.
16. Le operazioni silvicolturali di pulizia e
manutenzione del bosco, con facoltà di
previsione di interventi sostitutivi del
proprietario inadempiente in particolare
nelle aree a più elevato rischio.
Il piano contiene la programmazione di
interventi di gestione, manutenzione e
pulizia del bosco, nelle aree a elevato
rischio di incendio, volti:
alla riduzione della biomassa particolarmente combustibile e alla rimozione
della necromassa;
all'ottenimento di soprassuoli forestali
misti e ben strutturati;
dove possibile, alla conversione dei
115
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cedui in fustaia;
alla rigenerazione delle ceppaie e alla
protezione della rinnovazione naturale;
al diradamento e allo sfoltimento dei
vecchi rimboschimenti di conifere eccessivamente densi;
al decespugliamento, allo sfalcio, alla
ripulitura e al diserbo (da parte degli enti
competenti, nel rispetto del codice della
strada e delle altre norme vigenti) delle
scarpate e dei margini stradali, autostradali e ferroviari adiacenti formazioni
boschive.
Gli interventi di rimboschimento e quelli
di ingegneria naturalistica (con particolare attenzione a quelli necessari per il
ripristino dell'assetto idrogeologico dei
versanti e per la valorizzazione ambientale dei siti) vanno fatti, nel rispetto di
quanto disposto dall'art. 10 della legge
n. 353/2000 in ordine ai soprassuoli
percorsi dal fuoco, in modo da regolare
la distribuzione spaziale dei diversi tipi di
combustibili vegetali creando alternanza
di zone a combustibilità diversa e soluzioni di continuità sia in senso orizzontale che verticale.
Le regioni, ai sensi del comma 3, art. 4,
della legge n. 353/2000, possono concedere contributi a privati proprietari di
aree boscate, per operazioni di pulizia e
di manutenzione selvicolturale prioritariamente finalizzate alla prevenzione
degli incendi boschivi.
È opportuno che gli enti locali promuovano, in anticipo rispetto alla stagione a
rischio, interventi nel settore della prevenzione (per esempio, iniziative per la
gestione e manutenzione dei boschi),
prevedendo, laddove possibile, incentivi
economici connessi ai migliori risultati
conseguiti in termini di riduzione delle
aree percorse dal fuoco rispetto agli
anni precedenti.
17. Le esigenze formative e la relativa programmazione.
Il piano prevede la realizzazione da parte
delle regioni, anche in forma associata,
delle attività formative e addestrative
destinate a tutti i soggetti utilizzabili per
l'attuazione delle attività di previsione e
prevenzione (compreso l'utilizzo di
software e di strumenti informatici quali
l'EUDIC e il SIM o qualsivoglia supporto
GIS).
Il personale da impegnare nelle attività di
spegnimento sarà sottoposto all'accertamento dell'idoneità fisica e a uno specifico addestramento nel rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Per l'addestramento le regioni potranno
avvalersi della facoltà di cui all'art. 5,
comma 3, della legge n. 353/2000.
18. Le attività informative.
Le regioni dovranno descrivere le modalità con le quali intendono divulgare le
notizie relative alla propria organizzazione e attività AIB. I soggetti competenti in
materia di incendi boschivi, ognuno al
proprio livello, utilizzano tutti i mezzi di
comunicazione disponibili per effettuare
campagne di sensibilizzazione e di educazione sul problema degli incendi boschivi e della salvaguardia dei boschi
nonché per portare a conoscenza dei
cittadini i divieti, le limitazioni da osservare, le norme comportamentali da tenere
nei boschi e le misure di autoprotezione
da assumere in caso di incendio.
Particolare attenzione deve essere rivolta alla informazione nelle scuole di ogni
ordine e grado, organizzando, di concerto con le autorità competenti, incontri tra studenti e operatori del settore.
Il messaggio informativo, opportunamente veicolato dai media, risulta indispensabile per divulgare le notizie riguardo a:
i periodi di massima pericolosità e le
prescrizioni previste per la limitazione
delle cause d'innesco d'incendio;
i vincoli e i divieti (con le relative sanzioni);
i danni e le conseguenze diretti ed indiretti causati dal fenomeno degli incendi
boschivi;
la conoscenza di norme comportamentali e di autoprotezione da tenersi in
caso di incendio boschivo;
i numeri telefonici ai quali i cittadini possono comunicare situazioni a rischio o
incendi avvistati.
Detto messaggio, in particolare, è rivolto agli operatori delle attività silvopastorali e turistiche, alle associazioni di categoria, ai proprietari dei terreni, agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado
e alle organizzazioni di volontariato.
IV. Lotta attiva
19. La consistenza e la localizzazione dei
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mezzi, degli strumenti e delle risorse
umane nonché le procedure per la lotta
attiva contro gli incendi boschivi.
Il piano contiene la descrizione della
struttura operativa AIB e le procedure
per la lotta attiva, con particolare riferimento all'organizzazione e alla localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle
risorse umane per lo svolgimento delle
attività di lotta attiva, appartenenti e attivate dalla regione e dagli enti locali.
Al fine di un migliore coordinamento
degli interventi, le regioni promuovono
intese tra i corpi operativi nazionali e la
propria organizzazione, considerando
anche la possibilità che a tali strutture
possa essere assegnata un'area di azione sulla quale sono chiamate prioritariamente a intervenire.
20. Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento.
Dall'efficienza con la quale è gestita la
rete di ricognizione-sorveglianza-avvistamento-allarme, fissa e mobile, terrestre ed aerea, dipende la rapidità e l'efficacia dell'intervento di spegnimento.
Ricognizione.
Sarà effettuata con particolare riferimento agli obiettivi prioritari da difendere nei
periodi di maggior pericolo, con mezzi
aerei leggeri e/o tramite squadre a terra
adeguatamente attrezzate.
Sorveglianza.
Nelle aree di particolare pregio o a rischio particolarmente elevato, sarà predisposta attività di sorveglianza in modo
intensivo e continuativo, con l'utilizzo di
squadre addette al controllo del territorio e/o con sistemi fissi di monitoraggio
e/o con una rete di osservazione da vedetta uniformemente distribuita sul territorio in questione.
Avvistamento.
Sarà effettuato da terra (a mezzo di
squadre mobili sul territorio e/o di vedette fisse), da mezzo aereo, anche con
sistemi di avvistamento automatici fissi
(sensori all'infrarosso, telecamere, ecc.).
Allarme.
La segnalazione dell'allarme perviene ai
centri di ascolto dedicati sia dagli addetti ai servizi di ricognizione-sorveglianzaavvistamento e sia da altri soggetti pubblici e privati tramite l'utilizzo di reti di
telecomunicazione (riservate per gli
operatori) o a mezzo di linee telefoniche
i cui riferimenti dovranno essere opportunamente pubblicizzati.
Spegnimento.
Il piano prevede la dislocazione sul territorio di squadre di intervento per lo spegnimento a terra formate da un numero
congruo di addetti specializzati. Sono
individuati su apposita mappa (preferibilmente su supporto GIS) gli obiettivi prioritari da difendere e l'ambito territoriale di
pertinenza di ciascuna squadra includendo anche, previa specifica intesa, le
strutture operative dei CNVVF e CFS.
Per ogni ambito territoriale viene altresì
individuata la figura del coordinatore
delle operazioni.
Di norma le squadre operano nell'ambito del territorio di competenza, ma è
possibile anche l'impiego in altra zona
del territorio regionale qualora particolari emergenze lo esigano, ferma restando
l'attribuzione del coordinamento delle
operazioni.
Le squadre sono impiegate con modalità di piena disponibilità nei periodi di
massima pericolosità; con il criterio della
reperibilità, nei periodi di allertamento e
nelle ore fuori servizio.
Ogni squadra sarà di norma dotata di:
mezzo fuoristrada per attività di sorveglianza e di primo intervento;
apparecchi radio fissi, veicolari e portatili per la connessione via etere, su frequenze prestabilite riportate all'interno
del piano, compresi apparati per il collegamento radio TBT per guidare gli interventi aerei;
GPS;
attrezzature per l'avvistamento;
accorgimenti per il riconoscimento delle
squadre;
attrezzature di autoprotezione previste
dalle vigenti normative in materia di
sicurezza sul lavoro.
Le indicazioni relative alla localizzazione
di detti mezzi e attrezzature vanno riportate sullo stesso tematismo che individua le aree e la localizzazione delle
squadre d'intervento.
Le squadre a terra, sempre in diretto
contatto radio o telefonico con le centrali operative, possono essere impiegate anche, ovviamente, nelle fasi di ricognizione-avvistamento-sorveglianza, in
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modo da ridurre il più possibile i tempi di
intervento sul fuoco. Al di fuori dei periodi a rischio, il personale delle squadre
può essere impiegato in attività di prevenzione del rischio incendi boschivi.
21. Sale operative unificate permanenti
(SOUP).
La Sala operativa unificata permanente
(SOUP) dovrà assicurare il collegamento e il coordinamento fra il livello regionale e quello locale; dovrà gestire l'intervento dei mezzi aerei regionali, ove esistenti nonché le fasi relative alla richiesta
di concorso aereo dei mezzi aerei dello
Stato per lo spegnimento degli incendi
boschivi. Detta richiesta, opportunamente motivata, deve essere inoltrata
secondo le procedure stabilite dal
Dipartimento.
La SOUP, nei periodi a maggior rischio
di incendio boschivo, dovrà assicurare
un funzionamento di tipo continuativo e
un collegamento permanente con le
strutture operative interessate agli interventi (CFS, CNVVF, volontariato).
La SOUP contribuisce ad assolvere un
insieme di esigenze proprie delle attività
di protezione civile ed è pertanto auspicabile che, a regime, essa rappresenti il
centro operativo regionale per il concorso alla gestione delle emergenze relative
ai diversi rischi che insistono sul territorio regionale nonché l'organo di collegamento tra le componenti territoriali
deputate a svolgere compiti di protezione civile.
22. Intervento sostitutivo dello Stato nei
confronti delle regioni inadempienti.
Il comma 4 dell'art. 3 della legge n.
353/2000 prevede che in caso di inadempienza delle regioni, il Ministro dell'interno, avvalendosi del Dipartimento,
del CNVVF e del CFS, sentita la Conferenza unificata, predisponga anche a
livello interprovinciale le attività di emergenza per lo spegnimento degli incendi
boschivi, tenendo conto delle strutture
operative delle province, dei comuni e
delle comunità montane.
L'Ufficio territoriale di governo assicurerà il coordinamento (con operatività
h24) delle risorse umane e dei mezzi
disponibili sul territorio avvalendosi del
CFS e del CNVVF, previa specifica pianificazione d'emergenza predisposta,
per quanto possibile, secondo i criteri
generali e le linee di indirizzo riportate
nel presente documento.
V. Sezione aree naturali protette regionali.
Questa sezione segue la struttura del piano
organizzata secondo i contenuti riportati in
precedenza. Nel contempo, le particolari
caratteristiche di pregio vegetazionale, ambientale, paesaggistico e socio-culturale impongono adeguate misure rafforzative per la
previsione, la prevenzione e la lotta attiva
contro gli incendi.
Le attività di previsione e prevenzione sono
svolte dagli enti gestori (e solo in caso di inadempienza di questi, da province, comunità
montane e comuni secondo le attribuzioni
decise dalle regioni).
VI. Sezione parchi naturali e riserve naturali
dello Stato.
Questa sezione contiene il piano predisposto dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con
le regioni, per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato, ai sensi dell'art. 8, comma
2, della legge n. 353/2000.
VII. Previsione economico-finanziaria delle
attività previste nel piano.
La spesa relativa a tutte le attività previste
nel piano e la ripartizione di questa sui capitoli
di spesa regionali (relativi alle spese ordinarie,
le spese di breve periodo, gli investimenti di
medio e lungo periodo) è inserita in un'apposita sezione del piano stesso.
Il presente decreto sarà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
21 dicembre 2001
DECRETO MINISTERIALE
Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali protette
(G.U. n. 91 del 18 aprile 2002)
IL DIRETTORE GENERALE
DEL SERVIZIO INQUINAMENTO ATMOSFERICO E RISCHI INDUSTRIALI
Visti i decreti legislativi n. 29/1993 e n.
80/1998;
Vista la legge n. 468 del 5 agosto 1978 e
successive modificazioni, concernente la "Riforma di alcune norme di contabilità generale
dello Stato in materia di bilancio", così come
modificate con legge n. 94 del 3 aprile 1997;
Visto il decreto legislativo n. 279 del 7 agosto 1997, concernente "L'individuazione delle
unità previsionali di base del bilancio dello
Stato, riordino del sistema di Tesoreria unica e
ristrutturazione del rendiconto generale dello
Stato";
Vista la legge 8 luglio 1986 n. 349, relativa
all'istituzione del Ministero dell'ambiente ed il
relativo regolamento di organizzazione adottato con decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 19 giugno 1987;
Vista la delibera del C.I.P.E. del 18 novembre 1998, "Linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni di gas
serra" ed i successivi aggiornamenti dei programmi nazionali per l'attuazione degli obiettivi fissati nel protocollo di Kyoto;
Visto il decreto ministeriale del 29 dicembre
2000, concernente la "Ripartizione in capitoli
delle unità previsionali di base relative al
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2001";
Visto il decreto del Ministero dell'ambiente
del 3 maggio 2001, prot. n. GAB/DEC/089/2001
con il quale sono state direttore del Servizio
IAR risorse pari a lire 35.000 milioni per il
finanziamento di interventi di promozione di
fonti rinnovabili per produzione di energia;
Considerato il grande interesse manifestato
dai comuni insistenti in aree parco che hanno
partecipato al programma "Tetti fotovoltaici"
del Ministero dell'ambiente avviato con decreti 99/SIAR/2000 e 106/SIAR/2001;
Considerato che il Servizio IAR ha ritenuto
opportuno avviare un programma di diffusione
delle fonti energetiche rinnovabili, di interventi
di risparmio energetico e di mobilità sostenibile di concerto con il Servizio conservazione
natura e ne ha chiesto la partecipazione e il
cofinanziamento con nota del 18 dicembre
2001 prot. 4324/SIAR/2001;
Considerata la lettera del 19 dicembre
2001 prot. SCN/UD/2001/24220 con cui il
Servizio conservazione natura esprime interesse a cofinanziare il programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, di interventi di risparmio energetico e di mobilità
sostenibile presso i Parchi nazionali italiani
con un proprio cofinanziamento pari ad
1.000.000.000 di lire;
DECRETA:
Art. 1
Finalità
Il presente decreto è volto a finanziare un
programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili di interventi di risparmio energetico e di mobilità sostenibile nelle aree naturali protette italiane.
Art. 2
Modalità di attuazione
Le modalità di attuazione del programma
verranno disciplinate da successivo decreto.
119
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 21/12/2001
Art. 3
Risorse finanziarie
Con il presente decreto vengono impegnati
3872,54 milioni di lire (pari a 2 milioni di euro),
di cui lire 1936,27 milioni pari Euro 1 milione a
valere sulle risorse assegnate dal Ministro dell'ambiente con decreto del 3 maggio 2001,
prot. n. GAB/DEC/089/2001 sul capitolo
7082, U.P.B. 1.2.1.4. e lire 1936,27 milioni pari
Euro 1 milione a valere sulle risorse assegnate
dal Ministro dell'ambiente con decreto del 23
novembre 2001, prot. n. GAB/DEC/160/2001
sul capitolo 7082, U.P.B. 1.2.1.4.
Il presente provvedimento sarà trasmesso al
competente organo di controllo per gli adempimenti di rito.
ALLEGATO TECNICO
PROGRAMMA DI "DIFFUSIONE DI FONTI
RINNOVABILI E INTERVENTI DI MOBILITÀ SOSTENIBILE
NELLE AREE NATURALI PROTETTE ITALIANE"
Il Ministero dell'ambiente ha avviato nel corso del 2001
un programma destinato alla realizzazione di piani di diffusione di Fonti energetiche rinnovabili (F.E.R.), risparmio
energetico e mobilità sostenibile nelle isole minori italiane
sedi di aree naturali protette. Il programma ha visto una
larghissima partecipazione da parte delle amministrazioni
comunali isolane: oltre 20 isole minori stanno elaborando
programmi di diffusione delle tecnologie nel territorio.
Sulla scia di questa esperienza positiva il Servizio I.A.R.
ha proposto al Servizio conservazione natura del Ministero dell'ambiente l'avvio di un programma di diffusione
di fonti energetiche rinnovabili e interventi di mobilità
sostenibile rivolto alle aree naturali protette italiane.
Il programma prevede la realizzazione di una attività di
promozione delle energie rinnovabili, del risparmio energetico e della mobilità sostenibile nelle aree protette attraverso un bando destinato agli enti gestori.
L'obiettivo del programma è stimolare la definizione di
piani di sviluppo del sistema energia nei parchi e della
mobilità sostenibile attraverso un meccanismo che miri a
premiare le migliori soluzioni progettuali.
Fasi del programma
Il programma si realizzerà in due fasi successive:
1) realizzazione di studi di fattibilità relativi a forme di
mobilità sostenibile e impiego delle fonti rinnovabili con
un coinvolgimento degli enti locali insistenti nelle aree;
2) valutazione delle proposte progettuali, selezione
delle migliori e cofinanziamento per la realizzazione
delle soluzioni presentate.
120
Soggetti coinvolti
Il Programma vede in una prima fase il coinvolgimento
dei Parchi nazionali italiani.
In una seconda fase sarà esteso ai Parchi regionali con
il coinvolgimento sia economico che gestionale delle
regioni.
Modalità di attuazione
Il Ministero dell'ambiente pubblica entro il mese di
marzo 2002 un bando destinato agli Enti parco.
Gli Enti parco aderiscono al bando con una dichiarazione di interesse nella quale si impegnano a predisporre
piani di sviluppo e diffusione di energie rinnovabili, risparmio energetico e/o mobilità sostenibile.
Nel predisporre i piani gli Enti gestori curano il coinvolgimento dei comuni afferenti al proprio territorio il cui ruolo
è fondamentale per la fase successiva di realizzazione del
programma.
Gli Enti parco devono adottare i programmi per lo sviluppo della mobilità sostenibile, le fonti rinnovabili e il
risparmio energetico con specifico atto deliberativo.
Risorse finanziarie e investimenti
Il Servizio I.A.R. impegna 1 ML di Euro con risorse
2001. Il Servizio conservazione natura ha impegnato nel
corso del 2001, 0,52 ML di euro pari a 1 miliardo di lire.
Altre risorse possono essere destinate al programma a
valere sulle disponibilità 2002.
La realizzazione degli studi viene finanziata nella misura massima del 50% dal Ministero dell'ambiente.
Per la realizzazione delle opere si prevede un forte coinvolgimento finanziario degli enti locali, prevedendo la seguente ripartizione:
Finanziatore
Ministero ambiente
Enti parco
Comuni dei parchi
Risorse %
25%
25%
50%
Interventi ammissibili a finanziamento
Nella definizione del bando verranno individuati puntualmente gli interventi finanziabili tra cui:
1) interventi di risparmio energetico e razionalizzazione
dell'uso dell'energia;
2) utilizzo di collettori solari termici a bassa temperatura per la produzione di acqua calda sanitaria, riscaldamento dell'acqua delle piscine, riscaldamento/raffrescamento degli ambienti;
3) impiego di tecnologie rinnovabili - fotovoltaico, eolico, biomasse (esclusi i rifiuti) e geotermica - per la
generazione di energia elettrica e termica;
4) impiego di tecnologie innovative (es. celle a combustibile, collettori solari a media temperatura) per la
generazione di energia e per l'integrazione in sistemi
di generazione, distribuzione ed uso dell'energia
elettrica e del calore (anche in cogenerazione).
Per gli interventi relativi alla mobilità sostenibile:
1) introduzione di veicoli a minimo impatto ambientale;
2) progettazione e realizzazione di servizi flessibili di trasporto collettivo (servizi a chiamata; taxi collettivo,
car sharing, utilizzo plurimo dei veicoli di proprietà
delle amministrazioni o delle aziende pubbliche,
anche di località diverse dal comune proponente il
progetto, servizi di noleggio di veicoli a due o quattro ruote elettrici o a minimo impatto ambientale);
3) progettazione e realizzazione di centri servizi per la
manutenzione dei veicoli a trazione alternativa;
4) interventi di mobilità nautica sostenibile.
Criteri di selezione
Verrà definita nel bando una griglia di criteri di valutazione che dovrà includere:
1) l'entità della quota di finanziamento messo a disposizione dal soggetto proponente anche in sinergia
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 21/12/2001
con risorse aggiuntive messe a disposizione, da
soggetti terzi;
2) la capacità di raccordo e sinergia tra diversi comuni
dello stesso territorio del parco;
3) la riproducibilità del progetto in altre aree naturali
protette;
4) la coerenza con altre iniziative già avviate o pianificate dal proponente ove si concretizzi un forte indirizzo
verso la eco-sostenibilità;
5) la presenza di rilevanti aspetti di innovazione tecnologica;
6) l'affidabilità dei sistemi di gestione;
Fasi
Pubblicazione di un bando per gli Enti parco
Presentazione dichiarazione di interesse dei parchi
Coinvolgimento dei comuni da parte dei parchi
Presentazione degli studi di fattibilità
Valutazione degli studi di fattibilità
Accordi tra enti finanziatori e soggetti attuatori
Inizio lavori
Fine opere
7) l'applicazione della contrattazione a prestazione
garantita per le forniture previste (contratti di garanzia dei risultati);
8) il cofinanziamento da parte di soggetti privati cofinanziatori e di società di servizi energia;
9) la creazione di servizi con caratteristica di stabilità nel
tempo e capacità di generazione di nuova occupazione;
10) l'introduzione di meccanismi di gestione della
domanda (D.S.M. - Demand Side Management).
Programmazione temporale
Lo svolgimento del programma seguirà la seguente
tempistica di massima:
Tempi
Marzo 2002
Aprile 2002
Giugno 2002
Dicembre 2002
Gennaio 2003
Febbraio 2003
Febbraio 2003
Febbraio 2003
121
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
21 dicembre 2001
DECRETO MINISTERIALE
Recepimento della direttiva 2001/7/CE della Commissione del 29 gennaio
2001 che adatta per la terza volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE
del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative al trasporto di merci pericolose su strada
(G.U. n. 1 del 2 gennaio 2002)
IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
Visto l'art. 229 del nuovo codice della strada approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18
maggio 1992 che delega i Ministri della
Repubblica a recepire, secondo le competenze loro attribuite, le direttive comunitarie afferenti a materie disciplinate dallo stesso codice;
Visto l'art. 168 del nuovo codice della strada che ai commi 2 e 6 stabilisce la competenza del Ministro dei trasporti e della navigazione, nel frattempo divenuto Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, a decretare in
materia di sicurezza del trasporto su strada
delle merci pericolose ispirandosi al diritto
comunitario;
Vista le legge 12 agosto 1962, n. 1839, e
successive modificazioni ed integrazioni, con
la quale è stato ratificato l'accordo europeo
relativo al trasporto internazionale di merci
pericolose su strada, denominato ADR;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione del 4 settembre 1996 ed i
relativi allegati A e B, pubblicati nel supplemento ordinario n. 211 alla Gazzetta Ufficiale
n. 282 del 2 dicembre 1996, di attuazione
della direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada;
122
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione del 15 maggio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario n. 114 alla
Gazzetta Ufficiale n. 128 del 4 giugno 1997, di
attuazione della direttiva 96/86/CE della Commissione che adegua al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE relativa al trasporto di merci
pericolose su strada;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione del 28 settembre 1999,
pubblicato nel supplemento ordinario n. 186
alla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 22 ottobre
1999, di attuazione della direttiva 1999/47/CE
della Commissione che adegua per la seconda volta al progresso tecnico la direttiva
94/55/CE relativa al trasporto di merci pericolose su strada;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione del 3 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, con il quale è stata attuata la direttiva 2000/61/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, che modifica la direttiva
94/55/CE concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada, ed è
stato abrogato il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 4 settembre
1996 ad eccezione degli allegati A e B;
Vista la direttiva 2001/7/CE della Commissione del 29 gennaio 2001, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L
30 del 1° febbraio 2001, che adatta per la
terza volta al progresso tecnico la direttiva
94/55/CE concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada;
ADOTTA
il seguente decreto:
Recepimento della direttiva 2001/7/CE della
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 21/12/2001
Commissione del 29 gennaio 2001, che adatta per la terza volta al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative al trasporto di merci pericolose su strada.
transitorio fino al 31 dicembre 2002, tranne
che per le merci pericolose della classe 7,
relativa alle materie radioattive, per le quali il
periodo transitorio termina il 31 dicembre
2001.
Il presente decreto sarà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 1
1. Gli allegati A e B al decreto del Ministro
dei trasporti e della navigazione del 4 settembre 1996, come da ultimo aggiornati con il
decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 28 settembre 1999, sono così
modificati:
a)l'allegato A è sostituito dal seguente:
"Allegato A: disposizioni dell'allegato A
dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada
(ADR), in vigore a decorrere dal 1° luglio
2001, fermo restando che l'espressione
"parte contraente è sostituita da "Stato
membro".
b)l'allegato B è sostituito dal seguente:
"Allegato B: disposizioni dell'allegato B
dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada
(ADR), in vigore a decorrere dal 1° luglio
2001, fermo restando che l'espressione
"parte contraente è sostituita da "Stato
membro ".
2. Le disposizioni degli allegati A e B
dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose (ADR), nel testo consolidato dalla versione 2001, in vigore dal 1°
luglio 2001, di cui al comma 1, sono consultabili sul sito Internet
www.unece.org/trans/danger/danger.htm
3. La traduzione in lingua italiana del testo
consolidato dalla versione 2001 delle disposizioni degli allegati A e B dell'Accordo europeo
sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada, di cui al comma 1, sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
a cura del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, non appena ultimata la traduzione
del testo stesso.
Art. 2
1. L'applicazione delle disposizioni degli
allegati A e B, di cui al comma 1 dell'art. 1,
decorre dal 1° luglio 2001, con un periodo
123
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
27 dicembre 2001
DELIBERAZIONE DEL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE
DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI
Criteri per l'iscrizione all'albo nella categoria 5 (raccolta e trasporto di rifiuti
pericolosi) ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443
(G.U. n. 21 del 25 gennaio 2002)
IL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE
DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI
Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22, e successive modifiche ed integrazioni;
Vista la legge 21 dicembre 2001, n. 443, ed,
in particolare, l'art. 1, comma 15, recante la
disciplina della continuazione delle attività di
gestione dei rifiuti la cui classificazione è stata
modificata dalle decisioni della Commissione
europea e del Consiglio;
Visto il decreto 28 aprile 1998, n. 406 del
Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, e
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, recante il regolamento di
organizzazione e funzionamento dell'albo, ed
in particolare l'art. 6, comma 1, lettera b),
che attribuisce alla competenza del Comitato
nazionale dell'albo la determinazione dei criteri di iscrizione nelle diverse categorie e
classi;
Ritenuto che, ai fini della prosecuzione delle
attività in esercizio, è necessario precisare le
modalità e i criteri della domanda per l'iscrizione all'albo nella categoria 5, ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre
2001, n. 443, delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi che in base
alle citate decisioni della Commissione europea e del Consiglio e dalla entrata in vigore
delle stesse vengono ad essere classificati
pericolosi;
124
Considerato che, al fine di garantire alle
imprese che presentano la domanda nei termini previsti dall'art. 1, comma 15, della
legge 21 dicembre 2001, n. 443, la prosecuzione dell'attività, è opportuno prevedere un
periodo transitorio relativamente ai requisiti
del responsabile tecnico stabiliti con deliberazione del Comitato nazionale 16 luglio
1999, prot. n. 003/CN/ALBO per l'iscrizione
nella categoria 5;
Considerato che ai medesimi fini, tenuto
conto del limitato periodo di tempo previsto
per la presentazione della domanda e dell'obiettivo primario dell'art. 1, comma 15, della
legge 21 dicembre 2001, n. 443, di assicurare l'esercizio delle attività in essere senza alcuna soluzione di continuità, si ritiene necessario
consentire alle imprese già iscritte all'albo per
l'attività di raccolta e trasporto di rifiuti non
pericolosi di continuare a svolgere, nelle more
dell'iscrizione nella categoria 5 e comunque
per un periodo transitorio temporalmente circoscritto, dette attività con i medesimi mezzi
compresi nel provvedimento d'iscrizione e per
gli stessi rifiuti che in base alle decisioni della
Commissione europea e del Consiglio
2000/532/CE, 2001/118/CE e successive
modifiche e integrazioni hanno una nuova
classificazione;
DELIBERA:
Art. 1
Domanda d'iscrizione all'albo
1. Per la prosecuzione delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi che in
base alle decisioni della Commissione europea
e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e
successive modifiche e integrazioni vengono
ad essere classificati rifiuti pericolosi, i soggetti interessati devono, ai sensi e per gli effetti
dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicem-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 27/12/2001
bre 2001, n. 443:
a)presentare domanda d'iscrizione all'albo
nella categoria 5, qualora non iscritti in
tale categoria;
b)presentare domanda di variazione dell'iscrizione con richiesta di integrazione
delle tipologie di rifiuti per i quali si intende
proseguire l'attività, qualora già iscritti
nella categoria 5;
c)presentare domanda di passaggio di classe, qualora la quantità di rifiuti per i quali si
intende proseguire l'attività comporti il
superamento della quantità complessiva
autorizzata in base alla classe della categoria 5 nella quale sono già iscritti.
2. Per la presentazione della domanda d'iscrizione o di variazione di cui al comma 1,
deve essere utilizzato il modello allegato sotto
la lettera A.
3. La domanda d'iscrizione o di variazione di
cui al comma 1, deve essere corredata dalla
documentazione prevista dall'art. 12 del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, ad
esclusione della documentazione già in possesso della sezione regionale cui l'impresa
richiedente dovrà fare riferimento. Le imprese
già iscritte all'albo possono adeguare le dotazione di mezzi e di personale previste per l'iscrizione nella categoria 5 dalla deliberazione
del Comitato nazionale 17 dicembre 1998,
prot. n. 002/CN/ALBO, entro sei mesi dalla
data di scadenza del termine di trenta giorni di
cui all'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443.
4. Qualora la domanda d'iscrizione o di
variazione di cui al comma 1 non venga presentata nel termine di trenta giorni previsto
dall'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, l'iscrizione all'albo per le
tipologie di rifiuti la cui classificazione è modificata dalle decisioni della Commissione
europea e del Consiglio 2000/532/CE,
2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni, si intende decaduta a decorrere
dalla data di scadenza del predetto termine
di trenta giorni.
5. L'eventuale richiesta di estendere l'iscrizione nella categoria 5 a tipologie di rifiuti ulteriori e diverse da quelle per le quali l'impresa
interessata risulta già iscritta alla data di entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n.
443, resta sottoposta alla procedura ordinaria
prevista per le nuove iscrizioni.
Art. 2
Responsabile tecnico
1. Il responsabile tecnico delle imprese che
presentano domanda d'iscrizione o di variazione nella categoria 5 ai sensi dell'art. 1,
comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n.
443, deve essere in possesso dei requisiti stabiliti per la medesima categoria dalla deliberazione del Comitato nazionale 16 luglio 1999,
prot. n. 003/CN/ALBO.
2. Limitatamente alla prosecuzione delle
attività di raccolta e trasporto dei rifiuti la cui
classificazione è stata modificata dalle decisioni della Commissione europea e del
Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni, i requisiti di
cui al comma 1 possono essere soddisfatti,
entro un anno dalla data di scadenza del termine di trenta giorni di cui all'art. 1, comma
15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443; fino
alla scadenza del predetto termine di un anno
la funzione di responsabile tecnico può essere affidata ad uno dei soggetti di cui all'art. 10,
comma 1, del decreto ministeriale 28 aprile
1998, n. 406.
Art. 3
Garanzia finanziaria
1. Alla domanda presentata ai sensi dell'art.
1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001,
n. 443, per l'iscrizione nella categoria 5 o per
la variazione di classe all'interno della medesima categoria, deve essere allegata idonea
garanzia finanziaria immediatamente efficace
a copertura dei rischi connessi all'esercizio
dell'attività svolta.
125
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 27/12/2001
ALLEGATO A
ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI
SEZIONE REGIONALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Domanda di iscrizione/variazione ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443
Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ., in qualità di legale rappresentante
della ditta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . con sede in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
❑ non iscritta all'albo*
❑ iscritta all'albo nella/e categoria/e . . . . . . . . . . . . . con il n.. . . . . . . . . . . . .
chiede ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443:
❑ l'iscrizione nella categoria 5, classe . . . . . . . . . . . . ., per le sottoelencate tipologie di rifiuti:
❑ l'integrazione delle sottoelencate tipologie di rifiuti nella categoria 5:
❑ il passaggio dalla classe . . . . . . . . . . . . .alla classe . . . . . . . . . . . . ., della categoria 5 con integrazione delle sottoelencate tipologie di rifiuti:
Tipologie di rifiuti raccolti
e trasportati **
Codice CER
Tipologia
Tipologie di rifiuti per le quali
si richiede l'scrizione**
Codice dell'elenco dei rifiuti
di cui alle decisioni della
Commissione europea e
del Consiglio 2000/532/CE,
2001/118/CE, e successive
modifiche e integrazioni
Tipologia
*
imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, classificati non pericolosi in base alla previgente
disciplina, da esse stesse prodotti, la cui classificazione è stata modificata dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni.
**
tipologie di rifiuti classificati non pericolosi in base alla previgente disciplina, la cui classificazione è stata modificata
dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e
integrazioni.
Si allega la seguente documentazione:
❑ N . . . . . . . dichiarazione, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n.445/2000, con la quale il legale
rappresentante dell'impresa e il responsabile tecnico attestano che le caratteristiche dei mezzi utilizzati sono conformi a
quanto previsto per l'esercizio dell'attività dalla normativa vigente.
❑ N . . . . . . . garanzia finanziaria per l'importo relativo alla cat. 5, di cui all'art. 4, comma 3, del decreto ministeriale 8
ottobre 1996, come modificato con decreto ministeriale 23 aprile 1999.
❑ N . . . . . . . appendice garanzia finanziaria per adeguamento importo derivante dal passaggio dalla classe . . . . . . .
alla classe . . . . . . . , della categoria 5, ai sensi dell'art. 4, comma 4, del decreto ministeriale 8 ottobre 1996, come modificato con decreto ministeriale 23 aprile 1999.
❑N.......
❑N.......
Data, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
126
Legale rappresentante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
8 gennaio 2002
DECRETO MINISTERIALE
Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali
(G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
DI CONCERTO CON
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
Vista la convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in
pericolo di estinzione (CITES), firmata a
Washington il 3 marzo 1973, e ratificata con
legge 19 dicembre 1975, n. 874;
Visto il regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, relativo alla protezione di
specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, ed in
particolare l'art. 3 relativo al campo di applicazione dello stesso;
Visto il regolamento (CE) 1808/2001 della
Commissione del 30 agosto 2001, e successive attuazioni e modificazioni, recante modalità
d'applicazione del regolamento (CE) 338/97
del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio,
che sostituisce integralmente il regolamento
(CE) 939/97 della Commissione del 26 maggio
1997, e successive attuazioni e modificazioni;
Visto l'art. 4, comma 1, lettera b) della legge
9 dicembre 1998, n. 426, che inserisce il
comma 5-bis all'art. 5 della legge 7 febbraio
1992, n. 150, prevedendo che il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministero delle
politiche agricole e forestali emani il presente
decreto per istituire il registro di detenzione
degli esemplari di cui agli articoli 1 e 2 della
legge 7 febbraio 1992, n. 150;
Considerato che il Ministero dell'ambiente,
ai sensi dell'art. 8 della legge 7 febbraio 1992,
n. 150, cura l'adempimento della convenzione
di Washington, potendosi avvalere delle esistenti strutture del Corpo forestale dello Stato;
Visto l'art. 8-quinquies, comma 3-quinquies,
della legge 7 febbraio 1992, n. 150, che demanda al Ministero delle politiche agricole e
forestali, tramite il Corpo forestale dello Stato,
l'effettuazione delle certificazioni e dei controlli
previsti dalla citata convenzione di Washington
e dai citati regolamenti comunitari;
Sentito il parere della Commissione scientifica di cui all'art. 4, comma 5, della legge 7
febbraio 1992, n. 150;
Visto il decreto 3 maggio 2001 del Ministro
dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle
politiche agricole e forestali, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 112 del
16 maggio 2001, con il quale è stato istituito il
registro di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali;
Ritenuto che, a seguito dell'esigenza di fornire una più articolata indicazione dei soggetti tenuti alla compilazione del registro, nonché delle
difficoltà oggettive riscontrate per il ritiro e la
compilazione dello stesso nei termini indicati dal
decreto del 3 maggio 2001, si rende necessario
sostituire il su citato decreto interministeriale;
DECRETA:
Art. 1
1. È istituito il registro di detenzione degli
esemplari di specie animali e vegetali previsto
dall'art. 5, comma 5-bis, della legge 7 febbraio
1992, n. 150. Il registro si riferisce agli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e alle
parti di specie animali e vegetali, incluse negli
allegati A e B del regolamento (CE) 338/97 del
Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive
attuazioni e modificazioni, così come definiti
127
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 08/01/2002
dall'art. 8-sexies della legge 7 febbraio 1992, n.
150, e dall'art. 2 del regolamento (CE) 338/97
del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, con l'esclusione
di esemplari di specie vegetali riprodotte artificialmente ai sensi dell'art. 26 del regolamento
(CE) 1808/2001 della Commissione del 30
agosto 2001, e successive modificazioni, incluse nell'allegato B del regolamento (CE) 338/97
del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso di specie che saranno
incluse negli allegati A e B del regolamento
(CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre
1996, e successive attuazioni e modificazioni,
successivamente alla data di entrata in vigore
del presente decreto.
3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali, predispone il registro
di cui al comma 1, secondo i modelli riportati
negli allegati al decreto del 3 maggio 2001.
Art. 2
1. Sono tenuti alla compilazione del registro
di cui al comma 1, i seguenti soggetti:
a)le imprese commerciali in qualsiasi forma
costituite e le strutture che esercitano attività circense, con l'esclusione dei soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del
presente decreto;
b)i giardini zoologici, gli orti botanici, gli
acquari, le mostre faunistiche permanenti
e itineranti, le istituzioni scientifiche e di
ricerca pubbliche e private che detengono
esemplari da museo e da erbario con l'esclusione di quelle di cui all'art. 3, comma
1, let-tera b) del presente decreto;
c)chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro o ponga in essere atti
di disposizione finalizzati allo scambio, alla
locazione, alla permuta o alla cessione a fini
commerciali di qualsiasi natura e titolo, ivi
compreso chiunque ottenga esemplari provenienti da sequestro, confisca, affidamento, fatte salve le disposizioni della legge 11
febbraio 1992, n. 157.
Art. 3
128
1. Sono esclusi dall'obbligo della tenuta del
registro:
a)le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private autorizzate ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 116;
b)le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private registrate ai sensi dell'art.
1 del decreto 23 marzo 1994 del Ministro
dell'ambiente, di concerto con il Ministro
della sanità e con il Ministro dell'università
e della ricerca scientifica e tecnologica;
c)i soggetti detentori di esemplari appartenenti a specie incluse nell'allegato VIII del
regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive attuazioni e modificazioni, in conformità
delle disposizioni dell'art. 32, comma 1,
lettera a) dello stesso regolamento (CE);
d)limitatamente agli esemplari morti di specie animali e vegetali ed alle parti di esemplari di specie animali e vegetali, coloro
che esercitano il commercio al dettaglio,
in conformità alla definizione di cui all'art.
4, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive
modifiche ed integrazioni, nonché coloro
che effettuano lavorazioni per conto terzi.
Art. 4
1. Gli esemplari vivi o morti di specie animali
e vegetali e le parti di specie animali e vegetali
di cui al comma 1 dell'art. 1, detenuti alla data
di consegna del registro di detenzione, devono essere iscritti nel medesimo registro entro
il 31 gennaio 2002.
2. Le disposizioni del presente decreto si
applicano altresì a coloro che risulteranno
tenuti alla compilazione del registro, ai sensi
del precedente art. 2, successivamente alla
data del 31 gennaio 2002.
3. Per gli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e per le parti di specie animali
e vegetali di cui al comma 1 dell'art. 1, acquisiti o detenuti a qualsiasi titolo dopo il 31 gennaio 2002, l'iscrizione nel registro dovrà avvenire entro quindici giorni dall'acquisizione o
detenzione stessa.
4. L'iscrizione nel registro di qualsiasi variazione degli esemplari detenuti andrà riportata
entro quindici giorni dalla variazione medesima. Sono fatte salve le disposizioni della legge
7 febbraio 1992, n. 150, e successive modifi-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 08/01/2002
cazioni.
5. Per le parti di esemplari di specie di cui al
comma 1 dell'art. 1, qualora risultino registrate in schede di carico e scarico vidimate dal
Corpo forestale dello Stato alla data del 31
dicembre 2001, il saldo delle schede stesse
deve essere riportato nella tabella di carico del
registro di cui all'allegato 3 del decreto del 3
maggio 2001.
6. Il registro di cui all'art. 1, comma 1, del
presente decreto, è compilato dal detentore
degli esemplari con le modalità indicate negli
allegati al decreto del 3 maggio 2001.
amministrative previste all'art. 5, comma 6,
della legge 7 febbraio 1992, n. 150.
Art. 7
1. Il presente decreto sostituisce il decreto 3
maggio 2001 del Ministro dell'ambiente, di
concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, fatti salvi i relativi allegati che
sono integrati al punto 10) con il codice
F=altro.
2. Il presente decreto sarà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 5
1. I soggetti di cui all'art. 2, comma 1, del
presente decreto, devono richiedere il registro
di detenzione al servizio certificazione CITES
del Corpo forestale dello Stato competente
territorialmente, che provvederà alla vidimazione dello stesso su ogni pagina. Il registro
dovrà essere esibito ad ogni richiesta delle
autorità preposte ai controlli. Qualora esistano
procedure informatiche che consentano la
compilazione del suddetto registro, le stesse
possono essere utilizzate dai soggetti tenuti
alla compilazione in luogo del registro cartaceo, ferma restando la vidimazione da parte
del Corpo forestale dello Stato.
2. Il registro relativo agli esemplari vivi o
morti di specie dell'allegato A al decreto del 3
maggio 2001, una volta compilato, secondo
le procedure di cui all'art. 4, comma 1, del
presente decreto, dovrà essere consegnato al
servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato competente territorialmente,
che ne farà copia e riconsegnerà l'originale al
richiedente. La stessa procedura si applica al
momento del completamento del registro di
cui al presente comma.
3. Ai fini della gestione delle attività di conservazione su specie di particolare interesse, il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio può richiedere al Corpo forestale dello
Stato copia dei registri di cui al precedente
comma.
Art. 6
1. Salvo che il fatto non costituisca più
grave reato, chiunque violi le disposizioni del
presente decreto è punito con le sanzioni
129
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
10 gennaio 2002
DECRETO MINISTERIALE
Modificazioni della direttiva 76/769/CEE relativa all'immissione sul mercato e
all'uso di talune sostanze e preparati pericolosi
(G.U. n. 78 del 3 aprile 2002)
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Visto il decreto del Presidente della
Repubblica 10 settembre 1982, n. 904, concernente attuazione della direttiva CEE
79/769 relativa alle restrizioni in materia di
immissione sul mercato e di uso di talune
sostanze e preparati pericolosi;
Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146,
recante disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alle Comunità europee - legge comunitaria
1993, ed in particolare l'art. 27;
Vista la direttiva 2001/41/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 29 giugno 2001,
recante ventunesima modifica della direttiva
76/769/CEE;
Visto il decreto del Ministro della sanità 12
agosto 1998 recante "Recepimento delle
direttive 94/60/CE, 96/55/CE, 97/10/CE,
97/16/CE, 97/56/CE e 97/64/CE, recanti
modifiche alla direttiva 76/769/CEE del
Consiglio del 27 luglio 1976 concernente il
ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative degli Stati
membri relative alle restrizioni in materia di
immissione sul mercato e di uso di talune
sostanze e preparati pericolosi;
Visto il decreto del Ministro della sanità 13
dicembre 1999 concernente il recepimento
delle direttive 1999/43/CE e 1999/51/CE
recanti modifiche alla direttiva 76/769/CEE
del Consiglio del 27 luglio 1976 relativa alle
restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati
pericolosi;
DECRETA:
130
Art. 1
1. Le sostanze riportate nell'allegato del
presente decreto sono aggiunte a quelle di cui
ai punti 29 e 31 dell'appendice all'allegato I
del decreto del Presidente della Repubblica
10 settembre 1982, n. 904, come sostituito
dal decreto del Ministro della sanità 12 agosto
1998 e modificato, da ultimo, dal decreto del
Ministro della sanità 13 dicembre 1999.
Art. 2
1. Nella premessa dell'appendice all'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1, è aggiunta la
seguente nota R: "Nota R. La classificazione
"cancerogeno" non è necessaria per le fibre il
cui diametro geometrico medio ponderato
rispetto alla lunghezza, meno due errori standard, risulti maggiore rispetto a 6µm".
Art. 3
Le disposizioni del presente decreto entrano
in vigore il 18 gennaio 2003.
Il presente decreto verrà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 10/01/2002
ALLEGATO
Punto 29 - Sostanze cancerogene: categoria 2
Sostanze
Numero indice
Numero CE
Numero CAS
4 - cloroanilina ....
Fibre ceramiche refrattarie;
fibre per scopi speciali,
escluse quelle espressamente
indicate nell’allegato 1 della
direttiva 67/548/CEE: fibre
artificiali vetrose (silicati) che
presentano un’orientazione
casuale e un tenore di ossidi
alcalini e ossidi alcalino-terrosi
(NaCaO + MgO + BaO)
inferiore o pari al 18% in peso)
612-137-00-9
203-401-0
106-47-8
650-017-00-8
Note
R
Punto 31 – Sostanze tossiche per la riproduzione: categoria 2
Sostanze
Numero indice
Numero CE
Numero CAS
6-(2-cloroetil)- 6(2-metossietossi)
- 2,5,7,10-tetraossa6-silaundecano; etacelasis
014-014-00-X
253-704-7
37894-46-5
Note
131
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
2 febbraio 2002, n. 27
DECRETO LEGISLATIVO
Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano
(G.U. n. 58 del 9 marzo 2002)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 117 della Costituzione;
Vista la direttiva 98/83/CE del Consiglio, del
3 novembre 1998, concernente la qualità
delle acque destinate al consumo umano;
Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526
(legge comunitaria 1999), ed in particolare,
l'articolo 1, comma 4;
Visto il decreto legislativo 2 febbraio 2001,
n. 31, recante attuazione della citata direttiva
98/83/CE;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999,
n. 152, e successive modificazioni;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18
gennaio 2002;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281;
Vista la deliberazione del Consiglio dei
Ministri, adottata nella riunione del 1° febbraio
2002;
Sulla proposta dei Ministri per le politiche
comunitarie e della salute, di concerto con i
Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e
dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell'ambiente e della
tutela del territorio e per gli affari regionali;
132
EMANA
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
1. Al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.
31, recante attuazione della direttiva
98/83/CE, relativa alla qualità delle acque
destinate al consumo umano, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a)all'articolo 2, comma 1, lettera c), sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", nonché chiunque fornisca acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne,
fisse o mobili;";
b)all'articolo 5, comma 1, lettera a), dopo le
parole: "rete di distribuzione," sono inserite le seguenti: "nel punto di consegna
ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà
tecniche o pericolo di inquinamento del
campione, in un punto prossimo della rete
di distribuzione rappresentativo e";
c)all'articolo 5, comma 1, lettera c), sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e
nelle confezioni in fase di commercializzazione o comunque di messa a disposizione per il consumo";
d)all'articolo 5, comma 2, le parole: "il
gestore si considera aver adempiuto agli
obblighi" sono sostituite dalle seguenti: "si
considera che il gestore abbia adempiuto
agli obblighi";
e)all'articolo 5, comma 2, ultimo periodo, le
parole: "il gestore" sono sostituite dalle
seguenti: "il responsabile della gestione";
f) all'articolo 5, il comma 3, è sostituito dal
seguente:
"3. Fermo restando quanto stabilito al
comma 2, qualora sussista il rischio che le
acque di cui al comma 1, lettera a), pur
essendo nel punto di consegna rispondenti ai valori di parametro fissati nell'allegato I, non siano conformi a tali valori al
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.Lgs. 27/2002
rubinetto, l'azienda sanitaria locale dispone che il gestore adotti misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non
rispettino i valori di parametro dopo la fornitura. L'autorità sanitaria competente ed
il gestore, ciascuno per quanto di competenza, provvedono affinché i consumatori
interessati siano debitamente informati e
consigliati sugli eventuali provvedimenti e
sui comportamenti da adottare.";
g)all'articolo 6, dopo il comma 5 è aggiunto
il seguente:
"5-bis. Il giudizio di idoneità dell'acqua
destinata al consumo umano spetta all'azienda U.S.L. territorialmente competente.";
h)all'articolo 7, i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
"1. Sono controlli interni i controlli che il
gestore è tenuto ad effettuare per la verifica della qualità dell'acqua, destinata al
consumo umano.
2. I punti di prelievo e la frequenza dei
controlli interni possono essere concordati con l'azienda unità sanitaria locale.
3. Per l'effettuazione dei controlli il gestore si avvale di laboratori di analisi interni,
ovvero stipula apposita convenzione con
altri gestori di servizi idrici.";
i) all'articolo 8, comma 2, le parole: "effettuato nell'ambito dei piani di tutela delle
acque" sono soppresse;
j) all'articolo 8, comma 6, dopo le parole:
"ed al Ministero della sanità” sono inserite
le seguenti: "secondo modalità proposte
dal Ministro della salute e sulle quali la
Conferenza Stato-regioni esprime intesa";
k) all'articolo 8, comma 7, dopo le parole: "e
successive modificazioni;" sono inserite le
seguenti: "o di propri laboratori secondo il
rispettivo ordinamento.";
l) all'articolo 9 nella rubrica le parole:
"Garanzia di" sono sostituite dalle seguenti: "Assicurazione di";
m)l'articolo 10 è sostituito dal seguente:
"Art. 10 (Provvedimenti e limitazioni d'uso). - 1. Fatto salvo quanto disposto dagli
articoli 13, 14 e 16, nel caso in cui le
acque destinate al consumo umano non
corrispondono ai valori di parametro fissati a norma dell'allegato "I", l'azienda unità
sanitaria locale interessata, comunica al
gestore l'avvenuto superamento e, effettuate le valutazioni del caso, propone al
sindaco l'adozione degli eventuali provve-
dimenti cautelativi a tutela della salute
pubblica, tenuto conto dell'entità del
superamento del valore di parametro pertinente e dei potenziali rischi per la salute
umana nonché dei rischi che potrebbero
derivare da un'interruzione dell'approvvigionamento o da una limitazione di uso
delle acque erogate.
2. Il gestore, sentite l'azienda unità sanitaria locale e l'Autorità d'ambito, individuate
tempestivamente le cause della non
conformità, attua i correttivi gestionali di
competenza necessari all'immediato ripristino della qualità delle acque erogate.
3. La procedura di cui al comma precedente deve essere posta in atto anche in
presenza di sostanze o agenti biologici in
quantità tali che possono determinare un
rischio per la salute umana.
4. Il sindaco, l'azienda unità sanitaria locale, l'Autorità d'ambito ed il gestore informano i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati, ciascuno per quanto di
propria competenza.";
n)all'articolo 11, comma 1, l'alinea: "1. Sono
di competenza statale le funzioni concernenti:" è sostituito dal seguente: "1. È di
competenza statale la determinazione di
principi fondamentali concernenti:";
o)all'articolo 11, comma 1, lettera d), le parole: "e 3" sono soppresse;
p)all'articolo 11, comma 1, alla fine della lettera h) sono aggiunte le seguenti parole: ",
nonché per il confezionamento di acque
per equipaggiamenti di emergenza;";
q)all'articolo 13, comma 14, dopo le parole:
"alle acque" sono inserite le seguenti: "fornite mediante cisterna ed a quelle";
r) all'articolo 14, comma 1, dopo le parole:
"alle specifiche predetti" sono aggiunte le
seguenti: "mette in atto i necessari adempimenti di competenza e";
s) all'articolo 14, comma 4, dopo le parole:
"per il consumo umano" sono aggiunte le
seguenti: "e a quelle fornite tramite cisterna.";
t) all'articolo 15, comma 1, le parole: "fatto
salvo quanto disposto dalle note 2, 4 e 10
dell'allegato I, parte B." sono sostituite
dalle seguenti: "fatto salvo quanto disposto dalle note 2, 4, 10 e 11 dell'allegato I,
parte B."
u)all'articolo 16, comma 5, dopo le parole:
"alle acque" sono inserite le seguenti: "fornite mediante cisterna ed a quelle";
133
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.Lgs. 27/2002
134
v) all'articolo 17, comma 4, le parole:
"comma 4," sono sostituite dalle seguenti
"comma 3,";
w) all'articolo 19 dopo il comma 4 è inserito
il seguente:
"4-bis. La violazione degli adempimenti di
cui all'articolo 7, comma 4, è punita con la
sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 5.165 a euro 30.987.";
x) all'articolo 19 dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
"5-bis. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali per i fatti costituenti reato, la violazione delle disposizioni emanate ai sensi
dell'articolo 11, comma 1, lettere f), g), h), i)
ed l) sono punite con la sanzione amministrativa da euro 5165 a euro 30987.";
y) dopo l'articolo 19 è inserito il seguente:
"19-bis. - 1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, comma quinto, della
Costituzione e fatto salvo quanto previsto
dalla legge di procedura dello Stato di cui
al medesimo articolo 117, nelle materie di
competenze delle regioni e delle province
autonome, le disposizioni di cui agli articoli
precedenti del presente decreto si applicano, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che non abbiano ancora provveduto al recepimento
della direttiva 98/83/CE, sino alla data di
entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia
autonoma. Tale normativa è adottata da
ciascuna regione e provincia nel rispetto
dei principi fondamentali desumibili dal
presente decreto.";
z) all'articolo 20 il comma 2 è sostituito dal
seguente: "2. Le norme tecniche adottate
ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, restano in vigore, ove compatibili, con le disposizioni del presente decreto, fino all'adozione di diverse specifiche tecniche in
materia.";
aa) l'allegato I, parte B, è modificato come
segue: nella colonna "Parametro" le formule del nitrato e del nitrito sono soppresse e sostituite con le seguenti:
"(come NO in base 3)" e "(come NO in
base 2)",
la formula alla nota 5:
"[(nitrato)/50 + (nitrito)]"/3 minore o = a 1"
è soppressa e sostituita con la seguente:
" [nitrato]
[nitrito]
+
minore o = a 1";
50
0.5(0.1)
bb) l'allegato I, parte C, è modificato
come segue: nella nota
"*** valore minimo consigliato 0,2 mg/L
(se impiegato)." è soppressa la parola:
"minimo";
cc) l'allegato I, parte C, è modificato come
segue: alla nota 3, le parole: "Per le acque
frizzanti" sono sostituite dalle seguenti:
"Per le acque non frizzanti";
dd) alla fine dell'allegato I il paragrafo
(Avvertenza) è sostituito dal seguente:
"(Avvertenza). Fermo restando quanto
disposto dall'articolo 8, comma 3, a giudizio dell'Autorità sanitaria competente,
potrà essere effettuata la ricerca concernente i seguenti parametri accessori con i
rispettivi volumi di riferimento:
Parametro
Alghe
Batteriofagi anti-E.coli.
Nematodi a vita libera
Enterobatteri patogeni
Enterovirus
Funghi
Protozoi
Pseudomonas aeruginosa
Stafilococchi patogeni
Volume
di riferimento
1L
100L
1L
1L
100L
100mL
100L
250mL
250mL
Tali parametri vanno ricercati con le metodiche di cui all'articolo 8, comma 3.
Devono comunque essere costantemente
assenti nelle acque destinate al consumo
umano gli Enterovirus, i Batteriofagi antiE.coli, gli Enterobatteri patogeni e gli
Stafilococchi patogeni.";
ee) nell'allegato II, tabella B1 alla colonna:
"Controllo di verifica - Numero di campioni all'anno (note 3 e 5)";
il penultimo riquadro:
"3
+ ogni 10.000 m cubo/g del volume totale e frazione di 1.000 "
è soppresso e sostituito con il seguente:
"3
+ 1 ogni 10.000 m cubo/g del volume
totale e frazione di 10.000";
l'ultimo riquadro:
"10
+ ogni 25.000 m cubo/g del volume totale e frazione di 10.000"
è soppresso e sostituito con il seguente:
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.Lgs. 27/2002
"10
+ 1 ogni 25.000 m cubo/g del volume
totale e frazione di 25.000";
ff) nell'allegato III, paragrafo 2.1, terzo
rigo, le parole:
"limite di rilevamento" sono sostituite dalle
seguenti: "limite di rivelabilità";
gg) nella tabella relativa all'allegato III,
paragrafo 2.1, la voce:
"Limite di rilevazione in % del valore di
parametro (Nota 3)"
è sostituita con la seguente:
"Limite di rivelabilità in % del valore di
parametro (Nota 3)";
nella prima colonna sostituire:
"Benzopirene"
con:
"Benzo(a)pirene";
hh) all'allegato III, paragrafo 2.2, nota 3,
sostituire:
"Il limite di rilevamento è pari a: tre volte la
deviazione standard relativa, tra lotti di un
campione naturale
oppure: cinque volte la deviazione standard relativa, tra lotti di un bianco"
nel modo seguente:
"Il limite di rivelabilità è pari a: tre volte la
deviazione standard relativa all'interno di
un lotto di un campione naturale contenente una bassa concentrazione del parametro;
oppure:
cinque volte la deviazione standard relativa all'interno di un lotto di un bianco";
ii) all'allegato III, paragrafo 2.2, nota 6,
sostituire: "il limite di rilevamento" con "il
limite di rivelabilità".
Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
135
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
5 febbraio 2002
DECRETO MINISTERIALE
Modifiche al decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, di individuazione dei
programmi nazionali
(G.U. n. 56 del 7 marzo 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
Visto il decreto ministeriale 20 luglio 2000,
n. 337, registrato alla Corte dei conti il 2
novembre 2000, registro n. 1 Ambiente, foglio
n. 374, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
273 del 22 novembre 2000, "Regolamento
recante criteri e modalità di utilizzazione delle
risorse destinate per l'anno 1999 alle finalità di
cui all'art. 8, comma 10, lettera f), della legge
23 dicembre 1998, n. 448";
Visto
il
decreto
ministeriale
n.
467/PIA/DEC/2001 del 4 giugno 2001, registrato alla Corte dei conti, Ufficio controllo atti
Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio, il 17 luglio 2001, registro n. 5, foglio n.
1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 205
del 4 settembre 2001, di definizione dei programmi e delle azioni di rilievo nazionale per la
riduzione delle emissioni inquinanti;
Considerato che all'art. 1 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 sono elencati i programmi di rilievo nazionale ammessi a finanziamento e che negli allegati 1 e 2 dello stesso decreto sono identificati i singoli soggetti
attuatori;
Considerato che il servizio competente del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha esaminato i programmi ed i relativi
progetti proposti al finanziamento in relazione
alla effettiva ed immediata attuazione degli
stessi;
Atteso che a seguito dell'istruttoria interna
svolta dal competente servizio del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio si ritiene necessario apportare modifiche ed integrazioni agli allegati;
136
Atteso inoltre che tali modifiche o integrazioni devono rispettare le dotazioni finanziarie
assegnate ai singoli programmi di rilievo
nazionale ed in particolare:
1)programma nazionale di ricerca per la riduzione delle emissioni: lire 50.000 milioni;
2)programmi di cooperazione internazionale
nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto": lire
35.000 milioni.
Considerato l'art. 1, comma 3 del decreto
ministeriale n. 467 del 2001 prevede che "Con
decreto del Ministero dell’ambiente potranno
essere apportate, su richiesta dei soggetti
pubblici responsabili, modifiche ed integrazioni agli elenchi di cui agli allegati 1 e 2, nel rispetto delle risorse finanziarie assegnate ad
ogni programma di rilievo nazionale";
Considerato che le modifiche ed integrazioni da apportare si riflettono in una nuova definizione degli elenchi di cui all'art. 1 del citato
decreto ministeriale n. 467, in modo particolare per quanto riguarda i programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto" nel rispetto delle dotazioni finanziarie assegnate a tale azione;
Considerato il soggetto pubblico responsabile per tali programmi è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e che è il
medesimo titolato a proporre eventuali integrazioni o modifiche ai citati allegati;
Ritenuto, pertanto, necessario apportare le
necessarie modifiche ed integrazioni, ai sensi
dell'art. 1, comma 3 del decreto ministeriale n.
467 del 2001;
Visto il D.D. 28 settembre 2001, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre
2001, con cui è stata concessa una proroga
del termine di cui all'art. 2 del decreto ministeriale n. 467/PIA/DEC/2001 del 4 giugno 2001
fissando tale termine al 15 novembre 2001;
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 05/02/2002
Visto il decreto GAB/DEC/0089/2001 del 3
maggio 2001, così come modificato dal
GAB/DEC/122/2001 del 5 settembre 2001,
con cui sono stati assegnati i programmi e le
relative risorse finanziarie al servizio per la protezione internazionale dell'ambiente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
DECRETA:
Art. 1
Programma di cui all'allegato 1
1. Ai sensi dell'art. 1, comma 3 del decreto
ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, sono apportate le sottostanti modifiche all'allegato 1
dello stesso decreto:
nel programma nazionale di ricerca per la
riduzione delle emissioni sono cancellati i sottoprogrammi:
2/a "Programma di riduzione delle emissioni
di gas climalteranti nelle industrie chimiche";
2/g "Proseguimento progetto di ambientalizzazione dell'edificio della Farnesina
con sperimentazione di una cella a
combustibile per la produzione di energia";
3/g "Prosecuzione delle attività nell'ambito
del settore dei trasporti avviate con l'accordo con la regione Veneto del 23 giugno 2000".
2. A seguito delle suddette modifiche la
tabella relativa di cui all'art. 1 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 non subisce variazioni nell'entità di risorse assegnate ad ogni singolo sottoprogramma.
Art. 2
Programma di cui all'allegato 2
1. Ai sensi dell'art. 1, comma 3 del decreto
ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, sono apportate le sottostanti modifiche all'allegato 2
dello stesso decreto:
A) nei programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di
Kyoto" sono cancellati i seguenti sottoprogrammi:
1/b progetto Eco-City - Torino Nanchino;
1/c prosecuzione Progetto di joint-venture italo-cinese per la costruzione di
pannelli fotovoltaici;
2/a realizzazione di una centrale termoelettrica cogenerativa da 280 MW;
3/a progetto pilota per la rapida valutazione del rischio ambientale e sanitario
nel bacino del basso Danubio di cui alla
Letter of understanding firmata a Roma
il 20 ottobre 2000;
3/b progetto pilota per lo sviluppo
sostenibile di Timisoara;
5/a progetto TUCUMAN;
6/a elettrodotto da 500 kV, 1.100 km
Serra de Mesa-Gobernador;
7/a programma per il miglioramento
della combustione nella centrale termoelettrica di Santa-Cruz del Norte;
B) in sostituzione dei precedenti sono inseriti i seguenti sottoprogrammi:
1/b progetto di mobilità sostenibile;
1/c progetto di promozione nell'uso
delle energie rinnovabili;
1/d progetti specifici per la riduzione dei
GHG;
1/e progetto di agricoltura sostenibile e
uso delle biomasse;
2/a aggiornamento del Master Plan per
la protezione ambientale ed il risparmio
energetico del comune di Dobric;
2/b studio di fattibilità e progetto preliminare per la fornitura di acqua ed energia rinnovabile;
2/c progetto pilota per la gestione integrata del rischio ambientale e sanitario
nel bacino del basso Danubio;
3/a progettazione del centro intermodale logistico di Timisoara;
3/b studio di fattibilità per la realizzazione di una piattaforma per la selezione
preliminare dei rifiuti solidi urbani e assimilabili e realizzazione dell'impianto per
il recupero energetico;
4/a progetto di piantagione forestale e
valorizzazione energetica delle biomasse nell'ambito del ciclo della lavorazione
del legno;
5/a progetto pilota e master plan per il
risanamento della rete idrica ed il risparmio energetico nella città di Santiago de
Cuba;
7/a progetto di piantagione forestale e
valorizzazione energetica delle biomasse nell'ambito del ciclo della lavorazione
del legno;
C) nell'allegato 2 del decreto ministeriale n.
467 del 2001 sono, inoltre, inseriti:
137
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 05/02/2002
C1) sottoprogramma 8 - "Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica slovena":
8/a recupero energetico di scarti di lavorazione;
C2) sottoprogramma 9 - "Programma di cooperazione internazionale con la
Repubblica croata":
9/a gestione energetica: utilizzo di fonti di
energia rinnovabili e recupero ambientale;
9/b studio di fattibilità per la ristrutturazione energetico-ambientale del siste-
ma di teleriscaldamento della città di
Rjeka;
9/c modello di gestione ambientale integrata dell'isola di Mljet: modello di sviluppo sostenibile integrato per rifiuti e
fonti di energia rinnovabile.
2. A seguito delle suddette modifiche la
tabella relativa di cui all'art. 1 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 viene così ridefinita,
fermo restando l'ammontare complessivo di
risorse assegnate al programma di cooperazione internazionale, pari a lire 35.000 milioni:
Programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto"
1)
Repubblica popolare di Cina, per lo sviluppo dei
programmi previsti dall'accordo di cooperazione
tra il Ministero dell'ambiente italiano e quello cinese
Bulgaria, per lo sviluppo dei programmi previsti
dall'accordo di cooperazione tra il Ministero
dell'ambiente italiano e quello bulgaro
Romania, per la prosecuzione del programma di
cooperazione ambientale
Argentina, per lo sviluppo dei programmi avviati
con il Ministero dell'ambiente argentino
Cuba, per lo sviluppo dei programmi avviati con
il Ministero dell'ambiente cubano
Egitto, per lo sviluppo dei programmi avviati con
il Ministero dell'ambiente egiziano
Brasile, per lo sviluppo dei programmi avviati con
il Ministero dell'ambiente brasiliano
Programma di cooperazione internazionale con
la Repubblica slovena
Programma di cooperazione internazionale con
la Repubblica croata
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
16.400 milioni
3.200 milioni
6.400 milioni
1.500 milioni
1.500 milioni
2.500 milioni
1.000 milioni
300 milioni
2.200 milioni
L'allegato 2 al decreto ministeriale n. 467
del 2001 risulta così modificato:
Programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto"
138
N.
Programmi di intervento
1
Prosecuzione delle attività di cooperazione
internazionale con la Repubblica popolare cinese
Soggetti pubblici responsabili
dell'attuazione
1/a Integrazione attività nell'ambito dell'Accordo
Ministero ambiente I.C.E.
Ministero ambiente
1/b
1/c
1/d
1/e
2
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Progetto di mobilità sostenibile
Progetto di promozione nell'uso delle energie rinnovabili
Progetti specifici per la riduzione dei GHG
Progetto di agricoltura sostenibile e uso delle biomasse
Programma di cooperazione internazionale con la
Repubblica bulgara
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 05/02/2002
2/a Aggiornamento del Master Plan per la protezione
ambientale ed il risparmio energetico del comune
di Dobric
2/b Studio di fattibilità e Master Plan per lo sviluppo di
un servizio integrato delle acque
2/c Progetto pilota per la gestione integrata del rischio
ambientale e sanitario nel bacino del basso Danubio
3
Programma di cooperazione internazionale con la
Repubblica rumena
3/a Progettazione del centro intermodale logistico
di Timisoara
3/b Studio di fattibilità per la realizzazione di una
piattaforma per la selezione preliminare dei rifiuti
solidi urbani e assimilabili e realizzazione dell'impianto
per il recupero energetico
4
Programma di cooperazione internazionale con la
Repubblica federale argentina
4/a Progettazione di forestazione e valorizzazione
energetica nell'ambito del ciclo di lavorazione del legno
5
Programma di cooperazione internazionale con Cuba
5/a Progetto pilota e Master Plan per il risanamento della
rete idrica ed il risparmio energetico nella città di
Santiago di Cuba
6
Programma di cooperazione internazionale con l'Egitto
6/a Costruzione di una centrale elettrica alimentata
a gas naturale costituita da due unità vapore da
circa 340 MW ognuna
7
Programma di cooperazione internazionale con il Brasile
7/a Progetto di forestazione e valorizzazione energetica
nell'ambito del ciclo di lavorazione del legno
8
Programma di cooperazione internazionale con
la Slovenia
8/a Recupero energetico di scarti di lavorazioni
9
Programma di cooperazione internazionale con
la Croazia
9/a Gestione energetica: utilizzo di fonti di energia
rinnovabili e recupero ambientale
9/b Studio di fattibilità per la ristrutturazione
energetico-ambientale del sistema di teleriscaldamento
della città di Rjeka
9/c Gestione ambientale integrata dell'isola di Mljet:
modello di sviluppo integrato sostenibile
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Ministero ambiente
Il presente decreto è trasmesso agli organi
di controllo per gli adempimenti di competenza e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
139
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
7 febbraio 2002, n. 7
DECRETO-LEGGE
Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale
(G.U. n. 34 del 9 febbraio 2002)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visti gli articoli 82 e 86 del Trattato istitutivo
della Comunità europea;
Vista la direttiva 96/92/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, concernente norme
comuni per il mercato interno dell'energia elettrica;
Visto il decreto legislativo 16 marzo 1999, n.
79, di attuazione della citata direttiva
96/92/CE, ed in particolare l'articolo 1 che
attribuisce al Ministero delle attività produttive
la tutela della sicurezza e dell'economicità del
sistema elettrico nazionale;
Tenuto conto che le attuali previsioni sulla
crescita del fabbisogno nazionale di energia
elettrica e sulla disponibilità di potenza di generazione segnalano una situazione di imminente incompatibilità con la salvaguardia della
sicurezza di esercizio del sistema elettrico,
rendendo pertanto necessario il rafforzamento
urgente del parco di generazione al fine di evitare crisi ed interruzioni della fornitura di energia;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per garantire la sicurezza del sistema, evitando interruzioni del servizio e crisi nella fornitura di energia elettrica,
anche mediante misure di carattere transitorio, valide per superare l'attuale situazione di
emergenza;
140
Considerata, in relazione ai tempi minimi
necessari per la realizzazione di nuovi impianti, non più differibile l'adozione di norme per
accelerare tali realizzazioni ed assicurare, su
tutto il territorio nazionale, la fornitura di un
servizio pubblico essenziale, necessario per
salvaguardare lo sviluppo economico del
Paese, nonché l'attuale livello qualitativo di
vita;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° febbraio
2002;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri e del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro
per gli affari regionali;
EMANA
il seguente decreto-legge:
Art. 1
Misure urgenti per garantire la sicurezza
del sistema elettrico nazionale
1. Al fine di evitare l'imminente pericolo di
interruzione di fornitura di energia elettrica su
tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale,
la costruzione e l'esercizio degli impianti di
energia elettrica di potenza superiore a 300
MW termici, gli interventi di modifica e ripotenziamento, nonché le opere connesse e le
infrastrutture indispensabili all'esercizio degli
stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità
e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la
quale sostituisce autorizzazioni, concessioni
ed atti di assenso comunque denominati,
previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto previsto al comma 4, costituendo titolo a
costruire e ad esercitare l'impianto in conformità al progetto approvato. Resta fermo il
pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.L. 7/2002
2. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata a seguito di un procedimento unico,
al quale partecipano le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di
semplificazione e con le modalità di cui alla
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni ed integrazioni, d'intesa con la
regione interessata. Ai soli fini del rilascio
della VIA, le opere di cui al presente articolo
sono equiparate a quelle di cui alla legge 21
dicembre 2001, n. 443. Fino al recepimento
della direttiva 96/61/CE tale autorizzazione
comprende l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole
autorizzazioni ambientali delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L'esito positivo della VIA costituisce
parte integrante del procedimento autorizzatorio. L'istruttoria si conclude in ogni caso
entro il termine di centottanta giorni dalla
data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale.
Art. 2
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana e sarà presentato alle Camere per la
conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. È
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e
di farlo osservare.
3. L'autorizzazione di cui al comma 2 indica
le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti
a carico del soggetto proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale,
nonché il termine entro il quale l'iniziativa è
realizzata. L'autorizzazione, per la quale nei
tempi previsti per il procedimento deve essere sentito l'ente locale competente, ha effetto
di variante degli strumenti urbanistici e del
piano regolatore portuale, se le modificazioni
relative sono state previste ed evidenziate nel
progetto approvato.
4. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche ai procedimenti in corso alla
data di entrata in vigore del presente decreto,
eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale,
ovvero risulti in via di conclusione il relativo procedimento, su dichiarazione del proponente.
5. Fino al 31 dicembre 2003 è sospesa l'efficacia dell'allegato IV al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5
gennaio 1989, dell'articolo 15 della legge 2
agosto 1975, n. 393, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998, n.
53, relativamente alle centrali termoelettriche
e turbogas, alimentate da fonti convenzionali,
di potenza termica complessiva superiore a
300 MW.
141
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
20 febbraio 2002, n. 30
LEGGE
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sugli effetti transfrontalieri derivanti da incidenti industriali, con annessi, fatta a Helsinki il 17 marzo 1992
(Suppl. alla G.U. n. 62 del 14 marzo 2002)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione sugli effetti
transfrontalieri derivanti da incidenti industriali,
con annessi, fatta a Helsinki il 17 marzo 1992.
Art. 4
1. La presente legge entra in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello
Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello
Stato.
Art. 2
1. Piena ed intera esecuzione è data alla
Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere
dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 30 della
Convenzione stessa.
Art. 3
1. All'onere derivante dall'attuazione della
presente legge, pari a lire 1.720 milioni annue
a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2002 e 2003 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20012003, nell'ambito dell'unità previsionale di
base di parte corrente "Fondo speciale" dello
stato di previsione del Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica
per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
142
Traduzione non ufficiale
CONVENZIONE SUGLI EFFETTI
TRANSFRONTALIERI DEGLI INCIDENTI
INDUSTRIALI
PREAMBOLO
Le Parti alla presente Convenzione,
Consapevoli della particolare importanza,
nell'interesse delle generazioni presenti e future, di proteggere gli esseri umani e l'ambiente
dagli effetti degli incidenti industriali,
Riconoscendo l'importanza e l'urgenza di
prevenire gli effetti nocivi gravi degli incidenti
industriali sugli esseri umani e l'ambiente, e di
promuovere ogni provvedimento tale da incoraggiare l'attuazione razionale, economica ed
efficace di misure di prevenzione, di preparazione e di lotta in modo da consentire uno sviluppo economico razionale dal punto di vista
economico, nonché durevole,
In considerazione del fatto che gli effetti
degli incidenti industriali possono farsi sentire
attraverso le frontiere e che richiedono una
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 30/2002
cooperazione tra gli Stati,
Affermando la necessità di promuovere
un'attiva cooperazione internazionale tra gli
Stati interessati prima durante e dopo un incidente, di intensificare le politiche appropriate,
di rafforzare e coordinare l'azione a tutti i livelli
appropriati al fine di promuovere la prevenzione, la preparazione e la lotta agli effetti transfrontalieri degli incidenti industriali,
Notando l'importanza e l'utilità di intese bilaterali e multilaterali per la prevenzione, la preparazione e la lotta contro gli effetti degli incidenti industriali,
Consapevoli del ruolo svolto al riguardo dalla
Commissione Economica delle Nazioni Unite
per l'Europa (ECE) e richiamando; inter alia, il
Codice di condotta della CEE sulla condotta
da tenere in caso di inquinamento accidentale
causato delle acque interne transfrontaliere e
la Convenzione sulla valutazione dell'impatto
ambientale in un contesto transfrontaliero,
In considerazione delle disposizioni pertinenti dell'Atto Finale della conferenza sulla
sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE),
del Documento conclusivo della Riunione di
Vienna dei rappresentanti degli Stati partecipanti alla CSCE, e dei risultati della Riunione di
Sofia sulla Protezione dell'ambiente della
CSCE, nonché delle attività e dei meccanismi
pertinenti del Programma delle Nazioni Unite
per l'Ambiente (UNEP), in particolare il programma APELL, dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL) in particolare la raccolta di direttive pratiche per la prevenzione
dei gravi incidenti industriali e di altre organizzazioni internazionali competenti,
Considerando le disposizioni pertinenti della
dichiarazione della Conferenza delle Nazioni
Unite sull'ambiente dell'uomo ed in particolare il principio 21 secondo il quale gli Stati
hanno, in conformità con la carta delle Nazioni
Unite ed i principi del diritto internazionale, il
diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse
secondo le loro politiche ambientali sono responsabili di assicurare che le attività entro la
loro giurisdizione o il loro controllo non causino danni all'ambiente di altri Stati o di zone
oltre i limiti della giurisdizione nazionale,
Tenendo conto del principio di "chi inquina
paga" come principio generale del diritto internazionale dell'ambiente,
Sottolineando i principi del diritto e della
prassi internazionale, in particolare i principi di
buon vicinato, di reciprocità, di non-discriminazione e di buona fede,
HANNO STABILITO
di comune accordo quanto segue:
Art. 1
Definizioni
Ai fini della presente Convenzione,
(a) L'espressione "incidente industriale" significa un avvenimento risultante da uno sviluppo incontrollato nel corso di qualsiasi
attività implicante sostanze a rischio sia:
(i) in una impianto, ad esempio durante la
fabbricazione, l'uso, l'immagazzinamento, la gestione o la rimozione;
(ii) Durante il trasporto, nella misura in cui
ciò è previsto dal paragrafo 2(d)
dell'Articolo 2;
(b)L'espressione "attività a rischio" significa
ogni attività in cui una o più sostanze a rischio sono presenti o possono essere
presenti in quantità o in eccedenza dei
quantitativi-limite elencati all'Annesso I al
presente documento, attività suscettibile
di causare effetti transfrontalieri;
(c) L'espressione "effetti" significa ogni conseguenza negativa diretta o indiretta,
immediata o differita causata da un incidente industriale a danno di inter alia:
(i) gli esseri umani, la flora e la fauna;
(ii) il terreno, l'acqua, l'aria ed il paesaggio;
(iii)l'interazione tra i fattori di cui ad (i) e (ii);
(iv)i beni materiali ed il patrimonio culturale, compresi i monumenti storici:
(d)L'espressione "effetti transfrontalieri" significa i gravi effetti nell'ambito della giurisdizione di una Parte come risultato di un incidente industriale sopravvenuto nell'ambito della giurisdizione di un'altra Parte;
(e) Il termine "operatore" significa ogni persona fisica o giuridica, comprese le Autorità
pubbliche incaricate di un'attività come ad
esempio la supervisione, che hanno in
programma di esercitare o stanno esercitando un'attività;
(f) Il termine "Parte" significa, a meno che il
testo non indichi diversamente, una Parte
contraente alla presente Convenzione;
(g)Il termine "Parte di origine” significa ogni Parte o Parti sotto la cui giurisdizione avviene, o
può avvenire un incidente industriale;
143
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 30/2002
(h) l'espressione "Parte colpita" significa ogni
Parte o Parti colpite o suscettibili di essere colpite dagli effetti transfrontalieri di un
incidente industriale:
(i) L'espressione "Parti interessate" significa
ogni Parte di origine ed ogni Parte colpita;
(j) Il termine "Pubblico" significa una o più
persone fisiche o giuridiche.
Art. 2
Portata
1. La presente Convenzione si applica alla
prevenzione, alla preparazione ed alla lotta
contro gli incidenti industriali suscettibili di
causare effetti transfrontalieri, compresi gli
effetti di tali incidenti causati da disastri naturali, nonché alla cooperazione internazionale
concernente l'assistenza reciproca, la ricerca
e lo sviluppo, lo scambio di informazioni e lo
scambio di tecnologia nella zona di prevenzione, di preparazione e di lotta contro gli incidenti industriali.
2. La presente Convenzione non si applicherà:
(a) agli incidenti nucleari o ai casi di emergenza radiologici;
(b)ad incidenti nelle installazioni militari;
(c) a guasti nelle dighe, ad eccezione degli
effetti degli incidenti industriali causati da
tali guasti,
(d)ad incidenti di trasporto basati a terra,
salvo:
(i) i provvedimenti di emergenza contro
tali incidenti;
(ii) il trasporto sul luogo dell'attività a
rischio
(e) a fuoriuscite incidentali di organismi geneticamente modificati;
(f) ad incidenti causati da attività nell'ambiente marino, compresa l'esplorazione o
lo sfruttamento del fondale marino;
(g)riversamenti in mare di petrolio o di altre
sostanze nocive.
Art. 3
Disposizioni generali
144
1. Le Parti, in considerazione degli sforzi già
intrapresi a livello nazionale ed internazionale,
adotteranno appropriati provvedimenti e coopereranno nell'ambito della presente Convenzione, per proteggere gli esseri umani e l'ambiente da incidenti industriali, prevenendo in
tutta la misura del possibile tali incidenti, riducendo la loro frequenza e gravità ed attenuando i loro effetti. A tal fine, saranno applicate
misure di prevenzione, di preparazione e di
lotta, comprese le misure di ripristino.
2. Per mezzo di scambi di informazione, di
consultazione e di altre misure cooperative, le
Parti, senza indebito ritardo, elaboreranno ed
attueranno politiche e strategie per ridurre i
rischi degli incidenti industriali e migliorare le
misure di prevenzione, di preparazione e di
lotta, comprese le misure di ripristino, tenendo
conto, al fine di evitare una sovrapposizione
degli sforzi, di quanto già effettuato a livello
nazionale ed internazionale.
3. Le Parti disporranno l'obbligo, per l'operatore, di adottare tutti i provvedimenti necessari per lo svolgimento in sicurezza dell'attività
a rischio e per la prevenzione di incidenti industriali.
4. In vista di attuare le disposizioni della presente Convenzione, le Parti adotteranno
appropriate misure legislative, regolamentari,
amministrative e finanziarie per la prevenzione
la preparazione e la lotta agli incidenti industriali.
5. Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicheranno qualsiasi obbligo
delle Parti in base al diritto internazionale per
quanto riguarda gli incidenti industriali e le attività a rischio.
Art. 4
Individuazione, consultazione e pareri
1. Al fine di intraprendere misure preventive
e di predisporre misure di preparazione, la
Parte di origine adotterà misure, come opportuno, per individuare attività a rischio nell'ambito della sua giurisdizione ed accertare che le
Parti colpite siano notificate riguardo ad ogni
attività proposta o esistente.
2. Le Parti interessate, a richiesta di una
qualsiasi Parte tra di loro, intavoleranno dibattiti sulla individuazione delle attività a rischio
che sono ragionevolmente suscettibili di causare effetti transfrontalieri. Se le Parti interessate non raggiungono un accordo sul fatto di
sapere se un'attività è a rischio o meno, ciascuna di esse può, a meno le Parti interessate non si accordino su un altro metodo per
risolvere la questione, sottoporre tale questione ad una Commissione d'inchiesta in confor-
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L. 30/2002
mità con le disposizioni dell'Annesso II per un
parere.
3. Le Parti, per quanto riguarda le attività
proposte o esistenti, applicheranno le procedure stabilite nell'Annesso III al presente
documento.
4. Quando un'attività a rischio è soggetta ad
una valutazione dell'impatto ambientale in
conformità con la Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto
transfrontaliero e che questa valutazione include un esame degli effetti transfrontalieri
degli incidenti industriali derivanti da attività a
rischio svolte ai sensi della presente Convenzione, la decisione finale adottata ai fini
della Convenzione sulla valutazione dell'impatto Ambientale in un contesto transfrontaliero, dovrà essere conforme ai requisiti pertinenti della presente Convenzione.
Art. 5
Estensione della portata della
Convenzione
Le Parti interessate, su iniziativa di una di
loro, dovranno intavolare un dibattito su come
trattare un'attività non prevista dall'Annesso I
come attività a rischio. Dietro reciproco accordo, esse possono avvalersi di un meccanismo
consultivo, di loro scelta, o di una commissione d'inchiesta in conformità con l'Annesso II,
che fornisca loro consulenza. Qualora le Parti
interessate decidano in tal modo, la presente
Convenzione od ogni sua parte, si applicherà
all'attività in questione come se fosse un'attività a rischio.
Art. 6
Prevenzione
1. Le Parti adotteranno misure appropriate
per la prevenzione degli incidenti industriali,
compresi i provvedimenti per indurre un'azione
da parte degli operatori in vista di ridurre il
rischio di incidenti industriali. Tali misure possono includere, senza che ciò sia limitativo, quelli
di cui all'Annesso IV al presente documento.
2. Per quanto riguarda ogni attività a rischio,
la Parte di origine chiederà all'operatore di
dimostrare il funzionamento in sicurezza dell'attività a rischio fornendo informazioni come
i dettagli di base del processo, comprese, ma
senza che ciò sia limitativo, un'analisi ed una
valutazione come dettagliata nell'Annesso V
del presente documento.
Art. 7
Adozione di decisioni per quanto
riguarda la localizzazione
Nell'ambito del suo ordinamento, la Parte di
origine, in vista di minimizzare il rischio per la
popolazione e l'ambiente di tutte le Parti colpite, farà in modo di elaborare politiche vertenti sulla localizzazione di nuove attività a
rischio e su modifiche significative ad attività a
rischio esistenti.
Nell'ambito dei loro ordinamenti, le Parti
colpite ricercheranno l'istituzione di politiche
relative a sviluppi significativi nelle zone che
potrebbero essere colpite dagli effetti transfrontalieri di un incidente industriale derivante da un'attività a rischio in maniera da minimizzare i rischi implicati. Nell'elaborare e stabilire queste politiche, le Parti dovrebbero
prendere in considerazione le questioni di cui
all'Annesso V, paragrafo 1, sotto-paragrafi
(1) a (8) e l'Annesso VI del presente documento.
Art. 8
Preparazione alle emergenze
1. Le parti adotteranno tutti gli appropriati
provvedimenti per stabilire e mantenere un'adeguata preparazione alle emergenze per far
fronte agli incidenti industriali. Le Parti si accerteranno che siano adottate misure di preparazione per attenuare gli effetti transfrontalieri di tali incidenti, e che gli operatori effettuino operazioni di controllo in loco. Tali provvedimenti potranno includere, senza tuttavia
limitarvisi, quelli di cui all'Annesso VII nel presente documento. In particolare, le Parti interessate si informeranno a vicenda dei loro
piani di emergenza.
2. La Parte di origine provvederà, per guanto riguarda le attività a rischio, alla preparazione ed all'attuazione dei piani di emergenza in
loco, comprese adeguate misure di lotta ed
altri provvedimenti per prevenire e minimizzare gli effetti transfrontalieri. La Parte di origine
fornirà alle altre Parti interessate, gli elementi
in suo possesso per l'elaborazione di piani di
emergenza.
3. Ciascuna Parte, provvederà, per quanto
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Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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riguarda le attività a rischio, alla preparazione
ed all'attuazione di piani di emergenza fuori
del sito, comprese le misure da adottare nell'ambito del suo territorio per prevenire e minimizzare gli effetti transfrontalieri. Nel preparare
questi piani, dovrà tenersi conto delle conclusioni dell'analisi e della valutazione, in particolare le questioni stabilite all'Annesso V, paragrafo 2, sottoparagrafi (1) a (5). Le Parti interessate faranno ogni sforzo affinché questi
piani siano compatibili. Laddove opportuno,
piani di emergenza in comune fuori del sito
dovranno essere progettati al fine di facilitare
l'adozione di adeguati misure di lotta.
4. I piani di emergenza dovranno essere
passati in rassegna regolarmente o qualora le
circostanze lo richiedano in considerazione
dell'esperienza acquisita trattando casi di
emergenza sopravvenuti.
Art. 9
Informazione e divulgazione al pubblico
1. Le Parti provvederanno affinché adeguate informazioni siano fornite al pubblico nelle
zone suscettibili di essere colpite da incidenti
industriali derivanti da un'attività a rischio.
Queste informazioni dovranno essere trasmesse attraverso quei canali che le Parti
riterranno appropriate ed includeranno gli elementi contenuti all'Annesso VIII al presente
documento e dovranno prendere in considerazione questioni di cui all'Annesso V, paragrafo 2, sotto-paragrafi (1) a (4) e (9) .
2. La Parte di origine, in conformità con le
disposizioni della presente Convenzione e laddove possibile ed appropriato, fornirà al pubblico, nelle zone suscettibili di essere colpite,
la possibilità di partecipare alle procedure pertinenti perché siano rese note opinioni e
preoccupazioni riguardo alle misure di prevenzione e di preparazione, e si accerterà che le
possibilità offerte al pubblico della Parte colpita siano equivalenti a quelle fornite al pubblico
della Parte di origine.
146
3. In conformità con i loro ordinamenti giuridici e, qualora desiderato, su una base reciproca, le Parti forniranno alle persone fisiche o
giuridiche colpite, o suscettibili di essere negativamente colpite dagli effetti transfrontalieri di
un incidente industriale nel territorio di una
Parte, la possibilità di avere accesso e di essere sentite nelle pertinenti procedure ammini-
strative e giudiziarie, compresa la possibilità di
iniziare un'azione legale e di fare appello contro una decisione lesiva dei loro diritti, con un
trattamento equivalente a quello riservato alle
persone sotto la loro giurisdizione.
Art. 10
Sistemi di notifica degli incidenti
industriali
1. Le Parti, allo scopo di ottenere e di trasmettere notifiche di incidenti industriali contenenti le informazioni richieste per far fronte agli
effetti transfrontalieri, provvederanno ad installare ed a far funzionare sistemi compatibili ed
efficaci di notifica degli incidenti industriali a
livelli appropriati.
2. In caso di sopravvenienza di un incidente
industriale o di una sua imminente minaccia,
che causa o è suscettibile di causare effetti
transfrontalieri, la Parte di origine assicurerà
che le parti colpite siano senza indugio, notificate a livelli appropriati mediante i sistemi di
notifica degli incidenti industriali. Questa notifica Includerà gli elementi contenuti nell'Annesso IX al presente documento.
3. Le parti interessate provvederanno affinché, in caso di incidente industriale o di una
sua imminente minaccia, i piani di emergenza
predisposti in conformità con l'Articolo 8 siano
attivati il prima possibile e nella misura appropriata alle circostanze.
Art.11
Lotta
1. Le parti interessate provvederanno
affinché, in caso di incidente industriale o di
una sua imminente minaccia, siano adottati
adeguati provvedimenti di emergenza, il
prima possibile ed utilizzando i metodi più
efficaci, per contenere e minimizzare gli
effetti.
2. In caso di incidente industriale o di una
sua imminente minaccia, causante è suscettibile di causare effetti transfrontalieri, le Parti
interessate si accerteranno che gli effetti siano
valutati - se del caso con azioni in comune, al
fine di adottare adeguate misure di lotta. Le
Parti interessate faranno ogni sforzo per coordinare le loro misure di risposta.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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Art. 12
Assistenza reciproca
1. Se una Parte necessita di assistenza in
caso di un incidente industriale, essa può
chiedere assistenza alle altre parti, indicando
la portata ed il tipo di assistenza richiesta. Una
Parte alla quale è stata indirizzata una richiesta di assistenza, deciderà con prontezza ed
informerà la Parte richiedente se è in grado di
fornire l'assistenza richiesta ed indicherà la
portata ed i termini dell'assistenza che potrebbe fornire.
2. Le Parti interessate coopereranno in vista
di agevolare una rapida fornitura dell'assistenza stabilita di comune accordo al paragrafo 1
del presente Articolo, compresi, se del caso i
provvedimenti volti a minimizzare le conseguenze e gli effetti dell'incidente industriale ed
a fornire un'assistenza generale. Qualora le
Parti non abbiano accordi bilaterali o multilaterali che regolamentano le loro intese per la
prestazione di un'assistenza reciproca, l'assistenza sarà fornita in conformità con l'Annesso X al presente documento, a meno che le
Parti non decidano diversamente.
scambieranno informazioni ottenibili, compresi gli elementi contenuti all'Annesso XI al presente documento.
Art. 16
Scambio di tecnologia
1. Le Parti, in compatibilità con le loro leggi,
regolamenti e prassi, agevoleranno lo scambio di tecnologia per la prevenzione, la preparazione e la lotta contro gli effetti di incidenti
industriali in particolare grazie alla promozione
di:
(a) uno scambio di tecnologia disponibile su
varie basi finanziarie;
(b)cooperazione e contatti industriali diretti;
(c) scambio di informazioni e di esperienze;
(d)fornitura di assistenza tecnica.
2. Nel promuovere le attività specificate al
paragrafo 1, sotto-paragrafi (a) a (d) del presente Articolo, le Parti creeranno condizioni
favorevoli agevolando i contatti e la cooperazione tra le organizzazioni e gli individui appropriati nei settori sia pubblici che privati in
grado di fornire tecnologia, servizi di progettazione e di ingegneria, equipaggiamento o
mezzi finanziari.
Art. 13
Obblighi e Responsabilità
Le Parti sosterranno adeguate iniziative a
livello internazionale per elaborare le regole, i
criteri e le procedure nel campo della responsabilità.
Art. 14
Ricerca e sviluppo
Le Parti, come appropriato, inizieranno e
coopereranno allo svolgimento di ricerche, ed
allo sviluppo di metodi e di tecnologie per la
prevenzione, la preparazione e la lotta agli
incidenti industriali. A tal fine le Parti incoraggeranno e promuoveranno attivamente la
cooperazione scientifica e tecnologica, ivi
compresa la ricerca su procedimenti meno a
rischio in vista di ridurre i rischi da incidenti e
prevenire e limitare le conseguenze degli incidenti industriali.
Art. 15
Scambio di informazioni
Le Parti, a livello multilaterale o bilaterale, si
Art. 17
Autorità competenti
e punti di contatto
1. Ciascuna Parte designerà o istituirà una o
più autorità competenti ai fini della presente
convenzione.
2. Fatti salvi gli altri accordi a livello bilaterale o multilaterale, ciascuna parte designerà o
istituirà un punto di contatto per il sistema di
notifiche degli incidenti industriali ai sensi
dell'Articolo 10, ed un punto di contatto ai fini
dell'assistenza reciproca ai sensi dell'articolo
12. Il punto di contatto designato dovrebbe
essere lo stesso nei due casi.
3. Ciascuna Parte, entro tre mesi dalla data
dell'entrata in vigore della presente convenzione per quella Parte, dovrà informare le altre
Parti, tramite il Segretariato di cui all'Articolo
20, riguardo a quale Ente o enti ha designato
come punto(i) di contatto e come sua autorità
o autorità competenti.
4. Ciascuna Parte, entro un mese dalla data
della decisione, informerà le altre parti attraverso il Segretariato, di ogni cambiamento
147
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relativo alla designazione(i) da essa effettuata(e) in base al paragrafo 3 del presente
Articolo.
5. Ciascuna Parte manterrà il suo punto di
contatto ed i suoi sistemi di notifica di incidenti
industriali previsti dall'Articolo 10, in condizioni di operatività in ogni tempo.
6. Ciascuna Parte farà in modo che il suo
punto di contatto e le Autorità incaricate di
effettuare e ricevere richieste di assistenza e di
accettare offerte di assistenza ai sensi dell'art.
12 siano in ogni tempo operative.
Art. 18
Conferenza delle parti
1. I rappresentanti delle Parti costituiscono
la Conferenza delle Parti della presente
Convenzione e tengono riunioni su base regolare. La prima riunione della Conferenza delle
parti è convocata non oltre un anno dopo la
data di entrata in vigore della presente
Convenzione. In seguito, la Conferenza delle
Parti si riunisce almeno una volta l'anno o su
richiesta scritta di ogni Parte, sotto riserva che
detta domanda sia appoggiata da almeno un
terzo delle Parti nei sei mesi successivi alla
sua comunicazione a dette Parti dal Segretariato.
148
2. La Conferenza delle Parti:
a) segue l'attuazione della presente Convenzione;
b) svolge funzioni consultive volte a rafforzare la capacità delle Parti di prevenire gli
effetti transfrontalieri degli incidenti industriali, di prepararvisi e di combatterli e di
facilitare la fornitura di assistenza e di consulenze tecniche richieste dalle Parti confrontate ad incidenti industriali;
c) istituisce, nella misura necessaria, gruppi
di lavoro ed altri meccanismi appropriati
per esaminare le questioni relative all'attuazione ed allo sviluppo della presente
Convenzione ed a tal fine predispone
studi appropriati ed altri documenti e sottopone raccomandazioni alla Conferenza
delle Parti per considerazione;
d) svolge altre funzioni che possono rivelarsi
necessarie in attuazione delle disposizioni
della presente Convenzione;
e) nella sua prima riunione, esamina il
Regolamento interno per le sue riunioni e
lo adotta per consenso.
3. Nell'esercizio delle sue funzioni, la conferenza, delle Parti coopera anche, qualora lo
ritenga necessario, con le altre organizzazioni
internazionali competenti.
4. Nella sua prima riunione, la Conferenza
delle Parti stabilisce un programma di lavoro
tenendo conto in particolare degli elementi di
cui all'Annesso XII. Inoltre la Conferenza delle
parti decide sul metodo di lavoro ed in particolare si pronuncia sull'opportunità di fare
appello ai centri nazionali e di cooperare con
le organizzazioni internazionali competenti, di
instaurare un sistema in vista di facilitare l'attuazione della presente Convenzione in particolare ai fini dell'assistenza reciproca in caso
di incidente industriale e di appoggiarsi alle
attività svolte in questo settore nell'ambito
delle organizzazioni internazionali competenti.
Nel quadro del suo programma di lavoro, la
conferenza delle parti passa in rassegna i centri nazionali, regionali ed internazionali esistenti nonché gli altri organi e programmi incaricati di coordinare le informazioni e gli sforzi relativi alla prevenzione degli incidenti industriali
nonché le misure da adottare per la preparazione e la lotta allo scopo di determinare gli
istituti o centri internazionali supplementari
che possono essere necessari per svolgere i
compiti di cui all'Annesso XII.
5. Nella sua prima riunione, la Conferenza
delle parti inizia l'esame delle procedure volte
a creare condizioni più favorevoli allo scambio
di tecnologie per la prevenzione, la preparazione e la lotta contro gli effetti degli incidenti
industriali.
6. La Conferenza delle Parti adotta direttive
e criteri per agevolare l'individuazione di attività pericolose ai sensi della presente
Convenzione.
Art. 19
Diritto di voto
1. Sotto riserva delle disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo, le Parti alla presente Convenzione hanno ciascuna un voto.
2. Le organizzazioni d'integrazione economica regionale definite all'Articolo 27, nei settori di loro competenza, dispongono, per
esercitare il loro diritto di voto, di un numero di
voti pari al numero dei loro stati membri che
sono Parti alla presente Convenzione. Queste
organizzazioni non esercitano il loro diritto di
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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voto se gli Stati membri esercitano il loro, e
viceversa.
Art. 20
Segretariato
Il Segretario esecutivo della commissione
economica per l'Europa esercita le seguenti
funzioni di segretariato:
a) convoca e prepara le riunioni delle Parti;
b) trasmette alle Parti i rapporti ed altre informazioni ricevute in applicazione delle
disposizioni della presente Convenzione;
c) adempie ad ogni altra funzione che può
essergli assegnata dalle Parti.
Art. 21
Soluzione delle controversie
1. Qualora una controversia sorga tra due o
più Parti riguardo all'interpretazione o all'applicazione della presente Convenzione, queste
Parti ricercheranno una soluzione per via negoziale o con ogni altro metodo di soluzione
delle controversie che ritengono accettabile.
2. Nel firmare, ratificare, accettare ed approvare la presente Convenzione, o aderirvi, o in
ogni altro momento successivo, una Parte può
notificare per iscritto al Depositario che, per le
controversie che non sono state risolte secondo il paragrafo 1 del presente articolo, essa
accetta di considerare come obbligatorio(i),
nelle sue relazioni con ogni Parte che accetta lo
stesso obbligo, uno o entrambe i mezzi di regolamento delle controversie di cui in appresso:
a) Presentazione della controversia alla
Corte internazionale di Giustizia;
b) arbitrato, secondo la procedura esposta
all'Annesso XIII della presente Convenzione.
3. Qualora le Parti alla controversia abbiano
accettato entrambi i mezzi di soluzione delle
controversie di cui al paragrafo 2 del presente
articolo, la controversia potrà essere presentata solo alla Corte internazionale di Giustizia
a meno che le Parti non convengano diversamente.
non pregiudicano i diritti o gli obblighi delle
parti di tutelare secondo le leggi, i regolamenti, le disposizioni amministrative o le prassi
legali accettate o in vigore a livello nazionale, e
secondo i regolamenti internazionali applicabili, le informazioni relative ai dati personali, al
segreto, industriale e commerciale, compresa
la proprietà intellettuale o la sicurezza nazionale.
2. Tuttavia, qualora una Parte decida di fornire informazioni in tal modo tutelate ad un'altra Parte, la Parte che riceve tali informazioni
tutelate rispetta il loro carattere riservato e le
condizioni legate alla loro comunicazione e
utilizza tali informazioni per il solo fine per il
quale sono state fornite.
Art. 23
Attuazione
Le Parti rendono conto periodicamente dell'attuazione della presente Convenzione.
Art. 24
Accordi bilaterali e multilaterali
1. Le Parti, per adempiere agli obblighi che
incombono loro in virtù della presente Convenzione, devono continuare ad applicare gli
accordi bilaterali o multilaterali o altri accordi in
vigore o stipularne di nuovi.
2. Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicano il diritto delle Parti di
adottare ai sensi di un accordo bilaterale o
multilaterale. Se del caso, misure più rigorose
di quelle richieste dalla presente Convenzione.
Art. 25
Statuto degli Annessi
Gli annessi alla presente Convenzione sono
parte integrante della Convenzione.
Art. 26
Emendamenti alla convenzione
1. Ogni Parte può proporre emendamenti
alla presente Convenzione.
Art. 22
Limitazioni relative alla comunicazione
di informazioni
1. Le norme della presente Convenzione
2. Il testo di ogni proposta di emendamento
alla presente Convenzione viene sottoposto
per iscritto al Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa che lo
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comunica a tutte le Parti. La Conferenza delle
Parti esamina le proposte di emendamento
nella sua successiva riunione annuale, a condizione che il Segretario esecutivo della
Commissione economica per l'Europa abbia
trasmesso le proposte di emendamento alle
Parti almeno novanta giorni prima.
3. Per gli emendamenti alla presente Convenzione - ad eccezione degli emendamenti
all'Annesso I, per i quali la procedura é illustrata al paragrafo 4 del presente Articolo:
(a) Gli emendamenti sono adottati per consenso delle Parti presenti alla riunione e
sono sottoposti dal Depositario a tutte le
Parti per ratifica, accettazione o approvazione;
(b)Gli strumenti di ratifica, di accettazione o
di approvazione degli emendamenti sono
depositati presso il Depositario. Gli emendamenti adottati secondo il presente
Articolo entrano in vigore nei confronti
delle Parti che li hanno accettati il novantesimo giorno successivo alla data di ricezione da parte del Depositario del sedicesimo strumento di ratifica, di accettazione
o di approvazione;
(c) Successivamente, gli emendamenti entrano in vigore nei confronti di ogni altra
Parte il novantesimo giorno successivo al
deposito di detta parte del suo strumento
di ratifica, di accettazione o di approvazione degli emendamenti.
150
4. Per gli emendamenti all'Annesso I:
(a) Le Parti non lesinano alcun sforzo per
giungere ad un accordo mediante consenso. Qualora tutti gli sforzi in tal senso si
siano dimostrati vani e non si sia addiventi ad un accordo, gli emendamenti saranno adottati, in ultima istanza, mediante un
voto a maggioranza di nove decimi delle
Parti presenti alla riunione e votanti. Gli
emendamenti, se sono adottati dalla Conferenza delle Parti, sono comunicati alle
Parti con una raccomandazione di approvazione;
b) Allo scadere di un termine di dodici mesi a
decorrere dalla data della loro comunicazione da parte del Segretario esecutivo
della Commissione economica per
l'Europa, gli emendamenti all'Annesso I
entrano in vigore per le Parti alla presente
Convenzione che non hanno sottoposto
una notifica secondo le disposizioni del
paragrafo 4c del presente Articolo, a patto
che sedici Parti almeno non abbiano presentato questa notifica.
c) Ogni Parte che non può approvare un
emendamento all'Annesso I della presente Convenzione lo notifica al Segretario
esecutivo della Commissione economica
per l'Europa per iscritto entro un termine
di dodici mesi, a decorrere dalla data di
comunicazione dell'adozione. Il Segretario
esecutivo informa senza ritardo tutte le
Parti del ricevimento di tale notifica. Una
Parte può in ogni tempo sostituire un'accettazione alla sua precedente notifica: in
tal caso l'emendamento all'Annesso I
entra in vigore nei confronti di tale Parte.
d) Ai fini del presente paragrafo, l'espressione "Parti presenti e votanti" designa le
Parti presenti che hanno emesso un voto
affermativo o negativo.
Art. 27
Firma
La presente Convenzione è aperta a Helsinki
dal 17 marzo 1992 al 18 marzo 1992 compreso, e successivamente presso la Sede
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a New
York, fino al 18 settembre 1992, alla firma degli
Stati membri della Commissione economica
per l'Europa, nonché degli Stati dotati di statuto consultivo presso la Commissione economica per l'Europa in virtù del paragrafo 8 della
Risoluzione 36 (IV) del Consiglio economico e
sociale del 28 marzo 1947, e delle organizzazioni d'integrazione economica regionale costituite da Stati sovrani, membri della Commissione economica per l'Europa i quali Stati sovrani hanno demandato a dette organizzazioni
competenza per le materie trattate dalla presente Convenzione, compresa la competenza
a concludere trattati in tali materie.
Art. 28
Depositario
Il Segretario generale dell'Organizzazione
delle Nazioni Unite esercita le funzioni di depositario della presente Convenzione.
Art 29
Ratifica, accettazione, approvazione
ed adesione
1. La presente Convenzione è soggetta alla
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ratifica, all'accettazione o all'approvazione degli Stati e delle organizzazioni d'integrazione
economica regionale firmatarie di cui all'articolo 27.
2. La presente Convenzione è aperta all'adesione degli Stati e delle organizzazioni di cui
all'articolo 27.
3. Ogni Organizzazione di cui all'articolo 27
che diviene Parte alla presente Convenzione
senza che nessuno degli Stati membri di detta
Convenzione ne sia Parte, è vincolata da tutti
gli obblighi che derivano dalla Convenzione.
Quando uno o più Stati membri di tale Organizzazione sono Parti alla presente Convenzione, tale Organizzazione ed i suoi Stati
membri stabiliscono di comune accordo le
loro rispettive responsabilità nella esecuzione
degli obblighi contratti in virtù della presente
Convenzione. In tal caso, l'Organizzazione e
gli Stati membri non sono abilitati ad esercitare congiuntamente i diritti che derivano dalla
presente Convenzione.
4. Nei loro strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, le organizzazioni d'integrazione economica regionale
di cui all'articolo 27 indicano la portata della
loro competenza nei confronti delle materie
che sono oggetto della presente Convenzione. Inoltre queste organizzazioni informano il
Depositario di ogni modifica importante della
portata della loro competenza.
Art. 30
Entrata in vigore
1. La presente Convenzione entra in vigore
il novantesimo giorno successivo alla data di
deposito del sedicesimo strumento di ratifica,
di accettazione, di approvazione o di adesione.
2. Ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, lo strumento depositato da un'Organizzazione d'integrazione economica regionale di
cui all'articolo 27 non è calcolato come addizionale a quelli depositati dagli Stati membri di
questa Organizzazione.
3. Nei confronti di ciascun Stato o Organizzazione di cui all'articolo 23 che ratifica,
accetta o approva la presente Convenzione o
vi aderisce dopo il deposito del sedicesimo
strumento di ratifica, di accettazione di approvazione o di adesione, la Convenzione entra in
vigore il novantesimo giorno successivo alla
data di deposito, da parte di tale Stato o di
tale Organizzazione, del proprio strumento di
ratifica, di accettazione, di approvazione o di
adesione.
Art. 31
Denuncia
1. In ogni tempo successivamente allo scadere di un termine di tre anni avente inizio a
decorrere dalla data in cui la presente Convenzione è entrata in vigore nei confronti di
una Parte, detta Parte può denunciare la Convenzione per mezzo di una notifica scritta indirizzata al Depositario. Questa denuncia ha effetto il novantesimo giorno successivo alla data
di ricevimento della notifica da parte del
Depositario.
2. Tale denuncia non pregiudica l'applicazione dell'articolo 4 ad un'attività che è stata
oggetto di una notifica in attuazione dell'articolo 4, paragrafo 1, o di una domanda di dibattito in applicazione dell'articolo 4, paragrafo 2.
Art. 32
Testi autentici
L'originale della presente Convenzione, i cui
testi in francese, inglese e russo sono ugualmente autentici, è depositato presso il segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
IN FEDE DI CHE i sottoscritti a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato la presente
Convenzione.
ANNESSO I - Sostanze pericolose ai fini
della definizione delle attività a rischio
I quantitativi indicati in appresso si riferiscono a ciascuna attività o gruppo di attività. Quando una categoria di
quantitativi è riportata nella Parte I, il quantitativo limite è
costituito dai quantitativi massimi forniti per ciascuna
categoria. Cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente Convenzione, è il quantitativo minimo indicato in
ciascuna categoria che diverrà il quantitativo limite, salvo
emendamento.
Quando una sostanza o preparato designati nominativamente nella Parte II appartengono anche ad una categoria della Parte I, si applica il quantitativo limite indicato
nella Parte II.
Per individuare le attività a rischio, le Parti tengono
151
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L. 30/2002
conto della possibilità prevedibile di aggravamento dei
rischi connessi, nonché dei quantitativi di sostanze a
rischio e della loro prossimità, e del fatto che la responsabilità sia assunta da uno o più operatori.
Parte I. Categorie di sostanze e di preparati che non sono specificamente designati nella Parte II
Categoria
1. Gas infiammabili 1 a), compreso il GPL
2. Liquidi molto infiammabili 1 b)
3. Sostanze molto tossiche 1 c)
4. Sostanze tossiche 1 d)
5. Sostanze ossidanti 1 e)
6. Sostanze esplosive 1 f)
7. Liquidi infiammabili 1 g) (manipolati a condizioni speciali di
pressione e di temperatura)
8. Sostanze pericolose per l'ambiente 1 h)
Quantitativo limite (tonnellate)
200
50.000
20
500-200
500-200
200-50
200
200
Parte II. Sostanze designate nominativamente
Sostanza
1. Ammoniaca
2. a) Nitrato di ammonio 2/
b) Nitrato di ammonio sotto forma di fertilizzanti 3/
3. Acrilonitrile
4. Cloro
5. Ossido di etilene
6. Cianuro d'idrogeno
7. Fluoruro d'idrogeno
8. Solfuro d'idrogeno
9. Biossido di zolfo
10. Triossido di zolfo
11. Piombo alchili
12. Fosgeno
13. Isocianato di metile
Quantitativo limite (tonnellate)
500
2.500
10.500
200
25
50
20
50
50
250
75
50
0,75
0,15
NOTE
1. Criteri indicativi. In mancanza di altri criteri appropriati, le Parti possono adottare i seguenti criteri per classificare le
sostanze o i preparati ai fini della Parte I del presente Annesso.
a) GAS INFIAMMABILI: sostanze che, allo stato gassoso, a pressione normale ed in miscela con l'aria, divengono
infiammabili ed il cui punto di ebollizione a pressione normale é pari o inferiore a 20 gradi;
b) LIQUIDI MOLTO INFIAMMABILI: sostanze la cui temperatura di ignizione è inferiore a 21 gradi ed il cui punto
di ebollizione a pressione normale è superiore a 20 gradi;
c) SOSTANZE MOLTO TOSSICHE: sostanze le cui proprietà corrispondono a quelle enunciate alle tabelle 1 o 2 in
appresso e che, a causa delle loro proprietà fisiche e chimiche, sono suscettibili di dar luogo a rischi di incidenti
industriali.
Tabella 1
DL 50 (ingestione) 1)
mg/kg di massa del corpo
DL50 ≤ 25
DL50 (assorbimento cutaneo) 2)
mg/kg di massa del corpo
DL50 ≤ 50
CL50 3)
mg/l
CL50 > 0,5
1) DL50 per ingestione nel ratto
2) DL50 per assorbimento cutaneo nel ratto o nel coniglio
3) CL50 per inalazione (quattro ore) nel ratto
Tabella 2
Dose di reazione discriminante mg/kg di massa del corpo
152
<5
Se la tossicità acuta per ingestione delle sostanze negli animali, è stata determinata mediante il metodo delle dosi
fisse.
d) SOSTANZE TOSSICHE: sostanze le cui proprietà corrispondono a quelle indicate nelle tabelle 3 o 4 e che, a
causa delle loro proprietà fisiche e chimiche sono suscettibili di dar luogo a rischi di incidenti industriali.
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Tabella 3
DL50 (ingestione) 1)
mg/kg di massa del corpo
DL50 ≤ 200
DL50 (assorbimento cutaneo) 2)
mg/kg di massa del corpo
DL50 ≤ 400
CL50 3)
mg/l (inalazione)
0,5 CL50 ≤ 2
1) DL50 per ingestione nel ratto
2) DL50 per assorbimento cutaneo nel ratto o nel coniglio
3) CL50 per inalazione (quattro ore) nel ratto
Tabella 4
Dose di reazione discriminante mg/kg di massa del corpo
=5
Se la tossicità acuta per ingestione delle sostanze nell'animale, è stata determinata mediante il metodo delle dosi
fisse.
e) SOSTANZE OSSIDANTI: sostanze che, a contatto con determinate sostanze - soprattutto se queste ultime sono
infiammabili - danno luogo a reazioni fortemente esotermiche.
f) SOSTANZE ESPLOSIVE: sostanze che sono suscettibili di esplodere per effetto di una fiamma o che sono più
sensibili del benzene agli urti o a frizione.
g) LIQUIDI INFIAMMABILI: sostanze la cui temperatura di ignizione è inferiore a 55 gradi e che restano liquidi sotto
pressione, al punto che condizioni particolari di trattamento, ad esempio ad alta pressione ed a temperatura elevata, possono comportare rischi di incidenti industriali.
h) SOSTANZE PERICOLOSE PER L'AMBIENTE: sostanze che presentano una tossicità acuta per l'ambiente
acquatico alle concentrazioni indicate alla Tabella 5.
Tabella 5
CL50 1)
mg/l
CL50 ≤ 10
CE50 2)
mg/l
CE50 ≤ 10
CI50 3)
mg/l
CI50 ≤ 10
1) CL50 nel pesce (96 ore)
2) CE50 nella dafnie (48 ore)
3) CI50 nelle alghe (72 ore)
quando la sostanza non è agevolmente degradabile o quando log Poe > 3,0 (a meno che il FBC determinato sperimentalmente non sia pari o inferiore a 100).
i) DL = dose letale
j) CL = concentrazione letale
k) CE = concentrazione effettiva
l) CI = concentrazione inibente
m) Poe = coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua
n) FBC = fattore di bioconcentrazione
2. Quanto sopra si applica al nitrato di ammonio ed alle miscele di nitrato di ammonio, quando il tenore in azoto corrispondente al nitrato di ammonio è superiore a 28% in massa, ed alle soluzioni acquose di nitrato di ammonio,
quando la concentrazione di nitrato di ammonio è superiore al 90% in massa.
3. Quanto sopra si applica ai fertilizzanti al nitrato di ammonio, semplici o composti, quanto il tenore in azoto corrispondente al nitrato di ammonio è superiore al 28% in massa (un fertilizzante composto al nitrato di ammonio contiene anche del fosfato e/o del potassio).
4. Le miscele ed i preparati contenenti tali sostanze saranno trattati allo stesso modo delle sostanze pure a meno che
esse non dimostrino più proprietà equivalenti e non siano suscettibili di avere effetti transfrontalieri.
ANNESSO II - Procedura della commissione
d’inchiesta in attuazione degli articoli 4 e 5
1. La (o le) Parte (i) richiedente (i) notifica (no) il
Segretariato che essa (e) sottopone (sottopongono) una
(o delle) questione (i) ad una Commissione d'inchiesta istituita secondo le norme del presente Annesso. Tale notifica enuncia l'oggetto dell'inchiesta. Il Segretariato informa
immediatamente tutte le parti alla Convenzione di tale
richiesta d'inchiesta.
2. La Commissione d'inchiesta è composta da tre
membri. Sia la parte richiedente che l'altra parte alla procedura d'inchiesta nominano un esperto scientifico e tecnico ed i due esperti in tal modo nominati designano di
comune accordo un terzo esperto che è il Presidente
della Commissione d'inchiesta. Quest'ultimo non deve
essere cittadino di una delle parti alla procedura d'inchiesta né avere la sua residenza abituale sul territorio di una
di queste Parti, né essere a servizio di una tra di loro, o
essersi già occupato del caso in questione a qualsiasi
153
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 30/2002
altro titolo.
3. Se, entro i due mesi successivi alla nomina del
secondo esperto, non è stato designato il Presidente
della Commissione d'inchiesta, il Segretario esecutivo
della Commissione economica per l'Europa procede, a
richiesta di una delle Parti, alla sua nomina, entro un ulteriore termine di due mesi.
4. Se, entro il termine di un mese a decorrere dal ricevimento della notifica indirizzata dal Segretariato, una
delle Parti alla procedura d'inchiesta non nomina un
esperto, l'altra parte può informarne il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa, che procederà alla nomina del Presidente della Commissione
d'inchiesta entro un ulteriore termine di due mesi. Non
appena sia stato nominato, il Presidente della Commissione d'inchiesta chiede alla Parte che non ha nominato
un esperto, di procedere alla designazione entro un
mese. Qualora essa non proceda entro questo termine, il
presidente ne informa il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa che procede a tale
nomina entro un nuovo termine di due mesi.
5. La Commissione d'inchiesta stabilisce il proprio
regolamento interno.
6. La Commissione d'inchiesta può adottare ogni
misura appropriata per esercitare le sue funzioni.
7. Le parti alla procedura d'inchiesta facilitano il compito della Commissione d'inchiesta e soprattutto, con ogni
mezzo a loro disposizione:
a) Forniscono alla Commissione d'inchiesta tutti i
documenti, le agevolazioni e le informazioni pertinenti;
b) consentono alla Commissione d'inchiesta, se del
caso, di citare e di sentire testimoni o esperti.
8. Le Parti e gli esperti tutelano il segreto di ogni informazione da essi ricevuta a titolo riservato durante i lavori
della Commissione d'inchiesta.
9. Se una delle Parti alla procedura d'inchiesta non si
presenta dinnanzi alla Commissione d'inchiesta o si,
astiene dall'esporre il proprio caso, l'altra Parte può chiedere alla Commissione d'inchiesta di proseguire la procedura e di completare i suoi lavori. Il fatto che una Parte
non si presenti dinnanzi alla Commissione o non esponga
il proprio caso, non costituisce ostacolo al proseguimento o al completamento dei lavori della Commissione d'inchiesta.
10. A meno che la Commissione d'inchiesta non decida diversamente in ragione di circostanze particolari del
caso, le spese di tale Commissione, compresa la retribuzione dei suoi membri, sono sostenute a parti uguali dalle
Parti alla procedura d'inchiesta. La Commissione d'inchiesta conserva un rendiconto di tutte le sue spese e ne
fornisce un estratto finale alle Parti.
11. Ogni Parte che ha un interesse effettivo riguardo
all'oggetto della procedura d'inchiesta, e che è suscettibile di essere lesa da un'opinione pronunciata in merito,
può intervenire nella procedura con l'accordo della
Commissione d'inchiesta.
154
12. Le decisioni della Commissione d'inchiesta sulle
questioni di procedura devono essere adottate a maggioranza dei membri. Il parere definitivo della Commissione
d'inchiesta riflette il parere della maggioranza dei suoi
membri ed è accompagnato se del caso da ogni opinione dissidenti.
13. La Commissione d'inchiesta pronuncia la sua opinione definitiva entro i due mesi successivi alla data in cui
é stata costituita, a meno che non ritenga necessario di
prorogare questo termine per una durata che non dovrebbe superare due mesi.
14. L'opinione definitiva della Commissione d'inchiesta
è fondata su principi scientifici accettati. La Commissione
d'inchiesta comunica la sua opinione definitiva alle Parti
alla procedura d'inchiesta ed al Segretariato.
ANNESSO III - Procedure da seguire
in attuazione dell’articolo 4
1. La Parte di origine può domandare di consultare
un'altra Parte in conformità con i paragrafi 2 e 3 del presente Annesso, al fine di determinare se essa è una Parte
colpita.
2. Se un'Attività proposta o esistente è a rischio, la
Parte di origine, in vista di procedere a consultazioni
appropriate ed efficaci, lo notifica. ai livelli appropriati ad
ogni Parte suscettibile, a suo parere, di essere colpita, il
prima possibile e non oltre il momento in cui informa il suo
pubblico riguardo a tale attività proposta o esistente. In
caso di attività a rischio esistenti, tale notifica è data non
oltre i due anni successivi all'entrata in vigore della presente Convenzione nei confronti della Parte di origine.
3. La notifica contiene in particolare:
a) Informazioni sull'attività a rischio, ivi compresa ogni
informazione o rapporto disponibile, ad esempio le
informazioni fornite in attuazione dell'Articolo 6, sugli
effetti transfrontalieri che potrebbe avere in caso di
incidente industriale;
b) l'indicazione di un termine ragionevole per la comunicazione di una risposta a titolo del paragrafo 4 del
presente Annesso, in considerazione della natura
dell'attività;
Possono essere incluse in detta notifica, le informazioni menzionate al paragrafo 6 del presente Annesso.
4. Le Parti che hanno ricevuto la notifica rispondono
alla Parte di origine entro il termine specificato nella notifica accusando ricevuta di quest'ultima ed indicando se
esse hanno intenzione di iniziare delle consultazioni.
5. Se una Parte che ha ricevuto la notifica, fa sapere
che non é intenzionata ad iniziare delle consultazioni,
oppure se essa non risponde entro il termine specificato
nella notifica, non vengono applicate le norme contenute
nei seguenti paragrafi del presente Annesso. In tal caso,
non è pregiudicato il diritto della parte di origine di determinare se essa debba procedere ad una valutazione e ad
un'analisi in base alla sua legislazione e prassi nazionale.
6. Se una Parte da essa notificata le comunica il suo
desiderio di iniziare delle consultazioni, la Parte d'origine
fornisce a detta Parte, qualora non lo abbia ancora fatto:
a) informazioni pertinenti relative al programma per lo
svolgimento dell'analisi, con una indicazione dei
tempi per la comunicazione di osservazioni;
b) informazioni pertinenti sull'attività a rischio e sugli
effetti transfrontalieri che potrebbe avere in caso di
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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incidente industriale;
c) la possibilità di partecipare alla valutazione delle
informazioni o di ogni rapporto che provi la possibilità di eventuali effetti transfrontalieri.
7. La Parte colpita fornisce alla Parte di origine, su
richiesta di quest'ultima, le informazioni che possono ragionevolmente essere ottenute concernenti la zona sotto
la sua giurisdizione suscettibile di essere colpita, qualora
tali informazioni siano necessarie per procedere alla predisposizione della valutazione e dell'analisi ed adottare
provvedimenti. Le informazioni saranno fornite rapidamente e, come appropriato, attraverso un organo comune qualora esista.
8. La Parte di origine fornisce alla Parte colpita, direttamente, se del caso, o tramite un organo comune, qualora esista; i documenti relativi all'analisi ed alla valutazione
descritti all'Annesso V, paragrafi 1 e 2.
9. Le Parti interessate informano il pubblico nelle zone
che, sono ragionevolmente suscettibili di essere colpite
dall'attività a rischio ed adottano provvedimenti affinché i
documenti relativi all'analisi ed alla valutazione siano distribuiti al pubblico ed alle autorità nelle zone pertinenti.
Le Parti offrono loro la possibilità di formulare osservazioni o obiezioni riguardo all'attività a rischio e fanno in modo
che le loro opinioni siano trasmesse all'autorità competente della Parte di origine, sia direttamente, sia, se del
caso, tramite la Parte d'origine, in tempi ragionevoli.
10. Quando i documenti relativi all'analisi ed alla valutazione sono pronti, la Parte d'origine inizia, senza indebito
ritardo, consultazioni con la Parte colpita riguardo in particolare agli effetti transfrontalieri dell'attività a rischio in
caso di incidente industriale ed alle misure atte a limitare
tali effetti o ad eliminarli.
Le consultazioni possono vertere:
a) su eventuali soluzioni alternative all'attività a rischio,
compresa l'opzione "zero" e su provvedimenti che
potrebbero essere adottati per attenuare gli effetti
transfrontalieri a spese della Parte di origine;
b) su altre forme praticabili di assistenza reciproca per
ridurre ogni effetto transfrontaliero;
c) su ogni altra questione pertinente.
Le Parti interessate convengono, all'inizio di tali consultazioni, di un termine ragionevole per la durata del periodo di consultazioni. Tali consultazioni potranno essere
svolte mediante un organo comune appropriato, qualora
ne esista uno.
ANNESSO IV - Misure preventive da adottare
in attuazione dell’articolo 6
Le misure in appresso possono essere attuate secondo la legislazione e le prassi nazionali, dalle Parti, dalle
autorità competenti o dagli operatori o nel quadro di sforzi concertati:
1. istituzione di obiettivi generali o specifici in materia di
sicurezza;
2. adozione di norme legislative o di direttive relative
alle misure di sicurezza ed alle norme di sicurezza;
3. individuazione di attività a rischio che esigono l'attuazione di particolari misure preventive, compreso
se del caso un sistema di licenze o di autorizzazioni;
4. valutazione delle analisi di rischio o degli studi di
sicurezza relativi alle attività a rischio nonché di un
piano d'azione in vista dell'attuazione delle misure
necessarie;
5. fornire alle Autorità competenti le informazioni
necessarie per valutare i rischi;
6. applicare la tecnologia più appropriata, al fine di prevenire gli incidenti industriali e proteggere gli esseri
umani e l'ambiente;
7. impartire, a tutte le persone che partecipano ad attività a rischio in situ, sia in situazioni normali che in
situazioni anomale, una formazione ed un addestramento appropriato al fine di prevenire gli incidenti
industriali;
8. istituire strutture e prassi di gestione interna che consentano l'attuazione ed il mantenimento effettivi dei
regolamenti di sicurezza;
9. sorvegliare le attività a rischio ed effettuare verifiche
ed ispezioni.
11. Le Parti interessate vigilano affinché si tenga debitamente conto dell'analisi e della valutazione nonché delle
osservazioni ricevute in attuazione del paragrafo 9 del
presente Annesso e dei risultati delle consultazioni menzionate al paragrafo 10 del presente Annesso.
12. La Parte di origine notifica alle Parti colpite ogni
decisione adottata in merito all'attività nonché i motivi e le
considerazioni sulle quali essa si fonda.
13. Qualora giungano a conoscenza di una Parte interessata, informazioni supplementari pertinenti riguardo
agli effetti transfrontalieri di un'attività a rischio, che non
erano disponibili nel momento in cui tale attività è stata
oggetto di consultazioni, detta Parte interessata ne informa immediatamente l'altra (o le altre) Parte (i) interessata
(e). Qualora una delle Parti interessate lo richieda, si terranno nuove consultazioni.
155
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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ANNESSO V - Analisi e valutazione
1. L'analisi e la valutazione dell'attività a rischio dovranno essere effettuate con una portata ed un approfondimento
variabili a seconda dello scopo per il quale sono effettuate.
2. La tabella seguente illustra gli elementi da prendere in considerazione nell'analisi e nella valutazione, ai fini previsti
nei relativi Articoli ed enumerati in appresso:
Oggetto dell'analisi
Elementi da prendere in considerazione
Preparazione alle situazioni di emergenza
attuazione dell'articolo 8
1) Quantità e proprietà delle sostanze a rischio presenti in situ;
2) Brevi scenari descrittivi di un campione rappresentativo di incidenti
industriali suscettibili di essere provocati dall'attività a rischio con
l'indicazione delle probabilità di ciascuno;
3) Per ogni scenario:
a) La quantità approssimativa di sostanza fuoruscita;
b) La portata e la gravità delle conseguenze derivanti sia sulle
persone che sull'ambiente, in condizioni favorevoli e sfavorevoli,
compresa l'estensione delle zone a rischio risultanti;
c) I tempi entro i quali l'evento iniziale potrebbe degenerare in
incidente industriale;
d) Ogni azione che potrebbe essere intrapresa per limitare nella
misura del possibile la probabilità di un aggravamento.
4) L'importanza e la ripartizione della popolazione nelle vicinanze,
compresa ogni vasta concentrazione di persone suscettibili di
trovarsi nella zona a rischio;
5) L'età, la mobilità e la vulnerabilità di tale popolazione.
Adozione di decisioni sulla scelta del sito
in attuazione dell'Articolo 7
Oltre agli elementi di cui ai capoversi (1) a (5) di cui sopra:
6) La gravità del danno inflitto alle persone ed all'ambiente secondo
la natura e le circostanze della sostanza fuoruscita;
7) La distanza dal sito dell'attività a rischio alla quale potrebbero
ragionevolmente verificarsi effetti nocivi per le persone e
l'ambiente in caso di incidente industriale;
8) Le stesse informazioni, tenendo conto non solo della situazione
presente ma anche di sviluppi futuri programmati o che si
possono ragionevolmente prevedere.
Informazione del pubblico in attuazione
dell'Articolo 9
Oltre agli elementi di cui ai capoversi 1) a 4) di cui sopra:
9) Le persone che possono essere colpite da un incidente industriale
Misure preventive in attuazione dell'Articolo 6
156
Oltre agli elementi di cui ai capoversi 4) a 9) di cui sopra, saranno
necessarie versioni più dettagliate delle descrizioni e delle valutazioni
di cui ai capoversi 1) a 3) in vista dell'adozione di misure preventive.
Oltre a queste descrizioni e valutazioni, occorrerà prendere in
considerazione i seguenti elementi:
10)I quantitativi di materie a rischio manipolate e le condizioni di
manipolazione;
11)Una lista di scenari dei vari tipi di incidenti industriali aventi effetti
gravi, compresi esempi che includono la gamma completa di tutti
gli incidenti possibili, dal meno importante al più importante, e la
possibilità di effetti prodotti da attività svolte nel vicinato;
12)Per ogni scenario, una descrizione degli eventi che potrebbero
essere all'origine di un incidente industriale e le fasi che
potrebbero determinarne l'aggravamento;
13)Una valutazione almeno in termini generali del grado di probabilità
che ciascuna di queste fasi si verifichi, tenuto conto delle misure
previste al capoverso 14);
14)Una descrizione delle misure preventive relative sia al materiale che
alle procedure, miranti a ridurre le probabilità che ciascuna fase
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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avvenga;
15)Una valutazione degli effetti che potrebbero essere causati da un
eventuale malfunzionamento rispetto alle normali condizioni
operative, nonché i provvedimenti adottati per fermare in sicurezza
l'attività a rischio o qualsiasi sua fase in caso di emergenza,
nonché l'esigenza di una formazione del personale per garantire
che malfunzionamenti potenzialmente gravi siano individuati in una
fase iniziale e che si provveda all'azione appropriata;
16)Una valutazione che indichi fino a che punto le modifiche, i lavori di
riparazione ed i lavori di manutenzione relativi all'attività a rischio
potrebbero compromettere le misure di controllo e le conseguenti
disposizioni da adottare affinché questo controllo sia mantenuto.
ANNESSO VI - Adozione di decisioni relativa
alla scelta del sito in attuazione dell’articolo 7
Le disposizioni in appresso illustrano gli elementi da
prendere in considerazione in attuazione dell'articolo 7:
1. i risultati dell'analisi e della valutazione del rischio,
compresa una valutazione in attuazione dell'Annesso V, delle caratteristiche fisiche della zona in cui si
prevede di impiantare l'attività a rischio;
2. i risultati delle consultazioni e del processo di partecipazione del pubblico;
3. un'analisi dell'aumento o della diminuzione del rischio determinato da ogni nuovo elemento sul territorio della Parte colpita in relazione ad un'attività a
rischio esistente sul territorio della Parte di origine;
4. la valutazione dei rischi ambientali, compreso ogni
effetto transfrontaliero;
5. una valutazione delle nuove attività a rischio che
potrebbero essere fonte di rischi;
6. un attento esame della localizzazione dove impiantare attività a rischio nuove e modificare in maniera
significativa le attività a rischio esistenti, ad una
distanza di sicurezza dagli agglomerati esistenti,
nonché della costituzione di una zona di sicurezza
introo alle attività a rischio; all'interno di tali zone gli
sviluppi suscettibili di aumentare i rischi per la popolazione, o di aumentare in ogni altro modo la gravità
del rischio dovrebbero essere esaminati da vicino.
ANNESSO VII - Misure di preparazione
alle situazioni di emergenza in attuazione
dell’articolo 8
1. Tutti i piani di emergenza sia sul sito che all'esterno
del sito, dovranno essere coordinati in maniera tale da fornire una risposta globale ed efficace agli incidenti industriali.
2. I piani di emergenza dovrebbero includere le azioni
necessarie per localizzare le emergenze e prevenire o
ridurre al minimo i loro effetti transfrontalieri. Essi dovrebbero altresì includere misure per avvisare la popolazione,
e, qualora appropriato, misure di evacuazione, altre azioni di protezione o di soccorso e servizi sanitari.
3. I piani di emergenza dovrebbero fornire al personale
in situ, alle persone che potrebbero essere colpite all'esterno del sito ed alle forze di soccorso, dettagli sulle procedure tecniche ed organizzative appropriate per far fron-
te nel caso di un incidente industriale suscettibile di avere
effetti transfrontalieri, e prevenire e ridurre al minimo gli
effetti sulla popolazione, sia sul sito che fuori di esso.
4. I piani di emergenza attuabili sul sito potrebbero
includere ad esempio le seguenti misure:
a) indicazione delle competenze e le responsabilità organizzative sul sito in caso di emergenze;
b) descrizione dei passi da intraprendere in caso di incidenti industriali o di minaccia imminente di tali incidenti, al fine di tenere a bada la situazione o l'evento, oppure indicare dove poter reperire tale descrizione;
c) illustrazione del materiale e delle risorse disponibili;
d) indicare i provvedimenti da prendere per allertare rapidamente in caso di incidente industriale, l'autorità
pubblica incaricata dei primi soccorsi fuori del sito,
nonché il tipo di informazioni da comunicare nella
fase di allerta iniziale e le misure da prendere in vista
di fornire informazioni più dettagliate non appena
saranno divenute disponibili;
e) indicare i provvedimenti previsti per formare il personale alle funzioni che sarà chiamato a svolgere.
5. I piani di emergenza applicabili all'esterno del sito
potrebbero ad esempio contenere le seguenti misure:
a) indicare le competenze e le responsabilità organizzative fuori dal sito in caso di situazione di emergenza, in particolare le modalità d'integrazione con i
piani applicabili in situ;
b) indicare i metodi e le procedure da seguire per il personale di soccorso ed il personale medico;
c) indicare i metodi da attuare per determinare rapidamente la zona colpita;
d) indicare le disposizioni da adottare affinché l'incidente industriale sia prontamente notificato alle Parti colpite o suscettibili di esserlo e affinchè questo collegamento sia poi mantenuto;
e) individuare le risorse necessarie per eseguire il piano
ed il dispositivo di coordinamento;
f) indicare le disposizioni previste per informare il pubblico, compreso, se del caso, il dispositivo previsto
per completare e ri-divulgare le informazioni già
comunicate in attuazione dell'Articolo 9;
g) indicare le disposizioni previste in materia di formazione e di esercizi.
6. I piani di emergenza potrebbero includere misure
per: la gestione, la raccolta, la pulizia, l'immagazzinaggio, la rimozione e l'eliminazione in sicurezza delle sostanze a rischio e del materiale contaminato, nonché il
ripristino.
157
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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ANNESSO VIII - Elementi di informazione
da comunicare al pubblico in attuazione
dell’articolo 9
1. Denominazione della società, indirizzo dove si svolge l'attività a rischio e l'individuazione, in base alla posizione, della persona che comunica l'informazione;
2. Spiegazione, in termini semplici, dell'attività a rischio,
compresi i rischi;
3. Denominazione comune o denominazione generica
o classifica generale di pericolo delle sostanze e preparati utilizzati nel quadro dell'attività a rischio e indicazione
delle loro principali caratteristiche di pericolo;
4. Informazioni generali tratte da una valutazione dell'impatto ambientale, qualora siano disponibili e pertinenti;
5. Informazioni generali relative alla "natura dell'incidente industriale” suscettibile di prodursi nel quadro dell'attività a rischio, nonché ai potenziali effetti sulla popolazione
e sull'ambiente;
6. Appropriate informazioni sul modo con il quale la
popolazione colpita sarà allenata e tenuta informata in
caso di incidente Industriale;
7. Informazioni appropriate sui provvedimenti che la
popolazione colpita dovrebbe prendere e sul comportamento da adottare in caso di incidente industriale;
8. Informazioni appropriate sulle misure adottati nei
confronti dell'attività a rischio, compresi i collegamenti
con i servizi di soccorso per far fronte agli incidenti industriali, ridurne la gravità ed attenuarne gli effetti;
9. Informazioni generali sul piano di emergenza fuori dal
sito, istituito dai servizi di soccorso per lottare contro ogni
effetto di un incidente industriale, compresi i suoi effetti
transfrontalieri;
10. Informazioni generali in merito alle esigenze ed alle
particolari condizioni cui l'attività a rischio deve soddisfare secondo la regolamentazione e/o le disposizioni amministrative nazionali pertinenti, compresi i sistemi di licenza
o di autorizzazioni;
11. Indicazioni su dove ottenere ulteriori informazioni
pertinenti.
ANNESSO IX - Sistemi di notifica degli incidenti
industriali in attuazione dell’articolo 10
1. I sistemi di notifica degli incidenti industriali consentono di trasmettere il più rapidamente possibile dati e previsioni secondo codici preliminarmente stabiliti utilizzando
sistemi compatibili, di trasmissione e di elaborazione dati
per dare l'allarme ed intervenire, in emergenze, e per
adottare misure per ridurre e circoscrivere le conseguenze di effetti transfrontalieri, in considerazione delle diverse
esigenze ai vari livelli.
158
2. Gli elementi da notificare in caso di incidente industriale sono in particolare i seguenti:
a) Il tipo e l'ampiezza dell'incidente industriale, le
sostanze a rischio implicate (qualora siano note) e la
gravità degli eventuali effetti;
b) l'ora ed il luogo esatto dell'incidente;
c) ogni altra informazione disponibile, necessaria per
far fronte efficacemente all'incidente industriale.
3. La notifica di un incidente industriale deve essere
completata, ad intervalli appropriati, oppure ogni qualvolta ciò sia richiesto, dalla notifica di altre informazioni pertinenti sull'evoluzione della situazione relativa agli effetti
transfrontalieri.
4. Saranno regolarmente effettuati collaudi ed esami
per verificare l'efficacità dei sistemi di notifica degli incidenti industriali, compresa la regolare formazione del personale interessato.
Se del caso, tali collaudi, esami ed attività di formazione saranno svolti congiuntamente.
ANNESSO X - Assistenza reciproca
secondo l’articolo 12
1. La direzione, il controllo, il coordinamento e la supervisione generale dell'assistenza incombono alla Parte che
richiede l'assistenza. Il personale che partecipa all'operazione di assistenza, agisce secondo la legislazione pertinente della Parte che richiede l'assistenza. Le autorità
competenti di quest'ultima cooperano con l'autorità designata dalla Parte cha fornisce l'assistenza in attuazione
dell'Articolo 17, per assumere la diretta supervisione operativa del personale e del materiale fornito dalla Parte che
fornisco l'assistenza.
2. La Parte che richiede l'assistenza fornisce, nella
misura dei suoi mezzi,strutture e servizi locali per labuona
e corretta amministrazione dell'assistenza e garantisce la
protezione del personale, dell'equipaggiamento e del materiale trasportati sul suo territorio a tal fine dalla Parte che
fornisce l'assistenza o per conto di essa.
3. Salvo diverso accordo tra le Parti interessate, l'assistenza è fornita a spese della Parte che richiede l'assistenza. La Parte che fornisce l'assistenza può in ogni
tempo rinunciare in tutto o in parte al rimborso delle sue
spese.
4. La Parte che richiede l'assistenza fa del suo meglio
per concedere alla Parte che fornisce l'assistenza ed alle
persone che agiscono a suo nome, i privilegi, le immunità
o le agevolazioni loro necessarie per adempiere prontamente ai loro compiti di assistenza.
La Parte che richiede l'assistenza non é tenuta ad
applicare la presente disposizione ai suoi concittadini o
residenti permanenti né a garantire loro i privilegi e le
immunità di cui sopra.
5. Le Parti si sforzano, a richiesta della Parte che richiede l'assistenza o della Parte che la fornisce, di agevolare
il transito sul loro territorio - a destinazione o in provenienza dal territorio della Parte che richiede l'assistenza del personale, del materiale e dei beni utilizzati nel quadro
dell'operazione di assistenza, che sono stati oggetto di
una notifica in buona e debita forma.
6. La Parte che richiede l'assistenza agevolerà l'entrata, il soggiorno e la partenza dal suo territorio nazionale
del personale debitamente oggetto di una notifica, nonché del materiale e dei beni utilizzati nell'ambito dell'operazione di assistenza.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 30/2002
7. Per quanto riguarda gli atti derivanti direttamente
dall'assistenza fornita, la Parte richiedente, in caso di decesso o di lesioni alle persone, di perdita di beni o di danni
materiali o di danni all'ambiente causati sul suo territorio
nazionale durante la fornitura dell'assistenza richiesta,
riterrà esente da responsabilità ed indennizzerà la Parte
che fornisce l'assistenza o le persone agenti per suo
conto e le risarcirà in caso di decesso di tali persone o di
danni all'equipaggiamento o ad altri beni utilizzati nel quadro dell'operazione di assistenza.
La Parte che richiede l'assistenza avrà la responsabilità
di trattare i reclami presentati da terzi contro la Parte che
fornisce l'assistenza o contro le persone che operano per
suo conto.
8. Le Parti interessate cooperano strettamente in vista
di agevolare la soluzione dei procedimenti giuridici e dei
reclami cui potrebbero dar luogo le operazioni di assistenza.
9. Ogni Parte può richiedere assistenza in relazione al
trattamento medico o alla re-installazione temporanea sul
territorio di un'altra parte di persone vittime di un incidente.
10. La Parte colpita o che richiede l’assistenza può in
ogni tempo, dopo aver proceduto a consultazioni appropriate e per via di notifica, chiedere la cessazione dell'assistenza ricevuta o fornita in base alla presente Convenzione. Dopo che tale domanda sarà stata effettuata, le
Parti interessate si consultano in vista di adottare disposizioni per porre fine, come convenga, all'assistenza.
ANNESSO XI - Scambio di informazioni
secondo l’articolo 15
Le informazione scambiate comprendono i seguenti
elementi che possono anche dar luogo ad una cooperazione multilaterale e bilaterale:
a) misure legislative e amministrative, politiche, obiettivi
e priorità concernenti la prevenzione, la preparazione e la lotta, attività scientifiche, e misure tecniche
per ridurrà il rischio di incidenti industriali a seguito di
attività a rischio, ed in particolare attenuare gli effetti
transfrontalieri;
b) misure e piani di emergenza a livello appropriato,
con incidenze su altre Parti;
c) programmi di sorveglianza, di pianificazione e di ricerca-sviluppo, compresa la loro attuazione ed il loro
controllo;
d) misure adottate per la prevenzione degli incidenti
industriali, preparazione e lotta contro di essi;
e) esperienza acquisita in materia di incidenti industriali
e di cooperazione per far fronte ad incidenti industriali con effetti transfrontalieri;
f) elaborazione ed attuazione delle migliori tecnologie
disponibili ai fini di una migliore protezione ambientale e di una migliore sicurezza;
g) preparazione alle situazioni di emergenza e misure di
lotta;
h) metodi utilizzati per la previsione dei rischi, compresi i criteri per il monitoraggio e la valutazione degli
effetti transfrontalieri.
ANNESSO XII - Compiti di assistenza reciproca
secondo l’articolo 18, paragrafo 4
1. Raccolta e divulgazione di informazioni e di dati
a) Installazione e gestione di un sistema di notifica degli
incidenti industriali che consenta di fornire informazioni sugli incidenti industriali e sugli esperti, al fine di
associare questi ultimi il più rapidamente possibile in
operazioni di assistenza;
b) costituzione e gestione di una banca dati per la ricezione, l'elaborazione e la diffusione delle informazioni necessarie sugli incidenti industriali, compresi i
loro effetti, e sulle misure attuate e loro effícacità;
c) elaborazione e mantenimento di una lista di sostanze a rischio, precisandone le caratteristiche ed indicando come procedere in caso di incidente industriale implicante tali sostanze;
d) istituzione e mantenimento di un registro di esperti
atti a fornire servizi consultivi ed altri tipi di assistenza per quanto riguarda le misure di prevenzione, di
preparazione e di lotta, compresi i provvedimenti di
ripristino;
e) mantenimento di una lista delle attività a rischio;
f) produzione e mantenimento di una lista di sostanze
a rischio coperte dalle disposizioni dell'Annesso I,
Parte I.
2. Ricerca formazione e metodologie
a) sviluppo e fornitura di modelli fondati sull'esperienza
acquisita in materia di incidenti industriali, nonché di
scenari di prevenzione, di preparazione e di lotta;
b) promozione dell'istruzione e della formazione, organizzazione di convegni internazionali e promozione
della cooperazione in materia di ricerca e di sviluppo.
3. Assistenza tecnica
a) Prestazione di servizi consultivi in vista di rafforzare la
capacità delle Parti di applicare misure di prevenzione, di preparazione e di lotta;
b) ispezione, dietro richiesta di una Parte, delle sue attività a rischio e fornitura di un aiuto per consentire a
quest'ultima di organizzare le sue ispezioni nazionali
secondo i requisiti della presente Convenzione.
4. Assistenza in casi di situazioni di emergenza
Concessione, dietro richiesta di una Parte, di assistenza, mediante l'invio iter alia sul sito di un incidente industriale, di esperti incaricati di fornire servizi consultivi ed altri
tipi di assistenza per far fronte all'incidente industriale.
ANNESSO XIII - Arbitrato
1. La Parte o le Parti ricorrenti notificano il Segretariato
che le Parti hanno convenuto di sottoporre la controversia ad arbitrato secondo l'articolo 21, par. 2 della presente Convenzione.
La notifica deve enunciare l'oggetto dell'arbitrato ed includere in particolare, gli articoli della presente Convenzione la cui interpretazione o applicazione è in causa.
Il Segretariato trasmette le informazioni ricevute a tutte
le Parti alla presente Convenzione.
2. Il Tribunale arbitrale è composto da tre membri. La (o
le) Parte(i) ricorrente(i) e l'altra (o le altre) Parte(i) alla controversia nominano un arbitro ed i due arbitri in tal modo
159
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 30/2002
nominati designano di comune accordo il terzo arbitro
come Presidente del Tribunale arbitrale.
Quest'ultimo non deve essere cittadino di una delle
Parti alla controversia, né avere la sua residenza abituale
sul territorio di una di queste Parti, nè essere al servizio di
una di loro o essersi già occupato del caso a qualsiasi
altro titolo.
3. Se, entro due mesi dalla nomina del secondo arbitro, il Presidente del Tribunale arbitrale non è stato designato, il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa procede, a richiesta di una delle parti
alla controversia, alla sua nomina entro un nuovo termine
di due mesi.
4. Se, entro un termine di due mesi a decorrere dalla
ricezione della domanda, una delle Parti alla controversia
non procede alla nomina di un arbitro, l'altra Parte può
informarne il Segretario esecutivo della Commissione
economica per l'Europa, il quale designa il Presidente del
Tribunale arbitrale entro un successivo termine di due
mesi. Al momento della sua nomina, il Presidente del
Tribunale arbitrale invita la Parte che non ha ancora nominato un arbitro, a provvedere alla nomina entro due mesi.
Se la Parte non ottempera entro questo termine, il
Presidente ne informa il Segretario esecutivo della commissione economica per l'Europa il quale procede alla
nomina in questione entro un nuovo termine di due mesi.
5. Il Tribunale pronuncia la sua sentenza in conformità
con il diritto internazionale e con le disposizioni della presente Convenzione.
6. Ogni Tribunale arbitrale costituito in attuazione delle
disposizioni del presente Annesso stabilisce il proprio
regolamento procedurale.
7. Le decisioni del Tribunale arbitrale, sia su questioni di
procedura che per quanto riguarda il merito, sono adottate a maggioranza dei suoi membri.
8. Il Tribunale può adottare ogni provvedimento necessario per stabilire i fatti.
9. Le Parti alla controversia agevolano il compito del
Tribunale arbitrale ed in particolare, con ogni mezzo a loro
disposizione:
a) gli forniscono tutti i documenti, agevolazioni, ed
informazioni pertinenti;
b) lo autorizzano, se del caso, a notificare testimoni o
esperti ed a ricevere la loro testimonianza.
10. Le Parti alla controversia e gli arbitri proteggono il
segreto di ogni informazione da essi ricevuta a titolo confidenziale durante la procedura del Tribunale arbitrale.
11. Il Tribunale arbitrale può, a richiesta di una delle
Parti, raccomandare misure cautelari interinali.
12. Se una delle Parti alla controversia non compare
dinnanzi al Tribunale arbitrale o non fa valere i suoi mezzi,
l'altra Parte può chiedere al Tribunale di proseguire la procedura e di pronunciare la sentenza definitiva.
Se una Parte non compare o non fa valere i suoi mezzi,
ciò non costituisce ostacolo allo svolgimento della procedura.
13. Il Tribunale arbitrale può giudicare e decidere controricorsi direttamente collegati all'oggetto della controversia.
160
14. A meno che il Tribunale arbitrale non decida diver-
samente a causa di circostanze particolari del caso, le
spese del Tribunale, compresa la retribuzione dei suoi
membri sono sostenute in parti uguali dalle Parti alla controversia. Il Tribunale mantiene un rendiconto di tutte le
spese e ne fornisce un estratto finale alle Parti."
15. Ogni Parte alla presente Convenzione che ha, per
quanto concerne l'oggetto della controversia, un interesse di natura legale suscettibile di essere pregiudicato dalla
decisione pronunciata nella fattispecie, può intervenire
nella procedura, con il consenso del Tribunale.
16. Il Tribunale arbitrale pronuncia la sua sentenza
entro i cinque mesi successivi alla data in cui é stato
costituito, a meno che non ritenga necessario di prorogare questo termine per una durata non superiore a cinque
mesi.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
7 marzo 2002, n. 22
DECRETO LEGGE
Disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet-coke) negli impianti di combustione
(G.U. n. 57 dell’8 marzo 2002)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della
Costituzione;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente in
data 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 174 del 30 luglio 1990,
recante linee guida per il contenimento delle
emissioni inquinanti degli impianti industriali e
la fissazione dei valori minimi di emissione;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 2 ottobre 1995, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 276 del 25 novembre 1995, recante
disciplina delle caratteristiche merceologiche
dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione;
Visto il documento di riferimento della Commissione europea sulle migliori tecniche
disponibili (BREF) per il settore delle raffinerie,
elaborato in conformità all'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE sulla protezione e controllo integrato dell'inquinamento,
approvato nel dicembre 2001;
Considerato che il citato documento della
Commissione europea, al punto 2.7. relativo
al processo di coking, definisce come "prodotto di raffineria e combustibile" il coke da
petrolio (cosi' detto "pet-coke");
Considerato inoltre che il citato documento,
al punto 5.2.10, descrive come migliori tecniche disponibili il precipitatore elettrostatico per
l'abbattimento delle emissioni di polveri e la
desolforazione per la riduzione delle emissioni
di ossidi di zolfo, corrispondenti a quelle
installate e funzionanti presso la raffineria di
Gela, e tenuto conto, in particolare, che il
sistema di desolforazione e denitrificazione
della centrale di produzione di energia elettrica di Gela - unico impianto di questo tipo esistente in Italia - assicura, visto l'elevato livello
tecnologico, una combustione ambientalmente sicura di "pet-coke";
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di chiaramente individuare, in relazione a
quanto indicato nel citato documento della
Commissione europea, la disciplina applicabile al coke da petrolio e di stabilirne le modalità
di utilizzazione, in considerzione dell'importanza strategica di tale prodotto per l'occupazione e l'economia nazionale;
Vista la deliberazione del Consiglio dei
Ministri, adottata nella riunione del 7 marzo
2002;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri e del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio, di concerto con i Ministri
delle attività produttive e del lavoro e delle
politiche sociali;
EMANA
il seguente decreto-legge:
Art. 1
1. Al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22, sono apportate le seguenti modifiche:
a)all'articolo 7, comma 3, la lettera c) è sostituita dalla seguente: "c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera f-quater)";
b)all'articolo 8, comma 1, dopo la lettera fter) è aggiunta la seguente: "f-quater) il
coke da petrolio utilizzato come combu-
161
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.L. 22/2002
stibile per uso industriale.".
Art. 2
1. Negli impianti di combustione con potenza termica nominale, per singolo focolare,
uguale o superiore a 50 MW, è consentito
l'uso di coke da petrolio con contenuto di
zolfo non superiore al 3 per cento in massa.
2. L'uso del coke da petrolio nel luogo di
produzione è consentito in deroga a quanto
previsto all'allegato 3 parte B, punto B4, del
decreto del Ministro dell'ambiente in data 12
luglio 1990, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 30 luglio
1990.
3. Negli impianti in cui durante il processo
produttivo i composti dello zolfo siano fissati o
combinati in percentuale non inferiore al 60
per cento con il prodotto ottenuto è consentito l'uso del coke da petrolio con contenuto di
zolfo non superiore al 6 per cento in massa.
4. È in ogni caso vietato l'utilizzo del coke
da petrolio nei forni per la produzione della
calce impiegata nell'industria alimentare.
Art. 3
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana e sarà presentato alle Camere per la
conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. È
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e
di farlo osservare.
162
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
8 marzo 2002
Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione
(G.U. n. 60 del 12 marzo 2002)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
SU PROPOSTA DEL
MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
DI CONCERTO CON
IL MINISTRO DELLA SALUTE
E SENTITO
IL MINISTRO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
Visto l'art. 2, comma 1, lettere b) e c),
comma 2 e comma 3, della legge 8 luglio
1986, n. 349;
Visto l'art. 16 del decreto del Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;
Visto il decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22,
recante: "Disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione
del coke da petrolio (pet-coke) negli impianti
di combustione";
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo 1997, n. 59, e in particolare l'art. 83,
comma 1, lettera g), relativo alla "Determinazione delle caratteristiche merceologiche,
aventi rilievo ai fini dell'inquinamento atmosferico, dei combustibili e dei carburanti, nonché
alla fissazione dei limiti del tenore di sostanze
inquinanti in essi presenti";
Visto il decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, "Regolamento per l'esecuzione della legge 13
luglio 1966, n. 615, recante provvedimenti
contro l'inquinamento atmosferico, limitatamente al settore degli impianti termici";
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 8
maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 1989, recante limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni
inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente
del 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 174 del
30 luglio 1990, recante linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli
impianti industriali e la fissazione dei valori
minimi di emissione;
Vista la legge 9 gennaio 1991, n. 10;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 20
maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 126 del 31 maggio 1991, che fissa
i "Criteri per l'elaborazione dei piani regionali
per il risanamento della qualità dell'aria";
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 175 del 27 luglio 1991, recante
modifiche dell'atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e
di attività a ridotto inquinamento atmosferico,
emanato con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri in data 21 luglio 1989;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, "Regolamento
recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli
impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia" e sue modifiche ed integrazioni;
Visto il decreto del Presidente della Repub-
163
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
blica del 18 aprile 1994, n. 420, "Regolamento recante semplificazione delle procedure di
concessione per l'installazione di impianti di
lavorazione o di deposito di oli minerali";
Visto il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 2 ottobre 1995, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre
1995, recante disciplina delle caratteristiche
merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli
impianti di combustione;
Visto il decreto ministeriale del 22 maggio
1998, n. 219, che fissa "Modalità di applicazione del trattamento agevolato per il biodiesel e criteri di ripartizione del contingente agevolato";
Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
372 "Attuazione della direttiva 96/61/CE sulla
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento";
Visto il decreto direttoriale del Dipartimento
delle dogane e delle imposte indirette del
Ministero delle finanze del 20 marzo 2000,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 3
aprile 2000, recante caratteristiche tecniche
delle emulsioni di olio da gas ed olio combustibile denso con acqua, destinate alla trazione ed alla combustione;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio
7 settembre 2001, recante recepimento della
direttiva 99/32/CE, relativa alla riduzione del
tenore di zolfo in alcuni combustibili liquidi;
Considerata l'opportunità di aggiornare ed
integrare il citato decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 2 ottobre 1995 al fine
di assicurare una maggiore protezione dell'ambiente e della salute umana;
Sentita la Commissione interministeriale di
cui all'art. 10 del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 2 ottobre 1995;
Vista la deliberazione del CIPE del 19
novembre 1998, recante linee guida per le
politiche e misure nazionali di riduzione delle
emissioni dei gas serra;
Espletata la procedura di informazione di cui
alla direttiva 98/34/CE, che codifica la procedura istituita con la direttiva 83/189/CEE;
164
Sentito il parere della Conferenza Stato-città
ed autonomie locali, unificata con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano, ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella
seduta del 28 febbraio 2002;
DECRETA:
Art. 1
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto stabilisce le caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi
rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico
nonché le caratteristiche tecnologiche degli
impianti di combustione.
2. Sono fatte salve le competenze delle
regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono in conformità ai rispettivi statuti e alle
relative norme di attuazione.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a)combustibili per uso industriale: combustibili utilizzati negli impianti disciplinati dal
decreto del Presidente della Repubblica
24 maggio 1988, n. 203, nonché quelli
utilizzati nelle attività di cui agli allegati 1 e
2 del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, ovvero negli impianti
indicati nel punto 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio
1989;
b)combustibili per usi civili: combustibili utilizzati negli impianti termici non inseriti in
un ciclo di produzione industriale;
c)luogo di produzione di uno o più combustibili: area delimitata in cui sono localizzati uno o più impianti destinati alla produzione di detti combustibili;
d)potenza termica nominale dell'impianto di
combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e
della portata di combustibile bruciato al
singolo focolare dell'impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli.
Per focolare si intende la parte di un
impianto termico nella quale brucia il combustibile. Ogni focolare costituisce un'unità termica. Ai soli fini della definizione dei
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
valori limite di emissione e dell'applicabilità
dell'art. 2, comma 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 25 luglio
1991, la potenza termica nominale da
considerare è la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari, salvo
diverse valutazioni dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione.
Art. 3
Combustibili consentiti
petrolio con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondenti alle
caratteristiche indicate in Allegato I, punto
1, colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10;
i) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui
alla precedente lettera h), e rispondenti
alle caratteristiche indicate in Allegato II,
punto 2;
l) legna da ardere alle condizioni previste
nell'Allegato III, punto 2;
m)carbone di legna;
n) biomasse combustibili individuate nell'Allegato III, alle condizioni ivi previste;
o) carbone da vapore con contenuto di zolfo
non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4;
p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e
rispondente alle caratteristiche indicate in
Allegato I, punto 4;
q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore
all'1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4;
r) biogas individuato nell'Allegato VI, alle
condizioni ivi previste;
s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di combustibili consentiti, limitatamente allo stesso comprensorio industriale nel quale tale gas è prodotto.
1. Salvo quanto indicato nei successivi articoli e fermi restando, anche in relazione a
quanto prescritto dai successivi commi, i poteri attribuiti alle regioni dall'art. 4 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203, negli impianti e nelle attività di
cui all'art. 2, comma 1, lettera a), è consentito
l'uso dei seguenti combustibili:
a) gas naturale;
b) gas di petrolio liquefatto;
c) gas di raffineria e petrolchimici;
d) gas d'altoforno, di cokeria, e d'acciaieria;
e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e
medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1;
f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene
e acqua-altri distillati leggeri e medi di
petrolio di cui alla precedente lettera e),
rispondenti alle caratteristiche indicate in
Allegato II, punto 1;
g) biodiesel rispondente alle caratteristiche
indicate in Allegato I, punto 3;
h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di
2. Fermo restando quanto stabilito al
comma 4, negli impianti di combustione con
potenza termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 50 MW, è consentito
altresì l'uso di:
a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di
petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle
caratteristiche indicate nell'Allegato I,
punto 1, colonna 7, fatta eccezione per il
contenuto di nichel e vanadio, come somma, che, fino all'adeguamento ai valori
limite di emissione previsti dal decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203, non deve essere superiore
a 180 mg/kg;
b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui
alla precedente lettera a) e rispondenti
alle caratteristiche indicate in Allegato II,
punto 2;
c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all'1,5% in massa e rispondente alle
2. Sono in ogni caso compresi fra gli
impianti di cui al comma 1, lettera b), quelli
aventi le seguenti destinazioni d'uso:
a)riscaldamento o climatizzazione di ambienti;
b)riscaldamento di acqua calda per utenze
civili;
c)cucine, lavaggio stoviglie, sterilizzazione e
disinfezione mediche;
d)lavaggio biancheria e simili;
e)forni da pane;
f) mense ed altri pubblici esercizi destinati
ad attività di ristorazione.
TITOLO I
Combustibili e caratteristiche
tecnologiche degli impianti
di combustione per uso industriale
165
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
caratteristiche indicate in Allegato I, punto
4;
d) miscele acqua-carbone, anche additivate
con stabilizzanti o emulsionanti, purché il
carbone utilizzato corrisponda ai requisiti
indicati al comma 1, lettere o), p) e q);
e) coke da petrolio con contenuto di zolfo
non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in
Allegato I, punto 4, riga 7.
3. Negli impianti di combustione di potenza
termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 300 MW, diversi da quelli di
cui all'art. 2, punto 10 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 203/1988,
nonché negli altri impianti delle stesse potenzialità autorizzati in via definitiva o che rispettano i valori limite di emissione previsti per l'adeguamento ai sensi dell'art. 13 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 203/1988,
è consentito altresì l'uso di:
a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle
caratteristiche indicate nell'Allegato I,
punto 2;
b) petrolio greggio con contenuto di nichel e
vanadio, come somma, non superiore a
230 mg/kg.
4. È altresì consentito, nel luogo di produzione l'uso di:
a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di
petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle
caratteristiche indicate nell'Allegato I,
punto 1, colonna 7;
b) emulsioni acqua-olio combustibile o
acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di
cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II,
punto 2;
c) gas di raffineria, gasolio, kerosene ed altri
distillati leggeri e medi di petrolio, olio
combustibile ed altri distillati pesanti di
petrolio, derivanti da greggi nazionali, e
coke da petrolio, in deroga a quanto previsto all'Allegato 3 B, punto B) 4, al decreto ministeriale 12 luglio 1990;
d) idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di utilizzo
di cui all'Allegato IV.
166
5. Negli impianti in cui durante il processo
produttivo i composti dello zolfo siano fissati o
combinati in percentuale non inferiore al 60%
con il prodotto ottenuto, è consentito altresì
l'uso di:
a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di
petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa e rispondenti alle
caratteristiche indicate nell'Allegato I,
punto 1, colonna 8;
b) emulsioni acqua-olio combustibile o
acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di
cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II,
punto 2;
c) bitume di petrolio con contenuto di zolfo
non superiore al 6% in massa;
d) coke da petrolio con contenuto di zolfo
non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, riga 8.
6. È in ogni caso vietato utilizzare i combustibili di cui al comma 5 nei forni per la produzione della calce impiegata nell'industria alimentare.
7. Fermo restando quanto previsto ai
commi precedenti, nella regione Sardegna è
consentito l'uso di combustibili indigeni, costituiti da carbone e da miscele acqua-carbone,
in:
a) centrali termoelettriche e impianti di produzione, combinata e non, di energia elettrica e termica purché vengano raggiunte
le percentuali di desolforazione riportate
nell'Allegato 9 del decreto del Ministero
dell'ambiente 8 maggio 1989;
b) impianti di cui al comma 2 del presente
articolo.
8. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma
1, lettera a) che, alla data di entrata in vigore
del presente decreto, effettuano la combustione della legna da ardere, delle biomasse e
del biogas di cui all'art. 3, comma 1, lettere l),
n) ed r), devono rispettare i valori limite e le
prescrizioni indicate negli Allegati III e VI, entro
diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto.
Art. 4
Impianti di combustione con potenza
termica non superiore a 3 MW
1. Negli impianti previsti all'art. 2, comma 1,
lettera a) aventi potenza termica nominale
complessiva non superiore a 3 MW, fatti salvi
i luoghi stessi di produzione, è vietato l'uso dei
seguenti combustibili:
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
a) carbone da vapore;
b) coke metallurgico e da gas;
c) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele;
d) gas da altoforno, di cokeria e d'acciaieria;
e) bitume da petrolio;
f) coke da petrolio;
g) limitatamente agli impianti autorizzati
dopo il 24 marzo 1996, combustibili liquidi, come individuati dal presente decreto,
con contenuto di zolfo superiore allo 0,3%
in massa e loro emulsioni.
2. Nell'ambito dei piani e programmi di cui
all'art. 8 e all'art. 9 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, le regioni possono
estendere il divieto di cui al comma 1, lettera
g), anche agli impianti di cui al comma 1,
autorizzati anteriormente al 24 marzo 1996,
ove tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria.
3. In deroga al comma 1, l'uso del carbone
e del coke metallurgico rispondenti alle caratteristiche di cui all'Allegato I, punto 4, è consentito negli impianti di lavorazione del ferro
forgiato a mano.
Art. 5
Requisiti degli impianti
1. Fatto salvo quanto previsto all'Allegato III,
punto 2.3, lettera b), al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti di cui
all'art. 2, comma 1, lettera a) di potenza termica nominale, per singolo focolare, pari o superiore a 6 MW e rientranti fra le tipologie disciplinate dal decreto ministeriale 8 maggio 1989,
devono essere dotati di rilevatori della temperatura nei gas effluenti nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in
continuo dell'ossigeno libero e del monossido
di carbonio. I medesimi impianti devono essere dotati, entro diciotto mesi dall'entrata in
vigore del presente decreto, ove tecnicamente
fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita della camera di combustione.
2. Nel caso di impianti di combustione per i
quali è prescritto, ai sensi della vigente normativa, un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio, le prescrizioni relative alla misurazione di tale inquinante e al controllo della combustione, previste
nei decreti emanati ai sensi dell'art. 3, comma
2 del decreto del Presidente della Repubblica
24 maggio 1988, n. 203, ovvero contenute
nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi dello
stesso decreto, tengono luogo di quelle previste al comma 1.
3. Per quanto non previsto dal presente
decreto, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1,
lettera a) devono rispettare le disposizioni di
cui al decreto del Presidente della Repubblica
24 maggio 1988, n. 203, e le relative norme
regolamentari e tecniche di attuazione, nonché i provvedimenti di autorizzazione rilasciati
sulla base delle predette norme.
TITOLO II
Combustibili e caratteristiche
tecnologiche degli impianti
di combustione per uso civile
Art. 6
Combustibili consentiti e condizioni
di utilizzo
1. Negli impianti termici di cui all'art. 2,
comma 1, lettera b) e comma 2, è consentito
l'uso dei seguenti combustibili:
a) gas naturale;
b) gas di città;
c) gas di petrolio liquefatto;
d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e
medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1;
e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene
e acqua-altri distillati leggeri e medi di
petrolio di cui alla precedente lettera d) e
rispondenti alle caratteristiche indicate in
Allegato II, punto 1;
f) legna da ardere alle condizioni previste
nell'Allegato III, punto 2;
g) carbone di legna;
h) biomasse combustibili individuate nell'Allegato III, alle condizioni ivi previste;
i) biodiesel avente le caratteristiche indicate
in Allegato I, punto 3;
l) agglomerati di lignite rispondente alle
caratteristiche indicate in Allegato I, punto
4, limitatamente al periodo previsto all'art.
10;
m)olio combustibile ed altri distillati pesanti
di petrolio rispondenti alle caratteristiche
indicate nell'Allegato I, punto 1, colonne
1, 3, 5 e 9, fatto salvo quanto previsto
167
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
all'art. 8;
n) emulsioni acqua-olio combustibile o
acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui
alla precedente lettera m), rispondenti alle
caratteristiche indicate in Allegato II, punto
2, fatto salvo quanto previsto all'art. 9;
o) carbone da vapore rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4,
limitatamente al periodo previsto all'art.
10;
p) coke metallurgico e da gas rispondente
alle caratteristiche indicate in Allegato I,
punto 4, limitatamente al periodo previsto
all'art. 10;
q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele rispondenti alle caratteristiche indicate
in Allegato I, punto 4, limitatamente a
quanto previsto all'art. 10;
r) biogas individuato nell'Allegato VI, alle
condizioni ivi previste.
2. I combustibili di cui alle lettere l), m), n), o),
p), q) ed r) non possono essere utilizzati nei
forni da pane, nelle cucine, nelle mense e
negli altri pubblici esercizi destinati ad attività
di ristorazione.
3. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma
1, lettera b) e comma 2, di potenza termica
nominale complessiva superiore a 0,035 MW,
installati successivamente alla data di entrata
in vigore del presente decreto, ad esclusione
di quelli che utilizzano i combustibili di cui al
comma 1, lettere f), h) ed r), devono rispettare, in condizioni di funzionamento a regime, i
valori limite di emissione in atmosfera riportati
in Allegato V. I valori di emissione devono
essere controllati almeno annualmente dal
responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nell'ambito delle normali
operazioni di controllo e manutenzione dello
stesso. I valori misurati devono essere allegati al libretto di centrale o di impianto di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 26
agosto 1993, n. 412, e successive modifiche.
168
zione che siano regolarmente eseguite le
manutenzioni programmate di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, e successive modifiche e integrazioni, si ritengono rispettati quando vengono utilizzati come combustibili:
a) gas naturale;
b) gas di città;
c) gas di petrolio liquefatto;
d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e
medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1;
e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene
e acqua-altri distillati leggeri e medi di
petrolio di cui alla precedente lettera d) e
rispondenti alle caratteristiche indicate in
Allegato II, punto 1;
f) biodiesel avente le caratteristiche indicate
in Allegato I, punto 3;
6. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma
1, lettera b) e comma 2, che, alla data di
entrata in vigore del presente decreto, effettuano la combustione della legna da ardere,
delle biomasse e del biogas di cui al comma
1, lettere f), h) ed r), devono rispettare i valori
limite e le prescrizioni indicate negli Allegati III
e VI, entro due anni dall'entrata in vigore del
presente decreto.
Art. 7
Caratteristiche tecnologiche
degli impianti di combustione
4. Per gli impianti installati precedentemente alla data di entrata in vigore del presente
decreto, gli obblighi di cui al comma 3, si
applicano a partire dal 1° settembre 2003.
1. Nelle more dell'emanazione delle norme
di cui all'art. 12, comma 2, lettera f), fatto salvo quanto previsto dal decreto del Presidente
della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, gli
impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera b), e
comma 2, di potenza termica nominale per
singolo focolare superiore a 0,035 MW devono possedere i requisiti tecnici e costruttivi
degli impianti termici di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre
1970, n. 1391. Gli impianti installati precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto si adeguano ai suddetti requisiti tecnici e costruttivi entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto.
5. I valori limite di emissione di cui
all'Allegato V, fatte salve diverse determinazioni dell'autorità competente al controllo dello
stato di manutenzione e di esercizio degli
impianti, individuata dall'art. 31, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed a condi-
2. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1,
lettera b) e comma 2, di potenza termica
nominale complessiva pari o superiore a 1,5
MW devono essere dotati di rilevatori della
temperatura nei gas effluenti nonché di un
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del
monossido di carbonio. I suddetti parametri
devono essere rilevati nell'effluente gassoso
all'uscita della camera di combustione.
3. Gli impianti di potenza termica nominale
complessiva pari o superiore a 1,5 MW, installati precedentemente all'entrata in vigore del
presente decreto, si adeguano a quanto disposto dal comma 2, entro due anni dall'entrata in vigore del presente decreto.
Art. 8
Uso dell'olio combustibile ed altri distillati
pesanti di petrolio
1. L'uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui all'art. 6, comma 1,
lettera m), è consentito negli impianti di cui
all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, di
potenza termica nominale complessiva pari o
superiore a 1,5 MW, purché ogni singolo focolare abbia una potenza uguale o superiore a
0,75 MW. Sono fatte salve le ulteriori limitazioni stabilite dalle regioni, nell'ambito dei piani e
programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ove tali
misure siano necessarie per il conseguimento
degli obiettivi di qualità dell'aria.
2. L'uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui al comma 1, è consentito altresì, fino al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui all'art. 8,
comma 3 e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non
oltre il 1° settembre 2005, in tutti gli impianti
che alla data di entrata in vigore del presente
decreto funzionino, in ragione delle loro caratteristiche costruttive, ad olio combustibile o
ad altri distillati pesanti di petrolio utilizzando
detti combustibili in misura pari o superiore al
90% in massa del totale dei combustibili
impiegati durante l'ultimo periodo annuale di
esercizio, individuato dall'art. 9 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1993,
n. 412, e successive modificazioni.
3. Le condizioni di cui al comma 2, devono
risultare dalla compilazione iniziale del libretto
di impianto o di centrale previsto dal decreto
del Presidente della Repubblica n. 412/1993
o da successive annotazioni al libretto medesimo, comunque anteriori alla data di entrata
in vigore del presente decreto, e da docu-
menti comprovanti acquisti periodici di olio
combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore allo
0,3% in massa.
4. Il responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto di cui al comma 2
trasmette, entro sessanta giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto, agli enti competenti per i controlli, individuati all'art. 31 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
una dichiarazione attestante la sussistenza
delle condizioni di cui al comma 2.
Art. 9
Uso delle emulsioni acqua-olio
combustibile ed altri distillati pesanti
di petrolio
1. L'uso di emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio
aventi le caratteristiche di cui all'art. 6, comma
1, lettera n), è consentito negli impianti di cui
all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, di
potenza termica nominale complessiva pari o
superiore a 1,5 MW, purché ogni singolo focolare abbia una potenza uguale o superiore a
0,75 MW. Sono fatte salve le ulteriori limitazioni stabilite dalle regioni, nell'ambito dei piani e
programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ove tali
misure siano necessarie per il conseguimento
degli obiettivi di qualità dell'aria.
2. L'uso di emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di
cui al precedente comma, è consentito altresì, fino al termine fissato nell'ambito dei piani e
programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2005, in tutti gli
impianti che alla data di entrata in vigore del
presente decreto funzionino, in ragione delle
loro caratteristiche costruttive, ad olio combustibile o ad altri distillati pesanti di petrolio
ovvero ad emulsioni di cui al comma 1, utilizzando detti combustibili in misura pari o superiore al 90% in massa del totale dei combustibili impiegati durante l'ultimo periodo annuale
di esercizio, individuato dall'art. 9 del decreto
del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, e successive modifiche.
3. Le condizioni di cui al comma 2 devono
risultare dalla compilazione iniziale del libretto
di impianto o di centrale previsto dal decreto
169
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
del Presidente della Repubblica n. 412/1993,
o da successive annotazioni al libretto medesimo, comunque anteriori alla data di entrata in
vigore del presente decreto, e da documenti
comprovanti acquisti periodici di olio combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio con
contenuto di zolfo non superiore allo 0,3% in
massa o di emulsioni di cui al comma 1.
4. Il responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto di cui al comma 2
trasmette, entro sessanta giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto, agli enti competenti per i controlli, individuati all'art. 31 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
una dichiarazione attestante la sussistenza
delle condizioni di cui al comma 2.
Art. 10
Uso di combustibili solidi
1. È consentita fino al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9, del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2005, l'impiego dei seguenti combustibili solidi, negli impianti di cui all'art. 2,
comma 1, lettera b) e comma 2, funzionanti a
tali combustibili alla data di entrata in vigore
del presente decreto:
a) agglomerati di lignite rispondente alle
caratteristiche indicate in Allegato I, punto
4;
b) carbone da vapore rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4;
c) coke metallurgico e da gas rispondente
alle caratteristiche indicate in Allegato I,
punto 4;
d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele rispondenti alle caratteristiche indicate
in Allegato I, punto 4.
170
2. Le condizioni di cui al comma 1 devono
risultare dalla compilazione iniziale del libretto
di impianto o di centrale previsto dal decreto
del Presidente della Repubblica n. 412/1993,
o da successive annotazioni al libretto medesimo, comunque anteriori alla data di entrata
in vigore del presente decreto, e da documenti comprovanti acquisti periodici, di tali
combustibili. Il responsabile dell'esercizio e
della manutenzione dell'impianto di cui al
comma 1 trasmette, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, agli
enti competenti per i controlli, individuati
all'art. 31 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112, una dichiarazione attestante la
sussistenza delle condizioni di cui sopra 1.
3. È consentito, anche oltre il termine previsto al comma 1, l'utilizzo dei combustibili di
cui all'art. 6, comma 1, lettera q), negli impianti di potenza termica nominale complessiva
inferiore a 0,035 MW e nelle stufe per singoli
locali.
Art. 11
Piani e programmi regionali
1. Secondo quanto stabilito agli articoli 8, 9
e 10, le regioni, nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, possono
limitare l'utilizzo dei seguenti combustibili,
come individuati dal presente decreto, ove
tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria:
a) agglomerati di lignite;
b) carbone da vapore;
c) coke metallurgico e da gas;
d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele;
e) olio combustibile ed altri distillati pesanti di
petrolio;
f) emulsioni di acqua-olio combustibile o
acqua-altri distillati pesanti di petrolio.
TITOLO III
Disposizioni finali
Art. 12
Aggiornamenti
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, di concerto con il
Ministro della salute ed il Ministro delle attività
produttive, è istituita una commissione interministeriale composta da rappresentanti degli
stessi Ministeri e da un rappresentante del
Dipartimento affari regionali della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, per l'esame delle
proposte di integrazione ed aggiornamento al
presente decreto presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni, nonché per la
individuazione delle caratteristiche merceologiche dei prodotti di cui all'art. 10, comma 2,
del decreto del Presidente della Repubblica
18 aprile 1994, n. 420.
2. La commissione di cui al comma 1 pro-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 08/03/2002
pone inoltre l'aggiornamento:
a) delle specifiche relative al tenore massimo
di metalli pesanti e del residuo carbonioso
massimo nei combustibili liquidi nonché
dei relativi metodi di analisi e valutazione;
b) delle caratteristiche merceologiche dei
combustibili;
c) delle condizioni di utilizzo dei combustibili;
d) dei metodi di campionamento e analisi dei
combustibili;
e) della lista di combustibili di cui all'art. 6,
comma 5;
f) delle caratteristiche tecniche degli impianti di combustione per uso civile anche ai
fini dell'abrogazione del decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre
1970, n. 1391.
Presidente del Consiglio dei Ministri 2 ottobre
1995. A partire da tale data sono abrogati gli
articoli 12 ed 13 della legge 13 luglio 1966, n.
615, secondo quanto disposto dall'art. 2,
comma 3, della legge 8 luglio 1986, n. 349.
3. La commissione propone, in via prioritaria, entro un anno dall'entrata in vigore del
presente decreto, le specifiche relative al tenore massimo di metalli pesanti ed al residuo
carbonioso massimo nei combustibili liquidi e
i relativi metodi di analisi e valutazione, nonché
le caratteristiche tecniche degli impianti di
combustione per uso civile.
(omissis)
Art. 15
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
ALLEGATI
4. Fatte salve diverse disposizioni delle
regioni, adottate ai sensi dell'art. 4, comma 1,
lettera e) del decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, i valori
limite di emissione previsti negli allegati al presente decreto si applicano fino all'emanazione
dei decreti che aggiornano la disciplina delle
emissioni in atmosfera ai sensi dell'art. 3,
comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 203.
Art. 13
Metodi
1. Per la determinazione delle caratteristiche
dei combustibili liquidi si applicano, fino alla
definizione di apposita metodica, i metodi
riportati negli Allegati I, II, IV, riferiti alle versioni più aggiornate. La trattazione dei risultati
delle misure è effettuata secondo la norma EN
ISO 4259, salvo nei casi indicati nell'Allegato I,
punti 2 e 3.
Art. 14
Abrogazioni
1. A partire dalla data di entrata in vigore del
presente decreto è abrogato il decreto del
171
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
19 marzo 2002
DELIBERAZIONE AUTORITÀ ENERGIA ELETTRICA E GAS
Condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Deliberazione n. 42/02)
(G.U. n. 79 del 4 aprile 2002)
L'AUTORITÀ PER L'ENERGIA ELETTRICA E IL GAS
Premesso che:
l'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo
16 marzo 1999, n. 79, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - serie generale - n. 75 del 31
marzo 1999 (di seguito: decreto legislativo n.
79/1999) prevede che l'Autorità per l'energia
elettrica e il gas (di seguito: Autorita) definisce
le condizioni alle quali la produzione combinata di energia elettrica e calore è riconosciuta
come cogenerazione, e che tali condizioni devono garantire un significativo risparmio di
energia rispetto alle produzioni separate;
l'articolo 3, comma 3, ultimo periodo, del
decreto legislativo n. 79/1999 stabilisce che
l'Autorità prevede, nel fissare le condizioni atte
a garantire a tutti gli utenti della rete la libertà
di accesso a parità di condizioni, l'imparzialità
e la neutralità del servizio di trasmissione e
dispacciamento, l'obbligo di utilizzazione prioritaria dell'energia elettrica prodotta a mezzo
di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione;
l'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 79/1999 prevede che i titolari degli impianti di cogenerazione sono esonerati dall'obbligo di immettere nel sistema elettrico
nazionale, a partire dall'anno 2002, energia
elettrica prodotta da impianti alimentati da
fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31
marzo 1999, gravante sui produttori e sugli
importatori di energia elettrica da fonti non rinnovabili con produzioni e importazioni annue
eccedenti i 100 GWh;
172
l'articolo 11, comma 4, del medesimo
decreto legislativo dispone che la società
Gestore della rete di trasmissione nazionale
S.p.A. assicura la precedenza all'energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano, nel-
l'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi
di cogenerazione e fonti nazionali di energia
combustibile primaria;
l'articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - serie generale n. 142 del 20 giugno 2000 (di seguito: decreto legislativo n. 164/2000) prevede l'attribuzione della qualifica di cliente idoneo alle imprese
che acquistano il gas per la cogenerazione di
energia elettrica e calore, indipendentemente
dal livello di consumo annuale, e limitatamente
alla quota di gas destinata a tale utilizzo;
Visti:
il decreto legislativo n. 79/1999;
il decreto legislativo n. 164/2000;
il decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, di concerto con
il Ministro dell'ambiente 11 novembre 1999,
pubblicato nella Gazzetta ufficiale - serie generale - n. 292 del 14 dicembre 1999 (di seguito: decreto 11 novembre 1999);
il decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 2000, n. 445;
il decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato 9 maggio 2001
recante disciplina del mercato elettrico, pubblicato nel supplemento ordinario n. 134 alla
Gazzetta ufficiale - serie ordinaria - n. 127 del
4 giugno 2001 (di seguito: decreto ministeriale 9 maggio 2001);
Visti:
il documento per la consultazione recante
criteri e proposte per la definizione di cogenerazione e per la modifica delle condizioni tecniche di assimilabilità degli impianti che utiliz-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
zano fonti energetiche assimilate a quelle rinnovabili diffuso dall'Autorità il 3 agosto 2000;
il documento per la consultazione recante
condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore
come cogenerazione diffuso dall'Autorità il 25
luglio 2001;
le osservazioni e le proposte inviate dai soggetti interessati all'Autorità in seguito alla diffusione di due soprarichiamati documenti per la
consultazione;
nata di energia elettrica e di calore, come previsto dall'articolo 3, comma 1, del decreto 11
novembre 1999;
sia opportuno fare riferimento alle sezioni
degli impianti di produzione combinata di
energia elettrica e calore con potenza nominale non inferiore a 10 MVA, in coerenza con
la "Disciplina del mercato elettrico" predisposta dalla società Gestore del mercato elettrico
S.p.A. e approvata con decreto del Ministro
delle attività produttive del 9 maggio 2001;
Considerato che:
l'Autorità intende definire le condizioni tecniche che devono essere soddisfatte dagli
impianti per la produzione combinata di energia elettrica e calore affinché tali impianti possano avvalersi dei benefici e dei diritti descritti
in premessa come previsti dai decreti legislativi n. 79/1999 e n. 164/2000;
il risparmio di energia conseguibile mediante la produzione combinata di energia elettrica
e di calore deve essere valutato con riferimento a soluzioni tecnologiche caratterizzate da
specifiche taglie di impianto e tipi di combustile utilizzati;
l'evoluzione tecnologica dei componenti termici ed elettromeccanici utilizzati nella realizzazione degli impianti con produzione combinata di energia elettrica e calore richiede che
vengano periodicamente aggiornati i parametri che individuano le soprarichiamate condizioni tecniche;
Ritenuto che:
gli impianti di cogenerazione contribuiscano
alla promozione della concorrenza nell'attività
di generazione elettrica, assicurando un significativo risparmio di energia primaria rispetto
alle produzioni separate delle stesse quantità
di energia elettrica e termica e riducendo le
conseguenze ambientali negative, a parità di
altre condizioni;
le norme per la produzione combinata di
energia elettrica e di calore debbano favorire
soluzioni tecnologiche che comportano un
significativo risparmio di energia rispetto alle
produzioni separate, escludendo soluzioni
orientate alla produzione di sola energia elettrica o di sola energia termica per una quota
significativa dell'anno solare;
sia opportuno fare riferimento agli anni solari nel riconoscimento della produzione combi-
DELIBERA:
Art. 1
Definizioni
1. Ai fini del presente provvedimento, si
applicano le definizioni di cui all'articolo 2 del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e
all'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo
23 maggio 2000, n. 164, nonché le seguenti:
a) Autorità è l'Autorità per l'energia elettrica
e il gas, istituita con legge 14 novembre
1995, n. 481;
b) decreto legislativo n. 79/1999 è il decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79;
c) decreto legislativo n. 164/2000 è il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;
d) impianto di produzione combinata di
energia elettrica e calore è un sistema
integrato che converte l'energia primaria
di una qualsivoglia fonte di energia nella
produzione congiunta di energia elettrica
e di energia termica (calore), entrambe
considerate effetti utili, conseguendo, in
generale, un risparmio di energia primaria
ed un beneficio ambientale rispetto alla
produzione separata delle stesse quantità
di energia elettrica e termica. In luogo
della produzione di energia elettrica in
forma congiunta alla produzione di energia termica, è ammessa anche la produzione di energia meccanica. La produzione di energia meccanica o elettrica e di
calore deve avvenire in modo sostanzialmente interconnesso, implicando un legame tecnico e di mutua dipendenza tra
produzione elettrica e utilizzo in forma utile
del calore, anche attraverso sistemi di
accumulo. Il calore generato viene trasferito all'utilizzazione, in forme diverse, tra
cui vapore, acqua calda, aria calda, e può
173
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
174
essere destinata a usi civili di riscaldamento, raffrescamento o raffreddamento
o a usi industriali in diversi processi produttivi. Nel caso di utilizzo di gas di sintesi, il sistema di gassificazione è parte integrante dell'impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore. Nel caso
di impianto a ciclo combinato con postcombustione, il post-combustore è parte
integrante dell'impianto di produzione
combinata di energia elettrica e calore. Le
eventuali caldaie di integrazione dedicate
esclusivamente alla produzione di energia
termica non rientrano nella definizione di
impianto di produzione combinata di
energia elettrica e calore;
e) sezione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è ogni
modulo in cui può essere scomposto l'impianto di produzione combinata di energia
elettrica e calore in grado di operare
anche indipendentemente dalle altre
sezioni e composto da un insieme di componenti principali interconnessi tra loro in
grado di produrre in modo sostanzialmente autosufficiente energia elettrica e calore. Una sezione può avere in comune con
altre sezioni alcuni servizi ausiliari o generali. Nel caso di utilizzo di gas di sintesi, il
sistema di gassificazione è parte integrante della sezione di produzione combinata
di energia elettrica e calore. Nel caso di
sezione a ciclo combinato con post-combustione, il post-combustore è parte integrante della sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore;
f) cogenerazione, agli effetti dei benefici previsti dagli articoli 3, comma 3, 4, comma
2, e 11, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 22, comma
1, lettera b), del decreto legislativo n.
164/2000, è la produzione combinata di
energia elettrica e calore che, ai sensi di
quanto previsto dall'articolo 2, comma 8,
del decreto legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/2000, garantisce un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate, secondo i criteri e le modalità stabiliti nei successivi punti del presente provvedimento;
g) potenza nominale di un generatore elettrico è la massima potenza ottenibile in regime continuo, come fissata nella fase di
collaudo preliminare all'entrata in esercizio
h)
i)
j)
k)
l)
o, in assenza di collaudo, come certificata
dal costruttore o dal fornitore dell'impianto;
potenza nominale di una sezione di
impianto di produzione combinata di
energia elettrica e calore è la somma aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici della sezione destinati alla produzione di energia elettrica;
potenza nominale di un impianto di produzione combinata di energia elettrica e
calore è la somma aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici dell'impianto destinati alla produzione di energia
elettrica;
taglia di riferimento ai fini della determinazione del parametro eta es di cui all'articolo 2, comma 2.2, del presente provvedimento è:
i) la potenza nominale del generatore elettrico di ciascuna delle turbine a gas nel
caso di sezioni a recupero con più turbine a gas operanti in ciclo semplice o di
ciascuno dei motori a combustione
interna che alimentano un unico sistema
a recupero di calore;
ii) la potenza nominale del generatore elettrico di ciascuna delle turbine a gas
sommata ad una parte della potenza
nominale del generatore elettrico della
turbina a vapore della sezione proporzionale al rapporto tra la potenza nominale di ciascuna delle turbine a gas e la
somma delle potenze nominali di tutte le
turbine a gas nel caso di sezioni a ciclo
combinato costituite da più turbine a
gas che alimentano un ciclo termico a
recupero di calore dotato di turbina a
vapore;
iii)la potenza nominale della sezione,
come definita alla precedente lettera h),
negli altri casi;
potere calorifico inferiore di un combustibile, a pressione costante, è la quantità di
calore che si libera nella combustione
completa dell'unità di peso o di volume
del combustibile, con l'acqua contenuta
nei fumi allo stato di vapore, ovvero con il
calore latente del vapor d'acqua contenuto nei fumi della combustione non utilizzato a fini energetici;
energia primaria dei combustibili utilizzati
da una sezione di produzione combinata
di energia elettrica e calore Ec è il contenuto energetico dei combustibili utilizzati,
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
pari al prodotto del peso o del volume di
ciascun tipo di combustibile utilizzato nel
corso dell'anno solare per il rispettivo
potere calorifico inferiore, come definito
alla precedente lettera k). Nel caso di
sezioni a ciclo combinato con post-combustione, l'energia primaria del combustibile utilizzato comprende anche il contenuto energetico del combustibile che alimenta il post-combustore. Nel caso di
sezioni alimentate da gas di sintesi, l'energia primaria del combustibile utilizzato
comprende il contenuto energetico di tutti
i combustibili utilizzati, inclusi quelli che
alimentano un eventuale sistema di gassificazione;
m)produzione di energia elettrica lorda di
una sezione di produzione combinata di
energia elettrica e calore è la quantità di
energia elettrica prodotta nell'anno solare,
misurata dai contatori sigillati dall'UTF
situati ai morsetti di uscita dei generatori
elettrici;
n) produzione di energia elettrica netta di
una sezione di produzione combinata di
energia elettrica e calore Ee è la quantità
di energia elettrica lorda prodotta dalla
sezione nell'anno solare, diminuita dell'energia elettrica destinata ai servizi ausiliari
della sezione e delle perdite nei trasformatori principali. I servizi ausiliari includono i
servizi posti sui circuiti che presiedono alla
produzione di energia elettrica e di calore,
inclusi quelli di un eventuale sistema di
gassificazione, ed escludono i servizi ausiliari relativi alla rete di trasporto e distribuzione del calore, come le pompe di circolazione dell'acqua calda. Nel caso in cui i
servizi ausiliari siano in comune tra più
sezioni, i loro consumi sono da attribuire
ad ogni sezione in misura proporzionale
alla rispettiva quota parte di produzione di
energia elettrica lorda. Nel caso di produzione combinata di energia meccanica e
calore, l'energia meccanica viene moltiplicata per un fattore pari a 1,05 per convertirla in una quantità equivalente di energia
elettrica netta;
o) produzione di energia termica utile di una
sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore Et è la quantità di
energia termica utile prodotta dalla sezione nell'anno solare effettivamente ed utilmente utilizzata a scopi civili o industriali,
pari alla differenza tra il contenuto entalpi-
co del fluido vettore in uscita ed in ingresso misurato alla sezione di separazione
tra la sezione di produzione e la rete di
distribuzione del calore, al netto dell'energia termica eventualmente dissipata in
situazioni transitorie o di emergenza (scarichi di calore). Qualora non esista fisicamente una rete di utilizzazione del calore,
la produzione di energia termica utile può
essere calcolata con metodi indiretti. I
consumi specifici di calore utile risultanti
dalle utilizzazioni a scopo civile o industriale devono risultare confrontabili a
quelli utilizzati in campo nazionale per
analoghe applicazioni con produzione
separata di calore. La produzione di energia termica di eventuali caldaie di integrazione dedicate esclusivamente alla produzione di energia termica non rientra
nella determinazione della produzione di
energia termica utile Et. L'eventuale utilizzo di vapore per iniezione nelle turbine a
gas non è energia termica utile. Et è
somma delle due componenti Etciv e
Etind definite come:
energia termica utile per usi civili Etciv è la
parte di produzione di energia termica utile
di una sezione di produzione combinata di
energia elettrica e calore destinata alle utilizzazioni di tipo civile a fini di climatizzazione, riscaldamento, raffrescamento, raffreddamento, condizionamento di ambienti
residenziali, commerciali e industriali e per
uso igienico-sanitario, con esclusione delle
utilizzazioni in processi industriali;
energia termica utile per usi industriali
Etind è la parte di produzione di energia
termica utile di una sezione di produzione
combinata di energia elettrica e calore
destinata ad utilizzazioni diverse da quelle
previste per Etciv;
p) rendimento elettrico netto medio annuo
eta es di un impianto destinato alla sola
produzione di energia elettrica è il rapporto tra la produzione annua netta di energia
elettrica e l'energia primaria del combustibile immessa annualmente nell'impianto,
entrambe riferite all'anno solare;
q) rendimento termico netto medio annuo
eta ts di un impianto destinato alla sola
produzione di energia termica è il rapporto tra la produzione annua netta di energia
termica e l'energia primaria del combustibile immessa annualmente nell'impianto,
entrambe riferite all'anno solare;
175
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
r) energia elettrica autoconsumata Ee autocons è la parte di energia elettrica prodotta, definita alla precedente lettera n),
che non viene immessa nella rete di trasmissione o di distribuzione dell'energia
elettrica in quanto direttamente utilizzata
e autoconsumata nel luogo di produzione;
s) energia elettrica immessa in rete Ee immessa e la parte di energia elettrica netta
prodotta che non rientra nella definizione
di cui alla precedente lettera r);
t) indice di risparmio di energia IRE è il rapporto tra il risparmio di energia primaria
conseguito dalla sezione di cogenerazione rispetto alla produzione separata
delle stesse quantità di energia elettrica
e termica e l'energia primaria richiesta
dalla produzione separata definito dalla
formula:
IRE = 1
dove:
Ec, Ee,
Ec
Etciv
Etind
Ee
+
+
eta es . p eta ts,civ eta ts,ind
Etciv e Etind sono definite, rispettivamente, alle precedenti lettere l), n)
e o), espresse in MWh ed arrotondate con criterio commerciale alla
terza cifra decimale;
eta es
è il rendimento elettrico medio netto,
come definito alla precedente lettera
p), della modalità di riferimento per la
produzione di sola energia elettrica;
eta ts,civ è il rendimento termico netto medio
annuo, come definito alla precedente lettera q), della modalità di riferimento per la produzione di sola
energia termica per usi civili Etciv;
176
eta ts,ind è il rendimento termico netto medio
annuo, come definito alla precedente
lettera q), della modalità di riferimento
per la produzione di sola energia termica per usi industriali Eind;
p
è un coefficiente che rappresenta le
minori perdite di trasporto e di trasformazione dell'energia elettrica
che gli impianti cogenerativi comportano quando autoconsumano
l'energia elettrica autoprodotta, evitando le perdite associate al trasporto di energia elettrica fino al livello di tensione cui gli impianti stessi sono allacciati o quando immettono energia elettrica nelle reti di
bassa o media tensione, evitando le
perdite sulle reti, rispettivamente, di
media e alta tensione. Il coefficiente
p è calcolato come media ponderata dei due valori di perdite evitate
pimmessa e pautocons rispetto alle
quantità di energia elettrica autoconsumata Eeautocons ed immessa in rete Ee immessa, come definite rispettivamente alle precedenti
lettere r) e s), secondo la seguente
formula:
p=
p immessa . Ee immessa + p autocons . Ee autocons
Ee immessa + Ee autocons
I valori di p immessa e p autocons dipendono dal livello di tensione cui è allacciata la
sezione di produzione combinata di energia
elettrica e calore e sono riportati nella seguente tabella:
Livello di tensione cui è allacciata la sezione
BT (bassa tensione)....
MT (media tensione)....
AT/AAT (alta e altissima tensione)....
p immessa
1-4,3/100
1-2,8/100
1
p autocons
1-6,5/100
1-4,3/100
1-2,8/100
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
u) limite termico LT è il rapporto tra l'energia
termica utile annualmente prodotta Et e
l'effetto utile complessivamente generato
su base annua dalla sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore,
pari alla somma dell'energia elettrica netta
e dell'energia termica utile prodotte (Ee +
Et), riferiti all'anno solare, secondo la
seguente formula:
LT =
Et
Ee + Et
con il significato dei simboli definito alla
precedente lettera t);
v) data di entrata in esercizio di una sezione
di produzione combinata di energia elettrica e calore è la data in cui è stato effettuato il primo funzionamento in parallelo
con il sistema elettrico nazionale della
sezione, come risulta dalla denuncia
dell'UTF di attivazione di officina elettrica;
w) data di entrata in esercizio commerciale di
una sezione di produzione combinata di
energia elettrica e calore è la data di
entrata in esercizio commerciale della
sezione fissata dal produttore, considerando come periodo di collaudo e avviamento un periodo massimo di 12 (dodici)
mesi consecutivi a partire dalla data in cui
è stato effettuato il primo funzionamento
della sezione in parallelo con il sistema
elettrico nazionale, come risulta dalla
denuncia dell'UTF di attivazione di officina
elettrica;
x) sezione esistente è la sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore
che, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, era già entrata in
esercizio o per la quale, alla medesima
data, erano state assunte obbligazioni
contrattuali relativamente alla maggior
parte, in valore, dei costi di costruzione;
y) rifacimento di una sezione di produzione
combinata di energia elettrica e calore è
l'intervento su una sezione dell'impianto
che sia in esercizio, esistente da almeno
venti (20) anni, finalizzato a migliorare le
prestazioni energetiche ed ambientali
attraverso la sostituzione, il ripotenziamento o la totale ricostruzione di componenti
che nel loro insieme rappresentano la
maggior parte dei costi di investimento
sostenuti per la realizzazione della sezione;
z) sezione di nuova realizzazione è la sezione di produzione combinata di energia
elettrica e calore con data di entrata in
esercizio commerciale successiva alla
data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Art. 2
Definizione di cogenerazione ai sensi
dell'articolo 2, comma 8, del decreto
legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 2,
lettera g), del decreto legislativo
n. 164/2000
1. Si definisce cogenerazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo
n. 79/1999 e dell'articolo 2, lettera g), del
decreto legislativo n. 164/2000 ed ai fini dei
benefici di cui al precedente articolo 1, lettera
f), un sistema integrato di produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di
energia termica, entrambe considerate energie utili, realizzato dalla sezione di un impianto
per la produzione combinata di energia elettrica e calore, come definita al precedente articolo 1, lettera e), che, a partire da una qualsivoglia combinazione di fonti primarie di energia e con riferimento a ciascun anno solare,
soddisfi entrambe le condizioni concernenti il
risparmio di energia primaria e il limite termico
di cui ai successivi commi 2.2 e 2.3.
2. Ai fini del riconoscimento della produzione
combinata di energia elettrica e calore come
cogenerazione, di cui al precedente comma
2.1, l'indice di risparmio di energia IRE della
sezione, come definito al precedente articolo 1,
lettera t), non deve essere inferiore al valore
minimo IREmin che, fino al 31 dicembre 2005,
viene fissato pari a 0,050 (5,0%) per le sezioni
esistenti, come definite al precedente articolo
1, lettera x), pari a 0,080 (8,0%) per i rifacimenti di sezioni, come definiti al precedente articolo 1, lettera y), e pari a 0,100 (10,0%) per le
sezioni di nuova realizzazione, come definite al
precedente articolo 1, lettera z), assumendo:
a) per il parametro eta es il rendimento elettrico netto medio annuo delle modalità di
riferimento per la produzione separata di
sola energia elettrica, differenziato per ciascuna fascia di taglia di riferimento, come
definita al precedente articolo 1, lettera j),
e per ciascun tipo di combustibile utilizzato, secondo i valori riportati nella seguente tabella:
177
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
Taglia di riferimento,
in MWe, ai fini della
determinazione del
parametro eta es
Gas naturale,
Olio
G.P.L.,
combustibile,
G.N.L.,
nafta
gasolio
< o = a 1 Mwe
> 1 - < o = a 10 MWe....
> 10 - < o = a 25 MWe....
> 25 - < o = a 50 MWe....
> 50 - < o = a 100 MWe...
> 100 - < o = a 200 MWe....
> 200 - < o = a 300 MWe....
> 300 - < o = a 500 MWe....
> 500 MWe....
0,38
0,40
0,43
0,46
0,49
0,51
0,53
0,55
0,55
Combustibili
solidi fossili,
coke di petrolio,
orimulsion
Rifiuti solidi
organici,
inorganici e
biomasse
0,33
0,34
0,36
0,37
0,37
0,37
0,37
0,39
0,41
0,23
0,25
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,35
0,36
0,38
0,39
0,39
0,39
0,39
0,41
0,43
Nel caso di utilizzo di combustibili solidi
fossili di produzione nazionale in misura non
inferiore al 20% dell'energia primaria annualmente immessa nella sezione di produzione
combinata di energia elettrica e calore, i valori del parametro eta es riportati in tabella
sono ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano
tra i combustibili fossili di produzione nazionale il carbone di tipo coke, prodotto in Italia
a partire da carbone di importazione, e il
petrocoke o coke di petrolio. Nel caso di utilizzo di combustibili di processo e residui,
biogas, gas naturale da giacimenti minori
isolati il parametro eta es è pari a 0,35 per
tutte le taglie di riferimento. Nel caso di
sezioni di produzione combinata di energia
elettrica e calore che utilizzino più combustibili di diverso tipo C1, C2, ..., Cn, il parametro eta es viene calcolato come media ponderata dei parametri di cui alla precedente
tabella rispetto all'energia primaria EcC1,
EcC2, ..., EcCn, dei combustibili annualmente immessi nella sezione, secondo la
seguente formula:
eta es,C1.Ec C1 + eta es,C2.Ec C2 + ... + eta es,Cn.Ec Cn
eta es =
178
Ec C1 + Ec C2 + ... + Ec Cn
Nel caso di utilizzo di combustibili diversi da
quelli sopra richiamati, ai fini della determinazione del parametro eta {es} si assume il gas
naturale come combustibile di riferimento. I
valori del parametro eta es riportati nella tabella per i rifiuti solidi, organici e inorganici, e per
le biomasse si applicano nei soli casi di cocombustione, definita come la combustione
contemporanea di combustibili da fonti rinnovabili, come definite dall'articolo 2, comma
15, del decreto legislativo n. 79/1999, e di
combustibili da altre fonti di energia. Ai fini dei
benefici di cui al precedente articolo 1, lettera
f), e in particolare di quelli previsti dall'articolo
3, comma 3, del decreto legislativo n.
79/1999, l'indice di risparmio di energia IRE
per gli impianti di produzione combinata di
energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a 10 MVA è riferito all'intero
impianto. Nel caso di sezioni di impianto aven-
ti n taglie di riferimento T1, T2, ...,Tn, che individuano n rendimenti elettrici di riferimento eta
es,1, eta es,2, ..., eta es,n, ed una potenza
nominale della sezione pari a P, il parametro
eta es da utilizzare per il calcolo dell'indice IRE
della sezione viene determinato con la seguente formula:
eta es = n sommatoria J=l
eta es,j . T j
P
b) per il parametro eta ts,civ un valore pari a
0,8 e per il parametro eta ts,ind un valore pari
a 0,9. Nel caso di utilizzo di combustibili solidi
fossili di produzione nazionale in misura non
inferiore al 20% dell'energia primaria annualmente immessa nella sezione di produzione
combinata di energia elettrica e calore, i valori dei parametri eta ts,civ e eta ts,ind sono
ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano tra i
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
combustibili fossili di produzione nazionale il
carbone di tipo coke, prodotto in Italia a partire da carbone di importazione, e il petrocoke
o coke di petrolio.
3. Il limite termico LT, come definito al precedente articolo 1, lettera u), per il processo di
cui al comma 2.1 non deve essere inferiore al
valore minimo LTmin che, fino al 31 dicembre
2005, viene fissato pari a 0,150 (15,0%). Nel
caso di sezioni di nuova realizzazione che
soddisfino la condizione di IREmin di cui al
comma 2.2, ma non soddisfano la condizione
per il limite termico LT è ammessa, ai soli fini
dell'esenzione dall'obbligo previsto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n.
79/1999, l'esenzione dal predetto obbligo per
la quota di energia elettrica che soddisfa il
limite termico di 0,150 (15,0%). Ai fini dei
benefici di cui al precedente articolo 1, lettera
f), e in particolare di quelli previsti dall'articolo
3, comma 3, del decreto legislativo n.
79/1999, si assume che nel calcolo del limite
termico LT per gli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a 10 MVA la sezione
coincide con l'impianto.
Art. 3
Aggiornamento e periodo di validità
dei parametri di riferimento
1. I valori di riferimento dei parametri eta es,
eta ts,civ eta ts,ind, LTmin e IREmin, come
riportati al precedente articolo 2, sono in vigore fino al 31 dicembre 2005 e vengono aggiornati dall'Autorità con periodicità triennale.
2. Per ciascuna sezione esistente i valori di
riferimento dei parametri eta es, eta ts,civ, eta
ts,ind, LTmin e IREmin, di cui al precedente
articolo 2, rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della condizione tecnica di cogenerazione, per un periodo di dieci (10) anni a partire dalla data di entrata in vigore del presente
provvedimento. A partire dall'anno solare successivo a quello in cui vengono completati i
dieci (10) anni di esercizio si applicano i valori
di riferimento dei parametri aggiornati
dall'Autorità su base triennale, di cui al
comma 3.1, in vigore per quel triennio.
3. Per ciascuna sezione di nuova realizzazione e per i rifacimenti i valori di riferimento
dei parametri eta es, eta ts,civ, eta ts,ind,
LTmin e IREmin, in vigore alla data di entrata
in esercizio rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della condizione tecnica di cogenerazione, per un periodo di quindici (15) anni. A
partire dall'anno solare successivo a quello in
cui vengono completati i quindici (15) anni di
esercizio si applicano i valori di riferimento dei
parametri aggiornati dall'Autorità su base
triennale, di cui al comma 3.1, in vigore per
quel triennio.
4. Nel caso di sezioni dotate di reti di teleriscaldamento per la distribuzione del calore
utile prodotto i periodi di cui ai commi 3.2 e
3.3 vengono estesi di 5 anni.
5. Durante il periodo di collaudo e avviamento, e limitatamente al periodo massimo di
12 mesi consecutivi di cui al precedente
punto 1, lettera w), si applica per il parametro
IREmin un valore pari a 0,050 (5,0%) e per il
parametro LTmin un valore pari a 0,100
(10,0%). Per l'anno solare in cui termina il
periodo di collaudo e avviamento, i valori dei
parametri IREmin e LTmin, sono calcolati
come media ponderata sui due periodi.
6. Agli impianti di nuova realizzazione per i
quali, alla fine di un triennio di vigenza dei valori di riferimento dei parametri eta es, eta ts,civ,
eta ts,ind, LTmin e IREmin, in di cui al precedente articolo 2, sono state assunte obbligazioni contrattuali in valore relativamente alla
maggior parte dei costi di costruzione, si
applicano i valori di riferimento previsti per il
triennio precedente.
Art. 4
Attestazione delle condizioni per
il riconoscimento della produzione
combinata di energia elettrica
e calore come cogenerazione
1. I soggetti produttori con sezioni di produzione combinata di energia elettrica e calore
che intendono avvalersi dei benefici di cui al
precedente articolo 1, lettera f), comunicano,
separatamente per ciascuna sezione, mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà firmata dal legale rappresentante ai sensi
degli articoli 21, 38 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000,
n. 445, il valore dell'indice di risparmio di energia IRE e del limite termico LT, calcolati con
riferimento ai valori dei parametri eta es, eta
ts,civ e eta ts,ind, fissati nel precedente articolo 2, relativi all'anno solare precedente.
179
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
180
2. La dichiarazione di cui al comma 4.1
deve essere inviata alla società Gestore della
rete di trasmissione nazionale S.p.A. entro il
31 marzo di ogni anno. La società Gestore
della rete di trasmissione nazionale S.p.A.,
entro il 30 giugno di ogni anno, trasmette
all'Autorità un prospetto riepilogativo delle
dichiarazioni pervenute ed un piano annuale di
verifiche sulle sezioni ai sensi dell'articolo 5 del
presente provvedimento. Tale dichiarazione
deve contenere le seguenti informazioni:
a) identificazione del soggetto produttore, in
particolare: ragione sociale, natura giuridica, sede legale, codice fiscale o partita
IVA;
b) identificazione della sezione e dell'impianto, in particolare:
localizzazione geografica, eventuale denominazione, data di entrata in esercizio e
data di entrata in esercizio commerciale,
come definite, rispettivamente, al precedente articolo 1, lettere v) e w);
c) energia elettrica utile prodotta nell'anno
solare precedente dalla sezione al netto
dell'energia assorbita dai servizi ausiliari
(Ee), come definita al precedente articolo
1, lettera n); energia termica utile (Et),
incluse le due componenti per usi civili
Etciv e industriali Etind prodotte nell'anno
solare precedente dalla sezione, come
definite al precedente articolo 1, lettera o);
tipologia e quantità dei combustibili utilizzati (C1, C2, ..., Cn) e energia primaria
immessa nell'anno solare precedente
nella sezione per ciascuna tipologia di
combustibile (EcC1, EcC2, ..., EcCn),
come definita al precedente articolo 1, lettera l). Tutti i dati della presente lettera c),
devono essere espressi in MWh e arrotondati con criterio commerciale alla terza
cifra decimale;
d) metodi di misura e criteri utilizzati per la
determinazione dei valori delle grandezze
di cui alla precedente lettera c);
e) programma annuale di utilizzo della sezione, in particolare: capacità di produzione
combinata di energia elettrica e calore,
rendimenti e combustibili utilizzati (inclusi i
combustibili di processo, residui o recuperi di energia, combustibili non commerciali), finalità della produzione (usi propri,
distribuzione, vendita ad altri soggetti,
riportando le quantità annue di produzione dei prodotti nel cui processo di lavorazione viene utilizzato il calore, il consumo
specifico di calore per le diverse fasi del
ciclo produttivo, nel caso di usi propri, e le
quantità di calore vendute a terzi, con
indicazione dei soggetti acquirenti e delle
rispettive quote, nel caso di vendita a
terzi);
f) caratteristiche tecniche generali della
sezione, in particolare: tipo di sezione e di
impianto, schema generale di funzionamento, identificazione e caratteristiche di
generatori e scambiatori di calore, motori
primi, generatori elettrici (tra cui, almeno,
la potenza nominale dei generatori elettrici, come definita al precedente articolo 1,
lettera g), e taglia di riferimento ai fini della
determinazione del parametro eta es,
come definita al precedente articolo 1, lettera j), ed altri componenti significativi.
3. La documentazione di cui al precedente
comma 4.2, lettere d) e f), deve essere trasmessa in occasione della prima richiesta di
riconoscimento della produzione combinata di
energia elettrica e calore come cogenerazione
e, successivamente, solo nel caso in cui siano
intervenute variazioni con conseguenze significative sul rispetto della condizione tecnica di
cogenerazione.
4. L'invio di informazioni incomplete o difformi comporta, per la sezione o per l'impianto,
l'esclusione, per l'anno di riferimento, dei
benefici di cui al precedente articolo 1, lettera
f). La società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A. ne dà comunicazione al
soggetto produttore e all'Autorità.
5. In caso di dichiarazioni contenenti dati e
informazioni non veritiere, l'Autorità, su segnalazione della società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A., può applicare le
sanzioni di cui all'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481.
Art. 5
Verifiche sulla sezione
1. Le verifiche sulla sezione atte a controllare il rispetto delle condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia
elettrica e calore come cogenerazione ai fini
dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), sono effettuate dalla società Gestore
della rete di trasmissione nazionale S.p.A. e
svolte, ove necessario, attraverso sopralluoghi
al fine di accertare la veridicità delle informa-
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del. 19/03/2002
zioni e dei dati trasmessi, avvalendosi eventualmente anche della collaborazione di altri
enti o istituti di certificazione.
Art. 6
Disposizioni finali
1. La presente deliberazione viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana e nel sito internet dell'Autorità ed entra in
vigore il giorno successivo alla data della sua
pubblicazione.
181
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
28 marzo 2002
Modalità di utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze UMTS, di cui all'art. 103
della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(G.U. n. 137 del 13 giugno 2002)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visti gli articoli 103, commi 1 e 2, e 112 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti
l'utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze
UMTS;
Vista la legge 22 febbraio 2001, n. 36,
recante legge quadro sulla protezione dalle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici;
Vista la determinazione del Consiglio dei
Ministri in data 25 gennaio 2001, con la quale le
risorse di cui al citato art. 103, comma 1, pari
a complessivi 2.675 miliardi di lire (Euro
1.381.522.205,06), sono state ripartite e destinate a finanziare, fra l'altro, la riduzione delle
emissioni elettromagnetiche, per complessivi
267,5 miliardi di lire (Euro 138.152.220,51) ed il
Piano di azione per l'e-Government, per complessivi 800 miliardi di lire (Euro 413.165.519,27);
Visto il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 20 aprile 2001, con il quale
le citate risorse destinate al finanziamento del
sistema di riduzione delle emissioni elettromagnetiche sono state ripartite in cinque quoteparti, finalizzate alla realizzazione di vari interventi;
182
Visto l'art. 1-bis del decreto-legge 25 maggio 2001, n. 199, introdotto dalla legge di
conversione 25 luglio 2001, n. 305, che ha
disposto l'utilizzo di 150 miliardi di lire (Euro
77.468.534,86), facenti parte delle risorse ripartite con la citata determinazione del Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001, per
la copertura finanziaria degli oneri connessi
agli interventi per fronteggiare l'emergenza
derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina, determinando così la necessità di rivedere
la ripartizione dei suddetti fondi operata con il
citato decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 20 aprile 2001;
Ritenuto, pertanto, di dover procedere ad
un nuovo riparto dei fondi destinati al finanziamento del sistema di riduzione delle emissioni
elettromagnetiche, anche al fine di assicurare
alle amministrazioni regionali lo stanziamento
minimo necessario per il completamento a
livello regionale della connessa rete di monitoraggio, secondo le intese intercorse in sede di
Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Ritenuto, altresì, di dover procedere alla riduzione degli stanziamenti di cui al punto 1,
lettera c) della determinazione del Consiglio
dei Ministri in data 25 gennaio 2001 per l'importo di Euro 2.582.284,50 (5 miliardi di lire),
da destinare alle finalità di cui al presente decreto;
Su proposta del Ministro delle comunicazioni;
D'intesa con il Ministro dell'economia e delle
finanze, il Ministro delle attività produttive, il
Ministro dell'ambiente, il Ministro della salute,
il Ministro per la funzione pubblica ed il Ministro per l'innovazione tecnologica;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell'11
gennaio 2002;
Sentita in data 14 febbraio 2002, ai sensi
dell'art. 103, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la Conferenza unificata di
cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281;
Sentite in data 13 marzo 2002, ai sensi dell'art. 103, comma 2, della legge 23 dicembre
2000, n. 388, le competenti Commissioni parlamentari;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 28 marzo
2002;
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 28/03/2002
DECRETA:
Art. 1
zione del progetto di rete di monitoraggio dei
livelli di campo elettromagnetico a livello
nazionale, nonché per le sue sperimentazioni
a livello regionale o locale.
1. I fondi di cui al punto 1, lettera a) della
determinazione del Consiglio dei Ministri in
data 25 gennaio 2001, come risultanti dalla
riduzione operata dall'art. 1-bis del decretolegge 25 maggio 2001, n. 199, introdotto
dalla legge di conversione 25 luglio 2001, n.
305 e dall'incremento operato dall'art. 5 del
presente decreto, sono destinati alla riduzione
delle emissioni elettromagnetiche secondo le
seguenti finalità:
a) sostegno ad attività di studio e di ricerca
per approfondire la conoscenza dei possibili rischi connessi all'esposizione a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici;
b) realizzazione della rete di monitoraggio dei
campi elettromagnetici;
c) adeguamento delle strutture e delle strumentazioni di monitoraggio e formazione
del personale degli istituti pubblici addetti
ai controlli sulle emissioni elettromagnetiche;
d) promozione di nuove tecnologie nel
campo dei sistemi radianti delle tecniche
di trasmissione in grado di ridurre le emissioni mediante la ottimizzazione dei parametri di irradiazione e della condivisione
delle infrastrutture da parte di più operatori;
e) sostegno ai comuni per interventi di sperimentazione.
2. Per gli interventi relativi alle finalità di cui
all'art. 1, comma 1, lettere c) ed e), sono stanziati fondi pari a Euro 18.075.991,47 (35 miliardi di lire) da ripartirsi tra le regioni e le province autonome e i comuni. Il piano di riparto
è disposto dal Ministro delle comunicazioni,
sentita la Conferenza unificata.
Art. 2
Art. 5
1. Per gli interventi relativi alla finalità di cui
all'art. 1, lettera a), sono stanziati fondi pari a
Euro 11.620.280,23 (22,5 miliardi di lire), che
saranno assegnati ed impiegati d'intesa fra i
Ministri delle comunicazioni, dell'ambiente e
della salute e previo parere della Conferenza
unificata, prevedendo un congruo stanziamento per le attività di cui al presente decreto, svolte a livello regionale.
1. Le risorse destinate alle finalità di cui al
punto 1, lettera c) della determinazione del
Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001,
sono ridotte di Euro 2.582.284,50 (5 miliardi di
lire), destinandole alle finalità del presente
decreto.
Art. 3
Art. 6
1. Per gli interventi relativi alla finalità di cui
all'art. 1, lettera b), sono complessivamente
stanziati fondi pari a Euro 20.658.275,96 (40
miliardi di lire), assegnati al Ministero delle
comunicazioni per la definizione e la realizza-
1. Il presente decreto sostituisce ad ogni
effetto quello emanato in data 20 aprile 2001.
3. Il Ministro delle comunicazioni nomina,
con proprio decreto, un comitato strategico in
cui sono rappresentate le regioni e le autonomie locali con il supporto del sistema agenziale, per la definizione progettuale dell'intera rete
di monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico e, sentito quest'ultimo, approva le linee guida di realizzazione del progetto.
All'onere derivante dalle spese di funzionamento del comitato strategico si provvede, a
carico delle risorse di cui al comma 1, nel limite di Euro 200.000.
Art. 4
1. Per gli interventi relativi alla finalità di cui
all'art. 1, lettera d), sono stanziati fondi pari a
Euro 12.911.422,48 (25 miliardi di lire), che
saranno assegnati ed impiegati dal Ministero
delle attività produttive di concerto con i Ministeri delle comunicazioni, dell'ambiente e della
salute, d'intesa con la Conferenza unificata.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni di bilancio.
183
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
2 aprile 2002, n. 60
DECRETO MINISTERIALE
Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il
biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva
2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio
(Suppl. alla G.U. n. 87 del 13 aprile 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
DI CONCERTO CON
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Visto il decreto legislativo del 4 agosto 1999,
n. 351, di recepimento della direttiva 96/62/CE
del Consiglio in materia di valutazione e di
gestione della qualità dell'aria ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre
1999, n. 241, ed, in particolare, l'articolo 4 e
l'articolo 8, comma 5;
Visto l'articolo 17, comma 3, della legge del
23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina
delle attività di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 settembre
1988, n. 214;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 28 marzo 1983 sui limiti massimi
di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione relativi ad inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 28 maggio
1983, n. 145;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, di attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884,
84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria ambiente, relativamente
a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento
prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183,
pubblicato nel supplemento ordinario n. 53
alla Gazzetta Ufficiale del 16 giugno 1988, n.
140, ed, in particolare, gli articoli 20, 21, 22, e
23 e gli allegati I, II, III, e IV;
184
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente
del 20 maggio 1991 concernente i criteri per
la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria
ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del 31 maggio 1991, n. 126;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1992 recante atto di indirizzo
e coordinamento in materia di sistemi di rilevazione dell'inquinamento urbano, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 1992,
n. 7;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 15
aprile 1994 concernente le norme tecniche in
materia di livelli e di stati di attenzione e di
allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree
urbane, ai sensi degli articoli 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203, e dell'articolo 9, del decreto del
Ministro dell'ambiente 20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 maggio
1994, n. 107;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 25
novembre 1994 sull'aggiornamento delle
norme tecniche in materia di limiti di concentrazione e di livelli di attenzione e di allarme per
gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane e
disposizioni per la misura di alcuni inquinanti
di cui al decreto del Ministro dell'ambiente del
15 aprile 1994, pubblicato nel supplemento
ordinario n. 159 alla Gazzetta Ufficiale del 13
dicembre 1994, n. 290;
Vista la legge 21 gennaio 1994, n. 61,
recante disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione
dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
del 27 gennaio 1994, n. 21;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1997, n. 335, recante il regolamento concernente la disciplina delle modalità
di organizzazione dell'Agenzia nazionale per la
protezione dell'ambiente in strutture operative, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6
ottobre 1997, n. 233;
Vista la legge 4 novembre 1997, n. 413,
sulle misure urgenti per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico da benzene, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre
1997, n. 282;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 21
aprile 1999, n. 163, recante norme per l'individuazione dei criteri ambientali e sanitari in
base ai quali i sindaci adottano le misure di
limitazione della circolazione, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale dell'11 giugno 1999, n. 135;
Vista la direttiva 99/30/CE del Consiglio del
22 aprile 1999 relativa ai valori limite di qualità
dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il
biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, come modificata con decisione 2001/744/CE del 17 ottobre 2001;
Vista la direttiva 2000/69/CE del Consiglio
del 16 novembre 2000 relativa ai valori limite
di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed
il monossido di carbonio;
Vista la decisione 97/101/CE del 27 gennaio 1997 che instaura uno scambio reciproco di informazioni e di dati provenienti dalle
reti e dalle singole stazioni di misurazione dell'inquinamento atmosferico negli Stati membri,
come modificata con decisione 2001/752/CE
del 17 ottobre 2001;
Vista la decisione 2001/744/CE del 17 ottobre 2001 che modifica l'allegato V della direttiva 99/30/CE del Consiglio concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il
biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo;
Considerato che nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 8, comma 5,
del citato decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, è opportuno indicare, in applicazione
della citata direttiva 99/30/CE, i casi in cui l'adozione di piani o programmi per il raggiungimento dei valori limite non è richiesta;
Sentita la Conferenza unificata, istituita ai
sensi del decreto legislativo del 28 agosto
1997, n. 281, nella seduta del 31 gennaio
2002;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi dell'adunanza dell'11 marzo 2002;
Vista la comunicazione alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri, effettuata con nota
UL/2002/2652 del 3 aprile 2002;
ADOTTA
il seguente regolamento:
CAPO I
(Norme generali)
Art. 1
Finalità
1. Il presente decreto stabilisce per gli inquinanti biossido di zolfo, biossido di azoto, ossidi di azoto, materiale articolato, piombo, benzene e monossido di carbonio, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo del 4 agosto
1999, n. 351:
a) i valori limite e le soglie di allarme;
b) il margine di tolleranza e le modalità
secondo le quali tale margine deve essere
ridotto nel tempo;
c) il termine entro il quale il valore limite deve
essere raggiunto;
d) i criteri per la raccolta dei dati inerenti la
qualità dell’aria ambiente, i criteri e le tecniche di misurazione, con particolare riferimento all’ubicazione ed al numero minimo dei punti di campionamento, nonché
alle metodiche di riferimento per la misura,
il campionamento e l’analisi;
e) la soglia di valutazione superiore, la soglia
di valutazione inferiore e i criteri di verifica
della classificazione delle zone e degli agglomerati;
f) le modalità per l’informazione da fornire al
pubblico sui livelli registrati di inquinamento atmosferico ed in caso di superamento
delle soglie di allarme;
g) il formato per la comunicazione dei dati.
2. Resta ferma la competenza delle regioni
ad emanare la normativa di attuazione del decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 351, nel
rispetto di quanto previsto dal medesimo
decreto legislativo.
3. sono fatte salve le competenze delle re-
185
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
gioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono
in conformità ai rispettivi statuti ed alle relative
norme di attuazione.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto s’intende per:
a) “ossidi di azoto”: la somma di monossido
di azoto effettuata in parti per miliardo ed
espressa come biossido di azoto in microgrammi per metro cubo;
b) PM10: la frazione di materiale articolato
sospeso in aria ambiente che passa attraverso un sistema di separazione in grado
di selezionare il materiale articolato di diametro aerodinamico di 10 µm, con una
efficienza di campionamento pari al 50%;
c) PM2,5: la frazione di materiale articolato
sospeso in area ambiente che passa attraverso un sistema di separazione in grado di selezionare il materiale articolato di
diametro aerodinamico di 2,5 µm, con
una efficienza di campionamento pari al
50%;
d) di diametro aerodinamico di 2,5 µm, con
una efficienza di campionamento pari al
50%;
d) misurazione in siti fissi: una misurazione
effettuata a norma dell’articolo 6, comma
7, del decreto legislativo 4 agosto 1999,
n. 351;
e) evento naturale: eruzioni vulcaniche, attività sismiche, attività geotermiche, incendi spontanei, eventi di elevata ventosità,
risospensione atmosferica (quale si verifica ad esempio in condizioni di persistente
siccità accompagnata da stabilità atmosferica) e trasporto di materiale particolato
naturale da regioni aride;
f) livello: concentrazione nell’aria ambiente
di un inquinante in un dato periodo di
tempo, espressa secondo l’unità di misura indicata negli allegati da I a VI.
2. Per quanto non indicato al comma 1, si
applicano le definizioni di cui all’articolo 2 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.
186
siti fissi degli inquinanti biossido di zolfo, biossido di azoto, ossidi di azoto, materiale particolato, piombo, benzene e monossido di carbonio sono stabiliti nell’allegato VIII.
2. Il numero minimo dei punti di campionamento per le misurazioni nei siti fissi degli
inquinanti di cui al comma I, da installare in
ciascuna zona o agglomerato al cui interno
tale misurazione è obbligatoria ed è la sola
fonte di dati, è stabilito nell’allegato IX.
3. Nelle zone e negli agglomerati in cui
l’informazione proveniente dai punti di campionamento in siti fissi è completata da altre
fonti di informazione, come inventari delle
emissioni, metodi indicativi di misurazione e
modellizzazione, il numero di punti di campionamento in siti fissi da installare, anche quando inferiore al numero minimo di cui al comma
2, e la risoluzione spaziale delle altre tecniche
devono, in ogni caso, consentire di determinare i livelli degli inquinanti di cui al comma 1,
nel rispetto dell’allegato VIII, sezione I, e dell’allegato X, sezione I.
4. Per le zone e gli agglomerati per le quali
la misurazione non è obbligatoria ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351, è consentito ricorrere a tecniche
di modellizzazione o di stima obiettiva.
5. Nelle more dell’emanazione dei criteri di
cui all’articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, possono essere utilizzate tecniche di modellizzazione e di stima obiettiva validate secondo
procedure documentate o certificate da agenzie, organismi o altre istituzioni scientifiche riconosciute a livello nazionale o internazionale.
6. Gli obiettivi per la qualità dei dati da utilizzare nei programmi di assicurazione di qualità
sono stabiliti nell’allegato X, sezione I.
Art. 4
Criteri di verifica della classificazione
delle zone e degli agglomerati
Art. 3
Valutazione dei livelli
1. La verifica della classificazione delle
zone e degli agglomerati ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, commi 2, 3, 4 e 5, del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, è
effettuata in base ai requisiti dell’allegato VII,
sezione II.
1. I criteri per determinare l’ubicazione dei
punti di campionamento per le misurazioni nei
2. La classificazione di cui al comma 1 è riesaminata almeno ogni 5 anni. Il riesame è
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
anticipato nel caso di cambiamenti significativi delle attività che influenzano i livelli nell’aria
ambiente di biossido di zolfo, di biossido di
azoto, di benzene o di monossido di carbonio,
oppure, se del caso, di ossidi di azoto, di
materiale articolato o di piombo.
Art. 5
Trasmissione delle informazioni
1. Le regioni comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al
Ministero della salute, per il tramite dell’agenzia nazionale dell’ambiente, di seguito denominata ANPA, i metodi seguiti per la valutazione preliminare della qualità dell’aria ambiente,
a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 4
agosto 1999. n. 351, entro:
a) 3 mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto per biossido di azoto,
ossidi di azoto, biossido di zolfo, materiale particolato e piombo;
b) il 13 dicembre 2002 per il benzene e il
monossido di carbonio.
2. Contestualmente alla comunicazione di
cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), punto
1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, le regioni comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per il tramite dell’ANPA, le informazioni di cui all’allegato X, sezione II.
3. La prima trasmissione delle informazioni
di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, integrata come previsto al comma 2, è relativa:
a) all’anno 2001 per biossido di azoto, ossidi di azoto, biossido di zolfo, materiale
particolato e piombo;
b) all’anno 2003 per il benzene e il monossido di carbonio.
4. Nell’allegato XII è riportato il formato per la
comunicazione delle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), punti 1) e 2), e
lettera b) del decreto legislativo 4 agosto 1999,
n. 351, integrate come previsto dal comma 2,
nonché delle informazioni di cui agli articoli 12
e 24 del presente decreto, relativamente a:
biossido di azoto, ossidi di azoto, biossido di
zolfo, materiale particolato e piombo.
CAPO II
Biossido di zolfo
Art. 6
Valori limite, margini di tolleranza
e soglia di allarme e termini
1. Nell’allegato I, sezione I, sono indicati:
a) i valori limite per la protezione delta salute
umana per il biossido di zolfo, i margini di
tolleranza, le modalità di riduzione ditale
margine e la data alla quale i valori limite
devono essere raggiunti;
b) il valore limite per la protezione degli ecosistemi e la data alla quale tale valore limite deve essere raggiunto.
2. Nell’allegato I, sezione II, è indicata la
soglia di allarme per il biossido di zolfo.
Art. 7
Misurazione delle medie su dieci minuti
1. I Ministeri dell’ambiente e della tutela del
territorio e il Ministero della salute, di intesa
con le regioni, individuano alcuni punti di campionamento, in siti fissi rappresentativi della
qualità dell’aria ambiente in zone abitate vicine alle sorgenti di emissione, i quali misurino i
livelli orari di biossido di zolfo, al fine di registrare, fino al 31 dicembre 2003, anche i dati
sui livelli di biossido di zolfo espressi come
media su dieci minuti.
Art. 8
Metodo di riferimento
1. Il metodo di riferimento per l’analisi del
biossido di zolfo è indicato nell’allegato XI,
paragrafo 1, sezione I.
Art. 9
Soglie di valutazione
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le
soglie di valutazione superiore e inferiore per il
biossido di zolfo sono individuate nell’allegato
VII, sezione I, lettera a).
Art. 10
Regime delle deroghe per i piani
o i programmi
1. Le regioni possono designare zone o
agglomerati nei quali i valori limite di biossido
di zolfo indicati nell’allegato I, sezione I, sono
superati a causa di livelli di biossido di zolfo
187
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
nell’aria ambiente dovuti a fonti naturali di
emissione.
2. L’obbligo dì adottare i piani o i programmi
di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, si applica nelle
zone o agglomerati di cui al comma 1 solo nel
caso in cui i valori limite di cui all’allegato I,
sezione I, siano superati a causa di emissioni
di origine antropica.
Art. 11
Informazione al pubblico
1. Le regioni provvedono affinché il pubblico
e le categorie interessate siano informati, ai
sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, sui livelli di biossido di
zolfo nell’aria ambiente e affinché tali informazioni siano aggiornate con frequenza almeno
giornaliera e, nel caso dei valori orari, se possibile, ogni ora. Le regioni forniscono, inoltre,
in caso di superamento della soglia di allarme,
le informazioni di cui all’allegato I, sezione III,
ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo
4 agosto 1999, n. 351.
do le necessarie giustificazioni a riprova del
fatto che i superamenti sono dovuti a fonti
naturali di emissione.
CAPO III
Biossido di azoto e ossidi di azoto
Art. 13
Valori limite, margini di tolleranza,
soglia di allarme e termini
1. Nell’allegato II, sezione I, sono indicati:
a) i valori limite per la protezione della salute
umana per il biossido di azoto, i margini di
tolleranza, le modalità di riduzione ditale
margine e la data alla quale i valori limite
devono essere raggiunti;
b) il valore limite per la protezione della vegetazione per gli ossidi di azoto e la data in
cui tale valore limite deve essere raggiunto.
2. Nell’allegato II, sezione II, è indicata la soglia di allarme per il biossido di azoto.
Art. 14
Metodo di riferimento
Art. 12
Trasmissione delle informazioni
1. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a),
punto 1), del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al
Ministero della salute, per il tramite dell’ANPA,
per i punti di campionamento di cui all’ articolo 7, il numero dei superamenti del valore di
500 µg/m3, espresso come media su dieci
minuti, il numero di giorni nell’anno civile in cui
i superamenti sono avvenuti, il numero dei
giorni in cui simultaneamente i livelli orari di
biossido di zolfo hanno superato i 350 µg/m3,
nonché il massimo livello registrato su dieci
minuti.
188
2. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b),
del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351,
comunicano al Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e al Ministero della salute,
per il tramite dell’ANPA, un elenco delle zone
e degli agglomerati di cui all’articolo 10,
comma 1, e le informazioni sui livelli e sulle
fonti di emissione di biossido di zolfo, fornen-
1. Il metodo di riferimento per l’analisi del
biossido di azoto e degli ossidi di azoto è indicato nell’allegato XI, paragrafo I, sezione II.
Art. 15
Soglie di valutazione
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le
soglie di valutazione superiore e inferiore per il
biossido di azoto e gli ossidi di azoto sono individuate nell’allegato VII, sezione I, lettera b).
Art. 16
Informazione al pubblico
1. Le regioni provvedono affinché il pubblico
e le categorie interessate siano informate, ai
sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, sui livelli di biossido e
ossidi di azoto nell’aria ambiente e affinché tali
informazioni siano aggiornate con frequenza
almeno giornaliera e, nel caso dei valori orari
del biossido di azoto, se possibile, ogni ora.
Le regioni forniscono, inoltre, in caso di superamento della soglia di allarme, i dettagli di cui
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
all’allegato Il, sezione III, ai sensi dell’articolo
10 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351.
CAPO IV
Materiale particolato
Art. 17
Valore limite, margine di tolleranza
e termini per il PM10
1. I valori limite per la protezione della salute umana per il PM10, il margine di tolleranza,
le modalità di riduzione di tale margine e la
data alla quale i valori limite devono essere
raggiunti, sono indicati nell’allegato III.
Art. 18
Misurazione del PM2,5
1. Le regioni installano punti di campionamento in siti fissi per fornire dati sui livelli dì
PM2,5. Il numero e l’ubicazione degli stessi
sono determinati, dal Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e dal Ministero della
sanità, in modo da garantire la massima rappresentatività dei livelli di PM2,5 sul territorio
nazionale. Ove possibile, tali punti di campionamento devono avere la stessa ubicazione di
quelli previsti per il PM10.
Art. 19
Metodo di riferimento
1. Il metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10 è indicato
nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione IV.
2. I metodi provvisori per il campionamento
e la misurazione del PM2,5 sono indicati nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione V.
Art. 20
Soglie di valutazione
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le
soglie di valutazione superiore e inferiore per il
PM10 sono individuate nell’allegato VII, sezione I, lettera c).
Art. 21
Piani di riduzione dei livelli del PM2,5
1. I piani previsti dall’articolo 8 del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 351, hanno anche lo scopo di ridurre i livelli in aria ambiente
di PM2,5.
Art. 22
Regime delle deroghe per i piani
o i programmi
1. Le regioni possono designare zone o
agglomerati nei quali i valori limite di PM10,
indicati nell’allegato III, sono superati a causa
di livelli di PM10 nell’aria ambiente dovuti a
eventi naturali che determinano livelli significativamente superiori ai normali livelli di fondo
dovuti a fonti naturali.
2. Le regioni possono designare zone o
agglomerati nei quali i valori limite di PM10,
indicati nell’allegato III, sono superati a causa
di livelli di PM10 nell’aria ambiente dovuti alla
risospensione di materiale particolato a seguito dello spargimento invernale di sabbia sulle
strade.
3. L’obbligo di adottare i piani o i programmi
di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, si applica nelle
zone o agglomerati di cui ai precedenti commi
1 e 2 solo nel caso in cui i valori limite, di cui
all’allegato III, siano superati per cause diverse da eventi naturali o dallo spargimento invernale di sabbia sulle strade.
Art. 23
Informazione al pubblico
1. Le regioni provvedono affinché il pubblico
e le categorie interessate siano informati, ai
sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, sui livelli di materiale
particolato nell’aria ambiente e affinché tali
informazioni siano aggiornate con frequenza
giornaliera.
Art. 24
Trasmissione delle informazioni
1. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a),
punto 1), del decreto legislativo 4 agosto.
1999, n. 351, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al
189
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
Ministero della salute, per il tramite
dell’ANPA, i dati relativi alla media aritmetica,
alla mediana, al novantottesimo percentile ed
aI livello massimo del PM2,5, calcolati per
ogni anno civile sulla base della media di ventiquattro ore. Il novantottesimo percentile è
calcolato nei modi indicati nell’allegato XI,
paragrafo 3.
2. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b),
del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351,
comunicano al Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e al Ministero della salute,
per il tramite dell’ANPA, l’elenco delle zone e
degli agglomerati di cui all’articolo 22, commi
1 e 2, e le informazioni sui livelli e sulle fonti di
PM10, fornendo le necessarie giustificazioni a
riprova del fatto che il superamento è dovuto
ad eventi naturali o a spargimento invernale di
sabbia sulle strade.
CAPO V
Piombo
Art. 25
Valori limite, margine di tolleranza
e termini
1. Il valore limite per la protezione della salute umana per il piombo, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione di tale margine e la
data alla quale il valore limite deve essere raggiunto sono indicati nell’allegato IV.
Art. 26
Metodi di riferimento
1. Il metodo dì riferimento per il campionamento del piombo è indicato nell’allegato XI,
paragrafo 1, sezione III A.
2. Il metodo di riferimento per l’analisi del
piombo è indicato nell’allegato XI, paragrafo
1, sezione III B.
Art. 27
Soglie di valutazione
190
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le
soglie di valutazione superiore e inferiore per il
piombo sono individuate nell’allegato VII,
sezione I, lettera d).
Art. 28
Informazione al pubblico
1. Le regioni provvedono affinché il pubblico
e le categorie interessate siano informati, ai
sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, sui livelli di piombo nell’aria ambiente e affinché tali informazioni
siano aggiornate con frequenza trimestrale.
CAPO VI
Benzene
Art. 29
Valori limite, margine di tolleranza
e termini
1. Il valore limite per la protezione della salute umana per il benzene, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione di tale margine e la
data alla quale il valore limite deve essere raggiunto sono indicati nell’allegato V.
Art. 30
Metodi di riferimento
1. Il metodo di riferimento per il campionamento e l’analisi del benzene è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione VI.
Art. 31
Soglie di valutazione
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le
soglie dì valutazione superiore e inferiore per il
benzene sono individuate nell’allegato VII,
sezione 1, lettera e).
Art. 32
Regime di proroga
1. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il valore limite stabilito nell’allegato V a
causa delle caratteristiche dispersive di un determinato sito o delle condizioni climatiche ivi
esistenti, quali la bassa velocità del vento o
condizioni favorevoli all’evaporazione, e se
l’attuazione delle misure previste nei piani e
nei programmi, ai sensi dell’articolo 8, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, determina gravi problemi socioeconomici, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
può richiedere alla Commissione europea una
sola proroga per un periodo massimo di cinque anni. A tal fine il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio deve:
a) designare le zone e gli agglomerati in questione;
b) fornire le necessarie giustificazioni per tale
proroga;
c) provare che sono state adottate tutte le
misure ragionevoli per ridurre le concentrazioni degli inquinanti di cui trattasi e
ridurre l’area nella quale il valore limite è
superato;
d) individuare le misure che si intendono adottare ai sensi dell’articolo 8, comma 3,
del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351.
2. Il valore limite per il benzene da rispettare
durante detta proroga di durata limitata non
può essere superiore ai 10 µg/m3.
Art. 35
Metodi di riferimento
1. Il metodo di riferimento per il campionamento e l’analisi del monossido di carbonio è
indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione
VII.
Art. 36
Soglie di valutazione
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le
soglie di valutazione superiore e inferiore per il
monossido di carbonio sono individuate nell’allegato VII, sezione 1, lettera f).
Art. 37
Informazione al pubblico
3. Ai fini di cui al comma 1, le regioni interessate presentano al Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio una richiesta di proroga accompagnata da adeguata documentazione giustificativa e dalle informazioni previste alle lettere a), b), c), e d) dello stesso
comma.
1. Le regioni provvedono affinché il pubblico
e le categorie interessate siano informati, ai
sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351, sui livelli di monossido di
carbonio nell’aria ambiente relativi alla massima media mobile su otto ore, e affinché tali
informazioni siano aggiornate con frequenza
almeno giornaliera o, se possibile, ogni ora.
Art. 33
Informazione al pubblico
CAPO VIII
Disposizioni transitorie e finali
1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e
le categorie interessate siano informati, ai sensi
dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto
1999, n. 351, sui livelli di benzene nell’aria
ambiente, relativi ai dodici mesi precedenti, e
affinché tali informazioni siano aggiornate almeno ogni tre mesi o, se possibile, ogni mese.
CAPO VII
Monossido di carbonio
Art. 34
Valori limite, margine di tolleranza
e termini
1. Il valore limite per la protezione della salute umana per il monossido di carbonio, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione ditale margine e la data alla quale il valore limite
deve essere raggiunto sono indicati nell’allegato VI.
Art. 38
Disposizioni transitorie e finali
1. In applicazione dell’articolo 14, comma 1,
del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351,
fino alla data entro la quale devono essere
raggiunti i valori limite di cui agli allegati I, Il, III,
IV, e VI, restano in vigore i valori limite di cui
all’allegato I, tabella A del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983,
come modificata dall’articolo 20 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203.
2. Per valutare i livelli di biossido di zolfo,
biossido di azoto, piombo e monossido di
carbonio in riferimento ai valori limite di cui al
comma 1 possono essere utilizzati i punti di
campionamento in siti fissi e gli altri metodi di
valutazione della qualità dell’aria ambiente
previsti dal presente decreto. Per valutare il
livello di particelle sospese in riferimento al
191
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
valore limite di cui al comma 1 si possono utilizzare i dati relativi al PM10 moltiplicati per un
fattore pari a 1,2.
3. Nelle more dell’attuazione degli articoli 7,
8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, continuano ad applicarsi i piani e i provvedimenti emanati dalle regioni, dalle province
e dal comuni, ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203 e dell’articolo 9 del decreto del
Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991, relativo ai criteri per la raccolta dei dati inerenti la
qualità dell’aria.
4. Nelle more dell’attuazione degli articoli 8,
comma 5, e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ai fini dell’elaborazione dei piani e programmi per il raggiungimento e per il mantenimento dei valori limite,
si applicano i criteri di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991, concernente i criteri per l’elaborazione dei piani
regionali per il risanamento e la tutela della
qualità dell’aria.
5. In caso di mancato adempimento, da
parte delle regioni e degli enti locali, agli obblighi previsti dal presente decreto, si applicano
i poteri sostitutivi disciplinati dall’articolo 5 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 39
Modifiche al decreto del Ministro
dell’ambiente 21 aprile 1999, n. 163
192
1. L’articolo 1, commi 2 e 3, del decreto del
Ministro dell’ambiente 21 aprile 1999, n. 163,
è sostituito dai seguenti commi:
“2. I sindaci dei comuni appartenenti agli
agglomerati ed alle zone di cui agli articoli 7
e 8 del decreto legislativo n. 351/99. in cui
sussiste il superamento ovvero il rischio di
superamento dei valori limite o delle soglie
di allarme previste dalla vigente normativa,
adottano, sulla base dei piani e dei programmi di cui ai medesimi articoli, le misure
di limitazione della circolazione di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, fermi
restando i poteri attribuiti al Sindaco da altre
disposizioni del decreto legislativo n. 285/92
ed i poteri previsti dell’articolo 32, comma 3,
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dall’articolo 54, comma 2, della legge 18 agosto 2000, n. 267.
3. In relazione alle emissioni di idrocarburi
policiclici aromatici, con particolare riferimento al benzo(a)pirene, i sindaci dei comuni individuati all’allegato III del decreto del
Ministro dell’ambiente 25 novembre 1994 e
dei comuni, con popolazione inferiore, per i
quali la situazione meteoclimatica e l’entità
delle emissioni facciano prevedere possibili
superamenti dell’obiettivo di qualità individuato nel predetto decreto, nonché i sindaci degli altri comuni individuati dalle regioni
nei piani di risanamento e tutela della qualità
dell’aria di cui all’articolo 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203, o nei relativi stralci, adottano
le misure di cui al comma 2 sulla base dei
piani di risanamento e tutela della qualità
dell’aria di cui all’articolo 4 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 203/88.
4. Ai fini dell’applicazione del comma 3, il
riferimento ai piani e ai programmi di cui agli
articoli 7 e 8 del decreto legislativo n.
351/99, contenuto nel comma 2, si intende
effettuato ai piani di risanamento e tutela
della qualità dell’aria di cui all’articolo 4 del
decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 203. Il riferimento ai valori
limite previsti dalla vigente normativa si intende effettuato all’obiettivo di qualità vigente per il benzo(a)pirene.
5. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano fino all’entrata in vigore del decreto
previsto dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 351/99, relativo agli inquinanti di cui al punto 9, II parte, dell’allegato
I al medesimo decreto legislativo.
6. Quale misura preventiva, i comuni di cui al
comma 2 possono vietare la circolazione nei
centri abitati per tutti gli autoveicoli che non
abbiano effettuato il controllo almeno annuale delle emissioni secondo la procedure previste dal decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione 5 febbraio 1996.”
2. L’articolo 2 deI decreto n. 163/99 è soppresso.
3. L’articolo 3 del decreto n. 163/99 è sostituito dal seguente:
“1. Fino all’attuazione, da parte delle regioni, degli adempimenti previsti dall’articolo 7,
commi 1 e 2, e dall’articolo 8, commi 1, 2 e
3, del decreto legislativo n. 351/99, continuano ad applicarsi le misure precedentemente adottate dai sindaci. Tali misure possono essere rimodulate, ai fini del rispetto
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
dei valori limite e delle soglie di allarme previste dalla vigente normativa, sulla base
delle previsioni di miglioramento o di peggioramento dello stato della qualità dell’aria,
alla luce delle informazioni rese disponibili ai
sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo
n. 351/99.
2. In caso di mancata attuazione, da parte
del Sindaco, delle misure previste dai piani e
dai programmi regionali di cui all’articolo 1,
le suddette misure sono adottate, in via
sostitutiva, dalla regione, ai sensi della
vigente normativa, fatto salvo l’esercizio dei
poteri sostitutivi di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.”
4. L’articolo 4 del decreto n. 163/99 è soppresso.
5. Gli allegati del decreto n. 163/99 sono
soppressi.
Art. 40
Abrogazioni
1. Ai sensi dell’articolo 13 del decreto legi-
slativo 4 agosto 1999, n. 351, sono abrogate
le disposizioni relative al biossido di zolfo, al
biossido di azoto, alle particelle sospese e al
PM10, al piombo, al monossido di carbonio e
al benzene contenute nei seguenti decreti:
a) decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 28 marzo 1983;
b) decreto del Presidente della Repubblica
24 maggio 1988, n. 203, limitatamente
agli articoli 20, 21, 22 e 23 ed agli allegati
I, Il, III e IV;
c) decreto del Ministro dell’ambiente 20
maggio 1991 concernente i criteri per la
raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria;
d) decreto del Presidente della Repubblica
10 gennaio 1992;
e) decreto del Ministro dell’ambiente 15 aprile 1994;
f) decreto del Ministro dell’ambiente 25
novembre 1994.
Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e
di farlo osservare.
ALLEGATO I
VALORI LIMITE E SOGLIA DI ALLARME PER IL BIOSSIDO DI ZOLFO
I. Valori limite per il biossido di zolfo
I valori limite devono essere espressi in µg/m3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e ad
una pressione di 101,3 kPa.
Periodo di
mediazione
1.Valore limite orario
per la protezione
della salute umana
1 ora
Valore limite
Margine di tolleranza
Data alla quale
il valore limite deve
essere raggiunto
350 µg/m3 da non
42,9% del valore limite, pari a
superare più di 24
150 µg/m3, all’entrata in
volte per anno civile vigore della direttiva 99/30/CE
(19/7/99). Tale valore è ridotto
il 1° gennaio 2001, e
successivamente ogni 12 mesi,
secondo una percentuale
annua costante, per raggiungere
lo 0% al 1° gennaio 2005
1° gennaio 2005
2.Valore limite di 24 24 ore
ore per la protezione
della salute umana
25 µg/m3 da non
nessuno
superare più di 3
volte per anno civile
1° gennaio 2005
3. Valore limite
per la protezione
degli ecosistemi
20 µg/m3
19 luglio 2001
Anno civile e
inverno
(1° ottobre - 31
marzo)
nessuno
193
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
II. Soglia di allarme per il biossido di zolfo
500 µg/m3 misurati su tre ore consecutive in un sito rappresentativo della qualità dell’aria di un’area di almeno 100
km2 oppure in una intera zona o un intero agglomerato, nel caso siano meno estesi.
III.Informazioni che devono essere fornite al pubblico in caso di superamento della soglia di allarme per il biossido di zolfo
Le informazioni da fornire ai pubblico devono comprendere almeno:
a) data, ora e luogo del fenomeno e la sua causa, se nota;
b) previsioni:
- sulle variazioni dei livelli (miglioramento, stabilizzazione o peggioramento), nonché i motivi delle variazioni stesse;
- sulla zona geografica interessata,
- sulla durata del fenomeno;
c) categorie di popolazione potenzialmente sensibili al fenomeno;
d) precauzioni che la popolazione sensibile deve prendere.
ALLEGATO Il
VALORI LIMITE PER IL BIOSSIDO DI AZOTO (NO2) E PER GLI OSSIDI DI AZOTO
(NOX) E SOGLIA DI ALLARME PER IL BIOSSIDO DI AZOTO
I. Valori limite per il biossido di azoto e gli ossidi di azoto
I valori limite devono essere espressi in µg/m3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e a
una pressione di 101,3 kPa.
Periodo di
mediazione
Valore limite
Margine di tolleranza
Data alla quale
il valore limite deve
essere raggiunto
1. Valore limite orario 1 ora
per la protezione
della salute umana
200 µg/m3 NO2 da
non superare più
di 18 volte per
anno civile
50% del valore limite, pari a 100
µg/m3, all’entrata in vigore della
direttiva 99/30/CE (19/7/99).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2001 e successivamente ogni
12 mesi, per raggiungere lo
0% al 1° gennaio 2010
1° gennaio 2010
2. Valore limite
annuale per la
protezione della
salute umana
Anno civile
40 µg/m3 NO2
50% del valore limite, pari a 20
µg/m3 all’entrata in vigore della
direttiva 99/30/CE (19/7/99).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2001 e successivamente ogni
12 mesi, per raggiungere
lo 0% al 1° gennaio 2010
1° gennaio 2010
3. Valore limite
annuale per la
protezione della
vegetazione
Anno civile
30 µg/m3 NOX
Nessuno
19 luglio 2001
Il. Soglia di allarme per il biossido di azoto
400 µg/m3 misurati su tre ore consecutive in un sito rappresentativo della qualità dell’aria di un’area di almeno 100
km2 oppure in una intera zona o un intero agglomerato, nel caso siano meno estesi.
194
III.Informazioni che devono essere fornite al pubblico in caso di superamento della soglia di allarme per il biossido di azoto
Le informazioni da fornire al pubblico devono comprendere almeno:
a) data, ora e luogo del fenomeno e la sua causa, se nota;
b) previsioni:
- sulle variazioni dei livelli (miglioramento, stabilizzazione o peggioramento), nonché I motivi delle variazioni stesse,
- sulla zona geografica interessata,
- sulla durata del fenomeno;
c) categorie di popolazione potenzialmente sensibili al fenomeno;
d) precauzioni che la popolazione sensibile deve prendere.
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D.M. 02/04/2002
ALLEGATO III
VALORI LIMITE PER IL MATERIALE PARTICOLATO (PM10)
Periodo di
mediazione
Valore limite
Margine di tolleranza
Data alla quale
il valore limite deve
essere raggiunto
FASE 1
1. Valore limite di 24 24 ore
ore per la protezione
della salute umana
50 µg/m3 PM10
da non superare
più di 35 volte per
anno civile
50% del valore limite, pari a 25
µg/m3, all’entrata in vigore della
direttiva 99/30/CE (19/7/99).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2001 e successivamente ogni 12
mesi, secondo una percentuale
annua costante, per raggiungere
lo 0% il 1° gennaio 2005
1° gennaio 2005
2. Valore limite
annuale per la
protezione della
salute umana
Anno civile
40 µg/m3 PM10
20% del valore limite, pari a 8
µg/m3, all’entrata in vigore della
direttiva 99/30/CE (19/7/99).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2001 e successivamente ogni
12 mesi, secondo una
percentuale annua costante,
per raggiungere lo 0% il 1°
gennaio 2005
1° gennaio 2005
1. Valore limite di
24 ore per la
protezione della
salute umana
24 ore
50 µg/m3 PM10
Da stabilire in base ai dati in
da non superare più modo che sia equivalente al
di 7 volte l’anno
valore limite della fase I
1° gennaio 2010
2. Valore limite
annuale per la
protezione della
salute umana
Anno civile
20 µg/m3 PM10
1° gennaio 2010
FASE 2
(1)
10 µg/m al 1° gennaio 2005
con riduzione ogni 12 mesi
successivi, secondo una
percentuale annua costante,
per raggiungere lo 0% il 1°
gennaio 2010
(1) Valori limite indicativi da rivedere con successivo decreto sulla base della futura normativa comunitaria.
ALLEGATO IV
VALORI LIMITE PER IL PIOMBO
Periodo di
mediazione
Valore limite annuale Anno civile
per la protezione
della salute umana
Valore limite
0,5 µg/m3
Margine di tolleranza
100% del valore limite, pari a
0,5 µg/m3, all’entrata in vigore
della direttiva 99/30/CE (19/7/99).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2001 e successivamente ogni
12 mesi, secondo una
percentuale annua costante,
per raggiungere lo 0% il
1° gennaio 2005
Data alla quale
il valore limite deve
essere raggiunto
1° gennaio 2005
195
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
ALLEGATO V
VALORE LIMITE PER IL BENZENE
Periodo di
mediazione
Valore limite per la
protezione della
salute umana
Anno civile
Valore limite
5 µg/m3
Margine di tolleranza
100% del valore limite, pari a 5
µg/m3, all’entrata in vigore della
direttiva 2000/69 (13/12/2000).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2006, e successivamente ogni 12
mesi, secondo una percentuale
annua costante, per raggiungere
lo 0% al 1° gennaio 2010
Data alla quale
il valore limite deve
essere raggiunto
10 gennaio 2010 (1)
(1) Ad eccezione delle zone e degli agglomerati nei quali è stata approvata una proroga limitata nel tempo a norma dell’articolo 32.
ALLEGATO VI
VALORE LIMITE PER IL MONOSSIDO DI CARBONIO
Il valore limite deve essere espresso in mg/rn3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e ad
una pressione di 101,3 kPa.
Periodo di
mediazione
Valore limite per la
protezione della
salute umana
Media massima
giornaliera su
8 ore
Valore limite
10 mg/m3
Margine di tolleranza
6 mg/m3 all’entrata in vigore della
direttiva 2000/69 (13/12/2000).
Tale valore è ridotto il 1° gennaio
2003, e successivamente ogni 12
mesi, secondo una percentuale
annua costante, per raggiungere
lo 0% al 1° gennaio 2005
Data alla quale
il valore limite deve
essere raggiunto
1° gennaio 2005
La media massima giornaliera su 8 ore viene individuata esaminando le medie mobili su 8 ore, calcolate in base a dati
orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata è assegnata al giorno nel quale finisce. In pratica, il primo
periodo di 8 ore per ogni singolo giorno sarà quello compreso tra le ore 17.00 deI giorno precedente e le ore 01.00 del
giorno stesso; l’ultimo periodo di 8 ore per ogni giorno sarà quello compreso tra le ore 16.00 e le ore 24.00 del giorno
stesso.
ALLEGATO VII
DETERMINAZIONE DEI REQUISITI PER VALUTARE LE CONCENTRAZIONI DI BIOSSIDO DI ZOLFO, DI BIOSSIDO
DI AZOTO (NO2), DI OSSIDI DI AZOTO (NOx), MATERIALE PARTICOLATO (PM10), PIOMBO, BENZENE
E MONOSSIDO DI CARBONIO NELL’ARIA AMBIENTE ENTRO UNA ZONA O UN AGGLOMERATO
I. Soglie di valutazione superiore ed interiore
Si applicano le seguenti soglie di valutazione superiore ed inferiore:
a) BIOSSIDO DI ZOLFO
196
Protezione della salute umana
Media su 24 ore
Protezione dell’ecosistema
Media invernale
Soglia di valutazione superiore
60% del valore limite sulle 24
ore (75 µg/m3 da non superare
più di 3 volte per anno civile)
60% del valore limite invernale
(12 µg/m3)
Soglia di valutazione inferiore
40% del valore limite sulle 24
ore (50 µg/m3 da non superare
più di 3 volte per anno civile)
40% del valore limite invernale
(8 µg/m3)
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
b) BIOSSIDO DI AZOTO E OSSIDI DI AZOTO
Protezione della salute
umana (NO2)
Media oraria
Protezione della
salute umana (NO2)
Media annuale
Valore limite annuale
per la protezione della
vegetazione (NOx)
Media annuale
Soglia di valutazione
superiore
70% del valore limite
(140 µg/m3 da non
superare più di 18 volte
per anno civile)
80% del valore limite
(32 µg/m3)
80% del valore limite
(24 µg/m3)
Soglia di valutazione
inferiore
50% del valore limite
(100 µg/m3 da non superare
più di 18 volte per anno civile)
65% del valore limite
(26 µg/m3)
65% del valore limite
(19,5 µg/m3)
c) MATERIALE PARTICOLATO IN ARIA AMBIENTE (PM10)
Le soglie di valutazione superiore e inferiore per PM10 sono basate sui valori limite indicativi da rispettare al 1° gennaio 2010.
Media su 24 ore
Media invernale
Soglia di valutazione superiore
60% del valore limite (30 µg/m3 da
non superare più di 7 volte per anno
civile)
70% del valore limite (14 µg/m3)
Soglia di valutazione inferiore
40% del valore limite (20 µg/m3 da non
superare più di 7 volte per anno civile)
50% deI valore limite (10 µgm3)
d) PIOMBO
Media annuale
Soglia di valutazione superiore
Soglia di valutazione inferiore
70% del valore limite (3,5 µg/m3)
40% del valore limite (2 µg/m3)
e) BENZENE
Media annuale
Soglia di valutazione superiore
Soglia di valutazione inferiore
70% del valore limite (0,35 µg/m3)
50% del valore limite (0,25 µg/m3)
f) MONOSSIDO DI CARBONIO
Media annuale
Soglia di valutazione superiore
Soglia di valutazione inferiore
70% del valore limite (7 µg/m3)
50% del valore limite (5 µg/m3)
lI. Determinazione del superamento della soglia di valutazione superiore e inferiore
I superamenti delle soglie di valutazione, superiore e inferiore, vanno determinati sulla base delle concentrazioni del
quinquennio precedente laddove siano disponibili dati sufficienti. Si considera superata una soglia di valutazione se
essa, sul quinquennio precedente è stata superata durante almeno tre anni non consecutivi.
Se i dati relativi al quinquennio non sono interamente disponibili, per determinare i superamenti delle soglie di valutazione, superiore e inferiore, si possono combinare campagne di misurazione di breve durata, nel periodo dell’anno e
nei alti rappresentativi dei massimi livelli di inquinamento, con i risultati ottenuti dalle informazioni derivanti dagli inventari delle emissioni e dalla modellizzazione.
197
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
ALLEGATO VIII
UBICAZIONE DEI PUNTI DI CAMPIONAMENTO PER
LA MISURAZIONE IN SITI FISSI DEI LIVELLI DI BIOSSIDO
DI ZOLFO, BIOSSIDO DI AZOTO, OSSIDI DI AZOTO,
MATERIALE PARTICOLATO, PIOMBO, BENZENE
E MONOSSIDO Dl CARBONIO NELL’ARIA AMBIENTE
Quanto segue si applica ai punti di campionamento per la
misurazioni in siti fissi.
I. Ubicazione su macroscala
a) Protezione della salute umana
I punti di campionamento destinati alla protezione
della salute umana dovrebbero essere ubicati in modo
da:
1) fornire dati sulle aree all’interno di zone ed agglomerati dove si raggiungono i più elevati livelli a cui
ò probabile che la popolazione sia esposta, direttamente o indirettamente, per un periodo significativo
in relazione al periodo di mediazione del(i) valore(i)
limite;
2) fornire dati sui livelli nelle altre aree all’interno delle
zone e degli agglomerati che sono rappresentativi
dell’esposizione della popolazione in generale.
I punti di campionamento dovrebbero, in generale,
essere ubicati in modo da evitare misurazioni di
microambienti molto ridotti nelle loro immediate vicinanze Orientativamente un punto di campionamento
dovrebbe essere ubicato in modo tale da essere rappresentativo della qualità dell’aria in una zona circostante non inferiore a 200 m2, in siti orientati al traffico,
e non inferiore ad alcuni km2, in siti di fondo urbano.
I punti di campionamento dovrebbero, laddove possibile, essere anche rappresentativi di ubicazioni analoghe non nelle loro immediate vicinanze.
Attesi i criteri di cui sopra, si dovrebbe, tuttavia, tener
conto della necessità di localizzare punti di campionamento sulle isole, laddove sia necessario per la protezione della salute umana.
b) Protezione degli ecosistemi e della vegetazione
I punti di campionamento destinati alla protezione
degli ecosistemi o della vegetazione dovrebbero
essere ubicati a più di 20 km dagli agglomerati o a più
di 5 km da aree edificate diverse dalle precedenti, o
da impianti industriali o autostrade. Orientativamente,
un punto di campionamento dovrebbe essere ubicato in modo da essere rappresentativo della qualità
dell’aria ambiente in un’area circostante di almeno
1.000 km2. Tenendo conto delle condizioni geografiche si può prevedere che un punto di campionamento venga ubicato ad una distanza inferiore o sia rappresentativo della qualità dell’aria ambiente in un’area
meno estesa.
Attesi i criteri di cui sopra, si dovrebbe tener conto della
necessità di valutare la qualità dell’aria ambiente sulle
isole.
198
Il. Ubicazione su microscala
Nella misura in cui sia tecnicamente fattibile:
a) l’ingresso della sonda di campionamento deve essere libero e non vi debbono essere ostacoli che possano disturbare il flusso d’aria nelle vicinanze del campionatore (di norma a distanza di alcuni metri rispetto ad
edifici, balconi, alberi ed altri ostacoli e, nel caso di
punti di campionamento rappresentativi della qualità
dell’aria ambiente sulla linea degli edifici, alla distanza di
almeno 0,5 in dall’edificio più prossimo);
b) di regola, il punto di ingresso dell’aria deve situarsi tra
1,5 m e 4 m sopra il livello del suolo. Possono essere talvolta necessarie posizioni più elevate (fino ad 8 m). Può
anche essere opportuna un’ubicazione ancora più elevata se la stazione è rappresentativa di un’ampia area,
c) il punto di ingresso della sonda non deve essere collocato nelle immediate vicinanze di fonti inquinanti per
evitare l’aspirazione diretta di emissioni non miscelate
con l’aria ambiente;
d) lo scarico del campionatore deve essere collocato in
modo da evitare il ridicolo dell’aria scaricata verso l’ingresso del campionatore;
e) per l’ubicazione dei campionatori relativi al traffico:
- per tutti gli inquinanti, tali campionatori devono
essere situati a più di 25 m di distanza dal bordo
dei grandi incroci e a più di 4 m di distanza dal
centro della corsia di traffico più vicina;
- per il biossido di azoto e il monossido di carbonio
il punto di ingresso deve essere ubicato non oltre
5 m dal bordo stradale;
- per il materiale particolato, il piombo e il benzene,
il punto d’ingresso deve essere ubicato in modo
da essere rappresentativo della qualità dell’aria
ambiente sulla linea degli edifici.
Nella localizzazione delle stazioni si può anche tenere
conto dei fattori seguenti:
a) fonti di interferenza;
b) sicurezza;
c) accesso;
d) disponibilità di energia elettrica e di linee telefoniche;
e) visibilità del punta di prelievo rispetto all’ambiente
circostante;
f) rischi per il pubblico e per gli operatori;
g) opportunità di ubicare punti di campionamento per
diversi inquinanti nello stesso sito;
h) vincoli di varia natura.
III.Documentazione e riesame della scelta del sito
I metodi di scelta del sito dovrebbero essere pienamente documentati nella fase di classificazione mediante fotografie dell’area circostante che riportino le
coordinate geografiche ed una mappa particolareggiata. I siti dovrebbero essere riesaminati ad intervalli regolari, aggiornando Ia documentazione per garantire che
i criteri di selezione restino validi nel tempo.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
ALLEGATO IX
CRITERI PER DETERMINARE IL NUMERO MINIMO DI PUNTI DI CAMPIONAMENTO PER LA MISURAZIONE IN SITI
FISSI DEI LIVELLI DI BIOSSIDO DI ZOLFO (SO2), BIOSSIDO DI AZOTO (NO2), OSSIDI DI AZOTO (NOx), MATERIALE
PARTICOLATO (PM10), PIOMBO, BENZENE E MONOSSIDO DI CARBONIO NELL’ARIA AMBIENTE
I. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità ai valori limite per la protezione della salute umana e le soglie di allarme nelle zone e negli agglomerati dove la misurazione in sUi fissi è l’unica fonte di informazione
a) Fonti diffuse
Popolazione
dell’agglomerato
o della zona
Se i livelli superano la
soglia di valutazione
superiore (1)
Se i livelli massimi
sono situati tra le
soglie di valutazione
superiore e inferiore
Solo per SO2 e per
NO2, negli agglomerati
dove i livelli massimi
sono al di sotto della
soglia di valutazione
inferiore
0-249.999
250.000-499.999
500.000-749.999
750.000-999.999
1.000.000- 1.499.999
1.500.000-1.999.999
2.000.000-2.749.999
2.750.000-3.749.999
3.750.000-4.749.999
4.750.000-5.999.999
>6.000.000
1
2
2
3
4
5
6
7
8
9
10
1
1
1
1
2
2
3
3
4
4
5
Non applicabile
1
1
1
1
1
2
2
2
2
3
(1) Per l’NO2, il materiale particolato e il benzene includere almeno un punto di campionamento di fondo urbano ed un
punto di campionamento orientato al traffico, sempre che ciò non comporti un aumento dei punti di campionamento.
b) Fonti puntuali
Per valutare l’inquinamento nelle vicinanze di fonti puntuali, il numero di punti di campionamento per misurazioni in siti
fissi si dovrebbe calcolare tenendo conto della densità delle emissioni, del probabile profilo di distribuzione dell’inquinamento dell’aria ambiente e della potenziale esposizione della popolazione.
Il. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità ai valori limite per la protezione degli ecosistemi o della vegetazione in zone diverse dagli agglomerati
Se i livelli superano la soglia
di valutazione superiore
Se i livelli massimi si situano tra le soglie
di valutazione superiore e inferiore
1 punto di campionamento per 20.000 km2
1 punto di campionamento per 40.000 km2
Nelle zone insulari, il numero dei punti di campionamento per misurazioni in siti fissi dovrebbe essere calcolato tenendo conto del probabile profilo di distribuzione dell’inquinamento dell’aria ambiente e della potenziale esposizione degli
ecosistemi o della vegetazione.
199
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
ALLEGATO X
OBIETTIVI PER LA QUALITÀ DEI DATI E RELAZIONE SUI RISULTATI DELLA
VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA
I. Obiettivi per la qualità dei dati
I. A Biossido di zolfo, biossido di azoto, ossidi di azoto, materiale particolato e piombo
Per indirizzare i programmi di assicurazione di qualità sono stabiliti i seguenti obiettivi in materia di incertezza dei
metodi di valutazione, di periodo minimo di copertura e di raccolta minima dei dati.
Misurazioni in continuo
Incertezza
raccolta minima dei dati
Misurazioni indicative
Incertezza
raccolta minima dei dati
periodo minimo di copertura
Biossido di zolfo, biossido di
azoto e ossidi di azoto
Materiale particolato e piombo
15%
90%
25%
90%
25%
90%
14% (una misurazione in un giorno,
scelto a caso, di ogni settimana in
modo che le misure siano
uniformemente distribuite durante
l’anno oppure 8 settimane di
misurazione distribuite in modo
regolare nell’arco dell’anno)
50%
90%
14% (una misurazione in un giorno,
scelto a caso, di ogni settimana
in modo che le misure siano
uniformemente distribuite
durante l’anno oppure 8
settimane di misurazione
distribuite in modo regolare nell’arco
dell’anno)
Modellizzazione
incertezza:
medie orarie medie giornaliere
medie annuali
50%-60%
50%
30%
(1)
50%
Stima obiettiva
incertezza
75%
100%
(1) Da stabilire con successivo decreto sulla base della futura normativa comunitaria
I.B Benzene e monossido di carbonio
Benzene
Monossido di carbonio
25%
90%
35% fondo urbano e punti di
campionamento orientati al traffico
(distribuiti nel corso dell’anno in modo
da essere rappresentativi delle varie
condizioni climatiche e di traffico)
90%siti industriali
15%
90%
30%
90%
14% (una misurazione, in un giorno
scelto a caso di ogni settimana, in
modo che le misure siano
uniformemente distribuite durante
l’anno oppure 8 settimane di
misurazione distribuite in modo
regolare nell’arco dell’anno)
25%
90%
14% (una misurazione, in un giorno
scelto a caso di ogni settimana,
in modo che le misure siano
uniformemente distribuite durante
l’anno oppure 8 settimane di
misurazione distribuite in modo
regolare nell’arco dell’anno)
Modellizzazione
Incertezza
Medie su 8 ore
Medie annue
--50%
50%
---
Stima obiettiva
Incertezza
100%
75%
Misurazioni in siti fissi
Incertezza
Raccolta minima dei dati
Periodo minimo di copertura
Misurazioni in siti fissi
Incertezza
Raccolta minima dei dati
Periodo minimo di copertura
200
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
L’incertezza (con un intervallo di confidenza deI 95%)
dei metodi di valutazione è valutata in base ai principi
della “IS0 Guide to the expression of uncertainty of
measurements” (1993) (Guida/ISO all’espressione dell’incertezza di misura) o dell’ISO 5725-1994 o a principi equivalenti. Le percentuali di incertezza riportate in
tabella sono indicate per le misurazioni individuali medie
nel periodo considerato con riferimento al valore minimo per un intervallo di fiducia del 95%. L’incertezza per
le misurazioni fisse va interpretata come applicabile nell’intorno dell’opportuno valore limite.
L’incertezza per la modellizzazione e la stima obiettiva
è definita come la deviazione massima dei livelli di concentrazione misurati e calcolati, nel periodo considerato dal valore limite, a prescindere dalla tempistica degli
eventi.
I requisiti sopraindicati per la raccolta minima dei dati e
per il periodo minimo di copertura devono essere
rispettati escludendo le perdite dì dati dovute alla calibrazione periodica o alla normale manutenzione degli
strumenti.
Si possono effettuare misurazioni discontinue invece di
misurazioni continue purché:
a) per materiale particolato e piombo, l’incertezza
rispetto al monitoraggio in continuo, ad un livello di
confidenza del 95%, non superi il 10%;
b) per il benzene, l’incertezza, compresa quella dovuta
al campionamento casuale, rispetti l’obiettivo per la
qualità del 25%.
Qualora si intenda avvalersi delle misurazioni discontinue i dati dovranno essere corredati da una relazione
tecnica con la quale si dimostri la conformità. ai requisiti suddetti. Il campionamento discontinuo deve essere distribuito uniformemente durante l’arino.
II. Risultati della valutazione della qualità dell’aria
Una relazione, contenente le seguenti informazioni,
deve essere redatta per le zone o gli agglomerati dove
si ricorre a fonti diverse dalle misurazioni in siti fissi, per
completare i dati delle misure, oppure dove queste
fonti sono l’unico mezzo per valutare la qualità dell’aria
ambiente:
a) una descrizione delle attività di valutazione svolte;
b) metodi specifici utilizzati e loro descrizione;
c) fonti dei dati e delle informazioni;
d) una descrizione dei risultati, compresa l’incertezza e,
in particolare, l’estensione di ogni area o, se del
caso, la lunghezza della strada all’interno di una
zona o agglomerato, dove le concentrazioni superano i(il) valori(e) limite oppure i valori limite più i margini di tolleranza applicabili e l’estensione di ogni area
dove le concentrazioni superano la soglia superiore
o inferiore di valutazione;
e) per i valori limite per la protezione della salute
umana, la popolazione potenzialmente esposta a
livelli che superano il valore limite.
Si dovrebbero anche elaborare mappe che mostrino la
distribuzione dei livelli all’interno di ogni zona e agglomerato.
ALLEGATO Xl
METODI DI RIFERIMENTO PER VALUTARE I LIVELLI
DI BIOSSIDO DI ZOLFO, BIOSSIDO DI AZOTO,
OSSIDI DI AZOTO, MATERIALE PARTICOLATO
(PM10 E PM2,5) PIOMBO, BENZENE E MONOSSIDO
DI CARBONIO
1.
Metodi di Riferimento
I.
Metodo di riferimento per l’analisi del biossido di
zolfo
Ambient Air - Determination of sulphur dioxide Ultraviolet fluorescence method (Draft Intemational
Standard ISO/DIS 10498.2.ISO,1999)
II.
Metodo di riferimento per l’analisi del biossido di
azoto e degli ossidi di azoto
ISO 7996: 1985 - Ambient Air - Determination of the
mass concentration of nitrogen oxides Chemiluminescence Method.
III.A.Metodo di riferimento per il campionamento del
piombo
Fino alla data in cui deve essere raggiunto il valore
limite dell’allegato IV, il metodo di riferimento per il
campionamento del piombo è quello previsto nell’allegato alla Direttiva 82/884/CEE, come descritto nell’appendice 5, dell’Allegato II al D.P.C.M. 28 marzo
1983. Successivamente a tale data il metodo di riferimento per il campionamento del piombo è quello
utilizzato per il PM10 e indicato nella sezione IV.
III.B.Metodo di riferimento per l’analisi del piombo
ISO 9855: 1993 - Ambient Air - Determination of the
particulate lead content of aerosols collected on filters - Atomic absorption spectrometric Method.
IV.
Metodo di riferimento per il campionamento e la
misurazione del PM10
EN 12341 “Air quality - Determination of the PM10
fraction of suspended particulate matter Reference
method and field test procedure to demonstrate
reference equivalence of measurement methods”. Il
principio dì misurazione si basa sulla raccolta su un
filtro dei PM10 e sulla determinazione della sua
massa per via gravimetrica. Le teste indicate nella
norma EN 12341 sono teste di riferimento e quindi
non richiedono certificazione da parte dei Laboratori
Primari di Riferimento di cui al paragrafo 2.
V.
Metodi provvisori per il campionamento e la
misurazione del PM2,5
È consentito l’utilizzo di qualsiasi metodo e sistema
dotato di un certificato di equivalenza per il campionamento e la misura del PM10 e che utilizzi, in luogo
delle teste di prelievo indicate al punto IV, teste di
prelievo per il PM2,5. La documentazione relativa alle
caratteristiche fluidodinamiche e di taglio granulometrico dei dispositivi di frazionamento del PM2,5 deve
essere inviata, a tini conoscitivi, ai Laboratori Primari
di Riferimento di cui al paragrafo 2.
VI. Metodo di riferimento per il campionamento e
l’analisi del benzene
Nelle more dell’approvazione di un metodo normalizzato, basato sulle norme CEN, il metodo di riferimento è quello indicato all’allegato VI del decreto del
Ministro dell’ambiente 25 novembre 1994.
201
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
VII. Metodo di riferimento per l’analisi del monossido
di carbonio
Nelle more dell’approvazione di un metodo normalizzato, basato sulle norme CEN, il metodo di riferimento è quello indicato all’allegato Il, Appendice 6
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
28 marzo 1983.
APPENDICE
PROCEDURE OPERATIVE AI FINII DELLA
CERTIFICAZIONE DI EQUIVALENZA DEI METODI
E DEI SISTEMI PER IL CAMPIONAMENTO
E LA MISURA DEL PM10 DA PARTE DEI LABORATORI
PRIMARI DI RIFERIMENTO
1.
2.
Equivalenza
Metodi e sistemi di campionamento e misura diversi
da quelli indicati al paragrafo i, sia manuali sia automatici, utilizzati per la valutazione della qualità dell’aria ambiente relativamente a: SO2, NO2, NOx, PM10,
piombo, benzene e monossido di carbonio devono
essere dotati di certificazione di equivalenza. Nelle
more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo
6, comma 9, del decreto legislativo 4 agosto 1999,
n. 351, tale certificazione è rilasciata, su domanda
del costruttore, dai Laboratori Primari di Riferimento
per l’inquinamento atmosferico operanti presso il
Consiglio Nazionale delle Ricerche e presso I’ISPESL.
Possono essere utilizzati anche altri metodi e sistemi
la cui equivalenza sia certificata da enti designati, ai
sensi dell’articolo 3 della Direttiva 96/62/CE, da altri
Stati Membri dell’Unione Europea. A fini conoscitivi,
detta certificazione e la relativa documentazione
deve essere trasmessa ai Laboratori Primari di
Riferimento, accompagnata da una traduzione in lingua italiana.
Nell’appendice al presente allegato sono descritte le
procedure operative ai fai della certificazione di equivalenza dei metodi e dei sistemi per il campionamento e la misura del PM10 da parte dei Laboratori
Primari di Riferimento.
3. Calcolo del percentile
Il calcolo del 98° percentile deve essere effettuato a
partire dai valori effettivamente misurati. Tutti i valori
saranno riportati in un elenco in ordine crescente:
X1= X2= X3=….= Xk= ….= XN-1= XN
Il 98° percentile è il valore dell’elemento di rango k,
per il quale k viene calcolato per mezzo della formula
seguente:
k = (q*N)
dove q è uguale a 0,98 e N è il numero dei valori
effettivamente misurati. Il valore di k = (q*N) viene
arrotondato al numero intero più vicino.
4.
Normalizzazione
Per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, il benzene
e il monossido di carbonio il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e ad una
pressione di 101,3 kPa.
202
METODO DI RIFERIMENTO
Definizioni
Diametro aerodinamico delle particelle: il diametro di
una particella sferica con densità di 1 g/cm3 che sotto l’azione della forza di gravità e in calma d’aria e nelle stesse
condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa,
raggiunge la stessa velocità finale della particella considerata.
Frazione toracica: la frazione in massa delle particelle
malate che penetrano oltre la laringe, secondo la definizione riportata nella Norma Europea EN 481 e ISO/DIS
7708 rev.
PM10: operativamente si intende per PM10 la frazione di
materiale particolato prelevata dall’atmosfera mediante
un sistema di separazione a impatto inerziale la cui efficienza di campionamento, per una particella con diametro aerodinamico di 10 µm, risulti pari al 50%. Il metodo di
riferimento definisce l’insieme delle specifiche costruttive
e operative dei sistemi di campionamento della frazione
PM10 e i protocolli della fase di misura di massa del materiale particellare.
Applicabilità
Il metodo è indirizzato alla misura della concentrazione
media di massa della frazione PM10 in atmosfera su un
periodo di campionamento di 24 ore.
Principio del metodo
Il valore di concentrazione di massa del materiale particolato è il risultato finale di un processo che include la
separazione granulometrica della frazione PM10, la sua
accumulazione sul mezzo filtrante e la relativa misura di
massa con il metodo gravimetrico.
Un sistema di campionamento, operante a portata
volumetrica costante in ingresso, preleva aria, attraverso
un’appropriata testa di campionamento e un successivo
separatore a impatto inerziale. La frazione PM10 così ottenuta viene trasportata su un mezzo filtrante a temperatura ambiente. La determinazione della quantità di massa
PM10 viene eseguita calcolando la differenza fra il peso
del filtro campionato e il peso del filtro bianco.
Sistema di prelievo
Testa di prelievo e separatore a impatto inerziale
La testa di prelievo e il separatore a impatto inerziale
associati al metodo di riferimento sono descritti nella figura B.1, (Annex B - EN 12341).
La testa di prelievo deve essere progettata per permettere il campionamento, con efficienza unitaria, di particelle
con diametro aerodinamico superiore a 10 µm nelle condizioni ambientali più generali e per proteggere il filtro dalla
pioggia, da insetti e da altri corpi estranei che possono
pregiudicare la rappresentatività della frazione PM10 accumulata sul filtro.
Il separatore ad impatto inerziale (con 8 ugelli di accelerazione), descritto nella norma CEN 12341 “Air quality Determination of the PM10 fraction of suspended particulate matter - Reference method and field test procedure
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D.M. 02/04/2002
to demonstrate reference equivalence of measurement
methods’, ha un’efficienza nominale di penetrazione del
50% per particelle con diametro aerodinamico di 10 µm,
quando è utilizzato ad una portata volumetrica di 2.3
m3/h. Di seguito si intenderà per campione di materiale
particellare PM10 la frazione di particolato totale campionata con la testa di prelievo e il separatore a impatto inerziale sopra descritti (definizione operativa).
La linea di prelievo che porta il campione sul filtro deve
essere tale che la temperatura dell’aria in prossimità del
filtro non ecceda di oltre 5°C la temperatura dell’aria
ambiente e che non ci siano ostruzioni o impedimenti fluidodinamici tali da provocare perdite quantificabili sul
campione di particolato PM10.
Mezzo filtrante
La scelta del mezzo filtrante rappresenta un compromesso fra le seguenti esigenze:
• efficienza di filtrazione elevata per particelle submicroniche
• perdita di carico ridotta sul mezzo filtrante durante il
campionamento
• minimizzazione degli artefatti nella fase di campionamento (cattura di gas da parte del mezzo filtrante,
evaporazione di sostanze volatili)
• “bianchi idonei all’analisi chimica dei composti che
costituiscono il campione PM10”.
I mezzi filtranti scelti per la metodologia di riferimento
sono:
• filtro in fibra di quarzo (diametro 47 mm)
• filtro in fibra di vetro (diametro 47 mm)
• membrana in Politetrafluoroetilene (diametro 47 mm,
porosità 2 µm).
La membrana in Politetrafluoroetilene deve essere utilizzata quando si effettuano prove sul campo per la valutazione del contenuto ionico dei campioni PM10 come
previsto da una delle procedure consigliate per la valutazione dell’equivalenza di sistemi di separazione granulometrica con il sistema di riferimento.
Campionatore
Il campionatore deve essere in grado di operare a portata volumetrica costante nel zona di prelievo e separazione granulometrica, con un intervallo operativo da 0.7 a
2.5 m3/h per i mezzi filtranti sopra definiti.
Il campionatore deve essere dotato dì un sistema automatico per il controllo della portata volumetrica. Le caratteristiche pneumatiche del campionatore devono essere
tali da mantenere la portata volumetrica costante fino ad
una caduta dì pressione sul mezzo filtrante pari a 25 Kpa,
ad un valore di portata volumetrica di 2.3 m3/h.
Portata Operativa
La portata deve essere misurata in continuo ed il suo
valore non deve differire più del 5% dal valore nominale, Il
coefficiente di variazione CV (deviazione standard divisa per
la media) della portata misurata sulle 24 ore non deve superare il 2%.
Il campionatore deve essere dotato di sensori per la
misura della caduta di pressione sul mezzo filtrante. Il
campionatore deve essere in grado di registrare i valori
della caduta di pressione all’inizio della fase di campionamento e immediatamente prima del termine della fase di
campionamento (controllo di qualità sulla tenuta dinamica
del portafiltri e sull’integrità del mezzo filtrante durante la
fase di campionamento).
Il campionatore deve essere in grado di interrompere il
campionamento se il valore della portata devia dal valore
nominale per più del 10% e per un tempo superiore ai 60
secondi.
MIsura di temperatura e pressione atmosferica
Il campionatore deve essere dotato di sensori per la
misura della temperatura ambiente e della pressione
atmosferica (sensore di temperatura: intervallo operativo 30°C ÷ + 45°C, risoluzione 0.1°C, accuratezza ± 2°C;
sensore di pressione: intervallo operativo 70 ÷ 110 KPa,
risoluzione 0.5 KPa, accuratezza ± 1 KPa).
I valori di temperatura ambiente e pressione atmosferica devono essere disponibili anche quando il sistema non
è in fase di campionamento.
Il campionatore deve essere in grado di fornire il valore
della quantità di aria campionata espresso in Nm3.
Misura della temperatura del mezzo filtrante
Il campionatore deve essere in grado di misurare la
temperatura dell’aria campionata in prossimità del mezzo
filtrante nell’intervallo - 30°C ÷ + 45°C, sia in fase di campionamento che di attesa. Questo dato deve essere
disponibile all’operatore. Il campionatore deve essere in
grado di attivare un allarme se la temperatura in prossimità del mezzo filtrante eccede la temperatura ambiente
per più di 5°C per più di 30 minuti consecutivi.
Programmazione
I tempi di campionamento e la data e l’ora di inizio del
campionamento devono poter essere programmabili dall’operatore. La durata del campionamento deve avere
un’accuratezza di ± 1 minuto.
Alimentazione
Il campionatore deve essere in grado di ripartire automaticamente dopo ogni eventuale interruzione di corrente e di registrare la data e l’ora di ogni interruzione di corrente che abbia una durata superiore al minuto (numero
minimo di registrazioni 10).
Sistemi di controllo e interfaccia con l’utente
Il campionatore deve essere provvisto dei sistemi
necessari alla temporizzazione dei cicli di campionamento, alla misura e al controllo in tempo reale della portata di
lavoro, alla misura della temperatura e pressione ambientali, alla memorizzazione e gestione dei dati di campionamento. li sistema deve inoltre fornire un’interfaccia con
l’operatore tramite la quale visualizzare a richiesta sia i
dati relativi al campionamento in corso, sia quelli relativi a
misure già effettuate e memorizzate in apposite memorie
interne.
Tutti i dati di cui si richiede la disponibilità devono essere accessibili dall’operatore nel periodo seguente la fine
dei singoli campionamenti, come pure durante il periodo
che intercorre tra la fine di un ciclo di misure e l’inizio di
uno nuovo.
In caso dì perdita temporanea dell’alimentazione di rete,
il sistema è tenuto a mantenere integro il proprio orologio dì
sistema e i dati fino allora memorizzati per un periodo di
almeno 7 giorni senza alimentazione di rete. Al momento
del ripristino della suddetta alimentazione, il campionatore
deve automaticamente riprendere le corrette sequenze di
campionamento a meno che non si trovi nel periodo tra la
fine di un ciclo di campionamenti e l’inizio non ancora programmato di un altro ciclo.
203
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Uscite dati
Il campionatore deve essere fornito di uscite digitali
standard in grado di fornire l’accesso sia ai dati memorizzati sia a quelli relativi al campionamento in corso tramite
opportuni protocolli di comunicazione. E comunque
ammessa qualsiasi altra forma aggiuntiva di uscita dei dati
(analogica, frequenza, stato, ecc.). La Tabella I riporta l’elenco di informazioni minime che devono essere accessibili sia localmente all’operatore sia tramite uscita digitale.
Operazioni di controllo sul sistema di campionamento
Sul campionatore devono essere eseguite le seguenti
procedure di controllo:
• Controllo sulla tenuta deI sistema pneumatico.
Deve essere possibile verificare che il sistema
pneumatico non presenti perdite superiori ai 0.01
Nm3/h quando il filtro di campionamento venga
sostituito con una membrana a tenuta.
Questo controllo deve essere eseguito almeno
all’inizio e alla fine di ogni campagna di misura e
comunque ogni qual volta venga eseguita un’operazione di manutenzione sullo strumento.
• Controllo sull’accuratezza della misura di portata.
Per la calibrazione o la verifica dell’accuratezza del
sistema di misura di portata utilizzato nel campionatore, è necessario utilizzare un misuratore di
portata riferibile a uno standard primario.
Con questa procedura deve essere verificato che
il campionatore misuri la portata con un’accuratezza migliore del 2% del valore letto.
Questo controllo deve essere eseguito almeno
all’inizio e alla fine di ogni campagna di misura e
comunque ogni qual volta venga eseguita un’operazione di manutenzione sullo strumento.
La risposta dei sensori di pressione e temperatura deve essere controllata almeno all’inizio e alla
fine di ogni campagna di misura e comunque ogni
qual volta venga eseguita un’operazione di manutenzione sullo strumento.
Procedura di pesata
Requisiti della bilancia analitica
Riproducibilità ± 1 µg;
Le procedure di pesata devono essere eseguite in una
camera dove le condizioni di temperatura e umidità relativa corrispondono a quelle indicate nella procedura di
condizionamento dei filtri.
La bilancia deve essere calibrata immediatamente
prima di ogni sessione di pesata.
204
Condizionamento dei filtri
I filtri usati devono essere condizionati immediatamente prima dì effettuare le pesate (pre-campionamento e
post-campionamento).
• temperatura di condizionamento 20± 1°C;
• tempo di condizionamento = 48h
• umidità relativa 50 ± 5 %;
I filtri nuovi devono essere conservati nella camera di
condizionamento fino alla pesata pre-campionamento.
I filtri devono essere pesati immediatamente dopo il
periodo di condizionamento.
Le pesate pre e post-campionamento devono essere
eseguite con la stessa bilancia e, possibilmente, dallo
stesso operatore, utilizzando una tecnica efficace a neutralizzare le cariche elettrostatiche sul filtro.
Controlli di qualità
Il controllo di qualità sulla procedura di pesata richiede:
• Valutazione della precisione durante le fasi di
pesata (pre e post-campionamento). La pesata di
ogni filtro della serie deve essere ripetuta almeno
due volte, La deviazione standard delle differenze
fra le pesate ripetute non deve superare il valore di
20 µg.
• Controllo dell’accuratezza: prima di ogni singolo
gruppo di pesate l’accuratezza della bilancia deve
essere controllata utilizzando pesi di riferimento.
Come ulteriore controllo di qualità è necessario
utilizzare almeno due filtri bianchi di laboratorio la
cui pesata deve essere ripetuta ogni volta che si
effettua un gruppo di pesate (pre e post-campionamento). Gli spostamenti nei valori delle pesate
dei bianchi di laboratorio forniscono informazioni
quantitative sull’accuratezza della misura della
massa di materiale particolato raccolto.
Espressione dei risultati
Il dato da utilizzare come valore di massa è la differenza tra i valori medi ricavati dalle pesate del filtro campionato e del filtro nuovo e la deviazione da associare alla
misura è quella ricavata dall’analisi statistica dell’insieme
delle pesate fatte nella sessione di misura.
Il dato di concentrazione di massa del materiale particolato PM10 deve essere espresso come un rapporto fra
la massa del materiale particolato PM10 in µg e la quantità d’aria campionata espressa in Nm3 (T = O°C; P =
101.3 KPa).
Il dato di concentrazione di massa deve essere riportato con l’incertezza complessiva associata.
2.
PRINCIPI IM EQUIVALENZA FRA UN SISTEMA
DI CAMPIONAMENTO E MISURA DI MASSA
PM10 CANDIDATO E IL SISTEMA DI RIFERIMENTO (EN 12341)
L’equivalenza tra un sistema di campionamento e
misura di massa PM10 candidato e il metodo di riferimento è verificata quando i dati di concentrazione di massa
della frazione PM10 ottenuta con le due differenti metodologie (YR e YC indicano i dati di concentrazione di massa
ricavati rispettivamente con il sistema di riferimento e con
il sistema candidato) rispettano, al 95% di confidenza, le
condizioni espresse nella (1)
(1)
(a) I YR – YC I < 10 µg/Nm3 per YR < 100 µg/Nrn3
(b) 0.9YR <YC< 1.1 YR
per YR = 100 µg/Nm3
(c) Il valore di R2, relativo alla regressione lineare tra
le due popolazioni di dati di concentrazione di massa
deve verificare la condizione:R2 > 0,95
Per l’applicabilità del criterio 1c le concentrazioni prese
in esame devono essere comprese tra 0 e 2 volte il valore della media delle concentrazioni giornaliere osservata
nel corso delle prove. I dati non compresi in detto intervallo non devono presi in esame per il calcolo di R2.
Inoltre è necessario che i dati siano rappresentativi
delle condizioni ambientali previste nei vari siti italiani con
particolare riferimento alla variabilità stagionale. Un numero di campioni pari a 60 dati medi giornalieri distribuiti
uniformemente nel corso dell’anno possono essere considerati adeguati.
Al fine di una corretta applicazione della (1):
• è necessario verificare la comparabilità di due
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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sistemi candidati operanti in parallelo così come
defluita nel paragrafo 5.2.3. della EN 12341;
• è consigliato verificare la qualità dei dati di concentrazione di massa ottenuti con il metodo di
riferimento utilizzando due sistemi operanti in
parallelo;
• è consigliato verificare l’equivalenza nella distribuzione granulometrica dei campioni di materiale
particolato prelevati dai due sistemi (equivalenza
nell’efficienza di taglio tra due separatori granulometrici) così come descritto al paragrafo 3
seguente.
3.
METODOLOGIE CONSIGLIATE PER LA VERIFICA DELL’EQUIVALENZA FRA LA TESTA DI PRELIEVO E SEPARATORE GRANULOMETRICO
PM10 DEL SISTEMA CANDIDATO E LA TESTA DI
PRELIEVO E SEPARATORE GRANULOMETRICO
DEL SISTEMA DI RIFERIMENTO PM10.
Metodologia
Una coppia di sistemi di campionamento che rispondano ai criteri generali del campionatore di riferimento
PM10 vengono equipaggiati con teste di prelievo e separatori granulometrici candidati. Essi vengono fatti operare
sul campo parallelamente a una coppia di sistemi di riferimento.
I dati di concentrazione di massa associati ai sistemi
equipaggiati con le teste candidate e ai sistemi di riferimento devono essere validati attraverso le procedure di
controllo e assicurazione di qualità.
Prima di procedere al confronto fra i dati medi della
concentrazione di massa giornalieri ottenuti con i sistemi
equipaggiati con le teste candidate e i rispettivi dati ottenuti con i sistemi di riferimento è necessario verificare che
la precisione dei dati ottenuti con il sistema di riferimento
rispetti la (2):
u = 5 µg/m3 (al 95% di confidenza)
se
Y1 + Y2
2
= 100 µg/m3
(2) u = 5% (al 95% di confidenza) rispetto alla media
delle concentrazioni
Y1 + Y2
2
dove u
> 100 µg/m3
è l’incertezza ottenuta dalle misure duplicate e
Y è la concentrazione media giornaliera
Se e solo se i dati ottenuti con il sistema di riferimento
soddisfano la (2) essi possono essere confrontati con i
dati ottenuti con i sistemi candidati per determinare l’equivalenza del sistema candidato rispetto quello di riferimento secondo i criteri espressi dalla (3):
(3)
per YR < 70 µg/Nm3
(a) I YR – YC I < 5 µg/Nm3
(b) 0.93 YR < YC < 1.07 YR per YR < 70 µg/Nm3
(c) Il valore di R2, relativo alla regressione lineare tra
le due popolazioni di dati di concentrazione di massa
dove verificare la condizione: R2 > 0.97
La verifica di dette condizioni indica l’equivalenza del
sistema testa di prelievo e separatore granulornetrico
candidato con quello di riferimento.
Deve essere effettuata una campagna di misura che
permetta di ottenere almeno 60 dati medi giornalieri. I
campionamenti devono essere distribuiti in modo che i
campioni di materiale particolato PM10 possano essere
considerati rappresentativi di differenti distribuzioni granulometriche del materiale particolato.
Alternativamente è possibile utilizzare un criterio di
equivalenza basato sulla comparazione delle concentrazioni nel campione dei seguenti ioni presenti nella frazione idrosolubile: Cl-, N03-, SO42-, Na+, NH4+, K+, Mg2+ Ca2+.
Ioni come SO42-, N03-, NH4+, generalmente rappresentativi della frazione a granulometria fine del materiale particolato, sono utilizzati per un controllo di qualità sulla rappresentatività dei campioni prelevati. Il confronto fra le
concentrazioni di ione Ca2+ nei due campioni viene utilizzato per stabilire il grado di equivalenza nelle caratteristiche di tagli dei due sistemi dì separazione granulometrici.
Procedura
Due sistemi di campionamento che rispettino le procedure descritte per il sistema di riferimento vengono equipaggiati rispettivamente con la testa dì prelievo e separatore granulometrico PM10 di riferimento e con la testa e il
separatore del sistema candidato. Questi sistemi vengono equipaggiati con in filtri di PTEF sopra descritti.
Il sistema candidato deve operare alla portata nominale indicata dalle specifiche tecniche fornite dal costruttore.
Qualora la portata operativa del sistema candidato sia
superiore ai 2.3 m3/h è comunque possibile procedere
utilizzando un campionatore e un mezzo filtrante adeguati allo scopo.
Deve essere effettuata una campagna di misura che
permetta di ottenere almeno 60 campioni giornalieri. I
campionamenti devono essere distribuiti in modo che i
campioni possano essere considerati rappresentativi di
differenti distribuzioni granulometriche del materiale particolato.
Ogni singola coppia di filtri deve essere analizzata per
la determinazione quantitativa degli ioni sopra indicati utilizzando la metodologia standard dell’analisi per cromatografia ionica o metodo analitico di adeguata sensibilità,
precisione ed accuratezza.
Analisi dei dati:
• SOa2-, NO3-, NH4+: i dati di concentrazione di questi ioni, associati ai due sistemi di campionamento, devono risultare non distinguibili (ioni rappresentativi della frazione granulometrica fine). Il limite di accettabilità per considerare validi i dati provenienti dalla campagna di misura è dato dalla
relazione, valida per tutti gli ioni indicati:
0,97 IR < IC < 1.03 IR (al 95% di confidenza)
R2 > 0.97
IC = (1 ± 0.3) IR ± b
dove b è la concentrazione di ione associata alla deviazione standard dei bianchi;
dove IR e IC rappresentano i valori di concentrazione
dello ione in esame nella frazione idrosolubile dei campioni prelevati rispettivamente dal sistema di riferimento e dal
sistema candidato.
205
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
• Ca2+: i dati di concentrazione di questo ione devono rispettare la condizione:
0.90 IR < IC < 1.10 IR (al 95% di confidenza)
R2 > 0.95
IC = (1 ± 0.1) IR ± b
dove b è la concentrazione di ione associata alla deviazione standard dei bianchi;
affinché il sistema di separazione granulometrica candidato possa considerarsi equivalente a quello relativo al
metodo di riferimento.
Tabella I - Informazioni minime che devono essere
fornite dal campionatore di riferimento
• Portata volumetrica alla testa di prelievo
• Media della portata volumetrica nel periodo di
campionamento
• Coefficiente di variazione CV della portata volumetrica nel periodo di campionamento
• Indicatore di superamento per oltre 5 minuti del
limite del 10% della portata impostata
• Volume totale campionato
• Temperatura ambiente
• Media, minimo, massimo della temperatura
ambiente nel periodo di campionamento
• Pressione atmosferica
• Media, minimo, massimo della pressione atmosferica nel periodo di campionamento
• Caduta di pressione sul dispositivo filtrante durante il campionamento
• Media, minimo, massimo della caduta di pressione nel periodo di campionamento
• Temperatura in prossimità del mezzo filtrante
• Indicatore di superamento del limite massimo
consentito (5°C) alla differenza tra la temperatura
in prossimità del mezzo filtrante e la temperatura
ambiente per oltre 60 minuti
• Massimo differenziale tra temperatura in prossimità del meno filtrante e temperatura ambiente
con data e ora dell’evento.
ALLEGATO XII
FORMATO PER LA COMUNICAZIONE DELLE INFORMAZIONI DI CUI ALL’ARTICOLO 12, COMMA 1, LETTERA A),
PUNTI 1) E 2), E LETTERA 8) DEL DECRETO LEGISLATIVO 4 AGOSTO 1999, N. 351, NONCHÉ DI CUI AGLI
ARTICOLI 5, COMMI 2, 12 E 24 DEL PRESENTE DECRETO, RELATIVAMENTE AGLI INQUINANTI: BIOSSIDO
DI AZOTO, OSSIDI DI AZOTO, BIOSSIDO DI ZOLFO, MATERIALE PARTICOLATO E PIOMBO
REGIONE/PROVINCIA AUTONOMA: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
INDIRIZZO DA
CONTATTARE: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
ANNO DI RIFERIMENTO: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
DATA DI REDAZIONE: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
...
...
...
...
Nei moduli allegati si distingue tra le voci a risposta obbligatoria e quelle a risposta facoltativa, che appaiono in corsivo, la cui compilazione è tuttavia raccomandata. Molti dei moduli acclusi contengono un numero indefinito di file o di
colonne da completare. Nella descrizione del modulo, il numero di file o colonne da completare è perciò limitato a tre e
una linea tratteggiata indica che il modulo può essere ampliato di quanto si renda necessario.
Oltre ai moduli, che dovranno essere compilati dalla regione/provincia autonoma, sono accluse anche alcune tabelle.
Le tabelle contengono dati, quali i codici fissi, che non devono essere modificati.
206
Elenco dei moduli
Modulo 1
Ente di contatto e recapito
Modulo 2
Delimitazione di zone ed agglomerati
Modulo 3
Stazioni impiegate per la valutazione e metodi di misurazione
Modulo 4
Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione di PM10 e di PM2,5:
eventuali codici supplementari indicati da regione/provincia autonoma
Modulo 5
Elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli superano o non superano i valori limite o i valori limite più margini di tolleranza
Modulo 6
Elenco delle zone ed agglomerati nei quali i livelli superano o non superano le soglie di valutazione superiori e le soglie di valutazione inferiori, e in particolare informazioni sull’applicazione di metodi di valutazione supplementari
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Modulo 7
Modulo 8
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
Modulo
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
Singoli casi di superamento dei valori limite e dei valori limite più il margine di tolleranza
Motivi dei singoli casi di superamento: eventuali codici supplementari indicati da regione/provincia autonoma
Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata su dieci minuti per l’SO2
Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata sulle 24 ore per il PM2,5
Risultati tabulati della valutazione supplementare e metodi impiegati per conseguirli
Elenco di riferimenti ai metodi di valutazione supplementare di cui al modulo li
Superamento dei valori limite dell’SO2 dovuto a fonti naturali
Fonti naturali di SO2: eventuali codici supplementari
Superamento dei valori limite di PM10 dovuto a eventi naturali
Superamento dei valori limite del PM10 dovuto alla sabbiatura invernale delle strade
Consultazioni sull’inquinamento transfrontaliero
Superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE
Motivi del superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE:
eventuali codici supplementari indicati da regione/provincia autonoma
Elenco delle tabelle
Tabella 1
Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione di PM10 e di PM2,5: codici standard
Tabella 2
Motivi dei singoli casi di superamento: codici standard
Tabella 3
Parametri statistici da impiegare nelle mappe relative alla concentrazione
Tabella 4
Fonti naturali di SO2: codici standard
Tabella 5
Eventi naturali causa di superamento dei valori limite per il PM10: codici standard
Modulo 1
Ente di contatto e recapito
Nome dell’ente da contattare
Recapito postale
Nome della persona da contattare
Numero telefonico della persona da contattare
Numero di fax della persona da contattare
Indirizzo e-mail della persona da contattare
Eventuali chiarimenti
Modulo 2
Delimitazione di zone ed agglomerati (decreto legislativo 4 agosto 1999, n.351, articoli 5 e 12,
comma 1, lettera b))
Zone
Nome completo della zona
Codice della zona
Tipo [ag/nonag]
Area (km2)
Popolazione
Coppie di coordinate dei confini della zona
Coppie di coordinate dei confini della zona
Coppie di coordinate dei confini della zona
Note al modulo 2:
(1) Indicare non solo il nome della zona, ma anche un codice unico ad essa relativo.
(2) Indicare l’inquinante (o gli inquinanti) della zona utilizzando i codici: “S” per l’SO2, “N” per l’NO2/NOx, “P” per il PM10
“L” per il piombo, separati da un punto e virgola, o “A” se nella zona sono presenti tutti gli inquinanti citati. Se le
zone sono state definite separatamente per la protezione della salute, degli ecosistemi e della vegetazione, utilizzare i seguenti codici: “SH” per la protezione della salute dall’ SO2, “SE” per la protezione degli ecosistemi dal SO2,
“NH” per la protezione della salute dall’NO2 e “NV” per la protezione della vegetazione dagli NOx.
(3) Indicare se la zona è un agglomerato (codice: “ag”) o no (codice: “nonag”).
(4) Su base volontaria, si possono aggiungere l’estensione e la popolazione della zona.
(5) Per consentire un’ulteriore elaborazione dei dati includere l’indicazione dei confini della zona in formato standard
(poligoni, impiegando le coordinate geografiche secondo la norma ISO 6709: longitudine e latitudine geografiche)
ed inserire separatamente una carta delle zone (in formato elettronico o cartaceo) per facilitare la corretta interpretazione dei dati ad esse relative. Come requisito minimo, si dovrebbero fornire i confini della zona nel modulo 2 o su
una cartina.
207
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
Modulo 3
Stazioni impiegate per la valutazione della qualità dell’aria ambiente e metodi di misurazione
(articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e Allegato Xl al presente decreto)
Codice
Codice
Codice
della
locale della (o codici)
stazione stazione della zona
Impiego per la
valutazione
SO2 NO2 NOx Piombo
Impiego per la
Fattore o
valutazione/Codice del
equazione
metodo di misurazione di correzione
per il PM10 e il PM2,5
impiegato
PM10
PM2,5
PM10
Funzione della
stazione
PM2,5
Note aI modulo 3:
(1) Nel modulo 3 e in altri moduli del formato, “codice della stazione” si riferisce al codice già in uso per lo scambio di
dati ai sensi della decisione 97/101/CE sullo scambio di informazioni. Il “codice locale della stazione” è il codice utilizzato nella regione/provincia autonoma
(2) Identificare nella terza colonna la zona (o le zone) in cui si trova la stazione. Se viene coinvolta più di una zona, si
dovrebbero separare i codici con un punto e virgola
(3) Utilizzare le colonne “SO2”, “NO2”, “NOx” e “Piombo” per indicare se ci sì serve della misurazione per la valutazione della qualità dell’aria ambiente ai sensi dell’articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, inserendo un
segno “+“ se viene utilizzata e lasciando vuota la casella se non viene utilizzata. Si ricordi che mettere una crocetta
nella casella NOx implica che la stazione è situata in una località in cui si applicano i valori limite per la vegetazione.
(4) Utilizzare le colonne “PM10” e “PM2,5” per indicare se ci si serve della misurazione per la valutazione della qualità
dell’aria ambiente ai sensi dell’articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, specificando anche quale metodo di misurazione è stato impiegato. Se la misura è usata per effettuare la valutazione, compilare la casella con il
numero di codice del metodo (cfr. nota 5); in caso contrario, la casella viene lasciata vuota. Per i livelli di PM2,5 - non
si richiede una valutazione conforme all’articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.
(5) Si può indicare il codice del metodo di misurazione per il PM10 o il PM2,5 servendosi di uno dei codici standard indicati nella tabella 1 o di un codice relativo alla lista di altri metodi utilizzati (cfr. modulo 4). La descrizione dei metodi
eventualmente indicati nel modulo 4 può essere contenuta in una documentazione allegata al presente formato. Se
il metodo di misurazione è stato cambiato durante l’armo, indicare entrambi i codici in quest’ordine: prima il metodo impiegato per il periodo di tempo più lungo, poi l’altro, separati da un punto e virgola.
(6) Quando il metodo di misurazione per il PM10 o il PM2,5 non è il metodo di riferimento stabilito all’allegato XI del presente decreto indicare il valore “1” per il fattore o l’equazione di correzione qualora sia certificata l’equivalenza del
metodo, in caso contrario indicare il fattore di correzione impiegato per moltiplicare le concentrazioni misurate e ottenere le concentrazioni riportate, o indicare l’equazione di correzione corrispondente. Se è stata applicata un’equazione di correzione, si può utilizzare un formato libero in cui la concentrazione misurata dovrebbe essere indicata
con ‘CM” e la concentrazione riportata con “CR”, impiegando preferibilmente la forma CR = f(CM).
(7) “Funzione della stazione” indica se la stazione si trova in una località in cui sono applicabili:
(a) i valori limiti per la salute, il valore limite dell’SO2, per gli ecosistemi e il valore limite dell’NOx per la vegetazione
(codice “HEV”),
(b) solo i valori limite per la salute e il valore limite dell’SO2, per gli ecosistemi (codice “HE”),
(c) solo il valore limite per la salute e il valore limite dell’NOx per la vegetazione (codice “HV”) o
(d) solo il valore limite per la salute (codice “H”).
Tabella 1
Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione del PM10 e dcl PM2,5:
codici standard
Codice del metodo
M1
M2
M3
Modulo 4
Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione del PM10 e del PM2,5:
eventuali codici supplementari
Codice del metodo
208
Descrizione
Beta-assorbimento
Gravimetria
Microbilancia ad oscillazione
Descrizione
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Modulo 5
Elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli superano o non superano i valori limite (VL)
o i valori limite più i margini di tolleranza (VL+MDT) (articoli 8, 9 e 12 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351 e Allegati I, Il, III e IV del presente decreto)
Modulo 5a
Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per l’SO2
codice
della
zona
VL per la salute
(media oraria)
>VL+MDT =VL+MD;>VL
Modulo 5b
VL per la salute
(media giornaliera)
=VL
>VL
VL per la salute
(media oraria)
>VL+MDT =VL+MD;>VL
codice
della
zona
>VL
=VL
>VL
=VL
VL per la salute
(media annua)
=VL
>VL+MDT
=VL+MDT;
>VL
VL per la vegetazione
(media annua)
=VL
>VL
=VL
Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per il PM10
VL (media giornaliera)
Fase 1
>VL
+MDT
Modulo 5d
=VL
VL per gli
ecosistemi
(media invernale)
Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per l’NO2/NOx
codice
della
zona
Modulo 5c
VL per gli
ecosistemi
(media annua)
=VL
+MD;>VL
=VL
VL (media annua)
Fase 1
>VL+
=VL+ =VL
MDT MDT;>VL
VL (media giornaliera)
per la vegetazione
>VL+
=VL
MDT MDT;>VL
=V
L
VL (media annua)
Fase 2
>VL+ =VL+
=VL
MDT MDT;>VL
Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per il piombo
Codice della zona
>VL+MDT
VL
=VL+MDT; >VL
=VL
Note al modulo 5:
(1) I titoli delle colonne hanno il significato seguente:
>VL+MDT:
superiore al valore limite più margine di tolleranza
=VL+MDT; >VL: inferiore o pari al valore limite più margine di tolleranza, ma superiore aI valore limite
=VL:
inferiore o pari al valore limite;
>VL:
superiore al valore limite;
(1) “>VL+MDT” dovrebbe essere letto come “>VL” quando il margine di tolleranza scende allo 0%. In tal caso la colonna “=VL+MDT;>VL” non si deve usare.
(3) Se il titolo della colonna descrive lo status della zona, indicano con “+“.
(4) Se il superamento risulta dai calcoli del modello, indicare con “m” invece che con “+“.
(2) Per le soglie relative agli ecosistemi e alla vegetazione, riempire la casella solo in caso di superamento verificatosi
nelle zone in cui sono applicabili i valori limite.
(3) Per media invernale si intende il periodo che va dal 1° ottobre dell’anno che precede l’anno di riferimento al 31 marzo
dell’anno di riferimento.
209
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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Modulo 6
Elenco delle zone ed agglomerati nei quali i livelli superano o non superano le soglie di valutazione superiori (SVS) e le soglie di valutazione inferiori (SVI), e informazioni sull’applicazione dì
metodi di valutazione supplementari (articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, articolo 3, comma 3 e allegato VII del presente decreto)
Modulo 6a
Codice
della
zona
Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per
l’SO2
SVS e SVI legati al VL per la salute
(media giornaliera)
> SVS
Modulo 6b
Codice
della
zona
=SVS;
>SVI
> SVS
Codice
della
zona
=SVI
=SVS;
>SVI
=SVS;
>SVI
=SVI
SVS e SVI legati al VL per la
salute (media annua)
> SVS
=SVI
=SVS;
>SVI
=SVI
SVS e SVI legati al VL
per la vegetazione
> SVS
=SVS;
>SVI
VS
=SVI
Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per
il PM10
SVS e SVI (media giornaliera)
> SVS
Modulo 6d
> SVS
VS
Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per
l’NO2/NOx
SVS e SVI legati al VL per la
salute (media oraria)
Modulo 6c
SVS e SVI legati al VL per gli ecosistemi
(media invernale)
=SVS;
>SVI
=SVI
SVS e SVI (media annua)
> SVS
=SVS;
>SVI
VS
=SVI
Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per
il piombo
Codice della zona
> SVS
SVS e SVI
=SVS; >SVI
VS
=SVI
Note al modulo 6:
(1) I titoli delle colonne hanno il significato seguente:
> SVS
superiore alla soglia di valutazione superiore
= SVS; >SVI
inferiore o pari alla soglia di valutazione superiore, ma superiore alla soglia di valutazione inferiore
= SVI
inferiore o pari alla soglia di valutazione inferiore;
VS:
valutazione supplementare, cfr. nota 6.
210
(2) Se il titolo della colonna definisce la situazione della zona, indicano con “+”.
(3) Se il superamento risulta dai calcoli del modello, indicare con “m” invece che con “+”.
(4) Per le soglie relative agli ecosistemi, riempire la-casella solo in caso di superamento verificatosi nelle zone in cui sono
applicabili i valori limite pertinenti.
(5) Il superamento della SYS e della SVI viene giudicato sulla base dell’anno di riferimento e dei quattro anni precedenti,
secondo i requisiti dell’allegato VII, sezione Il, del presente decreto.
(6) Indicare nella colonna “VS” se le informazioni provenienti dalle stazioni fisse di misurazione siano state completate
con dati di altre fonti, secondo l’articolo 3, comma 3 del presente decreto.
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Modulo 7
Singoli casi di superamento dei valori limite e dei valori limite più il margine di tolleranza (articolo 12, comma 1, lettera a), punti 1) e 2) del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e allegati I, Il, III e IV del presente decreto)
Modulo 7a
Superamento del valore limite per l’SO2 più MDT per la salute (media oraria)
Codice della
zona
Modulo 7b
Codice della
stazione
Codice della stazione
Codice
della zona
Modulo 7f
Codice della stazione
Codice della stazione
Codice della
stazione
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Livello(µg/m3)
Codice/i dei motivi
Data
Ora
Livello
(µg/m3)
Codice/i dei motivi
Superamento del valore limite per l’NO2 più MDT per la salute (media annua)
Codice della stazione
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Superamento del valore limite per I’NOx per la vegetazione
Codice della zona
Modulo 7h
Data
Superamento del valore limite per l’NO2 più MDT per la salute (media oraria)
Codice della zona
Modulo 7g
Codice/i dei
motivi
Superamento del valore limite per l’SO2 per gli ecosistemi (media invernale)
Codice della zona
Modulo 7e
Livello (µg/m3)
Superamento del valore limite per l’SO2, per gli ecosistemi (media annua)
Codice della zona
Modulo 7d
Ora
Superamento del valore limite per l’SO2, per la salute (media giornaliera)
Codice della zona
Modulo 7c
Data
Codice della stazione
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Superamento del valore limite per il PM10 più MOT (fase 1; media giornaliera)
Codice della zona
Codice della stazione
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
211
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Modulo 7h
Superamento del valore limite per il PM10 più MOT (fase 1; media giornaliera)
Codice della zona
Modulo 7i
Data
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Superamento del valore limite per il PM10 più MDT (fase 1; media annua)
Codice della zona
Modulo 7j
Codice della stazione
Codice della stazione
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Superamento del valore limite per il piombo più MDT
Codice della zona
Codice della stazione
Livello (µg/m3)
Codice/i dei motivi
Note al modulo 7:
(1) È fortemente consigliato, anche se non obbligatorio, identificare la stazione con il codice della stazione nell’apposita casella.
(2) L’espressione “valore limite più MDT” si intende come “valore limite” quando il margine di tolleranza scende allo 0%.
(3) La data deve essere indicata come “gg/rnrn/aa” e l’ora come “1” per l’ora tra le 00:00 h e le 01:00 h, ecc.
(4) Si devono riportare tutti i casi di superamento del valore limite più il margine di tolleranza registrato in una stazione,
se il numero totale dei superamenti oltrepassa quello consentito. Se il totale dei casi di superamento registrato in
una stazione è inferiore o pari a quello consentito, non si indica alcun superamento.
(5) Si può segnalare il motivo del superamento servendosi di uno o più codici standard della tabella 2 o di altri codici
(cfr. modulo 8). Se si indicano più motivi, si dovrebbero separare i codici con un punto e virgola. La descrizione dei
motivi può anche consistere in un riferimento a un documento separato accluso al formato.
Tabella 2
Motivi dei singoli casi di superamento: codici standard
Codice del motivo
Descrizione
S1
S2
S3
S4
S5
S6
S7
S8
S9
S10
Centro urbano con alta densità di traffico
Vicinanza a una arteria di grande traffico
Industrie locali, in particolare generazione di energia
Attività di estrazione mineraria
Riscaldamento domestico
Emissioni da fonti industriali
Emissioni da fonti non industriali
Fonte(i) o evento(i) di origine naturale
Spargimento invernale di sabbia sulle strade
Inquinamento atmosferico proveniente da fonti esterne all’Italia
Modulo 8
Motivi dei singoli casi di superamento: eventuali codici supplementari (articolo 12, comma 1, lettera a), punti 1) e 2) del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e allegati I, II, III e IV del presente decreto).
Codice del motivo
212
Descrizione
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Modulo 9
Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata su dieci minuti per l’SO2 (articoli 7 e
12, comma 1 del presente decreto).
Codice
della stazione
Modulo 10
Numero di
Numero di giorni
concentrazioni su dell’anno solare
dieci minuti che
in cui si sono
hanno oltrepassato
verificate tali
eccedenze
500µg/m3
Numero di giorni
Concentrazione
di cui alla colonna massima registrata
precedente, nei
sui dieci minuti
quali la
(µg/m3)
concentrazione
oraria di biossido
di zolfo ha
contemporaneamente
superato i 350 µg/m3
Data in cui si è
verificata la
concentrazione
massima
(gg/mm/aa)
Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata sulle 24 ore per il PM2,5 (articoli 18 e
24, comma 1, del presente decreto)
Codice della
stazione
Media aritmetica
(µg/m3)
Mediana (µg/m3)
98° percentile (µg/m3)
Concentrazione
massima (µg/m3)
Modulo 11
Risultati tabulati della valutazione supplementare e metodi impiegati per conseguirli (articolo 3,
comma 3, e allegato X, parte li del presente decreto)
Modulo 11a
Risultati tabulati della valutazione supplementare per l’SO2 e metodi impiegati per conseguirli
Codice della
zona
Superiore al VL per la
Superiore al VL
Superiore al VL
Superiore al VL per gli
per la salute
per la salute
per gli ecosistemi
ecosistemi
(media oraria)
(media giornaliera)
(media annua)
(media invernale)
Superficie Popolazione Superficie Popolazione Superficie Popolazione Superficie Popolazione
esposta
esposta
esposta
esposta
Km2 Metodo N.
Modulo 11b
Codice della
zona
Metodo Km2 Metodo N. Metodo Km2Metodo N.
Metodo
Risultati tabulati della valutazione supplementare per l’NO2/NOx e metodi impiegati per conseguirli
Superiore al VL per la salute
Superiore al VL per la salute
Superiore al VL
(media oraria)
(media annua)
per la vegetazione
Superficie Lunghezza Popolazione Superficie
Lunghezza Popolazione Superficie
Superficie
della strada esposta
della strada esposta
vegetazione
esposta
Km2 Metodo Km Metodo
Modulo 11c.1
Metodo Km2 Metodo N.
N. Metodo Km2 Metodo Km Metodo N. Metodo Km2 Metodo Km2 Metodo
Risultati tabulati della valutazione supplementare per il PM10 e metodi impiegati per conseguirli (fase1)
Codice della
zona
Superiore al VL (media giornaliera)
Superficie
Km2
metodo
Lunghezza della
strada
km
metodo
Superiore al VL (media annua)
Popolazione
esposta
numero
Superficie
metodo Km2
metodo
Lunghezza della
strada
km
metodo
Popolazione
esposta
numero metodo
213
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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Modulo 11c.2 Risultati tabulati della valutazione supplementare per il PM10 e metodi impiegati per conseguirli (fase 2)
Codice della
zona
Superiore al VL (media giornaliera)
Superficie
Km2
Modulo 11d
metodo
Lunghezza della
strada
km
metodo
Superiore al VL (media annua)
Popolazione
esposta
numero
Superficie
metodo Km2
metodo
Lunghezza della
strada
km
metodo
Popolazione
esposta
numero metodo
Risultati tabulati della valutazione supplementare per il piombo e metodi impiegati per conseguirli
Codice della
zona
Superiore al VL
Superficie
Km
2
Metodo
Lunghezza della strada
Km
Metodo
Popolazione esposta
Numero
metodo
Note al modulo 11:
(1) “Metodo” è un codice, che rinvia a un elenco separato di riferimenti (modulo 12) a pubblicazioni o relazioni in cui
viene documentato il metodo supplementare. Non devono essere inviate le pubblicazioni e relazioni a cui si fa riferimento.
(2) Al modulo 11 si possono accludere cartine indicanti la distribuzione delle concentrazioni. Si raccomanda di compilare se possibile cartine che indichino la distribuzione delle concentrazioni ìn ciascuna zona ed agglomerato. Si raccomanda dì fornire isolinee delle concentrazioni dei parametri impiegati per esprimere i valori limite (cfr. tabella 3),
servendosi di isolinee ad intervalli del 10% del valore limite.
Tabella 3
Inquinante
Parametro
SO2
SO2
SO2
SO2
NO2
NO2/NOx
PM10 e PM2,5
PM10 e PM2,5
PM10 e PM2,5
Piombo
99,7° percentile delle medie orarie
99,2° percentile delle medie giornalieremedia annua
media invernale
99,8° percentile delle medie orarie
media annua
90,0° percentile delle medie giornaliere .
media annua
98,1°percentile delle medie giornaliere
media annua
Modulo 12
Metodo
214
Parametri statistici da impiegare nelle mappe relative alla concentrazione
Elenco di riferimenti ai metodi di valutazione supplementare di cui al modulo 11 (articolo 3,
comma 3, e allegato X, parte II del presente decreto)
Riferimento completo
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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Modulo 13
Superamento dei valori limite dell’SO2 dovuto a fonti naturali (articoli 10, comma 1, e 12 comma
2, del presente decreto)
Modulo 13a
Superamento del valore limite per l’SO2 per la salute (media oraria)
Zona
Modulo 13b
Zona
Modulo 13c
Zona
Modulo 13d
Zona
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Codice/i delle
fonti naturali
Numero stimato
di casi di
superamento dopo
la sottrazione del
contributo naturale
Riferimento alla
motivazione
Numero stimato
di casi di
superamento dopo
la sottrazione del
contributo naturale
Riferimento alla
motivazione
Numero stimato
di casi di
superamento dopo
la sottrazione del
contributo naturale
Riferimento alla
motivazione
Numero stimato
di casi di
superamento dopo
la sottrazione del
contributo naturale
Riferimento alla
motivazione
Valore limite per l’SO2 per la salute (media giornaliera)
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Codice/i delle
fonti naturali
Valore limite per l’SO2 per gli ecosistemi (media annua)
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Codice/i delle
fonti naturali
Valore limite per l’SO2 per gli ecosistemi (media invernale)
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Codice/i delle
fonti naturali
Nota al modulo 13:
Si può segnalare la fonte naturale che ha causato il superamento servendosi di uno o più dei codici standard contenuti nel presente formato (tabella 4) o di altri codici cfr. modulo 14).
Tabella 4
Fonti naturali di SO2: codici standard
Codice/i delle fonti naturali
A1
A2
B
C1
C2
Descrizione
Vulcanismo nello Stato membro
Vulcanismo al di fuori dello Stato membro
Zone umide litoranee
Incendi di origine naturale nello Stato membro
Incendi di origine naturale al di fuori dello Stato membro
215
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
Modulo 14
Fonti naturali di SO2: eventuali codici supplementari
Codice/i delle fonti naturali
Descrizione
Modulo 15
Superamento dei valori limite del PM10 dovuto a eventi naturali (articoli 22, comma 1, e 24,
comma 2 del presente decreto).
Modulo 15a
Contributo degli eventi naturali al superamento del valore limite per il PM10 (fase 1; media giornaliera)
Zona
Modulo 15b
Zona
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Codice/i degli
eventi naturali
Numero stimato
di casi di
superamento dopo
la sottrazione del
contributo naturale
Riferimento alla
motivazione
Contributo degli eventi naturali al superamento del valore limite per il PM10 (fase 1; media
annuale)
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Codice/i degli
eventi naturali
Numero stimato
di casi di
superamento dopo
la sottrazione del
contributo naturale
Riferimento alla
motivazione
Note al modulo 15:
Si può indicare l’evento naturale per mezzo di uno o più dei codici standard forniti dal formato (cfr. tabella 5)
Tabella 5
216
Eventi naturali causa di superamento dei valori limite per il PM10: codici standard
Codice/i delle eventi naturali
A1
A2
B1
B2
C1
C2
D1
D2
E1
E2
F1
F2
G1
G2
Descrizione
Eruzione vulcanica nello Stato membro
Eruzione vulcanica al di fuori dello Stato membro
Attività sismica nello Stato membro
Attività sismica al di fuori dello Stato membro
Attività geotermica nello Stato membro
Attività geotermica al di fuori dello Stato membro
Incendi spontanei nello Stato membro
Incendi spontanei al di fuori dello Stato membro
Tempeste di vento nello Stato membro
Tempeste di vento al di fuori dello Stato membro
Risospensione atmosferica nello Stato membro
Risospensione atmosferica al di fuori dello Stato membro
Trasporto di particelle naturali dalle regioni secche nello Stato membro
Trasporto di particelle naturali dalle regioni secche al di fuori dello Stato membro
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
Modulo 16
Superamento dei valori limite del PM10 dovuto alla sabbiatura invernale delle strade (articoli 22,
comma 2, e 24, comma 2, del presente decreto)
Modulo 16a
Contributo della sabbiatura invernale delle strade al superamento del valore limite del PM10
(fase 1; media giornaliera)
Zona
Modulo 16b
Codice della
stazione
Numero di casi
di superamento
registrati
Numero stimato di casi
di superamento
dopo la sottrazione
del contributo della
sabbiatura invernale
Riferimento alla
motivazione
Contributo della sabbiatura invernale delle strade al superamento del valore limite del PM10 (fase
1; media annua)
Zona
Codice della
stazione
Media annua
Concentrazione media
annua stimata dopo
la sottrazione del
contributo della
sabbiatura invernale
Riferimento alla
motivazione
Modulo 17
Consultazioni sull’inquinamento transfrontaliero (articolo 8, comma 6 del decreto legislativo 4
agosto 1999, n. 351)
Modulo 17a
Informazioni generali
Sono stati consultati altri Stati membri su fenomeni di notevole inquinamento
atmosferico proveniente da altri Stati membri o si è avuto consultazioni analoghe
con paesi non UE? Si prega di indicare con “+” la risposta affermativa
e con “-“ la risposta negativa
Modulo 17b
[+ o -]
Dettagli per paese
In caso
affermativo si
prega di
specificare:
Stati membri UE
AT BE DE DK ES FI
FR GR
IE
IT
LU NL PT
Paesi non UE
SE UK
- indicare lo stato
membro
o il paese
- indicare se il
verbale delle
consultazioni è
stato accluso
alla relazione
Note al modulo 17b:
(1) Completare solo in caso di risposta affermativa, utilizzando “+”.
(2) Per segnalare eventuali consultazioni con paesi non UE servirsi dei seguenti codici: Bosni-Erzegovina: BA; Croazia:
HR; Cipro: CY; Repubblica Ceca: CZ; Estonia: EE; Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia: MK; Ungheria: HU;
Islanda: IS; Lettonia: LV; Liechtenstein: LI; Lituania: LT; Malta: MT; Norvegia: NO; Polonia: PL; Romania: RO;
Repubblica slovacca: SK; Slovenia: SI; Svizzera: CH.
(3) Significato dei codici in tabella: AT: Austria; BE: Belgio; DE: Germania; DK: Danimarca; ES: Spagna; FI: Finlandia; FR:
Francia; GR: Grecia; IE: Irlanda; IT: Italia; LU: Lussemburgo; NL: Olanda; PT: Portogallo; SE: Svezia; UK: Regno Unito.
217
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 02/04/2002
Modulo 18
Inquinante
superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE da
segnalare ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351
Valore limite
superato
Metodo di
monitoraggio
impiegato
Codice della
stazione
Livello misurato
(µg/m3)
Codice/i dei
motivi
Misure prese
Note al modulo 18:
(1) Il valore numerico del valore limite superato dovrebbe essere indicato nella seconda colonna.
(2) Per l’SO2 e le particelle in sospensione si dovrebbe indicare se è stato utilizzato il metodo dei fumi neri o il metodo
gravimetrico.
(3) È vivamente raccomandato, anche se non obbligatorio, identificare la stazione.
(4) Si può segnalare il motivo del superamento servendosi di uno o più dei codici standard contenuti nel presente formato (tabella 5) o di altri codici (modulo 19). Se viene indicato più di un motivo, si dovrebbero separare i codici con
un punto e virgola. La descrizione dei motivi può anche consistere in un riferimento a un documento separato accluso al formato.
Modulo 19
Motivi del superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e
85/203/CEE: eventuali codici supplementari (articolo 14, comma 3 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351)
Codice del metodo
218
Descrizione
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
9 aprile 2002, n. 55
LEGGE
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 febbraio 2002,
n. 7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico
nazionale
(G.U. n. 84 del 10 aprile 2002)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1
1. Il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7,
recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale, è convertito in legge con le modificazioni riportate in
allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello
Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello
Stato.
ALLEGATO
Modificazioni apportate in sede di conversione
al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7
All'articolo 1:
al comma 1, al primo periodo, le parole: "l'imminente
pericolo" sono sostituite dalle seguenti: "il pericolo", dopo
le parole: "fabbisogno nazionale" sono inserite le seguenti: ", sino alla determinazione dei principi fondamentali
della materia in attuazione dell'articolo 117, terzo comma,
della Costituzione, e comunque non oltre il 31 dicembre
2003, previa intesa in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano", le parole: "e ripotenziamento" sono
sostituite dalle seguenti: "o ripotenziamento" e la parola:
"esercitare" è sostituita dalla seguente: "esercire"; al
secondo periodo, le parole: "del decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504" sono sostituite dalle seguenti: "del
testo unico delle disposizioni legislative concernenti le
imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504";
al comma 2, al primo periodo, dopo la parola:
"Amministrazioni" sono inserite le seguenti: "statali e locali" e sono soppresse le parole: "ed integrazioni"; il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle
opere di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e al decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988,
n. 377, e successive modificazioni"; al terzo periodo,
dopo le parole: "della direttiva 96/61/CE" sono inserite le
seguenti: "del Consiglio, del 24 settembre 1996," e dopo
le parole: "autorizzazioni ambientali" sono inserite le seguenti: "di competenza"; al quarto periodo, dopo la parola: "integrante" sono inserite le seguenti: "e condizione
necessaria"; al quinto periodo, prima delle parole: "in ogni
caso" sono inserite le seguenti: "una volta acquisita la
VIA,";
al comma 3, primo periodo, le parole: "comma 2" sono
sostituite dalle seguenti: "comma 1"; il secondo periodo è
sostituito dai seguenti: "Per il rilascio dell'autorizzazione è
fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e
della provincia nel cui territorio ricadono le opere di cui al
comma 1. Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine di cui al comma 2. Qualora le opere di cui
al comma 1 comportino variazioni degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica"; è aggiunto, in
fine, il seguente periodo: "La regione competente può
promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli interventi di cui al comma 1 per l'individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale";
dopo il comma 3, è inserito il seguente: "3-bis. Il
Ministero delle attività produttive, le regioni, l'Unione delle
province d'Italia (UPI) e l'Associazione nazionale dei
comuni italiani (ANCI) costituiscono un comitato paritetico
per il monitoraggio congiunto dell'efficacia delle disposi-
219
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 55/2002
zioni del presente decreto e la valutazione dell'adeguatezza della nuova potenza installata";
al comma 4, le parole: "la procedura di valutazione di
impatto ambientale" sono sostituite dalle seguenti: "la
procedura di VIA";
dopo il comma 4, è inserito il seguente: "4-bis. Nel
caso di impianti ubicati nei territori di comuni adiacenti ad
altre regioni, queste ultime sono comunque sentite nell'ambito della procedura di VIA"; al comma 5, le parole:
"del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio
1998, n. 53" sono sostituite dalle seguenti: "del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica
11 febbraio 1998, n. 53", ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Restano fermi gli obblighi di corresponsione
dei contributi dovuti sulla base delle convenzioni in essere";
dopo il comma 5, è aggiunto il seguente: "5-bis. Le
disposizioni del presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento
e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli
statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione".
220
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
9 aprile 2002
DIRETTIVA MINISTERIALE
Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei
rifiuti
(Suppl. alla G.U. n. 108 del 10 maggio 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
D'INTESA
CON I MINISTRI DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
Visto il regolamento della Commissione n.
2557/2001 del 28 dicembre 2001, che modifica l'Allegato V del regolamento n. 259/93 del
Consiglio relativo alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni dei rifiuti all'interno della
Comunità europea, nonché in entrata e in
uscita dal suo territorio;
Considerato che con il predetto regolamento si è provveduto ad aggiornare la lista dei
rifiuti adottando la versione più recente contenuta nella decisione della Commissione
2000/532, modificata da ultimo con decisione
2001/573;
Considerato che il predetto regolamento è
vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascun Stato membro dal 1°
gennaio 2002;
Considerato che per la corretta e piena
applicazione del predetto regolamento è necessario che tutti i rifiuti siano classificati fin
dalla loro produzione e in ogni fase della loro
gestione con le medesime codificazioni anche
in vista di una loro eventuale movimentazione
soggetta al regolamento predetto;
Considerato che, nelle more del completamento dell'iter amministrativo per l'emanazione del provvedimento interministeriale, è necessario che le Amministrazioni diano agli
operatori le opportune indicazioni perché
siano adottate al più presto le misure appropriate;
Visto l'assenso espresso dai Ministeri delle
attività produttive, della salute e delle politiche
agricole e forestali sulla presente direttiva;
EMANA
la presente direttiva:
Premessa
La seguente direttiva è finalizzata a fornire
indicazioni per la corretta e piena applicazione
del regolamento della Commissione n.
2557/2001 sulle spedizioni dei rifiuti ed in relazione al nuovo Elenco dei rifiuti.
Le indicazioni sono necessarie affinché ogni
rifiuto fin dalla sua produzione ed in ogni successiva fase di gestione, incluso il trasporto,
sia correttamente identificato con i codici del
nuovo elenco dei rifiuti di cui alla decisione
della Commissione 2000/532 modificata da
ultimo con decisione 2001/573.
Ciò in vista di una eventuale movimentazione dei rifiuti stessi soggetta al regolamento
2557/2001, la cui adozione ha effetti diretti
sulla normativa vigente in materia di rifiuti in
diversi punti.
1. Modifiche introdotte dalla normativa
comunitaria al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 ed ai Decreti Ministeriali
141/98, 145/98, 148/98 e 219/2000.
A. L'allegato A alla presente direttiva contiene la decisione della Commissione
2000/532, modificata da ultimo con decisione 2001/573 e, in particolare, l'elenco
europeo dei rifiuti sostitutivo dell'allegato
D del decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22. Ogni riferimento alla Sezione A. 2
(catalogo europeo dei rifiuti) del Decreto
Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 conte-
221
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
222
nuto nella normativa vigente, si intende
relativo all'elenco dei rifiuti di cui all'allegato A della presente direttiva.
B. Nell'elenco dei rifiuti indicati nell'Allegato A
alla presente direttiva sono classificati
pericolosi - anche ai sensi e per gli effetti
di cui all'articolo 7, comma 4, del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 - i rifiuti
contrassegnati con un asterisco (*), nel
rispetto delle procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria vigenti.
C. La Sezione A. 2 (catalogo europeo dei
rifiuti) del Decreto Legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 risulta soppressa. Ogni riferimento ai rifiuti pericolosi di cui alla normativa vigente si intende relativo ai rifiuti precisati con asterisco nell'elenco dei rifiuti di
cui all'allegato A alla presente direttiva.
D. L'Allegato II del Decreto Ministeriale 11
marzo 1998, n. 141, l'Allegato E del Decreto Ministeriale 1° aprile 1998, n. 145,
l'Allegato E del Decreto Ministeriale 1°
aprile 1998, n. 148 risultano soppressi.
E. Conseguentemente, nel decreto ministeriale 141/1998 all'articolo 1, comma 2, il
rinvio agli Allegati I e II relativi rispettivamente all'elenco dei rifiuti e a quello dei
rifiuti non pericolosi, considerato il nuovo
sistema di classificazione e codificazione
disposto dalla decisione comunitaria,
richiamato dal regolamento 2557/2001,
deve intendersi riferito all'Allegato A della
presente direttiva.
F. Analogamente nel decreto ministeriale
145/1998, allegato C, punto V, lettera a,
terzo trattino, le parole "individuate sulla
base dell'allegato E al presente decreto,"
perdono significato considerando il nuovo
sistema di classificazione e codificazione
disposto dalla decisione comunitaria, richiamato dal Regolamento 2557/2001.
G. Anche nel decreto ministeriale 148/1998,
allegati C/1, C/2, punto III, lettera b quarto trattino, le parole "individuate sulla base
dell'allegato E al presente decreto" perdono significato considerando il nuovo sistema di classificazione e codificazione
disposto dalla decisione comunitaria, richiamato dal Regolamento 2557/2001.
H. Al comma 1, lettera b), dell'articolo 2, del
Decreto Ministeriale 26 giugno 2000 n.
219, le parole "tra i rifiuti" devono intendersi "tra i rifiuti pericolosi".
Gli allegati 1 e 2 del Decreto Ministeriale 26
giugno 2000, n. 219, per quanto riguarda la
codificazione riportata, hanno perso significato.
Una guida per l'individuazione dei nuovi codici applicabili è riportata negli allegati D ed E
alla presente direttiva.
2. Registri, formulari e MUD
A. Nella compilazione dei registri e dei formulari di cui agli articoli 12 e 15 del
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
gli operatori dovranno utilizzare i codici di
cui all'allegato A alla presente direttiva. Ai
fini della compilazione del Modello Unico
di dichiarazione (MUD) di cui alla legge 25
gennaio 1994, n. 70, i codici di cui all'allegato A alla presente direttiva, dovranno
essere inseriti a partire dalla comunicazione in scadenza il 30 aprile 2003, relativa ai
dati riferiti al 2002.
B. Si ricorda che per i rifiuti che hanno acquisito la classificazione di pericolosità, gli
operatori interessati hanno dato applicazione al disposto di cui all'art. 1 comma
15 della legge 6 dicembre 2001 n. 443.
C. I codici dei rifiuti da utilizzare ai fini della
lettera a sono individuati da parte dei soggetti interessati nell'allegato B "Schema di
trasposizione" della presente direttiva.
Nelle ipotesi in cui lo schema di trasposizione non contenga adeguati elementi per
l'individuazione del codice in relazione alla
singola fattispecie di rifiuti, gli operatori
interessati possono utilizzare codici diversi da quelli individuati nello schema in
parola previa autorizzazione della Provincia territorialmente competente, da rilasciarsi entro 30 giorni dalla richiesta, e
previa comunicazione ai Ministeri dell'Ambiente e della tutela del territorio e delle
Attività produttive nonché all'Agenzia
Nazionale per l'Ambiente, anche ai fini
dell'eventuale revisione dell'Allegato B.
3. Autorizzazioni di gestione dei rifiuti ex
articoli 28 e 30 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22.
A. Gli operatori interessati utilizzano lo schema di trasposizione di cui all'allegato B
per l'individuazione dei codici dei rifiuti
gestiti, con le procedure indicate al punto
1, in attesa che le Autorità competenti al
rilascio delle autorizzazioni all'esercizio
delle operazioni di recupero e di smaltimento di cui all'articolo 28 del Decreto
Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, ovvero
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
alle iscrizioni di cui all'articolo 30 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22,
provvedano, in occasione della prima richiesta utile di rinnovo, ad aggiornare i
codici dei rifiuti indicati nelle autorizzazioni
o nelle iscrizioni,
B. Per i rifiuti che, per effetto delle decisioni di cui
al punto 1, acquisiscono la classificazione di
rifiuti pericolosi, si applica l'articolo 1 comma
15 della legge 6 dicembre 2001 n. 443.
particolare di quelle prodotte dall'attività di ricerca, e se
necessario modificato in conformità dell'articolo 18 della
direttiva 75/442/CEE. L'inclusione di un determinato
materiale nell'elenco non significa tuttavia che tale materiale sia un rifiuto in ogni circostanza. La classificazione
del materiale come rifiuto si applica solo se il materiale
risponde alla definizione di cui all'articolo 1, lettera a),
della direttiva 75/442/CEE.
4. D.M. 5 febbraio 1998 "Individuazione
dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi
degli artt. 31 e 33 del Decreto Legislativo 5
febbraio 1997, n. 22"
3. Diversi tipi di rifiuto inclusi nell'elenco sono definiti
specificatamente mediante un codice a sei cifre per ogni
singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due
cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell'elenco occorre procedere come segue:
A. I codici dei rifiuti non pericolosi relativi alle
tipologie dei rifiuti di cui agli allegati 1 suballegato 1 e 2 suballegato 1 del Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998, si conformano alla
Decisione CE di cui al punto 1 secondo
quanto indicato nell'allegato C alla presente direttiva. Le tipologie e le caratteristiche
dei rifiuti non pericolosi descritte negli allegati in parola rimangono immodificate.
B. Fermo restando le indicazioni di cui al
punto 2 lettera c, le comunicazioni relative
ad attività di recupero in corso mantengono la propria validità ed efficacia fino alla
scadenza desunta ai sensi dell'articolo 33
comma 5 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.
5. Materiali da costruzione contenenti
amianto
A. Si ricorda che, per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti costituiti da
materiali di costruzione contenenti amianto
di cui al codice 170605, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti fino al 16
luglio 2002, conformemente a quanto previsto dalla Decisione 2001/573/CE.
ALLEGATO A
Elenco dei rifiuti istituito conformemente
all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE
relativa ai rifiuti e all'articolo 1, paragrafo 4, della
direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi
Introduzione
1. Il presente elenco armonizzato di rifiuti verrà rivisto
periodicamente, sulla base delle nuove conoscenze ed in
2. Ai rifiuti inclusi nell'elenco si applicano le disposizioni di cui alla direttiva 75/442/CEE, a condizione che non
trovi applicazione l'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della
medesima direttiva.
3.1. Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire
al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le
cifre 99. È possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attività riferendosi a
capitoli diversi. Per esempio un fabbricante di automobili
può reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti
dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di metalli),
che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti metalli provenienti da trattamento e ricopertura di metalli) o ancora
nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione
delle varie fasi della produzione
Nota: I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce
20 01.
3.2. Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da
17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato
rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identifcare il codice corretto.
3.3. Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo
16.
3.4. Se un determinato rifiuto non e classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il
codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle
cifre del capitolo che corrisponde all'attività identificata ai
punto 3.1.
4. I rifiuti contrassegnati nell'elenco con un asterisco "
* " sono rifiuti pericolosi si sensi della direttiva 91/689/CEE
relativa ai rifiuti pericolosi e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva, a condizione che non
trovi applicazione l'articolo 1, paragrafo 5. Si ritiene che
tali rifiuti presentino una o più caratteristiche indicate
nell'Allegato III della direttiva 91/689/CEE e, in riferimento
ai codici da H3 a H8, H10 e H11 del medesimo allegato,
una o più delle seguenti caratteristiche:
• punto di infiammabilità ≤ 55 °C,
• una o più sostanze classificate come molto tossiche in
concentrazione totale ≥ 0,1 %,
• una o più sostanze classificate come tossiche in concentrazione totale ≥ 3 %,
• trazione totale ≥ 25%,
• una o più sostanze corrosive classificate come R35 in
concentrazione totale ≥ 1%,
223
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
• una o più sostanze corrosive classificate come R34 in
concentrazione totale ≥ 5%,
• una o più sostanze irritanti classificate come R41 in
concentrazione totale ≥ 10%,
• una o più sostanze irritanti classificate come R36, R37
e R38 in concentrazione totale ≥ 20%,
• una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione ≥ 0,1%,
• una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione ≥ 1%,
• una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo
riproduttivo (categorie 1 o 2) classificata come R60 o
R61 in concentrazione ≥ 0,5%,
• una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo
riproduttivo (categoria 3) classificata come R62 o R63
in concentrazione ≥ 5%,
• una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata come R46 in concentrazione ≥ 0,1%
• una sostanza mutagena della categoria 3 classificata
come R40 in concentrazione ≥ 1%;
5. Ai fini del presente Allegato per "sostanza pericolosa" si intende qualsiasi sostanza che è o sarà classificata
come pericolosa ai sensi della direttiva 67/548/CEE e
successive modifiche; per "metallo pesante" si intende
qualunque composto di antimonio; arsenico, cadmio,
cromo (VI), rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tellurio, tallio e stagno, anche quando tali metalli appaiono in
forme metalliche classificate come pericolose.
6. Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose
e come non pericoloso in quanto "diverso" da quello pericoloso ("voce a specchio"), esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui
all'allegato III della direttiva 91/689/CEE del Consiglio. Per
le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11 si applicano i
valori limite di cui al punto 4, mentre le caratteristiche H1,
H2, H9, H12, H13 e H14 non devono essere prese in
considerazione, in quanto mancano i criteri di riferimento
sia a livello comunitario che a livello nazionale, e si ritiene
che la classificazione di pericolosità possa comunque
essere correttamente effettuata applicando i criteri di cui
al suddetto punto 4. La classificazione di un rifiuto identificato da una "voce a specchio" e la conseguente attribuzione del codice sono effettuate dal produttore/detentore
del rifiuto.
7. Conformemente all'articolo 1, paragrafo 4, secondo
trattino della direttiva 91/689/CEE, i rifiuti, diversi da quelli
elencati in appresso, che secondo uno Stato membro
presentino una o più caratteristiche indicate nell'allegato
III della direttiva 91/689/CEE sono pericolosi. Tutti questi
casi saranno notificati alla Commissione e verranno esaminati in vista della modifica dell'elenco conformemente
all'articolo 18 della direttiva 74/442/CEE come modificata
dalla direttiva 91/156/CEE.
224
8. Fatto salvo il disposto di cui al punto 7, gli Stati
Membri possono decidere in casi eccezionali che un tipo
di rifiuto classificato nell'elenco come non pericoloso presenta almeno una delle caratteristiche di cui all'allegato III
della direttiva 91/689/CEE. In casi eccezionali gli Stati
Membri possono decidere, sulla base di riscontri documentati dal detentore nella maniera più opportuna, che un
determinato tipo di rifiuto classificato come pericoloso
non presenta alcuna delle caratteristiche di cui all'allegato III della direttiva 91/689/CEE.
9. Le decisioni adottate dagli Stati Membri conformemente al punto 8 sono comunicate alla Commissione,
che esamina e confronta tutte queste decisioni e valuta se
occorra provvedere ad una modifica dell'elenco dei rifiuti
e dei rifiuti pericolosi alla luce delle decisioni degli Stati
Membri.
10. Come dichiarato in uno dei considerando della
direttiva 99/45/CE, occorre riconoscere che le caratteristiche delle leghe sono tali che la determinazione precisa
delle loro proprietà mediante i metodi convenzionali
attualmente disponibili può risultare impossibile: le disposizioni di cui al punto 1 non trovano dunque applicazione
per le leghe di metalli puri (ovvero non contaminati da
sostanze pericolose). Ciò in attesa dei risultati di ulteriori
attività che la Commissione e gli Stati membri si sono
impegnati ad avviare per studiare uno specifico approccio
di classificazione delle leghe. I rifiuti specificamente menzionati nel presente elenco continuano ad essere classificati come in esso indicato.
11. Per la numerazione delle voci contenute nell'elenco
sono state applicate le seguenti regole: per i rifiuti rimasti
invariati sono stati utilizzati numeri specificati nella decisione 94/3/CE della Commissione, mentre i codici dei
rifiuti che hanno subito modifiche sono stati cancellati e
rimangono inutilizzati per evitare confusioni dopo l'adozione del nuovo elenco. Ai rifiuti che sono stati aggiunti e'
stato attribuito un codice non ancora utilizzato nella decisione della Commissione 94/3/CE, né nella decisione
della Commissione 2000/532/CE.
INDICE
Capitoli dell'elenco
01
Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da
miniera o cava, nonché dal trattamento fisico o
chimico di minerali
02
Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e
preparazione di alimenti
03
Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone
04
Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell'industria tessile
05
Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del
gas naturale e trattamento pirolitico del carbone
06
Rifiuti dei processi chimici inorganici
07
Rifiuti dei processi chimici organici
08
Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed
uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati),
adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa
09
Rifiuti dell'industria fotografica
10
Rifiuti provenienti da processi termici
11
Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali;
idrometallurgia non ferrosa
12
Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento
fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica
13
Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne
oli commestibili, 05 e 12)
14
Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le voci 07 e 08)
15
Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali
filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
16
17
18
19
20
Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco
Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati)
Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o
da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di
cucina e di ristorazione che non derivino direttamente da trattamento terapeutico)
Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti,
impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito,
nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla
sua preparazione per uso industriale
Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle
istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata
01
01
01
01
01
01
01 01
01 02
03
01 03 04*
01 03
01 03 06
01 03 07*
01 03 08
01 03 09
01 03 99
01 04
01 04 07*
01 04 08
01 04 09
01 04 10
01 04 11
01 04 12
01 04 13
01 04 99
01 05
01 05 04
01 05 05*
01 05 06*
01 05 07
RIFIUTI DERIVANTI DA PROSPEZIONE,
ESTRAZIONE DA MINIERA O CAVA,
NONCHÉ DAL TRATTAMENTO FISICO O
CHIMICO DI MINERALI
rifiuti prodotti dall'estrazione di minerali
rifiuti da estrazione di minerali metalliferi
rifiuti da estrazione di minerali non metalliferi
rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di
minerali metalliferi
sterili che possono generare acido prodotti
dalla lavorazione di minerale solforoso
05* altri sterili contenenti sostanze pericolose
sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04
e 01 03 05
altri rifiuti contenenti sostanze pericolose prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali
metalliferi
polveri e residui affini diversi da quelli di cui
alla voce 01 03 07
fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi da quelli di cui alla voce 01 03
07
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di
minerali non metalliferi
rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non
metalliferi
scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di
cui alla voce 01 04 07
scarti di sabbia e argilla
polveri e residui affini, diversi da quelli di cui
alla voce 01 04 07
rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07
sterili ed altri residui del lavaggio e della pulitura di minerali, diversi da quelli di cui alle voci
01 04 07 e 01 04 11
rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra,
diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07
rifiuti non specificati altrimenti
fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione
fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per
acque dolci
fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli
fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione contenenti sostanze pericolose
fanghi e rifiuti di perforazione contenenti bari-
01 05 08
01 05 99
02
02 01
02
02
02
02
02
01
01
01
01
01
01
02
03
04
06
02 01 07
02 01 08*
02 01 09
02 01 10
02 01 99
02 02
02 02 01
02 02 02
02 02 03
02 02 04
02 02 99
02 03
02 03 01
02 03 02
02 03 03
02 03 04
02 03 05
02 03 99
02 04
02 04 01
02 04 02
02 04 03
02 04 99
02 05
02 05 01
02 05 02
te, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01
05 06
fanghi e rifiuti di perforazione contenenti cloruri, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01
05 06
rifiuti non specificati altrimenti
RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA,
ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA, TRATTAMENTO E PREPARAZIONE DI ALIMENTI
rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura,
acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca
fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
scarti di tessuti animali
scarti di tessuti vegetali
rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi)
feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente
e trattati fuori sito
rifiuti della silvicoltura
rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose
rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce
02 01 08
rifiuti metallici
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della preparazione e del trattamento di
carne, pesce ed altri alimenti di origine animale
fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
scarti di tessuti animali
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della preparazione e del trattamento di
frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao,
caffè, tè e tabacco; della produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed
estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa
fanghi prodotti da operazioni di lavaggio,
pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti
rifiuti legati all'impiego di conservanti
rifiuti prodotti dall'estrazione tramite solvente
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero
terriccio residuo delle operazioni di pulizia e
lavaggio delle barbabietole
carbonato di calcio fuori specifica
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti dell'industria lattiero-casearia
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
225
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
02 05 99
02 06
02 06 01
02 06 02
02 06 03
02 06 99
02 07
02 07 01
02 07 02
02 07 03
02 07 04
02 07 05
02 07 99
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
rifiuti legati all'impiego di conservanti
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione di bevande alcoliche
ed analcoliche (tranne caffè, tè e cacao)
rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio,
pulizia e macinazione della materia prima
rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande
alcoliche
rifiuti prodotti dai trattamenti chimici
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
rifiuti non specificati altrimenti
03 03 11
03 03 99
04
04
04
04
04
01
01 01
01 02
01 03*
04 01 04
04 01 05
04 01 06
04 01 07
04 01 08
04 01 09
03
03 01
03 01 01
03 01 04*
03 01 05
03 01 99
03 02
03 02 01*
03 02 02*
03 02 03*
03 02 04*
03 02 05*
03 02 99
03 03
03 03 01
03 03 02
03 03 05
03 03 07
03 03 08
03 03 09
03 03 10
226
RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL
LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE
rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili
scarti di corteccia e sughero
segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti
sostanze pericolose
segatura, trucioli, residui di taglio, legno,
pannelli di truciolare e piallacci diversi da
quelli di cui alla voce 03 01 04
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti dei trattamenti conservativi del legno
prodotti per i trattamenti conservativi del
legno contenenti composti organici non alogenati
prodotti per i trattamenti conservativi del
legno contenenti composti organici clorurati
prodotti per i trattamenti conservativi del
legno contenenti composti organometallici
prodotti per i trattamenti conservativi del
legno contenenti composti inorganici
altri prodotti per i trattamenti conservativi del
legno contenenti sostanze pericolose
prodotti per i trattamenti conservativi del
legno non specificati altrimenti
rifiuti della produzione e della lavorazione di
polpa, carta e cartone
scarti di corteccia e legno
fanghi di recupero dei bagni di macerazione
(green liquor)
fanghi prodotti dai processi di disinchiostrazione nel riciclaggio della carta
scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone
scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati
fanghi di scarto contenenti carbonato di calcio
scarti di fibre e fanghi contenenti fibre, riempitivi e prodotti di rivestimento generati dai
processi di separazione meccanica
04 01 99
04 02
04 02 09
04 02 10
04 02 14*
04 02 15
04 02 16*
04 02 17
04 02 19*
04 02 20
04 02 21
04 02 22
04 02 99
05
05
05
05
05
05
05
01
01
01
01
01
01
02*
03*
04*
05*
06*
05 01 07*
05 01 08*
05 01 09*
05 01 10
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 03
03 10
rifiuti non specificati altrimenti
RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DI PELLI E
PELLICCE, NONCHÉ DELL'INDUSTRIA
TESSILE
rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce
carniccio e frammenti di calce
rifiuti di calcinazione
bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida
liquido di concia contenente cromo
liquido di concia non contenente cromo
fanghi, prodotti in particolare dal trattamento
in loco degli effluenti, contenenti cromo
fanghi, prodotti in particolare dal trattamento
in loco degli effluenti, non contenenti cromo
cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo
rifiuti delle operazioni di confezionamento e
finitura
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti dell'industria tessile
rifiuti da materiali compositi (fibre impregnate,
elastomeri, plastomeri)
materiale organico proveniente da prodotti
naturali (ad es. grasso, cera)
rifiuti provenienti da operazioni di finitura,
contenenti solventi organici
rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli
di cui alla voce 04 02 14
tinture e pigmenti, contenenti sostanze pericolose
tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla
voce 04 02 16
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 04
02 19
rifiuti da fibre tessili grezze
rifiuti da fibre tessili lavorate
rifiuti non specificati altrimenti
RIFIUTI DELLA RAFFINAZIONE DEL
PETROLIO, PURIFICAZIONE DEL GAS
NATURALE E TRATTAMENTO PIROLITICO DEL CARBONE
rifiuti della raffinazione del petrolio
fanghi da processi di dissalazione
morchie depositate sul fondo dei serbatoi
fanghi acidi prodotti da processi di alchilazione
perdite di olio
fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di
impianti e apparecchiature
catrami acidi
altri catrami
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 05
01 09
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
05 01 11*
05 01 12*
05 01 13
05 01 14
05 01 15*
05 01 16
05 01 17
05 01 99
05 06
05
05
05
05
05
06
06
06
06
07
01*
03*
04
99
05 07 01*
05 07 02
05 07 99
06
06 01
06
06
06
06
06
06
06
06
01
01
01
01
01
01
01
02
01*
02*
03*
04*
05*
06*
99
06
06
06
06
06
06
02
02
02
02
02
03
01*
03*
04*
05*
99
06 03 11*
06 03 13*
06 03 14
06 03 15*
06 03 16
06 03 99
06 04
06
06
06
06
06
04
04
04
04
05
03*
04*
05*
99
06 05 02*
06 05 03
rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti
tramite basi
acidi contenenti oli
fanghi residui dell'acqua di alimentazione
delle caldaie
rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento
filtri di argilla esauriti
rifiuti contenenti zolfo prodotti dalla desolforizzazione del petrolio
bitumi
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del
carbone
catrami acidi
altri catrami
rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dalla purificazione e dal trasporto di gas naturale
rifiuti contenenti mercurio
rifiuti contenenti zolfo
rifiuti non specificati altrimenti
06 06
RIFIUTI DEI PROCESSI CHIMICI INORGANICI
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di acidi
acido solforico ed acido solforoso
acido cloridrico
acido fluoridrico
acido fosforico e fosforoso
acido nitrico e acido nitroso
altri acidi
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di basi
idrossido di calcio
idrossido di ammonio
idrossido di sodio e di potassio
altre basi
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura
ed uso di sali, loro soluzioni e ossidi metallici
sali e loro soluzioni, contenenti cianuri
sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti
sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle
voci 06 03 11 e 06 03 13
ossidi metallici contenenti metalli pesanti
ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla
voce 06 03 15
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui
alla voce 06 03
rifiuti contenenti arsenico
rifiuti contenenti mercurio
rifiuti contenenti altri metalli pesanti
rifiuti non specificati altrimenti
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 06
05 02
06 09 02
06 09 03*
06 06 02*
06 06 03
06 06 99
06 07
06 07 01*
06
06
06
06
06
07
07
07
07
08
02*
03*
04*
99
06 08 02*
06 08 99
06 09
06 09 04
06 09 99
06 10
06 10 02*
06 10 99
06 11
06 11 01
06 11 99
06 13
06 13 01*
06
06
06
06
06
13
13
13
13
13
02*
03
04*
05*
99
07
07 01
07 01 01*
07 01 03*
07 01 04*
07 01 07*
07 01 08*
07 01 09*
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici contenenti zolfo,
dei processi chimici dello zolfo e dei processi di desolforazione
rifiuti contenenti solfuri pericolosi
rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli di cui
alla voce 06 06 02
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti alogeni e dei processi
chimici degli alogeni
rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti
amianto
carbone attivato dalla produzione di cloro
fanghi di solfati di bario, contenenti mercurio
soluzioni ed acidi, ad es. acido di contatto
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso del silicio e dei suoi derivati
rifiuti contenenti clorosilano
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fosforosi e dei processi
chimici del fosforo
scorie fosforose
rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio
contenenti o contaminati da sostanze pericolose
rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio,
diversi da quelli di cui alla voce 06 09 03
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici contenenti
azoto, dei processi chimici dell'azoto e della
produzione di fertilizzanti
rifiuti contenenti sostanze pericolose
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici
ed opacificanti
rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio
nella produzione di diossido di titanio
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti di processi chimici inorganici non specificati altrimenti
prodotti fitosanitari, agenti conservativi del
legno ed altri biocidi inorganici
carbone attivato esaurito (tranne 06 07 02)
nerofumo
rifiuti della lavorazione dell'amianto
fuliggine
rifiuti non specificati altrimenti
RIFIUTI DEI PROCESSI CHIMICI ORGANICI
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici organici di base
soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
altri solventi organici , soluzioni di lavaggio ed
acque madri
fondi e residui di reazione, alogenati
altri fondi e residui di reazione
residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alo-
227
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
genati
altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07
01 11
07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 02
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso (PFFU) di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali
07 02 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
07 02 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 02 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 02 07* fondi e residui di reazione, alogenati
07 02 08* altri fondi e residui di reazione
07 02 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 02 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 02 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07
02 11
07 02 13 rifiuti plastici
07 02 14* rifiuti prodotti da additivi, contenenti sostanze
pericolose
07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di
cui alla voce 07 02 14
07 02 16* rifiuti contenenti silicone pericoloso
07 02 17 rifiuti contenenti silicone diversi da quelli
menzionati alla voce 07 02 16
07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 03
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di coloranti e pigmenti organici
(tranne 06 11)
07 03 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
07 03 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 03 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 03 07* fondi e residui di reazione alogenati
07 03 08* altri fondi e residui di reazione
07 03 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 03 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 03 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07
03 11
07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 04
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fitosanitari (tranne 02 01
08 e 02 01 09), agenti conservativi del legno
(tranne 03 02) ed altri biocidi organici
07 04 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
07 04 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 04 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 01 10*
07 01 11*
228
07 04 07*
07 04 08*
07 04 09*
fondi e residui di reazione alogenati
altri fondi e residui di reazione
residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 04 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 04 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07
04 11
07 04 13* rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose
07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 05
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti farmaceutici
07 05 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
07 05 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 05 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 05 07* fondi e residui di reazione, alogenati
07 05 08* altri fondi e residui di reazione
07 05 09* esidui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 05 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 05 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11
07 05 13* rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose
07 05 14 rifiuti solidi, diversi da quelli di cui alla voce 07
05 13
07 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 06
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici
07 06 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
07 06 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 06 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 06 07* fondi e residui di reazione, alogenati
07 06 08* altri fondi e residui di reazione
07 06 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 06 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 06 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07
06 11
07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 07
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti della chimica fine e di
prodotti chimici non specificati altrimenti
07 07 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque
madri
07 07 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 07 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed
acque madri
07 07 07* fondi e residui di reazione, alogenati
07 07 08* altri fondi e residui di reazione
07 07 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
07 07 10*
07 07 11*
07 07 12
07 07 99
altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07
07 11
rifiuti non specificati altrimenti
08 03 18
08 03 19*
08 03 99
08 04
08 04 09*
08
RIFIUTI DELLA PRODUZIONE, FORMULAZIONE, FORNITURA ED USO DI RIVESTIMENTI (PITTURE, VERNICI E SMALTI
VETRATI), ADESIVI, SIGILLANTI E INCHIOSTRI PER STAMPA
08 01
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura
ed uso e della rimozione di pitture e vernici
08 01 11* pitture e vernici di scarto, contenenti solventi
organici o altre sostanze pericolose
08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di
cui alla voce 08 01 11
08 01 13* fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da
quelli di cui alla voce 08 01 13
08 01 15* fanghi acquosi contenenti pitture e vernici,
contenenti solventi organici o altre sostanze
pericolose
08 01 16 fanghi acquosi contenenti pitture e vernici,
diversi da quelli di cui alla voce 08 01 15
08 01 17* fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e
vernici, contenenti solventi organici o altre
sostanze pericolose
08 01 18 fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e
vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01
17
08 01 19* sospensioni acquose contenenti pitture e
vernici, contenenti solventi organici o altre
sostanze pericolose
08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e
vernici, diverse da quelle di cui alla voce 08
01 19
08 01 21* residui di vernici o di sverniciatori
08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 02
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di altri rivestimenti (inclusi materiali
ceramici)
08 02 01 polveri di scarto di rivestimenti
08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici
08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali
ceramici
08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 03
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di inchiostri per stampa
08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro
08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro
08 03 12* scarti di inchiostro, contenenti sostanze pericolose
08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla
voce 08 03 12
08 03 14* fanghi di inchiostro, contenenti sostanze
pericolose
08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla
voce 08 03 14
08 03 16* residui di soluzioni chimiche per incisione
08 03 17* toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose
08 04 10
08 04 11*
08 04 12
08 04 13*
08 04 14
08 04 15*
08 04 16
08
08
08
08
04 17*
04 99
05
05 01*
09
09 01
09 01 01*
09 01 02*
09 01 03*
09 01 04*
09 01 05*
09 01 06*
09 01 07
09 01 08
09 01 10
09 01 11*
09 01 12
09 01 13*
09 01 99
10
10 01
10 01 01
toner per stampa esauriti, diversi da quelli di
cui alla voce 08 03 17
oli dispersi
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti impermeabilizzanti)
adesivi e sigillanti di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
adesivi e sigillanti di scarto, diversi da quelli di
cui alla voce 08 04 09
fanghi di adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
fanghi di adesivi e sigillanti, diversi da quelli di
cui alla voce 08 04 11
fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti,
contenenti solventi organici o altre sostanze
pericolose
fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti,
diversi da quelli di cui alla voce 08 04 13
rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre
sostanze pericolose
rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15
olio di resina
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08
isocianati di scarto
RIFIUTI DELL'INDUSTRIA FOTOGRAFICA
rifiuti dell'industria fotografica
soluzioni di sviluppo e attivanti a base
acquosa
soluzioni di sviluppo per lastre offset a base
acquosa
soluzioni di sviluppo a base di solventi
soluzioni fissative
soluzioni di lavaggio e soluzioni di arresto-fissaggio
rifiuti contenenti argento prodotti dal trattamento in loco di rifiuti fotografici
carta e pellicole per fotografia, contenenti
argento o composti dell'argento
carta e pellicole per fotografia, non contenenti argento o composti dell'argento
macchine fotografiche monouso senza batterie
macchine fotografiche monouso contenenti
batterie incluse nelle voci 16 06 01, 16 06 02
o 16 06 03
macchine fotografiche monouso diverse da
quelle di cui alla voce 09 01 11
rifiuti liquidi acquosi prodotti dal recupero in
loco dell'argento, diversi da quelli di cui alla
voce 09 01 06
rifiuti non specificati altrimenti
RIFIUTI PRODOTTI DA PROCESSI TERMICI
rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri
impianti termici (tranne 19)
ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia
(tranne le polveri di caldaia di cui alla voce 10
229
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
10 01 02
10 01 03
10 01 04*
10 01 05
10 01 07
10 01 09*
10 01 13*
10 01 14*
10 01 15
10 01 16*
10 01 17
10 01 18*
10 01 19
10 01 20*
10 01 21
10 01 22*
10 01 23
10 01 24
10 01 25
10 01 26
10
10
10
10
10
01
02
02
02
02
99
01
02
07*
10 02 08
10 02 10
10 02 11*
10 02 12
10 02 13*
10 02 14
230
10 02 15
10 02 99
10 03
01 04)
ceneri leggere di carbone
ceneri leggere di torba e di legno non trattato
ceneri leggere di olio combustibile e polveri di
caldaia
rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi
rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base di
calcio nei processi di desolforazione dei fumi
acido solforico
ceneri leggere prodotte da idrocarburi emulsionati usati come carburante
ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, contenenti
sostanze pericolose
ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, diverse da quelli
di cui alla voce 10 01 14
ceneri leggere prodotte dal coincenerimento,
contenenti sostanze pericolose
ceneri leggere prodotte dal coincenerimento,
diverse da quelle di cui alla voce 10 01 16
rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi,
diversi da quelli di cui alle voci 10 01 05, 10
01 07 e 10 01 18
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10
01 20
fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, contenenti sostanze pericolose
fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 22
sabbie dei reattori a letto fluidizzato
rifiuti dell'immagazzinamento e della preparazione del combustibile delle centrali termoelettriche a carbone
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio
rifiuti del trattamento delle scorie
scorie non trattate
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 07
scaglie di laminazione
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 02 11
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla
voce 10 02 13
altri fanghi e residui di filtrazione
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della metallurgia termica dell'alluminio
10
10
10
10
10
10
03
03
03
03
03
03
02
04*
05
08*
09*
15*
10 03 16
10 03 17*
10 03 18
10 03 19*
10 03 20
10 03 21*
10 03 22
10 03 23*
10 03 24
10 03 25*
10 03 26
10 03 27*
10 03 28
10 03 29*
10 03 30
10
10
10
10
03 99
04
04 01*
04 02*
10
10
10
10
10
04
04
04
04
04
03*
04*
05*
06*
07*
10 04 09*
10 04 10
10 04 99
10 05
10 05 01
10 05 03*
frammenti di anodi
scorie della produzione primaria
rifiuti di allumina
scorie saline della produzione secondaria
scorie nere della produzione secondaria
schiumature infiammabili o che rilasciano, al
contatto con l'acqua, gas infiammabili in
quantità pericolose
schiumature diverse da quelle di cui alla voce
10 03 15
rifiuti contenenti catrame della produzione
degli anodi
rifiuti contenenti carbone della produzione
degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce
10 03 17
polveri dei gas di combustione, contenenti
sostanze pericolose
polveri dei gas di combustione, diverse da
quelle di cui alla voce 10 03 19
altre polveri e particolati (comprese quelle
prodotte da mulini a pale), contenenti sostanze pericolose
altre polveri e particolati (comprese quelle
prodotte da mulini a palle), diverse da quelle
di cui alla voce 10 03 21
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 23
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla
voce 10 03 25
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 03 27
rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline
e scorie nere, contenenti sostanze pericolose
rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline
e scorie nere, diversi da quelli di cui alla voce
10 03 29
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della metallurgia termica del piombo
scorie della produzione primaria e secondaria
impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria
arsenato di calcio
polveri dei gas di combustione
altre polveri e particolato
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 04 09
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della metallurgia termica dello zinco
scorie della produzione primaria e secondaria
polveri dei gas di combustione
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
10 05 04
10 05 05*
10 05 06*
10 05 08*
10 05 09
10 05 10*
10 05 11
10 05 99
10 06
10 06 01
10 06 02
10
10
10
10
06
06
06
06
03*
04
06*
07*
10 06 09*
10 06 10
10 06 99
10 07
10 07 01
10 07 02
10 07 03
10 07 04
10 07 05
10 07 07*
10 07 08
10 07 99
10 08
10 08 04
10 08 08*
10 08 09
10 08 10*
10 08 11
10 08 12*
10 08 13
10 08 14
10 08 15*
altre polveri e particolato
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 05 08
scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose
scorie e schiumature diverse da quelle di cui
alla voce 10 05 10
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della metallurgia termica del rame
scorie della produzione primaria e secondaria
impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria
polveri dei gas di combustione
altre polveri e particolato
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 06 09
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della metallurgia termica di argento, oro
e platino
scorie della produzione primaria e secondaria
impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
altre polveri e particolato
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 07 07
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della metallurgia termica di altri minerali
non ferrosi
polveri e particolato
scorie salate della produzione primaria e
secondaria
altre scorie
impurità e schiumature infiammabili o che
rilasciano, al contatto con l'acqua, gas
infiammabili in quantità pericolose
impurità e schiumature diverse da quelle di
cui alla voce 10 08 10
rifiuti contenenti catrame derivante dalla produzione degli anodi
rifiuti contenenti carbone della produzione
degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce
10 08 12
frammenti di anodi
polveri dei gas di combustione, contenenti
sostanze pericolose
10 08 16
10 08 17*
10 08 18
10 08 19*
10 08 20
10
10
10
10
08 99
09
09 03
09 05*
10 09 06
10 09 07*
10 09 08
10 09 09*
10 09 10
10 09 11*
10 09 12
10 09 13*
10 09 14
10 09 15*
10 09 16
10
10
10
10
09 99
10
10 03
10 05*
10 10 06
10 10 07*
10 10 08
10 10 09*
10 10 10
10 10 11*
10 10 12
10 10 13*
10 10 14
10 10 15*
10 10 16
10 10 99
polveri dei gas di combustione, diverse da
quelle di cui alla voce 10 08 15
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla
voce 10 08 17
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, contenenti oli
rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di
raffreddamento, diversi da quelli di cui alla
voce 10 08 19
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della fusione di materiali ferrosi
scorie di fusione
forme e anime da fonderia non utilizzate,
contenenti sostanze pericolose
forme e anime da fonderia non utilizzate,
diverse da quelle di cui alla voce 10 09 05
forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose
forme e anime da fonderia utilizzate, diverse
da quelle di cui alla voce 10 09 07
polveri dei gas di combustione contenenti
sostanze pericolose
polveri dei gas di combustione diverse da
quelle di cui alla voce 10 09 09
altri particolati contenenti sostanze pericolose
altri particolati diversi da quelli di cui alla voce
10 09 11
scarti di leganti per rifiuti contenenti sostanze
pericolose
scarti di leganti per rifiuti diversi da quelli di
cui alla voce 10 09 13
scarti di prodotti rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose
scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da
quelli di cui alla voce 10 09 15
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della fusione di materiali non ferrosi
scorie di fusione
forme e anime da fonderia non utilizzate,
contenenti sostanze pericolose
forme e anime da fonderia non utilizzate,
diverse da quelle di cui alla voce 10 10 05
forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose
forme e anime da fonderia utilizzate, diverse
da quelle di cui alla voce 10 10 07
polveri dei gas di combustione, contenenti
sostanze pericolose
polveri dei gas di combustione, diverse da
quelle di cui alla voce 10 10 09
altri particolati contenenti sostanze pericolose
altri particolati diversi da quelli di cui alla voce
10 10 11
scarti di leganti per rifiuti contenenti sostanze
pericolose
scarti di leganti per rifiuti diversi da quelli di
cui alla voce 10 10 13
scarti di prodotti rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose
scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da
quelli di cui alla voce 10 10 15
rifiuti non specificati altrimenti
231
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
10 11
10 11 03
10 11 05
10 11 09*
10 11 10
10 11 11*
10 11 12
10 11 13*
10 11 14
10 11 15*
10 11 16
10 11 17*
10 11 18
10 11 19*
10 11 20
10 11 99
10 12
10 12 01
10 12 03
10 12 05
10 12 06
10 12 08
10 12 09*
10 12 10
10 12 11*
10 12 12
10 12 13
10 12 99
10 13
10 13 01
10 13 04
10 13 06
232
rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro
scarti di materiali in fibra a base di vetro
polveri e particolato
scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico, contenenti sostanze pericolose
scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico, diverse da quelle di cui alla
voce 10 11 09
rifiuti di vetro in forma di particolato e polveri
di vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad es. da tubi a raggi catodici)
rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce
10 11 11
lucidature di vetro e fanghi di macinazione,
contenenti sostanze pericolose
lucidature di vetro e fanghi di macinazione,
diversi da quelli di cui alla voce 10 11 13
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 15
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla
voce 10 11 17
rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco
degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco
degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce
10 11 19
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione
scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico
polveri e particolato
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
stampi di scarto
scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e
materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico)
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
diversi da quelli di cui alla voce 10 12 09
rifiuti delle operazioni di smaltatura, contenenti metalli pesanti
rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da
quelli di cui alla voce 10 12 11
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e
gesso e manufatti di tali materiali
scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico
rifiuti di calcinazione e di idratazione della
calce
polveri e particolato (eccetto quelli delle voci
10 13 12 e 10 13 13)
10 13 07
10 13 09*
10 13 10
10 13 11
10 13 12*
10 13 13
10
10
10
10
11
13 14
13 99
14
14 01*
fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
rifiuti della fabbricazione di amianto cemento,
contenenti amianto
rifiuti della fabbricazione di amianto cemento,
diversi da quelli di cui alla voce 10 13 09
rifiuti della produzione di materiali compositi a
base di cemento, diversi da quelli di cui alle
voci 10 13 09 e 10 13 10
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
contenenti sostanze pericolose
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,
diversi da quelli di cui alla voce 10 13 12
rifiuti e fanghi di cemento
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dai forni crematori
rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi,
contenenti mercurio
RIFIUTI PRODOTTI DAL TRATTAMENTO
CHIMICO SUPERFICIALE E DAL RIVESTIMENTO DI METALLI ED ALTRI MATERIALI; IDROMETALLURGIA NON FERROSA
11 01
rifiuti prodotti dal trattamento e ricopertura di
metalli (ad esempio, processi galvanici, zincatura, decapaggio, pulitura elettrolitica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione)
11 01 05* acidi di decappaggio
11 01 06* acidi non specificati altrimenti
11 01 07* basi di decappaggio
11 01 08* fanghi di fosfatazione
11 01 09* fanghi e residui di filtrazione, contenenti
sostanze pericolose
11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da quelli
di cui alla voce 11 01 09
11 01 11* soluzioni acquose di lavaggio, contenenti
sostanze pericolose
11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da
quelle di cui alla voce 10 01 11
11 01 13* rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze
pericolose
11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla
voce 11 01 13
11 01 15* eluati e fanghi di sistemi a membrana e sistemi a scambio ionico, contenenti sostanze
pericolose
11 01 16* resine a scambio ionico saturate o esaurite
11 01 98* altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
11 02
rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di metalli non ferrosi
11 02 02* rifiuti della lavorazione idrometallurgica dello
zinco (compresi jarosite, goethite)
11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi
elettrolitici acquosi
11 02 05* rifiuti della lavorazione idrometallurgica del
rame, contenenti sostanze pericolose
11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del
rame, diversi da quelli della voce 11 02 05
11 02 07* altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
11 03
rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di
rinvenimento
11 03 01* rifiuti contenenti cianuro
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
11 03 02*
11 05
11
11
11
11
11
05
05
05
05
05
01
02
03*
04*
99
12
12 01
12
12
12
12
12
12
01
01
01
01
01
01
01
02
03
04
05
06*
12 01 07*
12 01 08*
12 01 09*
12
12
12
12
01
01
01
01
10*
12*
13
14*
12 01 15
12 01 16*
12 01 17
12 01 18*
12 01 19*
12 01 20*
12 01 21
12 01 99
12 03
12 03 01*
12 03 02*
13
13
13
13
13
01
01 01*
01 04*
01 05*
altri rifiuti
rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione
a caldo
zinco solido
ceneri di zinco
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
fondente esaurito
rifiuti non specificati altrimenti
RIFIUTI PRODOTTI DALLA LAVORAZIONE E DAL TRATTAMENTO FISICO E MECCANICO SUPERFICIALE DI METALLI E
PLASTICA
rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di
metalli e plastiche
limatura e trucioli di materiali ferrosi
polveri e particolato di materiali ferrosi
limatura e trucioli di materiali non ferrosi
polveri e particolato di materiali non ferrosi
limatura e trucioli di materiali plastici
oli minerali per macchinari, contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni)
oli minerali per macchinari, non contenenti
alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni)
emulsioni e soluzioni per macchinari, contenenti alogeni
emulsioni e soluzioni per macchinari, non
contenenti alogeni
oli sintetici per macchinari
cere e grassi esauriti
rifiuti di saldatura
fanghi di lavorazione, contenenti sostanze
pericolose
fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui
alla voce 12 01 14
materiale abrasivo di scarto, contenente
sostanze pericolose
materiale abrasivo di scarto, diverso da quello di cui alla voce 12 01 16
fanghi metallici (fanghi di rettifica, affilatura e
lappatura) contenenti olio
oli per macchinari, facilmente biodegradabili
corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti,
contenenti sostanze pericolose
corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti,
diversi da quelli di cui alla voce 12 01 20
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad
acqua e vapore (tranne 11)
soluzioni acquose di lavaggio
rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a
vapore
OLI ESAURITI E RESIDUI DI COMBUSTIBILI LIQUIDI (tranne oli commestibili ed
oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19)
scarti di oli per circuiti idraulici
oli per circuiti idraulici contenenti PCB (1)
emulsioni clorurate
emulsioni non clorurate
(1) La definizione di PCB adottata nel presente elenco di
rifiuti è quella contenuta nella direttiva 96/59/CE.
13
13
13
13
01
01
01
01
09*
10*
11*
12*
oli minerali per circuiti idraulici, clorurati
oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati
oli sintetici per circuiti idraulici
oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili
13 01 13* altri oli per circuiti idraulici
13 02
scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli
lubrificanti
13 02 04* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi
e lubrificazione, clorurati
13 02 05* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi
e lubrificazione, non clorurati
13 02 06* scarti di olio sintetico per motori, ingranaggi e
lubrificazione
13 02 07* olio per motori, ingranaggi e lubrificazione,
facilmente biodegradabile
13 02 08* altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione
13 03
oli isolanti e termoconduttori di scarto
13 03 01* oli isolanti e termoconduttori, contenenti PCB
13 03 06* oli minerali isolanti e termoconduttori clorurati, diversi da quelli di cui alla voce 13 03 01
13 03 07* oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati
13 03 08* oli sintetici isolanti e termoconduttori
13 03 09* oli isolanti e termoconduttori, facilmente biodegradabili
13 03 10* altri oli isolanti e termoconduttori
13 04
oli di sentina
13 04 01* oli di sentina della navigazione interna
13 04 02* oli di sentina delle fognature dei moli
13 04 03* altri oli di sentina della navigazione
13 05
prodotti di separazione olio/acqua
13 05 01* rifiuti solidi delle camere a sabbia e di prodotti
di separazione olio/acqua
13 05 02* fanghi di prodotti di separazione olio/acqua
13 05 03* fanghi da collettori
13 05 06* oli prodotti dalla separazione olio/acqua
13 05 07* acque oleose prodotte dalla separazione
olio/acqua
13 05 08* miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei
prodotti di separazione olio/acqua
13 07
rifiuti di carburanti liquidi
13 07 01* olio combustibile e carburante diesel
13 07 02* petrolio
13 07 03* altri carburanti (comprese le miscele)
13 08
rifiuti di oli non specificati altrimenti
13 08 01* fanghi ed emulsioni prodotti dai processi di
dissalazione
13 08 02* altre emulsioni
13 08 99* rifiuti non specificati altrimenti
14
14 06 05*
SOLVENTI ORGANICI, REFRIGERANTI E
PROPELLENTI DI SCARTO (tranne 07 e
08)
solventi organici, refrigeranti e propellenti di
schiuma/aerosol di scarto
clorofluorocarburi, HCFC, HFC
altri solventi e miscele di solventi, alogenati
altri solventi e miscele di solventi
fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati
fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri solventi
15
RIFIUTI DI IMBALLAGGIO, ASSORBENTI,
14 06
14
14
14
14
06
06
06
06
01*
02*
03*
04*
233
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
STRACCI, MATERIALI FILTRANTI E INDUMENTI PROTETTIVI (NON SPECIFICATI
ALTRIMENTI)
15 01
imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di raccolta differenziata)
15 01 01 imballaggi in carta e cartone
15 01 02 imballaggi in plastica
15 01 03 imballaggi in legno
15 01 04 imballaggi metallici
15 01 05 imballaggi in materiali compositi
15 01 06 imballaggi in materiali misti
15 01 07 imballaggi in vetro
15 01 09 imballaggi in materia tessile
15 01 10* imballaggi contenenti residui di sostanze
pericolose o contaminati da tali sostanze
15 01 11* imballaggi metallici contenenti matrici solide
porose pericolose (ad esempio amianto),
compresi i contenitori a pressione vuoti
15 02
assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi
15 02 02* assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze
pericolose
15 02 03 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla
voce 15 02 02
16
16 01
16 01 03
16 01 04*
16 01 06
16
16
16
16
16
16
01
01
01
01
01
01
07*
08*
09*
10*
11*
12
16 01 13*
16 01 14*
16 01 15
16
16
16
16
16
16
01
01
01
01
01
01
16
17
18
19
20
21*
16 01 22
16 01 99
16 02
234
16 02 09*
16 02 10*
RIFIUTI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI
NELL'ELENCO
veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di
trasporto (comprese le macchine mobili non
stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione di
veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08)
pneumatici fuori uso
veicoli fuori uso
veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né
altre componenti pericolose
filtri dell'olio
componenti contenenti mercurio
componenti contenenti PCB
componenti esplosivi (ad esempio "air bag")
pastiglie per freni, contenenti amianto
pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla
voce 16 01 11
liquidi per freni
liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose
liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce
16 01 14
serbatoi per gas liquido
metalli ferrosi
metalli non ferrosi
plastica
vetro
componenti pericolosi diversi da quelli di cui
alle voci da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e
16 01 14
componenti non specificati altrimenti
rifiuti non specificati altrimenti
scarti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
trasformatori e condensatori contenenti PCB
apparecchiature fuori uso contenenti PCB o
16 02 11*
16 02 12*
16 02 13*
16 02 14
16 02 15*
16 02 16
16 03
16 03 03*
16 03 04
16 03 05*
16 03 06
16
16
16
16
16
04
04 01*
04 02*
04 03*
05
16 05 04*
16 05 05
16 05 06*
16 05 07*
16 05 08*
16 05 09
16
16
16
16
16
16
16
06
06
06
06
06
06
06
01*
02*
03*
04
05
06*
16 07
16 07 08*
16 07 09*
16 07 99
da essi contaminate, diverse da quelle di cui
alla voce 16 02 09
apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi, HCFC, HFC
apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre libere
apparecchiature fuori uso, contenenti componenti pericolosi (2) diversi da quelli di cui alle
voci 16 02 09 e 16 02 12
apparecchiature fuori uso, diverse da quelle
di cui alle voci da 16 02 09 a 16 02 13
componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso
componenti rimossi da apparecchiature fuori
uso, diversi da quelli di cui alla voce 16 02 15
prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati
rifiuti inorganici, contenenti sostanze pericolose
rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla
voce 16 03 03
rifiuti organici, contenenti sostanze pericolose
rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce
16 03 05
esplosivi di scarto
munizioni di scarto
fuochi artificiali di scarto
altri esplosivi di scarto
gas in contenitori a pressione e prodotti chimici di scarto
gas in contenitori a pressione (compresi gli
halon), contenenti sostanze pericolose
gas in contenitori a pressione, diversi da
quelli di cui alla voce 16 05 04
sostanze chimiche di laboratorio contenenti
o costituite da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di laboratorio
sostanze chimiche inorganiche di scarto
contenenti o costituite da sostanze pericolose
sostanze chimiche organiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose
sostanze chimiche di scarto diverse da quelle di cui alle voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05
08
batterie ed accumulatori
batterie al piombo
batterie al nichel-cadmio
batterie contenenti mercurio
batterie alcaline (tranne 16 06 03)
altre batterie ed accumulatori
elettroliti di batterie ed accumulatori, oggetto
di raccolta differenziata
rifiuti della pulizia di serbatoi per trasporto e
stoccaggio e di fusti (tranne 05 e 13)
rifiuti contenenti olio
rifiuti contenenti altre sostanze pericolose
rifiuti non specificati altrimenti
(2) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche gli accumulatori
e le batterie di cui alle voci 16 06 contrassegnati
come pericolosi, i commutatori a mercurio, i vetri di
tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
16 08
16 08 01
catalizzatori esauriti
catalizzatori esauriti contenenti oro, argento,
renio, rodio, palladio, iridio o platino (tranne
16 08 07)
16 08 02* catalizzatori esauriti contenenti metalli di
transizione (3) pericolosi o composti di metalli
di transizione pericolosi
16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di
transizione o composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti
16 08 04 catalizzatori esauriti da cracking catalitico
fluido (tranne 16 08 07)
16 08 05* catalizzatori esauriti contenenti acido fosforico
16 08 06* liquidi esauriti usati come catalizzatori
16 08 07* catalizzatori esauriti contaminati da sostanze
pericolose
16 09
sostanze ossidanti
16 09 01* permanganati, ad esempio permanganato di
potassio
16 09 02* cromati, ad esempio cromato di potassio,
dicromato di potassio o di sodio
16 09 03* perossidi, ad esempio perossido d'idrogeno
16 09 04* sostanze ossidanti non specificate altrimenti
16 10
rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito
16 10 01* soluzioni acquose di scarto, contenenti
sostanze pericolose
16 10 02 soluzioni acquose di scarto, diverse da quelle di cui alla voce 16 10 01
16 10 03* concentrati acquosi, contenenti sostanze
pericolose
16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui
alla voce 16 10 03
16 11
scarti di rivestimenti e materiali refrattari
16 11 01* rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose
16 11 02 rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 01
16 11 03* altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose
16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi
da quelli di cui alla voce 16 11 03
16 11 05* rivestimenti e materiali refrattari provenienti
da lavorazioni non metallurgiche, contenenti
sostanze pericolose
16 11 06 rivestimenti e materiali refrattari provenienti
da lavorazioni non metallurgiche, diversi da
quelli di cui alla voce 16 11 05
17
17
17
17
17
01
01
01
01
01
01
02
03
06*
17 01 07
17
17
17
17
17
02
02
02
02
02
01
02
03
04*
17 03
17 03 01*
17 03 02
17 03 03*
17
17
17
17
17
17
17
17
17
04
04
04
04
04
04
04
04
04
01
02
03
04
05
06
07
09*
17 04 10*
17 04 11
17 05
17 05 03*
17 05 04
17 05 05*
17 05 06
17 05 07*
17 05 08
17 06
17
RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (COMPRESO IL
(3) Ai fini della presente voce sono considerati metalli di
transizione: scandio, vanadio, manganese, cobalto,
rame, ittrio, niobio, afnio, tungsteno, titanio, cromo,
ferro, nichel, zinco, zirconio, molibdeno, tantalio. Tali
metalli o i loro composti sono considerati pericolosi
se classificati come sostanze pericolose. La classificazione delle sostanze pericolose determina quali
metalli di transizione e quali composti di metalli di
transizione sono da considerare pericolosi.
17 06 01*
17 06 03*
17 06 04
17 06 05*
TERRENO PROVENIENTE DA SITI CONTAMINATI)
cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche
cemento
mattoni
mattonelle e ceramiche
miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, contenenti sostanze
pericolose
miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui
alla voce 17 01 06
legno, vetro e plastica
legno
vetro
plastica
vetro, plastica e legno contenenti sostanze
pericolose o da esse contaminati
miscele bituminose, catrame di carbone e
prodotti contenenti catrame
miscele bituminose contenenti catrame di
carbone
miscele bituminose diverse da quelle di cui
alla voce 17 03 01
catrame di carbone e prodotti contenenti
catrame
metalli (incluse le loro leghe)
rame, bronzo, ottone
alluminio
piombo
zinco
ferro e acciaio
stagno
metalli misti
rifiuti metallici contaminati da sostanze pericolose
cavi, impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose
cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10
terra (compreso il terreno proveniente da siti
contaminati), rocce e fanghi di dragaggio
terra e rocce, contenenti sostanze pericolose
terra e rocce, diverse da quelle di cui alla
voce 17 05 03
fanghi di dragaggio, contenente sostanze
pericolose
fanghi di dragaggio, diversa da quella di cui
alla voce 17 05 05
pietrisco per massicciate ferroviarie, contenente sostanze pericolose
pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso
da quello di cui alla voce 17 05 07
materiali isolanti e materiali da costruzione
contenenti amianto
materiali isolanti contenenti amianto
altri materiali isolanti contenenti o costituiti da
sostanze pericolose
materiali isolanti diversi da quelli di cui alle
voci 17 06 01 e 17 06 03
materiali da costruzione contenenti amianto (4)
(4) Per quanto riguarda il deposito dei rifiuti in discarica,
la classificazione di tale rifiuto come "pericoloso" è
posticipata fino all'adozione delle norme regolamentari di recepimento della direttiva 99/31/CE sulle
discariche, e comunque non oltre il 16 luglio 2002.
235
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
17 08
17 08 01*
17 08 02
17 09
17 09 01*
17 09 02*
17 09 03*
17 09 04
materiali da costruzione a base di gesso
materiali da costruzione a base di gesso contaminati da sostanze pericolose
materiali da costruzione a base di gesso
diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01
altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione
rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti mercurio
rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti PCB (ad esempio sigillanti
contenenti PCB, pavimentazioni a base di
resina contenenti PCB, elementi stagni in
vetro contenenti PCB, condensatori contenenti PCB)
altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione (compresi rifiuti misti) contenenti
sostanze pericolose
rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09
01, 17 09 02 e 17 09 03
18 02 08
medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18
02 07
19
RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI
TRATTAMENTO DEI RIFIUTI, IMPIANTI DI
TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE
FUORI SITO, NONCHÉ DALLA POTABILIZZAZIONE DELL'ACQUA E DALLA SUA
PREPARAZIONE PER USO INDUSTRIALE
rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti
materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti
residui di filtrazione prodotti dal trattamento
dei fumi
rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento
dei fumi e di altri rifiuti liquidi acquosi
rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
carbone attivo esaurito, impiegato per il trattamento dei fumi
ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze
pericolose
ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di
cui alla voce 19 01 11
ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose
ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla
voce 19 01 13
ceneri di caldaia, contenenti sostanze pericolose
polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla
voce 19 01 15
rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pericolose
rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla
voce 19 01 17
sabbie dei reattori a letto fluidizzato
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti da specifici trattamenti chimico-fisici di rifiuti industriali (comprese decromatazione, decianizzazione, neutralizzazione)
miscugli di rifiuti composti esclusivamente da
rifiuti non pericolosi
miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto
pericoloso
fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici,
contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici,
diversi da quelli di cui alla voce 19 02 05
oli e concentrati prodotti da processi di separazione
rifiuti combustibili liquidi, contenenti sostanze
pericolose
rifiuti combustibili solidi, contenenti sostanze
pericolose
rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle
voci 19 02 08 e 19 02 09
altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti stabilizzati/solidificati (5)
19 01
19 01 02
19 01 05*
19 01 06*
19 01 07*
19 01 10*
19 01 11*
19 01 12
18
236
RIFIUTI PRODOTTI DAL SETTORE SANITARIO E VETERINARIO O DA ATTIVITÀ DI
RICERCA COLLEGATE (tranne i rifiuti di
cucina e di ristorazione non direttamente
provenienti da trattamento terapeutico)
18 01
rifiuti dei reparti di maternità e rifiuti legati a
diagnosi, trattamento e prevenzione delle
malattie negli esseri umani
18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03)
18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche
per il plasma e le riserve di sangue (tranne 18
01 03)
18 01 03* rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti
applicando precauzioni particolari per evitare
infezioni
18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici)
18 01 06* sostanze chimiche pericolose o contenenti
sostanze pericolose
18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui
alla voce 18 01 06
18 01 08* medicinali citotossici e citostatici
18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18
01 08
18 01 10* rifiuti di amalgama prodotti da interventi
odontoiatrici
18 02
rifiuti legati alle attività di ricerca e diagnosi,
trattamento e prevenzione delle malattie negli
animali
18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02)
18 02 02* rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti
applicando precauzioni particolari per evitare
infezioni
18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni
18 02 05* sostanze chimiche pericolose o contenenti
sostanze pericolose
18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui
alla voce 18 02 05
18 02 07* medicinali citotossici e citostatici
19 01 13*
19 01 14
19 01 15*
19 01 16
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19 01 18
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19 02 99
19 03
(5) I processi di stabilizzazione modificano la pericolosità
delle sostanze contenute nei rifiuti e trasformano i
rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi. I processi di
solidificazione influiscono esclusivamente sullo stato
fisico dei rifiuti (dallo stato liquido a quello solido, ad
esempio) per mezzo di appositi additivi senza modificare le proprietà chimiche dei rifiuti stessi.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
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19 08 12
rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente (6) stabilizzati
rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla
voce 19 03 04
rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati
rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla
voce 19 03 06
rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione
rifiuti vetrificati
ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento
dei fumi
fase solida non vetrificata
rifiuti liquidi acquosi prodotti dalla tempra di
rifiuti vetrificati
rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di
rifiuti solidi
parte di rifiuti urbani e simili non compostata
parte di rifiuti animali e vegetali non compostata
compost fuori specifica
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei
rifiuti
liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di
rifiuti urbani
digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani
liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di
rifiuti di origine animale o vegetale
digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale
rifiuti non specificati altrimenti
percolato di discarica
percolato di discarica, contenente sostanze
pericolose
percolato di discarica, diverso da quello di
cui alla voce 19 07 02
rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento
delle acque reflue, non specificati altrimenti
vaglio
rifiuti dell'eliminazione della sabbia
fanghi prodotti dal trattamento delle acque
reflue urbane
resine a scambio ionico saturate o esaurite
soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico
rifiuti prodotti da sistemi a membrana, contenenti sostanze pericolose
miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, contenenti esclusivamente
oli e grassi commestibili
miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla
voce 19 08 09
fanghi prodotti dal trattamento biologico delle
acque reflue industriali, contenenti sostanze
pericolose
fanghi prodotti dal trattamento biologico delle
(6) Un rifiuto è considerato parzialmente stabilizzato se le
sue componenti pericolose, che non sono state completamente trasformate in sostanze non pericolose
grazie al processo di stabilizzazione, possono essere
disperse nell'ambiente nel breve, medio o lungo
periodo.
19 08 13*
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19 12 10
19 12 11*
acque reflue industriali, diversi da quelli di cui
alla voce 19 08 11
fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti delle acque reflue
industriali
fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque
reflue industriali, diversi da quelli di cui alla
voce 19 08 13
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell'acqua o dalla sua preparazione per uso industriale
rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione
e vaglio primari
fanghi prodotti dai processi di chiarificazione
dell'acqua
fanghi prodotti dai processi di decarbonatazione
carbone attivo esaurito
resine a scambio ionico saturate o esaurite
soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti da operazioni di frantumazione
di rifiuti contenenti metallo
rifiuti di ferro e acciaio
rifiuti di metalli non ferrosi
fluff - frazione leggera e polveri, contenenti
sostanze pericolose
fluff - frazione leggera e polveri, diversi da
quelli di cui alla voce 19 10 03
altre frazioni, contenenti sostanze pericolose
altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce
19 10 05
rifiuti prodotti dalla rigenerazione dell'olio
filtri di argilla esauriti
catrami acidi
rifiuti liquidi acquosi
rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti
tramite basi
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli
effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 19
11 05
rifiuti prodotti dalla purificazione dei fumi
rifiuti non specificati altrimenti
rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei
rifiuti (ad esempio selezione, triturazione,
compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti
carta e cartone
metalli ferrosi
metalli non ferrosi
plastica e gomma
vetro
legno contenente sostanze pericolose
legno diverso da quello di cui alla voce 19 12
06
prodotti tessili
minerali (ad esempio sabbia, rocce)
rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti)
altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti
dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose
237
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
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20 01 30
20 01 31*
20 01 32
238
20 01 33*
altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti
dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi
da quelli di cui alla voce 19 12 11
rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di
terreni e risanamento delle acque di falda
rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose
rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce
19 13 01
fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei
terreni, contenenti sostanze pericolose
fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei
terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13
03
fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze
pericolose
fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui
alla voce 19 13 05
rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi
prodotti dalle operazioni di risanamento delle
acque di falda, contenenti sostanze pericolose
rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi
prodotti dalle operazioni di risanamento delle
acque di falda, diversi da quelli di cui alla
voce 19 13 07
RIFIUTI URBANI (RIFIUTI DOMESTICI E
ASSIMILABILI PRODOTTI DA ATTIVITÀ
COMMERCIALI E INDUSTRIALI NONCHÉ
DALLE ISTITUZIONI) INCLUSI I RIFIUTI
DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01)
carta e cartone
vetro
rifiuti biodegradabili di cucine e mense
abbigliamento
prodotti tessili
solventi
acidi
sostanze alcaline
prodotti fotochimici
pesticidi
tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio
apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi
oli e grassi commestibili
oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20
01 25
vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti
sostanze pericolose
vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da
quelli di cui alla voce 20 01 27
detergenti contenenti sostanze pericolose
detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20
01 29
medicinali citotossici e citostatici
medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20
01 31
batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06
01, 16 06 02 e 16 06 03 nonché batterie e
accumulatori non suddivisi contenenti tali
batterie
20 01 34 batterie e accumulatori diversi da quelli di cui
alla voce 20 01 33
20 01 35* apparecchiature elettriche ed elettroniche
fuori uso, diverse da quelle di cui alla voce 20
01 21 e 20 01 23, contenenti componenti
pericolosi (7)
20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche
fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci 20
01 21, 20 01 23 e 20 01 35
20 01 37* legno, contenente sostanze pericolose
20 01 38 legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01
37
20 01 39 plastica
20 01 40 metallo
20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e ciminiere
20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti
20 02
rifiuti prodotti da giardini e parchi (inclusi i
rifiuti provenienti da cimiteri)
20 02 01 rifiuti biodegradabili
20 02 02 terra e roccia
20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili
20 03
altri rifiuti urbani
20 03 01 rifiuti urbani non differenziati
20 03 02 rifiuti dei mercati
20 03 03 residui della pulizia stradale
20 03 04 fanghi delle fosse settiche
20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature
20 03 07 rifiuti ingombranti
20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti
ALLEGATO B
Schema di trasposizione dai codici CER
di cui agli allegati del decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22, ai codici dell’elenco
dei rifiuti di cui alla decisione 2000/532/CE
come modificata dalle decisioni 2001/118/CE,
2001/119/CE e 2001/573/CE
(omissis)
ALLEGATO C
Schema di trasposizione dei codici CER
nei codici dell’Elenco dei Rifiuti
(Dec. 2000/532/CE e successive modifiche
ed integrazioni)
(omissis)
(7) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche gli accumulatori
e le batterie di cui alle voci 16 06 contrassegnati
come pericolosi, i commutatori a mercurio, i vetri di
tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
ALLEGATO D
"ALLEGATO I (articolo 2, comma 1, lettera a) - TIPOLOGIE DI RIFIUTI SANITARI E LORO CLASSIFICAZIONE
(elenco esemplificativo)
COMPOSIZIONE
TIPO RIFIUTO
1. Rifiuti a rischio infettivo
di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera d C.E.R. 180103 o
180202
Assorbenti igienici, pannolini pediatrici e pannoloni
Pericolosi a rischio
Bastoncini cotonati per colposcopia e paptest
infettivo
Bastoncini oculati non sterili
Bastoncini oftalmici di TNT
Cannule e drenaggi
Cateteri (vescicali,venosi, arteriosi per drenaggi pleurici,
ecc.) raccordi, sonde
Circuiti per circolazione extracorporea
Cuvette monouso per prelievo bioptico endometriale
Deflussori
Fleboclisi contaminate
Filtri di dialisi. Filtri esausti provenienti da cappe
(in assenza di rischio chimico)
Guanti monouso
Materiale monouso: vials, pipette, provette, indumenti
protettivi mascherine, occhiali, telini, lenzuola, calzari,
seridrape, soprascarpe, camici
Materiale per medicazione (garze, tamponi, bende,
cerotti, lunghette, maglie tubolari)
Sacche (per trasfusioni, urina stomia, nutrizione
parenterale)
Set di infusione
Sonde rettali e gastriche
Sondini (nasografici per broncoaspirazione, per
ossigenoterapia, ecc.)
Spazzole, cateteri per prelievo citologico
Speculum auricolare monouso
Speculum vaginale
Suturatrici automatiche monouso
Gessi o bendaggi
Denti e piccole parti anatomiche non riconoscibili
Lettiere per animali da esperimento
Contenitori vuoti
Contenitori vuoti di vaccini ad antigene vivo
Rifiuti di gabinetti dentistici
Rifiuti di ristorazione
Spazzatura
REGIME GIURIDICO
1.bis Rifiuti provenienti dallo
svolgimento di attività di
ricerca e di diagnostica
batteriologica C.E.R. 180103
o 180202
Piastre, terreni di colture ed altri presidi utilizzati in
microbiologia e contaminati da agenti patogeni
Pericolosi a rischio
infettivo
2. Rifiuti taglienti C.E.R
180103 o 180202
Aghi, siringhe, lame, vetri, lancette pungidito, venflon,
testine, rasoi e bisturi monouso
Pericolosi a rischio
infettivo
2.bis Rifiuti taglienti inutilizzati
C.E.R. 180101 o 180201
Aghi, siringhe, lame, rasoi
Speciali
3. Rifiuti anatomici C.E.R.
180103 o 180202
Tessuti, organi e parti anatomiche non riconoscibili
Animali da es perimento
Pericolosi a rischio
infettivo
4. Contenitori vuoti in base
al materiale costitutivo
dell'imballaggio va assegnato
un codice C.E.R. della
categoria
1501: 150101 - 150102 150103 - 150104 - 150105 150106 - 150107 - 150109
Contenitori vuoti di farmaci, di farmaci veterinari, dei
prodotti ad azione disinfettante, di medicinali veterinari
prefabbricati, di premiscele per alimenti medicamentosi,
di vaccini ad antigene spento, di alimenti e di bevande,
di soluzioni per infusione
Assimilali agli urbani
se conformi alle caratteristiche
di cui all'articolo 5 del
presente Regolamento
239
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.M. 09/04/2002
5. Rifiuti farmaceutici, C.E.R.
180109 0 180208
Farmaci scaduti o di scarto, esclusi i medicinali
citotossici e citostatici
Speciali
6. Sostanze chimiche di scarto
C.E.R. 180107 o 180206
Sostanze chimiche di scarto, dal settore sanitario e
veterinario o da attività di ricerca collegate, non
pericolose o non contenenti sostanze pericolosa ai
sensi dell'articolo 1 della Decisione Europea
2001/118/CE
Speciali
ALLEGATO E
ALLEGATO II (articolo 2, comma 1, lettera a) - RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI NON A RISCHIO INFETTIVO
(elenco esemplificativo)
240
DENOMINAZIONE
C.E.R.
Medicinali citotossici e citostatici dal settore sanitario o
da attività di ricerca collegate
180108
Medicinali citotossici e citostatici dal settore veterinario o
da attività di ricerca collegate
180207
Sostanze chimiche di scarto, dal settore sanitario o da
attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti
sostanze pericolose ai sensi dell'articolo 1 della
Decisione Europea 2001/118/CE
180106
Sostanze chimiche di scarto, dal settore veterinario o da
attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti
sostanze pericolose ai sensi dell'articolo 1 della
Decisione Europea 2001/118/CE
180205
Rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici
180110
Oli per circuiti idraulici contenenti PCB
130101
Oli minerali per circuiti idraulici clorurati
130109
Oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati
130110
Oli sintetici per circuiti idraulici
130111
Oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili
130112
Altri oli per circuiti idraulici
130113
Soluzioni fissative
090104
Soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa
090101
Materiali Isolanti contenenti amianto
170601
Lampade fluorescenti
200121
Batterie al piombo
160601
Batterie al nichel-cadmio
160602
Batterie contenenti mercurio
160603
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
12 aprile 2002
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Costituzione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione
dei grandi rischi
(G.U. n. 91 del 18 aprile 2002)
IL MINISTRO DELL'INTERNO
Delegato per il coordinamento della protezione civile
Vista la legge 24 febbraio 1992, n. 225,
recante "Istituzione del Servizio nazionale della
protezione civile";
Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n.
343, convertito, con modificazioni, dalla legge
9 novembre 2001, n. 401, recante "Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento
operativo delle strutture preposte alle attività
di protezione civile";
predette disposizioni, allo scopo di consentire il
concorso della comunità scientifica alla corretta ed efficace impostazione delle diverse problematiche concernenti la protezione civile;
DECRETA:
Art. 1
Costituzione
Viste, in particolare, le disposizioni di cui
all'art. 5, commi 3, 3-bis e 3-quater della predetta legge n. 401/2001, concernenti la Commissione nazionale dei grandi rischi, per la cui
costituzione, organizzazione e funzionamento
si rinvia ad apposito decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri ovvero del Ministro
dell'interno da lui delegato;
1. È costituita la Commissione nazionale per
la previsione e la prevenzione dei grandi rischi
di seguito denominata Commissione, che
opera presso il Dipartimento della protezione
civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri quale organo consultivo tecnico-scientifico e propositivo del Dipartimento stesso in
materia di previsione e prevenzione delle varie
ipotesi di rischio.
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
303, e successive modificazioni recante ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, a norma dell'art. 11 della legge 15
marzo 1997, n. 59;
Art. 2
Composizione
Vista la legge 28 dicembre 2001, n. 448,
contenente disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002) ed in particolare l'art. 18,
concernente il riordino degli organismi collegiali e ritenuto che la Commissione in questione rivesta il richiesto carattere tecnico e ad
elevata specializzazione indispensabile per la
realizzazione degli obiettivi istituzionali;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 21 settembre 2001, che
delega le funzioni di coordinamento della protezione civile al Ministro dell'interno;
Ravvisata la necessità di dare attuazione alle
1. La Commissione è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dal
Ministro dell'interno da lui delegato ovvero, in
mancanza, da un delegato del Presidente del
Consiglio dei Ministri ed è composta dal capo
del Dipartimento della protezione civile, con
funzioni di vice presidente, che sostituisce il
presidente in caso di assenza o impedimento,
da un esperto in problemi di protezione civile,
da un esperto per ciascuno dei settori di
rischio di cui all'art. 3, da due esperti designati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente
e per i servizi tecnici, da due esperti designati
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano e da un rappresentante del
241
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.P.C.M. 12/04/2002
Comitato nazionale di volontariato di protezione civile.
2. Alla nomina dei componenti la Commissione si provvede con decreto del Ministro
dell'interno delegato per la protezione civile.
Con il medesimo decreto sono nominati i
componenti delle sezioni di cui all'art. 3.
Art. 3
Sezioni
1. La Commissione si articola nelle seguenti sezioni:
Sezione I - Rischio sismico;
Sezione II - Rischio vulcanico;
Sezione III - Rischio idrogeologico;
Sezione IV - Rischio industriale, nucleare e
chimico;
Sezione V - Rischio trasporti, attività civili e
infrastrutture;
Sezione VI - Rischio incendi boschivi;
Sezione VII - Rischio ambientale e sanitario;
Sezione VIII -Difesa dei beni culturali dai rischi
naturali e di origine antropica.
2. Le sezioni trattano problemi relativi agli
specifici rischi di rispettiva competenza e formulano pareri e proposte alla Commissione e
al Dipartimento della protezione civile.
3. Ciascuna sezione è composta da un presidente e da nove esperti.
4. Nel caso di assenza o impedimento del
presidente le relative funzioni sono svolte da
uno dei componenti la sezione, individuato
dalla sezione medesima all'inizio di ogni anno.
5. Il coordinamento delle attività delle sezioni e assicurato dall'ufficio di presidenza della
Commissione, costituito dal presidente e dal
vice presidente della Commissione nonché
dall'esperto in problemi di protezione civile e
dall'esperto designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e Bolzano nominati componenti della Commissione stessa.
Art. 4
Modalità organizzative
e di funzionamento
242
1. Salvo i casi di urgenza o emergenza, le
convocazioni della Commissione e delle sezioni sono disposte dai rispettivi presidenti
con preavviso di almeno dieci giorni e con
indicazione degli argomenti posti all'ordine del
giorno; negli stessi termini è resa disponibile la
relativa documentazione.
2. La Commissione e le sezioni si riuniscono
di norma presso il Dipartimento della protezione civile ed operano con la presenza di almeno la metà più uno dei componenti. Alle riunioni possono essere invitati a partecipare
autorità ed esperti esterni. I verbali delle riunioni sono approvati dai rispettivi presidenti.
3. La Commissione e le sezioni durano in
carica tre anni. I componenti della Commissione e delle sezioni decadono dall'incarico
quando non partecipino, senza motivate ragioni, a due riunioni consecutive.
4. Sulla base di intese tra i rispettivi presidenti possono essere convocate riunioni congiunte di più sezioni per l'esame di questioni
interdisciplinari.
5. I risultati delle attività poste in essere dalle
sezioni sono portati a conoscenza del presidente della Commissione e trasmessi al Dipartimento della protezione civile per le conseguenti valutazioni.
6. Al fine di acquisire pareri e proposte su
situazioni di rischio in atto o potenziali, il capo
del Dipartimento della protezione civile puo'
richiedere ai presidenti delle sezioni la convocazione delle medesime, nonché di fare effettuare ricognizioni, verifiche e indagini ai relativi
componenti.
7. Il servizio di segreteria, relazioni con il pubblico e organi collegiali del Dipartimento della
protezione civile assicura i compiti di segreteria
per il funzionamento della Commissione.
8. Ai componenti della Commissione e delle
sezioni, per la partecipazione alle riunioni e per
le attività da svolgere in località diverse da quelle di abituale residenza, compete il trattamento
di missione previsto per i dirigenti statali di prima
fascia. Ai relativi oneri continua a provvedersi a
carico del Fondo per la protezione civile.
Art. 5.
Abrogazione
1. Il decreto ministeriale 18 maggio 1998, n.
429, è abrogato.
Il presente decreto entra in vigore alla data
di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
18 aprile 2002
ACCORDO CONFERENZA STATO REGIONI
Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano,
i comuni, le province e le comunità montane sull'art. 8, comma 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante "attuazione della direttiva
98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano",
come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27
(G.U. n. 145 del 22 giugno 2002)
LA CONFERENZA UNIFICATA
Visto il decreto legislativo 2 febbraio 2002,
n. 27, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9
marzo 2002, n. 58, recante: "Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio
2001, n. 31, recante attuazione della direttiva
98/1983/CE relativa alla qualità delle acque
destinate al consumo umano";
Visto il parere espresso da questa Conferenza nella seduta del 31 gennaio sul decreto
legislativo 2 febbraio 2002, n. 27;
Vista la nota della Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome del 1°
febbraio 2002, con la quale si richiama quanto convenuto nel corso della suddetta seduta
in ordine agli emendamenti presentati dalle
regioni ed in particolare sul ruolo di controllo e
di gestione dei dati che si ritiene di competenza regionale;
Considerato che, in sede tecnica, il 26 marzo 2002 si è convenuto di addivenire ad un
accordo, da sancire in questa Conferenza, al
fine di corrispondere alla richiesta avanzata
dai presidenti delle regioni e ne sono stati
altresì definiti i contenuti;
Visto l'art. 9, commi 1 e 2, lettera c), del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
che prevede che in questa Conferenza possono essere sanciti accordi tra Governo,
regioni, province, comuni e comunità montane al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione
attività di interesse comune;
Acquisito l'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e province autonome, delle
province, dei comuni e delle comunità montane;
SI SANCISCE
tra il Governo, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano,
le province, i comuni e le comunità
montane il seguente accordo
nei termini sottoindicati:
- in attesa delle proposte del Ministro della
salute sulle modalità di cui all'art. 8,
comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, da adottarsi d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, si conviene quanto
segue:
1) i dati di cui al comma 6, nel loro complesso, sono trasmessi dalle aziende
U.L.S.S. alle regioni ai fini della loro validazione per il successivo inoltro al
Ministero della salute;
2) le modalità e i termini di trasmissione dei
predetti dati saranno concordati tra il
Ministero della salute e le regioni nel rispetto degli obblighi comunitari e delle
competenze costituzionalmente attribuite allo Stato e alle regioni in materia;
3) si conviene che le regioni trasmetteranno i dati di cui al punto precedente entro
il 31 dicembre 2002;
4) i criteri di trasmissione dei risultati delle
analisi di cui al comma 7 dell'art. 8 saranno concordati tra il Ministero della
salute e le regioni sulla base di modalità
da definirsi con successivo accordo di
questa Conferenza entro il 30 giugno
2002.
243
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
26 aprile 2002
DECRETO MINISTERIALE
Modifiche al decreto ministeriale 23 novembre 2001 in materia di dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 del decreto legislativo
n. 372 del 1999
(G.U. n. 126 del 31 maggio 2002)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
Visto il proprio decreto in data 23 novembre
2001, pubblicato nel supplemento ordinario
alla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio
2002;
Visto, in particolare, l'art. 4, comma 1, del
suddetto decreto che prevede che, alla data
del 1° giugno 2002, tutti i gestori dei complessi IPPC, nel caso in cui siano superati i
valori soglia di cui alle tabelle 1.6.2. e 1.6.3.
dell'allegato 1, comunichino, oltre ai dati identificativi dei complessi, anche i dati sulle emissioni relativi all'anno 2001;
Considerata la obiettiva impossibilità e,
comunque, le difficoltà logistiche che i gestori dei
complessi aziendali incontrerebbero nel dover
effettuare, in così breve tempo, la rilevazione dei
dati sulle emissioni relative all'anno 2001;
Ritenuto, altresì, opportuno conoscere i dati
relativi a periodi più recenti al fine di attuare
una puntuale prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento proveniente dalle attività
industriali;
Considerato, pertanto, che il carattere innovativo del processo che si avvierà con la prima
dichiarazione debba essere riferito ai dati relativi all'anno 2002;
Ritenuto necessario, inoltre, inserire nel testo del decreto in esame una ulteriore definizione concernente l'autorità competente in
materia di comunicazioni;
DECRETA:
Art. 1
244
1. Al decreto ministeriale 23 novembre 2001
sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'art. 2 dopo il punto 4) è inserito il seguente punto:
"5) Autorità competenti in materia di
comunicazione: per gli impianti sottoposti
a procedura di VIA nazionale la comunicazione è trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - Servizio
VIA - e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente; per gli altri impianti la
comunicazione è trasmessa alla regione
interessata o alle province autonome di
Trento e di Bolzano e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente.";
b) all'art. 4 il comma 1 è sostituito dal seguente:
"Tutti i gestori dei complessi IPPC, che
superano i valori di soglia di cui alle tabelle 1.6.2. e 1.6.3. dell'allegato 1 del presente decreto, entro il 1° giugno 2002
devono comunicare all'autorità competente di cui all'art. 2, comma 1, numero 8,
del decreto legislativo n. 372/1999 ed
all'Agenzia nazionale per la protezione
dell'ambiente solo i dati identificativi dei
complessi industriali, mentre entro il 30
aprile 2003 devono comunicare i dati sulle
emissioni relativi all'anno 2002.".
Il presente decreto sarà pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
1° giugno 2002, n.120
LEGGE
Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997
(Suppl. alla G.U. n. 142 del 19 giugno 2002)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica
hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre
1997.
2. Piena ed intera esecuzione è data al
Protocollo di cui al comma 1, a decorrere dalla
data della sua entrata in vigore, in conformità
a quanto previsto dall'articolo 25 del Protocollo stesso.
3. Il deposito dello strumento di ratifica
avverrà, unitamente a quello dell'Unione europea e degli altri Stati membri della stessa,
conformemente a quanto disposto dall'articolo 4 del Protocollo di cui al comma 1.
Art. 2
1. In attesa e in preparazione delle decisioni
e delle norme che saranno adottate dall'Unione europea in materia di politiche e misure
comuni e coordinate di attuazione del Protocollo di Kyoto, al fine di individuare le politiche e le misure nazionali che consentano di
raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni con il minor costo, entro il 30 settembre 2002 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, presenta al Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE) un piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e
l'aumento del loro assorbimento e una relazione contenente:
a) lo stato di attuazione e la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19
novembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 1999, con
l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate:
1) al raggiungimento dei migliori risultati in
termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di
energia rinnovabili;
2) all'aumento degli assorbimenti di gas
serra conseguente ad attività di uso del
suolo, cambiamenti di uso del suolo e
forestali, conformemente a quanto disposto dall'articolo 3, paragrafi 3 e 4,
del Protocollo di Kyoto;
3) alla piena utilizzazione dei meccanismi
istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli
altri Paesi industrializzati (joint implementation), e con quelli in via di sviluppo
(clean development mechanism), prevedendo in particolare che, ai fini dell'adempimento degli impegni quantificati
di limitazione e riduzione delle emissioni,
sia considerata anche la partecipazione
delle imprese italiane operanti nel settore della produzione di energia ad iniziative pubbliche o private realizzate nei
Paesi con economia in transizione
dell'Europa orientale, destinate alla
245
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 120/2002
costruzione, ristrutturazione e messa in
sicurezza di impianti di produzione di
energia mediante l'impiego di tecnologie
finalizzate alla riduzione o all'eliminazione
delle emissioni di anidride carbonica, fermo restando quanto stabilito dalla decisione 16/CP.7, adottata dalla Settima
Conferenza delle Parti della Convenzione
sui cambiamenti climatici, svoltasi a
Marrakesh nel novembre 2001;
4) all'accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l'introduzione
dell'idrogeno quale combustibile nei
sistemi energetico e dei trasporti nazionali, nonché per la realizzazione di impianti per la produzione di energia con
biomasse, di impianti per l'utilizzazione
del solare termico, di impianti eolici e
fotovoltaici per la produzione di energia
e di impianti per la produzione di energia dal combustibile derivato dai rifiuti
solidi urbani e dal biogas;
b) lo stato di attuazione dei programmi finanziati dal Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio in attuazione del decreto-legge 30 dicembre 1999, n. 500, convertito, con modificazioni, dalla legge 25
febbraio 2000, n. 33, e del regolamento di
cui al decreto del Ministro dell'ambiente
20 luglio 2000, n. 337, nonché degli ulteriori programmi pilota finanziati con la presente legge.
2. Il piano di azione nazionale di cui al
comma 1 è deliberato dal CIPE. L'attuazione
del piano è scadenzata sulla base delle risorse di bilancio preordinate allo scopo.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, entro il 30 marzo di ogni anno, individua con proprio decreto, di concerto con i
Ministri interessati e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i programmi pilota da attuare a livello nazionale e internazionale per la riduzione delle emissioni e l'impiego
di piantagioni forestali per l'assorbimento del
carbonio. I programmi pilota hanno l'obiettivo
di definire i modelli di intervento più efficaci dal
punto di vista dei costi, sia a livello interno che
nell'ambito delle iniziative congiunte previste
dai meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto.
246
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, entro il 30 novembre di ogni anno,
trasmette al Parlamento una relazione sullo
stato di attuazione dei programmi pilota di cui
al comma 3.
5. Ai fini di cui al comma 3 è autorizzata la
spesa annua di 25 milioni di euro, per il triennio 2002-2004.
Art. 3
1. Al fine di ottemperare all'impegno adottato
dalla Sesta Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici, svoltasi a
Bonn nel luglio 2001, in materia di aiuti ai Paesi
in via di sviluppo, come stabilito dalle decisioni
FCCC/CP/2001/L14 e FCCC/CP/2001/L15, è
autorizzata la spesa annua di 68 milioni di euro,
a decorrere dall'anno 2003.
Art. 4
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2, pari a 25 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2002, 2003 e 2004, si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale
di base di conto capitale "Fondo speciale"
dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio.
2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, valutato in 68 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2003 e 2004 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20022004, nell'ambito dell'unità previsionale di
base di parte corrente "Fondo speciale" dello
stato di previsione del Ministero dell'economia
e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo
parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti, per i sottoindicati importi espressi in
migliaia di euro:
a) Ministero dell'economia e delle finanze:
43.110 per il 2003; 13.258 per il 2004;
b) Ministero del lavoro e delle politiche sociali: 6.890 per il 2003; 6.890 per il 2004;
c) Ministero degli affari esteri: 10.147 per il
2004;
d) Ministero dell'istruzione, dell'università e
della ricerca: 12.242 per il 2004;
e) Ministero dell'interno: 10.000 per il 2003;
10.000 per il 2004;
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 120/2002
f) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 8.000 per il 2003; 7.853 per il 2004;
g) Ministero per i beni e le attività culturali:
6.130 per il 2004;
h) Ministero della salute: 1.480 per il 2004.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello
Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello
Stato.
ALLEGATO A
Gas ad effetto serra
Biossido di carbonio (CO2)
Metano (CH4)
Ossido di azoto (N2O)
Idrofluorocarburi (HFC)
Perfluorocarburi (PFC)
Esafluoro di zolfo (SF6)
Settori/categorie delle fonti
Energia
- Combustione di carburanti
- Settore energetico
- Industrie manifatturiere ed edili
- Trasporti
- Altri settori
- Altro
- Emissioni fuoriuscite da combustibili
- Combustibili solidi
- Petrolio e gas naturale
- Altro
Processi industriali
- Prodotti minerali
- Industria chimica
- Metallurgia
- Altre produzioni
- Produzione di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo
- Consumo di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo
- Altro
- Uso di solventi e di altri prodotti
Agricoltura
- Fermentazione enterica
- Trattamento del letame
- Risicoltura
- Terreni agricoli
- Incendi controllati dalle savane
- Incenerimento sul luogo di rifiuti agricoli
- Altro
Rifiuti
- Discariche per rifiuti solidi
- Trattamento delle acque reflue
- Incenerimento dei rifiuti
- Altro
247
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L. 120/2002
ALLEGATO B
Parte
Quantificazione degli impegni di limitazione o di riduzione delle emissioni
(percentuale delle emissioni dell'anno o del periodo di riferimento)
Australia
Austria
Belgio
Bulgaria*
Canada
Comunità Europea
Croazia*
Danimarca
Estonia*
Federazione Russa*
Finlandia
Francia
Germania
Giappone
Grecia
Irlanda
Islanda
Italia
Lettonia*
Liechtenstein
Lituania*
Lussemburgo
Monaco
Norvegia
Nuova Zelanda
Olanda
Polonia*
Portogallo
Regno Unito di Gran Bretagna
e dell'Irlanda del Nord
Repubblica Ceca*
Romania*
Slovacchia*
Slovenia*
Spagna
Stati Uniti d'America
Svezia
Svizzera
Ucraina*
Ungheria*
108
92
92
92
94
92
95
92
92
100
92
92
92
94
92
92
110
92
92
92
92
92
92
101
100
92
94
92
92
92
92
92
92
92
93
92
92
100
94
* Paesi in transizione verso un'economia di mercato.
248
Atti della
Regione
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE
29 novembre 2001, n. 624
D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, artt. 6, 15, 7 e 8; D.P.R. 25 luglio 1991 e D.C.R. n.
946-17595 del 13 dicembre 1994 - Autorizzazioni di carattere generale per le
emissioni in atmosfera provenienti da impianti per attività di servizio nuovi, da
modificare o da trasferire
(B.U. n. 6 del 7 febbraio 2002)
Visto il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203
recante norme in materia di qualità dell’aria,
relativamente a specifici inquinanti, e di inquinamento prodotto da impianti industriali;
attesto che per l’art. 4 spetta alla Regione la
fissazione dei valori delle emissioni di impianti
sulla base della migliore tecnologia disponibile
e tenendo conto delle linee guida fissate dallo
Stato e dei relativi valori di emissione;
visti gli artt. 6 e 15 del D.P.R. n. 203/1988
con i quali sono sottoposte a preventiva autorizzazione la costruzione di un nuovo impianto, la modifica sostanziale di un impianto che
comporti variazioni qualitative e/o quantitative
delle emissioni inquinanti, il trasferimento di un
impianto in altra località;
vista la D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994 nella quale sono stabiliti i criteri e le
modalità per l’attività delle procedure semplificate di autorizzazione per specifici settori produttivi o attività;
valutato che per le attività di servizio individuate nell’allegato 2 possono essere individuate soluzioni tecnologiche caratterizzate da
contenuti livelli di emissione, che, allo stato
attuale delle conoscenze, risultano essere
quelle di cui allo stesso allegato;
ritenuto pertanto possibile attivare la procedura semplificata di autorizzazione per gli enti
e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per tali attività di servizio adottando soluzioni tecnologiche aventi
le caratteristiche di cui all’allegato 2, presentando domanda secondo il modello di cui
all’allegato 1;
vista la legge regionale 26 aprile 2000, n.
44 che all’art. 44, comma 1, lett. c) attribuisce alle Province il controllo delle emissioni
atmosferiche, ivi compresi i provvedimenti di
autorizzazione, di diffida, di sospensione, di
revisione e di revoca delle autorizzazioni agli
impianti che producono emissioni, attribuzione già precisata nella specifica legge regionale 7 aprile 2000, n. 43 all’art. 3, comma 1,
lett. d), e divenuta operativa dal 21 febbraio
2001;
considerato che per il combinato disposto
della sopra citata legge regionale 44/2000 e
della D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre
1994, gli enti e le imprese che presentano
domanda di autorizzazione secondo il modello di cui all’allegato 1 e si impegnano a rispettare le prescrizioni di cui all’allegato 2 sono
autorizzati in via generale ai sensi degli artt. 6,
15 e 17 del D.P.R. n. 203/1988 e dell’art. 5 del
D.P.R. 25 luglio 1991, con effetto dalla data di
ricevimento della domanda da parte della
Provincia competente per territorio;
visto il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203;
visto il D.P.R. 25 luglio 1991 pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 175 del 27 luglio 1991;
vista la D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994;
vista la legge regionale 13 aprile 1995, n.
60;
viste le leggi regionali 26 aprile 2000, n. 44
e 7 aprile 2000, n. 43;
visti gli artt. 3 e 16 del Decreto legislativo n.
29/93 come modificato dal D.Lgs. n. 470/93;
visto l’art. 22 della legge regionale 8 agosto
1997, n. 51;
in conformità con gli indirizzi e i criteri disposti nella materia del presente provvedimento
dalla Giunta Regionale con provvedimento
deliberativo n. 40-23049 del 10 novembre
1997;
251
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.D.624/2001
il Dirigente Responsabile del Settore
Risanamento Acustico ed Atmosferico
DETERMINA:
252
di attivare la procedura semplificata di autorizzazione per gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per le attività di servizio indicate nell’allegato
2, adottando soluzioni tecnologiche aventi le
caratteristiche di cui allo stesso allegato 2.
Gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per tali attività di servizio adottando soluzioni tecnologiche aventi le caratteristiche di cui all’allegato
2, per avvalersi della procedura semplificata di
autorizzazione devono presentare domanda
secondo il modello di cui all’allegato 1.
Copia della domanda di autorizzazione trasmessa alla Provincia deve essere contestualmente inviata al Sindaco e al Dipartimento
provinciale o subprovinciale dell’Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale
(A.R.P.A.) competenti per territorio.
Gli enti e le imprese che presentano la
domanda di autorizzazione di cui all’allegato
1, impegnandosi a rispettare le prescrizioni di
cui all’allegato 2, sono autorizzati in via generale ai sensi degli artt. 6, 15 e 7 del D.P.R. n.
203/1988 e dell’art. 5 del D.P.R. 25 luglio
1991, con effetto dalla data di ricevimento
della domanda da parte della Provincia.
L’autorizzazione ottenuta in via generale da
un ente o impresa può essere revocata dalla
Provincia competente per territorio sulla base
di eventuali rilievi motivati del Sindaco in merito alla domanda, pervenuti ai sensi dell’art. 7,
comma 2 del D.P.R. n. 203/1988.
Gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per le attività
di servizio con caratteristiche tecnico-costruttive e gestionali diverse da quelle previste nell’allegato 2, devono presentare domanda di
autorizzazione seguendo le normali procedure
previste dal D.P.R. n. 203/1988 ai fini di ottenere la preventiva autorizzazione, rilasciata
esplicitamente dalla Provincia.
Ai sensi della Legge Regionale 13 aprile
1995, n. 60, le attività di vigilanza e controllo
del rispetto delle prescrizioni autorizzatorie di
cui all’allegato 2 sono affidate ai Dipartimenti
provinciali o subprovinciali dell’A.R.P.A. competenti per territorio.
In caso di inosservanza delle prescrizioni
autorizzatorie la Provincia procederà secondo
quanto previsto dall’art. 10 del D.P.R.
203/1988.
Sono fatti salvi ogni altro parere, nulla osta,
autorizzazione, ecc. previsto dalla normativa
vigente, nonchè specifici e motivati interventi
da parte dell’Autorità Sanitaria ai sensi dell’art.
217 T.U.L.S. approvato con R.D. 27 luglio
1934, n. 1265.
Gli enti e le imprese autorizzati in via generale dovranno comunicare alla Provincia, al
Comune ed al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. competenti per territorio, eventuale variazione di ragione sociale ai
fini della volturazione della documentazione
agli atti.
Gli enti e le imprese autorizzati in via generale dovranno comunicare alla Provincia, al
Comune ed al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. competenti per territorio la cessazione dell’attività degli impianti
autorizzati e la data prevista per l’eventuale
smantellamento degli stessi.
Gli enti e le imprese autorizzati in via generale a trasferire gli impianti da altra località
dovranno inviare alla Provincia, al Comune ed
al Dipartimento provinciale o subprovinciale
dell’A.R.P.A. competenti per territorio relativamente alla precedente sede di impianto;
- richiesta di chiusura della pratica ex D.P.R.
n. 203/1988 nel caso in cui il trasferimento autorizzato attenga a tutti gli impianti
installati nella precedente sede;
- elaborati tecnici aggiornati relativi agli impianti rimasti nella precedente sede nel
caso in cui il trasferimento autorizzato attenga solo a parte degli impianti installati
nella stessa.
Gli allegati 1 e 2 sono da considerarsi parte
integrante della presente determinazione.
La presente determinazione potrà essere
modificata secondo quanto disposto dal
D.P.R. n. 203/1988.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.D.624/2001
ALLEGATO I
BOLLO
Alla Provincia di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . . . . . . .
e p. c. Al Sindaco del Comune di
......................................
AlI’ A.R.P.A.
Dipartimento
di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . . . . . . .
......................................
Oggetto: Domanda di AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per le emissioni in atmosfera provenienti da impianti per
attività di servizio, ai sensi del D.P.R. n. 203/1988 e del D.P.R. 25 luglio 1991.
Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .nato a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .il . . ./ . . ./ . . . . .,
residente a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .in via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . .
in qualità di legale rappresentante dell’impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
con sede legale in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . .
chiede l‘AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per:
[1] . .
n.[2]
n.[2]
n.[2]
n.[2]
n.[2]
.
.
.
.
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.
.
.
.
.
.
.
.
.
.installare un nuovo impianto per attività di servizio neI quale verranno attivati:
.generatori di calore con potenzialità termica nominale [3] . . . . . . . .MW a [4] . . .
.locali ricarica batterie
.sistemi di raffreddamento o riscaldamento indiretto
.serbatoi per Io stoccaggio di [5] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.sale prova motori o sistemi captazione gas di scarico di veicoli
in Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . .
[1] . .
n.[2]
n.[2]
n.[2]
n.[2]
n.[2]
.
.
.
.
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.
.
.
.
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.
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.
.modificare l’impianto per attività di servizio nel quale verranno attivati:
.generatori di calore con potenzialità termica nominale [3] . . . . . . . .MW a [4] . . .
.locali ricarica batterie
.sistemi di raffreddamento o riscaldamento indiretto
.serbatoi per lo stoccaggio di [5] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.sale prova motori o sistemi captazione gas di scarico di veicoli
ubicato in Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . .
[1] . . .
n.[2] .
n.[2] .
n.[2] .
n.[2] .
n.[2]…
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.trasferire un impianto per attività di servizio nel quale verranno attivati:
.generatori di calore con potenzialità termica nominale [3] . . . . . . . .MW a [4] . . .
.locali ricarica batterie
.sistemi di raffreddamento o riscaldamento indiretto
.serbatoi per Io stoccaggio di [5] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.sale prova motori o sistemi captazione gas di scarico di veicoli
dal Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . .
al Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . .
Pertanto si impegna a rispettare le prescrizioni dì cui all’allegato 2 della D.D. del Settore regionale 22.4 n. 624 del
29/11/2001
Dichiara che l’intervento per cui si richiede l’autorizzazione non ricade nei progetti sottoposti a procedura di VIA ai sensi
della normativa nazionale e regionale vigente in materia.
Allega scheda informativa generale dello stabilimento in cui sarà attivato l’impianto.
Data …/…/…
il LEGALE RAPPRESENTANTE
(timbro e firma
.................................................
253
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.D.624/2001
NOTE PER LA COMPILAZIONE DELLA DOMANDA PER OTTENERE L’AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
indicare con una X la motivazione della richiesta di autorizzazione.
indicare il numero dì apparecchiature che si intendono installare.
indicare la potenzialità termica nominale di ciascun generatore di calore.
indicare il tipo di combustibile per ciascun generatore di calore.
indicare per ciascun serbatoio il tipo di prodotto staccato (azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido
di carbonio liquido, soluzioni acquosa di acido cloridrico, soluzioni acquose di acido solforico, soluzioni acquose di
idrossido di sodio, soluzioni acquose di ammoniaca).
La domanda di autorizzazione in BOLLO deve essere inviata alla PROVINCIA in cui ha o avrà sede operativa l’impianto, copia della medesima deve essere contestualmente trasmessa al SINDACO e al Dipartimento provinciale o subprovinciale deII’A.R.P.A. competenti per territorio.
SCHEDA INFORMATIVA GENERALE
1. UNITÀ LOCALE OPERATIVA:
(coincide con il luogo in cui materialmente si trova l’impianto per il quale si sta presentando domanda di autorizzazione)
1.1. RAGIONE SOCIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
INDIRIZZO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
COMUNE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .PROVINCIA
C.A.P . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .TELEFONO
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.................
.................
.................
.................
1.2. CLASSIFICAZIONE INDUSTRIA INSALUBRE: CLASSE 1[ ] A [ ] B [ ] C [ ]
CLASSE 2 [ ] A [ ] B [ ] C [ ]
NON CLASSIFICATA [ ]
1.3. NUMERO ADDETTI: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4. CODICI ATTIVITÀ ISTAT:
...............................................................
1.5. EVENTUALE ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA DI APPARTENENZA: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
...................................................................................
...................................................................................
1.6. LEGALE RAPPRESENTANTE:
COGNOME E NOME . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
NATO A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .IL . . . . . . . . . . . . . . . .
RESIDENTE A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .PROVINCIA . . . . . . . .
VIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .N°
2.
SEDE LEGALE
IMPRESA [ ]
.
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ENTE [ ]
2.1. PARTITA IVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .CODICE FISCALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2. ISCRIZIONE CAMERA DI COMMERCIO N° . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3. RAGIONE SOCIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
INDIRIZZO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
COMUNE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .PROVINCIA
C.A.P . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .TELEFONO . . . . . . . . . . . . . . . . . .FAX
Data: …/…/….
254
.
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.................
IL LEGALE RAPPRESENTANTE
(timbro e firma)
…………………………
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.D.624/2001
prodotti, in condizioni di sicurezza, senza ricorso a diluizioni non necessarie.
ALLEGATO 2
IMPIANTI PER ATTIVITÀ Dl SERVIZIO
A) PRESCRIZIONI RELATIVE ALL’INSTALLAZIONE E
ALL’ESERCIZIO DI IMPIANTI PER ATTIVITÀ DI
SERVIZIO
I limiti di emissione espressi in concentrazione (mg/m3
massa di sostanza contenuta in un metro cubo di effluente) sono riferiti a 0°C e 0,101 MPa, previa detrazione del
tenore di vapore acqueo, nonché al flusso gassoso strettamente necessario all’evacuazione di tutti gli effluenti
1) Generatori di calore a scambio indiretto
I generatori di calore a scambio indiretto aventi, per ciascuna unità, potenzialità termica nominale inferiore a 50
MW, possono essere alimentati esclusivamente con i
combustibili convenzionali: metano, GPL, gasolio e olio
combustibile con contenuto dì zolfo non superiore
all’0,3% in massa e devono rispettare I sotto elencati limiti di emissione riferiti ad un tenore dì ossigeno pari al 3%
in volume:
Generatori di calore alimentati a metano o GPL
Polveri totali
CO
NOx (come NO2)
5 mg/m3
100 mg/m3
150 mg/m3
Generatori di calore alimentati a gasolio
Polveri totali
CO
NOx (come NO2)
SOx (come SO2)
20 mg/m3
100 mg/m3
200 mg/m3
350 mg/m3
Generatori di calore alimentati a olio combustibile
con contenuto di zolfo non superiore allo 0,3%
in massa
(STZ):
Polveri totali
CO
NO~ (come NO2)
SO~ (come SO2)
80 mg/m3
100 mg/m3
200 mg/m3
500 mg/m3
Per i generatori di calore a cambio indiretto sono prescritti autocontrolli periodici della emissioni con cadenza
annuale a partire dalla data di avviamento.
Ai sensi dell’art. 6 del DPCM 2 ottobre 1995 i generatori di calore con potenzialità termica nominale superiore a 6 MW, per ciascuna unità, devono essere dotati
di analizzatori in continuo dell’ossigeno libero e dell’ossido di carbonio e di rilevatori della temperatura nei gas
effluenti.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 5 del DPCM 2 ottobre
1995 nei generatori di calore aventi potenzialità termica
inferiore o uguale a 3 MW, per ciascuna unità, è vietato
l’utilizzo di olio combustibile con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa.
2) Ricarica batterie
Gli effluenti provenienti dalle postazioni di ricarica delle
batterie piombo-acido, captati e convogliati in atmosfera,devono rispettare i seguenti limiti di emissione:
H2S04
2 mg/m3
Per le emissioni provenienti dalla ricarica batterie non
sono prescritti autocontrolli periodici delle emissioni.
3) Sistemi di raffreddamento e riscaldamento per
scambio indiretto
Le emissioni provenienti da sistemi di raffreddamento e
riscaldamento per scambio indiretto, quali i sistemi di raffreddamento compressori, motori; trasformatori o gli
effluenti provenienti da scambiatori di calore (lato aria),
sono considerate trascurabili purché sia utilizzato, come
fluido per il raffreddamento o riscaldamento, esclusivamente aria che non sia venuta in nessuna fase a contatto
con fluidi o materiali di processo.
Per tali emissioni l’impresa è esentata dall’effettuare i
rilevamenti delle emissioni di cui all’art. 8, comma 2 del
D.P.R. n. 203/1988, nonché ulteriori rilevamenti periodici.
4) Serbatoi per lo stoccaggio di azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido di carbonio
liquido, soluzioni acquose di acido cloridrico,
soluzioni acquose di acido solforico, soluzioni
acquose di idrossido di sodio, soluzioni acquose
di ammoniaca
Le emissioni provenienti dalle fasi di respirazione e dalle
fasi di carico e scarico di serbatoi per lo stoccaggio di
azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido di
carbonio liquido sono considerate trascurabili.
Le emissioni provenienti dalle fasi di respirazione e dalle
fasi di carico e scarico di serbatoi per lo stoccaggio di
soluzioni acquose di acido cloridrico, soluzioni acquose dì
acido solforico, soluzioni acquose di idrossido di sodio,
soluzioni acquose di ammoniaca sono considerate trascurabili purché siano trattate in un adeguato sistema di
abbattimento.
Per tali emissioni l’impresa è esentata dall’effettuare i
rilevamenti delle emissioni dì cui all’art. 8, comma 2 del
D.P.R. n. 203/1988, nonché ulteriori rilevamenti periodici.
5) Sale prova motori e gas di scarico di veicoli
Per le emissioni provenienti da sale prova di motori di
veicoli omologati o dalla captazione di gas di scarico di
veicoli omologati non sono fissati limiti di emissione, in
quanto dipendenti dalle condizioni di scarico dei veicoli,
fissate dallo Stato.
Per tali emissioni l’Impresa è esentata dall’effettuare i
rilevamenti delle emissioni di cui all’art. 8, comma 2 deI
D.P.R. n. 203/1988, nonché ulteriori rilevamenti periodici.
255
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.D.624/2001
B) PRESCRIZIONI COMUNI PER GLI IMPIANTI PER
ATTIVITÀ Dl SERVIZIO INDIVIDUATI NELLA LETTERA A) DEL PRESENTE ALLEGATO
1) L’esercizio e la manutenzione degli impianti devono
essere tali da garantire, in tutte le condizioni di funzionamento, il rispetto dei limiti di emissione fissati.
3) L’impresa deve comunicare, con almeno 15 giorni di
anticipo, alla Provincia, al Sindaco e al Dipartimento
provinciale o subprovinciale deIl’A.R.P.A. territorialmente competenti, la data in cui intende dare inizio
alla messa in esercizio degli impianti. La comunicazione di cui sopra deve essere accompagnata dalla
documentazione di cui alla successiva lettera C. li termine per la messa a regime dell’impianto è stabilito in
30 giorni a partire dalla data di inizio della messa in
esercizio.
4) Fatte salve le esenzioni previste per alcune lavorazioni nella lettera A del presente allegato 2, per gli adempimenti di cui all’art. 8, comma 2 del D.P.R. n.
203/1988, l’impresa deve effettuare per ciascun
punto di emissione attivato, un rilevamento delle
emissioni, in un giorno dei primi dieci di marcia controllata dell’impianto a regime.
5) L’impresa deve effettuare gli autocontrolli di cui all’art.
8, comma 2 deI D.P.R. n. 203/1988, nonché quelli
periodici ove prescritti nella lettera A) del presente
allegato 2, dando comunicazione, con almeno 15
giorni di anticipo, alla Provincia e al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. territorialmente
competenti, della data in cui intende effettuare i prelievi. I risultati del rilevamento effettuato devono poi
essere trasmessi alla Provincia, al Dipartimento provinciale o subprovinciale delI’A.R.P.A. ed al Sindaco.
6) Durante gli autocontrolli devono essere determinate,
nelle più gravose condizioni di esercizio dell’impianto
produttivo, sia le portate degli effluenti, sia le concentrazioni degli inquinanti per i quali sono stabiliti limiti di
emissione nella lettera A del presente allegato 2.
7) Per l’effettuazione degli autocontrolli e per la presentazione dei relativi risultati devono essere seguite le
norme UNICHIM in merito alle “Strategie di campionamento e criteri di valutazione delle emissioni”
(Manuale n. 158/1988), nonché ai metodi di campionamento ed analisi per flussi gassosi convogliati così
come rivisti dal DM 25/08/2000, pubblicato sul
Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 223
del 23 Settembre 2000. Qualora per l’inquinante da
determinare non esista metodica analitica tra quelle
sopra citate, nella presentazione dei risultati deve
essere descritta la metodica utilizzata.
9) I condotti per lo scarico in atmosfera degli effluenti
devono essere provvisti di idonee prese (dotate di
opportuna chiusura) per la misura ed il campionamento degli effluenti, site in posizione tale da consentire l’accesso e tutte le operazioni tecniche necessarie in condizioni di sicurezza.
10) Al fine di favorire la dispersione delle emissioni, la
direzione del loro flusso allo sbocco deve essere verticale verso l’alto e l’altezza minima dei punti di emissione essere tale da superare di almeno un metro
qualsiasi ostacolo o struttura distante meno di dieci
metri; i punti di emissione situati a distanza compresa tra 10 e 50 metri da aperture di locali abitabili
esterni al perimetro dello stabilimento, devono avere
altezza non inferiore a quella de! filo superiore dell’apertura più alta diminuita di un metro per ogni metro
di distanza orizzontale eccedente i 10 metri.
Eventuale deroga alla presente prescrizione potrà, su
richiesta dell’impresa, essere concessa dal Sindaco.
11) L’impresa deve conservare in stabilimento, a disposizione degli organismi preposti al controllo, copia della
documentazione trasmessa alla Provincia per ottenere l’autorizzazione in via generale.
C) DOCUMENTAZIONE DA INOLTRARE CON LA
COMUNICAZIONE DI MESSA IN ESERCIZIO
DEGLI IMPIANTI
Compilare lo schema sotto riportato indicando le caratteristiche dei punti di emissione, attribuendo ai medesimi
un numero progressivo che tenga conto degli eventuali
punti di emissione già esistenti a servizio dell’intero
impianto ed indicandone la provenienza utilizzando la terminologia adottata nel presente allegato 2, lettera A).
IMPIANTO
punto di
emissione
numero
provenienza
portata
[m3/h a 0° C e
0,1,1 Mpa]
Allegare la planimetria generale dell’impianto, in scala
adeguata, nella quale sia indicata la collocazione degli
impianti oggetto di domanda con i relativi punti di emissione.
Indicare per ciascun generatore di calore installato la
potenzialità termica nominale ed il tipo di combustibile utilizzato.
256
altezza punto
di emissione
[m]
Diametro o lati
[m] o [mxm]
Impianto di
abbattimento
Indicare per ciascun serbatoio il volume, il tipo di prodotto stoccato (azoto liquido, ossigeno liquido, argon
liquido, biossido di carbonio liquido, soluzioni acquose di
acido cloridrico, soluzioni acquose di acido solforico,
soluzioni acquose di idrossido di sodio, soluzioni acquose di ammoniaca) e il sistema di abbattimento delle emissioni adottato.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DELIBERAZIONE AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO - PARMA
18 dicembre 2001, n. 25
Direttiva “Portate limite di deflusso per l’asta del fiume Po - Individuazione dei
valori obiettivo”
(B.U. n. 11 del 14 marzo 2002)
IL COMITATO ISTITUZIONALE
Premesso che
- con deliberazione n. 18 in data 26 aprile
2001 è stato adottato il “Piano Stralcio per
l’Assetto Idrogeologico per il bacino idrografico di rilievo nazionale del fiume Po” (PAI);
- con D.P.C.M. 24 maggio 2001 è stato
approvato lo stesso Piano PAI;
- ai sensi del comma 1, dell’art. 11, delle
Norme di attuazione del PAI l’Autorità di bacino del fiume Po definisce i valori limite delle
portate o dei livelli idrometrici nelle sezioni critiche per l’asta del fiume Po e per l’intero
bacino idrografico del fiume Po, da assumere
come base di progetto;
- lo stesso art. 11 delle Norme di attuazione
del PAI prevede ai commi successivi:
“c.2. le sezioni critiche indicate devono
essere oggetto, a cura delle Amministrazioni
competenti, di monitoraggio idrologico continuativo, con aggiornamento costante della
geometria dell’alveo, misura dei livelli idrometrici, costruzione e aggiornamento della
scala di deflusso;
c.3. i valori fissati rappresentano condizioni
di vincolo per la progettazione degli interventi di difesa dalle piene sul reticolo idrografico del bacino. La sistemazione dei tratti fluviali a monte delle sezioni critiche indicate deve essere fatta in modo tale che
nelle stesse sezioni non venga convogliata
una portata massima superiore a quella limite. A questo fine i singoli interventi di difesa
devono essere definiti dall’Autorità idraulica
competente all’interno di un progetto preliminare che interessi la porzione di corso
d’acqua significativamente influenzabile
dagli effetti delle opere;
c.4. ai fini del rispetto dei valori limite di cui
ai commi precedenti, le Amministrazioni
competenti devono provvedere alla progettazione e alla realizzazione degli interventi
necessari a garantire (mantenere o ripristinare) i volumi idrici invasabili all’interno della
Fascia B, così come quantificati nel presente Piano per ciascun tratto di corso d’acqua
oggetto di delimitazione delle fasce fluviali di
cui al successivo art. 28. Nell’ambito delle
attività di progettazione e a seguito della
realizzazione degli interventi, le Amministrazioni sopra indicate attuano adeguate operazioni di monitoraggio sulla morfologia e
sulle caratteristiche idrauliche dell’alveo,
finalizzate all’approfondimento alla scala
progettuale della valutazione dei volumi
invasati e al controllo nel tempo degli stessi;
c.5. ogni variazione rispetto ai valori limite
delle portate e dei livelli idrometrici viene
comunicata dall’Amministrazione competente all’Autorità di bacino che provvede a
validare i dati e ad aggiornare le tabelle di
riferimento.”
Considerato che
- in seguito all’evento alluvionale dell’ottobre
2000 è stato predisposto dalle Regioni territorialmente interessate e dal Magistrato per il Po
un Piano di interventi straordinari, ai sensi
dell’Ordinanza 3090 del 18/10/2000;
- tale Piano di interventi è stato approvato
dal Comitato Tecnico di questa Autorità di
bacino nelle sedute del 10 aprile 2001 e del
12 giugno 2001;
- per quanto riguarda il tratto di fiume Po
compreso fra la confluenza della Dora Baltea
e quella del Tanaro gli interventi straordinari di
cui ai punti precedenti sono stati valutati sulla
scorta dei risultati di uno specifico approfondimento condotto da questa Autorità di bacino
e finalizzato alla verifica e all’aggiornamento,
257
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del.Aut.Bacino 25/2001
alla luce degli eventi alluvionali dell’ottobre
2000, dei valori delle portate di piena al colmo, della delimitazione delle fasce fluviali e
delle linee di intervento previste negli strumenti di pianificazione di bacino precedentemente
approvati o in corso di approvazione (deliberazione n. 19/2001);
- tale approfondimento conoscitivo oltre ad
individuare la fattibilità di interventi volti a risolvere alcune problematiche locali (interventi di
prima fase, corrispondenti in linea generale
con quelli previsti dal Magistrato per il Po nel
Piano 3090), ha evidenziato la necessità di
compensare gli effetti di tali interventi locali
incrementando la laminazione delle piene
mediante l’estensione della fascia B e la destinazione di nuove aree a funzioni di invaso;
- in linea generale su tutto il reticolo idrografico principale del bacino del Po, gli interventi di contenimento dei livelli e di miglioramento della capacità di convogliamento della
sezione di deflusso che concorrono ad
aumentare le portate defluenti nei tratti di
valle, devono essere progettati a livello di asta
fluviale considerando la necessità di prevedere gli opportuni interventi di incremento della
laminazione all’interno della fascia fluviale o,
laddove possibile, di estensione delle aree di
laminazione anche al di fuori della stessa fascia fluviale;
- coerentemente con quanto specificato al
punto precedente, l’Autorità di bacino, nell’ambito degli studi di fattibilità della sistemazione idraulica dell’asta del Po e dei corsi
d’acqua principali interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali, in corso di svolgimento
in attuazione del PAI, definirà a livello di progetto generale l’assetto di ciascuna asta fluviale in modo tale da conseguire un sostanziale compenso tra le nuove opere locali di
contenimento dei livelli idrici e quelle di incremento dei volumi di laminazione con il fine
minimo di non aumentare rispetto alla situazione attuale i deflussi a valle;
258
- appare opportuno individuare in primo
luogo i valori obiettivo delle portate limite da
assumere per le progettazioni generali di asta
fluviale e per le verifiche di compatibilità idraulica e successivamente i valori vincolo di dette
portate in seguito ai risultati dell’attività di
monitoraggio idrologico prevista e della progettazione di dettaglio degli interventi di difesa
idraulica
DELIBERA:
Art. 1
In attuazione di quanto disposto dall’art. 11
delle Norme di attuazione del Piano stralcio
Assetto idrogeologico (PAI), i valori obiettivo
per le portate limite, in corrispondenza delle
sezioni dell’asta principale del fiume Po, sono
così fissati:
- Moncalieri 2.600 m3/s
- Valenza 7.600 m3/s
- Isola S. Antonio 10.300 m3/s
- Piacenza 13.000 m3/s
- Pontelagoscuro 13.000 m3/s
Tali valori, corrispondenti alle portate con
tempo di ritorno pari a duecento anni individuate nella “Direttiva sulla piena di progetto da
assumere per le progettazioni e le verifiche di
compatibilità idraulica”, rispondono alla finalità
di non aumentare lungo l’asta del Po, rispetto
alle condizioni attuali, i valori delle portate al
colmo per effetto di interventi di contenimento
dei livelli idrici realizzati sulla stessa asta o
sugli affluenti principali.
Le sezioni sopra indicate costituiscono
sezioni prioritarie di monitoraggio idrologico
continuativo finalizzato:
- a ulteriori precisazioni e verifiche dei valori
espressi, connesse al miglioramento della
precisione delle misure in condizioni di
piena e all’approfondimento delle elaborazioni idrologiche per la stima delle portate
con tempo di ritorno assegnato;
- alla verifica interattiva degli effetti degli
interventi di difesa individuati dal PAI e
progressivamente attuati nell’ambito della
programmazione triennale.
In funzione dei risultati del monitoraggio idrologico e della progettazione di dettaglio degli
interventi di difesa idraulica di cui al successivo
art. 2 i valori obiettivo, eventualmente modificati in aumento o in diminuzione, saranno approvati come valori vincolo delle portate limite.
Con la medesima procedura e a seguito
degli approfondimenti idrologici effettuati
saranno fissati i valori obiettivo e i valori vincolo delle portate limite su ulteriori sezioni critiche degli affluenti principali del fiume Po.
Art. 2
I valori obiettivo sopraindicati devono essere conseguiti attraverso la realizzazione degli
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
Del.Aut.Bacino 25/2001
interventi necessari all’attuazione dell’assetto
di progetto dell’asta del Po e degli affluenti
principali definito dalle fasce fluviali contenute
nel Piano stralcio Fasce Fluviali (PSFF) e nel
PAI; in particolare costituisce priorità di intervento la realizzazione delle opere eventualmente necessarie a mantenere o ripristinare i
volumi idrici invasati in piena all’interno della
Fascia B, così come quantificati nel PAI per
ciascun tratto di corso d’acqua oggetto di
delimitazione delle fasce fluviali.
L’Autorità di bacino, nell’ambito degli stadi
di fattibilità della sistemazione idraulica dell’asta del Po e dei corsi d’acqua principali interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali
condotti in attuazione del PAI, definisce a livello di progetto generale di asta fluviale gli interventi necessari al conseguimento dell’assetto
definito dalle fasce fluviali per ciascun corso
d’acqua. Ove necessario individua inoltre gli
interventi di potenziamento della capacità di
laminazione lungo l’alveo, o di realizzazione di
nuove aree di laminazione esterne alle fasce,
in modo tale che le portate nelle sezioni di cui
all’art. 1, partendo da uno scenario idrologico
di piena con tempo di ritorno duecento anni,
non siano superiori a quelle obiettivo fissate.
I progetti redatti dagli enti competenti all’attuazione dei progetti generali di assetto di ciascuna asta fluviale di cui al paragrafo precedente devono essere esaminati dall’Autorità di
bacino che verifica la coerenza con i progetti
generali e la compatibilità con i valori obiettivo
delle portate fissati.
In assenza di progetti generali di asta fluviale e per interventi urgenti di carattere locale sul
reticolo idrografico principale non previsti nel
PSFF o nel PAI gli interventi di contenimento
dei livelli che sottraggono volumi di espansione della piena devono essere compensati
localmente attraverso la destinazione di nuove
aree alla laminazione della piena.
Ai fini della verifica degli effetti dei progetti di
sistemazione delle aste fluviali, l’Autorità di
bacino costruisce scenari idrologici di riferimento in cui sono definite diverse condizioni
di formazione delle piene lungo l’asta del Po,
in relazione alla concomitanza degli apporti
degli affluenti; sulla base di tali scenari idrologici la stessa Autorità costruisce uno strumento di simulazione idrologico-idraulica idoneo alla valutazione delle modificazioni indotte
dagli interventi in progetto sulla forma dell’onda di piena lungo gli affluenti principali e lungo
l’asta del Po.
Art. 3
Le sezioni critiche oggetto del monitoraggio
di cui al comma 2 dell’art. 11 delle Norme di
attuazione del PAI, oltre a quelle individuate
all’art. 1, per l’asta del fiume Po sono individuate in corrispondenza degli abitati di Cardè,
Carignano, San Mauro Torinese, Crescentino,
Casale, Spessa, Cremona, Boretto, Borgoforte, Revere - Ostiglia.
Il monitoraggio, da condurre a cura degli
enti competenti con criteri di integrazione con
le reti di misura esistenti, riguarda le seguenti
attività:
- rilevazioni topografiche della geometria
degli alvei nei tratti interessati dalle sezioni
di misura, mediante campagne di definita
periodicità, in funzione del trend di evoluzione morfologica e del regime idrologico;
- misure idrometriche, tramite una rete di
sensori con funzionamento in continuo;
- misure di portata, tramite sensori in continuo e campagne periodiche di misura
finalizzate principalmente alla costruzione
di scale di portata sperimentali.
I costi delle attività di monitoraggio sono
inserita nei Programmi triennali di attuazione
del PAI, al fine di garantire la necessaria continuità delle misure e delle indagini.
Con successivo provvedimento si fisseranno le modalità operative sulla base delle quali
dovranno essere condotte le attività di monitoraggio idrologico e morfologico e si individueranno i soggetti a queste preposti.
259
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE
27 dicembre 2001, n. 217 - 41038
Direttiva CE 97/11. Integrazione degli allegati alla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 ‘Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione’
(B.U. n. 5 del 31 gennaio 2002)
IL CONSIGLIO REGIONALE
Vista la direttiva 85/337/CEE del Consiglio
del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati;
Vista la direttiva 97/11/CE del Consiglio del
3 marzo 1997, che modifica la direttiva
85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati;
Vista la legge 9 marzo 1989, n. 86 (Norme
generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari),
modificata e integrata dalla legge 24 aprile
1998, n. 128;
Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
372 (Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento);
Vista la legge regionale 14 dicembre 1998,
n. 40 (Disposizioni concernenti la compatibilità
ambientale e le procedure di valutazione),
modificata dalla legge regionale 10 novembre
2000, n. 54, in particolare l’articolo 23,
comma 7, che consente al Consiglio regionale di procedere con propria deliberazione alla
modificazione dei contenuti degli allegati ogniqualvolta sia necessaria un’armonizzazione
con eventuali modifiche ed integrazioni della
normativa comunitaria e statale;
Visti, inoltre, gli allegati alla citata L.R.
40/1998, aggiornati con deliberazioni del
Consiglio Regionale n. 8 - 16099 del 27 giugno 2000 e n. 154-9357 del 13 marzo 2001 e
con deliberazione di Giunta regionale n. 423096 del 28 maggio 2001;
260
Vista la deliberazione di Giunta regionale n.
27-1247 del 6 novembre 2000 “L.R. 44/2000.
Approvazione del Documento di programmazione delle Attività Estrattive relativamente ai
comparti di Pietre ornamentali ed inerti da calcestruzzo, conglomerati bituminosi e toutvenant per riempimenti e sottofondi”;
Vista la deliberazione di Giunta regionale n.
68 - 3344 del 25 giugno 2001 “Direttiva CE
97/11. Integrazione degli allegati alla L.R.
40/1998, recante ‘Disposizioni concernenti la
compatibilità ambientale e le procedure di
valutazione’” e, in particolare, le motivazioni in
essa illustrate; visto che tale D.G.R. propone
all’approvazione del Consiglio regionale l’aggiornamento degli allegati alla L.R. 40/1998
sulla base delle previsioni della direttiva CE
97/11, nonché a seguito delle esperienze derivanti dall’attuazione della legge e degli approfondimenti in materia di cave derivanti dal
citato Documento di programmazione delle
attività estrattive;
DELIBERA:
o di approvare l’aggiornamento degli allegati A1, A2, B1, B2, B3 e C alla L.R. 40/1998
sulla base delle previsioni della direttiva CE
97/11, nonché a seguito delle esperienze derivanti dall’attuazione della legge e degli
approfondimenti in materia di cave derivanti
dal citato Documento di programmazione
delle attività estrattive, secondo quanto previsto dall’allegato A) che forma parte integrante
della presente deliberazione;
o di dare mandato alla Giunta regionale di:
comunicare, sulla base delle previsioni di cui
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.C.R. 217-41038/2001
all’articolo 9 comma 2 bis della L. 86/1989, ad
intervenuta approvazione della deliberazione
consiliare, il numero e gli estremi di pubblicazione della stessa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie;
adottare idonee misure di pubblicità atte a
garantire la diffusione della conoscenza dei
contenuti della presente deliberazione, anche
attraverso la predisposizione di un testo integrato degli allegati ai fini di una sistematizzazione dello stesso che ne agevoli la consultazione.
ALLEGATO A
Aggiornamento degli allegati A1, A2, B1, B2 e B3
alla legge regionale 40/1998 "Disposizioni
concernenti la compatibilità ambientale
e le procedure di valutazione"
Allegato A1 - Progetti di competenza della Regione,
sottoposti alla fase di valutazione (articolo 4, comma 2)
Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere
ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita
dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata.
• Nell’allegato A1 le categorie progettuali n. 1 e 9 sono
sostituite dalle seguenti:
n. 1
Utilizzo non energetico di acque superficiali nei
casi in cui la portata massima prelevata superi i
1.000 litri al secondo e si tratti di grande derivazione che interessi più regioni di cui all’articolo 89, comma 2 del D.Lgs. 112/1998, sino al
verificarsi delle condizioni in esso previste (vedi
cat. A2, n. 2)
n. 9
Cave e torbiere che ricadono anche parzialmente in aree protette a rilevanza regionale,
compresi gli ampliamenti e i casi rientranti nelle
fattispecie seguenti (vedi cat. A2, n. 13 e B2, n.
51 e n. 51 bis):
- ampliamenti di cave esistenti, normate dal
Documento di programmazione dell’attività
estrattiva D.P.A.E. I° stralcio, ricadenti, anche
parzialmente, nelle fasce fluviali A e B dei
Piani stralcio in cui è articolato il Piano di
Bacino del fiume Po di cui alla L. 183/1989,
per una superficie superiore al 10% della
superficie delle aree limitrofe oggetto di autorizzazione in corso;
- ampliamenti di cave esistenti di pietre ornamentali appartenenti a Poli estrattivi, individuati ai sensi del D.P.A.E. II° Stralcio, per
volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, superiori a 30.000 mc, nelle more della
redazione e approvazione del relativo progetto di Polo estrattivo;
- ampliamenti di cave esistenti in sotterraneo
per volumi complessivi scavati, compresi gli
sfridi, superiori a 40.000 mc;
- gallerie di esplorazione di cave in sotterraneo
per materiali di uso industriale.
Cave di prestito, finalizzate al reperimento di
materiale per la realizzazione di opere pubbliche
comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla
legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30 (Norme
speciali e transitorie in parziale deroga alle
norme regionali vigenti per l'esercizio di cave di
prestito finalizzate al reperimento di materiale
per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni), qualora rientrino in
uno dei seguenti casi (vedi cat. A2, n. 13 e B2,
n. 51):
- cave che intercettano la falda freatica;
- cave che, al termine della coltivazione e del
riassetto finale dell’area, prevedono una
destinazione d’uso finale del sito interessato
diversa da quella originaria;
- cave ricadenti, anche parzialmente, nelle
fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è
articolato il Piano di Bacino del fiume Po di
cui alla l. 183/1989, compresi gli ampliamenti di cave esistenti per una superficie superiore al 10% - valore costante da assumere,
indifferentemente dalla localizzazione o meno
in area protetta -della superficie delle aree
limitrofe oggetto di autorizzazione in corso;
- cave con più di 500.000 mc/a di materiale
estratto o di un’area interessata superiore a
20 ettari;
- ripresa di discariche minerarie, dismesse e
stabilmente rinaturalizzate, per un volume
complessivo superiore a 300.000 mc.
• Dopo la categoria n. 9 dell’allegato A1, è inserita la
seguente categoria progettuale n. 9 bis:
n. 9 bis Progetti di Polo estrattivo, individuato ai sensi
del Documento di programmazione dell’attività
estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio - Pietre Ornamentali), ricadente, anche parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale (*) (vedi cat. A2, n. 13
bis)
• Al termine dell’allegato A1 e con riferimento alla categoria progettuale n. 9 bis è inserita la nota seguente:
Allegato A2 - Progetti di competenza della provincia,
sottoposti alla fase di valutazione (articolo 4, comma 2)
Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere
ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita
dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata.
• Nell’allegato A2 le categorie progettuali n. 1, 2, 3 e 13
sono sostituite dalle seguenti:
n. 1
Utilizzo di acque sotterranee, ivi comprese le
acque minerali e termali, nei casi in cui la portata
massima prelevata superi i 100 litri al secondo
n. 2
Utilizzo non energetico di acque superficiali nei
casi in cui la portata massima prelevata superi i
1.000 litri al secondo (vedi cat. A1, n. 1)
(*) La categoria non comprende i piani attuativi, adottati
ed approvati ai sensi dell’art. 20 della L.R. 40/1998.
261
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.C.R. 217-41038/2001
n. 3
n.13
Impianti industriali destinati alla fabbricazione di
pasta per carta a partire dal legno o da altre
materie fibrose
Cave e torbiere, escluse quelle che ricadono, anche
parzialmente in aree protette a rilevanza regionale
ed escluse le cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere
pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni di cui
alla L.R. 3 dicembre 1999 n. 30 (vedi cat. A1, n.
9), qualora rientrino in uno dei seguenti casi:
- cave che intercettano la falda freatica;
- cave che, al termine della coltivazione e del
riassetto finale dell’area, prevedono una
destinazione d’uso finale del sito interessato
diversa da quella originaria;
- cave ricadenti, anche parzialmente, nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui
alla L. 183/1989, compresi gli ampliamenti di
cave esistenti per una superficie superiore al
10% -valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in
area protetta -della superficie delle aree limitrofe oggetto di autorizzazione in corso;
- cave o ampliamenti di cave esistenti di pietre
ornamentali appartenenti a Poli estrattivi,
individuati ai sensi del D.P.A.E. II° Stralcio e
per volumi complessivi scavati, compresi gli
sfridi, superiori a 30.000 mc - valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta -, nelle
more della redazione e approvazione del relativo progetto di Polo estrattivo
- cave con più di 500.000 mc/a di materiale
estratto o di un’area interessata superiore a
20 ettari;
- cave di versante di sabbie silicee e di gessi,
che non richiedono l’uso esclusivo di esplosivo, e di argille, con più di 350.000 mc di materiale complessivamente estratto o superficie
interessata superiore a 5 ettari. Cave di monte
e di culmine, che richiedono l’uso sistematico
di esplosivo, con più di 500.000 mc di materiale complessivamente estratto o superficie
interessata superiore a 10 ettari;
- cave o ampliamenti di cave esistenti in sotterraneo per volumi complessivi scavati,
compresi gli sfridi, superiori a 40.000 mc –
valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area
protetta;
- ripresa di discariche minerarie, dismesse e
stabilmente rinaturalizzate, per un volume
complessivo superiore a 300.000 mc.
• Dopo la categoria n. 13 dell’allegato A2, è inserita la
seguente categoria progettuale n. 13 bis:
n. 13 bis Progetti di Polo estrattivo, individuato ai sensi
del Documento di programmazione dell’attività
estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio - Pietre Ornamentali), non ricadente, neppure parzialmente,
in aree protette a rilevanza regionale (*) (vedi
cat. A1, n. 9 bis).
262
(*) La categoria non comprende i piani attuativi, adottati
ed approvati ai sensi dell’art. 20 della L.R. 40/1998.
• Al termine dell'allegato A2 sono aggiunte le seguenti
categorie progettuali n. 16, 17, 18, 19 e 20:
n. 16 Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o
di suini con più di:
a) 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000
posti per galline;
b) 3.000 posti per suini da produzione (di oltre
30 Kg); o
c) 900 posti per scrofe.
n. 17 Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie
prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici (ex cat. B2, n. 8)
n. 18 Impianti industriali destinati alla fabbricazione di
carta e cartoni con capacità di produzione
superiore a 200 tonnellate al giorno.
n. 19 Progetti di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua ricaricata sia pari o superiore a 10 milioni di metri cubi.
n. 20 Opere per il trasferimento di risorse idriche tra
bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale
penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi
all’anno; in tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con
un’erogazione media pluriennale del bacino in
questione superiore a 2.000 milioni di metri cubi
all’anno e per un volume di acque trasferite
superiore al 5% di detta erogazione. In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua
potabile convogliata in tubazioni.
• Al termine dell’allegato A2 e con riferimento alla categoria progettuale n. 13 bis è inserita la nota seguente:
Allegato B1 - Progetti di competenza della Regione,
sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono
neppure parzialmente in aree protette e sottoposti
alla fase di valutazione quando ricadono, anche parzialmente, in aree protette, sempreché la realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata (articolo 4)
Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita
dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata.
• Nell’allegato B1 le categorie progettuali numero 5, 6, 7,
8, 9, 10, 15 e 22 sono sostituite dalle seguenti:
Progetti di infrastrutture
(vedi anche categorie n. 31 e n. 37)
n. 5
progetti edilizi di sviluppo di zone industriali o
produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari (*)
n. 6
progetti edilizi di sviluppo di aree urbane, nuove
o in estensione, interessanti superfici superiori
ai 40 ettari; progetti edilizi di sviluppo e riassetto urbano, all'interno di aree urbane esistenti,
che interessano superfici superiori ai 10 ettari (*)
n. 7
funivie e impianti meccanici di risalita - escluse
le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a
500 metri - con portata oraria massima superiore a 1.800 persone e strutture connesse
n. 8
derivazione ad uso non energetico di acque
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.C.R. 217-41038/2001
superficiali ed opere connesse nei casi in cui la
portata massima derivata superi i 260 litri al
secondo e sia inferiore o uguale a 1000 l/s, a
condizione che si tratti di grande derivazione
che interessi più regioni di cui all’articolo 89,
comma 2 del D.Lgs. 112/1998 e sino al verificarsi delle condizioni in esso previste (**) (vedi
cat. B1, n. 33 e B2, n. 27)
n. 9
piattaforme intermodali e terminali intermodali,
interporti;
n. 10 porti e impianti portuali, lacuali e fluviali, definiti
di interesse regionale con apposito provvedimento regionale (vedi cat. B3, n. 9); vie navigabili
n. 15 opere di regolazione del corso dei fiumi e dei
torrenti, canalizzazione e interventi di bonifica
idraulica ed altri simili destinati ad incidere sul
regime delle acque, compresi quelli di estrazione di materiali litoidi dal demanio fluviale e
lacuale, ad eccezione delle difese spondali con
materiali impiegati secondo le tecniche di ingegneria naturalistica o con massi d’alveo o di
cava non intasati con conglomerato cementizio
e con altezza non superiore alla quota della
sponda naturale (***)
comma 2 del D.Lgs. 112/1998 e sino al verificarsi delle condizioni in esso previste (**) (vedi
cat. B1, n. 8 e B2, n. 53)
n. 34 estrazione di minerali di cui al r.d. 29.07.1927,
n. 1443, mediante dragaggio fluviale
n. 35 agglomerazione industriale di carbon fossile e
lignite
Turismo e svaghi
n. 36 piste da sci e relative strutture ed infrastrutture
connesse, aventi lunghezza superiore a 1,5 km
oppure superficie complessiva superiore a 5
ettari
Progetti di infrastrutture
(vedi anche categorie dal n. 5 al n. 17 e n. 31)
n. 37 costruzione di centri commerciali, classificati
classici o sequenziali ai sensi dell’allegato A alla
DCR 29 ottobre 1999, n. 563-13414, con superficie di vendita superiore a 2.500 m2 e superficie utile lorda di pavimento superiore a 4.000
m2 (****)
Industria energetica ed estrattiva
(vedi anche categorie dal n. 26 al n. 30)
n. 33 impianti per la produzione di energia idroelettrica alimentati da derivazioni con portata massima prelevata superiore a 260 litri al secondo, a
condizione che si tratti di grande derivazione
che interessi più regioni di cui all’articolo 89,
• Al termine dell’allegato B1 e con riferimento alle categorie progettuali n. 5, n. 6, n. 15 e n. 37 sono inserite
le note seguenti:
2. La superficie di vendita di un centro commerciale è
data dalla somma delle superfici di vendita degli
esercizi commerciali al dettaglio in esso presenti.
3. I centri commerciali sono così classificati:
a) centro commerciale classico: è un insediamento commerciale costituito da un unico edificio,
comprendente uno o più spazi pedonali, dai
quali si accede ad una pluralità di esercizi commerciali al dettaglio integrati, eventualmente, da
attività paracommerciali e di servizio. L’edificio è
soggetto a concessione edilizia unitaria a specifica destinazione. Le singole autorizzazioni
commerciali discendono da un unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente anche
a un soggetto promotore, sulla base delle procedure stabilite dalla Giunta regionale, e nei
tempi previsti dagli articoli 7 e 8 del decreto
legislativo n. 114/1998 e dall’articolo 29 della
presente normativa.
b) centro commerciale sequenziale: è un insediamento commerciale costituito da uno o più edifici collegati funzionalmente da percorsi pedonali, non facenti parte di vie o piazze pubbliche,
dai quali si accede a singoli esercizi commerciali. I servizi accessori possono essere comuni
all’intero complesso degli edifici. Il centro commerciale sequenziale è soggetto a concessione
edilizia unitaria che è rilasciata con le procedu-
La categoria non comprende i piani attuativi, adottati ed approvati ai sensi dell’art. 20 della L.R.
40/1998.
(***) La categoria non comprende gli interventi connessi
alla realizzazione di attraversamenti di fiumi e torrenti realizzati esclusivamente con spalle laterali (senza
pile nell’alveo di piena ordinaria), guadi e soglie di
protezione di attraversamenti realizzati in subalveo.
(****) L’Allegato A alla DCR 29 ottobre 1999, n. 563-13414,
riporta: “Art. 6. Definizione di centro commerciale 1.
Un centro commerciale, ai sensi dell’articolo 4,
comma 1, lettera g) del decreto legislativo n.
114/1998, è una struttura fisico-funzionale concepita
e organizzata unitariamente, a specifica destinazione
d’uso commerciale, costituita da almeno due esercizi
commerciali al dettaglio fatta salva la deroga di cui
all’articolo 7, comma 2. Il centro commerciale è dotato di spazi e servizi comuni funzionali al centro stesso,
che possono essere organizzati in superfici coperte o
a cielo libero. Il centro commerciale è unitario rispetto:
al sistema del traffico, al parcheggio, ai servizi ad uso
collettivo di vario genere e dimensione, pubblici o privati. Il consumatore percepisce un’immagine unitaria
dell’offerta commerciale e dei servizi connessi.
Altri progetti
(vedi anche categoria n. 32)
n. 22 cave di prestito con materiale estratto inferiore
o uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o uguale a 20 ettari, finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere
pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni,
di cui alla legge regionale 3 dicembre 1999, n.
30 (Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l'esercizio di
cave di prestito finalizzate al reperimento di
materiale per la realizzazione di opere pubbliche
comprese in accordi Stato-Regioni), non rientranti nei casi previsti dalla categoria n. 9 dell’allegato A1 (vedi anche cat. B2, n. 51)
• Nell'allegato B1 è soppressa la categoria progettuale n. 18
• Al termine dell’allegato B1 sono aggiunte le seguenti
categorie progettuali n. 33, 34, 35, 36 e 37:
(*)
263
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.C.R. 217-41038/2001
re previste per gli immobili destinati al commercio al dettaglio nonché dall’articolo 28 della
presente normativa. Le singole autorizzazioni
commerciali, comunque, discendono da un
unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente, anche a un soggetto promotore. La
realizzazione della struttura può essere scaglionata nel tempo.
- omissis - ”
Allegato B2 - Progetti di competenza della provincia,
sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono,
neppure parzialmente, in aree protette e sottoposti
alla fase di valutazione quando ricadono, anche parzialmente, in aree protette, sempreché la realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata (articolo 4)
Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere
ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita
dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata.
• Nell'allegato B2 è soppressa la categoria progettuale n.
8
• Nell'allegato B2 le categorie progettuali n. 1, 27, 28, 41
e 51 sono sostituite dalle seguenti:
264
to finalizzate al reperimento di materiale per la
realizzazione di opere pubbliche comprese in
accordi Stato-Regioni, di cui alla legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30 (Norme speciali e
transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l'esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni), non rientranti nei casi previsti
dalla categoria n. 13 dell’allegato A2 (vedi
anche cat. A1, n. 9 e B1, n. 22)
• Dopo la categoria n. 51 dell’allegato B2, è inserita la
seguente categoria progettuale n. 51 bis:
n. 51 bis gallerie di esplorazione di cave in sotterraneo
per materiali di uso industriale, non ricadenti,
neppure parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale (vedi cat. A1, n. 9)
• Al termine dell’allegato B2 sono aggiunte le seguenti
categorie progettuali n. 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59,
60, 61, 62, 63 e 64
Agricoltura
n. 1
impianti per l’allevamento intensivo di animali;
intendendosi per intensivo l’esistenza di una
concentrazione animale descrivibile, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area
protetta, con un numero di “Unità Bovine
Adulte” (UBA) per ettaro superiore a 5, calcolato secondo le modalità stabilite da deliberazione di Giunta regionale. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione o
meno in area protetta, gli allevamenti con un
numero di animali inferiore o uguale a: 1.000
avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe,
300 ovicaprini, 50 posti bovini.
Industria energetica ed estrattiva
(vedi anche categorie dal n. 40 al n. 44)
n. 52 impianti di superficie connessi all’industria di
estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas
naturale e di minerali metallici nonché di scisti
bituminosi
n. 53 impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 kW
oppure alimentati da derivazioni con portata
massima prelevata superiore a 260 litri al
secondo. Per le derivazioni localizzate in zona
C, come definita dalla D.G.R. del 26.04.1995,
n. 74-45166, o la cui sezione di presa sottende
un bacino di superficie minore o uguale a 200
kmq, la soglia inferiore è ridotta a 140 l/s. Sono
comunque esclusi gli impianti destinati all’autoproduzione aventi potenza installata inferiore o
uguale a 30 kW - valore costante da assumere,
indifferentemente dalla localizzazione o meno in
area protetta (*) (vedi cat. B1, n. 33)
Progetti di infrastrutture
n. 27 derivazione ad uso non energetico di acque
superficiali ed opere connesse nei casi in cui la
portata massima derivata superi i 260 litri al
secondo e sia inferiore o uguale a 1.000 l/s. Per
le derivazioni localizzate in zona C, come definita dalla D.G.R. del 26.04.1995, n. 74-45166, o
la cui sezione di presa sottende un bacino di
superficie minore o uguale a 200 kmq, la soglia
inferiore è ridotta a 140 l/s (*) (vedi cat. B1, n. 8)
n. 28 sistemi di captazione di acque sotterranee ed
opere connesse, nei casi in cui la portata massima prelevata superi i 50 litri al secondo
Industria dei prodotti minerali
n. 54 cokerie (distillazione a secco del carbone).
n. 55 impianti per la fusione di sostanze minerali,
compresi quelli destinati alla produzione di fibre
minerali con capacità di fusione di oltre 20 t al
giorno
n. 56 fabbricazione di prodotti ceramici mediante
cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni
refrattari, piastrelle, grès e porcellane, con una
capacità di produzione di oltre 75 t al giorno e/o
con una capacità di forno superiore a 4 m3 e
con una densità di colata per forno superiore a
300 kg/m3
Industria energetica
n. 41 impianti industriali non termici per la produzione
di energia, vapore ed acqua calda
Progetti di infrastrutture
(vedi anche categorie dal n. 27 al n. 33)
n. 57 progetti di ricarica artificiale delle acque freatiche
n. 58 opere per il trasferimento di risorse idriche tra
bacini imbriferi
Altri progetti
(vedi anche categorie dal n. 34 al n. 39 e dal n. 62 al n. 64)
n. 51 cave e torbiere con materiale estratto inferiore o
uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o uguale a 20 ettari, escluse quelle che ricadono, anche parzialmente, in aree protette a
rilevanza regionale ed escluse le cave di presti-
Turismo e svaghi
n. 59 villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari,
centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri
con oltre 300 posti letto o volume edificato
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.C.R. 217-41038/2001
superiore a 25.000 mc o che occupano una
superficie superiore ai 20 ettari, con relative
strutture connesse, esclusi quelli ricadenti all'interno dei centri abitati
n. 60 aree attrezzate a campeggio e caravaning a
carattere permanente, con superficie superiore
a 5 ettari oppure con capacità superiore a 300
posti roulotte o camper
n. 61 parchi tematici di superficie complessiva superiore a 5 ettari
Altri progetti
(vedi categorie dal n. 34 al n. 39 e dal n. 46 al n. 51 bis)
n. 62 depositi di fanghi diversi da quelli di cui al d.lgs.
22/1997, con capacità superiore a 10.000
metri cubi
n. 63 impianti per il recupero o la distruzione di
sostanze esplosive
n. 64 stabilimenti di squartamento con capacità di
produzione superiore a 50 t/giorno
Allegato B3 - Progetti di competenza del comune,
sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono,
neppure parzialmente, in aree protette e sottoposti
alla fase di valutazione quando ricadono, anche parzialmente, in aree protette, sempreché la realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata (articolo 4)
Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita
dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata.
• Nell'allegato B3 la tipologia n. 3 è sostituita dalla
seguente:
Agricoltura
n. 3
progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di
drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari
• Al termine dell’allegato B3 è aggiunta la seguente categoria progettuale n. 10:
Progetti di infrastrutture
(vedi anche categorie dal n. 4 al n. 6)
n. 10 costruzione di parcheggi con capacità superiore a 500 posti auto
Allegato C - Casi di esclusione automatica dalla procedura di VIA, secondo le modalità di cui all’articolo
10, comma 4, di progetti di cui agli allegati B1, B2 e
B3, non ricadenti neppure parzialmente in aree protette (articolo 4, comma 6, lettera a)
• Nell'allegato C dopo il primo punto è inserito il seguente:
Dalle tipologie all. B1, n. 11 (strade extraurbane secondarie, escluse le provinciali e le comunali), all. B2, n. 29
(strade extraurbane secondarie provinciali) e all. B3, n.
4 (strade extraurbane secondarie comunali):
- B1, 11/a - B2, 29/a - B3, 4/a - Interventi di adeguamento di strade extraurbane secondarie esistenti, ai
fini esclusivi di ammodernamento e messa in sicurezza, consistenti nella realizzazione di svincoli a circolazione rotatoria, innesti, nella modifica sostanziale di sezioni e raggi di curvatura (anche conseguen-
te alla costruzione di opere di protezione da frane e
cadute massi), compresa la ricostruzione di attraversamenti esistenti di corsi d’acqua anche per esigenze di compatibilità idraulica.
• Nell'allegato C il quarto punto è sostituito dal seguente:
Dalle tipologie all. B1, n. 22 (cave di prestito con materiale estratto inferiore o uguale a 500.000 mc/a e con
superficie inferiore o uguale a 20 ettari, finalizzate al
reperimento di materiale per la realizzazione di opere
pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui
alla l.r. 3 dicembre 1999, n. 30, non rientranti nei casi
previsti dalla categoria n. 9 dell’allegato A1) e all. B2, n.
51 (cave e torbiere con materiale estratto inferiore o
uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o
uguale a 20 ettari, escluse quelle che ricadono, anche
parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale ed
escluse le cave di prestito finalizzate al reperimento di
materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla L.R. 3 dicembre 1999, n. 30, non rientranti nei casi previsti dalla
categoria n. 13 dell’allegato A2)
Nei casi previsti dalle tipologie di esclusione seguenti,
qualora vengano successivamente richieste modifiche,
rinnovi o ampliamenti che complessivamente non facciano più rientrare la cava nelle fattispecie indicate, le
istanze non sono automaticamente escludibili.
Nei casi di esclusione seguenti non sono ovviamente
compresi i progetti sottoposti direttamente alla fase di
valutazione (vedi categorie: A1, n. 9 e 9 bis, A2 n. 13 e
13 bis) o localizzati, anche parzialmente, all’interno di
aree protette.
- B1, 22/a - B2, 51/a - Scavi a fossa, per ogni tipo di
materiale ad eccezione di pietre ornamentali, con
volumi di escavazione sino a 500.000 mc complessivi e con superficie inferiore a 20 ettari, condotti con
profondità fino ad un metro dal livello di massima
escursione della falda superficiale e comunque ad
una profondità mai superiore a 5 metri dal piano di
campagna, che non comportino mutamento di
destinazione d’uso, con esclusione degli interventi
nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla L.
183/1989.
- B1, 22/b - B2, 51/b - Miglioramenti fondiari su aree
inferiori a 20 ettari, con profondità di scavo non superiore a 2 m e volumi di escavazione sino a
200.000 mc complessivi, con esclusione degli interventi nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui
è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla
l. 183/1989.
- B1, 22/c - B2, 51/c - Arretramenti di terrazzi alluvionali di pianura per un’altezza inferiore a 10 metri e
volumi di escavazione sino a 200.000 mc complessivi, con arretramenti non superiori a 1/10 della lunghezza di bordo, per uno sviluppo massimo del fronte fino a 500 metri, con esclusione degli interventi
nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla L.
183/1989.
- B1, 22/d - B2, 51/d - Coltivazioni di discariche minerarie derivanti da attività di cava in atto, finalizzate
unicamente al riutilizzo del materiale stoccato e limitatamente agli accumuli di materiale non efficacemente reinseriti nel contesto ambientale, con esclusione degli interventi nelle fasce A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di bacino del fiume Po,
265
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.C.R. 217-41038/2001
di cui alla l. 183/1989.
- B2, 51/e - Interventi in versante per estrazione di
materiali industriali con volumi di escavazione sino a
200.000 mc complessivi e con superficie inferiore a
5 ettari, con esclusione degli interventi nelle fasce
fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il
Piano di Bacino del fiume Po di cui alla l. 183/1989.
- B2, 51/f - Nuove cave o ripresa di cave storiche di
pietre ornamentali oppure progetti di ampliamento di
cave esistenti, oppure progetti di modifica e istanze
di rinnovo di cave esistenti, non appartenenti a Poli
estrattivi, individuati ai sensi del Documento di programmazione dell’attività estrattiva (D.P.A.E. II°
Stralcio - Pietre Ornamentali), qualora siano verificate contemporaneamente le seguenti condizioni:
• i volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, siano
inferiori a 60.000 mc,
• la superficie complessivamente occupata, ivi comprese
le discariche, sia inferiore a 4 ettari, non sia necessaria
la realizzazione di nuova viabilità di accesso o di altra
discarica limitrofa,
• non siano interessate zone di culmine e i fronti di cava,
non siano visibili da centri abitati.
- B2, 51/g - Progetti di avvio di cantieri di cava in sotterraneo di pietre ornamentali o ampliamento dei
medesimi, con realizzazione di galleria pilota e senza
necessità di discarica a cielo aperto, per volumi
complessivi scavati, compresi gli sfridi, inferiori o
uguali a 40.000 mc, qualora siano verificate contemporaneamente le seguenti condizioni:
- sia dimostrato, attraverso opportuna indagine
idrogeologica, che l’intervento non perturba direttamente o indirettamente il sistema delle acque
superficiali e sotterranee,
- sia definito il riutilizzo finale dei vuoti e del sito nel
suo complesso.
- B2, 51/h - Ampliamenti di cave esistenti di pietre
ornamentali appartenenti a Poli estrattivi, individuati
ai sensi del Documento di programmazione dell’attività estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio – Pietre
Ornamentali), per una durata massima di 12 mesi e
comunque per volumi complessivi scavati, compresi
gli sfridi, inferiori o uguali a 10.000 mc, nelle more
della redazione e approvazione del relativo progetto
di Polo estrattivo.
• Nell'allegato C il quinto punto è sostituito dal seguente:
Dalla tipologia all. B2, n. 30 (“… impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con
capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno
(operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e D14, del
decreto legislativo 22/1997)”)
- B2, 30/a - Progetti relativi ad impianti di smaltimento
di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di
raggruppamento o di ricondizionamento preliminari,
con capacità massima complessiva superiore a 20
t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e
D14, del decreto legislativo 22/1997), localizzati in
aree non sottoposte a vincolo idrogeologico
• Nell'allegato C il sesto punto è soppresso.
266
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
28 dicembre 2001, n. 38
LEGGE REGIONALE
Costituzione dell’Agenzia interregionale per la gestione del fiume Po
(B.U. n. 1 del 3 gennaio 2002)
Il Consiglio regionale ha approvato
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 3
Efficacia della legge
Art. 1
Oggetto e finalità
1. Le disposizioni della presente legge assumono efficacia dalla data di entrata in vigore
dell’ultima delle leggi istitutive dell’agenzia,
emanate dalle Regioni interessate.
1. Per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti locali, in attuazione del Capo I della legge
15 marzo 1997, n. 59) che necessitano di una
gestione unitaria ed interregionale del bacino
del Po, la Regione Piemonte concorre all’istituzione dell’agenzia interregionale per il fiume
Po di seguito denominata agenzia.
Art. 4
Disposizioni finanziarie
1. La Regione, in fase di prima applicazione
della legge, utilizza per le spese di funzionamento e per le spese di esercizio delle funzioni attribuite all’agenzia le risorse trasferite dallo
Stato in attuazione del D.Lgs.112/1998, trasferendole annualmente all’agenzia.
2. Con successivo provvedimento del
Consiglio, la Regione organizza le funzioni
amministrative che richiedono l’esercizio a livello regionale ai sensi dell’articolo 59, comma 1,
della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44
(Disposizioni normative per l’attuazione del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), prevedendo articolazioni funzionali a livello di
domini fluviali, anche in attuazione dell’articolo
60, comma 3, della L.R. 44/2000.
2. I conseguenti movimenti finanziari sul
bilancio regionale sono regolati con successivi atti amministrativi.
Art. 2
Accordo costitutivo
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della
Regione Piemonte.
1. L’organizzazione e le funzioni dell’agenzia
sono disciplinati dalle disposizioni dell’accordo costitutivo allegato alla presente legge,
quale parte integrante della stessa.
2. Le modifiche all’accordo, da adottarsi
previa intesa fra le Regioni interessate, sono
approvate con apposita deliberazione del
Consiglio regionale.
3. Nella fase successiva la Giunta regionale,
viste le previsioni annuali dell’agenzia, assegna risorse per le finalità di cui al comma 1,
nei limiti delle disponibilità finanziarie del bilancio regionale.
La presente legge regionale sarà pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione.
267
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L.R. 38/2001
ALLEGATO A
ACCORDO COSTITUTIVO DELL’AGENZIA
INTERREGIONALE PER IL FIUME PO (AIPO)
Art. 1
Oggetto e contenuto
1. Con il presente accordo le Regioni Emilia Romagna,
Lombardia, Piemonte e Veneto istituiscono l’agenzia interregionale per la gestione unitaria delle funzioni di cui
all’articolo 4.
2. Il presente accordo disciplina l’organizzazione e le
funzioni dell’agenzia nell’ambito del bacino idrografico del
fiume Po.
Art. 5
Avvalimento
1. Fermo restando l’ambito istituzionale delle funzioni
attribuite all’agenzia ai sensi dell’articolo 4, le Regioni ricadenti nel bacino del Po possono avvalersi delle strutture
dell’agenzia per l’esercizio di proprie funzioni di difesa del
suolo previa stipula di convenzione con l’agenzia stessa e
con oneri a proprio carico.
Art. 6
Organi dell’agenzia
1. Sono organi dell’agenzia:
a) Il Comitato d’indirizzo;
b) Il Direttore;
c) Il Collegio dei revisori.
Art. 2
Generalità
1. L’agenzia è denominata Agenzia interregionale per il
fiume Po (AIPO), ha sede in Parma ed è articolata in sezioni territoriali determinate dal Comitato d’indirizzo di cui
all’articolo 6.
2. Per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 4, l’agenzia opera come ente strumentale delle Regioni.
3. L’agenzia ha personalità giuridica pubblica ed è dotata di autonomia amministrativa, organizzativa, contabile
e patrimoniale secondo quanto previsto dal presente
accordo.
Art. 3
Ambito territoriale dell’agenzia
1. In fase di prima applicazione, l’agenzia esercita le
funzioni di cui all’articolo 4 nell’ambito territoriale definito
dall’allegata cartografia, corrispondente alle competenze
del Magistrato per il Po.
2. Per la ridefinizione di tale ambito, entro dodici mesi
dalla costituzione dell’agenzia si procede a verifica e le
eventuali modifiche della cartografia sono assunte previa
intesa tra le Regioni interessate ed approvate da ciascuna di esse secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti.
Art. 4
Funzioni
1. L’agenzia, sulla base della pianificazione dell’Autorità
di Bacino e della programmazione delle singole Regioni,
svolge le seguenti funzioni:
a) la programmazione operativa degli interventi;
b) la progettazione e attuazione degli interventi;
c) la polizia idraulica;
d) la gestione del servizio di piena;
e) l’istruttoria per il rilascio dei provvedimenti di concessione delle pertinenze idrauliche demaniali;
f) il monitoraggio idrografico, sulla base degli accordi
interregionali previsti, in attuazione dell’articolo 92
del D.Lgs. 112/1998, al fine di garantire l’unitarietà a
scala di bacino idrografico.
268
2. L’agenzia provvede a coordinare le attività funzionali
alla realizzazione e al mantenimento delle opere di navigazione.
Art. 7
Comitato di indirizzo
1. Il Comitato di indirizzo è un organo collegiale formato dagli Assessori delle Regioni di cui all’articolo 1 competenti in materia, con Presidenza a rotazione di durata
biennale.
2. Il Comitato, nell’ambito delle proprie competenze, in
particolare:
a) conferisce e revoca l’incarico di Direttore;
b) stabilisce gli obiettivi programmatici e ne verifica l’attuazione;
c) definisce le articolazioni territoriali di cui all’articolo 2;
d) approva il regolamento di organizzazione e il regolamento di contabilità proposti dal Direttore;
e) approva il bilancio di previsione, le relative variazioni
e il conto consuntivo predisposti dal Direttore;
f) approva la relazione programmatica sull’attività dell’agenzia predisposta dal Direttore;
g) delibera in materia di accordi per l’avvalimento di cui
3. Il Comitato d’indirizzo adotta i propri atti all’unanimità
dei componenti e si dota, per lo svolgimento dei lavori, di
apposito regolamento interno.
Art. 8
Comitato tecnico
1. Al fine di garantire il raccordo operativo tra l’attività
dell’agenzia e quella delle Regioni, il Comitato di indirizzo
e il Direttore si avvalgono di un Comitato tecnico composto dai responsabili delle strutture competenti delle
Regioni di cui all’articolo 1.
Art. 9
Direttore
1. Il Direttore è scelto dal Comitato d’indirizzo tra persone di comprovata esperienza e competenza che abbiano ricoperto incarichi di responsabilità gestionale presso
strutture pubbliche o private.
2. Il Direttore è assunto con contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a 5 anni e prorogabile una
sola volta. Il recesso dal contratto è disciplinato dall’articolo 2119 del codice civile.
3. Il Direttore ha la rappresentanza legale dell’agenzia e
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
L.R. 38/2001
ad esso sono attribuiti tutti i poteri di gestione tecnica,
amministrativa, contabile, salvo quelli attribuiti ai dirigenti
dal regolamento di organizzazione di cui all’articolo 11.
2. Il Direttore, sentito il Comitato d’indirizzo, conferisce
l’incarico ai dirigenti.
3. Il Direttore predispone i seguenti atti, sottoponendoli
all’approvazione del Comitato d’indirizzo:
a) il regolamento di organizzazione e il regolamento di
contabilità;
b) la relazione programmatica e la relazione gestionale
sull’attività svolta dall’agenzia;
c) il bilancio di previsione, eventuali variazioni e il conto
consuntivo.
4. Il Direttore trasmette alle Giunte regionali la relazione
programmatica, la relazione gestionale, il bilancio di previsione, eventuali variazioni e il conto consuntivo.
Art. 13
Ordinamento contabile dell’Agenzia
1. L’ordinamento contabile dell’agenzia è disciplinato
sulla base dei principi di cui al decreto legislativo 28
marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle
regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge
25 giugno 1999, n. 208).
2. Il bilancio dell’agenzia è redatto in termini finanziari di
competenza e di cassa, nel rispetto dei principi dell’annualità, dell’integrità, della specificazione, dell’universalità,
dell’unità, della veridicità, della pubblicità, della chiarezza,
del pareggio finanziario e delle norme stabilite dal regolamento di contabilità.
Art. 10
Collegio dei revisori
3. Il Comitato di indirizzo approva il bilancio di previsione, l’assestamento e le variazioni allo stesso secondo le
modalità previste dal regolamento di contabilità. Contestualmente al bilancio annuale, il Comitato di indirizzo
approva un bilancio pluriennale in termini di competenza,
di durata non inferiore ad un triennio.
1. Il Collegio dei revisori è nominato dal Comitato d’indirizzo.
4. Il rendiconto dell’agenzia è formato secondo le regole stabilite dal regolamento di contabilità.
2. Il Collegio dura in carica tre anni ed è composto da
tre membri effettivi ed un supplente, iscritti nel registro dei
revisori dei conti. Il Collegio nomina fra i propri membri un
presidente.
5. L’agenzia esercita i controlli interni, compreso il controllo di gestione, secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività
svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonché dal
regolamento di contabilità.
3. Il Collegio esamina, sotto il profilo della regolarità
contabile, gli atti dell’agenzia, comunicando tempestivamente le proprie osservazioni al Comitato d’indirizzo e alle
Regioni.
6. L’agenzia non può contrarre mutui e prestiti.
Art. 11
Organizzazione e personale
1. L’organizzazione e il funzionamento dell’agenzia
sono disciplinati con apposito regolamento interno da
emanarsi nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), conformemente alle disposizioni del presente accordo.
2. L’agenzia ha una dotazione organica iniziale proveniente dal Magistrato per il Po.
Art. 14
Disposizioni transitorie
1. Il Comitato di indirizzo provvede alla scelta del
Direttore entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore
dell’ultima delle leggi regionali istitutive dell’agenzia.
2. Il subentro dell’agenzia nelle funzioni del Magistrato
per il Po ha effetto secondo le modalità stabilite nell’accordo stipulato, ai sensi dell’articolo 4 del D.P.C.M. 14
dicembre 2000, con il Ministero competente.
3. Per la disciplina del rapporto di lavoro del personale
dell’agenzia si applica il contratto collettivo del comparto
Regioni-Enti locali.
4. È fatta salva la possibilità di assunzione di personale tramite procedure selettive, ai sensi del d.lgs.
165/2001.
Art. 12
Patrimonio
1. Il patrimonio dell’agenzia è costituito dai beni trasferiti dallo Stato ai sensi dei provvedimenti emanati in attuazione dell’articolo 7 del D.Lgs.112/1998, dalle Regioni
nonché dai beni pervenuti ad altro titolo.
2. In caso di scioglimento dell’agenzia i beni immobili
che compongono il patrimonio vengono trasferiti alla
Regione nel cui territorio insistono i beni stessi.
269
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
28 dicembre 2001, n. 81-4973
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE
L.R. n. 42/2000 art. 16 definizione dei criteri, delle modalità e dei termini per la
presentazione dei progetti per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale di siti inquinati, ai fini dell’ammissione a finanziamento regionale
(B.U. n. 3 del 17 gennaio 2002)
(omissis)
LA GIUNTA REGIONALE
a voti unanimi ...
ALLEGATO
DELIBERA:
Criteri, modalità e termini per la presentazione
di domande di contributo regionale per la messa
in sicurezza, la caratterizzazione e la
progettazione, la realizzazione di interventi di
bonifica e di ripristino ambientale di siti inquinati
(D.Lgs 22/1997 art. 17 e s.m.i. - L.R. 42/2000 art. 16)
1. di definire, ai sensi della L.R. n. 42/2000
art. 16 i criteri, le modalità ed i termini per la
presentazione dei progetti per la messa in
sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale di siti inquinati, ai fini dell’ammissione a
finanziamento regionale, come dettagliato
nell’ “Allegato 1” della presente deliberazione,
di cui costituisce parte integrante;
2. di destinare all’attuazione del piano di
finanziamento le risorse finanziarie comunitarie e regionali non assegnate nell’attuazione
della deliberazione 17-155 del 5 giugno 2000
ed iscritte nel bilancio regionale, nonché quelle di provenienza statale o comunitaria;
3. di dare atto che non è possibile procedere ad assegnazioni di fondi per gli interventi di
cui al D.Lgs 22/97 art. 14) in attuazione di
quanto espressamente previsto dal D.M.
471/99 art. 1, comma 2) se non per consentire operazioni previste dal D.M. 471/1999.
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Finalità
I finanziamenti oggetto della presente procedura sono
finalizzati all’esecuzione in danno di interventi di messa in
sicurezza, caratterizzazione e progettazione, bonifica e
ripristino ambientale così come definiti dal D.M. 25 ottobre 1999 n. 471.
Il finanziamento regionale è previsto dal comma 9, articolo 17 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 e dall’articolo 16
della L.R. 42/2000.
Soggetti ammessi al finanziamento
Sono ammesse a finanziamento le Amministrazioni
comunali di cui all’articolo 16 della L.R. 42/2000 nel cui territorio sia presente un sito inquinato segnalato quale prioritario dalla Provincia in base ai criteri del Piano Regionale di
Bonifica delle Aree Inquinate, e per il quale non è stata avviata la bonifica da parte del responsabile dell’inquinamento
secondo le indicazioni previste per l’ammissibilità al finanziamento, sono ammesse le Amministrazioni provinciali nel
caso, previsto dall’articolo 3 lettera f della L.R. 42/2000,
in cui l’intervento interessi il territorio di più comuni.
Condizioni di ammissione a finanziamento
Sono ammessi al finanziamento gli interventi eseguiti in
danno dalle Amministrazioni di cui al punto precedente e
per i quali sussistano le condizioni previste dal D.Lgs
22/97, articolo 17, comma 9 e D.M. 471/99, articolo 14,
comma 1 ed in particolare:
a) il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile ed il proprietario del sito non provveda;
b) il responsabile dell’inquinamento sia individuabile ma
non provveda, né provveda il proprietario del sito da
bonificare o altro soggetto interessato;
c) il sito da bonificare sia di proprietà pubblica ed il
responsabile dell’inquinamento non sia individuabile
o non provveda.
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.G.R. 81-4973/2001
Spese ammissibili
Sono ammesse a finanziamento integrale le spese di
progettazione sostenute direttamente dall’Amministrazione comunale o provinciale, le spese per la caratterizzazione dell’area e le indagini realizzate, eseguite secondo i
criteri dell’allegato 2 del D.M. 471/99 ed ai sensi dell’articolo 18, comma 2 della L.R. 42/2000, nonché, oltre alle
spese per l’esecuzione degli interventi, tutte le spese
sostenute per l’aggiudicazione la conduzione ed il collaudo degli interventi.
Per favorire l’avvio del maggior numero di interventi
l’importo dei progetti dovrà essere suddiviso in lotti funzionali del valore massimo di 2,5 milioni di Euro.
Ogni proposta di intervento dovrà essere corredata
dalla seguente documentazione:
Documentazione amministrativa
Ai fini della determinazione dell’ammissibilità al finanziamento dovrà essere presentata:
* relazione attestante la necessità di esecuzione d’ufficio
dell’intervento secondo quanto previsto dal combinato
disposto dell’articolo 16 della L.R. 42/2000 e dell’articolo 14 del D.M. 471/99 supportata dai relativi atti;
* la documentazione urbanistica integrata secondo
quanto previsto dal comma 4, articolo 17 del D.M.
471/99, o in alternativa che dimostri l’avvio della procedura di variazione degli strumenti urbanistici finalizzata all’evidenziazione dell’onere reale sul certificato di
destinazione urbanistica;
* in caso di fallimento del responsabile dell’inquinamento
la documentazione attestante l’insinuazione nella procedura fallimentare secondo quanto previsto dal
comma 11, articolo 17 del D.Lgs 22/97 e comma 5,
articolo 18 del D.M. 471/99;
* parere provinciale ex art. 3, comma 1, lettera e) della
L.R. 42/2000
Documentazione progettuale
Sono ammesse le seguenti tre tipologie di progetti:
1. realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza
2. caratterizzazione e progettazione di interventi di
bonifica e ripristino ambientale
3. realizzazione di interventi di bonifica e ripristino
ambientale
Potranno essere presentati progetti di una delle tre tipologie ovvero progetti abbinati di tipo 1 e 2; i progetti di tipo
3 non possono essere abbinati ad altri tipi di progetto.
A seconda del tipo di progetto dovrà essere presentata la seguente documentazione tecnica:
Realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza
* descrizione del sito e della situazione di pericolo che
impone gli interventi, comprensiva delle tipologie di
inquinanti coinvolti e relativa documentazione a supporto dei possibili percorsi di contaminazione e dei bersagli interessati
* progetto della messa in sicurezza d’emergenza
* computo metrico estimativo degli interventi
* capitolato speciale
* quadro economico dell’intervento
Caratterizzazione e progettazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale
* piano di caratterizzazione e sua quantificazione economica
* parcella previsionale per le spese di progettazione dell’intervento di bonifica
Realizzazione di interventi di bonifica e rispristino
ambientale
* progetto definitivo (comprensivo degli esiti della caratterizzazione dell’area)
* computo metrico estimativo degli interventi
* capitolato speciale
* quadro economico dell’intervento
* cronogramma dei lavori e corrispondente previsione
della spesa, suddivisa in trimestri, a partire dal momento di pubblicazione del bando di gara
La documentazione tecnica dovrà essere redatta conformemente a quanto previsto dagli allegati 2 e 4 del D.M.
471/99.
I prezzi di riferimento sono quelli dell’elenco prezzi ufficiale della Regione Piemonte. Per i prezzi non presenti
dovrà essere presentata l’analisi o una ricerca di mercato.
Tutta la documentazione dovrà essere conforme alla
normativa di aggiudicazione prevista (opere o servizi).
Dovranno essere rendicontate per il rimborso le eventuali spese già sostenute degli Enti per la presentazione
dei progetti.
Approvazione dei progetti
Tutta la documentazione, sia tecnica che amministrativa, dovrà essere presentata previa approvazione formale
da parte dell’Amministrazione competente (Comune o
Provincia). Nel caso dei Comuni la documentazione dovrà
essere corredata dal parere della Provincia.
Assegnazione dei finanziamenti
Il contributo regionale sarà assegnato, fatte salve le
condizioni di ammissibilità, in base ai seguenti criteri di
priorità:
* indice di rischio calcolato secondo il metodo ARPA
riportato nel Piano Regionale di Bonifica delle Aree
Inquinate;
* completamento o prosecuzione di interventi già avviati
* coordinamento dell’intervento con eventuali progetti di
infrastrutturazione o sviluppo anche sotto il profilo temporale e di massimizzazione delle economie e dei risultati.
Gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza saranno considerati comunque prioritari indipendentemente dai
criteri di cui sopra.
Presentazione dei progetti da parte delle province
In conformità con quanto disciplinato dall’articolo 16
della L.R. 42/2000 i progetti, nei limiti delle risorse previste in bilancio, verranno finanziati su proposta della
Provincia che a tale scopo presenterà i progetti da finanziare, tenuto conto dei limiti e dei criteri sopra segnalati ai
fini dell’ammissibilità, con indicazione degli interventi ritenuti prioritari sulla base dei criteri di cui al paragrafo precedente, tenendo altresì conto dei propri strumenti di pianificazione territoriale.
La presentazione avverrà attraverso l’invio di una deliberazione dell’organo provinciale competente entro il termine di decadenza del 28 febbraio 2002.
Per il calcolo dell’indice di rischio gli Enti potranno
avvalersi del supporto di ARPA.
Revoca del finanziamento
Come previsto dall’articolo 19 della L.R. 42/2000, la
271
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.G.R. 81-4973/2001
Giunta regionale può avviare procedure di revoca al fine
del riutilizzo delle somme finanziate per la realizzazione di
altri interventi qualora, entro sei mesi dalla data di concessione del finanziamento, non siano state avviate le
procedure per l’esecuzione della bonifica.
272
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE
7 gennaio 2002, n. 23-5028
Indirizzi per l’istruttoria delle istanze relative alla realizzazione di centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW termici
(B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002)
Il Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n.79,
in attuazione della direttiva 96/92/CE recante
“Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”, ha liberalizzato l’attività di
produzione di energia elettrica.
In relazione a tale nuova situazione, è stato
presentato a livello nazionale un elevato
numero di domande dirette ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di centrali superiori a 300 MW termici per una richiesta complessiva di circa 100.000 MW elettrici, di cui
più del 10% localizzati nel territorio della
Regione Piemonte o ai suoi confini.
Per tale motivo, sin dall’aprile 2001 è stato
promosso dal Piemonte, come Regione
capofila per l’Ambiente e dalla Toscana, come
Regione capofila per l’Energia, con i Dicasteri
delle Attività Produttive e dell’Ambiente e le
altre Regioni un accordo nazionale nell’ambito
della Conferenza Unificata di cui all’art.8 del
D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Nelle more della sottoscrizione di questo
accordo diretto a stabilire criteri e indirizzi
localizzativi condivisi e trasparenti anche per i
soggetti proponenti, appare necessario formulare indicazioni ai rappresentanti regionali
che partecipano alle istruttorie per l’espressione dei pareri previsti nell’ambito della procedura di cui all’allegato IV del D.P.C.M. 27
dicembre 1988, tuttora vigente, recante
norme tecniche per la redazione degli studi di
impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità, ai fini di assicurare una
valutazione omogenea a livello regionale,
ferma restando la valutazione sull’impatto
ambientale collegata agli aspetti di criticità del
territorio interessato.
Anche sulla base degli approfondimenti
svolti in occasione delle istruttorie già concluse con l’espressione del parere della Giunta
Regionale nell’ambito dell’articolata procedura di cui all’Allegato IV del sopra citato
D.P.C.M., nonché dei confronti avvenuti in
sede nazionale, ai fini di garantire gli obiettivi
energetici e ambientali, appare necessario individuare alcuni criteri coerenti con quelli già
approfonditi in sede di elaborazione dell’accordo.
Tali criteri costituiranno le linee guida cui gli
istruttori dovranno ispirarsi per le numerose
istruttorie a livello regionale e per le parallele
istruttorie a livello nazionale, cui partecipano in
rappresentanza della Regione Piemonte, premesse le seguenti considerazioni di fondo:
1) l’energia elettrica rappresenta un fattore
strategico per lo sviluppo economico e
sociale e la disponibilità della stessa a
prezzi contenuti è alla base dei processi di
crescita produttiva, sociale ed occupazionale, nonché della competitività internazionale di interi settori produttivi;
2) la liberalizzazione del settore elettrico può
consentire la progressiva riduzione dei
prezzi dell’energia elettrica;
3) le dinamiche di mercato possono innescare importanti sviluppi di carattere
ambientale per il risanamento ed il rinnovo
del parco di produzione elettrica;
4) l’energia elettrica può essere prodotta
solo per l’utilizzo immediato;
5) la disponibilità di nuovi impianti termoelettrici ad alta efficienza, più rispettosi dell’ambiente ma anche più economici, o il
risanamento di quelli esistenti, escluderà
inevitabilmente dal mercato gli impianti più
inefficienti, costosi ed inquinanti;
6) va sottolineata la necessità di perseguire
gli obiettivi concordati con la sottoscrizione da parte dei Presidenti delle Regioni
del Protocollo di Torino, in data 5 giugno
2001, in materia di riduzione dei gas climalteranti.
Alla luce di queste considerazioni, nella valutazione dei progetti dovranno essere osservati dagli istruttori i criteri generali e specifici di
seguito indicati, fatti salvi gli approfondimenti
in sede di valutazione d’impatto ambientale,
nonché gli indirizzi programmatori derivanti dai
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Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.G.R. 23-5028/2002
programmi regionali e dai piani territoriali di
coordinamento provinciale.
Criteri generali:
a) coerenza con le esigenze di fabbisogno
energetico e dello sviluppo produttivo del
Piemonte e della zona interessata dalla
richiesta;
b) grado di innovazione tecnologica, con
particolare riferimento al rendimento energetico ed al livello di emissioni dell’impianto proposto;
c) utilizzo delle migliori tecnologie ai fini energetici e ambientali, con particolare riferimento alla minimizzazione delle emissioni
di NOx e di CO;
d) massimo utilizzo possibile dell’energia termica cogenerabile;
e) riduzione o eliminazione, ove esistano, di
altre fonti di produzione di energia elettrica e di calore documentata con apposite
convenzioni e accordi volontari con le
aziende interessate, anche tenendo conto
di quanto previsto dall’articolo 2 del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79
in materia di autoproduzione;
f) diffusione del teleriscaldamento, in relazione alla specifica collocazione dell’impianto, finalizzato alla climatizzazione anche delle piccole utenze produttive e delle
utenze private di piccole dimensioni, con
la messa a disposizione di un servizio di
pubblica utilità per i centri urbani coinvolti;
g) minimizzazione dei costi di trasporto dell’energia e dell’impatto ambientale delle
nuove infrastrutture di collegamento dell’impianto proposto alle reti esistenti;
h) riutilizzo di siti industriali già esistenti
anche nell’ambito di piani di riconversione
di aree industriali;
i) impatto occupazionale ed economico sul
tessuto produttivo locale, considerato nel
suo bilancio complessivo esistente in relazione alla situazione economica locale;
j) le richieste ai fini della valutazione d’impatto ambientale di nuovi impianti, o di
potenziamento o ristrutturazione di impianti esistenti, vengono valutate singolarmente, secondo l’ordine di priorità temporale di presentazione delle stesse.
274
Criteri specifici
Oltre ai criteri generali sopra riportati,
dovranno essere tenute in considerazione:
a) l’esistenza di eventuali aree individuate
come ambientalmente critiche ai sensi
della legge 19 maggio 1997 n.137;
b) l’esistenza di eventuali aree individuate dal
piano della qualità dell’aria o da altri strumenti di programmazione come critiche,
nelle quali è consentito l’insediamento di
nuovi impianti termoelettrici, a condizione
che i medesimi utilizzino la migliore tecnologia industriale disponibile per l’abbattimento delle emissioni e contribuiscano a
migliorare la situazione preesistente, coerentemente con il piano previsto per l’area
suddetta;
c) l’esistenza di centrali termoelettriche
suscettibili di risanamento, ammodernamento e innovazione tecnologica, anche
attraverso il loro ripotenziamento.
Tutto ciò premesso, la Giunta Regionale,
con voto unanime espresso nelle forme di
legge,
visto il D.Lgs. 16 marzo 1999, n.79;
visto l’allegato IV del D.P.C.M. 27 dicembre
1988;
visto il Protocollo di Torino in data 5 giugno
2001;
DELIBERA:
di approvare i criteri specificati in premessa
cui dovranno attenersi gli istruttori nominati in
rappresentanza della Giunta Regionale in
sede di Commissione Ministeriale per la Valutazione di Impatto Ambientale, nonché in sede
regionale ai fini dell’espressione dei pareri
della Giunta ai sensi dell’art. 6, comma 2, e
dell’art. 8, comma 2, dell’allegato IV del
D.P.C.M. 27 dicembre 1988, fatti salvi gli ulteriori approfondimenti relativi all’impatto ambientale previsti dalla normativa vigente.
(omissis)
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE
14 gennaio 2002, n. 44-5084
Manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale con asportazione
di materiali litoidi: individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione
degli interventi e determinazione dei canoni. Prime indicazioni
(B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002)
Il verificarsi dei gravi eventi alluvionali che
nell’ultimo decennio ha interessto il territorio
regionale piemontese, ha messo in evidenza
la necessità di porre in essere tutti gli interventi
utili finalizzati all’attuazione di una tutela sempre più efficace dell’assetto idrogeologico del
territorio. Tra questi interventi si collocano
quelli di manutenzione degli alvei idrici di competenza regionale che comportano anche
estrazione ed asportazione di materiali litoidi.
La Giunta regionale con il presente provvedimento individua i principi ed i criteri ai quali
le strutture regionali competenti devono
uniformarsi nello svolgimento dell’attività finalizzata all’attuazione degli interventi di manutenzione in oggetto, e fornisce altresì le prime
indicazioni circa le modalità operative per l’effettuazione di detta attività, in conformità con
il quadro normativo delineato dalle disposizioni emanate nella specifica materia di cui si
tratta, dagli strumenti di pianificazione adottati dall’Autorità di bacino del fiume Po e dai
provvedimenti attuativi del conferimento di
funzioni alle Regioni e agli enti locali ai sensi
del decreto legislativo n. 112/1998.
Dal punto di vista sostanziale, le attività finalizzate all’asportazione di materiali litoidi dagli
alvei vengono a caratterizzarsi per essere
necessariamente connesse all’attuazione di
interventi di manutenzione idraulica, nell’ambito dei quali possono essere previste ed attuate, in conformità di quanto disposto all’articolo 97 del R.D. n. 523/1904. In questo senso si
esprime l’Autorità di bacino del fiume Po nella
direttiva in materia di attività estrattive nelle
aree fluviali del bacino del Po allegata al Piano
stralcio per l’assetto idrogeologico adottato
con deliberazione del Comitato istituzionale n.
18 in data 26 aprile 2001 approvata con
D.P.C.M. 24/5/2001: l’asportazione di materiali litoidi può essere prevista “se finalizzata
esclusivamente alla conservazione della sezione utile di deflusso, al mantenimento della
officiosità delle opere e delle infrastrutture,
nonché alla tutela dell’equilibrio geostatico e
geomorfologico dei terreni interessati”.
D’altra parte, invece, per quanto riferito agli
aspetti legati al decentramento amministrativo, è necessario prendere atto del trasferimento di competenze previsto dagli articoli 86
e 89, comma 1 del D.Lgs. n. 112/1998 e di
quanto disposto dall’articolo 59, comma 1
lett.b) e lett.d) n. 3 della L.R. n. 44/2000, ai
sensi dei quali alla Regione Piemonte spetta la
competenza in materia di determinazione dei
canoni di concessione per l’estrazione di
materiali dai corsi d’acqua ed il rilascio dei
relativi provvedimenti, ed individuare, quindi,
criteri e procedure per l’esercizio di dette
competenze.
La necessaria connessione degli interventi
di estrazione ed asportazione di materiali inerti con riconosciute esigenze di manutenzione
idraulica, evidenziano un preminente ruolo
attivo dell’autorità idraulica competente, alla
quale spetta l’individuazione, anche in base a
segnalazioni da parte degli enti locali, delle
situazioni in cui è necessario provvedere con
opportuni interventi di manutenzione o sistemazione che comportino estrazione ed asportazione di materiali. In questo senso, dunque,
spetta all’autorità idraulica stessa l’avvio delle
iniziative per la realizzazione degli interventi,
sulla base di idonei studi di impatto e valutazioni preventive ovvero nel quadro di specifici
strumenti di programmazione e pianificazione
sottoposti a valutazioni da parte dell’Autorità
di bacino, con la quale dovranno a tal fine
essere avviate opportune intese.
A tale proposito si deve evidenziare che, ai
sensi dell’articolo 2 del decreto legge
12/10/2000 n. 279 convertito in legge
11/12/2000 n. 365, sono previste attività
straordinarie di ricognizione lungo i corsi d’acqua e le relative pertinenze, nonché nelle aree
demaniali, attraverso sopralluoghi finalizzati a
275
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.G.R. 44-5084/2002
276
rilevare le situazioni che possono determinare
maggiore pericolo. Queste attività possono
ricomprendere quelle già svolte negli ultimi
anni in base ad ordinanze ai sensi dell’articolo
5 della legge 24/2/1992, n. 225, emanate in
conseguenza di eventi calamitosi per attuare
interventi di ripristino e ricostruzione, e che
hanno intensamente impegnato le strutture
decentrate della Direzione Opere pubbliche.
Tutto ciò ha dato modo di definire un quadro delle particolari situazioni territoriali nelle
quali è necessario intervenire operando interventi di disalveo. Le conoscenze da ciò derivanti potranno pertanto essere utilizzate come
base per la formulazione degli specifici strumenti di pianificazione di cui sopra, i quali
saranno articolati in un piano di manutenzioni
da effettuarsi con estrazione di materiali litoidi
dai corsi d’acqua di competenza regionale.
Gli interventi compresi nei suddetti strumenti di programmazione sono da considerarsi di
manutenzione ai sensi della circolare del
Presidente della Giunta regionale n. 8/EDE del
15/5/1996 e non sono pertanto soggetti ad
autorizzazione ex articolo 82 del D.P.R. n.
616/1977, ancorché prevedano asportazioni
di materiali litoidi per volumi superiori a 10.000
mc. ovvero interessino isole di non recente
formazione, anche se riccamente vegetate.
Per quanto riguarda il valore del materiale
litoide oggetto di asportazione, si ritiene che,
ai sensi delle disposizioni legislative richiamate, esso debba essere determinato dalla
Regione, sulla base di opportune valutazioni
adeguate all’andamento dei prezzi di mercato
ed in relazione a ciascuna provincia e per
tronchi d’alveo singolarmente considerati. Le
tabelle risultanti da tali determinazioni, unitamente ad una specifica cartografia, costituiranno parte integrante del piano di manutenzione in oggetto.
In considerazione della necessità che gli
interventi di manutenzione vengano gestiti in
modo omogeneo su tutto il territorio regionale, e quindi anche per quanto riguarda il reticolo idrografico di competenza del Magistrato
per il Po, e tenuto altresì conto che in relazione ai corsi d’acqua ivi compresi il rilascio delle
concessioni è attualmente di competenza
regionale, si ritiene che debbano essere attivate opportune forme di concertazione con il
Magistrato per il Po al fine dell’individuazione
di criteri d’azione uniformi.
Si ritiene che l’attuazione degli interventi in
oggetto possa essere affidata ai Settori
decentrati Opere pubbliche e difesa assetto
idrogeologico competenti per territorio, i quali
ai sensi della D.G.R. n. 24/24228 del
24/03/1998 sono individuati quale autorità
idraulica regionale. Su richiesta degli enti locali
le attività attuative potranno essere effettuate
dagli enti stessi, sulla base di specifici accordi
di avvalimento.
Le modalità per la predisposizione degli
strumenti di programmazione nonché le
modalità operative per l’attuazione degli interventi saranno definite d’intesa tra la Direzione
regionale Opere pubbliche e la Direzione Difesa del suolo secondo i criteri di cui all’allegato alla presente delibera.
Nelle more della predisposizione dei piani e
dei programmi di manutenzione, si ritiene che
possano comunque essere autorizzate in
base a valutazioni di opportunità e necessità
da parte dell’autorità idraulica, estrazioni di
materiali litoidi da effettuarsi secondo le
medesime modalità operative.
Tutto quanto ciò premesso;
visto il regio decreto n. 523/1904;
visto il decreto legislativo n. 112/1998;
vista la legge regionale n. 44/2000;
la Giunta regionale, unanime,
DELIBERA:
1. di approvare i criteri e le procedure per
l’attuazione degli interventi di manutenzione
dei corsi d’acqua di competenza regionale
che comportano estrazione di materiali litoidi
come individuate nel documento allegato alla
presente deliberazione per farne parte integrante;
2. di incaricare i Settori decentrati Opere
pubbliche e difesa assetto idrogeologico di
procedere, con le modalità indicate nel documento allegato alla presente delibera e sulla
base delle attività ricognitorie effettuate in
conseguenza dei recenti eventi alluvionali, alla
predisposizione di un primo programma di
manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale comprendenti anche asportazione di materiali litoidi;
3. di incaricare la Direzione Opere pubbliche
e la Direzione Difesa del suolo d’intesa fra di
loro di procedere, anche ai sensi dell’articolo 2
Bollettino Giuridico Ambientale n. 27
D.G.R. 44-5084/2002
del decreto legge 12/10/2000 n. 279 (convertito in legge 11/12/2000 n. 365) e con le
modalità indicate nel documento allegato alla
presente delibera, alla predisposizione di un
piano di manutenzione dei corsi d’acqua di
competenza regionale; al piano dovranno
altresì essere allegate una cartografia ed una
tabella, articolata per province e per corsi
d’acqua, con la determinazione dei canoni per
l’asportazione dei materiali litoidi;
4. di dare atto che gli interventi compresi nei
suddetti strumenti di programmazione sono
da considerarsi di manutenzione ai sensi della
circolare del Presidente della Giunta regionale
n. 8/EDE del 15/5/1996 e non sono pertanto
soggette ad autorizzazioni ex articolo 82 del
D.P.R. n. 616/1977, ancorché prevedano
asportazioni di materiali litoidi per volumi superiori a 10.000 m.c. ovvero interessino isole
di non recente formazione, anche se riccamente vege