1° semestre 2002 - Servizi per la PA
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1° semestre 2002 - Servizi per la PA
bollettino giuridico ambientale 1° Semestre 2002 Assessorato all’Ambiente 27 REGIONE PIEMONTE ASSESSORATO AMBIENTE Direzione 22 - Tutela e Risanamento Ambientale - Programmazione - Gestione Rifiuti Settore 22.2 - Sistema Informativo Ambientale e Valutazione Impatto Ambientale www.regione.piemonte.it/ambiente ISSN 1120-3056 Direttore Responsabile: Roberto Salvio Impostazione grafica e allestimento CSI-Piemonte INTRODUZIONE La pubblicazione di una raccolta di normativa ed atti amministrativi di interesse ambientale risponde all’esigenza degli operatori del settore e del pubblico interessato di avere a disposizione l’insieme dei provvedimenti emanati nel corso degli anni, sia di carattere generale che relativi ad aspetti specifici delle problematiche ambientali. Il Bollettino Giuridico Ambientale raccoglie le normative e gli atti di indirizzo emanati a livello comunitario, statale e regionale, secondo l’ordine cronologico con il quale sono stati pubblicati, tenuto conto della rilevanza giuridica che la pubblicazione riveste ai fini della entrata in vigore dei singoli provvedimenti. La pubblicazione del Bollettino Giuridico Ambientale, avviata nell’anno 1989, è semestrale. Ciascun numero è suddiviso in tre sezioni, che contengono gli atti di rispettiva competenza: Comunità Europea Stato Regione Sono stati inseriti - nelle sezioni Stato e Regione - alcuni provvedimenti di competenza di soggetti operanti a livello nazionale, sovraregionale o regionale, quali Comitati o Autorità (es. Autorità di Bacino), in considerazione dell’interesse che essi rivestono per la conoscenza delle problematiche ambientali. La classificazione per tipologia di argomento, presente nei primi sedici numeri, non viene più effettuata, in quanto resa inapplicabile per la complessità e la trasversalità che caratterizzano la produzione giuridica ambientale. La possibilità di ricerca dei testi per argomento sarà invece mantenuta sulla versione informatizzata del Bollettino Giuridico Ambientale. Viene invece mantenuta la sezione “citazioni”, nella quale sono riportati, seppure in modo non esaustivo, i titoli di provvedimenti diversi, riconducibili per alcuni aspetti ai temi ambientali, pubblicati nel semestre di riferimento. LEGENDA Elenco delle principali abbreviazioni Acc. ACCORDO G.U.C.E GAZZETTA UFFICALE COMUNITÀ EUROPEE B.U. BOLLETTINO UFFICIALE REGIONE PIEMONTE L. LEGGE C.I.P.E. COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA L.C. LEGGE COSTITUZIONALE CIR.M. CIRCOLARE MINISTERIALE L.R. LEGGE REGIONALE CIR.R. CIRCOLARE REGIONALE O.M. ORDINANZA MINISTERIALE COM.M. COMUNICATO MINISTERIALE P.A. PUBBLICA AMMlNlSTRAZlONE COM.R. COMUNICATO REGIONALE RAC.CE RACCOMANDAZIONE COMUNITÀ EUROPEE D.C.R. DELIBERA CONSIGLIO REGIONALE R.D. REGIO DECRETO D.D. DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE R.D.L. REGIO DECRETO LEGGE DEC.CE DECISIONE COMUNITÀ EUROPEE REG.CE REGOLAMENTO COMUNITÀ EUROPEE Del. DELIBERAZIONE RIS.CE RlSOLUZIONE COMUNITÀ EUROPEE Del.Aut. Bacino DELIBERAZIONE DELL'AUTORITÀ Dl BACINO DEL FIUME PO T.U. TESTO UNICO D.G.R. DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE app. appendice D.l. DECRETO INTERMINISTERIALE art. artt. articolo/i D.L. DECRETO LEGGE cpv. capoverso D.Lg./D.Lgs. DECRETO LEGISLATIVO let. Iett. Iettera/e D.M. DECRETO MINISTERIALE n. numero D.P.C.M. DECRETO PRESIDENTE CONSIGLIO MINISTRI p. pag. pagina/e D.P.G.R. DECRETO PRESIDENTE GIUNTA REGIONALE par. § paragrafo D.P.R. DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA reg. regolamento DIR.CE DIRETTIVA COMUNITÀ EUROPEE s.n. senza numero DIR.P.C.M. DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI suppl. supplemento GAZZETTA UFFICALE REPUBBLICA ITALIANA tab. tabella G.U. INDICE ATTI DELLA COMUNITÀ EUROPEA Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 7 dicembre 2001, 2001/100/CE . . . . . . . . . . . . . .15 Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 70/220/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli a motore (G.U.C.E. n. L 16 del 18 gennaio 2002) Decisione della Commissione 21 dicembre 2001, 2002/18/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18 Decisione della Commissione che stabilisce il piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica (G.U.C.E. n. L 7 dell’11 gennaio 2002) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 12 febbraio 2002, 2002/3/CE . . . . . . . . . . .33 Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'ozono nell'aria (G.U.C.E. n. L 67 del 9 marzo 2002) Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio 1° marzo 2002, n. 466/2002/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .49 Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un programma di azione comunitario per la promozione delle organizzazioni non governative attive principalmente nel campo della protezione ambientale (G.U.C.E. n. L 75 del 16 marzo 2002) Decisione della Commissione 7 marzo 2002, 2002/273/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55 Decisione della Commissione che assegna quote di importazione per le sostanze controllate di cui al regolamento (CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002 (G.U.C.E. n. L 94 dell’11 aprile 2002) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 26 marzo 2002, 2002/30/CE . . . . . . . . . . .60 Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità (G.U.C.E. n. L 85 del 28 marzo 2002) Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 15 aprile 2002, n. 805/2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .67 Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2158/92 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro gli incendi (G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002) Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 15 aprile 2002 n. 804/2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .69 Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 3528/86 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro l'inquinamento atmosferico (G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002) Decisione del Consiglio 25 aprile 2002, 2002/358/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .71 Decisione del Consiglio riguardante l'approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni (G.U.C.E. n. L 130 del 15 maggio 2002) Decisione della Commissione 27 giugno 2002, n. 2002/525/CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .85 Decisione della Commissione che modifica l’allegato II della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (G.U.C.E. n. L 170 del 29 giugno 2002) ATTI DELLO STATO Decreto Ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .91 Regolamento recante: "Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale" (Suppl. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 2002) Decreto Ministeriale 23 novembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .97 Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (Suppl. alla G.U. n. 37 del 13 febbraio 2002) Deliberazione del Comitato Nazionale dell'Albo Nazionale delle Imprese che effettuano la gestione dei rifiuti 12 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .108 Criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, nella categoria 9: bonifica dei siti (G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002) Decreto Ministeriale 20 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .110 Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (G.U. n. 48 del 26 febbraio 2002) Decreto Ministeriale 21 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .119 Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali protette (G.U. n. 91 del 18 aprile 2002) Decreto Ministeriale 21 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .122 Recepimento della direttiva 2001/7/CE della Commissione del 29 gennaio 2001 che adatta per la terza volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada (G.U. n. 1 del 2 gennaio 2002) Deliberazione del Comitato Nazionale dell'Albo Nazionale delle Imprese che effettuano la gestione dei rifiuti 27 dicembre 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .124 Criteri per l'iscrizione all'albo nella categoria 5 (raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi) ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (G.U. n. 21 del 25 gennaio 2002) Decreto Ministeriale 8 gennaio 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .127 Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali (G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002) Decreto Ministeriale 10 gennaio 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .130 Modificazioni della direttiva 76/769/CEE relativa all'immissione sul mercato e all'uso di talune sostanze e preparati pericolosi (G.U. n. 78 del 3 aprile 2002) Decreto Legislativo 2 febbraio 2002, n. 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .132 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano (G.U. n. 58 del 9 marzo 2002) Decreto Ministeriale 5 febbraio 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .136 Modifiche al decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, di individuazione dei programmi nazionali (G.U. n. 56 del 7 marzo 2002) Decreto Legge 7 febbraio 2002, n. 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .140 Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (G.U. n. 34 del 9 febbraio 2002) Legge 20 febbraio 2002, n. 30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .142 Ratifica ed esecuzione della Convenzione sugli effetti transfrontalieri derivanti da incidenti industriali, con annessi, fatta a Helsinki il 17 marzo 1992 (Suppl. alla G.U. n. 62 del 14 marzo 2002) Decreto Legge 7 marzo 2002, n. 22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .161 Disposizioni urgenti per l’individuazione della disciplina relativa all’utilizzazione del coke da petrolio (pet-coke) negli impianti di combustione (G.U. n. 57 dell’8 marzo 2002) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .163 Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione (G.U. n. 60 del 12 marzo 2002) Deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas 19 marzo 2002 . . . . . . . . . . . .172 Condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione ai sensi dell’art. 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Deliberazione n. 42/02) (G.U. n. 79 del 4 aprile 2002) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .182 Modalità di utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze UMTS, di cui all'art. 103 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (G.U. n. 137 del 13 giugno 2002) Decreto Ministeriale 2 aprile 2002, n. 60 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .184 Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio (Suppl. alla G.U. n. 87 del 13 aprile 2002) Legge 9 aprile 2002, n. 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .220 Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (G.U. n. 84 del 10 aprile 2002) Direttiva Ministeriale 9 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .221 Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti (Suppl. alla G.U. n. 108 del 10 maggio 2002) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .241 Costituzione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi (G.U. n. 91 del 18 aprile 2002) Accordo Conferenza Stato Regioni 18 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .243 Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, i Comuni, le Province e le Comunità montane sull'art. 8, comma 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante "attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano", come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27 (G.U. n. 145 del 22 giugno 2002) Decreto Ministeriale 26 aprile 2002 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .244 Modifiche al decreto ministeriale 23 novembre 2001 in materia di dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 372 del 1999 (G.U. n. 126 del 31 maggio 2002) Legge 1° giugno 2002, n. 120 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .245 Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997 (Suppl. alla G.U. n. 142 del 19 giugno 2002) ATTI DELLA REGIONE Determinazione Dirigenziale 29 novembre 2001, n. 624 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .251 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, artt. 6, 15, 7 e 8; D.P.R. 25 luglio 1991 e D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994 - Autorizzazioni di carattere generale per le emissioni in atmosfera provenienti da impianti per attività di servizio nuovi, da modificare o da trasferire (B.U. n. 6 del 7 febbraio 2002) Deliberazione Autorità di Bacino del fiume Po 18 dicembre 2002, n. 25 . . . . . . . . . . . . . .257 Direttiva “Portale limite di deflusso per l’asta del fiume Po - Individuazione dei valori obiettivo (B.U. n. 11 del 14 marzo 2002) Deliberazione del Consiglio Regionale 27 dicembre 2001, n. 217 - 41038 . . . . . . . . . . . . . .260 Direttiva CE 97/11. Integrazione degli allegati alla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione” (B.U. n. 5 del 31 gennaio 2002) Legge Regionale 28 dicembre 2001, n. 38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .267 Costituzione dell’Agenzia interregionale per la gestione del fiume Po (B.U. n. 1 del 3 gennaio 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 28 dicembre 2001, n. 81 - 4973 . . . . . . . . . . . . . . . .270 L.R. n. 42/2000 art. 16 definizione dei criteri, delle modalità e dei termini per la presentazione dei progetti per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale di siti inquinati, ai fini dell’ammissione a finanziamento regionale (B.U. n. 3 del 17 gennaio 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 7 gennaio 2002, n. 23 - 5028 . . . . . . . . . . . . . . . . . .273 Indirizzi per l’istruttoria delle istanze relative alla realizzazione di centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW termici (B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 14 gennaio 2002, n. 44 - 5084 . . . . . . . . . . . . . . . . .275 Manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale con asportazione di materiali litoidi: individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi e determinazione dei canoni. Prime indicazioni (B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002) Deliberazione del Consiglio Regionale 29 gennaio 2002, n. 219 - 2992 . . . . . . . . . . . . . . . .281 Prima individuazione delle zone vulnerabili dai nitrati di origine agricola, ai sensi del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 (Suppl. al B.U. n. 7 del 14 febbraio 2002) Legge Regionale 4 febbraio 2002, n. 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .292 Modificazioni alla legge regionale 21 agosto 1978, n. 53 “Istituzione del Parco naturale della Valle del Ticino” e alla legge regionale 30 marzo 1992, n. 19 “Norme per l’utilizzo e la fruizione del Parco naturale della Valle del Ticino” (B. U. n. 6 del 7 febbraio 2002) Legge Regionale 4 febbraio 2002, n. 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .293 Modifiche alla legge regionale 24 aprile 1990, n. 50 “Istituzione della Zona di Salvaguardia dell’Alpe Devero” (B.U. n. 6 del 7 febbraio 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 11 febbraio 2002, n. 12 - 5250 . . . . . . . . . . . . . . . . . .294 Legge Regionale 14 dicembre 1998, n. 40 - D.C.R. n. 217 - 41038 del 27/12/2001. Aggiornamento allegato B2, categoria progettuale n. 1. Conversione in Unità Bovina Adulta (UBA) (B.U. n. 13 del 28 marzo 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 18 febbraio 2002, n. 33 - 5320 . . . . . . . . . . . . . . . . . .296 Procedure semplificate per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 13 del D.M. 471/1999 - Interventi di bonifica di terreni contaminati a seguito di perdite da serbatoi interrati per lo stoccaggio di oli minerali (B.U. n. 10 del 7 marzo 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 19 febbraio 2002, n. 226 - 5745 . . . . . . . . . . . . . . . . .300 Legge regionale 24/aprile/1990 n. 50, ‘Istituzione della zona di salvaguardia dell’Alpe Devero’. D.C.R. n. 618-3421 del 24/febbraio/2000, “Approvazione del piano paesistico della Zona di salvaguardia dell’Alpe Devero”. Integrazione, a seguito di accertamento di errore materiale, delle norme di attuazione del piano paesistico della zona di salvaguardia dell’Alpe Devero (B.U. n. 11 del 14 marzo 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 25 febbraio 2002, n. 49 - 5392 . . . . . . . . . . . . . . . . . .301 Criteri e modalità relativamente all’attuazione dell’art. 9, comma 3 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471 relativo alla bonifica di siti inquinati (B.U. n. 11 del 14 marzo 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 19 marzo 2002, n. 75 - 5611 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .305 Legge regionale 40/1998 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione”. Riorganizzazione allegati (B.U. n. 15 dell’11 aprile 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 3 aprile 2002, n. 40 - 5724 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .317 Sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani ai sensi della legge regionale 13 aprile 1995 n. 59. Definizione delle modalità di intervento finanziario regionale per la realizzazione di impianti di compostaggio e di incenerimento della frazione secca del rifiuto urbano in attuazione del programma attivato con D.G.R. n. 30-27992 del 2 agosto 1999 (B.U. n. 17 del 24 aprile 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 22 aprile 2002, n. 24 - 5880 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .322 L.R. n. 48 del 29 agosto 2000 - Individuazione della percentuale minima di recupero che gli impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio di rifiuti, devono raggiungere per usufruire del pagamento in misura ridotta del tributo speciale, per il deposito in discarica degli scarti e sovvalli (B.U. n. 20 del 16 maggio 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 22 aprile 2002, n. 23 - 5879 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .326 Legge regionale 40/1998 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione”. Aggiornamento allegato alla D.G.R. 21-27037 del 12 aprile 1999 in materia di organo tecnico (B.U. n. 20 del 16 maggio 2002) Deliberazione della Giunta Regionale 23 maggio 2002, n. 45 - 6103 . . . . . . . . . . . . . . . . . .336 Indirizzi relativi all’esercizio delle funzioni amministrative attribuite alle Province in materia di controllo sul rendimento energetico degli impianti termici, nonché allo svolgimento dei compiti da espletarsi da parte dell’A.R.P.A. in modo integrato (B.U. n. 25 del 20 giugno 2002) Determinazione Dirigenziale 13 giugno 2002, n. 194 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .345 L.R. 59/95. Incentivo di Euro 5,16/abitante (L.10.000/abitante) previste dal Piano regionale per i Comuni o Consorzi di Comuni che abbiano raggiunto entro il 2001 il 50% di raccolta differenziata. Modalità e termini per la presentazione delle domande, concessione e revoca (B.U. n. 26 del 27 giugno 2002) Determinazione Dirigenziale 17 giugno 2002, n. 197 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .348 Contributi regionali a favore di Consorzi, Comunità Montane e Aziende per l’incentivazione della gestione dei servizi di raccolta differenziata del rifiuto organico. Criteri di concessione e modalità di erogazione e revoca. Approvazione modulo di domanda e termine per presentazione domanda di incentivazione (B.U. n. 26 del 27 giugno 2002) Citazioni e riferimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .353 Volumi già pubblicati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .363 Atti della Comunità Europea Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 7 dicembre 2001, n. 2001/100/CE Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 70/220/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli a motore (G.U.C.E. n. L 16 del 18 gennaio 2002 ) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) La direttiva 70/220/CEE del Consiglio (4) è una delle direttive particolari della procedura di omologazione istituita dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (5). (2) La direttiva 98/69/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli a motore e recante modificazione della direttiva 70/220/CEE (6) introduce limiti specifici per le emissioni di monossido di carbonio e i idro- (1) GU C 365 E del 19.12.2000, pag.268. (2) GU C 139 dell'11.5.2001, pag.1. (3) Parere del Parlamento europeo del 15 maggio 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 16 ottobre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 14 novembre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 76 del 6.4.1970, pag.1.Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 35 del 6.2.2001, pag.34). (5) GU L 42 del 23.2.1970, pag.1.Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 203 del 10.8.2000, pag.9). (6) GU L 350 del 28.12.1998, pag.1. carburi, nonché una nuova prova per misurare queste emissioni a bassa temperatura, in modo da adattare alle condizioni ambiente incontrate nella pratica l'efficienza del sistema di controllo delle emissioni dei veicoli della categoria M 1 e della categoria N 1, classe I, dotati di motore ad accensione comandata. (3) La Commissione ha fissato limiti adeguati per le emissioni a bassa temperatura dei veicoli della categoria N 1, classe II e III, con motore ad accensione comandata. È ora opportuno sottoporre alla prova a bassa temperatura anche i veicoli della categoria M 1 con motore ad accensione comandata destinati a trasportare più di sei occupanti e i veicoli della categoria M 1 con motore ad accensione comandata aventi una massa massima superiore a 2.500 kg, che in precedenza ne erano esclusi. (4) A causa delle loro caratteristiche di emissione, è opportuno escludere dalla prova a bassa temperatura i veicoli con motore ad accensione comandata che funzionano unicamente con un combustibile gassoso (GPL o GN). I veicoli dotati di sistema a benzina utilizzato soltanto in casi d'urgenza o per l'avviamento del motore e in cui il serbatoio della benzina non può contenere più di 15 litri, devono essere considerati come veicoli che funzionano unicamente con combustibile gassoso. (5) È opportuno uniformare la prova relativa alle emissioni a bassa temperatura con la prova relativa alle emissioni a temperatura ambiente normale. La prova a bassa temperatura è pertanto limitata ai veicoli delle categorie M e N aventi una massa massima non superiore a 3.500 kg. 15 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2001/100/CE (6) La direttiva 70/220/CEE deve essere modificata in conseguenza, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: membri adottano queste misure, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nella materia disciplinata dalla presente direttiva. Art. 1 Gli allegati I e VII della direttiva 70/220/CEE sono modificati conformemente all'allegato della presente direttiva. Art. 2 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro nove mesi dalla sua entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati Art. 3 La presente direttiva entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Art. 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. ALLEGATO MODIFICHE ALL'ALLEGATO I DELLA DIRETTIVA 70/220/CEE 1. La figura I.5.2, tipo VI, è sostituita dalla figura seguente: "Prove di omologazione Veicoli con motore ad accensione comandata delle categorie M e N Veicoli con motore ad accensione spontanea delle categorie M 1 ed N 1 Tipo VI Si (massa massima =3, 5 t) —" 2. Il punto 5.3.5 è modificato come segue: “Il riferimento alla nota (1) e la stessa nota (1) sono soppressi”. 16 3.Il punto 5.3.5.1 è sostituito dal punto seguente: "5.3.5.1.Devono essere sottoposti a questa prova tutti i veicoli della categoria M 1 e della categoria N 1 muniti di motore ad accensione comandata, ad eccezione di quelli che funzionano unicamente con un combustibile gassoso (GPL o GN). I veicoli che possono essere alimentati sia con la benzina che con un combustibile gassoso, ma in cui il sistema a benzina è utilizzato soltanto in casi d'urgenza o per l'avviamento del motore e in cui il serbatoio della benzina non può contenere più di 15 litri, sono considerati, ai fini della prova di tipo VI, come veicoli che funzionano unicamente con un combustibile gassoso. I veicoli che possono essere alimentati sia a benzina che con GPL o GN devono essere sottoposti alla prova di tipo VI soltanto con la benzina. Questa prescrizione si applica ai nuovi tipi di veicoli della categoria M 1 e della categoria N 1, classe I, eccetto i veicoli destinati a trasportare più di sei occupanti ed i veicoli aventi una massa massima superiore a 2.500 kg. (1) A decorrere dal 1° gennaio 2003, questa prescrizione si applica ai nuovi tipi di veicoli della categoria N 1, classi II e III, ai nuovi tipi di veicoli della categoria M 1 destinati a trasportare più di sei occupanti e ai nuovi tipi di veicoli della categoria M 1 aventi una massa massima superiore a 2.500 kg e inferiore o uguale a 3.500 kg. (1) Questa prescrizione si applica ai nuovi tipi a decorrere dal 1° gennaio 2002." Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2001/100/CE 4. La tabella di cui al punto 5.3.5.2 è sostituita dalla tabella seguente: "Temperatura di prova 266 K (–7 °C) Categoria Classe Massa di monossido di carbonio (CO) L 1 (g/km) Massa di idrocarburi (HC) L 2 (g/km) M 1 (1) N1 N 1 (2) — I I III 15 15 24 30 1,8 1,8 2,7 3,2 (1) Eccettuati i veicoli destinati a trasportare più di sei occupanti e i veicoli aventi una massa massima superiore a 2.500 kg. (2) Compresi i veicoli della categoria M 1 di cui alla nota 1." MODIFICHE ALL'ALLEGATO VII DELLA DIRETTIVA 70/220/CEE 5. La prima frase del punto 1 è modificata come segue: "1.Il presente allegato si applica soltanto ai veicoli con motore ad accensione comandata, quali sono descritti al punto 5.3.5 dell'allegato I." 6. La prima frase del punto 2.1.1 è modificata come segue: "2.1.1.Il presente punto riguarda le apparecchiature necessarie per le prove delle emissioni dei gas di scarico a bassa temperatura ambiente effettuate sui veicoli con motore ad accensione comandata, quali sono definiti al punto 5.3.5 dell'allegato I." 7. Al punto 4.3.3, il riferimento alla nota 1 e la stessa nota 1 sono soppressi. 17 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DECISIONE DELLA COMMISSIONE 21 dicembre 2001, n. 2002/18/CE Decisione della Commissione che stabilisce il piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica (G.U.C.E. n. L 7 dell’11 gennaio 2002) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, relativo al sistema comunitario, riesaminato, di assegnazione di un marchio di qualità ecologica (1), in particolare l'articolo 5, considerando quanto segue: (1) Ai sensi del regolamento (CE) n. 1980/2000, la Commissione è tenuta a stabilire un piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica. (2) Il piano di lavoro deve comprendere una strategia per lo sviluppo del sistema nella quale siano definiti gli obiettivi relativi al miglioramento dell'ambiente e alla penetrazione nel mercato, un elenco non esaustivo di gruppi di prodotti da considerare prioritari per l'azione comunitaria e i piani di coordinamento e i cooperazione tra il sistema comunitario e altri sistemi di assegnazione di marchi di qualità ecologica negli Stati membri. (3) Il piano di lavoro deve inoltre definire i provvedimenti per l'attuazione della strategia e includere un piano di finanziamento del sistema. (4) Infine il piano di lavoro deve definire i servizi ai quali non si applica il sistema, tenendo conto del regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) (2). (5) Il piano di lavoro deve essere riesamina- 18 (1) GU L 237 del 21.9.2000, pag. 1. (2) GU L 114 del 24.4.2001, pag. 1. to a intervalli regolari. (6) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1980/2000, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Art. 1 È adottato il piano di lavoro relativo al marchio comunitario di qualità ecologica per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2002 e il 31 dicembre 2004, di cui all'allegato. Art. 2 La revisione del piano di lavoro deve avere inizio entro il 31 dicembre 2004. Art. 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. ALLEGATO PIANO DI LAVORO RELATIVO AL MARCHIO COMUNITARIO DI QUALITÀ ECOLOGICA INTRODUZIONE Il marchio comunitario di qualità ecologica è stato introdotto nel 1992 per incoraggiare le imprese a sviluppare prodotti con un impatto ambientale ridotto durante tutto il loro ciclo di vita e a fornire ai consumatori informazioni più Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE adeguate al riguardo. Da allora sono stati sviluppati nuovi approcci strategici sulla sostenibilità di beni e servizi. Questi interventi, effettuati a tutti i livelli politici, sono culminati nel Libro verde sulla politica integrata relativa ai prodotti (1) (IPP), che propone una nuova strategia di rafforzamento e i riorientamento delle politiche ambientali associate ai prodotti e i sviluppo del mercato di prodotti più ecologici; esso costituirà uno degli elementi chiave innovativi del Sesto programma di azione per l'ambiente intitolato: "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta " (2). La strategia proposta dalla Commissione nel Libro verde sulla politica integrata relativa ai prodotti è in fase di esame presso altre istituzioni europee e i soggetti interessati. I risultati di questo ampio dibattito consentiranno di capire come sia possibile integrare la strategia IPP nella politica ambientale. Questa consultazione offrirà una base per un futuro Libro bianco, che conterrà le conclusioni della Commissione relative all'attuazione della strategia IPP. La strategia proposta dal Libro verde prevede tre elementi principali: i meccanismi dei prezzi, la domanda di beni e servizi più ecologici e le misure per promuovere un approccio più ecologico nella progettazione e nell'uso dei prodotti. Occorre tra l'altro facilitare l'accesso, per i consumatori, a informazioni comprensibili, rilevanti e credibili rafforzando e riorientando il sistema di assegnazione dei marchi ecologici. Tutto ciò favorirà una nuova dimensione del marchio europeo di qualità ecologica, che fino ad ora ha usufruito di un supporto limitato o nullo da parte di altre misure politiche e non ha ancora raggiunto un livello soddisfacente di visibilità sul mercato. Nell'ambito del sistema europeo del marchio di qualità ecologica sono disponibili una quantità considerevole di informazioni e i conoscenze specifiche sulla politica di prodotto basata sull'orientamento al ciclo di vita, che possono essere messe a disposizione delle parti interessate coinvolte nell'ulteriore sviluppo dell'approccio IPP. Il presente piano di lavoro deve pertanto essere collocato nel contesto delle discussioni in corso in merito a una politica integrata dei prodotti a livello comunitario e allo sviluppo del Sesto programma di azione per l'ambiente e della strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile. Quest'ultima rientra nei lavori preparatori per il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Johannesburg nel 2002. Durante il vertice, in base alla strategia di Rio del 1992, l'Unione europea cercherà di addivenire a un "accordo globale "sullo sviluppo sostenibile. Il Consiglio europeo di Göteborg del giugno 2001 (3) ha concordato una strategia di sviluppo sostenibile aggiungendo una dimensione ambientale alla strategia di Lisbona relativa all'occupazione, alle riforme economiche e alla coesione sociale. Indicando esplicitamente la IPP come un compito di responsabilità congiunta ed esortando l'industria a prendere parte allo sviluppo e alla diffusione dell'impiego di tecnologie ecologiche, lo stesso Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza di sganciare la (1) COM(2001) 68 def. (2) COM(2001) 31 def. (3) Conclusioni della presidenza del 15 e 16 giugno 2001, SN200/01 pag. 4; comunicazione della Commissione: sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'EU per lo sviluppo sostenibile (9175/01). crescita economica dall'uso delle risorse. Le asserzioni ambientali costituiranno un elemento di rilievo nell'ambito di questi nuovi approcci, con un contributo significativo dei marchi ISO tipo I (marchi di qualità ecologica certificati da terze parti e basati sul ciclo di vita, conformemente alla norma ISO 14024), come il marchio comunitario di qualità ecologica. Va detto che il marchio di qualità ecologica, in quanto sistema volontario e selettivo, non dispone della forza e dell'universalità che possono offrire provvedimenti normativi quali i regolamenti. Tuttavia, i sistemi validi di assegnazione del marchio ecologico continueranno ad essere attraenti per i consumatori grazie alla loro immediatezza e semplicità e vanno a beneficio delle aziende in quanto incentivano i prodotti e offrono vantaggi commerciali nei punti vendita. Il marchio comunitario di qualità ecologica costituisce inoltre un punto di riferimento per l'eccellenza ambientale a livello europeo, ad esempio introducendo considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici e contribuendo ad identificare i prodotti ecologici per i quali possono essere previsti sgravi fiscali. Inoltre, nel progetto di direttiva sull'impatto ambientale delle apparecchiature elettriche ed elettroniche l'assegnazione di un marchio di qualità ecologica viene proposta come assunzione della conformità ai requisiti della direttiva. Infine, sebbene sia chiaro che il marchio comunitario di qualità ecologica non abbia ancora raggiunto una penetrazione del mercato soddisfacente, esso si è affermato distintamente rispetto al passato, grazie ad una gamma di gruppi di prodotti in continuo aumento, la diffusione di prodotti etichettati in quasi tutti gli Stati membri e la costante presentazione di nuove richieste di assegnazione. Nuove prospettive, come la politica integrata dei prodotti in generale e l'evoluzione verso una dimensione più ecologica nelle pratiche di appalto in particolare, stanno aprendo ulteriori opportunità di mercato. Ciò nonostante, rimane ancora molto da fare per rendere il marchio comunitario di qualità ecologica attraente per produttori, distributori, consumatori e altre parti interessate. In particolare, occorre diffondere la filosofia del marchio di qualità ecologica quale marchio di eccellenza ambientale dotato di numerosi punti di forza esclusivi, in quanto è l'unico ad essere realmente europeo, valido nei 15 Stati membri dell'UE e in tre Stati SEE. Si tratta di un marchio pubblico, e non privato, sviluppato sotto l'autorità delle istituzioni europee. I criteri sono sviluppati in base ad un'ampia consultazione fra tutte le parti interessate, comprese le autorità pubbliche, i rappresentanti dei consumatori e le organizzazioni ambientaliste non governative (ONG), l'industria, le piccole e medie imprese (PMI), i distributori e altri. Si tratta di un marchio ambientale, non sanitario o i qualità, nonostante siano tenuti in considerazione anche questi aspetti. Esso prende in considerazione tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti: ciò significa che il marchio non è legato ad uno specifico aspetto o limitato alle caratteristiche di un singolo prodotto, bensì che utilizza lo stesso logo per un'ampia gamma di gruppi di prodotti ed è pertanto facilmente riconoscibile dai consumatori, che possono confidare nel fatto che i prodotti sui quali è apposto sono fra i migliori per quanto riguarda le prestazioni ambientali. Non si tratta di un'autodichiarazione del fabbricante, in quanto l'ottemperanza ai criteri è certificata, verificata e controllata da una terza parte indipendente (uno degli organismi competenti del marchio di qualità ecologica). 19 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE L'obiettivo fondamentale del presente piano di lavoro consiste pertanto nel basare su queste solide fondamenta il programma di lavoro dei prossimi tre anni, che: - renderà il marchio di qualità ecologica uno strumento più efficace e i successo per il miglioramento della qualità ambientale di prodotti e servizi, - contribuirà a rendere più sostenibili i consumi e a raggiungere gli obiettivi politici delineati nella strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile, nel Sesto programma di azione per l'ambiente e nel futuro Libro bianco sulla strategia della politica integrata dei prodotti, - sfrutterà nel modo più efficace le risorse finanziarie che la Commissione, gli Stati membri e i membri del comitato dell'UE per il marchio di qualità ecologica (CUEME) (4) hanno assegnato al sistema. 2. Obiettivi di miglioramento dell'ambiente e di penetrazione nel mercato STRATEGIA DI SVILUPPO DEL SISTEMA PER IL PERIODO 2002-2004 a) Sviluppo dei gruppi di prodotti Sinora sono stati adottati criteri relativi a 17 gruppi di prodotti (tessuto-carta, lavastoviglie, ammendanti, materassi da letto, prodotti vernicianti per interni, calzature, prodotti tessili, personal computer, detersivi per bucato, detersivi per lavastoviglie, carta per copia, lampade elettriche, computer portatili, frigoriferi, lavatrici, detergenti multiuso e per servizi sanitari e detersivi per piatti a mano). Per almeno cinque nuovi gruppi di prodotti (coperture dure per pavimenti, televisori, mobili, aspirapolvere e sistema ricettivo turistico) i lavori di definizione dei criteri sono in corso e dovrebbero concludersi nel 2002. L'obiettivo a lungo termine consiste nel definire una serie di gruppi di prodotti che costituiscano una gamma di prodotti sufficientemente completa da attrarre venditori al dettaglio, produttori e consumatori, e che sia gestibile sul piano della definizione e revisione periodica dei relativi criteri. Nel breve periodo l'obiettivo è di avere tra 25 e 35 gruppi di prodotti [per un elenco non esaustivo dei gruppi di prodotti prioritari, cfr. il successivo punto 4, lettera a), e punto 3, lettera a) ]. Laddove opportuno, verrà ampliato progressivamente il campo di applicazione di ciascun gruppo di prodotti, ad esempio includendo anche determinati prodotti per uso professionale. Il sistema, le sue procedure e le sue risorse consentono attualmente alla Commissione di adottare ogni anno fra 4 e 8 decisioni concernenti i criteri per i gruppi di prodotti. In generale, la revisione dei gruppi di prodotti esistenti deve essere effettuata ogni 4-5 anni (anche se questo periodo è adattato ai singoli casi), con una media di circa 4-6 revisioni all'anno, il che lascia spazio mediamente alla definizione di due nuovi gruppi di prodotti ogni anno. 1. Politica e strategia La politica e la strategia a lungo termine del marchio comunitario di qualità ecologica sono in continuo sviluppo e adattamento e devono essere strettamente integrate, tra l'altro, nelle discussioni in corso sulla politica integrata dei prodotti (IPP) dell'UE, nello sviluppo del Sesto programma di azione per l'ambiente e nella strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile. Il marchio di qualità ecologica deve inoltre seguire da vicino i più ampi sviluppi che interessano le asserzioni di prodotto, comprese le asserzioni ISO tipo II e III e i marchi che riguardano parametri etici, di qualità e legati alla salute umana. Allo scopo di gestire in maniera efficace le numerose discussioni al riguardo ed il flusso di informazioni, sia nell'ambito del sistema che in altri ambiti, e per preparare e orientare il dibattito sul futuro del sistema, occorre istituire un gruppo, attivo e permanente, di gestione strategica. Obiettivo Continuare a sviluppare e a adattare la politica e la strategia a lungo termine del sistema e integrarlo nelle varie politiche sviluppate in relazione al consumo sostenibile (ad esempio la politica integrata dei prodotti, l'integrazione di aspetti ambientali negli appalti pubblici, una maggior diffusione dei marchi di qualità ecologica, la riduzione delle imposte sui prodotti ecologici, ecc. ). Misure di attuazione Il CUEME deve istituire un gruppo permanente di gestione strategica incaricato di sviluppare e i configurare la propria politica e strategia sul lungo periodo; esso dovrà altresì coordinare le proprie attività con gli sviluppi delle altre strategie politiche sopra indicate, fornendo loro dati e orientamenti. Le questioni politiche devono essere discusse nel corso delle riunioni della presidenza (5). 20 (4) Nota: La Commissione svolge funzione di segretariato del CUEME e partecipa a tutte le sue attività. (5) Queste riunioni sono indette due volte l'anno dal presidente di turno del CUEME e hanno luogo nel suo paese; l'obiettivo è i discutere gli orientamenti politici e gli aspetti del marketing. Gli obiettivi di miglioramento dell'ambiente e i penetrazione nel mercato sono essenzialmente: a) aumentare il numero dei mercati potenzialmente aperti ai prodotti recanti il marchio di qualità ecologica espandendo progressivamente la gamma di gruppi di prodotti contrassegnati dal marchio; b) per ciascuno di questi mercati e gruppi di prodotti aumentare significativamente la visibilità del marchio di qualità ecologica (vale a dire il numero di prodotti con il marchio di qualità ecologica presenti sul mercato); c) incrementare di continuo i vantaggi generali che il sistema offre a livello ambientale rafforzandone il contributo ad un approccio più sostenibile dei consumi. Obiettivo Definire una serie di gruppi di prodotti che costituiscano una gamma di prodotti sufficientemente completa e gestibile in grado di interessare venditori al dettaglio, produttori e consumatori. Entro cinque anni il numero dei gruppi di prodotti dovrebbe aumentare a 25-35. Misure di attuazione In base all'elenco di priorità dei gruppi di prodotti, per ciascun anno contemplato dal piano di lavoro la Commissione, il CUEME e gli Stati membri procedono alle necessarie revisioni di gruppi di prodotti esistenti e definiscono uno o due nuovi gruppi di prodotti. In generale, per ciascun gruppo di prodotti i criteri Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE rimangono validi quattro o cinque anni, sebbene questo periodo di validità è solo di riferimento e va adattato ai singoli casi. Per facilitare la definizione dei criteri il CUEME dovrebbe istituire un gruppo di lavoro che si occupi degli aspetti comuni a molti gruppi di prodotti (ad esempio ritardanti di fiamma, imballaggi, ecc. ). b) Penetrazione nel mercato, visibilità e sensibilizzazione dei consumatori Vi sono quattro parametri di misurazione della visibilità del marchio di qualità ecologica: - imprese: il numero di imprese cui è stato assegnato il marchio di qualità ecologica, - prodotti: il numero di prodotti per i quali le imprese hanno ottenuto il marchio di qualità ecologica, - articoli: il numero di articoli commercializzati con il marchio di qualità ecologica, - valore: il valore delle vendite di tali articoli franco fabbrica. Attualmente (agosto 2001) il marchio di qualità ecologica è utilizzato da 83 imprese (a fronte di 37 nel marzo 2000) per alcune centinaia di prodotti. Gli articoli tessili e i prodotti verniciati per interni sono di gran lunga i gruppi di prodotti di maggiore successo in termini di numero di richiedenti. Il tessuto-carta copre una quota significativa del valore generale delle vendite dei prodotti recanti il marchio di qualità ecologica. La distribuzione dei detentori del marchio di qualità ecologica e dei loro prodotti nell'UE nel SEE è ancora piuttosto disomogenea ma, in confronto alla situazione di un anno fa, mostra una migliore distribuzione dei prodotti, più bilanciata in 12 dei 17 gruppi di prodotti, con titolari di licenza presenti in 13 dei 18 paesi partecipanti. I dati provvisori per il 2000 indicano vendite per circa 17 milioni di articoli recanti il marchio di qualità ecologica, per un valore franco fabbrica di circa 38 milioni di EUR. Per quanto riguarda la reale penetrazione nel mercato, i prodotti con marchio di qualità ecologica occupano tuttavia una frazione relativamente poco significativa, attualmente inferiore all'1% del mercato totale dei vari gruppi di prodotti. Ad esempio, nel 1999 il valore delle vendite franco fabbrica di prodotti vernicianti per interni con marchio di qualità ecologica non superava 8 milioni di EUR in tutta l'UE, a fronte del valore totale delle vendite complessive di pitture per decorazioni, pari a circa 7 200 milioni di EUR. L'obiettivo a breve temine consiste pertanto in un aumento considerevole del numero di prodotti recanti il marchio di qualità ecologica, al fine di renderli visibili sul mercato e aumentarne l'impatto ambientale. L'obiettivo a lungo termine consiste nell'incrementare continuamente tale visibilità per avvicinarsi al più presto al potenziale teorico di penetrazione nel mercato del marchio di qualità ecologica, generalmente compreso fra l'1% e il 30% del mercato nel suo insieme (in funzione del gruppo di prodotti in questione e della selettività dei relativi criteri per l'assegnazione del marchio). Occorre sottolineare che, in base all'esperienza globale dei marchi di qualità ecologica di tipo I, raramente ci si avvicina a tali livelli di penetrazione nel mercato e generalmente soltanto per uno o due gruppi di prodotti in mercati geograficamente limitati. Il marchio di qualità ecologica deve pertanto porsi obiettivi realistici ma allo stesso tempo ambiziosi. A breve termine, al fine di raggiungere un livello minimo di visibilità, sarebbe necessario un incremento annuo pari almeno al 25% del valore e/o del nume- ro di articoli con marchio di qualità ecologica. La visibilità non è certo un concetto preciso ma, per quanto riguarda il marchio di qualità ecologica, si considera di avere raggiunto il livello minimo di visibilità quando i consumatori dell'UE e del SEE hanno la possibilità di scegliere, al momento dell'acquisto, prodotti di vari tipi recanti il marchio di qualità ecologica, senza doverli cercare troppo attivamente. Una definizione indicativa grossolana può ad esempio consistere nel fatto che devono essere commercializzati in ciascuno Stato membro prodotti con marchio di qualità ecologica di almeno tre o quattro gruppi di prodotti diversi, in quantità che rappresentino almeno l'1% del loro mercato complessivo. Sotto questo aspetto gli organismi competenti del marchio di qualità ecologica di ciascuno Stato membro hanno identificato determinati gruppi di prodotti esistenti cui orientare le attività promozionali e i marketing, in particolare i prodotti tessili, le calzature, i prodotti vernicianti per interni, gli ammendanti e il tessuto-carta. Sebbene, in ultima analisi, la decisione di utilizzare o meno il marchio di qualità ecologica spetti interamente alle singole imprese (e viene presa essenzialmente in base a fattori economici e i marketing), il CUEME, gli Stati membri e la Commissione possono comunque influenzare considerevolmente la penetrazione nel mercato del marchio di qualità ecologica. Al pari della promozione attiva del marchio presso tutte le parti interessate (cfr. la sezione concernente le azioni promozionali), l'ampia consultazione e il dialogo al momento della definizione dei criteri mirano a conseguire il migliore equilibrio possibile fra gli obiettivi ambientali e la fattibilità sul piano tecnico, in modo da attrarre i produttori, i distributori e i consumatori. Pur essendo sensibilmente aumentato il numero di grossi produttori e venditori al dettaglio consapevoli del marchio di qualità ecologica e delle opportunità che il nuovo sistema può offrire ai loro prodotti, in quanto principali parti interessate essi dovrebbero essere tempestivamente e correttamente informati. I diversi studi svolti dalla Commissione europea negli ultimi anni hanno messo in evidenza alcune lacune del processo di comunicazione, fra cui la mancanza di informazioni, più o meno evidente, sul sistema e sulle opportunità che offre e l'impressione diffusa che il marchio di qualità ecologica sia uno strumento di marketing piuttosto debole. Altri fattori riguardano la riluttanza a partecipare ai sistemi di assegnazione del marchio di qualità ecologica e le difficoltà che incontrano i richiedenti, in particolare in relazione a determinati gruppi di prodotti, a soddisfare i criteri selettivi, in quanto non sempre essi hanno pieno controllo sull'intera catena degli approvvigionamenti (ad esempio nel settore dei prodotti tessili). Molte di queste barriere sono dovute a problemi di comunicazione e i cooperazione fra i soggetti coinvolti nella promozione e nella diffusione del sistema, e vengono discusse nel presente piano di lavoro. Un ulteriore aspetto di grande rilevanza ai fini della visibilità e della penetrazione nel mercato e, di conseguenza, dei vantaggi diretti del marchio per l'ambiente è messo in evidenza in un recente lavoro sul marketing del marchio di qualità ecologica in Grecia, che si prefiggeva di aumentare la notorietà del logo del marchio di qualità ecologica rappresentante un fiore stilizzato presso il grande pubblico. Affinché il logo possa influenzare le scelte dei consumatori, questi ultimi devono essere in grado di comprendere (grazie a conoscenze proprie o per sentito dire o leggendo il marchio o gli opuscoli di accompagnamento, ecc.) che un prodotto 21 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE che reca il marchio di qualità ecologica ha un impatto ambientale ridotto. Ad esempio, da un sondaggio precedente, svolto in Finlandia nel 1999, è emerso che il 39% circa dei consumatori conosceva o poteva ipotizzare il significato del marchio europeo di qualità ecologica, anche se soltanto una percentuale inferiore (il 22%) lo ha riconosciuto effettivamente come marchio comunitario. Finché il numero dei prodotti recanti il marchio di qualità ecologica è relativamente esiguo, per risultare pienamente efficienti dal punto di vista dei costi le azioni promozionali dovrebbero concentrarsi sui produttori e i distributori, piuttosto che sui consumatori. via però che crescerà il numero dei produttori e dei distributori che richiedono il marchio, grazie ad un'intensificazione delle azioni di promozione, anche il livello di notorietà del marchio dovrebbe aumentare, rendendo a quel punto plausibili e utili le azioni di sensibilizzazione rivolte più particolarmente ai consumatori. Nel frattempo la Commissione ha preparato una serie di opuscoli che illustrano gli obiettivi e il significato del marchio di qualità ecologica per gruppi di prodotti specifici, da accludere agli articoli in vendita al consumatore finale; tali opuscoli dovrebbero ora essere distribuiti dai membri del CUEME con una maggiore sistematicità. Anche impiegando notevoli risorse di marketing, occorrono molti anni perché un marchio si affermi e sia riconosciuto su larga scala. Sebbene l'obiettivo a lungo termine dovrebbe essere il riconoscimento del marchio europeo di qualità ecologica come marchio di eccellenza ambientale da parte di oltre la metà dei consumatori europei, è evidente tuttavia che esso può essere raggiunto soltanto in modo progressivo. A breve termine, ed entro i limiti delle risorse disponibili, occorre svolgere sondaggi per valutare il grado di riconoscimento del marchio presso il pubblico e per monitorare le azioni di sensibilizzazione dei consumatori. È necessario definire e concretizzare iniziative per il raggiungimento di questi obiettivi. In particolare, la campagna promozionale danese del 2000-2001 rivolta ai consumatori ha dimostrato che è possibile conseguire miglioramenti significativi del riconoscimento da parte dei consumatori (in questo caso è quadruplicato, raggiungendo il 20%) grazie a una cooperazione e un coordinamento molto stretto con i produttori e i distributori di un determinato settore. Il fattore chiave per il successo ottenuto consiste nel fatto che i prodotti recanti il marchio di qualità ecologica (prodotti tessili e detergenti) sono stati immessi sul mercato da un grande numero di produttori contemporaneamente al lancio della campagna promozionale (televisiva, mediante opuscoli distribuiti presso i punti di vendita, ecc. ). Obiettivi Incrementare di almeno il 25% annuo il valore e/o il numero di articoli con marchio di qualità ecologica. Raggiungere, prima della conclusione del piano di lavoro, un livello minimo di visibilità in due terzi degli Stati membri. Tutti i principali produttori e venditori al dettaglio dovrebbero conoscere il marchio di qualità ecologica. A lungo termine, oltre la metà dei consumatori europei dovrebbe riconoscere il marchio comunitario di qualità ecologica come marchio di eccellenza ambientale. 22 Misure di attuazione Entro la fine del primo anno del piano di lavoro il CUEME dovrebbe porre in atto meccanismi di comunicazione periodica per preparare statistiche annuali che rilevino la penetrazione nel mercato dei vari gruppi di prodotti. Entro la fine del primo anno del piano di lavoro il CUEME dovrebbe sviluppare il succitato criterio del livello minimo di visibilità del marchio di qualità ecologica e valutare in quali paesi tale livello è stato raggiunto. Per tutta la durata del piano di lavoro il CUEME, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero intraprendere azioni individuali e/o comuni di promozione del marchio comunitario di qualità ecologica, mirate in particolare ai venditori al dettaglio e agli addetti agli appalti pubblici (cfr. infra). Queste azioni devono essere oggetto di relazioni (e di scambi di informazioni) nel corso delle riunioni presidenziali del CUEME che si svolgono due volte l'anno. Devono inoltre essere inserite nelle relazioni i dati sulle risorse destinate alle promozioni, che possibilmente dovrebbero essere pari o superiori al 50% i quelle destinate allo sviluppo e alla revisione dei gruppi di prodotti. Parallelamente, occorre richiedere un feedback alle parti interessate e tenerne conto in modo sistematico. In ciascuno Stato membro gli organismi competenti per il marchio di qualità ecologica, i gruppi di interesse e le autorità pubbliche dovrebbero identificare determinati gruppi di prodotti già definiti come prioritari e, dove appropriato, concentrare su di essi una parte significativa dei loro sforzi di marketing. Il CUEME dovrebbe sviluppare una metodologia efficace sotto il profilo dei costi per monitorare il riconoscimento, da parte dei consumatori, del logo comunitario apposto sul marchio di qualità ecologica ed inoltre realizzare azioni efficaci sotto il profilo dei costi per raggiungere questo obiettivo. Cfr. inoltre le azioni promozionali congiunte [punto 4, lettera b), e punto 5]. c) Vantaggi per l'ambiente L'obiettivo generale del marchio di qualità ecologica consiste nel promuovere i prodotti potenzialmente in grado di ridurre gli impatti ambientali negativi rispetto agli altri prodotti dello stesso gruppo, contribuendo così ad un uso efficiente delle risorse e a un elevato livello di protezione dell'ambiente. In questo modo, esso contribuisce a rendere più sostenibili i consumi e a raggiungere gli obiettivi politici delineati nella strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile (ad esempio in riferimento al cambiamento climatico, all'efficienza dell'uso delle risorse e all'ecotossicità), nel Sesto programma di azione per l'ambiente e nel futuro Libro bianco sulla strategia della politica integrata dei prodotti. Studi e relazioni precedenti hanno dimostrato che i vantaggi specifici per l'ambiente connessi ai marchi di qualità ecologica sono difficili da calcolare poiché non è facile isolarli e misurarne la portata rispetto ai vantaggi per l'ambiente derivanti da altre misure ambientali. Tuttavia, è possibile stimare il massimo vantaggio ambientale realizzabile se tutti i prodotti di un determinato gruppo soddisfacessero ai criteri del marchio di qualità ecologica. Nel proporre nuovi criteri per un gruppo di prodotti, gli studi tecnici devono valutare, per quanto possibile, tale potenziale massimo. In generale, i vantaggi diretti del marchio di qualità ecologica per l'ambiente sono strettamente correlati alla sua penetrazione nel mercato, che viene conseguita innanzitutto con il consolidamento e l'aumento delle vendite dei prodotti recanti il marchio che hanno un ridotto impatto ambientale e, in secondo luogo, con i miglioramenti che i produttori devono introdurre per conformarsi ai criteri del marchio di qualità ecologica. Il potenziamento dei vantag- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE gi del marchio di qualità ecologica per l'ambiente dipende chiaramente dalle varie attività promozionali e i marketing già in corso o previste nell'ambito del presente piano di lavoro. In pratica il marchio di qualità ecologica offre alcuni importanti vantaggi indiretti che non si riflettono nel numero di prodotti dotati di marchio o i licenze; essendo senz'altro positivi tali vantaggi devono essere valutati e promossi. Un importante vantaggio indiretto per l'ambiente connesso al marchio di qualità ecologica consiste nell'aumento dell'uso di tale marchio o i altri criteri ambientali negli appalti pubblici o privati. L'articolo 10 del regolamento (CE) n. 1980/2000 prevede che: "Per incoraggiare l'uso dei prodotti contrassegnati dal marchio di qualità ecologica la Commissione e le altre istituzioni della Comunità nonché le altre autorità pubbliche nazionali dovrebbero, fatto salvo il diritto comunitario, dare l'esempio quando stabiliscono i propri requisiti per i prodotti". Agli appalti pubblici fa capo circa il 14% (6) della domanda del mercato europeo e gli addetti agli appalti nelle imprese e nelle altre organizzazioni governative e non governative devono essere stimolati più sistematicamente ad utilizzare i criteri per il marchio di qualità ecologica nei bandi di gara. Il documento interpretativo della Commissione sugli appalti pubblici e sull'ambiente (6) chiarisce in che modo si può procedere. Il grado di sensibilizzazione degli acquirenti, tuttavia, non è ancora sufficiente per produrre effetti significativi sul mercato. Un obiettivo specifico deve pertanto consistere nell'aumento, nei prossimi anni, della domanda di prodotti più "verdi" da parte degli addetti agli appalti pubblici e privati. Occorre effettuare sondaggi e studiare opportune misure per aumentare tali cifre. Bisogna inoltre sottolineare che quello degli appalti e degli acquisti è un settore in cui l'impatto del marchio di qualità ecologica non è necessariamente collegato al numero di prodotti recanti tale marchio. Un prodotto che dimostri di soddisfare ai criteri del marchio di qualità ecologica può essere scelto dagli acquirenti anche se non è necessariamente contrassegnato da tale marchio. Un analogo vantaggio indiretto, che non sempre si riflette nel numero di prodotti recanti il marchio di qualità ecologica, consiste nell'aumento dell'uso dei criteri di tale marchio come termine di riferimento per l'eccellenza ecologica dello sviluppo e del marketing dei prodotti da parte delle imprese. Alcune di esse, ad esempio, garantiscono che i loro prodotti sono conformi ai criteri del marchio di qualità ecologica completamente o in parte, senza necessariamente richiedere tale marchio. Obiettivi Contribuire a rendere più sostenibili i consumi e a raggiungere gli obiettivi politici delineati nella strategia della Comunità europea per lo sviluppo sostenibile, nel Sesto programma di azione per l'ambiente e nel futuro Libro bianco sulla strategia della politica integrata dei prodotti. Sviluppare progressivamente valutazioni qualitative e quantitative dei vantaggi diretti e indiretti del marchio di qualità ecologica. (6) Comunicazione interpretativa della Commissione sul diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici, COM(2001) 274 def. A medio termine, informare gli addetti agli appalti pubblici delle possibilità di utilizzare i criteri del marchio di qualità ecologica nei bandi di gara. A medio termine, delineare il ruolo dei criteri del marchio come termine di riferimento dell'eccellenza ambientale. Misure di attuazione Per tutta la durata del piano di lavoro il CUEME, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero intraprendere azioni individuali e/o collettive di informazione degli addetti agli appalti pubblici e privati in merito alle opportunità di utilizzare i criteri del marchio di qualità ecologica nei bandi di gara. Nei primi tre anni del presente piano il CUEME dovrebbe sviluppare e migliorare la metodologia e i parametri per valutare i vantaggi diretti e indiretti per l'ambiente del marchio di qualità ecologica. I massimi vantaggi potenziali per l'ambiente per ciascun gruppo di prodotti devono essere sistematicamente valutati quando si stabiliscono o si revisionano i criteri. Deve essere attuata una strategia di monitoraggio, di valutazione e i potenziamento dei vantaggi indiretti per l'ambiente dei criteri del marchio di qualità ecologica. 3. Elenco non esaustivo dei gruppi di prodotti prioritari a) Gruppi di prodotti prioritari Affinché un gruppo di prodotti sia considerato prioritario per l'assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica devono essere soddisfatte alcune condizioni. In particolare l'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1980/2000 stabilisce una serie di requisiti essenziali per l'assegnazione del marchio di qualità ecologica. Il prodotto deve appartenere ad un gruppo che rappresenta un volume significativo di vendite nel mercato interno ed essere destinato ai consumatori finali. Deve comportare impatti ambientali significativi che possano essere positivamente influenzati dalle scelte dei consumatori; infine i produttori e i venditori al dettaglio devono essere disposti ad apporre il marchio di qualità ecologica sui loro prodotti. In altri termini, i gruppi di prodotti devono essere valutati per la loro rilevanza, la potenzialità e la capacità di risposta. La rilevanza è connessa alla natura e all'entità dei relativi impatti ambientali, la potenzialità si riferisce ai possibili vantaggi per l'ambiente e la capacità di risposta riguarda quanto un gruppo di prodotti può essere influenzato positivamente dal marchio di qualità ecologica. L'appendice 1 del presente documento illustra in sintesi gli elementi principali che concorrono alla definizione dei gruppi di prodotti "candidati". In base all'elenco dei quesiti, a ciascun gruppo di prodotti candidato deve essere assegnato un giudizio di priorità "elevata", "media" o "bassa" oppure di "nessuna priorità", oltre che le necessarie risorse. I prodotti giudicati "non prioritari" vanno accantonati ai fini dell'assegnazione del marchio. Per il momento, il peso relativo attribuito ai singoli quesiti non è determinato e può variare logicamente di caso in caso. In questo contesto occorre tenere conto anche degli sviluppi della politica integrata dei prodotti (ad esempio la possibilità di introdurre asserzioni ISO del tipo II o III per i gruppi di prodotti in questione). L'attribuzione della priorità complessiva per ciascun gruppo di prodotti dovrebbe avvenire a seguito di discussioni e con il consenso del CUEME. La metodologia (e pertanto l'appendice 1) deve 23 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE essere ulteriormente migliorata, aggiornata e applicata ai gruppi di prodotti prioritari elencati nell'appendice 2, nella quale figurano i gruppi di prodotti già definiti e in via di definizione, oltre che indicazioni su eventuali nuovi gruppi di prodotti (candidati). L'appendice 2 deve essere aggiornata di conseguenza, se necessario adattando la denominazione dei gruppi di prodotti candidati per tenere conto maggiormente della loro evoluzione futura. In sede di revisione dei gruppi di prodotti già definiti occorrerà altresì ampliarne progressivamente, quando necessario, il campo di applicazione, includendo ad esempio determinati prodotti per uso professionale. Si sottolinea che gli elenchi in appendice 2 non sono esaustivi, come stabilito all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1980/2000. In qualunque momento la Commissione ha la facoltà di incaricare il CUEME dello sviluppo e della revisione periodica di criteri ecologici e requisiti di valutazione e i verifica per gruppi di prodotti che non sono inclusi nell'attuale elenco. Questi elenchi possono inoltre essere aggiornati durante il periodo di validità del presente piano di lavoro [in base alla procedura stabilita all'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1980/2000, con la possibilità di aggiungere nuovi gruppi di prodotti. Obiettivi Sfruttare al meglio le risorse allocate per lo sviluppo dei gruppi di prodotti, concentrando l'attenzione sui gruppi di prodotti più adatti per il marchio comunitario di qualità ecologica. Misure di attuazione Il CUEME dovrebbe sviluppare e migliorare la metodologia di definizione delle priorità, in particolare cercando di definire criteri di classificazione ambientale e ponderazione degli elementi che concorrono alla definizione delle priorità. In questo ambito esso deve tenere conto fra l'altro del successo o dell'insuccesso dei gruppi di prodotti già definiti, che deve essere debitamente analizzato. L'appendice 1 deve essere aggiornata di conseguenza. La tabella dei gruppi di prodotti prioritari e le relative priorità (cfr. appendice 2) dovrebbero essere aggiornate regolarmente, previa consultazione del CUEME, applicando la metodologia descritta in precedenza. In particolare, per i gruppi di prodotti di cui all'appendice 2, il cui grado di priorità deve ancora essere stabilito, tale valutazione deve essere effettuata quanto prima. In sede di revisione dei singoli gruppi di prodotti il CUEME dovrà procedere a rivalutarne le priorità. 24 b) Servizi esclusi dal sistema L'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1980/2000 non esclude esplicitamente alcun servizio dall'ambito del sistema del marchio di qualità ecologica. Tutti i gruppi di prodotti, che si tratti di beni o i servizi, devono comunque soddisfare le condizioni stabilite all'articolo 2, paragrafo 2, ed essere oggetto di una decisione della Commissione che definisca i criteri ecologici per l'assegnazione del marchio di qualità ecologica per il gruppo di prodotti in questione. Analogamente, l'articolo 3 del regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e i audit (EMAS) non esclude esplicitamente alcun servizio dal campo di applicazione dell'EMAS. In generale, qualunque fornitore di servizi impegnato al miglioramento delle proprie prestazioni ambientali complessive può chiedere di propria iniziativa di essere inserito nell'EMAS, a prescindere dal tipo di servizi offerto. Non esistono motivi a priori per escludere a lungo termine un servizio dal marchio di qualità ecologica. I vincoli previsti all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1980/2000 escludono già un numero di servizi molto superiore a quello dei beni, in quanto non hanno impatti ambientali significativi, né presentano un potenziale significativo che possa incidere sul miglioramento ambientale tramite le scelte dei consumatori. Almeno in un primo tempo, ai fini dell'assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica, si devono considerare prima i servizi con un aspetto fortemente associato ai beni, come gli autolavaggi (che consumano acqua, energia e detergenti) o le lavanderie per prodotti tessili (che utilizzano lavatrici, trasporti, energia, detergenti, producono rifiuti, ecc.). Una ragione consiste nel fatto che nell'ambito del marchio comunitario di qualità ecologica o dei marchi nazionali l'esperienza in merito ai servizi e all'applicazione di metodologie sul ciclo di vita è molto più limitata rispetto a quella relativa ai beni. In questo contesto, la definizione del primo gruppo di prodotti nel settore dei servizi, vale a dire la struttura ricettiva turistica, e le prime esperienze acquisite al riguardo saranno preziose. Può tuttavia essere consigliabile, per l'intera durata del presente piano di lavoro, svolgere studi di fattibilità su uno o due altri gruppi di prodotti associati a servizi, anche al fine di approfondire le nostre esperienze e conoscenze sui servizi. Esistono evidenti argomentazioni di marketing a favore del completamento delle "famiglie" di beni che presentano maggiore attrattiva per produttori, venditori al dettaglio e consumatori e in un secondo momento anche dei servizi strettamente associati, prima di definire nuove famiglie di beni correlati a servizi (ad esempio i finanziamenti "verdi" o i servizi della pubblica amministrazione). Il ruolo del marchio comunitario di qualità ecologica visto nel contesto più ampio della politica integrata dei prodotti e di altre strategie politiche richiede, almeno in una fase iniziale, un ampliamento della gamma dei beni da includere nel sistema, prima che dei servizi. Ciò nonostante, via che aumentano le conoscenze sui beni e sui servizi ai quali potrebbe essere attribuito il marchio e si rafforza il ruolo del sistema del marchio di qualità ecologica, alcuni servizi ancora non identificati potrebbero giustamente acquisire la priorità per l'assegnazione del marchio di qualità ecologica. In conclusione, non è opportuno escludere a priori alcun servizio in particolare. Un'applicazione caso per caso dell'elenco citato in precedenza può rappresentare un metodo obiettivo per l'assegnazione delle priorità fra gruppi di beni e servizi. Bisognerebbe inoltre valutare se un determinato servizio sia in stretto e diretto rapporto con i gruppi già identificati. Bisogna infine sottolineare i ruoli complementari e i reciproco supporto del marchio di qualità ecologica e dell'EMAS (e degli altri sistemi di gestione dell'ambiente, come la norma ISO 14001). In breve, un'impresa che partecipa al sistema EMAS è certamente gestita in maniera sistematica dal punto di vista ambientale e migliora continuamente le sue prestazioni ecologiche rispettando o persino anticipando requisiti legislativi minimi. I prodotti recanti il marchio di qualità ecologica sono evidentemente tra i migliori dal punto di vista ambientale. Un'impresa che aderisce all'EMAS trarrebbe pertanto beneficio dal- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE l'uso dei criteri del marchio di qualità ecologica nell'ambito della propria politica ambientale, come un chiaro e positivo obiettivo per i propri prodotti. Un'impresa che detiene o richiede il marchio di qualità ecologica per propri prodotti trarrebbe beneficio dall'adesione all'EMAS sul piano della gestione e della conformità ai relativi criteri. Nell'ambito del nuovo sistema di assegnazione del marchio di qualità ecologica è stato possibile introdurre varie agevolazioni finanziarie, ad esempio per imprese con certificazione EMAS e ISO, PMI e per le prime imprese richiedenti. Misure di attuazione Nei primi tre anni del piano di lavoro il CUEME dovrebbe sviluppare una metodologia di definizione dei criteri ecologici per i servizi ed esaminare svariati servizi al fine di valutarne il grado di priorità. Nei primi due anni del piano di lavoro il CUEME dovrebbe studiare le potenziali sinergie fra il marchio di qualità ecologica e l'EMAS e gli altri sistemi di gestione ambientale, tra cui quello definito nella norma ISO 14001. 4. Cooperazione e coordinamento fra il sistema UE e altri sistemi di assegnazione di marchi di qualità ecologica negli Stati membri Il coordinamento e la cooperazione fra il marchio comunitario di qualità ecologica e altri marchi di qualità ecologica esistenti negli Stati membri devono diventare progressivamente più sistematici e completi, con un rafforzamento significativo del contributo dei sistemi di assegnazione dei marchi in Europa alla promozione e allo sviluppo del consumo sostenibile. Esistono vari livelli di cooperazione e coordinamento, tra cui lo scambio di informazioni, le azioni promozionali congiunte e lo sviluppo di gruppi di prodotti. Un migliore coordinamento dei gruppi di prodotti consentirebbe in particolare un considerevole risparmio di risorse. Obiettivo Instaurare e consolidare progressivamente e sistematicamente la cooperazione e il coordinamento fra il marchio comunitario di qualità ecologica e altri marchi analoghi negli Stati membri. Misure di attuazione Il CUEME e gli altri marchi nazionali devono istituire un gruppo permanente di gestione della cooperazione e del coordinamento. a) Coordinamento dello sviluppo dei gruppi di prodotti Il marchio comunitario di qualità ecologica e gli altri marchi dovrebbero scambiarsi sistematicamente informazioni sui rispettivi gruppi di prodotti esistenti e sui programmi di sviluppo dei gruppi di prodotti e possibilmente coordinare i loro sforzi e correlare risorse, conoscenze specifiche e risultati. Ciò porterebbe a risparmi su tutti i fronti e al chiarimento dei rispettivi ruoli dei vari sistemi e agevolerebbe l'armonizzazione (nei casi in cui marchi simili mirano a obiettivi simili). Ciascun approccio offre vantaggi specifici e per questo essi devono essere sviluppati parallelamente. Per ciascun gruppo di prodotti deve essere presa una decisione comune, nell'ambito di ogni marchio, in merito alle varie situazioni e possibilità, secondo le modalità qui descritte: UE sì, nazionale o regionale no: nei casi in cui esistano cri- teri UE per un determinato gruppo di prodotti, mentre il marchio nazionale o regionale non ne dispone, gli organismi competenti del marchio nazionale (o regionale) devono decidere (informandone il CUEME) se: i) astenersi dal definire criteri per questo gruppo di prodotti (in questo caso sarebbe disponibile solo il marchio UE), con il vantaggio di semplificare la scelta dei produttori e rafforzare il marchio UE, a fronte tuttavia della necessità di intensificare le attività di marketing del marchio UE per tale gruppo di prodotti; ii) adottare i criteri UE a livello nazionale (ad esempio come ha fatto l'Austria per le lampade elettriche), con il vantaggio di offrire ai produttori nazionali la scelta fra utilizzare il marchio nazionale e/o il marchio UE per il mercato locale e il marchio UE per il mercato comunitario, rafforzando così entrambi i marchi; iii) adottare criteri diversi da quelli del marchio UE. Questo approccio dovrebbe essere motivato dai diversi obiettivi ambientali e i marketing e dovrebbe essere chiaramente spiegato a tutte le parti interessate a livello nazionale e comunitario. Ad esempio, laddove i criteri UE siano molto rigorosi, il marchio nazionale potrebbe legittimamente mirare ad un segmento più ampio del mercato fissando criteri meno severi, e viceversa. Il marchio nazionale potrebbe inoltre prefiggersi obiettivi ambientali specifici, espressi nei criteri, che sono forse meno importanti o meno appropriati a livello europeo. Tuttavia, nella maggior parte dei casi entrambe le parti devono compiere uno sforzo per raggiungere una convergenza sui criteri. UE no, nazionale sì: nei casi in cui esistano criteri nazionali (o regionali), il marchio comunitario di qualità ecologica dovrebbe tenerne conto in sede di definizione delle priorità dei gruppi di prodotto da identificare a livello UE. Qualora si decidesse di procedere in tal senso, in sede di definizione dei criteri UE, il CUEME dovrebbe tenere conto dei criteri nazionali esistenti. Occorre identificare, descrivere, spiegare e comunicare alle rispettive parti interessate le eventuali differenze fra i criteri nazionali e quelli definiti a livello comunitario. UE no, nazionale no: nei casi in cui non esistono criteri né nazionali né UE, gli organismi competenti del marchio comunitario di qualità ecologica e dei marchi nazionali devono discutere caso per caso se sia più appropriato sviluppare criteri a livello UE o nazionale oppure entrambi (in questo caso, chiarendo e motivando eventuali elementi di complementarità) e come procedere con la massima efficacia. UE sì, nazionale sì: nei casi in cui per un determinato gruppo di prodotti esistano criteri sia per il marchio comunitario di qualità ecologica, sia per il marchio nazionale, occorre decidere se armonizzare progressivamente i rispettivi criteri (ad esempio adottando i criteri dell'altro marchio), se adottare approcci complementari (cfr. sopra) o se ritirare un marchio (o entrambi) per un determinato gruppo di prodotti. Obiettivo Coordinare progressivamente lo sviluppo dei gruppi di prodotti nei vari sistemi di marchi nell'UE. Misure di attuazione Il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero rivedere e catalogare tutti i gruppi di prodotti inclusi nei marchi di qualità ecologica nell'UE e nei paesi candidati (e successivamente negli altri paesi), oltre che 25 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE istituire e aggiornare un registro centrale dei gruppi di prodotti e dei relativi criteri. Il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero creare un meccanismo di coordinamento progressivo dei rispettivi programmi di lavoro che consenta anche lo scambio di informazioni. Per ciascun gruppo di prodotti nell'ambito di ciascun marchio, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero determinare quale delle situazioni e degli approcci esposti nel precedente punto 4, lettera a), sia applicabile. Per quanto possibile, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero armonizzare i rispettivi database sugli ingredienti dei detersivi (elenchi DID) e tutti gli elementi al riguardo. Nell'ambito dei lavori in corso per lo sviluppo dei gruppi di prodotti, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero esaminare la possibilità, secondo opportune modalità, di riconoscere reciprocamente i prodotti intermedi o finali che recano uno degli altri marchi negli Stati membri, ad esempio nel contesto di gruppi di prodotti per i quali sono ammesse agevolazioni per l'uso di prodotti recanti il marchio. Il CUEME dovrebbe tenere conto dei lavori svolti nell'ambito della rete europea globale per il marchio di qualità ecologica (GEN). 26 b) Azioni comuni per la promozione del sistema UE, degli altri marchi di qualità ecologica negli Stati membri e dei prodotti recanti tali marchi, finalizzate anche a sensibilizzare i consumatori e a renderli edotti dei ruoli comuni e complementari dei sistemi Alle parti interessate dovrebbero essere fornite informazioni che illustrino il valore ambientale dei vari marchi di qualità ecologica in Europa, presentando i vari sistemi non come concorrenti, ma come complementari, anche se con gruppi di prodotti e obiettivi diversi, e mirati sempre all'obiettivo finale comune dello sviluppo sostenibile e i corretti modelli di consumo. A tal fine occorre garantire un dibattito continuo tra le autorità responsabili del marchio UE e degli altri marchi presenti negli Stati membri per definire congiuntamente i sistemi, gli obiettivi e i ruoli comuni e complementari dei marchi e presentarli di concerto. Saranno essenziali le campagne promozionali organizzate congiuntamente per spingere i gruppi di prodotti similari allo scopo di spiegare ai consumatori i vari aspetti ambientali, se presenti, e i vantaggi derivanti dai sistemi concertati. È inoltre importante sviluppare un sito web e un database comuni che consentano ai consumatori europei e ai responsabili degli appalti pubblici e privati di reperire con maggiore facilità i prodotti contrassegnati dal marchio di qualità ecologica (dando ad esempio informazioni sui punti di acquisto, sui produttori e sui referenti). Laddove sia il marchio nazionale (o regionale), sia quello comunitario si avvalgano di criteri per un determinato gruppo di prodotti, è evidente che il miglior risultato possibile (in termini di informazione dei consumatori e i rafforzamento del marchio di qualità ecologica come strumento per incentivare il consumo sostenibile) si ottiene quando gli interessati richiedono e ottengono entrambi i marchi. A livello nazionale i produttori trarrebbero vantaggio dalla notorietà locale del marchio nazionale e dalla dimensione europea del marchio UE, mentre vendendo i propri prodotti negli altri Stati membri (dove il marchio nazionale è generalmente meno noto) essi trarrebbero vantaggio dal marchio UE. La presenza contemporanea di entrambi i marchi aumenterebbe l'attenzione dei consumatori al riguardo, rafforzando entrambi i sistemi. Al fine di incoraggiare l'uso simultaneo dei due marchi, i sistemi tariffari dovrebbero essere adattati in modo da prevedere opportuni sconti a chi presenta richiesta per ottenere entrambi i marchi. Ad esempio i richiedenti potrebbero essere autorizzati a dedurre dagli oneri connessi all'assegnazione di un marchio il costo dell'altro marchio. Occorre esaminare attentamente le conseguenze finanziarie (positive e negative, a breve e a lungo termine) di questa soluzione e definire procedure adeguate per affrontare eventuali complicazioni. Obiettivo Aumentare progressivamente la consapevolezza in merito agli obiettivi e ai ruoli del marchio UE e degli altri marchi negli Stati membri. Misure di attuazione Nel primo anno del piano di lavoro la Commissione, gli Stati membri, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero elaborare di concerto le necessarie informazioni destinate alle parti interessate (produttori, consumatori, distributori, addetti agli appalti pubblici e così via) concernenti l'esistenza, i ruoli e gli obiettivi comuni e complementari dei marchi nazionali e del marchio UE. Nel secondo anno del piano di lavoro dovrebbero essere intraprese azioni mirate alla diffusione di tali informazioni. Il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero scambiare e divulgare informazioni in merito ai prodotti posti in vendita con il marchio di qualità ecologica e ai relativi punti vendita. La Commissione, il CUEME e gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero esplorare le possibilità di creare su Internet un punto vendita "ecologico" comune per i prodotti contrassegnati con il marchio di qualità ecologica (e/o altre azioni simili). Se utile, occorrerà al contempo proporre una tabella di marcia e una dotazione finanziaria per la realizzazione di questa iniziativa. Il CUEME e i marchi nazionali dovrebbero sviluppare azioni comuni per promuovere l'uso dei criteri del marchio di qualità ecologica negli appalti pubblici e privati. La Commissione, previa consultazione del CUEME, dovrebbe studiare le possibilità e le opportunità di adattare la struttura tariffaria del marchio comunitario di qualità ecologica al fine di offrire uno sconto appropriato ai richiedenti che desiderino ottenere il marchio UE e uno o più marchi negli altri Stati membri, tenendo conto delle conseguenze finanziarie (positive e negative, a breve e a lungo termine) e, se opportuno, proponendo una modifica della decisione che disciplina il marchio. Gli altri marchi presenti negli Stati membri dovrebbero procedere analogamente. 5. Azioni comuni di promozione (Nota: le azioni comuni per la promozione del marchio UE si aggiungono alle azioni comuni concernenti i marchi nazionali di cui sopra e alle azioni promozionali in corso, poste in atto dai singoli Stati membri, dai membri del CUEME e dalla Commissione.) Un sistema volontario può avere successo e un impatto significativo sul mercato se è sostenuto da sufficienti attività promozionali e i marketing. L'articolo 10 del rego- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE lamento revisionato invita gli Stati membri e la Commissione, in collaborazione con i membri del CUEME, a promuovere l'uso del marchio comunitario di qualità ecologica mediante azioni di sensibilizzazione e campagne di informazione presso consumatori, produttori, venditori all'ingrosso e al dettaglio e il pubblico in generale. Il coinvolgimento delle varie parti interessate e, in particolare, di quelle che possono fungere da moltiplicatori (come il settore della vendita al dettaglio e le ONG i difesa dei consumatori e ambientaliste) rivestono un'importanza cruciale. Occorre identificarle chiaramente e sviluppare una strategia mirata a un'informazione ottimale per ciascuna di esse. In particolare, il CUEME dovrebbe continuare a organizzare riunioni periodiche due volte l'anno, dedicate essenzialmente al marketing, alla promozione e allo sviluppo strategico, e istituire un gruppo di lavoro permanente di gestione del marketing in grado di sviluppare e coordinare azioni promozionali congiunte di ogni genere, comprese quelle della Commissione e degli Stati membri. Come già indicato in precedenza (cfr. la sezione relativa alla penetrazione nel mercato), le risorse complessive devolute per le attività (comuni o individuali) di promozione e i marketing devono essere significative, e pari o superiori al 50% dell'entità delle risorse allocate per lo sviluppo tecnico dei gruppi di prodotti. Obiettivo Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero coordinare opportunamente le iniziative di marketing e sviluppare e realizzare azioni comuni. Misure di attuazione Il CUEME dovrebbe istituire un gruppo permanente per la gestione delle attività di marketing. Per quanto possibile, le risorse stanziate per le azioni di promozione (comuni o i altro genere) devono raggiungere un livello pari al 50% i quelle devolute allo sviluppo e alla revisione dei gruppi di prodotti. Il CUEME dovrebbe organizzare incontri semestrali per discutere essenzialmente questioni inerenti a marketing, promozione e sviluppo strategico del sistema (riunioni presidenziali). Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero identificare di concerto i principali gruppi target e definire e attuare una strategia per ciascuno di essi. a) Attività comuni di promozione per sensibilizzare tutti gli interessati L'obiettivo principale consiste nell'informare in modo continuativo produttori, consumatori e moltiplicatori (venditori al dettaglio e ONG), vale a dire tutte le parti interessate, in merito al marchio di qualità ecologica e ai suoi sviluppi, ricorrendo ad opportuni strumenti quali materiale stampato (opuscoli, bollettini di informazione e articoli) e il sito web. Al contempo occorre richiedere in modo sistematico un feedback da parte dei soggetti interessati da tenere in debita considerazione. Per quanto riguarda gli opuscoli, è già disponibile una gamma completa di materiali (il fascicolo informativo sul marchio di qualità ecologica) elaborati dalla Commissione e a vari organismi competenti, che possono essere messi a disposizione delle parti interessate in modo sistematico e che dovrebbero anche essere aggiornati e migliorati con regolarità. Per ottimizzarne l'uso il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero coordinare gli sforzi per sfruttare nel modo più efficiente le limitate risorse, tra l'altro pre- parando opuscoli e bollettini di informazione e completando il sito web, in modo da diffondere le informazioni in modo più sistematico fra i principali gruppi target. Il sito web del marchio comunitario di qualità ecologica (http: //europa.eu.int/ecolabel) costituisce già una fonte esaustiva di informazioni di rilievo; esso deve essere gestito e aggiornato attivamente e congiuntamente. Per rafforzare la sua credibilità e trasparenza occorre incoraggiare contributi regolari da parte di tutte le parti interessate, compresi i consumatori e le ONG ambientaliste. Oltre a fornire gli strumenti informativi adatti, è importante anche rivolgere l'attenzione a manifestazioni, esposizioni e fiere, in occasione delle quali presentare il marchio europeo di qualità ecologica a un pubblico più vasto. Mancano tuttavia analisi sistematiche per individuare le esposizioni o le fiere più adatte per la promozione dell'eco-label. Un altro aspetto di rilievo da esplorare ulteriormente riguarda la possibilità di utilizzare prodotti con marchio di qualità ecologica durante "mega-eventi" come campionati mondiali, giochi olimpici, festival e così via. Infine, è diffusa l'idea errata che la procedura di richiesta del marchio di qualità ecologica sia complessa, burocratica e costosa, mentre in seguito alla recente revisione del regolamento e della struttura tariffaria tale procedura è stata semplificata e i costi sono assai più contenuti rispetto al passato. Inoltre, nel definire i criteri relativi a ciascun prodotto, si è dedicata particolare attenzione a ridurre al minimo i costi di collaudi e test e a chiarire esattamente quali documenti e risultati di test devono essere presentati dai richiedenti. Alle parti interessate devono essere fornite maggiori informazioni in merito a tutti questi aspetti. Obiettivo Informare in modo continuativo tutte le parti interessate del marchio di qualità ecologica e dei suoi sviluppi. Al contempo, occorre richiedere in modo sistematico un feedback da parte dei soggetti interessati, da tenere in considerazione. Misure di attuazione Il CUEME e la Commissione dovrebbero organizzare l'aggiornamento e il miglioramento continuo del sito web sul marchio di qualità ecologica. Il CUEME dovrebbe organizzare e coordinare lo sviluppo e la distribuzione di opuscoli e i altri materiali stampati. Il CUEME dovrebbe compilare un elenco di eventi in occasione dei quali presentare il marchio di qualità ecologica e avanzare una proposta su come utilizzare i prodotti con marchio di qualità ecologica durante "mega-eventi" accuratamente selezionati. Il CUEME dovrebbe garantire che le informazioni fornite alle parti interessate chiariscano le procedure, i tempi e i costi necessari per richiedere il marchio di qualità ecologica. b) Attività comuni di promozione per sensibilizzare gli addetti agli appalti pubblici e privati La sezione precedente, concernente la penetrazione nel mercato, pone in evidenza il ruolo degli addetti agli appalti pubblici e privati. Le attività comuni di promozione dovrebbero puntare su questo gruppo target. Occorre fornire informazioni in merito al quadro giuridico (modalità con cui un acquirente può incorporare i criteri del marchio di qualità ecologica nei bandi di gara, ora chiarite nel documento interpretativo della Commissione sugli appalti pubblici e l'ambiente) e ai criteri disponibili per i diversi gruppi di prodotti. Anche in questo caso, il sito web del marchio di qualità ecologica riveste un ruolo di spicco. È 27 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE opportuno organizzare riunioni fra il CUEME e gli addetti agli appalti pubblici e prendere anche in considerazione la possibilità di svolgere campagne nazionali e/o regionali. Obiettivo A medio termine, informare gli addetti agli appalti pubblici delle possibilità di utilizzare i criteri per il marchio di qualità ecologica nei bandi di gara. Misure di attuazione Entro la fine del secondo anno del piano di lavoro il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero sviluppare una strategia comune e una serie di azioni comuni per promuovere l'uso dei criteri del marchio di qualità ecologica negli appalti pubblici e privati. La Commissione dovrebbe preparare un manuale sugli appalti pubblici "verdi", che illustri fra l'altro come utilizzare i criteri nei bandi di gara. Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero garantire la massima diffusione di tale manuale fra gli addetti agli appalti pubblici e organizzare sessioni informative e i formazione e altre azioni di rilievo. Le informazioni pertinenti devono essere disponibili sul sito web del marchio di qualità ecologica. c) Attività comuni di promozione e sostegno alle PMI e ai distributori Oltre a intraprendere le diverse azioni promozionali illustrate nelle sezioni precedenti, occorre creare reti a supporto delle procedure di richiesta del marchio di qualità ecologica da parte delle PMI. Non sempre le PMI dispongono degli strumenti adeguati o i informazioni sufficienti per valutare le opportunità offerte dal marchio di qualità ecologica. È dunque utile assisterle con un'azione di networking che coinvolga altri richiedenti, gruppi di interesse, organismi competenti e altre organizzazioni di rilievo, come le associazioni industriali o le autorità regionali. Rivestono un ruolo di rilievo anche i venditori al dettaglio, con la funzione di "sentinelle" nel percorso fra produttori e consumatori. Essi possono ad esempio utilizzare il marchio di qualità ecologica per migliorare l'immagine di qualità dei prodotti contrassegnati da marchi commerciali propri e al contempo cercare di offrire ai clienti altri prodotti recanti il marchio di qualità ecologica. A tale proposito lo sviluppo di partnership strategiche con i venditori al dettaglio riveste un'importanza prioritaria. Misure di attuazione Il CUEME dovrebbe sviluppare una strategia e azioni per creare e gestire reti di supporto del marchio ecologico per le PMI. Il CUEME dovrebbe sviluppare partnership strategiche con i venditori al dettaglio. questi, circa 2,8 milioni di EUR sono stati assegnati al marketing e alla promozione. L'entità delle risorse è adeguata per lo sviluppo e la revisione dei gruppi di prodotti e, in funzione delle risorse finanziarie annuali del CUEME, della Commissione e degli Stati membri, tale livello potrà essere mantenuto nei prossimi anni. Queste risorse devono tuttavia essere utilizzate nel modo più efficace possibile. Nel 2000 i proventi complessivi derivati dagli oneri imposti dagli organismi competenti hanno sfiorato i 280.000 EUR; questa cifra è destinata quasi certamente ad aumentare di pari passo con lo sviluppo del sistema, il che dovrebbe comportare un incremento costante delle risorse destinate alle attività di marketing e alla promozione (escluse le attività svolte dalle imprese cui è stato assegnato il marchio di qualità ecologica), fino a raggiungere almeno il 50% delle risorse destinate allo sviluppo e alla revisione dei gruppi di prodotti. Obiettivo Pianificare il finanziamento a lungo termine del sistema utilizzando nel modo più efficiente possibile le risorse assegnate. Misure di attuazione Il CUEME, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero puntare ad un accordo sul finanziamento del sistema sul lungo periodo. Appendice 1 METODOLOGIA DI DEFINIZIONE DEI GRUPPI DI PRODOTTI PRIORITARI Il seguente elenco non esaustivo sintetizza i principali quesiti da porre in riferimento ad ogni gruppo di prodotti "candidato" (una risposta affermativa a ciascuna domanda indica l'opportunità di procedere per stabilire criteri ecologici per il gruppo di prodotti in questione): Quesiti riguardanti l'ambiente: Il gruppo di prodotti … 1) …comporta impatti ambientali significativi su scala globale o regionale, o a carattere generale? 2) …è caratterizzato da una significativa potenziale capacità di indurre miglioramenti ambientali attraverso le scelte dei consumatori? 3) …ha rilevanza per la legislazione, gli strumenti e le strategie politiche in materia di ambiente (ad esempio politica integrata dei prodotti, rifiuti, cambiamento climatico, marchio energetico)? 6. Piano di finanziamento del sistema 28 In considerazione del coinvolgimento di varie organizzazioni, tra cui anche amministrazioni pubbliche (il bilancio della Commissione, ad esempio, è annuale), non è possibile stabilire con precisione i bilanci di previsione per gli anni a venire. Ciò nonostante, i requisiti del sistema del marchio di qualità ecologica possono contare su due componenti principali: le risorse per lo sviluppo dei gruppi di prodotti e quelle per il marketing e la promozione. Le risorse devolute per il marchio di qualità ecologica nel 2000, comprese quelle destinate al CUEME, alla Commissione e agli Stati membri, si possono stimare a 45 persone circa e 4 milioni di EUR (stipendi esclusi). Di Quesiti riguardanti il mercato: Il gruppo di prodotti … 4) …rappresenta un volume significativo di vendite e scambi commerciali nel mercato interno? 5) …fornisce opportunità e incentivi ai produttori e/o ai venditori al dettaglio affinché cerchino vantaggi concorrenziali associati all'offerta di prodotti recanti il marchio di qualità ecologica? 6) …associa già tematiche ambientali alla sua commercializzazione? 7) …soddisfa l'interesse esplicito delle parti interessate ad avere un marchio di qualità ecologica per questo gruppo di prodotti? Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE 8) …raggiunge un volume di vendite significativo per il consumo o l'impiego finale? 9) …ha un mercato significativo nel settore degli appalti pubblici? 10) …ha un mercato significativo nel settore degli appalti privati? 11) …proviene da piccoli produttori? 12) …presenta un elevato tasso di vendita presso i consumatori finali (ad esempio giornaliero o settimanale)? 13) …sostiene una "famiglia" di gruppi di prodotti esistente? 14) …offre un'opportunità particolare di miglioramento della visibilità generale del sistema? Altri elementi: Il gruppo di prodotti … 15) …riguarda anche aspetti inerenti alla salute e alla sicurezza dei consumatori? 16) …esiste nell'ambito di altri sistemi di marchi di qualità ecologica in Europa o altrove e, in caso affermativo, riscuote successo nell'ambito di tale sistema? 17) …ha standard di impiego predefiniti? Appendice 2 ELENCO NON ESAUSTIVO DI GRUPPI DI PRODOTTI PRIORITARI Gruppi di prodotti esistenti o in corso di definizione Prodotti in tessuto-carta Carta per copia Ammendanti Prodotti verniciati per interni Prodotti tessili Calzature Detersivi per lavastoviglie Detersivi per bucato Detergenti multiuso e per servizi sanitari Detersivi per piatti a mano Materassi da letto Lampade elettriche Personal computer Computer portatili Lavatrici Frigoriferi Lavastoviglie Sistema ricettivo turistico Mobili Coperture dure per pavimenti Televisori Aspirapolvere Pneumatici Eventuali nuovi gruppi di prodotti (Nota: Il CUEME e la Commissione stanno attualmente collaborando per valutare in dettaglio il livello di priorità di questi eventuali nuovi gruppi di prodotti e per determinare l'ordine e la tempistica ideali per il loro sviluppo) Carta per stampa Prodotti di carta stampata Prodotti di carta trasformata, articoli di cartoleria Carta da parati Sacchi per immondizia/sacchi di plastica Sacchetti per la spesa - Altri sacchetti Articoli per scrittura Telefoni Fotocopiatrici Piccoli elettrodomestici Accessori di abbigliamento Guanti Articoli di pelletteria Articoli sportivi Giochi e giocattoli Imballaggi Prodotti per fai da te Condizionatori Impianti di riscaldamento Impianti per l'acqua calda Isolanti Materiali da costruzione Servizi edili Servizi al dettaglio Asciugatrici Servizi finanziari Servizi di trasporto Servizi di consegna Servizi di riparazione di veicoli Autovetture Utensili da cucina, casalinghi, ecc. Prodotti sanitari (assorbenti igienici, salviette, ecc.) Shampoo e saponi 29 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE Appendice 3 SINTESI DEGLI OBIETTIVI E DELLE MISURE DI ATTUAZIONE Obiettivi Misure di attuazione 2003 2002 2004 Politica e strategia Continuare a sviluppare e adattare la politica e la strategia a lungo termine del sistema e integrare il marchio di qualità ecologica nelle varie politiche in materia di consumo sostenibile Istituire un gruppo permanente Continuare di gestione strategica per sviluppare e delineare una politica e una strategia a lungo termine, da coordinare con gli sviluppi delle altre strategie fornendo loro dati e orientamenti Definire una serie di gruppi di prodotti che costituiscano una gamma di prodotti sufficientemente completa e gestibile da attirare venditori al dettaglio, produttori e consumatori Definire nuovi gruppi di prodotti Definire nuovi gruppi di prodotti Adattare la validità dei criteri in generale a 4-5 anni Continuare Sviluppo di gruppi di prodotti Definire 25-30 gruppi di prodotti entro 5 anni Definire nuovi gruppi di prodotti Sviluppare una metodologia di definizione dei criteri per i servizi Istituire un gruppo di lavoro che si occupi delle questioni comuni a molti gruppi di prodotti Sfruttare al meglio le risorse allocate per lo sviluppo dei gruppi di prodotti, concentrando l'attenzione sui gruppi di prodotti più adatti per il marchio comunitario di qualità ecologica Sviluppare e migliorare la Continuare metodologia di assegnazione delle priorità Aggiornare la tabella dei gruppi di prodotti prioritari Organizzare un coordinamento con gli altri Valutare una serie di gruppi marchi di qualità ecologica di servizi Coordinare gli sforzi di marketing e sviluppare e attuare azioni congiunte Formare un gruppo permanente di gestione del marketing Continuare Attività promozionali e i marketing Identificare i principali gruppi target e definire e attuare una strategia per ciascuno di essi Continuare Svolgere azioni di promozione Svolgere azioni di promozione Continuare ad aggiornare il sito web, a distribuire opuscoli, a partecipare a eventi, a fornire informazioni Continuare ad aggiornare il sito web, a distribuire opuscoli, a partecipare a eventi, a fornire informazioni Organizzare incontri semestrali del CUEME per discutere questioni inerenti a marketing, promozioni e sviluppo strategico del sistema (riunioni presidenziali) Incrementare di almeno il 25% Svolgere azioni di all'anno gli articoli recanti il promozione marchio di qualità ecologica Raggiungere un livello minimo Identificare e focalizzare gli di visibilità in due terzi degli sforzi di marketing sui gruppi Stati membri di prodotti chiave in ciascuno Stato membro 30 Informare in modo continuativo tutte le parti interessate del marchio di qualità ecologica e dei suoi sviluppi. Parallelamente, richiedere un feedback alle parti sui costi e così via Aggiornare e migliorare la struttura del sito web sul Sviluppare una strategia e marchio di qualità ecologica azioni per le reti di supporto alle PMI e una partnership Organizzare e coordinare la strategica con i venditori sui costi e così via Destinare alla promozione almeno il 50% delle risorse dedicate allo sviluppo dei gruppi di prodotti Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE interessate preparazione e la distribuzione di opuscoli Sensibilizzare tutti i principali e i altri materiali stampati produttori e i venditori al dettaglio in merito al marchio Preparare un elenco di di qualità ecologica eventi in occasione dei quali presentare il marchio Operare in modo che oltre di qualità ecologica la metà dei consumatori europei riconosca il marchio Informare i potenziali comunitario di qualità richiedenti delle procedure ecologica come un marchio e dei costi connessi alla di eccellenza ambientale richiesta di assegnazione Introdurre meccanismi di comunicazione per preparare statistiche annuali sulla penetrazione del marchio nel mercato al dettaglio Sviluppare una metodologia efficace sotto il profilo dei costi per monitorare il livello di notorietà del logo del marchio di qualità ecologica presso i consumatori e sviluppare azioni efficaci sotto il profilo dei costi per rafforzare ulteriormente questo aspetto Sviluppare il criterio del livello minimo di visibilità del marchio di qualità ecologica e valutare in quali paesi è stato raggiunto Impatti diretti e indiretti Informare gli addetti agli appalti pubblici della possibilità di utilizzare i criteri per il marchio di qualità ecologica nei bandi di gara Elaborare un manuale sugli appalti pubblici "verdi" e sui criteri per il marchio di qualità ecologica, diffonderlo (anche sul sito web) e organizzare sessioni informative e di formazione Sviluppare una strategia e una serie di azioni comuni per promuovere l'uso dei criteri per il marchio di qualità ecologica negli appalti pubblici e privati Contribuire a rendere i consumi più sostenibili Sviluppare metodologia e Continuare parametri per una stima dei vantaggi diretti e indiretti del Analizzare le sinergie Sviluppare progressivamente marchio di qualità ecologica sviluppabili con l'EMAS valutazioni qualitative e per l'ambiente quantitative dei vantaggi diretti e indiretti del marchio Eseguire una stima di qualità ecologica sistematica dei massimi vantaggi potenziali per Rafforzare il ruolo dei criteri l'ambiente per ciascun del marchio di qualità gruppo di prodotti quando ecologica come termine di si stabiliscono criteri confronto dell'eccellenza nuovi o li si revisiona ambientale Attuare una strategia di monitoraggio, valutazione e i rafforzamento dei vantaggi indiretti per l'ambiente connessi ai criteri del marchio di qualità ecologica Continuare Continuare Cooperazione e coordinamento Sviluppare progressivamente Formare un gruppo la cooperazione e il permanente di gestione della coordinamento fra il marchio cooperazione e del comunitario di qualità coordinamento tra i diversi ecologica e gli altri marchi marchi negli Stati membri Rivedere e catalogare tutti i Coordinare progressivamente gruppi di prodotti dotati di lo sviluppo dei gruppi di marchi di qualità ecologica Attuare un meccanismo di coordinamento progressivo dei programmi di lavoro dei vari schemi e i scambio delle informazioni Esaminare la possibilità di "riconoscere" i prodotti intermedi o finiti che recano Armonizzare i database sugli ingredienti dei detersivi (elenchi DID) e i relativi aspetti 31 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/18/CE prodotti nei vari sistemi di nell'UE e nei paesi candidati assegnazione di un marchio nell'UE Introdurre un sistema di istituzione e aggiornamento di un registro centrale dei gruppi di prodotti e dei relativi criteri uno degli altri marchi Tenere conto del lavoro già svolto con la rete europea globale (GEN) per il marchio di qualità ecologica Determinare in che modo ciascun gruppo di prodotti relativo ad ogni singolo marchio rientra nel sistema europeo e/o nazionale Sensibilizzare ulteriormente in modo graduale circa gli obiettivi comuni e complementari e il ruolo del marchio UE e degli altri marchi negli Stati membri Sviluppare e trasmettere congiuntamente informazioni alle parti interessate in merito all'esistenza, al ruolo e agli obiettivi comuni e complementari dei marchi nazionali e del marchio UE Scambiare informazioni su quali prodotti recanti il marchio vengono venduti e dove Continuare Continuare Esplorare le possibilità di sviluppare un punto vendita "ecologico" virtuale di prodotti con marchio di qualità ecologica su Internet Studiare le possibilità e le opportunità di adattare la struttura tariffaria del marchio comunitario di qualità ecologica al fine di offrire uno sconto appropriato ai richiedenti che desiderano il marchio UE e uno o più altri marchi degli Stati membri Sviluppare azioni congiunte atte a promuovere l'uso dei criteri del marchio di qualità ecologica negli appalti pubblici Finanziamento Pianificare il finanziamento a lungo termine del sistema utilizzando le risorse nel modo più efficiente possibile 32 Mirare ad un accordo sul finanziamento a lungo termine del sistema Continuare Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 12 febbraio 2002, n. 2002/3/CE Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'ozono nell'aria (G.U.C.E. n. L 67 del 9 marzo 2002) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale, visto il parere del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 10 dicembre 2001, considerando quanto segue: (1) In base ai principi sanciti dall'articolo 174 del trattato, il Quinto programma d'azione a favore dell'ambiente approvato con risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 1° febbraio 1993, riguardante un programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile, integrato dalla decisione n. 2179/98/CE, prevede in modo specifico l'adeguamento della legislazione vigente in materia di inquinanti atmosferici. Il suddetto programma raccomanda di stabilire obiettivi a lungo termine in materia di qualità dell'aria. (2) Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, il Consiglio adotta la normativa di cui al paragrafo 1 e le disposizioni di cui ai paragrafi 3 e 4 di detto articolo. (3) È importante garantire un'efficace protezione della popolazione dagli effetti dell'esposizione all'ozono nocivi alla salute umana. È opportuno ridurre, per quanto possibile, gli effetti nocivi dell'ozono sulla vegetazione, sugli ecosistemi e sull'ambiente nel suo complesso. L'inquinamento da ozono è per natura transfrontaliero e richiede pertanto misure a livello comunitario. (4) La direttiva 96/62/CE stabilisce che i valori numerici delle soglie devono basarsi sui risultati delle ricerche svolte da gruppi scientifici internazionali del settore. La Commissione deve tener conto dei più recenti risultati della ricerca scientifica nel settore epidemiologico ed ambientale e dei progressi della metrologia nell'ottica di riesaminare gli elementi su cui tali soglie sono fondate. (5) La direttiva 96/62/CE prescrive la fissazione di valori limite e valori-obiettivo per i livelli di ozono. Data la natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono, andrebbero fissati, a livello comunitario, valori bersaglio per la protezione della salute umana e della vegetazione. Tali valori bersaglio dovrebbero rifarsi agli obiettivi provvisori fissati dalla strategia comunitaria integrata per combattere l'acidificazione e l'ozono a livello del suolo, che costituiscono altresì il fondamento della direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici. (6) In base alla direttiva 96/62/CE è opportuno che piani e programmi siano attuati nelle zone e negli agglomerati in cui le concentrazioni di ozono superano i valori bersaglio onde garantire, per quanto possibile, che entro la data stabilita tali valori siano rispettati. Ciò consiste, in larga misura, nell'attuare misure di controllo conformi alla normativa comunitaria in materia. (7) Al fine di garantire un'efficace protezione della salute umana e dell'ambiente è necessario fissare obiettivi a lungo termine. Tali obietti- 33 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE vi a lungo termine dovrebbero rifarsi alla strategia in materia di riduzione dell'ozono e dell'acidificazione ed allo scopo da questa perseguito di ravvicinare gli attuali livelli di ozono agli obiettivi a lungo termine. (8) Le misurazioni dovrebbero essere obbligatorie nelle zone in cui le concentrazioni superano gli obiettivi a lungo termine. Il numero di punti di campionamento fissi necessari può essere ridotto grazie a mezzi di valutazione supplementari. (9) Occorrerebbe fissare una soglia di allarme per l'ozono per la protezione della popolazione in generale. È altresì opportuno fissare una soglia di informazione per proteggere i gruppi sensibili della popolazione. Occorrerebbe fornire sistematicamente alla popolazione informazioni aggiornate sulle concentrazioni di ozono nell'aria. (10) Occorrerebbe predisporre piani d'azione a breve termine qualora ciò possa ridurre significativamente il rischio di superamento della soglia di allarme. Occorrerebbe ricercare e studiare la possibilità di ridurre il rischio, la durata e la gravità di tali superamenti. Tali misure locali non dovrebbero tuttavia essere imposte laddove l'analisi costi-benefici dimostri che sarebbero sproporzionate. (11) Data la natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono, può essere necessario un certo grado di coordinamento fra Stati membri limitrofi ai fini della predisposizione e dell'attuazione di piani, programmi e piani d'azione a breve termine, nonché dell'informazione della popolazione. Gli Stati membri dovrebbero continuare, se del caso, la cooperazione con paesi terzi, privilegiando una tempestiva partecipazione di quelli candidati all'adesione. (12) Onde poter redigere relazioni periodiche, dovrebbero essere trasmessi alla Commissione i dati relativi alle concentrazioni rilevate. 34 (13) È opportuno che la Commissione riesamini le disposizioni della presente direttiva sulla scorta dei progressi più recenti della ricerca scientifica, con particolare riguardo agli effetti dell'ozono sulla salute umana e sull'ambiente. La relazione della Commissione dovrebbe inserirsi nell'ambito di una strategia in materia di qualità dell'aria intesa a rivedere e proporre obiettivi comunitari di qualità dell'aria e a elaborare strategie concrete per il loro conseguimento. In questo contesto la relazio- ne dovrebbe tener conto della possibilità di conseguire gli obiettivi a lungo termine entro un determinato periodo di tempo. (14) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. (15) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, ovvero garantire un'efficace protezione dagli effetti nocivi sulla salute umana dell'esposizione all'ozono e ridurre gli effetti nocivi dell'ozono sulla vegetazione, sugli ecosistemi e sull'ambiente nel suo complesso, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri a motivo della natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure secondo il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Nel rispetto del principio di proporzionalità di cui a detto articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi. (16) La direttiva 92/72/CEE del Consiglio, del 21 settembre 1992, sull'inquinamento dell'aria provocato dall'ozono dovrebbe essere abrogata, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Art. 1 Finalità La presente direttiva si prefigge di: a) fissare obiettivi a lungo termine, valori bersaglio, una soglia di allarme e una soglia di informazione relativi alle concentrazioni di ozono nell'aria della Comunità, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente nel suo complesso; b) garantire che in tutti gli Stati membri siano utilizzati metodi e criteri uniformi per la valutazione delle concentrazioni di ozono e, ove opportuno, dei precursori dell'ozono (ossidi di azoto e composti organici volatili) nell'aria; c) ottenere adeguate informazioni sui livelli di ozono nell'aria e metterle a disposizione Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE della popolazione; d) garantire che, per quanto riguarda l'ozono, la qualità dell'aria sia salvaguardata laddove è accettabile e sia migliorata negli altri casi; e) promuovere una maggiore cooperazione tra gli Stati membri per quanto riguarda la riduzione dei livelli d'ozono, e l'uso delle potenzialità delle misure transfrontaliere e l'accordo su tali misure. Art. 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) "aria": l'aria esterna presente nella troposfera, esclusi i luoghi di lavoro; 2) "inquinante": qualsiasi sostanza direttamente o indirettamente immessa dall'uomo nell'aria, che può avere effetti nocivi sulla salute umana o sull'ambiente nel suo complesso; 3) "precursori dell'ozono": sostanze che contribuiscono alla formazione di ozono a livello del suolo, alcune delle quali sono elencate nell'allegato VI; 4) "livello": concentrazione di un inquinante nell'aria o deposizione dello stesso su una superficie in un dato periodo di tempo; 5) "valutazione": qualsiasi metodo impiegato per misurare, calcolare, prevedere o stimare il livello di un inquinante nell'aria; 6) "misurazione in siti fissi": le misurazioni effettuate ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 5 della direttiva 96/62/CE; 7) "zona": parte del territorio degli Stati membri da essi delimitata; 8) "agglomerato": zona con una concentrazione di popolazione superiore a 250.000 abitanti o, allorché la concentrazione di popolazione è pari o inferiore a 250.000 abitanti, una densità abitativa per km2 tale da rendere necessarie per gli Stati membri la valutazione e la gestione della qualità dell'aria; 9) "valore bersaglio": livello fissato al fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana e/o sull'ambiente nel suo complesso, da conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo; 10) "obiettivo a lungo termine": concentrazione di ozono nell'aria al di sotto della quale si ritengono improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti sulla salute umana e/o sull'ambiente nel suo complesso. Tale obiettivo deve essere conseguito, salvo quando ciò non sia realizzabile tramite misure proporzionate, nel lungo periodo al fine di fornire un'efficace protezione della salute umana e dell'ambiente; 11) "soglia di allarme": livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana di esposizione di breve durata della popolazione in generale, e raggiunto il quale gli Stati membri devono immediatamente intervenire a norma degli articoli 6 e7; 12) "soglia di informazione": livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale sono necessarie informazioni aggiornate; 13) "composti organici volatili" ("COV"): tutti i composti organici provenienti da fonti antropogeniche e biogeniche, diversi dal metano, che possono produrre ossidanti fotochimici reagendo con gli ossidi di azoto in presenza di luce solare. Art. 3 Valori bersaglio 1. I valori bersaglio per il 2010 per le concentrazioni di ozono nell'aria sono riportati nella parte II dell'allegato I. 2. Gli Stati membri redigono un elenco delle zone e degli agglomerati nei quali i livelli di ozono nell'aria, valutati ai sensi dell'articolo 9, superano i valori bersaglio di cui al paragrafo 1. 3. Per le zone e gli agglomerati di cui al paragrafo 2, gli Stati membri adottano misure volte a garantire, in linea con le disposizioni della direttiva 2001/81/CE, che sia predisposto ed attuato un piano o un programma al fine di raggiungere i valori bersaglio, salvo quando ciò non sia realizzabile tramite misure proporzionate, a partire dalla data indicata nella parte II dell'allegato I. Qualora, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3 della direttiva 96/62/CE, occorra predisporre o attuare piani o programmi relativi ad inquinanti diversi dall'ozono, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani o programmi integrati riguardanti tutti gli inquinanti in questione. 4. I piani o programmi di cui al paragrafo 3 contengono le informazioni minime descritte nell'allegato IV della direttiva 96/62/CE e sono portati a conoscenza della popolazione e delle organizzazioni interessate, quali associazioni ambientaliste, dei consumatori o di tutela dei 35 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE gruppi di popolazione sensibili ed altri organismi sanitari competenti. Art. 4 Obiettivi a lungo termine 1. Gli obiettivi a lungo termine per le concentrazioni di ozono nell'aria sono indicati nella parte III dell'allegato I. 2. Gli Stati membri redigono un elenco delle zone e degli agglomerati nei quali i livelli di ozono nell'aria, valutati ai sensi dell'articolo 9, superano gli obiettivi a lungo termine di cui al paragrafo 1, ma sono inferiori o uguali ai valori bersaglio fissati nella parte II dell'allegato I. Per tali zone e agglomerati gli Stati membri predispongono e attuano misure efficaci dal punto di vista dei costi finalizzate al conseguimento degli obiettivi a lungo termine. Le misure adottate devono almeno essere coerenti con tutti i piani o programmi di cui all'articolo 3, paragrafo 3. Inoltre, esse si basano sulle misure adottate ai sensi delle disposizioni della direttiva 2001/81/CE e della pertinente normativa CE. 3. I progressi della Comunità nel conseguimento degli obiettivi a lungo termine sono soggetti a successivi riesami, nell'ambito del processo di cui all'articolo 11 e in rapporto alla direttiva 2001/81/CE, prendendo come anno di riferimento il 2020 e tenendo conto dei progressi realizzati nel conseguimento dei massimali di emissione nazionali stabiliti in detta direttiva. Art. 5 Norme per le zone e gli agglomerati con livelli di ozono conformi agli obiettivi a lungo termine 36 Gli Stati membri redigono un elenco delle zone e degli agglomerati nei quali i livelli di ozono sono conformi agli obiettivi a lungo termine. Nella misura in cui lo consentono fattori attinenti alla natura transfrontaliera dell'inquinamento da ozono e alle condizioni meteorologiche, in tali zone e agglomerati essi mantengono i livelli di ozono al di sotto degli obiettivi a lungo termine e preservano tramite misure proporzionate la migliore qualità dell'aria compatibile con lo sviluppo sostenibile e un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana. Art. 6 Informazione del pubblico 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per: a) assicurare che le informazioni aggiornate sulle concentrazioni di ozono nell'aria siano messe regolarmente a disposizione del pubblico, delle associazioni interessate, quali le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori, le associazioni di tutela dei gruppi di popolazione sensibili e gli altri organismi sanitari competenti. Le informazioni sono aggiornate con frequenza almeno giornaliera ovvero, laddove opportuno e fattibile, oraria. Le informazioni indicano almeno tutti i casi di superamento delle concentrazioni corrispondenti all'obiettivo a lungo termine per la protezione della salute, le soglie di informazione e di allarme in relazione al corrispondente periodo di mediazione. Le informazioni dovrebbero inoltre comprendere una breve valutazione in relazione agli effetti sulla salute. Le soglie di informazione e di allarme per le concentrazioni di ozono nell'aria sono indicate nella parte I dell'allegato II; b) mettere a disposizione del pubblico e delle organizzazioni pertinenti, come quelle ambientaliste, dei consumatori, per la tutela dei gruppi di popolazione sensibili, e degli altri organismi sanitari competenti, relazioni annuali dettagliate in cui siano indicati almeno, per quanto riguarda la salute umana, tutti i casi di superamento delle concentrazioni corrispondenti al valore bersaglio e all'obiettivo a lungo termine, le soglie di informazione e di allarme in relazione al periodo di mediazione, e, per quanto riguarda la vegetazione, qualsiasi superamento del valore bersaglio e dell'obiettivo a lungo termine, nonché, se del caso, una breve valutazione degli effetti dei casi di superamento in questione. Esse possono altresì contenere, se del caso, informazioni e valutazioni ulteriori in materia di protezione delle foreste, come specificato nella parte I dell'allegato III. Possono anche includere informazioni sui precursori pertinenti, ove queste non siano già contemplate dalla legislazione comunitaria vigente; c) provvedere affinché siano fornite con la massima tempestività agli organismi sani- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE tari e alla popolazione informazioni sui casi di superamento in corso o previsti della soglia di allarme. Le informazioni e le relazioni summenzionate sono rese pubbliche con i mezzi adeguati secondo i casi, ad esempio mediante mezzi radiotelevisivi, stampa o pubblicazioni, pannelli informativi o reti informatiche, quali Internet. 2. Le informazioni dettagliate da comunicare al pubblico ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 96/62/CE in caso di superamento di una delle soglie devono comprendere gli elementi indicati nella parte II dell'allegato II. Ove fattibile, gli Stati membri fanno in modo di fornire tali informazioni anche nei casi in cui si prevede un superamento della soglia di informazione o di allarme. 3. Le informazioni fornite ai sensi dei paragrafi 1 e 2 devono essere chiare, comprensibili ed accessibili. Art. 7 Piani d'azione a breve termine 1. Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3 della direttiva 96/62/CE, gli Stati membri predispongono piani d'azione ai livelli amministrativi adeguati che indicano le misure specifiche da adottare a breve termine, tenendo conto di circostanze locali particolari, per le zone ove vi sia un rischio di superamento della soglia di allarme qualora vi sia un potenziale significativo di riduzione di tale rischio o della durata o gravità dei superamenti della soglia di allarme. Qualora si rilevi che non sussiste un potenziale significativo di riduzione del rischio, della durata o gravità dei superamenti nelle zone in questione, gli Stati membri sono esonerati dall'applicazione delle disposizioni dell'articolo 7, paragrafo 3 della direttiva 96/62/CE. Spetta agli Stati membri accertare se vi sia un potenziale significativo di riduzione del rischio, della durata o della gravità dei superamenti, tenuto conto delle condizioni geografiche, meteorologiche ed economiche nazionali. 2. L'elaborazione di piani d'azione a breve termine, inclusi i livelli di attivazione di azioni specifiche, rientra nella responsabilità degli Stati membri. Tali piani possono prevedere, secondo i casi, misure graduate ed economicamente valide di controllo e, ove risulti necessario, di riduzione o i sospensione di talu- ne attività, tra cui il traffico di autoveicoli, che contribuiscono alle emissioni che determinano il superamento della soglia di allarme. Possono anche essere previste misure efficaci connesse con l'attività degli impianti industriali e l'utilizzazione di prodotti. 3. Nel predisporre e attuare i piani d'azione a breve termine, gli Stati membri prendono in considerazione esempi di misure di provata efficacia, che dovrebbero essere incluse negli orientamenti di cui all'articolo 12. 4. Gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico e delle associazioni interessate, quali le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori, le associazioni di tutela dei gruppi di popolazione sensibili e gli altri organismi sanitari pertinenti, sia i risultati delle loro indagini, sia il contenuto dei piani d'azione specifici a breve termine e informazioni sull'attuazione di questi piani. Art. 8 Inquinamento transfrontaliero 1. Quando le concentrazioni di ozono superano i valori bersaglio o gli obiettivi a lungo termine principalmente a causa di emissioni di precursori verificatesi in altri Stati membri, gli Stati membri interessati collaborano per predisporre, ove opportuno, piani e programmi concertati per il conseguimento dei valori bersaglio o degli obiettivi a lungo termine, salvo quando ciò non sia realizzabile tramite misure proporzionate. La Commissione li assiste in tale processo. Nell'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 11 la Commissione valuta, tenendo conto della direttiva 2001/81/CE, in particolare l'articolo 9, se siano necessarie altre azioni a livello comunitario al fine di ridurre le emissioni dei precursori che causano tali fenomeni di inquinamento transfrontaliero da ozono. 2. Ove opportuno ai sensi dell'articolo 7, gli Stati membri predispongono e attuano piani d'azione a breve termine concertati che si applicano alle zone di frontiera dei diversi Stati membri. Gli Stati membri provvedono affinché nelle zone di frontiera dei diversi Stati membri per le quali sono stati predisposti piani d'azione a breve termine, la popolazione riceva tutte le informazioni del caso. 3. Allorché si verifichino superamenti della soglia di informazione o della soglia di allarme 37 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE in zone prossime ai confini nazionali, dovrebbero essere informate quanto prima le autorità competenti degli Stati membri limitrofi interessati al fine di agevolare l'informazione del pubblico di tali Stati. 4. Nel predisporre i piani e programmi di cui ai paragrafi 1 e 2 e nell'informarne il pubblico come previsto al paragrafo 3, gli Stati membri continuano, se del caso, una cooperazione con i paesi terzi, con particolare attenzione ai paesi candidati all'adesione. Art. 9 Valutazione delle concentrazioni di ozono e di precursori nell'aria 38 1. Le misurazioni continue in siti fissi sono obbligatorie nelle zone e negli agglomerati nei quali durante uno qualsiasi degli ultimi cinque anni di rilevamento le concentrazioni di ozono hanno superato gli obiettivi a lungo termine. Laddove siano disponibili solo dati relativi ad un periodo inferiore a cinque anni, per accertare i superamenti gli Stati membri possono avvalersi di brevi campagne di misurazione effettuate in periodi e siti rappresentativi dei massimi livelli di inquinamento, integrandole con gli inventari delle emissioni e l'uso dei modelli. L'allegato IV contiene i criteri per l'ubicazione dei punti di campionamento ai fini della misurazione dell'ozono. La parte I dell'allegato V contiene il numero minimo di punti di campionamento fissi ai fini della misurazione continua dell'ozono nelle zone e negli agglomerati nei quali la misurazione è l'unica fonte di informazione per la valutazione della qualità dell'aria. In corrispondenza del 50% dei punti di campionamento dell'ozono prevista ai sensi della parte I dell'allegato V, viene effettuata anche la misurazione del biossido di azoto. La misurazione del biossido di azoto è continua, ad eccezione delle stazioni rurali di fondo, quali definite nella parte I dell'allegato IV, nelle quali possono essere utilizzati altri metodi di misurazione. Nelle zone e negli agglomerati nei quali le informazioni ottenute dai punti di campionamento per la misurazione in siti fissi sono integrate da informazioni provenienti da tecniche di modellizzazione o misurazioni indicative, il numero complessivo dei punti di campionamento di cui alla parte I dell'allegato V può essere ridotto a condizione che: a) i metodi supplementari consentano di pervenire a un livello d'informazione adeguato per la valutazione della qualità dell'aria con riferimento ai valori bersaglio e alle soglie di informazione e di allarme; b) il numero di punti di campionamento da installare e la risoluzione spaziale di altre tecniche devono poter consentire di accertare le concentrazioni di ozono conformemente agli obiettivi di qualità dei dati di cui alla parte I dell'allegato VII e in vista dei risultati di cui alla parte II dell'allegato VII; c) il numero di punti di campionamento in ciascuna zona o agglomerato sia almeno uno per due milioni di abitanti o, se ciò produce un numero maggiore di punti di campionamento, uno per 50.000 km2; d) ciascuna zona o agglomerato contenga almeno un punto di campionamento; e) il biossido di azoto venga misurato in tali rimanenti punti di campionamento, ad esclusione delle stazioni rurali di fondo. In questo caso si tiene conto dei risultati delle tecniche di modellizzazione e/o misurazioni indicative ai fini della valutazione della qualità dell'aria in riferimento ai valori bersaglio. 2. Nelle zone e negli agglomerati in cui, durante tutti gli ultimi cinque anni di misurazione le concentrazioni sono state inferiori agli obiettivi a lungo termine il numero delle stazioni di misurazione continua è stabilito ai sensi alla parte II dell'allegato V. 3. Ciascuno Stato membro provvede affinché nel suo territorio venga installata e mantenuta operativa almeno una stazione di misurazione per fornire dati sui precursori dell'ozono elencati nell'allegato VI. Ogni Stato membro stabilisce il numero e l'ubicazione delle stazioni nelle quali misurare i suddetti precursori, attenendosi ad obiettivi, metodi e raccomandazioni contenuti in detto allegato. Nell'ambito degli orientamenti di cui all'articolo 12 vengono elaborate anche linee guida per un'appropriata strategia di misurazione dei precursori dell'ozono, tenendo conto delle norme vigenti a livello comunitario e del programma concertato di sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a lunga distanza di sostanze inquinanti atmosferiche in Europa (EMEP) . 4. Nella parte I dell'allegato VIII sono contenuti i metodi di riferimento per l'analisi dell'o- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE zono. Nella parte II del medesimo allegato sono stabilite le tecniche di modellizzazione dell'ozono. 5. Le eventuali modifiche necessarie per adeguare al progresso scientifico e tecnico il presente articolo e gli allegati da IV a VIII sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2. Art. 10 Trasmissione delle informazioni e relazioni 1. Allorché trasmettono informazioni alla Commissione ai sensi dell'articolo 11 della direttiva 96/62/CE, gli Stati membri provvedono anche e, per la prima volta, per l'anno civile successivo alla data di cui all'articolo 15, paragrafo 1, a: a) trasmettere alla Commissione, per ogni anno civile, entro il 30 settembre dell'anno successivo l'elenco delle zone e degli agglomerati di cui all'articolo 3, paragrafo 2, all'articolo 4, paragrafo 2 e all'articolo 5; b) trasmettere alla Commissione una relazione che fornisca un quadro globale della situazione quanto al superamento dei valori bersaglio stabiliti nella parte II dell'allegato I. La relazione fornisce una spiegazione dei casi annuali di superamento del valore bersaglio per la protezione della salute umana; la relazione contiene altresì i piani e i programmi di cui all'articolo 3, paragrafo 3; la relazione viene trasmessa entro due anni dalla fine del periodo nel corso del quale si sono rilevati superamenti dei valori bersaglio fissati per l'ozono; c) informare la Commissione, a scadenza triennale, dei progressi realizzati nell'ambito di ciascun piano o programma. 2. Inoltre gli Stati membri, per la prima volta, per l'anno civile successivo alla data di cui all'articolo 15, paragrafo 1: a) trasmettono alla Commissione in via provvisoria, per ognuno dei mesi compresi tra aprile e settembre di ogni anno i) entro la fine del mese successivo, per ogni giorno in cui si osservano superamenti delle soglie di informazione e/o di allarme, le seguenti informazioni:data, durata dell'episodio in ore, valore/i massimo/i di 1 ora di ozono; ii) entro il 31 ottobre di ogni anno, le altre informazioni indicate nell'allegato III; b) per ogni anno civile, entro il 30 settembre dell'anno successivo, trasmettono alla Commissione le informazioni convalidate di cui all'allegato III insieme alle concentrazioni medie annuali dei precursori dell'ozono indicati nell'allegato VI; c) trasmettono alla Commissione, con scadenza triennale ed entro il 30 settembre successivo alla fine di ciascun triennio, nell'ambito della relazione settoriale di cui all'articolo 4 della direttiva 91/692/CEE del Consiglio, le seguenti informazioni riguardanti: i) il riesame dei livelli di ozono osservati o valutati, a seconda dei casi, nelle zone e negli agglomerati di cui all'articolo 3, paragrafo 2, all'articolo 4, paragrafo 2 e all'articolo 5; ii) eventuali misure adottate o predisposte ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2; iii)le decisioni in merito ai piani d'azione a breve termine, la elaborazione e il contenuto, nonché una valutazione degli effetti dei piani stessi, predisposti ai sensi dell'articolo 7. 3. La Commissione provvede a: a) far sì che le informazioni trasmesse ai sensi del paragrafo 2, lettera a) siano immediatamente messe a disposizione con mezzi appropriati e comunicate all'Agenzia europea dell'ambiente; b) pubblicare ogni anno un elenco delle zone e degli agglomerati di cui al paragrafo 1, lettera a) e, entro il 30 novembre di ogni anno, una relazione sulla situazione dell'ozono durante l'estate dell'anno in corso e del precedente anno civile per fornire, in un formato comparabile, quadri globali della situazione di ciascuno Stato membro, tenuto conto delle diverse condizioni meteorologiche e dell'inquinamento transfrontaliero, e fornire un quadro globale di tutti i superamenti dell'obiettivo a lungo termine negli Stati membri; c) verificare regolarmente l'attuazione dei piani o dei programmi presentati ai sensi del paragrafo 1, lettera b) mediante analisi dei progressi registrati e delle tendenze a livello di inquinamento atmosferico e tenendo conto delle condizioni meteorologiche e dell'origine dei precursori dell'ozono (biogenica o antropogenica) ; d) tener conto delle informazioni fornitele ai sensi dei paragrafi 1 e 2 nella redazione delle relazioni triennali sulla qualità dell'a- 39 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE ria, ai sensi dell'articolo 11, punto 2 della direttiva 96/62/CE; e) predisporre un opportuno scambio delle informazioni ed esperienze comunicatele ai sensi del paragrafo 2, lettera c), punto iii) in materia di elaborazione ed attuazione dei piani d'azione a breve termine. 4. Nell'adempiere ai compiti di cui al paragrafo 3 la Commissione si avvarrà, secondo necessità, delle competenze dell'Agenzia europea dell'ambiente. 5. Entro il 9 settembre 2003 gli Stati membri comunicano alla Commissione i metodi impiegati per la valutazione preliminare della qualità dell'aria ai sensi dell'articolo 11, punto 1, lettera d) della direttiva 96/62/CE. Art. 11 Riesame e relazioni 1. Entro il 31 dicembre 2004 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che descrive l'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva. Essa verterà in particolare su: a) gli ultimi risultati della ricerca scientifica alla luce degli orientamenti dell'Organizzazione mondiale della sanità in materia di effetti dell'esposizione all'ozono sull'ambiente e sulla salute umana tenendo conto specificatamente dei gruppi di popolazione sensibili; viene preso in considerazione lo sviluppo di modelli più accurati; b) i recenti sviluppi tecnologici, in particolare nel campo dei metodi di misurazione o di altri tipi di valutazione delle concentrazioni, nonché l'evoluzione delle concentrazioni di ozono in tutta Europa; c) il confronto tra le previsioni basate su modelli e le misurazioni effettive; d) la determinazione e i livelli degli obiettivi a lungo termine, dei valori bersaglio, delle soglie di informazione e di allarme; e) l'impatto che il programma internazionale concertato ai sensi della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza dell'UNECE ha sugli effetti dell'ozono sulle colture e la vegetazione naturale. 40 2. La relazione si inserisce nel contesto di una strategia in materia di qualità dell'aria intesa a rivedere e proporre obiettivi comunitari di qualità dell'aria e a elaborare strategie concrete per il loro conseguimento. In tale contesto, la relazione terrà conto dei seguenti elementi: a) margine di intervento per un'ulteriore riduzione delle emissioni inquinanti di tutte le fonti, nei limiti della fattibilità tecnica e dell'efficacia dei costi delle misure; b) correlazione tra, da un lato, gli inquinanti e le opportunità di strategie integrate per conseguire la qualità dell'aria nella Comunità e, dall'altro, i relativi obiettivi; c) possibilità di ulteriori azioni a livello comunitario intese a ridurre le emissioni di precursori; d) progressi nell'applicazione dei valori bersaglio di cui all'allegato I, compresi i piani ed i programmi predisposti e realizzati ai sensi degli articoli 3 e 4, esperienza acquisita nell'attuazione di piani d'azione a breve termine ai sensi dell'articolo 7 e condizioni, di cui all'allegato IV, nelle quali le misurazioni della qualità dell'aria sono state effettuate; e) possibilità di conseguire gli obiettivi a lungo termine di cui alla parte III dell'allegato I, entro un periodo di tempo determinato; f) norme attuali e future in materia di informazione del pubblico e di scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione; g) correlazione tra la presente direttiva e i cambiamenti previsti a seguito di misure che la Comunità e gli Stati membri devono adottare per soddisfare gli impegni relativi ai cambiamenti climatici; h) il trasporto transfrontaliero dell'inquinamento, tenuto conto delle misure adottate nei paesi candidati all'adesione. 3. La relazione effettua inoltre un riesame delle disposizioni della presente direttiva alla luce dei risultati e, se necessario, è corredata di una proposta di modifica della presente direttiva, con particolare riguardo agli effetti dell'ozono sull'ambiente e sulla salute umana e tenendo conto specificamente dei gruppi di popolazione sensibili. Art. 12 Orientamenti 1. Ai fini dell'attuazione della presente direttiva la Commissione elabora orientamenti entro il 9 settembre 2002. A tale scopo essa si avvarrà delle competenze reperibili presso Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE gli Stati membri, l'Agenzia europea dell'ambiente o gli enti specializzati del settore, secondo necessità e tenendo conto dei requisiti vigenti nella legislazione comunitaria e dell'EMEP. 2. Gli orientamenti sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2. Essi non modificano né direttamente né indirettamente i valori bersaglio, gli obiettivi a lungo termine o le soglie di allarme e i informazione. Art. 13 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 12, paragrafo 2 della direttiva 96/62/CE. alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Art. 16 Abrogazioni La direttiva 92/72/CEE è abrogata a decorrere dal 9 settembre 2003. Art. 17 Entrata in vigore 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Art. 18 Destinatari Art. 14 Sanzioni Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva. Le sanzioni sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Art. 15 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 settembre 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento ALLEGATO I DEFINIZIONI, VALORI BERSAGLIO E OBIETTIVI A LUNGO TERMINE PER L'OZONO I. Definizioni Tutti i valori sono espressi in µg/m3. Il volume deve essere normalizzato alle seguenti condizioni di temperatura e di pressione: 293 K e 101,3 kPa. L'ora indicata è quella dell'Europa centrale. Per AOT40 (espresso in µg/m3)·ora s'intende la somma della differenza tra le concentrazioni orarie superiori a 80 µg/m3 (=40 parti per miliardo) e 80 µg/m3 in un dato periodo di tempo, utilizzando solo i valori orari rilevati ogni giorno tra le 8:00 e le 20:00, ora dell'Europa centrale (1). Per essere validi, i dati annuali sui superamenti utilizzati per verificare il rispetto dei valori bersaglio e degli obiettivi a lungo termine riportati nel seguito devono soddisfare i criteri di cui alla parte II dell'allegato III. (1) Ora corrispondente per le regioni ultraperiferiche. 41 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE II. Ozono: valori bersaglio Parametro Valore bersaglio per il 2010 (a) (1) 1. Valore bersaglio per la protezione della salute umana Media massima giornaliera su 8 ore (b) 120 µg/m3 da non superare per più di 25 giorni per anno civile come media su 3 anni (c) 2. Valore bersaglio per la protezione della vegetazione AOT40, calcolato sulla base dei valori di 1 ora da maggio a luglio 18 000 µg/m3 ·h come media su 5 anni (c) (a) Data a partire dalla quale si verifica la rispondenza ai valori bersaglio. Ciò significa che i valori del 2010 saranno utilizzati per verificare la concordanza con gli obiettivi nei successivi 3 o 5 anni. (b) La massima concentrazione media giornaliera su 8 ore sarà determinata esaminando le medie consecutive su 8 ore, calcolate in base a dati orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata sarà assegnata al giorno nel quale finisce; in pratica, la prima fascia di calcolo per ogni singolo giorno sarà quella compresa tra le ore 17.00 del giorno precedente e le ore 01.00 del giorno stesso; l'ultima fascia di calcolo per ogni giorno sarà quella compresa tra le ore 16.00 e le ore 24.00 del giorno stesso. (c) Se non è possibile calcolare la media i 3 o 5 anni poiché non si ha un insieme completo di dati relativi a più anni consecutivi, i dati annuali minimi necessari per la verifica della rispondenza con i valori bersaglio sono i seguenti: - per il valore bersaglio per la protezione della salute umana: dati validi relativi ad 1 anno, - per il valore bersaglio per la protezione della vegetazione: dati relativi a 3 anni. (1) I valori bersaglio e i superamenti consentiti sono fissati fatti salvi i risultati degli studi e del riesame, di cui all'articolo 11, che terranno conto delle diverse situazioni geografiche e climatiche nella Comunità europea. III. Ozono: obiettivi a lungo termine Parametro Obiettivo a lungo (a) 1. Obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana Media massima giornaliera su 8 ore nell'arco di un anno civile 120 µg/m3 2. Obiettivo a lungo termine per la protezione della vegetazione AOT40, calcolato sulla base dei 6.000 µg/m3 ·h valori di 1 ora da maggio a luglio (a) I progressi realizzati dalla Comunità nel conseguimento dell'obiettivo a lungo termine, prendendo come riferimento l'anno 2020, sono riesaminati nell'ambito del processo di cui all'articolo 11. ALLEGATO II SOGLIE DI INFORMAZIONE E DI ALLARME I. Soglie di informazione e di allarme per l'ozono Soglia di informazione Soglia di allarme Parametro Soglia Media di 1 ora Media di 1 ora (a) 180 µg/m3 240 µg/m3 (a) Per l'attuazione dell'articolo 7, il superamento della soglia va misurato o previsto per tre ore consecutive. II. Informazioni minime da fornire al pubblico qualora si sia verificato o sia previsto un superamento della soglia di informazione o di allarme 42 Le seguenti informazioni devono essere fornite al pubblico su scala sufficientemente vasta e quanto più rapidamente possibile: 1) Informazioni sui superamenti registrati: - località o area in cui si è verificato il superamento, - tipo di soglia superata (di informazione o di allarme), Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE - ora d'inizio e durata del superamento, - massima concentrazione media di 1 ora e i 8 ore. 2) Previsione per il pomeriggio/giorno/i seguenti: - area geografica dei superamenti previsti della soglia di informazione o i allarme, - tendenza dell'inquinamento prevista (miglioramento, stabilizzazione, peggioramento). 3) Informazione sui settori colpiti della popolazione, possibili effetti sulla salute e condotta raccomandata: - informazione sui gruppi di popolazione a rischio, - descrizione dei sintomi riscontrabili, - precauzioni che i gruppi di popolazione colpiti devono prendere, - dove ottenere ulteriori informazioni. 4) Informazione sulle azioni preventive per la riduzione dell'inquinamento e/o l'esposizione all'inquinamento: indicazione delle principali fonti;azioni raccomandate per la riduzione delle emissioni. ALLEGATO III INFORMAZIONI TRASMESSE DAGLI STATI MEMBRI ALLA COMMISSIONE E CRITERI PER L'AGGREGAZIONE DEI DATI E IL CALCOLO DEI PARAMETRI STATISTICI I. Informazioni da trasmettere alla Commissione La seguente tabella stabilisce tipo e quantità delle informazioni che gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione: Tipo di stazione Livello Soglia di informazione Qualsiasi Soglia di allarme Dati provvisori per ogni a settembre Relazioni annuali mese da aprile 180 µg/m3 1 ora - per ogni giorno n cui si osservano episodi: data, durata del superamento in ore, valori massimi di 1 ora di ozono e relativo NO2 quando richiesto, - valori massimi mensili di ozono di 1 ora - per ogni giorno in cui si osservano superamenti: data, durata del superamento in ore, valori massimi di 1 ora di ozono e relativo NO2 quando richiesto Qualsiasi 240 µg/m3 1 ora - per ogni giorno in cui si osservano superamenti: data, durata del superamento in ore, valori massimi di 1 ora di ozono e relativo NO2 quando richiesto - per ogni giorno in cui si osservano superamenti: data, durata del superamento in ore, valori massimi di 1 ora di ozono e relativo NO2 quando richiesto Protezione della salute Qualsiasi 120 µg/m3 8 ore - per ogni giorno in cui si osservano superamenti: data, valore massimo di 8 ore (b) - per ogni giorno in cui si osservano superamenti: dati, valore massimo di 8 ore (b) Protezione della vegetazione Suburbana, rurale, rurale di fondo AOT40 (a) =6 000 µg/m3 ·h 1 ora, accumulato da maggio a luglio -- Valore Protezione delle foreste Suburbana, rurale, rurale di fondo AOT40 (a) =20000 µg/m3 ·h 1 ora, accumulato da aprile a settembre -- Valore 40 µg/m3 (c) 1 anno -- Valore Beni materiali Qualsiasi Periodo di media/ accumulo 43 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE (a) Vedi definizione di AOT40 di cui alla parte I dell'allegato I. (b) Media massima giornaliera su 8 ore [cfr. allegato I, parte II, nota (a) ]. (c) Valore da rivedere, a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, alla luce degli sviluppi delle conoscenze scientifiche. Le relazioni annuali devono contenere anche i seguenti dati, qualora tutti i dati orari disponibili per l'ozono, il biossido di azoto e gli ossidi di azoto per l'anno in questione non siano già stati consegnati nel quadro della decisione 97/101/CE del Consiglio (1): - per l'ozono, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto e la somma di ozono e biossido di azoto (indicata come parti per miliardo ed espressa in µg/m3 di ozono), valore massimo, 99.9° o, 98° o, 50° o percentile e media annuale e numero di dati validi ottenuti da serie di 1 ora, - valore massimo, 98° o 50° o percentile e media annuale ottenuti dalle serie di concentrazioni di ozono massime giornaliere di 8 ore. I dati presentati nelle relazioni mensili sono considerati provvisori e devono essere aggiornati, se necessario, in occasione delle successive comunicazioni. (1) GU L 35 del 5.2.1997 II. Criteri per l'aggregazione dei dati e il calcolo dei parametri statistici I percentili devono essere calcolati secondo la procedura specificata alla decisione 97/101/CE del Consiglio. Per verificare la validità dell'aggregazione dei dati e del calcolo dei parametri statistici devono essere usati i seguenti criteri: Parametro Proporzione prescritta di dati validi Valori di 1 ora Valori di 8 ore Valore medio massimo giornaliero su 8 ore sulla base delle medie consecutive di 8 ore 75% (ovvero 45 minuti) 75% dei valori (ovvero 6 ore) 75% delle concentrazione medie consecutive su 8 ore calcolate in base a dati orari (ossia 18 medie su 8 ore al giorno) 90%dei valori di 1 ora nel periodo di tempo definito per il calcolo del valore AOT 40 (a) 75% dei valori di 1 ora nella stagione estiva (da aprile a settembre) ed invernale (da gennaio a marzo e a ottobre a dicembre) rispettivamente 90% dei valori medi massimi giornalieri di 8 ore (27 valori giornalieri disponibili al mese) 90% dei valori di 1 ora tra le 8.00 e le 20.00, ora dell'Europa centrale 5 mesi estivi su 6 (da aprile a settembre) AOT40 Media annuale Numero di superamenti e valori massimi per mese Numero di superamenti e valori massimi per anno (a) Qualora non siano disponibili di tutti i dati misurati, i valori AOT40 saranno calcolati in base ai seguenti fattori: AOT40 [stimato] = AOT40misurato x numero totale di ore possibili * numero di valori orari misurati * il numero di ore è compreso nel periodo di tempo di cui alla definizione di AOT40 (ossia tra le ore 8.00 e le 20.00, ora dell'Europa centrale, dal 1° aprile al 30 settembre di ogni anno per la protezione delle foreste). 44 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE ALLEGATO IV CRITERI DI CLASSIFICAZIONE E UBICAZIONE DEI PUNTI DI CAMPIONAMENTO PER LA VALUTAZIONE DELLE CONCENTRAZIONI DI OZONO Quanto segue si applica alle misurazioni in siti fissi: I. Ubicazione su macroscala Tipo di stazione Finalità della misurazione Rappresentatività (a) Criteri di ubicazione su macroscala Urbana Protezione della salute Alcuni km2 umana: determinare l'esposizione all'ozono della popolazione delle zone urbane, ovvero delle zone con densità di popolazione e concentrazioni di ozono relativamente alte e rappresentative dell'esposizione della popolazione generale Lontano dall'influsso di emissioni locali come traffico, distributori di carburante, ecc. Zona sufficientemente areata da garantire un'adeguata miscela delle sostanze da misurare. Per esempio zone cittadine ad uso residenziale o commerciale, parchi (lontano dagli alberi), ampie strade o piazze con traffico minimo o nullo, zone aperte appartenenti a strutture scolastiche o a impianti ricreativi o sportivi. Suburbana Protezione della salute Alcune decine di km2 umana e della vegetazione: determinare l'esposizione della popolazione e della vegetazione alla periferia degli agglomerati, dove si riscontrano i massimi livelli di ozono, ai quali la popolazione e la vegetazione possono essere esposti direttamente o indirettamente Non nelle immediate vicinanze dell'area di massima emissione, sottovento rispetto alla direzione o alle direzioni principali del vento, in condizioni favorevoli alla formazione di ozono. Aree in cui la popolazione, le colture sensibili o gli ecosistemi naturali situati ai margini estremi di un agglomerato sono esposti ad elevati livelli di ozono. Ove appropriato, anche qualche stazione suburbana situata sopravvento rispetto all'area di massima emissione, onde determinare i livelli regionali di inquinamento di fondo da ozono. Rurale Protezione della salute umana e della vegetazione: determinare l'esposizione della popolazione, delle colture e degli ecosistemi naturali alle concentrazioni di ozono su scala subregionale Livelli subregionali (alcune centinaia di km2) Le stazioni possono essere situate in piccoli insediamenti e/o aree con ecosistemi naturali, foreste o a colture. Aree rappresentative dell'ozono purché distanti dall'influenza di emissioni locali immediate, come insediamenti industrialie strade. Aree aperte, ma non alla sommità di montagne. Rurale di fondo Protezione della salute umana e della vegetazione: determinare l'esposizione della popolazione, delle colture e degli ecosistemi naturali alle concentrazioni di ozono su scala regionale Livelli regionali/ nazionali/continentali (da 1.000 a 10.000 km2) Stazioni situate in aree a bassa densità di popolazione, ad esempio con ecosistemi naturali, foreste, a grande distanza da aree urbane ed industriali e distanti dall'influenza delle emissioni locali. Evitare zone soggette ad un locale aumento delle condizioni di inversione a livello del suolo, nonché la sommità delle montagne. Sconsigliate le zone costiere caratterizzate da evidenti cicli di vento diurni a carattere locale. (a) I punti di campionamento devono, nella misura del possibile, essere rappresentativi di zone analoghe non ubicate nelle immediate vicinanze. Per le stazioni rurali e rurali di fondo occorre eventualmente coordinare i campionamenti con le norme relative al monitoraggio prescritte dal regolamento (CE) n.1091/94 della Commissione (1) , relativo alla protezione delle foreste della Comunità contro l'inquinamento atmosferico. (1) GU L 125 del 18.5.1994, pag. 1. 45 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE II. Ubicazione su microscala Per quanto fattibile si devono rispettare le seguenti istruzioni: 1) L'orifizio di ingresso della linea di campionamento deve essere libero (per un arco di almeno 270°) e il flusso d'aria non deve essere ostruito in prossimità dell'analizzatore, che deve trovarsi ad una distanza da edifici, balconi, alberi ed altri ostacoli pari a più del doppio della distanza con cui l'ostacolo sporge al di sopra dell'analizzatore. 2) Di regola il punto di ingresso deve trovarsi tra 1,5 m (fascia di respirazione) e 4 m dal suolo. Sono ammesse posizioni più elevate in stazioni urbane particolari ed in zone boschive. 3) L'orifizio di ingresso deve trovarsi lontano da fonti quali fornaci e camini di incenerimento e ad almeno 10 m dalla strada più vicina, con distanza crescente in funzione dell'intensità di traffico. 4) L'orifizio di scarico dell'analizzatore deve essere collocato in modo da evitare il ricircolo dell'aria espulsa verso l'orifizio di ingresso. Si può anche tener conto dei fattori seguenti: 1) sostanze interferenti; 2) sicurezza; 3) accesso; 4) disponibilità di energia elettrica e di connessioni telefoniche; 5) visibilità del punto di campionamento rispetto all'ambiente esterno; 6) sicurezza della popolazione e degli addetti; 7) opportunità di effettuare nello stesso punto campionamenti per altri inquinanti; 8) requisiti di pianificazione. III. Documentazione e riesame della scelta del sito Le procedure di selezione del sito devono essere interamente documentate in fase di classificazione, ad esempio mediante fotografie dei punti cardinali dell'ambiente circostante e mappe dettagliate. Il sito deve essere riesaminato a intervalli regolari, aggiornando la documentazione in modo da verificare che i criteri di selezione siano ancora rispettati. Ciò richiede un'adeguata selezione ed interpretazione dei dati di monitoraggio nel contesto dei processi meteorologici e fotochimici che determinano le concentrazioni di ozono rilevate in ciascun sito. ALLEGATO V CRITERI PER CALCOLARE IL NUMERO MINIMO DI PUNTI DI CAMPIONAMENTO PER LA MISURAZIONE IN SITI FISSI DELLE CONCENTRAZIONI DI OZONO 1. Numero minimo dei punti di campionamento per misurazioni fisse continue atte a valutare la qualità dell'aria in vista della rispondenza a valori-bersaglio, obiettivi a lungo termine e soglie di allarme ed informazione laddove la misurazione continua è la sola fonte di informazione Popolazione ( _1 000) < < < < < < < > 250 500 1.000 1.500 2.000 2.750 3.750 3.750 Agglomerati (urbano e suburbano) (a) Altre zone (suburbane e rurali) (a) Rurale di fondo 1 2 3 3 4 5 1 stazione supplementare per 2 milioni di abitanti 1 2 2 3 4 5 6 1 stazione supplementare per 2 milioni di abitanti 1 stazione/50.000 km2 come densità media di tutte le zone di un paese (b) (a) Almeno una stazione nelle zone suburbane, dove può verificarsi la maggiore esposizione della popolazione, Negli agglomerati almeno il 50% delle stazioni deve essere situato nelle zone suburbane. (b) 1 stazione per 25.000 km2 è raccomandata per zone topograficamente complesse. 2. Numero minimo dei punti di campionamento per le misurazioni fisse in zone ed agglomerati che raggiungono gli obiettivi a lungo termine 46 Il numero di punti di campionamento per l'ozono, unito ad altri metodi di valutazione supplementare quali le tecniche di modellizzazione della qualità dell'aria e la misurazione contestuale di diossido di azoto, deve essere sufficiente per esaminare la tendenza dell'inquinamento da ozono e verificare la conformità agli obiettivi a lungo termine. Il numero di stazioni situate negli agglomerati e nelle altre zone può essere ridotto ad un terzo del numero specificato alla parte I. Qualora le informazioni raccolte da stazioni di misurazione fisse siano l'unica fonte di informazione, deve essere mantenuta almeno una stazione di sorveglianza. Se nelle zone in cui esistono altri metodi di valutazione a seguito di ciò una zona rimane priva di stazioni, deve essere istituito un coordinamento con un numero tale di stazioni nelle zone limitrofe da garantire una corretta valutazione delle concentrazioni di ozono rispetto agli obiettivi a lungo termine. Il numero delle stazioni rurali di fondo deve essere pari a 1 per ogni 100.000 km2. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE ALLEGATO VI MISURAZIONI DEI PRECURSORI DELL'OZONO Finalità Scopo principale di queste misurazioni è l'analisi delle tendenze dei precursori dell'ozono, la verifica dell'utilità delle strategie di riduzione delle emissioni, il controllo degli inventari delle emissioni e la correlazione delle fonti di emissioni alle concentrazioni di inquinamento. Ci si prefigge inoltre di approfondire la conoscenza dei processi di formazione dell'ozono e i dispersione dei precursori, e di migliorare l'applicazione di modelli fotochimici. Sostanze La misurazione dei precursori dell'ozono deve comprendere almeno l'ossido di azoto e i composti organici volatili (VOC) del caso. Si raccomanda di eseguire la misurazione dei seguenti composti organici volatili: Etano Etilene Acetilene Propano Propilene n-butano i-butano 1-butene trans-2-butene cis-2-butene 1.3-butadiene n-pentano i-pentano 1-pentene 2-pentene Isoprene n-esano i-esano n-eptano n-ottano i-ottano Benzene Toluene Etilbenzene m+p-xilene o-xilene 1, 2, 4-Trimet.Benzene 1, 2, 3-Trimet.Benzene 1, 3, 5-Trimet.Benzene Formaldeide Idrocarburi totali escluso il metano Metodi di riferimento Per gli ossidi di azoto si applica il metodo di riferimento specificato alla direttiva 1999/30/CE (1) o in strumenti normativi comunitari successivi. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione i metodi utilizzati per il campionamento e la valutazione dei VOC. La Commissione effettua in tempi brevi un'analisi comparata dei metodi e studia la possibilità di definire un metodo di riferimento per il campionamento e la valutazione dei precursori, onde ottenere una maggiore comparabilità e precisione delle misure nell'ottica del riesame della presente direttiva previsto all'articolo 11. Siti Le misurazioni devono essere effettuate principalmente nelle aree urbane e suburbane, presso tutti i punti di monitoraggio istituiti ai sensi della direttiva 96/62/CE e considerati idonei alla luce degli obiettivi di monitoraggio di cui sopra. (1) GU L 163 del 29.6.1999, pag. 41. ALLEGATO VII OBIETTIVI DI QUALITÀ DEI DATI E COMPILAZIONE DEI RISULTATI DELLA VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL'ARIA I. Obiettivi di qualità dei dati A titolo orientativo, sono stati stabiliti per i programmi di garanzia di qualità i seguenti obiettivi in materia di margini consentiti di incertezza dei metodi valutazione, periodo minimo di copertura e raccolta dei dati delle misurazioni. Per ozono, NO e NO2 Misurazioni fisse continue Incertezza delle singole misurazioni Letture minime 15% 90% durante l'estate 75% durante l'inverno Misurazioni indicative Incertezza delle singole misurazioni 30% Letture minime 90% Periodo minimo di copertura > 10% durante l'estate Modellizzazione Incertezza Medie di 1 ora (diurne) 50% Massimo giornaliero su 8 ore 50% Stima obiettiva Incertezza 75% 47 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/3/CE L'incertezza (con un intervallo di confidenza del 95%) dei metodi di misurazione sarà valutata in base ai principi della "ISO Guide to the Expression of Uncertainty in Measurements "(1993) (Guida ISO all'espressione dell'incertezza nella misura) e dell'ISO 5725-1 "Accuracy (trueness and precision) of measurements methods and results "(1994) Accuratezza (Precisione ed esattezza) dei metodi di misura e dei loro risultati) o a principi equivalenti. Le percentuali di incertezza riportate nella precedente tabella sono indicate per le singole misurazioni da cui si ottiene la media per il periodo considerato ai fini del calcolo dei valori bersaglio e degli obiettivi a lungo termine, con un intervallo di confidenza del 95%. L'incertezza delle misurazioni fisse continue deve essere interpretata come applicabile nella regione della concentrazione usata per la relativa soglia. L'incertezza per la modellizzazione e la stima oggettiva è definita come la deviazione massima dei livelli di concentrazione misurati e calcolati, nel periodo considerato per il calcolo della soglia, a prescindere dall'ordine cronologico degli episodi. Il "periodo di osservazione" è definito come l'arco di tempo considerato per la definizione del valore soglia, durante il quale si misura l'inquinante. La "lettura" è definita come il rapporto tra il tempo durante il quale lo strumento produce dati validi ed il tempo per cui il parametro statistico o il valore aggregato deve essere calcolato. Le prescrizioni relative alla lettura minima e al periodo minimo di osservazione non comprendono le perdite di dati dovute alla taratura periodica o alla manutenzione ordinaria della strumentazione. II. Risultati della valutazione della qualità dell'aria È necessario raccogliere le seguenti informazioni per le zone o gli agglomerati in cui per le misurazioni sono usate fonti diverse: - descrizione delle attività di valutazione svolte, - metodi specifici utilizzati e loro descrizione, - fonti di dati e informazioni, - descrizione dei risultati, il loro grado di incertezza e in particolare superficie delle aree nella zona o nell'agglomerato le cui concentrazioni superano gli obiettivi a lungo termine o i valori bersaglio, - per gli obiettivi a lungo termine o i valori bersaglio 48 volti alla protezione della salute umana, la popolazione potenzialmente esposta alle concentrazioni superiori alla soglia. Ove possibile, gli Stati membri elaborano mappe che mostrino la distribuzione delle concentrazioni all'interno di ciascuna zona o agglomerato. III. Normalizzazione Per l'ozono il volume deve essere normalizzato alle seguenti condizioni di temperatura e pressione: 293 K, 101, 3 kPa. Per gli ossidi di azoto si applicano le specifiche di normalizzazione di cui alla direttiva 1999/30/CE. ALLEGATO VIII METODO DI RIFERIMENTO PER L'ANALISI DELL'OZONO E A TARATURA DEGLI ANALIZZATORI I. Metodo di riferimento per l'analisi dell'ozono e la taratura degli analizzatori - Metodo di analisi: UV photometric method (ISO FDIS 13964), - Metodo di taratura: Reference UV photometer (ISO FDIS 13964, VDI 2468, B1.6). Questo metodo è attualmente in fase di normalizzazione presso il comitato europeo di normalizzazione (CEN). Una volta che questi abbia pubblicato la relativa norma, il metodo e le tecniche ivi descritte costituiranno il metodo di riferimento e di taratura da utilizzare ai sensi della presente direttiva. Uno Stato membro può anche usare qualsiasi altro metodo a condizione di dimostrare che esso fornisce risultati equivalenti al metodo di cui sopra. II. Tecniche di riferimento per la modellizzazione dell'ozono Attualmente non è possibile specificare tecniche di riferimento per la modellizzazione. Le modifiche per adeguare questa parte al progresso scientifico e tecnico saranno adottate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 1° marzo 2002, n. 466/2002/CE Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un programma di azione comunitario per la promozione delle organizzazioni non governative attive principalmente nel campo della protezione ambientale (G.U.C.E. n. L 75 del 16 marzo 2002) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Il trattato prevede lo sviluppo e l'attuazione di una politica ambientale comunitaria e stabilisce gli obiettivi e i principi che devono ispirare tale politica. (2) Il programma di azione introdotto dalla decisione del Consiglio 97/872/CE, del 16 dicembre 1997, concernente un programma di azione comunitario per la promozione delle organizzazioni non governative attive principalmente nel campo della protezione ambientale (4) termina il 31 dicembre 2001. Il programma è stato valutato dalla Commissione e dai beneficiari, attuali e precedenti, che si sono dichiarati molto favorevoli a una sua continuazione o revisione. (3) Il Sesto programma di azione per l'ambiente riconosce la necessità di dare maggio(1) GU C 270 E del 25.9.2001, pag. 125. (2) Parere espresso il 18 ottobre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere del Parlamento europeo del 23 ottobre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 6 dicembre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 354 del 30.12.1997, pag. 25. re potere ai cittadini e le misure proposte prevedono un dialogo ampio e approfondito con i soggetti interessati della politica ambientale. Per consentire alle organizzazioni non governative (in prosieguo denominate "ONG") di partecipare a questo dialogo, il Sesto programma per l'ambiente prevede la necessità di un sostegno adeguato, compreso un finanziamento comunitario alle ONG. (4) Le ONG attive nel campo della protezione ambientale hanno già dimostrato di poter contribuire alla politica ambientale della Comunità, quale stabilita all'articolo 174 del trattato, attraverso una partecipazione attiva a concrete misure di protezione ambientale e attività di sensibilizzazione alla necessità di tutelare l'ambiente in un'ottica di sviluppo sostenibile. Possono partecipare a questo programma anche le ONG attive nel campo della protezione degli animali, a condizione che tali attività siano volte al raggiungimento di obiettivi di protezione dell'ambiente. (5) Le ONG sono essenziali per coordinare e convogliare verso la Commissione l'informazione e le opinioni sulle prospettive nuove ed emergenti, ad esempio in materia di protezione della natura e problemi ambientali transfrontalieri, che non sono, ad esempio o non possono essere, pienamente trattati a livello degli Stati membri o a livello inferiore. Le ONG sono ben informate sulle preoccupazioni del pubblico in materia ambientale e possono quindi promuovere queste opinioni e riferirle alla Commissione. (6) Le ONG ambientali partecipano a gruppi di esperti e a comitati di preparazione e attuazione delle istituzioni comunitarie, apportando un contributo importante alle politiche, ai pro- 49 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC.466/2002/CE grammi e alle iniziative della Comunità e al necessario equilibrio di interessi tra i vari soggetti in campo ambientale, tra cui industria/commercio, sindacati e gruppi di consumatori. (7) Si dovrebbero promuovere le ONG capaci di stimolare uno scambio su prospettive, problemi e possibili soluzioni e di porre in essere attività significative riguardo a problemi ambientali con una dimensione comunitaria, con la partecipazione di soggetti interessati a livello nazionale, regionale e locale. Saranno pertanto prese in considerazione soltanto le ONG e le reti di ONG attive a livello europeo. (8) L'espansione geografica del programma è necessaria per includere le ONG dei paesi candidati all'adesione, considerata la loro importanza per ottenere l'accettazione pubblica dell'"acquis" ambientale e rafforzarne l'attuazione. (9) Alla luce dell'esperienza acquisita nei primi tre anni di attuazione della presente decisione, dovrebbe essere effettuata una valutazione del funzionamento del programma per deciderne la continuazione. (10) Gli stanziamenti annuali sono stabiliti dall'autorità di bilancio nel quadro della procedura di bilancio. (11) La presente decisione stabilisce, per tutta la durata del programma, una dotazione finanziaria che costituisce per l'autorità di bilancio, nel quadro della procedura di bilancio annuale, il riferimento principale, ai sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e sul miglioramento della procedura di bilancio (5), DECIDONO: Art. 1 1. È istituito un programma di azione comunitario che promuove le organizzazioni non governative (ONG) attive principalmente nel campo della protezione ambientale. 2. L'obiettivo generale del programma è la promozione delle ONG attive principalmente 50 (5) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1. nel campo della protezione e del miglioramento ambientali a livello europeo. Tali attività dovrebbero comportare il contributo, o la capacità di contribuire, allo sviluppo e all'attuazione della politica e della legislazione ambientale comunitaria nelle varie regioni dell'Europa. 3. Il programma promuove anche la partecipazione sistematica delle ONG in tutte le fasi del processo decisionale della Comunità in materia ambientale, garantendone l'adeguata rappresentanza alle riunioni di consultazione dei soggetti interessati e alle audizioni pubbliche. Il programma contribuisce inoltre al rafforzamento di piccole associazioni regionali o locali impegnate nell'applicazione dell'acquis comunitario in materia di ambiente e sviluppo sostenibile nel contesto in cui operano. Art. 2 Per ottenere una sovvenzione, una ONG deve presentare le seguenti caratteristiche ed essere conforme all'allegato: a) deve essere un'entità giuridica indipendente senza fini di lucro, attiva principalmente nel settore della protezione e del miglioramento ambientale, con finalità ecologiche al servizio della collettività e in un'ottica di sviluppo sostenibile; b) deve essere attiva a livello europeo, a titolo individuale o attraverso varie associazioni coordinate, con una struttura (base di membri) ed attività che coprano almeno tre paesi europei. Tuttavia, è accettabile la presenza in due paesi europei, purché l'obiettivo primario delle attività sia sostenere lo sviluppo e l'attuazione della politica ambientale comunitaria, come descritto nell'articolo 1, paragrafi 2 e 3; c) le sue attività devono soddisfare in particolare i principi inerenti al Sesto programma di azione per l'ambiente ed essere in linea con le aree prioritarie individuate all'articolo 5; d) deve essere legalmente costituita da più di due anni e i suoi conti annuali devono essere stati certificati da un revisore ufficiale per i due anni precedenti. In caso di circostanze eccezionali, la Commissione può concedere una deroga a tali due requisiti a patto che ciò non comprometta la tutela degli interessi finanziari della Comunità. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC.466/2002/CE Art. 3 Art. 5 Il programma è aperto alla partecipazione di ONG europee stabilite: a) negli Stati membri; b) nei paesi associati all'adesione (6), conformemente alle condizioni stabilite nei rispettivi accordi europei, nei loro protocolli addizionali e nelle decisioni dei rispettivi Consigli di associazione; c) a Cipro, a Malta o in Turchia, conformemente alle condizioni e procedure che saranno convenute con questi paesi; o d) nei paesi balcanici che fanno parte del processo di stabilizzazione e associazione per i paesi dell'Europa sudorientale (7), conformemente alle condizioni e procedure che saranno convenute con questi paesi. 1. Considerata l'importanza dello sviluppo sostenibile e della salute e della qualità della vita dei cittadini europei, il sostegno a titolo del presente programma è mirato in particolare alle aree prioritarie del sesto programma di azione in materia di ambiente, raggruppate come segue sotto quattro voci principali: a) limitare il cambiamento climatico; b) natura e biodiversità - proteggere una risorsa senza eguali; c) salute e ambiente; d) garantire la gestione sostenibile delle risorse naturali e dei rifiuti. Il sesto programma di azione in materia di ambiente sarà oggetto di una revisione nel quarto anno di applicazione e sarà eventualmente aggiornato e modificato per tener conto di nuovi sviluppi e nuove informazioni. Oltre alle aree sopra citate, sono anche considerati prioritari l'educazione ambientale e l'attuazione e il controllo della legislazione ambientale comunitaria. Art. 4 1. La Commissione pubblica un invito a presentare proposte nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, concernente le sovvenzioni per l'anno civile successivo, entro il 30 settembre di ogni anno. Inoltre la Commissione impiega altri strumenti appropriati disponibili, inclusi i mezzi elettronici, per far sì che il programma sia noto a potenziali beneficiari. 2. L'invito a presentare proposte comprende un pacchetto informativo e stabilisce i criteri di ammissibilità, selezione e assegnazione (incluse precisazioni sul sistema di ponderazione proposto) e la procedura di presentazione delle domande, valutazione e approvazione. 3. Dopo la valutazione delle proposte la Commissione decide, entro il 31 dicembre di ciascun anno, tranne eventuali ritardi nell'adozione del bilancio comunitario, quali organizzazioni riceveranno il finanziamento nell'anno successivo. La decisione dà luogo ad un accordo tra la Commissione e il beneficiario in cui sono stabiliti l'importo massimo della sovvenzione, le modalità di pagamento, le misure di controllo e monitoraggio e gli obiettivi da raggiungere con la sovvenzione. I pagamenti sono effettuati immediatamente. (6) Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia. (7) Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Albania, Repubblica federale di Jugoslavia, Bosnia-Erzegovina e Croazia. 2. La procedura di selezione ed assegnazione si svolge in quattro tappe, come illustrato nella parte A dell'allegato. Art. 6 1. Una sovvenzione non supera il 70% delle spese medie annue ammissibili dell'organizzazione candidata, verificate nei due anni precedenti, nel caso di ONG basate nella Comunità, o l'80% nel caso di ONG basate nei paesi candidati all'adesione e nei paesi balcanici, e non supera l'80% delle spese ammissibili dell'organizzazione candidata per l'anno in corso. L'importo è determinato annualmente secondo un sistema fisso di ponderazione che tiene conto dei risultati della valutazione di cui all'articolo 5 e alla parte A dell'allegato e dei principi indicati nella parte C dell'allegato. 2. Un beneficiario ai sensi del presente programma è libero di usare la sovvenzione per coprire le sue spese ammissibili come ritiene opportuno, nel corso dell'anno oggetto di finanziamento. Sono considerate ammissibili tutte le spese a carico del beneficiario durante l'anno della sovvenzione, ad eccezione di quelle specificate nella parte D, sezione 2 dell'allegato. Il beneficiario può anche destinare fondi a partner od organizzazioni aderenti, in conformità di quanto specificato nel programma di lavoro approvato. 51 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC.466/2002/CE 3. L'importo della sovvenzione diventa definitivo soltanto quando la dichiarazione finanziaria verificata è stata accettata dalla Commissione, con la garanzia che i finanziamenti comunitari sono stati utilizzati conformemente alle disposizioni pertinenti contenute nel Regolamento finanziario del 21 dicembre 1977 (8). Il pagamento finale è ridotto in conseguenza se il totale delle sovvenzioni comunitarie derivante da questo e a altri programmi supera l'80% delle spese ammissibili verificate del beneficiario per l'anno. 4. Inoltre se la dichiarazione finanziaria verificata dell'anno della sovvenzione mostra che le entrate totali del beneficiario, a parte le entrate regolarmente accantonate per le spese non ammissibili, superano le spese ammissibili, il pagamento finale è ridotto oppure, se necessario, l'importo in eccesso è recuperato in conseguenza. Conformemente all'articolo 256 del trattato, gli ordini di riscossione costituiscono titolo esecutivo. 5. Per garantire l'efficacia delle sovvenzioni alle ONG ambientali, la Commissione prende le misure necessarie per verificare che un'organizzazione selezionata continui a soddisfare i requisiti per l'assegnazione della sovvenzione durante tutto l'anno della sovvenzione. Sono in particolare introdotti un regime sistematico per monitorare le prestazioni dei beneficiari durante l'anno della sovvenzione e una valutazione ex post delle prestazioni. 6. La Commissione comunica alle ONG escluse i motivi per cui esse non rispondono ai requisiti, fornendo informazioni sufficienti a consentire loro di identificare le necessità di riforma prima di presentare nuove domande. Art. 7 1. Il presente programma comincia il 1° gennaio 2002 e termina il 31 dicembre 2006. 2. La dotazione finanziaria per l'esecuzione del presente programma per il periodo 2002 2006 è pari a 32 milioni di Euro. 3. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dall'autorità di bilancio entro i limiti delle prospettive finanziarie. 52 (8) GU L 356 del 31.12.1977, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 762/2000 (GU L 111 del 20.4.2001, pag. 1). Art. 8 1. Per tutelare gli interessi finanziari della Comunità rispetto a frodi e altre irregolarità, la Commissione può effettuare controlli ad hoc ed ispezioni nell'ambito del presente programma, conformemente al regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (9). Ove opportuno l'Ufficio europeo antifrode (OLAF) svolge indagini che sono disciplinate dal regolamento (CE) n.1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio (10). 2. Il beneficiario della sovvenzione tiene a disposizione della Commissione, per un periodo di cinque anni dopo l'ultimo pagamento, tutta la documentazione di riferimento, tra cui il bilancio certificato, concernente la spesa incorsa nell'anno della sovvenzione. Il beneficiario della sovvenzione provvede affinché, se del caso, la documentazione di riferimento in possesso dei partner o membri sia a disposizione della Commissione. Art. 9 1. Il mancato raggiungimento dei risultati previsti, quale risulta dalle relazioni obbligatorie, può comportare l'inammissibilità al finanziamento nell'ambito del presente programma per l'anno successivo. Il mancato raggiungimento dei risultati ripetuto per due anni successivi ha come conseguenza l'inammissibilità per gli anni restanti del programma. 2. Se una ONG diventa oggetto di un ordine di riscossione della Commissione a causa di irregolarità intenzionali, irregolarità dovute a negligenza o frode, essa è automaticamente esclusa dal finanziamento per gli anni restanti del programma. 3. Se la Commissione scopre irregolarità, cattiva gestione o frodi in relazione ad una sovvenzione, tramite audit o controlli ad hoc, al beneficiario sono applicate una o più delle seguenti misure amministrative e sanzioni, proporzionalmente alla gravità del caso (e con il diritto di impugnare la decisione): a) annullamento della sovvenzione; b) pagamento di una multa fino al 50% dell'importo dell'ordine di riscossione; c) esclusione da altri possibili finanziamenti comunitari per gli anni restanti del pro(9) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2. (10) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC.466/2002/CE gramma; d) esclusione dai pertinenti meccanismi di dialogo della Commissione, per gli anni restanti del programma. Art. 10 Un elenco dei beneficiari che saranno finanziati nell'ambito del presente programma, con indicazione dell'importo assegnato, è pubblicato ogni anno nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Art. 11 Entro il 30 aprile di ogni anno, la Commissione presenta una relazione agli Stati membri e al Parlamento europeo sulla procedura di assegnazione di sovvenzioni per l'anno in corso, nonché sui risultati delle sovvenzioni concesse per l'anno precedente. La relazione contiene l'esposizione della metodologia utilizzata dalla Commissione per selezionare i beneficiari nell'anno in corso. La Commissione indice, entro il 30 giugno di ogni anno, una riunione cui partecipano le parti interessate allo scopo di discutere la relazione. Al più tardi il 31 dicembre 2004, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul raggiungimento degli obiettivi del presente programma durante i primi tre anni corredata, se opportuno, da proposte di adeguamenti nell'ottica di continuare o meno il programma. Questa relazione è basata sulle relazioni concernenti le prestazioni dei beneficiari e valuta, in particolare, la loro efficacia a contribuire agli obiettivi enunciati nell'articolo 1 e nell'allegato. Il Parlamento europeo e il Consiglio, conformemente al trattato, decidono sulla continuazione del programma a decorrere dal 1° gennaio 2007. Prima di presentare proposte a tal fine, la Commissione svolge una valutazione esterna dei risultati conseguiti dal programma. Art. 12 La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. ALLEGATO A. LE QUATTRO TAPPE DELLA PROCEDURA DI SELEZIONE ED ASSEGNAZIONE 1) Eliminazione delle domande non conformi ai requisiti tecnici/amministrativi di richiesta di finanziamento nell'ambito del presente programma. In particolare, non sono ammissibili al presente programma domande incomplete o insufficientemente dettagliate, o domande non completate secondo le istruzioni del modulo di domanda o che sono state presentate dopo la scadenza stabilita. 2) Eliminazione delle domande non conformi ai requisiti di ammissibilità indicati agli articoli 2 e 3. 3) Valutazione comparativa delle restanti domande ammissibili rispetto ai criteri seguenti, ulteriormente specificati nella parte B seguente: a) rispondenza della candidatura, e più in particolare del programma di lavoro proposto, agli obiettivi del programma descritti all'articolo 1 e alle priorità del programma descritte all'articolo 5; b) gestione e qualità del prodotto; c) raggio di azione, efficacia, efficienza. Ad ogni candidato sarà assegnato un punteggio comparativo. 4) Determinazione del gruppo di domande che entreranno nella procedura di assegnazione, conservando soltanto quelle che hanno ottenuto punteggi superiori a soglie stabilite dalla Commissione. B.CRITERI DI VALUTAZIONE DEI CANDIDATI I candidati che hanno superato le due prime fasi di selezione di cui alla parte A sono esaminati in relazione ai criteri seguenti. 1. Rispondenza della domanda agli obiettivi del programma La domanda, compreso il programma di lavoro proposto, sarà valutata con riferimento alle seguenti caratteristiche del candidato: a) Pertinenza politica (in relazione a: Sesto programma di azione per l'ambiente, nuova governance europea, sviluppo sostenibile, allargamento, stabilizzazione e processo di associazione dei paesi dell'Europa sud-orientale, sviluppo della partnership euromediterranea, integrazione e parità di genere) . b) Pertinenza e impatto potenziale della partecipazione all'elaborazione e all'attuazione della politica ambientale della Comunità. c) Capacità di farsi interprete delle preoccupazioni del pubblico in diverse regioni d'Europa e i presentare idee e proposte per la soluzione di problemi ambientali. d) Pertinenza nelle azioni di sensibilizzazione all'ambiente e i potenziamento della conoscenze, in generale e in relazione alle politiche ambientali della Comunità. e) Capacità di sviluppare reti tra organizzazioni degli Stati membri e organizzazioni dei paesi candidati all'adesione, incoraggiare la cooperazione con organizzazioni del settore pubblico e privato, attrarre cofinanziamenti da fonti esterne. Per ciascuna delle caratteristiche di cui sopra, è esaminata la capacità del candidato a svolgere i ruoli ONG associati indicati negli esempi riportati nella parte D. 2. Gestione e qualità del prodotto Le caratteristiche da valutare comprendono: 53 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC.466/2002/CE a) Struttura organizzativa, dotazione adeguata di personale e gestione delle risorse umane. b) Processo decisionale interno, relazioni con i membri, inclusi gli accordi per assicurare l'adesione dei membri agli sviluppi politici e alle dichiarazioni politiche. c) Approccio strategico, orientamento sugli obiettivi e prassi di pianificazione. d) Amministrazione, controllo di bilancio e gestione finanziaria. e) Modalità di relazione (a livello interno ed esterno) . f) Autovalutazione e controllo di qualità, feedback di esperienza (apprendimento). g) Competenza tecnica/scientifica. 3. Raggio di azione, efficacia, efficienza Le caratteristiche da valutare comprendono: a) Visibilità generale dell'organizzazione e delle sue attività. b) Relazioni esterne e efficacia (con altri soggetti che trattano l'ambiente come autorità locali e regionali, imprese e industrie, gruppi di consumatori, sindacati, altre ONG e il pubblico in generale). C.DETERMINAZIONE DELLE SOVVENZIONI La sovvenzione è calcolata sulla base del totale delle spese ammissibili del candidato previste per l'anno di sovvenzione, tenendo espressamente conto delle sue spese medie verificate nei due anni precedenti e secondo i principi seguenti: 1) A parità di tutti gli altri parametri, l'importo della sovvenzione per le ONG con volumi maggiori di attività pertinenti (misurate in base al valore medio delle loro spese annuali verificate dei due anni precedenti e al totale delle spese ammissibili previste per l'anno di sovvenzione) sarà di norma più elevato degli importi delle sovvenzioni per le ONG con volumi inferiori di attività pertinenti. Tuttavia, la distribuzione sarà effettuata su base non lineare e i conseguenza i beneficiari con volumi inferiori di attività pertinenti riceveranno una percentuale di sostegno relativamente più elevata. 2) A parità di tutti gli altri parametri, le ONG che ricevono un punteggio comparativo più elevato nella valutazione riceveranno importi superiori delle ONG con un punteggio inferiore. 3) Se una ONG ha chiesto un importo specifico, in nessun caso la sovvenzione concessa supera tale importo. D.SPESE AMMISSIBILI 54 1) Sono considerate ammissibili tutte le spese sostenute dal beneficiario durante l'anno per cui è accordata la sovvenzione, ad eccezione di quelle elencate al punto 2. Le spese ammissibili potrebbero includere alcune delle seguenti attività, citate a titolo esemplificativo: a) coordinare e riferire alla Commissione le informazioni e i pareri basati sulle preoccupazioni e opinioni del pubblico in merito alle prospettive nuove e emergenti che non possono essere o non sono trattate integralmente a livello dello Stato membro o a un livello appropriato; b) effettuare le ricerche e i lavori preparatori necessari per la partecipazione a gruppi di esperti, a comitati delle istituzioni comunitarie incaricati della preparazione e dell'attuazione, apportando in tal modo un importante contributo alle politiche, ai programmi e alle iniziative comunitarie, nonché il necessario equilibrio rispetto agli interessi di altri soggetti in campo ambientale, quali l'industria/le imprese, i sindacati, i gruppi di consumatori; c) stimolare lo scambio di opinioni tra i soggetti interessati a livello nazionale, regionale e locale sui problemi e le possibili soluzioni inerenti a questioni ambientali aventi dimensione comunitaria. Si potrebbe trattare segnatamente di provvedere al trasferimento di conoscenze e i garantire sinergie mediante il networking; d) sensibilizzare il pubblico alle questioni ambientali e approfondire le conoscenze sull'ambiente in generale e in relazione alle politiche ambientali della Comunità; e) creare capacità, al fine in particolare di rafforzare il coinvolgimento delle piccole ONG, delle nuove reti di ONG e delle ONG nei paesi candidati all'adesione e nei paesi balcanici a livello europeo. 2) I pagamenti effettuati dal beneficiario e i contratti aggiudicati a parti terze che comprendono elementi delle categorie seguenti sono considerati non ammissibili: a) spese di rappresentanza, di ospitalità, spese non necessarie o non giustificate; b) spese chiaramente al di fuori del programma di lavoro convenuto del beneficiario per l'anno della sovvenzione; c) rimborsi di debiti, interessi dovuti, perdite riportate; d) costi relativi al capitale investito, investimenti o riserve accantonate per rafforzare le attività del beneficiario; e) contributi in natura; f) spese private; g) attività criminali/illegali. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DECISIONE DELLA COMMISSIONE 7 marzo 2002, n. 2002/273/CE Decisione della Commissione che assegna quote di importazione per le sostanze controllate di cui al regolamento (CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002 (G.U.C.E. n. L 94 dell’11 aprile 2002) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (1), modificato dai regolamenti (CE) n. 2038/2000 (2) e (CE) n. 2039/2000 (3), in particolare l'articolo 7, considerando quanto segue: (1) L'articolo 7 stabilisce che l'immissione in libera pratica nella Comunità di sostanze controllate importate da paesi terzi è soggetta a restrizioni quantitative. Le restrizioni sono fissate e alle imprese sono assegnate quote per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1999 e per ciascun periodo successivo di dodici mesi secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2. Le quote sono assegnate solo per il bromuro di metile e gli idroclorofluorocarburi (HCFC), nonché per le sostanze controllate impiegate per usi essenziali o critici o per applicazioni di quarantena o trattamento anteriore al trasporto, per le sostanze usate come materie prime o come agenti di fabbricazione o destinate alla distruzione. (2) I limiti quantitativi all'immissione di sostanze controllate sul mercato comunitario sono stabiliti all'articolo 4 e nell'allegato III. (3) Eventuali modifiche dei suddetti limiti non devono comportare, a livello comunitario, un consumo di sostanze controllate superiore ai limiti stabiliti dal protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono. (1) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 1. (2) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 25. (3) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 26. (4) L'articolo 4, paragrafo 2, stabilisce il livello calcolato totale di bromuro di metile che i produttori e gli importatori possono immettere sul mercato o usare per proprio conto per un determinato periodo di 12 mesi, nel caso di specie dal 1° gennaio al 31 dicembre 2002. (5) L'articolo 4, paragrafo 3, stabilisce il livello calcolato totale di idroclorofluorocarburi (HCFC) che i produttori e gli importatori possono immettere sul mercato o usare per proprio conto per un determinato periodo di 12 mesi, nel caso di specie dal 1° gennaio al 31 dicembre 2002. (6) La Commissione ha pubblicato una comunicazione agli importatori comunitari di sostanze controllate che riducono lo strato di ozono (4), a seguito della quale ha ricevuto le dichiarazioni relative alle importazioni previste per il 2002. (7) Per il bromuro di metile destinato ad usi diversi dall'applicazione di quarantena e a trattamenti anteriori al trasporto le quote di importazione sono assegnate agli importatori primari, e per tali la Commissione intende gli importatori che trattano direttamente, fatturando, con i produttori al di fuori della Comunità. Sulla quota di bromuro di metile di ciascun importatore è trattenuta una riserva del 3,75% e una riserva di emergenza dell'1,25% da assegnare nel 2002 secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2. (8) Per il bromuro di metile destinato all'applicazione di quarantena e a trattamenti anteriori al trasporto, le quote di importazione sono assegnate agli importatori primari, e per (4) GU C 205 del 21.7.2001, pag. 7 55 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/273/CE tali la Commissione intende gli importatori che trattano direttamente, fatturando, con i produttori al di fuori della Comunità. Sulla quota di bromuro di metile di ciascun importatore è trattenuta una riserva del 10%, da assegnare nel 2002 secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2. (9) Per gli HCFC, l'assegnazione di quote individuali ai produttori ed agli importatori si basa sui principi di continuità, uguaglianza e proporzionalità. Nel fissare le quote la Commissione ha tenuto conto della necessità di ridurre ulteriormente la produzione, l'importazione e l'uso di sostanze che riducono l'ozono e i interferire il meno possibile con il funzionamento del mercato. (10) È opportuno riservare una parte del livello calcolato totale di HCFC che può essere immesso sul mercato agli importatori comunitari che non producono HCFC. Nel 1998, nel 1999, nel 2000 e nel 2001 il livello delle importazioni è stato pari al 4% del livello calcolato totale di HCFC disponibile per l'immissione sul mercato. Per il 2002 è opportuno riservare il 4% del quantitativo totale di HCFC disponibile per l'immissione sul mercato agli importatori che non producono HCFC. Tale percentuale corrisponde ad un quantitativo di 227.040 kg PRO (Potenziale di riduzione dell'ozono - Ozone Depletion Potential - ODP), da assegnare in base alle rispettive quote di mercato del 1999 agli importatori che nello stesso anno hanno ottenuto una quota, tenendo inoltre conto degli effettivi quantitativi richiesti. (11) Le quote per usi essenziali sono autorizzate con apposita decisione della Commissione. (12) La Commissione rilascia le licenze d'importazione ai sensi dell'articolo 6, previa verifica del rispetto da parte dell'importatore delle disposizioni di cui agli articoli 6, 7, 8 e 13. 56 Art. 1 1. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo I (clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115) e del gruppo II (altri clorofluorocarburi completamente alogenati), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 3381000 kg PRO. 2. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo III (halon), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 0 kg PRO. 3. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo IV (tetracloruro di carbonio), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000 provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 5.307.329 kg PRO. 4. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo V (1, 1, 1-tricloroetano), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 400.060 kg PRO. 5. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo VI (bromuro di metile), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 4.706.095, 600 kg PRO. 6. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo VII (idrobromofluorocarburi), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di 0 kg PRO. (13) L'articolo 8 vieta l'immissione in libera pratica nella Comunità o il perfezionamento attivo di sostanze controllate importate da Stati non parti del protocollo. 7. Il quantitativo di sostanze controllate del gruppo VIII (idroclorofluorocarburi), oggetto del regolamento (CE) n. 2037/ 2000, provenienti da fonti esterne e che possono essere immesse in libera pratica nella Comunità europea nel 2002 è di .3812.606,520 kg PRO. (14) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 2, Art. 2 HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: 1. Sono assegnate quote di importazione per i clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115 e per gli altri clorofluorocarburi completamente alogenati per il periodo 1° gennaio - 31 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/273/CE dicembre 2002 alle imprese di cui all'allegato 1, per i fini ivi indicati. 2. Sono assegnate quote di importazione per il tetracloruro di carbonio per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2002 alle imprese di cui all'allegato 2, per i fini ivi indicati. 3. Sono assegnate quote di importazione per l'1, 1, 1-tricloroetano per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2002 alle imprese di cui all'allegato 3, per i fini ivi indicati. 4. Sono assegnate quote di importazione per il bromuro di metile per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2002 alle imprese di cui all'allegato 4, per i fini ivi indicati. 5. Sono assegnate quote di importazione per gli idroclorofluorocarburi per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2002 alle imprese di cui all'allegato 5. 6. Le quote di importazione assegnate per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2002 per i clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115, gli altri clorofluorocarburi completamente alogenati, il tetracloruro di carbonio, l'1, 1, 1-tricloroetano, il bromuro di metile e gli idroclorofluorocarburi sono indicate nell'allegato 6 (1). Art. 3 Le seguenti imprese sono destinatarie della presente decisione: DuPont de Nemours (Nederland) BV Baanhoekweg 22 3313 LA Dordrecht Nederland Atofina SA Cours Michelet - La Défense 10 F-92091 Paris La Défense Honeywell Fluorine Products Europe BV Kempenweg 90 PO Box 264 6000 AG Weert Nederland Rhodia Organique Fine Ltd PO Box 46 - St Andrews Road Avonmouth Bristol BS11 9YF United Kingdom Solvay Fluor und Derivate GmbH Hans-Böckler-Allee 20 D-30173 Hannover Ausimont SpA Viale Lombardia 20 I-20021 Bollate (MI) Phosphoric Fertilizers Industry SA Thessaloniki Plant OO Box 10183 GR-54110 Thessaloniki Advanced Chemical SA C/Balmes, 69 Pral 3 o E-08007 Barcelona Agroquímicos De Levante SA Polígono Industrial Castilla Calle Vial n o 5 S/N E-46380 Cheste (Valencia) Albemarle Europe SPRL Parc Scientifique Einstein Rue du Bosquet 9 B-1348 Louvain-La-Neuve Alcobre SA C/Luis I, Nave 6-B Polígono Industrial Vallecas E-28031 Madrid Alfa Agricultural Supplies SA 15, Tim.Filimonos str. GR-11521 Athens Arch Chemicals NV Keetberglaan 1A Havennummer 1061 B-2070 Zw _ ndrecht Asahi Glass Europe BV World Trade Center Strawinskylaan 1525 1077 XX Amsterdam Nederland Ineos Fluor Ltd PO Box 13, The Heath Runcorn Cheshire WA7 4QF United Kingdom Biochem Ibérica Químicos Agrícolas e Industriais, Lda Estrada M.502 -Apartado 250 Atalaia (1) L'allegato 6 non viene pubblicato poiché contiene informazioni commerciali riservate P-2870-901 Montijo Bromine and Chemicals Ltd 201 Haverstock Hill Hampstead London NW34QG 57 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/273/CE United Kingdom P-2584-908 Carregado Celotex Limited Warwick House 27/31 St Mary's Road Ealing London W5 5PR United Kingdom Polar Cool SL C/Valdemorillo, 8 Polígono Industrial Ventorro del Cano E-28925 Alcoron Promosol Bld Henri Cahn Dunlop-Enerka BV Oliemolenstraat 2 Drachten Nederland BP 27 F-94363 Bry-sur-Marne Cedex Refrigerant Products Ltd N9 Central Park Estate Westinghouse Road Trafford Park Manchester M17 1PG United Kingdom. Eurobrom BV PO Box 158 2280 AD R _ sw _ k Nederland Galco SA Avenue Carton de Wiart 79 B-1090 Brussels Galex SA BP 128 F-13321 Marseille Cedex 16 Gasco NV Assenedestraat 4 B-9940 Rieme-Ertvelde Great Lakes Chemical (Europe) Ltd Sycamore House, Lloyd Drive, The Grove Ellesmere Port South Wirral L65 9HQ United Kingdom GU Thermo Technology Ltd Greencool Refrigerants Unit 12 Park Gate Business Centre Chandlers Way Park Gate Southampton SO31 1FQ United Kingdom Guido Tazzetti &Co. Strada Settimo 266 I-10156 Torino HARP International Gellihirion Industrial Estate Rhondda Cynon taff Pontypridd CF37 5SX United Kingdom 58 Mebrom NV Assenedestraat 4 B-9940 Rieme-Ertvelde Neoquímica Largo da Estação, Apartado 97 Vala do Carregado Sigma Aldrich Chemie GmbH Riedstraße 2 D-89555 Steinheim Sigma Aldrich Chimie SARL 80, rue de Luzais, L'isle d'abeau Chesnes FR-38297 St Quentin Fallavier Sigma Aldrich Company Ltd The Old Brickyard New Road Gillingham SP8 4XT United Kingdom SJB Chemical Products BV Wellerondom 11 3230 AG Brelle Nederland Syngenta Crop Protection Surrey Research Park Guildford, Surrey GU2 7YH United Kingdom Synthesia Española SA Conde Borell, 62 E-08015 Barcelona Universal Chemistry &Technology SpA Viale A.Filippetti 20 I-20122 Milano Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/273/CE ALLEGATO 1 GRUPPI I e II Quote di importazione assegnate agli importatori in conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per i clorofluorocarburi 11, 12, 113, 114 e 115 e gli altri clorofluorocarburi completamente alogenati usati come materie prime o destinati alla distruzione nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002. Impresa - Honeywell Fluorine Products (NL) - Ineos Fluor Ltd (UK) - Solvay Fluor und Derivate (D) - Syngenta (UK) ALLEGATO 2 GRUPPO IV Quote di importazione assegnate agli importatori in conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per il tetracloruro di carbonio usato come materia prima nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002. Impresa - Dunlop-Enerka (NL) - Honeywell Fluorine Products (NL) - Ineos Fluor Ltd (UK) - Phosphoric Fertilisers Industry (GR) ALLEGATO 3 GRUPPO V Quote di importazione assegnate agli importatori in conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per l'1, 1, 1-tricloroetano usato come materia prima nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002. Impresa - Arch Chemicals (B) - Atofina (F). ALLEGATO 4 - Bromine &Chemicals (UK) Eurobrom (NL) Great Lakes Chemicals (UK) Mebrom (B) Neoquímica (P) Sigma Aldrich Chemie (D) Sigma Aldrich Chimie (FR) Sigma Aldrich Company (UK) ALLEGATO 5 GRUPPO VIII Quote di importazione assegnate agli importatori in conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per gli idroclorofluorocarburi usati come materie prime o come agenti di fabbricazione, o destinati alla rigenerazione o alla distruzione o a scopi di laboratorio, ad usi oggetto di deroga o a altre applicazioni consentite ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2037/2000, nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002. Produttore - Atofina (F) - Ausimont (I) - DuPont de Nemours (NL) - Honeywell Fluorine Products (NL) - Ineos Fluor Ltd (UK) - Rhodia Organique (UK) - Solvay Fluor und Derivate (D) Importatore - Advanced Chemicals (E) - Alcobre (E) - Asahi Glass (NL) - Celotex (UK) - Galco (B) - Galex (F) - Gasco (B) - Greencool (UK) - Guido Tazzetti (I) - HARP International (UK) - Polar Cool (E) - Promosol (F) - Refrigerant Products (UK) - Sigma Aldrich Chimie (F) - Sigma Aldrich Company (UK) - SJB Chemical Products (NL) - Synthesia (E) - Universal Chemistry &Technology (I) GRUPPO VI Quote di importazione assegnate agli importatori in conformità del regolamento (CE) n. 2037/2000 per il bromuro di metile destinato ad usi diversi dall'applicazione di quarantena o a trattamenti anteriori al trasporto o a applicazioni di quarantena e trattamenti anteriori al trasporto o usato per scopi di laboratorio o come materia prima nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002. Impresa - Agroquimicos de Levante (E) - Albemarle Europe (B) - Alfa Agricultural Supplies (GR) - Atofina (F) - Biochem Ibérica (P) 59 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 26 marzo 2002, n. 2002/30/CE Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità (G.U.C.E. n. L 85 del 28 marzo 2002) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), visto il parere del Comitato delle regioni (3), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (4), considerando quanto segue: (1) Lo sviluppo sostenibile è uno degli obiettivi fondamentali della politica comune dei trasporti. Esso richiede un approccio integrato volto a garantire sia l'efficace funzionamento dei sistemi di trasporto della Comunità sia la tutela dell'ambiente. (2) Ai fini dello sviluppo sostenibile del trasporto aereo è necessario adottare una serie di misure intese a ridurre le emissioni acustiche degli aeromobili negli aeroporti in cui esistono particolari problemi di inquinamento acustico. (3) L'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale (ICAO) ha elaborato una nuova e più rigorosa norma di certificazione acustica, definita nell'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile internazionale, volume 1, parte II, capitolo 4, la quale contribuirà a migliorare, in prospettiva, la situazione del rumore nei pressi degli aeroporti. 60 (1) GU C 75 E del 26.3.2002, pag. 318. (2) Parere espresso il 20 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere espresso il 14 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) Parere del Parlamento europeo del 13 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 26 marzo 2002. (4) La norma del capitolo 4 è stata istituita ai fini della certificazione degli aeromobili e non come base per l'introduzione di restrizioni operative. (5) Il ritiro progressivo degli aerei del capitolo 2 in applicazione della direttiva 92/14/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1992, sulla limitazione dell'utilizzazione degli aerei disciplinati dall'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile internazionale, volume 1, parte II, capitolo 2, seconda edizione (1988) (5) sarà completato alla data del 1° aprile 2002 e dovranno essere prese nuove misure per evitare un aumento dell'inquinamento acustico dopo il 2002, nell'ipotesi di una crescita costante del settore del trasporto aereo in Europa. (6) L'impiego di aeromobili caratterizzati da migliori prestazioni ambientali può contribuire ad utilizzare in modo più efficiente le capacità aeroportuali disponibili e a facilitare lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali in sintonia con le esigenze del mercato. (7) L'adozione di un quadro comune di norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative negli aeroporti della Comunità, nell'ambito di un approccio equilibrato alla gestione del rumore, contribuirà a salvaguardare le esigenze del mercato interno, garantendo che negli aeroporti in cui esistono problemi di inquinamento acustico simili vengano introdotte restrizioni operative simili. Tale quadro comprende la determinazione dell'impatto del rumore in un aeroporto, la valutazione delle misure disponibili per attenuare tale impatto, (5) GU L 76 del 23.3.1992, pag. 21. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n.991/2001 della Commissione (GU L 138 del 22.5.2001, pag. 12). Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/30/CE nonché la scelta delle misure di riduzione del rumore più adeguate al conseguimento del massimo beneficio ambientale al minimo costo. (8) Il regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (6) dispone, agli articoli 8 e 9, tra l'altro, che le nuove restrizioni operative vengano pubblicate ed esaminate: è quindi opportuno stabilire il nesso che intercorre tra queste disposizioni e quelle della presente direttiva. (9) È opportuno riconoscere il legittimo interesse delle imprese del settore del trasporto aereo al conseguimento degli obiettivi di gestione del rumore mediante soluzioni convenienti sul piano economico. (10) La 33a assemblea dell'ICAO ha adottato la risoluzione A33/7 che introduce il concetto di "approccio equilibrato" alla gestione del rumore. Tale approccio costituisce un metodo d'azione per affrontare il problema delle emissioni acustiche dei velivoli, comprese linee di indirizzo internazionali per l'introduzione di restrizioni operative specifiche per ogni aeroporto. Il suddetto "approccio equilibrato" alla gestione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili comprende quattro principali elementi ed esige un'attenta valutazione di tutte le soluzioni possibili per attenuare le emissioni acustiche, ossia la riduzione alla fonte del rumore prodotto dagli aerei, la pianificazione e la gestione del territorio, le procedure operative per l'abbattimento del rumore e le restrizioni operative, ferma restando l'osservanza dei pertinenti obblighi di legge, degli accordi in vigore, della normativa vigente e delle prassi consolidate. (11) L'"approccio equilibrato" è un importante progresso per ottenere una riduzione del rumore. Tuttavia, se si vuole ottenere una riduzione del rumore efficace e sostenibile è altresì necessario applicare norme tecniche più rigorose, ad esempio norme acustiche più rigorose per gli aeromobili, mettendo al contempo fuori servizio gli aeromobili rumorosi. (12) La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale (7), provvedimento di portata orizzontale che disciplina (6) GU L 240 del 24.8.1992, pag. 8. (7) Tale direttiva è in fase di elaborazione e si applicherà a partire dalla sua adozione. tutti le modalità di trasporto, ha istituito un approccio comune per la valutazione e la gestione del rumore ambientale. Essa mira a controllare il problema ambientale provocato dal rumore nei principali agglomerati urbani e nelle vicinanze delle principali infrastrutture di trasporto - compresi gli aeroporti -, a garantire che ai cittadini siano comunicate le informazioni relative al rumore ambientale e ai suoi effetti, ed inoltre ad imporre alle autorità competenti di elaborare piani d'azione finalizzati a prevenire e contenere l'inquinamento acustico là dove necessario e a conservare la qualità acustica dell'ambiente là dove questa è accettabile. (13) La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (8) prevede un esame approfondito dei progetti aeroportuali, compresa l'attenuazione delle emissioni acustiche. Si può ritenere che le disposizioni di tale direttiva soddisfino, in parte, le prescrizioni della presente direttiva in tema di valutazione dei progetti di estensione delle infrastrutture aeroportuali. (14) È possibile che tale esame dimostri che gli obbiettivi perseguiti possono essere raggiunti unicamente mediante restrizioni dell'offerta di nuovi servizi e il graduale ritiro di aeromobili che soddisfano solo marginalmente la norma di certificazione acustica di cui al capitolo 3. (15) È opportuno riconoscere le specificità del problema dell'inquinamento acustico degli aeroporti situati al centro di grandi agglomerati urbani ("aeroporti metropolitani") consentendo in essi l'adozione di norme più severe. (16) È necessario completare l'elenco indicativo degli aeroporti metropolitani sulla base delle informazioni che verranno fornite dagli Stati membri. (17) È opportuno facilitare l'estensione delle infrastrutture aeroportuali al fine di tutelare le possibilità di sviluppo sostenibile del settore del trasporto aereo. (18) È assolutamente necessario permettere che continuino ad essere applicate le vigenti misure di gestione del rumore adottate in (8) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40. Direttiva modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio (GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5). 61 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/30/CE determinati aeroporti, nonché consentire talune modifiche tecniche alle restrizioni operative parziali. (19) È opportuno evitare che gli operatori dei paesi in via di sviluppo subiscano un pregiudizio economico eccessivo concedendo, in caso di necessità, opportune deroghe, corredate da sistemi di garanzia idonei ad evitare abusi. (20) È necessario assicurare la trasparenza dei procedimenti e la consultazione di tutte le parti interessate ogniqualvolta vengano proposte misure dirette a contenere il rumore, in particolare l'introduzione di nuove restrizioni operative. (21) Gli operatori dovrebbero essere informati con congruo anticipo delle nuove restrizioni operative che verranno adottate. (22) È opportuno prendere le disposizioni necessarie per garantire un diritto di ricorso contro le decisioni di istituire restrizioni operative, dinanzi ad un organo di appello, che può essere un tribunale. (23) La presente direttiva è conforme ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato. L'adozione di restrizioni operative negli aeroporti comunitari può contribuire a raggiungere l'obiettivo di evitare la degradazione del clima acustico nei pressi degli aeroporti, ma non esclude la possibilità che si ingenerino distorsioni della concorrenza. Pertanto, lo scopo perseguito può essere meglio realizzato, a livello comunitario, adottando norme armonizzate in materia di restrizioni operative per la gestione del rumore nei pressi degli aeroporti. La direttiva si limita al minimo necessario per realizzare tale obiettivo e non va al di là di quanto è necessario a tal fine. (24) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9). (25) Le misure disposte dalla presente direttiva assorbono le disposizioni del regolamento (CE) n. 925/1999 del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativo all'immatricolazione e all'impiego nella Comunità di alcuni tipi di aerei subsonici civili a reazione che sono stati modificati e 62 (9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. ricertificati conformi alle norme del volume I, parte II, capitolo 3, dell'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile internazionale, terza edizione (luglio 1993) (10). È pertanto opportuno abrogare tale regolamento, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Art. 1 Obiettivi Gli obiettivi della presente direttiva sono i seguenti: a) stabilire norme comunitarie intese ad agevolare l'adozione di restrizioni operative coerenti a livello degli aeroporti, allo scopo di limitare o ridurre il numero delle persone colpite dagli effetti nocivi del rumore prodotto dagli aeromobili; b) istituire un quadro che salvaguardi le esigenze del mercato interno; c) promuovere uno sviluppo delle capacità aeroportuali che rispetti l'ambiente; d) favorire il raggiungimento di obiettivi definiti di riduzione dell'inquinamento acustico a livello dei singoli aeroporti; e) consentire la scelta fra le varie misure disponibili allo scopo di conseguire il massimo beneficio ambientale al minor costo. Art. 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) "aeroporto", un aeroporto civile nella Comunità con un traffico superiore a 50.000 movimenti di velivoli subsonici civili per anno calendario (intendendosi per movimento il decollo o l'atterraggio), tenendo conto della media degli ultimi tre anni calendario prima di applicare le disposizioni della presente direttiva all'aeroporto specifico; b) "aeroporto metropolitano", un aeroporto situato nel centro di una grande agglomerazione urbana, nessuna pista del quale abbia una lunghezza disponibile per il decollo superiore a 2.000 metri e che fornisce solo collegamenti da punto a punto tra gli Stati europei o all'interno di uno stesso (10) GU L 115 del 4.5.1999, pag. 1. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/30/CE c) d) e) f) g) Stato, in cui un numero elevato di persone soffre obiettivamente per il rumore provocato dagli aeromobili e ogni ulteriore aumento dei movimenti degli aeromobili costituisce un fastidio particolarmente forte in considerazione della gravità dell'inquinamento acustico. Questi aeroporti figurano nell'allegato 1. L'allegato può essere modificato conformemente alla procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 3; "velivolo subsonico civile a reazione", un velivolo la cui massa massima certificata al decollo è pari o superiore a 34.000 kg, o con un numero massimo certificato di posti a sedere per passeggeri per il tipo di aereo in questione superiore a 19, esclusi i sedili riservati all'equipaggio; "velivolo marginalmente conforme", un velivolo subsonico civile a reazione che soddisfa i limiti di certificazione definiti nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell'allegato 16 della convenzione sull'aviazione civile internazionale con un margine cumulativo non superiore a 5 EPNdB (Effective Perceived Noise in decibels - unità di misura del livello effettivo di rumorosità percepita), intendendosi per margine cumulativo la cifra espressa in EPNdB ottenuta sommando le singole eccedenze (cioè le differenze fra il livello di rumore certificato e il livello di rumore massimo autorizzato) misurate in ciascuno dei tre punti di riferimento per la misurazione del rumore quali definiti nel volume 1, parte II, capitolo 3, dell'allegato 16 alla convenzione sull'aviazione civile internazionale; "restrizioni operative", le misure relative alle emissioni acustiche, mediante le quali viene limitato o ridotto l'accesso dei velivoli subsonici civili a reazione ad un determinato aeroporto. Vi rientrano le restrizioni operative intese a vietare l'esercizio di velivoli marginalmente conformi in aeroporti determinati, come pure le restrizioni operative parziali che incidono sull'esercizio dei velivoli subsonici civili a reazione secondo il periodo di tempo considerato; "parti interessate", le persone fisiche o giuridiche interessate o che possono essere interessate dall'introduzione di misure di riduzione del rumore, comprese le restrizioni operative, o che hanno un legittimo interesse all'introduzione di dette misure; "approccio equilibrato", un approccio in base al quale gli Stati membri prendono in considerazione le misure disponibili per affrontare il problema del rumore in un aeroporto situato nel loro territorio, in particolare l'effetto prevedibile di una riduzione alla fonte del rumore degli aeromobili, la pianificazione e la gestione del territorio, procedure operative di riduzione del rumore e restrizioni operative. Art. 3 Autorità competenti Gli Stati membri garantiscono che vi siano autorità competenti responsabili per le questioni disciplinate dalla presente direttiva. Art. 4 Norme generali relative alla gestione del rumore prodotto dagli aeromobili 1. Gli Stati membri adottano un approccio equilibrato nell'affrontare i problemi di inquinamento acustico negli aeroporti situati nel loro territorio. Possono anche prendere in considerazione incentivi economici quale misura per la gestione del rumore. 2. Quando prendono in considerazione l'adozione di restrizioni operative, le autorità competenti tengono pienamente conto dei costi e benefici probabili che conseguirebbero dalle diverse misure disponibili, nonché delle caratteristiche specifiche di ciascun aeroporto. 3. Le misure o le combinazioni di misure adottate in forza della presente direttiva non sono più restrittive di quanto risulti necessario per conseguire l'obiettivo ambientale definito per un determinato aeroporto. Esse non introducono discriminazioni basate sulla nazionalità o sull'identità del vettore aereo o del costruttore di aeromobili. 4. Le restrizioni operative basate sulle prestazioni sono fondate sulle emissioni acustiche dell'aeromobile determinate dalla procedura di certificazione applicata conformemente all'allegato 16, volume 1, della convenzione sull'aviazione civile internazionale, terza edizione (luglio 1993). Art. 5 Norme relative alla valutazione 1. Quando viene prevista una decisione in materia di restrizioni operative si tiene conto 63 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/30/CE delle informazioni specificate nell'allegato II, per quanto opportuno e possibile, in relazione alle restrizioni operative di cui trattasi e alle caratteristiche dell'aeroporto. 2. Quando i progetti aeroportuali sono soggetti ad una valutazione di impatto ambientale ai sensi della direttiva 85/337/CEE la valutazione effettuata in conformità di detta direttiva è considerata rispondente ai requisiti prescritti dal paragrafo 1, a condizione che tale valutazione abbia tenuto conto per quanto possibile delle informazioni specificate all'allegato II alla presente direttiva. Art. 6 Regole relative all'introduzione di restrizioni operative intese al ritiro dei velivoli solo marginalmente conformi 1. Se l'esame di tutte le misure possibili, ivi comprese le restrizioni operative parziali, effettuato conformemente all'articolo 5 dimostra che il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva impone l'introduzione di restrizioni operative intese a ritirare dal traffico i velivoli marginalmente conformi, nell'aeroporto in questione si applicano le disposizioni seguenti in luogo della procedura di cui all'articolo 9 del regolamento (CEE) n. 2408/92: a) sei mesi dopo che è stata effettuata la valutazione e dopo la decisione di introdurre una restrizione operativa, è fatto divieto ai velivoli marginalmente conformi di prestare servizi supplementari rispetto a quelli prestati nel periodo corrispondente dell'anno precedente in tale aeroporto; b) decorsi non meno di sei mesi dopo tale momento, agli operatori può essere chiesto di ridurre il numero di movimenti dei loro velivoli marginalmente conformi che servono tale aeroporto ad una percentuale annua che non superi il 20% del numero totale iniziale di tali movimenti. 64 2. Nell'osservanza delle norme di valutazione di cui all'articolo 5, le autorità che gestiscono gli aeroporti metropolitani che figurano nell'allegato I possono adottare misure più severe, sia con riferimento alla definizione di velivoli marginalmente conformi, sempreché queste misure non riguardino gli aviogetti subsonici civili che sono conformi, grazie alla loro certificazione originale o alla ricertificazione, alle norme acustiche di cui al volume 1, parte II, capitolo 4, dell'allegato 16 alla convenzione sull'aviazione civile internazionale. Art. 7 Restrizioni operative esistenti L'articolo 5 non si applica: a) alle restrizioni operative già decise alla data di entrata in vigore della presente direttiva; b) alle modificazioni tecniche di ordine minore apportate alle restrizioni operative parziali che non hanno alcuna incidenza significativa sul piano dei costi per le compagnie aeree di un determinato aeroporto comunitario e che sono state introdotte dopo l'entrata in vigore della presente direttiva. Art. 8 Deroghe per i velivoli immatricolati nei paesi in via di sviluppo Per un periodo di 10 anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente direttiva, i velivoli marginalmente conformi immatricolati nei paesi in via di sviluppo e riportati nell'allegato 3 possono derogare alle disposizioni dell'articolo 6 a condizione che: a) tali velivoli, ai quali sia stato rilasciato un certificato che attesta la loro rispondenza alle norme acustiche di cui al volume 1, parte II, capitolo 3, dell'allegato 16 alla convenzione sull'aviazione civile internazionale, siano stati utilizzati nell'aeroporto in questione della Comunità tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 2001 ("periodo di riferimento") e b) che questi velivoli siano stati iscritti, durante il periodo di riferimento, nel registro del paese in via di sviluppo interessato e che continuino ad essere gestiti da una persona fisica o giuridica stabilita in tale paese. Art. 9 Deroga per singole attività di carattere eccezionale In determinati casi, gli Stati membri possono autorizzare, negli aeroporti situati sul loro territorio, singole attività di velivoli marginalmente conformi che non potrebbero effettuarsi sulla base delle altre disposizioni della presente direttiva. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/30/CE La deroga è limitata: a) ai velivoli le cui singole attività siano di carattere talmente eccezionale che sarebbe irragionevole negare una deroga temporanea; b) ai velivoli su voli non aventi fini di lucro per trasformazioni, riparazioni o attività di manutenzione. 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 11 del regolamento (CEE) n. 2408/92. Art. 10 Consultazione e trasparenza 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Gli Stati membri provvedono ad istituire, a norma della legislazione nazionale applicabile, procedure di consultazione delle parti interessate, ai fini dell'applicazione degli articoli 5 e 6. Art. 11 Termine di preavviso 1. Gli Stati membri provvedono affinché, all'atto dell'applicazione di una nuova restrizione operativa ne sia dato pubblico avviso a tutte le parti interessate ivi compresa la spiegazione dei motivi per la sua introduzione tenendo conto degli idonei elementi di un approccio equilibrato: a) sei mesi prima dell'entrata in vigore delle misure di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera a) ; b) un anno prima dell'entrata in vigore delle misure di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b) e all'articolo 6, paragrafo 2; c) in caso di misure di cui all'articolo 6, due mesi prima della conferenza di programmazione per il corrispondente periodo di programmazione. Art. 13 Comitato 2. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su qualsiasi questione attinente all'applicazione della presente direttiva. 4. Il Comitato prende atto della valutazione effettuata dagli Stati membri ai sensi dell'articolo 5 e delle misure adottate, o i cui è prevista l'adozione, sulla base di detta valutazione. Art. 14 Informazione e revisione Gli Stati membri comunicano alla Commissione, a richiesta, le informazioni relative all'applicazione della presente direttiva. Entro 5 anni dalla entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva. La relazione è corredata, se necessario, di proposte di revisione della direttiva. Essa contiene una valutazione dell'efficacia della direttiva con particolare riferimento alla necessità di riformulare la definizione di velivoli marginalmente conformi di cui all'articolo 2, lettera d), al fine di introdurre una definizione più rigorosa. 2. Tutti gli Stati membri informano immediatamente gli altri Stati membri, nonché la Commissione, di qualsiasi nuova restrizione operativa, adottata ai sensi della presente direttiva, che essi hanno deciso di applicare in un aeroporto situato nel loro territorio. Il regolamento (CE) n. 925/1999 è abrogato con effetto dalla data di entrata in vigore della presente direttiva. Art. 12 Diritto di ricorso Art. 16 Attuazione Gli Stati membri garantiscono che vi sia un diritto di impugnare le misure assunte ai sensi degli articoli 6 e 7, lettera b), dinanzi a un organo di ricorso diverso dall'autorità che ha preso la misura contestata, conformemente alla legislazione e alle procedure nazionali. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 settembre 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali dispo- Art. 15 Abrogazione 65 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DIR. 2002/30/CE sizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri determinano le modalità del riferimento. Art. 17 Entrata in vigore La presente direttiva entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Art. 18 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. ALLEGATO I Elenco degli aeroporti metropolitani Berlin-Tempelhof Stockholm Gromma London City Belfast City ALLEGATO II Informazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1 1. Situazione attuale 1.1. Descrizione dell'aeroporto con indicazione delle sue capacità, della sua ubicazione, dell'intorno aeroportuale, del volume e della composizione del traffico aereo, nonché della composizione delle piste di decollo. 1.2. Descrizione degli obiettivi ambientali fissati per l'aeroporto e del contesto nazionale. 1.3. Particolari delle curve isofoniche degli anni precedenti e dell'anno in corso, compresa una stima del numero delle persone disturbate dal rumore degli aeromobili.Descrizione del metodo di calcolo utilizzato per calcolare le curve. 1.4. Descrizione delle misure attuate per attenuare le emissioni acustiche: ad esempio, informazioni sulla pianificazione e la gestione del territorio; programmi di isolamento acustico;procedure operative quali le PANSOPS; restrizioni operative quali limitazioni del livello sonoro, limitazioni o divieti dei voli notturni, tasse sul rumore; impiego di piste preferenziali, itinerari preferenziali e track-keeping; monitoraggio del rumore. 66 2. Previsioni in assenza di nuove misure 2.1. Descrizioni di (eventuali) modifiche ed ampliamenti dell'aeroporto già approvati e in programma; ad esempio, aumento della capacità, delle piste e/o espansione dei terminali e composizione futura del traffico, nonché la sua crescita prevista. 2.2. Nell'eventualità di un'estensione della capacità aeroportuale, indicare i vantaggi inerenti a tale offerta supplementare. 2.3. Descrizione degli effetti sull'ambiente acustico in assenza di ulteriori misure e descrizione delle misure già programmate allo scopo di attenuare tale impatto acustico nello stesso periodo. 2.4. Curve isofoniche previste, compresa la stima del numero di persone che saranno probabilmente soggette al rumore degli aeromobili; occorre distinguere fra aree residenziali preesistenti e aree residenziali recenti. 2.5. Valutazione delle conseguenze e costi possibili inerenti ad un'assenza di interventi miranti ad attenuare gli effetti di un peggioramento dell'inquinamento acustico, qualora sia prevista una tale evoluzione. 3. Valutazione delle misure complementari 3.1. Succinta esposizione delle misure supplementari cui si può fare ricorso in funzione delle varie opzioni proposte all'articolo 4, paragrafo 1, ed in particolare indicazione delle principali ragioni che ne hanno motivato la scelta. Descrizione delle misure scelte per un'analisi più approfondita e delle informazioni più complete sul costo inerente all'adozione di tali misure. Il numero di persone che dovrebbero beneficiare e l'arco temporale in cui verranno attuate; infine, una categorizzazione dell'efficacia globale delle singole misure. 3.2. Valutazione dell'efficacia rispetto ai costi o del rapporto costi/benefici dell'adozione di misure particolari, tenuto conto dei loro effetti socioeconomici sugli utenti dell'aeroporto (operatori, passeggeri e merci); viaggiatori ed enti locali. 3.3. Panoramica dei possibili effetti che le misure proposte potrebbero avere sull'ambiente e sulla concorrenza in altri aeroporti, su altri operatori e altre parti interessate. 3.4. Le motivazioni delle scelte operate. 3.5. Riepilogo di natura non tecnica. 4. Relazioni con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale 4.1. Qualora siano state approntate le mappe del rumore o piani d'azione a norma di tale direttiva, questi serviranno per fornire le informazioni richieste dal presente allegato. 4.2. La valutazione dell'esposizione al rumore (cioè, curve di isolivello e numero delle persone colpite) è effettuata utilizzando almeno gli usuali indicatori di rumore Lden e Lnight, come precisato nella direttiva sopra menzionata, qualora disponibili. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 15 aprile 2002, n. 805/2002 Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2158/92 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro gli incendi (G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Il periodo di applicazione dell'azione comunitaria prevista dal regolamento (CEE) n. 2158/92 del Consiglio (4) ha avuto termine il 31 dicembre 2001. (2) A norma dell'articolo 10, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2158/92, prima della scadenza di tale periodo di applicazione la Commissione deve presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di revisione concernente in particolare gli aspetti ecologici, economici e sociali nonché i risultati di un'analisi costi/benefici. (3) Non essendo terminati i lavori preparatori, tale proposta di revisione non può essere presentata allo stadio attuale, sicché il (1) GU C 51 E del 26.2.2002, pag. 343. (2) Parere espresso il 16 gennaio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 18 marzo 2002. (4) GU L 217 del 31.7.1992, pag. 3. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1485/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 196 del 20.7.2001, pag. 4) . Parlamento europeo e il Consiglio non sono in grado di stabilire le future modalità per il proseguimento dell'azione comunitaria per la protezione delle foreste contro gli incendi prima che scada il periodo d'applicazione della medesima. (4) Il proseguimento di tale azione comunitaria nel 2002 presuppone quindi una misura transitoria volta a prorogarne di un anno la durata. (5) La dotazione finanziaria per attuare tale azione comunitaria, la quale costituisce per l'autorità di bilancio il riferimento privilegiato ai sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio (5), fissata a 49, 4 milioni di EUR dall'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2158/92, dovrebbe essere adattata in base all'importo iscritto nel bilancio per il 2002. (6) È necessario modificare di conseguenza il regolamento (CEE) n. 2158/92, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Art. 1 L'articolo 10 del regolamento (CEE) n. 2158/92 è sostituito dal seguente: "Articolo 10 1. L'azione è prevista per una durata di un(5) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1. 67 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 REG.CE 805/2002 dici anni a partire dal 1° gennaio 1992. 2. La dotazione finanziaria per l'attuazione dell'azione è di 59,9 milioni di EUR per il periodo 1997-2002. Gli stanziamenti annui sono autorizzati dall'autorità di bilancio entro il limite delle prospettive finanziarie. 3. Entro il 30 giugno 2002 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento e una proposta di revisione attinente in particolare agli aspetti ecologici, economici e sociali (valutazione qualitativa) e ai risultati di un'analisi costibenefici (valutazione quantitativa)." Art. 2 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. 68 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 15 aprile 2002 n. 804/2002 Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 3528/86 relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro l'inquinamento atmosferico (G.U.C.E. n. L 132 del 17 maggio 2002) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Il periodo di applicazione dell'azione comunitaria prevista dal regolamento (CEE) n. 3528/86 del Consiglio (4) ha avuto termine il 31 dicembre 2001. (2) A norma dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 3528/86, prima della scadenza di tale periodo di applicazione la Commissione deve presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di revisione concernente in particolare gli aspetti ecologici, economici e sociali nonché i risultati di un'analisi costi/benefici. (3) Non essendo terminati i lavori preparatori, tale proposta di revisione non può essere presentata allo stadio attuale, sicché il (1) GU C 51 E del 26.2.2002, pag. 342. (2) Parere espresso il 16 gennaio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 18 marzo 2002. (4) GU L 326 del 21.11.1986, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1484/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 196 del 20.7.2001, pag. 1). Parlamento europeo e il Consiglio non sono in grado di stabilire le future modalità per il proseguimento dell'azione comunitaria per la protezione delle foreste contro l'inquinamento atmosferico prima che scada il periodo d'applicazione della medesima. (4) Il proseguimento di tale azione comunitaria nel 2002 presuppone quindi una misura transitoria volta a prorogarne di un anno la durata. (5) La dotazione finanziaria per attuare tale azione comunitaria, la quale costituisce per l'autorità di bilancio il riferimento privilegiato ai sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio (5), fissata a 35, 1 milioni di EUR dall'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 3528/86, dovrebbe essere adattata in base all'importo iscritto nel bilancio per il 2002. (6) È necessario modificare di conseguenza il regolamento (CEE) n. 3528/86, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Art. 1 L'articolo 11 del regolamento (CEE) n. 3528/86 è sostituito dal seguente: "Articolo 11 1. L'azione è prevista per una durata di (5) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1. 69 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 REG.CE 804/2002 sedici anni a partire dal 1° gennaio 1987. 2. La dotazione finanziaria per l'attuazione dell'azione è di 42,6 milioni di EUR per il periodo 1997-2002. Gli stanziamenti annui sono autorizzati dall'autorità di bilancio entro il limite delle prospettive finanziarie. 3. Entro il 30 giugno 2002 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento nonché una proposta di revisione attinente in particolare agli aspetti ecologici, economici e sociali (valutazione qualitativa) e ai risultati di un'analisi costibenefici (valutazione quantitativa)." Art. 2 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. 70 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 25 aprile 2002, n. 2002/358/CE DECISIONE DEL CONSIGLIO Decisione del Consiglio riguardante l'approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni (G.U.C.E. n. L 130 del 15 maggio 2002) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, e paragrafo 3, primo comma, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) L'obiettivo finale della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in seguito denominata "la convenzione"), approvata a nome della Comunità con decisione 94/69/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1993, concernente la conclusione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (3), consiste nello stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera a un livello tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza antropica con il sistema climatico. (2) La conferenza delle parti della convenzione ha concluso, nella prima sessione, che l'impegno dei paesi sviluppati a riportare, entro il 2000, individualmente o congiuntamente ai livelli del 1990, le proprie emissioni di biossido di carbonio e di altri gas serra non inclusi nel protocollo di Montreal allegato alla convenzione di Vienna sulla protezione della ozonosfera, è insufficiente per il conseguimento dell'obiettivo di lungo termine della convenzione, consistente nella prevenzione delle interferenze antropiche pericolose con il sistema climatico. La conferenza ha convenu- (1) GU C 75 E del 26.3.2002, pag. 17. (2) Parere espresso il 15 febbraio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 33 del 7.2.1994, pag. 11. to inoltre di avviare un processo che consentisse, mediante l'adozione di un protocollo o di un altro idoneo atto giuridico (4), opportuni interventi nel periodo successivo al 2000. (3) Questo processo ha portato l'11 dicembre 1997 all'adozione del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in seguito denominato: "il protocollo") (5). (4) La conferenza delle parti della convenzione, nella quarta sessione, ha deciso di adottare il piano di azione di Buenos Aires per il raggiungimento di un accordo sull'attuazione degli elementi essenziali del protocollo nella sesta sessione della conferenza delle parti (6). (5) Gli elementi essenziali per l'attuazione del piano di azione di Buenos Aires sono stati approvati all'unanimità dalla conferenza delle parti nella sesta sessione svoltasi a Bonn dal 19 al 27 luglio 2001 (7). (6) La conferenza delle parti, nella settima sessione tenutasi a Marrakech dal 29 ottobre al 10 novembre 2001, ha adottato all'unanimità una serie di decisioni che attuano gli accordi di Bonn (8). (7) Il protocollo, a norma dell'articolo 24, è (4) Decisione 1/CP.1: "Mandato di Berlino: esame dell'adeguatezza dell'articolo 4, paragrafo 2, lettere a) e b) della convenzione, proposte relative al protocollo e decisioni riguardanti il follow-up". (5 ) Decisione 1/CP.3: "Adozione del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici". (6 ) Decisione 1/CP.4 "Piano d'azione di Buenos Aires". (7) Decisione 5/CP.6: "Attuazione del piano d'azione di Buenos Aires". (8) Decisione 2-24/CP.7: "Accordi di Marrakech". 71 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE aperto alla ratifica, all'accettazione o all'approvazione degli Stati e delle organizzazioni regionali di integrazione economica che lo hanno firmato. (8) Nell'articolo 4 il protocollo prevede che le parti adempiano congiuntamente agli impegni assunti a norma dell'articolo 3, agendo nell'ambito delle organizzazioni regionali di integrazione economica e in cooperazione con esse. (9) Al momento della firma del protocollo a New York, il 29 aprile 1998, la Comunità europea ha dichiarato che essa e i suoi Stati membri avrebbero, ai sensi dell'articolo 4, adempiuto congiuntamente agli impegni assunti a norma dell'articolo 3, paragrafo 1 del protocollo. (10) Nel decidere di adempiere congiuntamente agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto, la Comunità e i suoi Stati membri sono congiuntamente responsabili, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 6 e a norma dell'articolo 24, paragrafo 2 del protocollo, dell'adempimento, da parte della Comunità, dell'impegno quantificato di riduzione delle emissioni assunto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1 del protocollo. Di conseguenza, a norma dell'articolo 10 del trattato che istituisce la Comunità europea, gli Stati membri hanno collettivamente e individualmente l'obbligo di adottare tutte le opportune misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi risultanti dall'azione decisa dalle istituzioni della Comunità, incluso l'impegno quantificato di riduzione delle emissioni ai sensi del protocollo, di agevolare l'adempimento di tale impegno e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione dello stesso. (11) La base giuridica di eventuali ulteriori decisioni in relazione all'approvazione da parte della Comunità di impegni futuri concernenti le riduzioni delle emissioni sarà stabilita in base al contenuto e agli effetti della decisione medesima. (12) Il Consiglio è giunto ad un accordo sui contributi dei singoli Stati membri all'adempimento dell'impegno globale di riduzione delle emissioni della Comunità nelle conclusioni del Consiglio del 16 giugno 1998 (9). Taluni Stati membri hanno formulato ipotesi sulle emissioni dell'anno di riferimento e sulle politiche e sulle misure comuni e coordinate. I contributi sono stati differenziati in considerazione, fra l'altro, delle aspettative di crescita economica, della situazione in materia di energia e della struttura industriale di ciascuno Stato membro. Il Consiglio ha inoltre convenuto di inserire il contenuto dell'accordo nella decisione del Consiglio concernente l'approvazione del protocollo da parte della Comunità. L'articolo 4, paragrafo 2 del protocollo stabilisce che la Comunità e i suoi Stati membri notifichino al Segretariato, istituito dall'articolo 8 della convenzione, il contenuto dell'accordo alla data del deposito dei loro strumenti di ratifica o di approvazione. La Comunità e gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie affinché la Comunità possa adempiere ai suoi obblighi ai sensi del protocollo, fatta salva la responsabilità di ogni Stato membro nei confronti della Comunità e degli altri Stati membri per quanto riguarda l'adempimento dei suoi impegni. (13) Le emissioni dell'anno di riferimento della Comunità e dei suoi Stati membri non saranno determinate in modo definitivo prima dell'entrata in vigore del protocollo. Una volta che le emissioni dell'anno di riferimento saranno state determinate in modo definitivo e, comunque, prima dell'inizio del periodo di adempimento, la Comunità e i suoi Stati membri fisseranno tali livelli di emissione in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente, secondo la procedura di cui all'articolo 8 della decisione 93/389/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra nella Comunità (10). (14) Il Consiglio europeo di Göteborg del 15 e 16 giugno 2001 ha ribadito la determinazione della Comunità e degli Stati membri a rispettare gli impegni assunti nel protocollo e ha dichiarato che la Commissione avrebbe preparato una proposta di ratifica entro la fine del 2001 in modo da consentire alla Comunità e ai suoi Stati membri di osservare l'impegno di rapida ratifica del protocollo. (15) Il Consiglio europeo di Laeken del 14 e 72 (9) Documento 9702/98 del 19 giugno 1998 del Consiglio dell'Unione europea che rispecchia l'esito dei lavori del Consiglio "Ambiente" del 16-17 giugno 1998, allegato I. (10) GU L 167 del 9.7.1993, pag. 31. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 1999/296/CE (GU L 117 del 5.5.1999, pag. 35). Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE 15 dicembre 2001 ha confermato la determinazione dell'Unione ad onorare i suoi impegni nell'ambito del protocollo di Kyoto ed il suo auspicio che il protocollo entri in vigore prima del vertice mondiale di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile che si svolgerà dal 26 agosto al 4 settembre 2002. (16) Le misure necessarie per l'attuazione della presente decisione sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: cedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della presente decisione, la Commissione stabilisce i livelli di emissione assegnati rispettivamente alla Comunità europea e a ciascuno dei suoi Stati membri in termini di tonnellate equivalenti di biossido di carbonio, previa determinazione dei dati definitivi di emissione dell'anno di riferimento e in base agli impegni quantificati di limitazione o riduzione stabiliti nell'allegato II, tenendo conto delle metodologie per la stima delle emissioni antropiche dalle fonti e dall'assorbimento dei pozzi di cui all'articolo 5, paragrafo 2 del protocollo e delle modalità di calcolo delle quantità assegnate a norma dell'articolo 3, paragrafi 7 e 8 del protocollo. La quantità assegnata alla Comunità europea e a ciascuno dei suoi Stati membri è uguale ai livelli di emissione stabiliti rispettivamente per ognuno di essi a norma del presente articolo. Art. 1 Il protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in seguito denominato: "il protocollo"), firmato il 29 aprile 1998 a New York, è approvato a nome della Comunità europea. Il testo del protocollo è riportato nell'allegato I. Art. 2 La Comunità europea e i suoi Stati membri adempiono congiuntamente, ai sensi dell'articolo 4 del protocollo, agli impegni assunti a norma dell'articolo 3, paragrafo 1 del protocollo stesso e nel pieno rispetto delle disposizioni dell'articolo 10 del trattato che istituisce la Comunità europea. Gli impegni quantificati di limitazione e di riduzione delle emissioni approvati dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri al fine di stabilire i livelli di emissione assegnati rispettivamente a ciascuno di essi nel primo periodo di adempimento degli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni, dal 2008 al 2012, sono stabiliti nell'allegato II. La Comunità europea e i suoi Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi ai livelli di emissione stabiliti nell'allegato II, previsti a norma dell'articolo 3 della presente decisione. Art. 3 Entro il 31 dicembre 2006 e secondo la pro(11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Art. 4 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 8 della decisione 93/389/CE. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Art. 5 1. Il Presidente del Consiglio è autorizzato a designare la (le) persona (persone) abilitata (abilitate) a notificare la presente decisione, a nome della Comunità europea, al Segretariato della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 del protocollo. 2. Il Presidente del Consiglio è autorizzato a designare la (le) persona (persone) abilitata (abilitate) a depositare lo strumento di approvazione, alla stessa data della notifica di cui al paragrafo 1, presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite a norma dell'articolo 24, paragrafo 1 del protocollo, al fine di esprimere il consenso della Comunità ad essere vincolata dall'atto. 3. Il Presidente del Consiglio è autorizzato a designare la (le) persona (persone) abilitata 73 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE (abilitate) a depositare, alla stessa data della notifica di cui al paragrafo 1, la dichiarazione di competenza di cui all'allegato III, a norma dell'articolo 24, paragrafo 3 del protocollo. Art. 6 1. Quando depositano i loro strumenti di ratifica o di approvazione del protocollo, gli Stati membri notificano, nello stesso tempo e a proprio nome, la presente decisione al Segretariato della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 del protocollo. 2. Gli Stati membri si adoperano per intraprendere le necessarie iniziative in vista del deposito dei loro strumenti di ratifica o di approvazione simultaneamente a quelli della Comunità europea e degli altri Stati membri e, per quanto possibile, entro il 1° giugno 2002. 3. Gli Stati membri informano la Commissione, entro il 1° aprile 2002, delle loro decisioni di ratificare o approvare il protocollo ovvero a seconda della circostanza della probabile data di conclusione dei relativi procedimenti. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, decide una data per il deposito simultaneo degli strumenti di ratifica o approvazione. decisione 1/CP.1 dalla Conferenza delle Parti della Convenzione nella sua prima sessione, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Art. 1 Ai fini del presente protocollo si applicano le definizioni contenute all'articolo 1 della Convenzione. Inoltre: 1) Per "Conferenza delle Parti" si intende la Conferenza delle Parti della Convenzione. 2) Per "Convenzione" si intende la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, adottata a New York il 9 maggio 1992. 3) Per "Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico" si intende il Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico costituito congiuntamente dalla Organizzazione Meteorologica Mondiale ed il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, nel 1988. 4) Per "Protocollo di Montreal" si intende il protocollo di Montreal relativo alle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Montreal il 16 settembre 1987, nella sua forma successivamente modificata ed emendata. 5) Per "Parti presenti e votanti" si intendono le Parti presenti che esprimono un voto affermativo o negativo. 6) Per "Parte" si intende, a meno che il contesto non indichi diversamente, una Parte del presente protocollo. 7) Per "Parte inclusa nell'Allegato I" si intende una Parte che figura nell'Allegato I della Convenzione, tenuto conto degli eventuali emendamenti, o la Parte che ha presentato una notifica ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, punto g), della Convenzione. Art. 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. ALLEGATO I TRADUZIONE PROTOCOLLO DI KYOTO DELLA CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI LE PARTI DEL PRESENTE PROTOCOLLO, ESSENDO Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (da qui in avanti denominata "la Convenzione"), PERSEGUENDO l'obiettivo finale della Convenzione enunciato all'articolo 2, RICORDANDO le disposizioni della Convenzione, GUIDATE dall'articolo 3 della Convenzione, 74 NEL RISPETTO del Mandato di Berlino, adottato con Art. 2 1. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I, nell'adempiere agli impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni previsti all'articolo 3, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile: a) Applicherà e/o elaborerà politiche e misure, in conformità con la sua situazione azionale, come: i) Miglioramento dell'efficacia energetica in settori rilevanti dell'economia nazionale; ii) Protezione e miglioramento dei meccanismi di rimozione e di raccolta dei gas ad effetto serra, non inclusi nel protocollo di Montreal, tenuto conto degli impegni assunti in virtù degli accordi internazionali ambientali; promozione di metodi sostenibili di gestione forestale, di imboschimento e di rimboschimento; iii) Promozione di forme sostenibili di agricoltura, alla luce delle considerazioni relative ai cambiamenti climatici; iv) Ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili, di tecnologie per la cattura e l'isolamento del biossido di carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative compatibili con l'ambiente; v) Riduzione progressiva, o eliminazione graduale, delle imperfezioni del mercato, degli incentivi Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE fiscali, delle esenzioni tributarie e di sussidi, che siano contrari all'obiettivo della Convenzione, in tutti i settori responsabili di emissioni di gas ad effetto serra, ed applicazione di strumenti di mercato; vi) Incoraggiamento di riforme appropriate nei settori pertinenti, al fine di promuovere politiche e misure che limitino o riducano le emissioni dei gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal; vii)Adozione di misure volte a limitare e/o ridurre le emissioni di gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal nel settore dei trasporti; viii)Limitazione e/o riduzione delle emissioni di metano attraverso il suo recupero ed utilizzazione nel settore della gestione dei rifiuti, come pure nella produzione, il trasporto e la distribuzione di energia; b) Coopererà con le altre Parti incluse all'Allegato I per rafforzare l'efficacia individuale e combinata delle politiche e misure adottate a titolo del presente articolo, conformemente all'articolo 4, paragrafo 2(e) (i), della Convenzione. A tal fine, dette Parti dovranno dar vita ad iniziative per condividere esperienze e scambiare informazioni su politiche e misure, in particolar modo sviluppando sistemi per migliorare la loro compatibilità, trasparenza ed efficacia. La Conferenza delle Parti agente come Conferenza delle Parti del protocollo dovrà, nella sua prima sessione, o quanto prima possibile, esaminare i mezzi per facilitare tale cooperazione, tenendo conto di tutte le informazioni pertinenti. 2. Le Parti incluse nell'Allegato I cercheranno di limitare o ridurre le emissioni di gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal generati da combustibili utilizzati nel trasporto aereo e marittimo, operando con la Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile e l'Organizzazione Internazionale Marittima. 3. Le Parti incluse nell'Allegato I si impegneranno ad attuare le politiche e misure previste nel presente articolo al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi, inclusi gli effetti avversi del cambiamento climatico, gli effetti sul commercio internazionale e gli impatti sociali, ambientali ed economici sulle altre Parti, in special modo le Parti paesi in via di sviluppo ed, in particolare, quelle menzionate nell'articolo 4, paragrafi 8 e 9, della Convenzione, in considerazione dell'articolo 3 della Convenzione. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo potrà adottare, se opportuno, ulteriori misure per promuovere l'applicazione delle disposizioni del presente paragrafo. 4. Nel caso in cui ritenga utile coordinare alcune politiche e misure previste nel paragrafo 1(a) del presente articolo, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali e degli effetti potenziali, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, valuterà le forme ed i mezzi appropriati per organizzare il coordinamento di tali politiche e misure. Art. 3 1. Le Parti incluse nell'Allegato I assicureranno, individualmente o congiuntamente, che le loro emissioni antropiche aggregate, espresse in equivalente-biossido di carbonio, dei gas ad effetto serra indicati nell'Allegato A, non superino le quantità che sono loro attribuite, calcolate in funzione degli impegni assunti sulle limitazioni quantificate e riduzioni specificate nell'Allegato B e in conformità alle disposizioni del presente articolo, al fine di ridurre il totale delle emissioni di tali gas almeno del 5 % rispetto ai livelli del 1990, nel periodo di adempimento 2008-2012. 2. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I dovrà aver ottenuto nel 2005, nell'adempimento degli impegni assunti a titolo del presente protocollo, concreti progressi. 3. Le variazioni nette di gas ad effetto serra, relative ad emissioni da fonti e da pozzi di assorbimento risultanti da attività umane direttamente legate alla variazione nella destinazione d'uso dei terreni e dei boschi, limitatamente all'imboschimento, al rimboschimento e al disboscamento dopo il 1990, calcolate come variazioni verificabili delle quantità di carbonio nel corso di ogni periodo di adempimento, saranno utilizzate dalle Parti incluse nell'Allegato I per adempiere agli impegni assunti ai sensi del presente articolo. Le emissioni di gas ad effetto serra, dalle fonti e l'assorbimento dai pozzi associati a dette attività, saranno notificati in modo trasparente e verificabile ed esaminati a norma degli articoli 7 e 8. 4. Precedentemente alla prima sessione della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo ogni Parte inclusa nell'Allegato I fornirà all'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico, per il loro esame, dati che permettano di determinare il livello di quantità di carbonio nel 1990 e di procedere ad una stima delle variazioni di dette quantità di carbonio nel corso degli anni successivi. Nella sua prima sessione, o quanto prima possibile, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, determinerà le modalità, le norme e le linee guida da seguire per stabilire quali attività antropiche supplementari, legate alle variazioni delle emissioni dalle fonti e dai pozzi di assorbimento dei gas ad effetto serra nelle categorie dei terreni agricoli, nonché nelle categorie della variazione della destinazione d'uso dei terreni e dei boschi, dovranno essere aggiunte o sottratte alle quantità attribuite alle Parti incluse nell'Allegato I, tenendo conto delle incertezze, della necessità di comunicare risultati trasparenti e verificabili, del lavoro metodologico del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico, delle raccomandazioni dell'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico, conformemente all'art. 5, e delle decisioni della Conferenza delle Parti. Tale decisione si applicherà nel secondo e nei successivi periodi di adempimento. Una Parte può applicarla alle sue attività antropiche supplementari nel primo periodo di adempimento a condizione che dette attività abbiano avuto luogo dopo il 1990. 5. Le Parti incluse nell'Allegato I in transizione verso una economia di mercato ed il cui anno o periodo di riferimento è stato stabilito in conformità alla decisione 9/CP.2, adottata dalla Conferenza delle Parti nella sua seconda sessione, utilizzeranno tale anno o periodo di riferimento per l'attuazione degli impegni assunti a norma del presente articolo. Ogni altra Parte inclusa nell'Allegato I in transizione verso una economia di mercato e che non abbia ancora presentato la sua prima comunicazione nazionale, in conformità dell'articolo 12 della Convenzione, potrà ugualmente notificare alla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo la sua intenzione di considerare un anno o un periodo storico di 75 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE riferimento diverso dal 1990 per adempiere agli impegni assunti a norma del presente articolo. La Conferenza delle Parti, agente come riunione delle Parti del presente protocollo si pronuncerà sulla accettazione di tale notifica. 6. Tenendo conto dell'articolo 4, paragrafo 6, della Convenzione, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo concederà alle Parti incluse nell'Allegato I in transizione verso una economia di mercato un certo grado di flessibilità nell'adempimento degli impegni assunti diversi da quelli previsti nel presente articolo. 7. Nel corso del primo periodo di adempimento degli impegni per la riduzione e la limitazione quantificata delle emissioni, dal 2008 al 2012, la quantità attribuita a ciascuna Parte inclusa nell'Allegato I sarà uguale alla percentuale ad essa assegnata, indicata nell'Allegato B, delle emissioni antropiche aggregate, espresse in equivalente-biossido di carbonio, dei gas ad effetto serra indicate all'Allegato A e relative al 1990, o nel corso dell'anno o del periodo di riferimento, ai sensi del paragrafo 5, moltiplicate per cinque. Le Parti incluse nell'Allegato I, per le quali la variazione nella destinazione d'uso dei terreni e dei boschi costituivano nel 1990 una fonte netta di emissione di gas ad effetto serra, includeranno nelle emissioni relative al 1990, o ad altro periodo di riferimento, le emissioni antropiche aggregate, espresse in equivalente biossido di carbonio, meno le quantità assorbite dai pozzi di assorbimento all'anno 1990, derivanti dalla variazione nella destinazione d'uso dei terreni. 8. Tutte le Parti incluse nell'Allegato I potranno utilizzare il 1995 come anno di riferimento per gli idrofluorocarburi, i perfluorocarburi e l'esafluoro di zolfo, ai fini delle operazione di calcolo di cui al paragrafo 7. 9. Per le Parti incluse nell'Allegato I, gli impegni assunti per i successivi periodi di adempimento saranno determinati come emendamenti all'Allegato I del presente protocollo e saranno adottati conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 21, paragrafo 7. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo inizierà la valutazione di tali impegni almeno sette anni prima della fine del primo periodo di adempimento, di cui al paragrafo 1. 10. Tutte le unità di riduzione delle emissioni, o tutte le frazioni di una quantità assegnata, che una Parte acquista da un'altra Parte, conformemente alle disposizioni di cui agli articoli 6 o 17, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista. 11. Tutte le unità di riduzione delle emissioni, o tutte le frazioni di una quantità assegnata, che una Parte trasferisce ad un'altra Parte, conformemente alle disposizioni di cui agli articoli 6 o 17, sarà sottratta alla quantità assegnata alla Parte che la trasferisce. 12. Tutte le riduzioni accertate delle emissioni che una Parte acquista da un'altra Parte, conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 12, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista. 13. Se le emissioni di una Parte inclusa nell'Allegato I, nel corso di un periodo di adempimento, sono inferiori alla quantità che le è stata assegnata in virtù del presente articolo, tale differenza sarà sommata, su richiesta di detta Parte, alla quantità che le è stata assegnata per i successivi periodi di adempimento. 76 14. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I si impegnerà ad adempiere agli impegni indicati nel paragrafo 1, al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali, ambientali ed economici contrari sui paesi in via di sviluppo Parti, in particolare quelli indicati all'articolo 4, paragrafi 8 e 9, della Convenzione. In linea con le decisioni della Conferenza delle Parti, per l'attuazione di tali paragrafi, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, esaminerà, nella sua prima sessione, le misure necessarie per ridurre al minimo gli effetti dei cambiamenti climatici e/o l'impatto delle misure di risposta delle Parti menzionate in detto paragrafo. Tra le questioni da prendere in considerazione vi saranno il finanziamento, l'assicurazione ed il trasferimento di tecnologie. Art. 4 1. Tutte le Parti incluse nell'Allegato I, che abbiano concordato un'azione congiunta per l'attuazione degli obblighi assunti a norma dell'articolo 3, saranno considerate adempienti se la somma totale delle emissioni antropiche aggregate, espresse in equivalenti biossido di carbonio, di gas ad effetto serra indicati nell'Allegato A non supera la quantità loro assegnata, calcolata in funzione degli impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni elencate nell'Allegato B e conformemente alle disposizioni dell'articolo 3. Il rispettivo livello di emissione assegnato a ciascuna delle Parti dell'accordo sarà stabilito nell'accordo. 2. Le Parti di tale accordo notificheranno al Segretariato il contenuto dell'accordo alla data di deposito degli strumenti di ratifica, d'accettazione, di approvazione o di adesione del presente protocollo. Il Segretariato informerà, a sua volta, tutte le Parti ed i firmatari della Convenzione dei termini dell'accordo. 3. Tutti gli accordi di questo tipo rimarranno in vigore per la durata del periodo di adempimento specificata all'articolo 3, paragrafo 7. 4. Se le Parti, agendo congiuntamente, lo fanno nel quadro di una organizzazione regionale di integrazione economica e di concerto con essa, ogni variazione nella composizione di detta organizzazione, successiva all'adozione del presente protocollo, non inciderà sugli impegni assunti in virtù del presente protocollo. Ogni variazione nella composizione dell'organizzazione avrà effetto solo ai fini dell'attuazione degli impegni previsti all'articolo 3 che siano adottati successivamente a quella modificazione. 5. Se le Parti dell'accordo, agendo congiuntamente, non raggiungeranno il livello totale combinato delle riduzioni di emissioni, ogni Parte sarà responsabile del proprio livello di emissioni stabilito nell'accordo. 6. Se le Parti, agendo congiuntamente, operano all'interno di una organizzazione regionale di integrazione economica, Parte del presente protocollo, e di concerto con essa, ogni Stato membro di detta organizzazione regionale di integrazione economica, individualmente, o congiuntamente con l'organizzazione regionale di integrazione economica, agendo ai sensi dell'articolo 24, sarà responsabile, nel caso in cui venga raggiunto il livello totale combinato delle riduzioni di emissioni, del livello delle sue emissioni, così come notificato in conformità del presente articolo. Art. 5 1. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I realizzerà, non più Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE tardi di un anno prima dell'inizio del primo periodo di adempimento, un sistema nazionale per la stima delle emissioni antropiche dalle fonti e dall'assorbimento dei pozzi di tutti i gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo deciderà, nella sua prima sessione, le linee guida di tali sistemi nazionali, tra le quali saranno incluse le metodologie specificate nel paragrafo 2 infra. 2. Le metodologie per la stima delle emissioni antropiche da sorgenti e dall'assorbimento dei pozzi di tutti i gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal saranno quelle accettate dal Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico e approvate dalla Conferenza delle Parti nella sua terza sessione. Laddove tali metodologie non vengano utilizzate, verranno introdotti gli adattamenti necessari conformi alle metodologie concordate dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo nella sua prima sessione. Basandosi sul lavoro del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico e sulle raccomandazioni fornite dall'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo esaminerà regolarmente e, se opportuno, revisionerà tali metodologie ed adattamenti, tenendo pienamente conto delle decisioni pertinenti della Conferenza delle Parti. Ogni revisione delle metodologie o degli adattamenti si effettuerà solo al fine di accertare il rispetto degli impegni assunti a norma dell'articolo 3 per ogni periodo di adempimento successivo a detta revisione. 3. I potenziali di riscaldamento globale utilizzati per calcolare l'equivalente-biossido di carbonio delle emissioni antropiche dalle sorgenti e dall'assorbimento dei pozzi di gas ad effetto serra elencati nella Allegato A saranno quelli accettati dal Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico ed approvati dalla Conferenza delle Parti nella sua terza sessione. Basandosi sul lavoro del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico e sulle raccomandazioni fornite dall'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo esaminerà periodicamente e, se opportuno, revisionerà il potenziale di riscaldamento globale di ciascuno di tali gas ad effetto serra tenendo pienamente conto delle decisioni pertinenti della Conferenza delle Parti. Ogni revisione di un potenziale di riscaldamento globale sarà applicabile solo agli impegni di cui all'articolo 3 per ogni periodo di adempimento posteriore a detta revisione. Art. 6 1. Al fine di adempiere agli impegni assunti a norma dell'articolo 3, ogni Parte inclusa nell'Allegato I può trasferire ad ogni altra di dette Parti, o acquistare da essa, unità di riduzione risultanti da progetti finalizzati alla riduzione delle emissioni antropiche da fonti o all'aumento dell'assorbimento antropico dei pozzi dei gas ad effetto serra in ogni settore dell'economia, a condizione che: a) Ogni progetto di questo tipo abbia l'approvazione delle Parti coinvolte; b) Ogni progetto di questo tipo permetta una riduzione delle emissioni dalle fonti, o un aumento dell'assorbimento dei pozzi, che sia aggiuntivo a quelli che potrebbero essere realizzati diversamente; c) La Parte interessata non potrà acquistare alcuna unità di riduzione delle emissioni se essa non adempierà alle obbligazioni che le incombono a norma degli articoli 5 e 7; d) L'acquisto di unità di riduzione delle emissioni sarà supplementare alle misure nazionali al fine di adempiere agli impegni previsti dall'articolo 3. 2. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo potrà, nella sua prima sessione o quanto prima possibile, elaborare ulteriori linee guida per l'attuazione del presente articolo, in particolar modo per quel che riguarda la verifica e la realizzazione dei rapporti. 3. Una Parte inclusa nell'Allegato I potrà autorizzare persone giuridiche a partecipare, sotto la sua responsabilità, ad azioni volte alla creazione, alla cessione o all'acquisizione, a norma del presente articolo, di unità di riduzione delle emissioni. 4. Se, in conformità con le disposizioni pertinenti di cui all'articolo 8, sorgesse una questione relativa all'applicazione delle prescrizioni di cui al presente articolo, la cessione e l'acquisizione di unità di riduzione delle emissioni potranno continuare dopo che la questione sarà stata sollevata, a condizione che nessuna Parte utilizzi dette unità per adempiere ai propri impegni a norma dell'articolo 3 finché non sarà risolto il problema del rispetto delle obbligazioni. Art. 7 1. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I indicherà nell'inventario annuale delle emissioni antropiche da fonti e degli assorbimenti dei pozzi dei gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal, presentato in conformità delle decisioni della Conferenza delle Parti, le informazioni supplementari, determinate conformemente alle disposizioni di cui al paragrafo 4 infra, necessarie per assicurare il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 3. 2. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I indicherà nella propria comunicazione nazionale, presentata ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione, le informazioni supplementari necessarie per dimostrare che essa adempie agli impegni assunti a norma del presente protocollo, da determinarsi secondo le disposizioni di cui al paragrafo 4 infra. 3. Ogni Parte inclusa nell'Allegato I comunicherà le informazioni richieste, di cui al paragrafo 1, annualmente, a partire dal primo inventario che essa è tenuta a presentare in conformità della Convenzione per il primo anno del periodo di adempimento dopo l'entrata in vigore, per detta Parte, del presente protocollo. Ogni Parte presenterà le informazioni richieste a norma del paragrafo 2 nel quadro della prima comunicazione nazionale che essa è tenuta a presentare a norma della Convenzione dopo l'entrata in vigore, per detta Parte, del presente protocollo e dopo l'adozione delle linee guida previste dal paragrafo 4 infra. La frequenza con cui dovranno essere presentate le successive informazioni richieste ai sensi del presente articolo sarà stabilita dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, tenendo conto del calendario deciso dalla Conferenza delle Parti per la presentazione delle comunicazioni nazionali. 77 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE 4. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà nella sua prima sessione e riesaminerà periodicamente in seguito le linee guida relative alla preparazione delle informazioni richieste a norma del presente articolo, considerando le direttive per la preparazione delle comunicazioni nazionali delle Parti inclusi nell'Allegato I adottate dalla Conferenza delle Parti. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo deciderà anche prima del primo periodo di adempimento le modalità di calcolo delle quantità assegnate. Art. 8 1. Le informazioni comunicate ai sensi dell'articolo 7 da ciascuna delle Parti incluse nell'Allegato I saranno esaminate da gruppi di esperti in adempimento delle pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti ed in conformità alle linee guida adottate, a tal fine, dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo a norma del paragrafo 4 infra. Le informazioni comunicate a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, da ciascuna delle Parti incluse nell'Allegato I verranno esaminate come parte della compilazione annuale degli inventari delle emissioni e delle quantità assegnate e della corrispondente contabilità. Inoltre, le informazioni fornite da ciascuna Parte inclusa nell'Allegato I, a norma dell'articolo 7, paragrafo 2, saranno esaminate come parte della revisione delle comunicazioni nazionali. 2. I gruppi di esperti saranno coordinati dal Segretariato e costituiti da esperti scelti tra quelli nominati dalle Parti della Convenzione e, a seconda dei casi, da organizzazioni intergovernative, conformemente alle indicazioni fornite, a tal fine, dal Conferenza delle Parti. 3. Il processo di revisione permetterà una valutazione tecnica completa e dettagliata dell'applicazione del presente protocollo della Parte. I gruppi di esperti elaboreranno un rapporto per la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, nel quale valuteranno l'adempimento degli impegni assunti dalla Parte in esame ed indicheranno i problemi eventualmente riscontrati ed i fattori che incidono sull'adempimento. Il Segretariato comunicherà detto rapporto a tutte le Parti della Convenzione. Inoltre, il Segretariato enumererà tutte le questioni inerenti l'adempimento, indicate nel rapporto, per ulteriori considerazioni della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. 4. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà nella sua prima sessione, e riesaminerà periodicamente, in seguito, le linee guida per l'esame dell'applicazione del presente protocollo da parte dei gruppi di esperti, tendo in considerazione le pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti. 78 5. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, con l'assistenza dell'Organo Sussidiario di Attuazione e, se necessario, dell'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico esaminerà: a) Le informazioni presentate dalle Parti, a norma dell'articolo 7, ed i rapporti sull'esame di dette informazioni, effettuati a norma del presente articolo; e b) Le questioni relative all'attuazione elencate dal Segretariato, a norma del paragrafo 3, nonché tutte le questioni sollevate dalle Parti. 6. In seguito all'esame delle informazioni di cui al paragrafo 5, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà, su ogni questione, le decisioni necessarie al fine dell'attuazione del presente protocollo. Art. 9 1. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo esaminerà periodicamente il protocollo alla luce delle migliori informazioni scientifiche disponibili e degli studi di valutazione sul cambiamento climatico ed il loro impatto come pure delle pertinenti informazioni tecniche, sociali ed economiche. Tali esami saranno coordinati con altri pertinenti previsti dalla Convenzione, in particolare quelli richiesti all'articolo 4, paragrafo 2(d), e all'articolo 7, paragrafo 2(a), della Convenzione. Sulla base di detti esami, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà la misure necessarie. 2. Il primo esame avrà luogo nella seconda sessione della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Nuovi esami saranno effettuati ad intervalli regolari e precisi. Art. 10 Tutte le Parti, tenendo conto delle loro comuni ma differenziate responsabilità e delle loro specifiche priorità di sviluppo nazionale e regionale, dei loro obiettivi e delle loro circostanze, senza introdurre nuovi impegni per le Parti non incluse nell'Allegato I ma riaffermando quelli già enunciati all'articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione e continuando a perseguire l'adempimento di tali impegni al fine di raggiungere uno sviluppo sostenibile, tenendo conto dell'articolo 4, paragrafi 3, 5 e 7, della Convenzione: a) formuleranno, dove necessario e nella misura possibile, programmi nazionali e, se opportuno, regionali, economicamente convenienti ed efficaci, per migliorare la qualità dei fattori di emissione, dei dati sulle attività e/o dei modelli locali che riflettano la situazione socio-economica di ogni Parte, al fine della realizzazione periodica degli inventari nazionali delle emissioni antropiche dalle fonti e l'assorbimento dai pozzi dei gas ad effetto serra non inclusi nel protocollo di Montreal, utilizzando metodologie comparabili, che dovranno essere decise dalla Conferenza delle Parti ed essere conformi alle direttive per le comunicazioni nazionali adottate dalla Conferenza delle Parti. b) formuleranno, applicheranno, pubblicheranno ed aggiorneranno regolarmente i programmi nazionali e, se necessario, quelli regionali contenenti misure per mitigare i cambiamenti climatici e per facilitare un adeguato adattamento ad essi; i) Tali programmi dovrebbero riguardare, tra l'altro, i settori energetico, dei trasporti e dell'industria come pure l'agricoltura, la silvicoltura e la gestione dei rifiuti. Inoltre, le tecnologie di adattamento ed i metodi per migliorare la pianificazione del territorio permetterebbero di meglio adattarsi ai cambiamenti climatici; ii) Le Parti incluse nell'Allegato I presenteranno informazioni sulle misure adottate in virtù del presente protocollo, compresi i programmi nazionali, a norma dell'articolo 7; le altre Parti cercheranno di includere nelle loro comunicazioni nazionali, se Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE c) d) e) f) g) opportuno, informazioni sui programmi contenenti misure che, a loro avviso, contribuiscono a fronteggiare i cambiamenti climatici ed i loro effetti negativi, incluse le misure volte alla riduzione dell'aumento dei gas ad effetto serra e all'incremento dei pozzi di assorbimento, al rafforzamento delle capacità (capacity building) e all'adattamento. Coopereranno nella promozione di modalità efficaci per lo sviluppo, l'applicazione e la diffusione di tecnologie, di conoscenze tecniche, di pratiche e di processi ecologicamente compatibili con il cambiamento climatico, ed adotteranno tutte le misure necessarie per promuovere, facilitare e finanziare, se necessario, l'accesso a dette fonti o a trasferirle, in particolare verso i paesi in via di sviluppo, inclusa la formulazione di politiche e programmi per l'efficace trasferimento di tecnologie ecologicamente compatibili, che siano di pubblica proprietà o di pubblico dominio, e la creazione, nel settore privato, di una ambiente idoneo che permetta la promozione del trasferimento di tecnologie ecologicamente compatibili e l'accesso ad esse. Coopereranno nella ricerca scientifica e tecnica e promuoveranno il mantenimento e lo sviluppo di sistemi di osservazione sistematica e la costituzione di archivi di dati al fine di ridurre le incertezze relative al sistema climatico, le conseguenze negative del cambiamento climatico e le conseguenze economiche e sociali delle diverse strategie di risposta, e promuoveranno la realizzazione ed il rafforzamento delle capacità e delle misure endogene di partecipazione agli sforzi, ai programmi e alle ricerche internazionali ed intergovernativi relativi alla ricerca e all'osservazione sistematica, a norma dell'articolo 5 della Convenzione. Coopereranno e promuoveranno a livello internazionale, ricorrendo, dove opportuno, ad organismi esistenti, la realizzazione e l'esecuzione di programmi di educazione e formazione, compreso il rafforzamento delle capacità nazionali, in particolare sul piano umano ed istituzionale, e lo scambio ed il distaccamento di personale incaricato alla formazione di esperti nel settore, specialmente nei paesi in via di sviluppo, e faciliteranno sul piano nazionale la sensibilizzazione del pubblico ai cambiamenti climatici e l'accesso alle relative informazioni. Appropriate modalità dovrebbero essere sviluppate per attuare tali attività attraverso i competenti organi della Convenzione, a norma dell'articolo 6 della Convenzione; Includeranno nelle proprie comunicazioni nazionali informazioni sui programmi e le attività intraprese in applicazione del presente articolo, in conformità alle pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti; Nell'adempiere agli impegni previsti dal presente articolo prenderanno pienamente in considerazione l'articolo 4, paragrafo 8, della Convenzione. Art. 11 1. Nell'attuazione dell'articolo 10 le Parti terranno conto delle disposizioni dell'articolo 4, paragrafi 4, 5, 7, 8, e 9 della Convenzione. 2. Nel contesto dell'attuazione dell'articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione, in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 3, ed all'articolo 11 della Convenzione, e attraverso l'entità o le entità incaricate ad assicurare il funzionamento del meccanismo finanziario della Convenzione, i paesi sviluppati Parti della Convenzione e le altri Parti sviluppate incluse nell'Allegato II della Convenzione: a) Forniranno nuove ed ulteriori risorse finanziarie al fine di coprire la totalità dei costi concordati sostenuti dai paesi in via di sviluppo per migliorare nell'adempimento degli impegni previsti a norma dell'articolo 4, paragrafo 1(a), della Convenzione, e dell'articolo 10, punto a), del presente protocollo; b) Forniranno, inoltre, ai paesi in via di sviluppo Parti, al fine del trasferimento di tecnologie, le risorse finanziarie di cui essi hanno bisogno per fronteggiare la totalità dei costi supplementari concordati per procedere nell'adempimento degli impegni già indicati all'articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione e previsti all'articolo 10 del presente protocollo, sui quali un paese in via di sviluppo abbia concordato con l'entità o le entità internazionali, di cui all'articolo 11 della Convenzione, conformemente al detto articolo. L'adempimento di tali impegni terrà conto della necessità che il flusso dei mezzi finanziari sia adeguato e prevedibile, nonché dell'importanza di una adeguata divisione delle spese tra le Parti che sono paesi sviluppati. Gli orientamenti impartiti all'entità o alle entità incaricate del funzionamento del meccanismo finanziario della Convenzione, figuranti nelle pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti, comprese quelle adottate prima dell'adozione del presente protocollo, si applicheranno mutatis mutandis alle disposizioni del presente paragrafo. 3. Le Parti che sono paesi sviluppati e le altre Parti sviluppate che figurano nell'Allegato II della Convenzione potranno anche fornire, ed i paesi in via di sviluppo Parti potranno ottenere, risorse finanziarie per l'attuazione dell'articolo 10 del presente protocollo, attraverso canali bilaterali, regionali o multilaterali. Art. 12 1. È istituito un meccanismo per lo sviluppo pulito. 2. Il fine del meccanismo per uno sviluppo pulito è di assistere le Parti non incluse nell'Allegato I nel raggiungimento di uno sviluppo sostenibile e contribuire all'obiettivo finale della Convenzione, e di aiutare le Parti incluse nell'Allegato I ad adempiere ai loro impegni quantificati di limitazione e di riduzione delle loro emissioni ai sensi dell'articolo 3. 3. Ai sensi del meccanismo per uno sviluppo pulito: a) Le Parti non incluse nell'Allegato I beneficeranno di attività di progettazione finalizzate alle riduzioni certificate delle emissioni; e b) Le Parti incluse nell'Allegato I potranno utilizzare le riduzioni certificate delle emissioni derivanti da tali per contribuire in parte all'adempimento degli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni ai sensi dell'articolo 3, in conformità a quanto determinato dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. 4. Il meccanismo per uno sviluppo pulito sarà soggetto all'autorità e alle direttive della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo e alla supervisione di un comitato esecutivo del meccani- 79 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE smo per uno sviluppo pulito. 5. Le riduzioni di emissioni derivanti da ogni attività saranno certificate da enti operativi designati dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo sulla base dei seguenti criteri: a) Partecipazione volontaria approvata da ogni Parte coinvolta; b) Benefici reali, misurabili e a lungo termine, in relazione con la mitigazione dei cambiamenti climatici; e c) Riduzione delle emissioni che siano supplementari a quelle che si produrrebbero in assenza dell'attività certificata. 6. Il meccanismo per uno sviluppo pulito aiuterà ad organizzare, se necessario, il finanziamento delle attività certificate. 7. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, nella sua prima sessione, elaborerà le modalità e le procedure volte ad assicurare la trasparenza, l'efficienza e la responsabilità grazie ad un audit e ad una verifica indipendente delle attività. 8. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo assicurerà che una parte dei fondi provenienti da attività certificate sia utilizzata per coprire le spese amministrative e per aiutare le Parti, paesi in via di sviluppo, che siano particolarmente vulnerabili agli effetti negativi del cambiamento climatico, a far fronte ai costi di adattamento. 9. Possono partecipare al meccanismo per uno sviluppo pulito, in particolare alle attività indicate al precedente paragrafo 3 (a) e all'acquisto di unità di riduzione certificate delle emissioni, entità private e pubbliche; la partecipazione sarà sottoposta alle direttive impartite dal comitato esecutivo del meccanismo per uno sviluppo pulito. 10. Le riduzioni di emissioni certificate ottenute tra l'anno 2000 e l'inizio del primo periodo di adempimento potranno utilizzarsi per contribuire all'adempimento degli impegni previsti per detto periodo. Art. 13 1. La Conferenza delle Parti, organo supremo della Convenzione, agirà come riunione delle Parti del presente protocollo. 2. Le Parti della Convenzione che non sono Parti del presente protocollo possono partecipare, in qualità di osservatori, ai lavori delle sessioni della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Quando la Conferenza delle Parti agisce come riunione delle Parti del presente protocollo le decisioni, ai sensi del protocollo, verranno adottate esclusivamente per le Parti del presente protocollo. 3. Quando la Conferenza delle Parti agisce come riunione delle Parti del presente protocollo, ogni membro dell'Ufficio della Conferenza delle Parti che rappresenti una Parte della Convenzione che, in quel momento, non sia Parte del presente protocollo sarà sostituito da un nuovo membro eletto dalle Parti del presente protocollo e tra esse. 80 4. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo esaminerà regolarmente l'attuazione del presente protocollo e, conformemente al suo mandato, adotterà le decisioni necessarie per promuove- re la sua effettiva attuazione. Eserciterà le funzioni che le sono conferite dal presente protocollo e: a) Valuterà, sulla base di tutte le informazioni che le sono comunicate conformemente alle disposizioni del presente protocollo, l'attuazione del protocollo a cura delle Parti, gli effetti generali delle misure adottate in applicazione del presente protocollo, in particolare gli effetti ambientali, economici e sociali, così come il loro impatto cumulativo, ed i progressi realizzati al fine del raggiungimento dell'obiettivo finale della Convenzione; b) Esaminerà periodicamente le obbligazioni contratte dalle Parti ai sensi del presente protocollo, prendendo in debita considerazione ogni esame richiesto dall'articolo 4, paragrafo 2 (d), e dell'articolo 7, paragrafo 2, della Convenzione e alla luce dell'obiettivo della Convenzione, dell'esperienza acquisita nel corso della sua attuazione e dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche esaminerà ed adotterà periodici rapporti sull'attuazione del presente protocollo; c) Promuoverà e faciliterà lo scambio di informazioni sulle misure adottate dalle Parti per far fronte al cambiamento climatico e ai suoi effetti, tenendo conto delle diverse circostanze, responsabilità e capacità delle Parti e dei loro rispettivi impegni ai sensi del presente protocollo; d) Faciliterà, a richiesta di due o più Parti, il coordinamento delle misure che sono state adottate per far fronte al cambiamento climatico ed ai suoi effetti, tenendo conto delle diverse circostanze, responsabilità e capacità delle Parti e dei rispettivi impegni ai sensi del presente protocollo; e) Promuoverà e dirigerà, conformemente all'obiettivo della Convenzione e alle disposizioni del presente protocollo, e tenendo in piena considerazione le pertinenti decisioni della Conferenza delle Parti, lo sviluppo ed il periodico perfezionamento di metodologie comparabili per l'attuazione efficace del presente protocollo, che saranno adottate dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo; f) Formulerà raccomandazioni su qualsiasi questione necessaria all'attuazione del presente protocollo; g) Cercherà di mobilitare ulteriori risorse finanziarie in conformità dell'articolo 11, paragrafo 2; h) Creerà gli organi sussidiari considerati necessari per l'attuazione del presente protocollo; i) Solleciterà ed utilizzerà, se necessario, i servizi e la cooperazione delle organizzazioni internazionali e degli organismi intergovernativi e non governativi competenti e le informazioni che essi forniscono; j) Eserciterà le altre funzioni che siano necessarie per l'attuazione del presente protocollo e considererà ogni incarico derivante da una decisione della Conferenza delle Parti della Convenzione. 5. Il regolamento interno della Conferenza delle Parti e le procedure finanziarie applicate ai sensi della Convenzione si applicheranno mutatis mutandis al presente protocollo, a meno che la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo non decida diversamente per consenso. 6. Il Segretariato convocherà la prima sessione della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo in coincidenza con la prima sessione della Conferenza delle Parti in programma dopo l'entrata in vigore del presente protocollo. Le ulteriori ses- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE sioni ordinarie della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo si terranno ogni anno e coincideranno con le sessioni ordinarie della Conferenza delle Parti, a meno che la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo non decida diversamente. 7. Le sessioni straordinarie della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo si terranno ogni volta che la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo lo riterrà necessario, o quando una delle Parti lo solleciti per iscritto, a condizione che, entro sei mesi dalla comunicazione alle Parti, a cura del Segretariato, sia appoggiata da almeno un terzo delle Parti. 8. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue agenzie specializzate e l'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica, come pure tutti gli Stati membri di dette organizzazioni od osservatori che non siano parte della Convenzione, potranno essere rappresentati alle sessioni della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo come osservatori. Ogni organo od agenzia, nazionale od internazionale, governativo o non governativo, che è competente nelle materie di cui al presente protocollo e che abbia informato il Segretariato del suo desiderio di essere rappresentato come osservatore nel corso di una sessione della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo, potrà essere ammessa come osservatore, a meno che almeno un terzo delle Parti presenti vi si opponga. L'ammissione e la partecipazione degli osservatori sarà soggetta al regolamento interno di cui al paragrafo 5. Art. 14 1. Il Segretariato, istituito a norma dell'articolo 8 della Convenzione, avrà la funzione di Segretariato del presente protocollo. 2. L'articolo 8, paragrafo 2, della Convenzione, relativo alle funzioni del Segretariato, e l'articolo 8, paragrafo 3, relativo alle disposizioni per il funzionamento, si applicheranno mutatis mutandis al presente protocollo. Il Segretariato eserciterà, inoltre, le funzioni assegnategli ai sensi del presente protocollo. Art. 15 1. L'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico e l'Organo Sussidiario di Attuazione, istituiti dagli articoli 9 e 10 della Convenzione, avranno, rispettivamente, la funzione di Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico e di Organo Sussidiario di Attuazione del presente protocollo. Le disposizioni della Convenzione relative alle funzioni dei due organi si applicheranno, come stabilito dalla Convenzione, mutatis mutandis al presente protocollo. Le sessioni dell'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico e dell'Organo Sussidiario di Attuazione del presente protocollo coincideranno con quelle dell'Organo Sussidiario del Consiglio Scientifico e Tecnologico e dell'Organo Sussidiario di Attuazione della Convenzione. 2. Le Parti della Convenzione che non siano Parti del presente protocollo potranno partecipare in qualità di osservatori ai lavori di ogni sessione degli Organi Sussidiari. Quando gli organi sussidiari agiscono come organi sussidiari del presente protocollo le decisioni ai sensi del presente protocollo saranno adottate esclusivamente per quelle Parti che siano parti del protocollo. 3. Quando gli organi sussidiari istituiti dagli articoli 9 e 10 della Convenzione esercitano le loro funzioni in relazioni a questioni di interesse per il presente protocollo, ogni membro del Comitato Direttivo degli organi sussidiari che rappresenti una parte della Convenzione che, in quel momento, non sia parte del presente protocollo è sostituito da un nuovo membro eletto dalle Parti del presente protocollo e tra di esse. Art. 16 La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo considererà, prima possibile, la possibilità di applicare al presente protocollo, e se del caso di modificare, il meccanismo consultivo multilaterale di cui all'articolo 13 della Convenzione alla luce di ogni pertinente decisione che potrà essere adottata dalla Conferenza delle Parti. Ogni meccanismo consultivo multilaterale che possa essere applicato al presente protocollo lo sarà senza pregiudizio delle procedure e dei meccanismi di cui all'articolo 18. Art. 17 La Conferenza delle Parti definirà i principi, le modalità, le norme e le linee guida pertinenti, in particolare per la verifica, la preparazione dei rapporti e la contabilità relativa al commercio dei diritti di emissione. Le Parti incluse nell'Allegato B potranno partecipare al commercio di diritti di emissione al fine di adempiere agli impegni assunti a norma dell'articolo 3. Ogni scambio di questo tipo sarà integrativo delle misure adottate a livello nazionale per adempiere agli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni previsti dal presente articolo. Art. 18 Nella sua prima sessione, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo adotterà procedure e meccanismi appropriati ed efficaci per determinare ed affrontare i casi di inadempimento delle disposizioni del presente protocollo, determinando una lista indicativa delle conseguenze, che tengano conto della causa, del tipo, del grado e della frequenza dell'inadempienza. Se le procedure ed i meccanismi, di cui al presente articolo, avranno conseguenze vincolanti per le Parti, saranno adottati per mezzo di un emendamento al presente protocollo. Art. 19 Le disposizioni dell'articolo 14 della Convenzione si applicheranno mutatis mutandis al presente protocollo. Art. 20 1. Ogni Parte può proporre emendamenti al presente protocollo. 2. Gli emendamenti al presente protocollo saranno adottati durante una sessione ordinaria della Conferenza 81 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Il testo di ogni proposta di emendamento al presente protocollo sarà comunicato alle parti dal Segretariato almeno sei mesi prima della sessione alla quale l'emendamento sarà proposto per l'adozione. Il Segretariato comunicherà, inoltre, il testo di ogni proposta di emendamento alle Parti ed ai firmatari della Convenzione e, a titolo informativo, al Depositario. 3. Le Parti compiranno ogni sforzo per raggiungere un accordo per consenso su qualsiasi proposta di emendamento al presente protocollo. Se tutti gli sforzi in tal senso si dimostrassero vani e non si raggiungesse alcun accordo, l'emendamento sarà adottato, come ultimo ricorso, a maggioranza dei tre quarti delle Parti presenti e votanti. L'emendamento adottato sarà comunicato dal Segretariato al Depositario, che lo trasmetterà a tutte le Parti per l'accettazione. 4. Gli strumenti di accettazione degli emendamenti saranno depositati presso il Depositario. Ogni emendamento, adottato conformemente al paragrafo 3 supra, entrerà in vigore, per le Parti che lo avranno accettato, il novantesimo giorno successivo alla data in cui il Depositario avrà ricevuto gli strumenti di accettazione di almeno tre quarti delle Parti del Presente protocollo. 5. L'emendamento entrerà in vigore, per ogni altra Parte, il novantesimo giorno successivo alla data in cui la Parte avrà depositato, presso il Depositario, il suo strumento di accettazione del detto emendamento. Art. 21 1. Gli allegati del presente protocollo costituiscono parte integrante di esso e, salva disposizione contraria espressa, ogni riferimento al protocollo costituirà, allo tempo stesso, un riferimento ai suoi allegati. Gli allegati adottati successivamente all'entrata in vigore del presente protocollo si limiteranno a liste, moduli e ad altri documenti descrittivi di carattere scientifico, tecnico, procedurale o amministrativo. 2. Ogni Parte può proporre allegati al presente protocollo o emendamenti agli allegati del presente protocollo. 3. Gli allegati del presente protocollo e gli emendamenti agli allegati del presente protocollo saranno adottati durante una sessione ordinaria della Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente protocollo. Il testo di ogni proposta di allegato o di emendamento ad un annesso sarà comunicato alle Parti dal Segretariato almeno sei mesi prima della sessione nella quale l'allegato o l'emendamento sarà proposto per l'adozione. Il Segretariato comunicherà, inoltre, il testo di ogni proposta di allegato o di emendamento ad un allegato alle Parti ed ai firmatari della Convenzione e, per conoscenza, al Depositario. 82 4. Le Parti compiranno ogni sforzo per raggiungere un accordo per consenso su qualsiasi proposta di allegato o di emendamento ad un allegato. Se tutti gli sforzi in tal senso si dimostrassero vani e non si raggiungesse alcun accordo, l'allegato o l'emendamento ad un allegato sarà adottato, come ultimo ricorso, a maggioranza dei tre quarti delle Parti presenti e votanti. L'allegato o l'emendamento ad un allegato adottato sarà comunicato dal Segretariato al Depositario, che lo trasmetterà a tutte le Parti per l'accettazione. 5. Ogni allegato o emendamento ad un allegato, diverso dagli Allegati A o B, che sia stato adottato a norma dei paragrafi 3 e 4, entrerà in vigore, per tutte le Parti del presente protocollo, sei mesi dopo la data in cui il Depositario avrà comunicato loro l'adozione dell'allegato o dell'emendamento all'allegato, ad eccezione delle Parti che abbiano notificato per iscritto al Depositario, entro detto periodo, che non accettano l'allegato o l'emendamento all'allegato. L'annesso o l'emendamento ad un annesso entrerà in vigore, per le Parti che abbiano ritirato la loro notifica di non accettazione, il novantesimo giorno successivo alla data di ricevimento, da parte del Depositario, del ritiro della notifica. 6. Se l'adozione di un allegato o di un emendamento ad un allegato comporta un emendamento al presente protocollo, l'allegato o l'emendamento ad un allegato non entrerà in vigore fino al momento in cui l'emendamento al protocollo non entrerà in vigore. 7. Gli emendamenti agli Allegati A e B del presente protocollo saranno adottati ed entreranno in vigore in conformità alla procedura di cui all'articolo 20, a condizione che ogni emendamento all'Allegato B sia adottato solo con il consenso scritto della Parte interessata. Art. 22 1. Ad eccezione di quanto stabilito al paragrafo 2 infra, ogni Parte disporrà di un voto. 2. Le organizzazioni regionali di integrazione economica, nell'area di loro competenza, disporranno, per il loro diritto di voto, di un numero di voti uguale al numero dei loro Stati membri che sono Parti del presente protocollo. Tali organizzazioni non eserciteranno il loro diritto di voto se uno dei loro Stati membri eserciterà il suo, e viceversa. Art. 23 Il Segretariato Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sarà il Depositario del presente protocollo. Art. 24 1. Il presente protocollo sarà aperto alla firma e soggetto alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati e delle organizzazioni regionali di integrazione economica che sono Parti della Convenzione. Sarà aperto alla firma presso le Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York dal 16 marzo 1998 al 15 marzo 1999 e sarà disponibile per l'adesione a partire dal giorno successivo al giorno in cui cesserà di essere aperto alla firma. Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione saranno depositati presso il Depositario. 2. Ogni organizzazione regionale di integrazione economica che diventi Parte del presente protocollo, senza che nessuno dei suoi Stati membri lo sia, sarà vincolata a tutte le obbligazioni di cui al presente protocollo. Nel caso una organizzazione abbia uno o più Stati membri che siano Parti del presente protocollo, detta organizzazione ed i suoi Stati membri determineranno le rispettive responsabilità per l'adempimento delle loro obbligazioni assunte a norma del presente protocollo. In tali casi, l'organizzazione e gli Stati membri non potranno esercitare simultaneamente i diritti derivanti dal presente protocollo. 3. Nei loro strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, le organizzazioni regionali di integrazione economica indicheranno il loro livello di competenza Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE rispetto alle questioni rette dal presente protocollo. Inoltre, dette organizzazioni informeranno il Depositario, che a sua volta informerà le Parti, di ogni sostanziale modifica nella portata della loro competenza. Art. 25 1. Il protocollo entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 Parti della Convenzione, tra le quali Parti incluse nell'Allegato I le cui emissioni totali di biossido di carbonio rappresentano almeno il 55% delle emissioni totali al 1990 dell'Allegato I, abbiano depositato i loro strumenti di ratifica, approvazione, adesione, accettazione. 2. Al fine del presente articolo, "il totale delle emissioni di biossido di carbonio al 1990 delle Parti incluse nell'Allegato I" si considera la quantità notificata dalle Parti incluse nell'Allegato I alla data in cui le stesse adottano il presente protocollo o ad una data anteriore, nella loro prima comunicazione nazionale presentata a norma dell'articolo 12 della Convenzione. 3. Per ogni Stato o organizzazione regionale di integrazione economica che ratifichi, accetti o approvi il presente protocollo o vi aderisca una volta che tutte le condizioni di cui al paragrafo 1, per l'entrata in vigore, siano state realizzate, il presente protocollo entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito degli strumenti di ratifica, approvazione, adesione, accettazione. 4. Al fine del presente articolo, ogni strumento depositato da una organizzazione regionale di integrazione economica non si aggiunge a quelli depositati dagli Stati Membri dell'organizzazione stessa. Art. 26 Nessuna riserva potrà essere avanzata al presente protocollo. Art. 27 1. Trascorsi tre anni dalla data in cui il presente protocollo è entrato in vigore per una Parte, detta Parte, in qualsiasi momento, può ritirarsi dal presente protocollo attraverso una notifica scritta indirizzata al Depositario. 2. Tale ritiro avrà effetto dopo un anno dalla data in cui il Depositario ne abbia ricevuto notifica o ad ogni altra data, successiva, indicata nella detta notifica. 3. Ogni Parte che si ritiri dalla Convenzione sarà considerata, contemporaneamente, ritirata dal presente protocollo. Art. 28 L'originale del presente protocollo, i cui testi in arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo sono ugualmente autentici, è depositato presso il Segretariato Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. REDATTO a Kyoto il giorno undici dicembre millenovecentonovantasette. IN TESTIMONIANZA DEL QUALE i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente protocollo alle date indicate. ALLEGATO A Gas ad effetto serra Biossido di carbonio (CO2) Metano (CH4) Ossido di azoto (N2O) Idrofluorocarburi (HFCs) Perfluorocarburi (PFCs) Esafluoro di zolfo (SF6) Settori/categorie delle fonti Energia Combustione di carburanti Settore energetico Industrie manifatturiere ed edili Trasporti Altri settori Altro Emissioni fuoriuscite da combustibili Combustibili solidi Petrolio e gas naturale Altro Processi industriali Prodotti minerali Industria chimica Metallurgia Altre produzioni Produzione di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo Consumo di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo Altro Uso di solventi e di altri prodotti Agricoltura Fermentazione enterica Trattamento del letame Risicoltura Terreni agricoli Incendi controllati delle savane Incenerimento sul luogo di rifiuti agricoli Altro Rifiuti Discariche per rifiuti solidi Trattamento delle acque reflue Incenerimento dei rifiuti Altro ALLEGATO B Parte quantificazione degli impegni di limitazione o di riduzione delle emissioni (percentuale delle emissioni dell'anno o del periodo di riferimento) Australia 108 Austria 92 Belgio 92 Bulgaria* 92 Canada 94 Comunità Europea 92 Croazia* 95 Danimarca 92 Estonia* 92 Federazione Russa* 100 Finlandia 92 Francia 92 83 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/358/CE Germania 92 Giappone 94 Grecia 92 Irlanda 92 Islanda 110 Italia 92 Lettonia* 92 Liechtenstein 92 Lituania* 92 Lussemburgo 92 Monaco 92 Norvegia 101 Nuova Zelanda 100 Olanda 92 Polonia* 94 Portogallo 92 Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord 92 Repubblica Ceca* 92 Romania* 92 Slovacchia* 92 Slovenia* 92 Spagna 92 Stati Uniti d'America 93 Svezia 92 Svizzera 92 Ucraina* 100 Ungheria* 94 *Paesi in transizione verso un'economia di mercato. ALLEGATO II Tabella degli impegni quantificati di limitazione o riduzione delle emissioni allo scopo di stabilire i livelli di emissione rispettivamente assegnati alla Comunità europea e ai suoi Stati membri conformemente all'articolo 4 del protocollo di Kyoto Impegni quantificati di riduzione delle emissioni quali figurano nell'allegato B del protocollo di Kyoto (percentuale delle emissioni dell'anno o periodo di riferimento) 92% Impegni quantificati di limitazione o riduzione delle emissioni conformemente all'articolo 4, paragrafo 1 del protocollo di Kyoto (percentuale delle emissioni dell'anno o periodo di riferimento) 92,5% 79% 79% 125% 115% 100% 113% 93,5% 72% 94% 87% 127% 100% 104% 87,5% Comunità europea Belgio Danimarca Germania Grecia Spagna Francia Irlanda Italia Lussemburgo Paesi bassi Austria Portogallo Finlandia Svezia Regno unito ALLEGATO III Dichiarazione della Comunità europea a norma dell'articolo 24, paragrafo 3 del protocollo di Kyoto 84 I seguenti Stati sono attualmente membri della Comunità europea: Regno del Belgio, Regno di Danimarca, Repubblica federale di Germania, Repubblica ellenica, Regno di Spagna, Repubblica francese, Irlanda, Repubblica italiana, Granducato di Lussemburgo, Regno dei Paesi Bassi, Repubblica d'Austria, Repubblica del Portogallo, Repubblica di Finlandia, Regno di Svezia, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. La Comunità europea dichiara che, conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, essa può stipulare accordi internazionali e attuare gli obblighi che ne derivano, che contribuiscono a perseguire i seguenti obiettivi: - salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale. La Comunità europea dichiara che i suoi impegni quantificati di limitazione delle emissioni nel quadro del protocollo saranno rispettati mediante l'azione della Comunità e degli Stati membri secondo le loro rispettive competenze e che essa ha già adottato strumenti giuridici, vincolanti per i suoi Stati membri, concernenti questioni disciplinate dal protocollo. La Comunità europea fornirà periodicamente informazioni sui suoi pertinenti strumenti giuridici nel quadro dell'informazione supplementare incorporata nella sua comunicazione nazionale, presentata ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione, al fine di dimostrare il rispetto dei suoi impegni nell'ambito del protocollo, a norma dell'articolo 7, paragrafo 2 e dei relativi orientamenti. - Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DECISIONE DELLA COMMISSIONE 27 giugno 2002, n. 2002/525/CE Decisione della Commissione che modifica l’allegato II della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (G.U.C.E. L 170 del 29 giugno 2002) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, vista la direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso (1), in particolare l’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), considerando quanto segue: elettrici. L’analisi della progressiva sostituzione del cadmio deve comunque essere proseguita, tenendo conto della disponibilità di veicoli elettrici. La Commissione, pubblicherà i risultati raggiunti e, qualora i risultati lo giustifichino, potrà proporre una proroga del termine previsto per l’eliminazione del cadmio negli accumulatori dei veicoli elettrici. (1) A norma della direttiva 2000/53/CE la Commissione è tenuta a valutare, in base al progresso tecnico e scientifico, talune sostanze pericolose vietate dall’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della stessa direttiva. (6) L’esenzione relativa all’impiego del piombo nel rivestimento interno dei serbatoi di carburante deve essere soppressa, in quanto è già possibile evitare l’uso di tale sostanza in questi componenti. (2) In esito alle consultazioni scientifiche e tecniche svolte, la Commissione è giunta a precise conclusioni. (7) Poiché è manifestamente impossibile raggiungere l’assenza completa di metalli pesanti, certi valori di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente in determinati materiali e componenti devono essere tollerati, purché le sostanze pericolose non siano state introdotte intenzionalmente. (3) Determinati materiali e componenti contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente devono beneficiare o continuare a beneficiare di un’esenzione dal divieto d’impiego, poiché per essi l’uso di queste sostanze pericolose risulta ancora inevitabile. (4) Talune esenzioni dal divieto d’impiego, riguardanti determinati materiali o componenti, devono essere limitate sia nell’ambito di applicazione sia nella durata, di guisa che le sostanze pericolose siano eliminate nei veicoli non appena il loro uso potrà essere evitato. (5) Il cadmio presente negli accumulatori dei veicoli elettrici deve beneficiare di un’esenzione fino al 31 dicembre 2005, in quanto entro questa data, secondo gli attuali dati tecnici e scientifici e la valutazione ambientale complessiva, saranno disponibili sostanze sostitutive e sarà garantita la disponibilità dei veicoli (1) GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34. (8) La direttiva 2000/53/CE deve essere modificata in conformità. (9) Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato, istituito dall’articolo 18 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (2), modificata da ultimo dalla decisione 96/350/CE della Commissione (3), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: (2) GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39. (3) GU L 135 del 6.6.1996, pag. 32. 85 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/525/CE Art. 1 L’allegato II della direttiva 2000/53/CE è sostituito dal testo contenuto nell’allegato della presente decisione. Essa porta a termine l’analisi e ne pubblica i risultati entro il 31 dicembre 2004; se i risultati ne dimostrano la necessità, essa può proporre una proroga dei termini ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/53/CE. Art. 2 Gli Stati membri provvedono affinché il cadmio negli accumulatori dei veicoli elettrici non venga immesso sul mercato dopo il 31 dicembre 2005. Nel quadro della valutazione ambientale complessiva già avviata, la Commissione continua ad analizzare la progressiva sostituzione del cadmio, tenendo conto della necessità di assicurare la disponibilità di veicoli elettrici. Art. 3 La presente decisione si applica dal 1° gennaio 2003. Art. 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. ALLEGATO “Allegato II Materiali e componenti cui non si applica l'articolo 4, paragrafo 2, lettera a) Materiali e componenti Ambito di applicazione e termine di scadenza dell'esenzione Da etichettare o rendere identificabili in base all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b), punto iv) Piombo come elemento di lega 1. Acciaio destinato a lavorazione meccanica e acciaio zincato contenente, in peso, lo 0,35% o meno di piombo 2. a) Alluminio destinato a lavorazione meccanica contenente, in peso, il 2% o meno di piombo b) Alluminio destinato a lavorazione meccanica contenente, in peso, l'1% o meno di piombo in peso 1° luglio 2005 (1) 1° luglio 2008 (2) 3. Leghe di rame contenenti, in peso, il 4% o meno di piombo 4. Cuscinetti e pistoni in piombo/bronzo Piombo e composti di piombo nei componenti 5. Accumulatori X 6. Masse smorzanti 7. Masse di equilibratura delle ruote 8. Agenti di vulcanizzazione e stabilizzanti per elastomeri nelle applicazioni destinate al controllo dei fluidi e all'apparato propulsore 9. Stabilizzante per vernici protettive 10. Spazzole di carbone per motori elettrici 86 X Veicoli omologati entro il 1° luglio 2003 e masse di equilibratura delle ruote destinate alla manutenzione di tali veicoli: 1° luglio 2005 (3) 1° luglio 2005 (4) 1° luglio 2005 Veicoli omologati entro il 1° luglio 2003 e spazzole di carbone di motori elettrici destinate alla manutenzione di tali veicoli: 1° gennaio 2005 X Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/525/CE 11. Saldature su schede elettroniche e altre applicazioni elettriche X 12. Rame nelle guarnizioni dei freni contenente, in peso, più dello 0,5% di piombo Veicoli omologati entro il 1° luglio 2003 e manutenzione di tali veicoli: 1° luglio 2004 13. Sedi di valvole Tipi di motore sviluppati entro il 1° luglio 2003: 1° luglio 2006 14. Componenti elettrici contenenti piombo inseriti in una matrice di vetro o ceramica esclusi il vetro delle lampadine e delle candele 15. Vetro delle lampadine e delle candele 16. Inneschi pirotecnici Cromo esavalente 17. Rivestimento anticorrosione 18. Frigoriferi ad assorbimento nei camper Mercurio 19. Lampade a luminescenza e visualizzatori del quadro strumenti Cadmio 20. Paste a film spesso 21. Accumulatori per veicoli elettrici (5) X X (6) (per i componenti diversi da quelli piezoelettrici dei motori) 1° gennaio 2005 1° luglio 2007 1° luglio 2007 X X 1° luglio 2006 31 dicembre 2005 Dopo il 31 dicembre 2005 l'immissione sul mercato di batterie NiCd sarà consentita solo come parti di ricambio per i veicoli immessi sul mercato prima di tale data. X (1) Entro il 1º gennaio 2005 la Commissione deve valutare se rivedere la scadenza fissata per l'eliminazione di questa voce in funzione della disponibilità di sostanze sostitutive del piombo, alla luce degli obiettivi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a). (2) Cfr. nota 1. (3) Entro il 1º gennaio 2005 la Commissione deve valutare l'esenzione in questione in funzione degli aspetti legati alla sicurezza stradale. (4) Cfr. nota 1. (5) Rimozione se, in correlazione con la voce n. 14, si supera un livello soglia medio di 60 grammi per veicolo. Per l'applicazione della presente disposizione non vengono presi in considerazione i dispositivi elettronici non installati dal fabbricante nella linea di produzione. (6) Rimozione se, in correlazione con la voce n. 11, si supera un livello soglia medio di 60 grammi per veicolo. Per l'applicazione della presente disposizione non vengono presi in considerazione i dispositivi elettronici non installati dal fabbricante nella linea di produzione. Note: - È ammessa una concentrazione massima dello 0,1%, in peso e per materiale omogeneo, di piombo, cromo esavalente e mercurio e una concentrazione massima dello 0,01 %, in peso per materiale omogeneo, di cadmio, a condizione che tali sostanze non siano state introdotte intenzionalmente (1). - È ammessa anche una concentrazione massima dello 0,4% in peso di piombo nell'alluminio, a condizione che la sostanza non venga introdotta intenzionalmente (2). - Fino al 1° luglio 2007 è ammessa una concentrazione massima dello 0,4% in peso di piombo nel rame destinato ai materiali di attrito delle guarnizioni dei freni, a condizione che la sostanza non sia stata introdotta intenzionalmente (3). - È ammesso senza limitazioni il riutilizzo di parti di veicoli già sul mercato alla data di scadenza di un'esenzione, in quanto il riutilizzo non rientra nell'articolo 4, paragrafo 2, lettera a). - Fino al 1° luglio 2007 anche i nuovi pezzi di ricambio destinati alla riparazione (4) di parti di veicoli cui non si applicano le disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), godono delle stesse esenzioni." (1) “Introdotta intenzionalmente” significa “utilizzata deliberatamente nella formulazione di un materiale o di un componente, qualora si voglia ottenere la presenza prolungata di tale sostanza nel prodotto finale, per dare a quest'ultimo una caratteristica, un aspetto o una qualità specifici”. La definizione di “introdotta intenzionalmente” non si riferisce 87 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DEC. 2002/525/CE all'impiego di materiali riciclati come feedstock per la produzione di nuovi prodotti, qualora una percentuale dei materiali riciclati possa contenere quantità dei metalli regolamentati. (2) Cfr. nota 1. (3) Cfr. nota 1. (4) La presente disposizione si applica ai pezzi di ricambio e non ai componenti destinati alla normale manutenzione dei veicoli. Essa non si applica inoltre alle masse di equilibratura delle ruote, alle spazzole di carbone dei motori elettrici e alle guarnizioni dei freni, perché tali componenti rientrano in voci specifiche. 88 Atti dello Stato Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 18 settembre 2001, n. 468 DECRETO MINISTERIALE Regolamento recante: "Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale" (Suppl. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni e integrazioni; Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante "attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio" modificato con integrazioni dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389 e con la legge 9 dicembre 1998, n. 426, in particolare gli articoli 17, 18 - comma 1, lettera n) e 22 - comma 5, che dettano le disposizioni generali in materia di bonifica dei siti inquinati; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria, commercio e artigianato e il Ministro della sanità del 25 ottobre 1999, n. 471, che, in attuazione del citato articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, disciplina i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati ed in particolare l'articolo 15, comma 1, che individua i principi e i criteri direttivi per la classificazione degli interventi di interesse nazionale; Vista la legge 9 dicembre 1998, n. 426, recante "Nuovi interventi in campo ambientale", ed in particolare l'articolo 1, che individua i primi interventi di bonifica di interesse nazionale e prevede l'adozione, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati; Considerato che il Programma nazionale individua al medesimo articolo 1 gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità e il trasferimento delle relative risorse, le modalità per il monitoraggio e il controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure per la revoca dei finanziamenti e il riutilizzo delle risorse resesi disponibili; Visti i decreti ministeriali di perimetrazione dei primi siti di interesse nazionale individuati dalla legge n. 426/1998 e precisamente: Cengio e Saliceto del 20 ottobre 1999; Massa e Carrara del 21 dicembre 1999, Napoli orientale del 29 dicembre 1999; Pieve Vergonte del 10 gennaio 2000; Balangero del 10 gennaio 2000; Casal Monferrato del 10 gennaio 2000; Manfredonia del 10 gennaio 2000; Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano del 10 gennaio 2000; Pitelli del 10 gennaio 2000; Taranto del 10 gennaio 2000 Brindisi del 10 gennaio 2000; Piombino del 10 gennaio 2000; Gela e Priolo del 10 gennaio 2000; Venezia-Porto Marghera del 23 febbraio 2000, con i quali sono stati perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell'ambiente sulla base dei criteri di cui all'articolo 18, comma 1, lettera n) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni, i primi siti di interesse nazionale individuati dall'articolo 1, comma 4, della legge n. 426/1998; Vista la legge 23 dicembre 1999, n. 488; Vista la legge 23 dicembre 2000, n. 388, ed in particolare l'articolo 114, commi 24 e 25, che ha individuato tre nuovi siti di interesse nazionale: Sesto San Giovanni, Napoli Bagnoli-Coroglio, Pioltello e Rodano; Viste le proposte presentate dalle regioni in merito agli interventi da inserire nel Program- 91 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 18/09/2001 ma nazionale ai fini della classificazione quali ulteriori interventi di interesse nazionale ed atteso che tra gli ambiti identificati dalle regioni solo alcuni presentano caratteristiche di rischio sanitario e ambientale, di pregio ambientale, di rilevanza socio economica similari a quelle dei siti già individuati dal legislatore come di interesse nazionale; Ritenuto di identificare, in ragione della predetta similitudine, tra gli interventi proposti quali ulteriori interventi di interesse nazionale quelli relativi ai seguenti siti: Basse di Stura (Torino), Biancavilla, Bolzano, Cerro al Lambro, Cogoleto (Stoppani), basso bacino del fiume Chienti, Crotone, Emarese (Aosta), Fibronit (Bari), Fidenza, provincia di Frosinone, laguna di Grado e Marano, Guglionesi II, Livorno, Mardimago e Ceregnano (Rovigo), Milano-Bovisa, fiumi Saline e Alento, comprensorio Sassuolo-Scandiano, Sulcis Iglesiente-Guspinese, Terni, Tito, Trento Nord, Trieste. Tenuto conto che i nuovi siti di interesse nazionale individuati dalla legge n. 388/2000 e i siti individuati dal presente Programma nazionale di bonifica devono essere perimetrati secondo le medesime procedure di cui alla legge n. 426/1998 e ritenuta l'opportunità di allegare al Programma nazionale le schede tecniche illustrative dei siti nazionali dalle quali risultano, tra l'altro, la situazione di inquinamento, il costo di massima presunto degli interventi di bonifica e ripristino ambientale nonché le motivazioni della rilevanza nazionale degli stessi; Considerato l'elevato numero dei siti, la complessità delle situazioni presenti negli ambiti perimetrati, la mancanza di indicatori puntuali dello stato di contaminazione degli stessi, l'urgenza di avviare gli interventi di riduzione degli effetti dell'inquinamento, la necessità, a tali scopi, di individuare puntualmente le aree e di identificare il tipo ed il livello di contaminazione mediante adeguata caratterizzazione analitica; Ritenuta l'opportunità di demandare alle regioni, sulla base di appositi criteri, l'individuazione dei soggetti beneficiari nonché la definizione delle modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti, trasferendo alle medesime, con successivi decreti, le risorse finanziarie disponibili; 92 Ritenuta l'opportunità, in fase di prima appli- cazione, di ripartire le risorse disponibili sulla base dei seguenti criteri e valutazioni: a)criterio base di proporzionalità, che tiene conto delle prime indicazioni dei fabbisogni finanziari indicati dalle regioni, o comunque risultanti dall'istruttoria o desunti in via presuntiva sulla base dell'estensione del sito, delle conoscenze disponibili sulle caratteristiche dell'inquinamento e della natura degli interventi da realizzare, in modo da assicurare a ciascuno dei siti nazionali un primo contributo che consenta di avviare o proseguire l'attuazione degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione; b)criterio correttivo di natura tecnica, che tiene conto delle caratteristiche di rischio sanitario e ambientale derivanti dall'inquinamento del sito e dell'urgenza dell'intervento limitatamente alla messa in sicurezza d'emergenza; c)salvaguardia occupazionale; d)finanziamenti pregressi; e)accordi di programma stipulati; f) appartenenza all'elenco dei primi siti di interesse nazionale individuati dal legislatore; g) somme già stanziate a valere sulle risorse di cui alla legge n. 426/1998; Considerato che per la caratterizzazione delle aree marine perimetrate sarà necessario avvalersi dell'ICRAM sulla base di apposita convenzione del Ministero dell'ambiente, che definirà i tempi, le modalità delle attività di caratterizzazione nonché le relative risorse; Visto il parere della commissione Ambiente territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati espresso nella seduta del 14 marzo 2001, n. 805/COMM/VIII; Visto il parere della commissione Territorio, ambiente, beni ambientali del Senato della Repubblica espresso in data 21 marzo 2001, n. 19423/S; Vista l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome espressa nella seduta del 8 marzo 2001, n. 1178; Visti i pareri espressi dalla Sezione normativa del Consiglio di Stato n. 122/01 del 14 maggio 2001 e n. 162/01 del 13 giugno 2001; Viste le note in data 26 aprile 2001 prot. 4667/RIBO/M/DI/B, prot. 4668/RIBO/M/DI/B e prot. 4666/RIBO/M/DI/B, con le quali il Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 18/09/2001 Ministro ha chiesto ai presidenti delle regioni Veneto, Lombardia e Sardegna di comunicare le rispettive determinazioni in merito all'integrazione del Programma nazionale, e più precisamente l'intesa ad inserire i siti indicati nei richiamati pareri espressi dalle competenti commissioni parlamentari nell'elenco dei siti nazionali individuati dal Programma, la indicazione delle somme da destinare a tali nuovi siti con conseguente rimodulazione, a livello di ciascuna delle tre regioni, delle somme ripartite dal Programma, e le schede tecnico-descrittive dei siti medesimi; Tenuto conto che i presidenti delle regioni Veneto, Lombardia e Sardegna non hanno comunicato la rispettiva intesa all'integrazione del Programma nazionale; ADOTTA il seguente regolamento: Art. 1 1. È approvato, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 3, della legge 9 dicembre 1998 n. 426, il Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, con i relativi allegati che costituiscono parte integrante del presente decreto. Art. 2 Contenuti del programma nazionale 1. Il programma nazionale provvede alla: a)individuazione degli interventi di interesse nazionale relativi a siti ulteriori rispetto a quelli di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426 e all'articolo 114, commi 24 e 25 della legge 23 dicembre 2000, n. 388; b)definizione degli interventi prioritari; c)determinazione dei criteri per l'individuazione dei soggetti beneficiari; d)determinazione dei criteri di finanziamento dei singoli interventi e delle modalità di trasferimento delle risorse; e)disciplina delle modalità per il monitoraggio e il controllo sull'attuazione degli interventi; f) determinazione dei presupposti e delle procedure per la revoca dei finanziamenti e per il riutilizzo delle risorse resesi comunque disponibili, nel rispetto dell'origi- naria allocazione regionale delle risorse medesime; g)individuazione delle fonti di finanziamento; h)prima ripartizione delle risorse disponibili per gli interventi prioritari. Art. 3 Interventi di interesse nazionale 1. Gli interventi di interesse nazionale, per i quali il presente programma disciplina e prevede il concorso pubblico, sono quelli di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di ripristino ambientale, relativi ai seguenti siti: a)i siti di interesse nazionale individuati dall'articolo 1, comma 4, della legge n. 426/1998, come precisati nella tabella riportata nell'allegato A e nelle schede descrittive dell'allegato B; b)i siti di interesse nazionale individuati dall'articolo 114, commi 24 e 25 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, quali risultano elencati nell'allegato C, e meglio descritti nelle apposite schede riportate nell'allegato D; c)i siti di interesse nazionale individuati dal presente programma sulla base dei criteri stabiliti dall'articolo 18, comma 1, lettera n) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e dall'articolo 15 del decreto ministeriale n. 471/1999, quali risultano elencati nell'allegato E, e meglio descritti dalle apposite schede riportate nell'allegato F. 2. I siti di cui alle lettere b) e c) del comma 1 sono perimetrati con la procedura di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 426/1998. Art. 4 Interventi prioritari 1. Ai fini del presente decreto sono considerati prioritari gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione, oppure, nel caso in cui siano già stati realizzati interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione, gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente e di ripristino ambientale. Art. 5 Soggetti beneficiari 1. Il concorso pubblico, nella realizzazione 93 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 18/09/2001 degli interventi di messa in sicurezza, di caratterizzazione, di bonifica e ripristino ambientale, è ammesso nei confronti dei seguenti soggetti beneficiari, alle condizioni rispettivamente indicate: a)pubbliche amministrazioni, per interventi aventi ad oggetto aree o beni pubblici; b)pubbliche amministrazioni, per interventi in danno aventi ad oggetto beni privati, effettuati nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile e non provveda nessun altro soggetto interessato; c) soggetti privati titolari di diritti reali su beni immobili sui quali insistano manufatti ad uso residenziale, a condizione che la costruzione dei predetti manufatti o il cambio di destinazione d'uso siano avvenuti anteriormente all'entrata in vigore del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, e risultino comunque conformi alla vigente normativa urbanistica ed edilizia; d)soggetti privati titolari di diritti reali su immobili destinati ad uso diverso da quello residenziale. 94 2. Non possono in ogni caso beneficiare del contributo pubblico di cui all'articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni: a)i soggetti privati che, in relazione a siti inquinati in data anteriore all'entrata in vigore del regolamento di cui al decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, risultino a qualsiasi titolo responsabili di atti e fatti costituenti illecito penale o amministrativo posti in essere in violazione di norme di tutela ambientale che abbiano cagionato danno ambientale, ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché gli altri soggetti privati responsabili dell'inquinamento, verificatosi prima dell'entrata in vigore del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, e non integrante la fattispecie illecita di cui all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, che non abbiano posto in essere gli interventi e le iniziative previsti dall'articolo 9, commi 1, 2 e 3 del decreto ministeriale anzi detto; b)i soggetti privati che si siano resi, a qualunque titolo, per atti inter vivos, acquirenti o cessionari, in data successiva all'entrata in vigore del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, di diritti reali o personali d'uso relativamente alle aree inquinate. 3. Le ipotesi di esclusione di cui alle precedenti lettere a) e b) del comma 2 si estendono altresì alle persone giuridiche che si trovino in una delle condizioni di controllo o di collegamento di cui all'articolo 2359 del codice civile rispetto al soggetto responsabile dell'inquinamento. Art. 6 Criteri di finanziamento 1. In fase di prima applicazione, le risorse finanziarie disponibili di cui al successivo articolo 9, comma 1, lettere a) e b), sono ripartite tra i siti di cui all'art. 3 secondo quanto previsto nell'allegato G; tali risorse sono destinate in via prioritaria al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di caratterizzazione, relativi ad aree o beni pubblici o effettuati in danno di soggetti inadempienti da parte delle pubbliche amministrazioni. 2. L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono disciplinati dalle regioni, anche mediante il ricorso agli strumenti di programmazione negoziata di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nel rispetto di quanto previsto dal precedente articolo 5, ed in particolare dei seguenti criteri di finanziamento e modalità di erogazione, salvo quanto previsto al comma 3: a)finanziamento degli interventi, nel rispetto della priorità di cui al comma 1, all'approvazione dei relativi interventi di messa in sicurezza, piani e progetti e previa approvazione del relativo quadro economico delle spese da parte della regione, o del commissario delegato, relativo alle diverse fasi; la regione o il commissario delegato provvederà anche alle successive variazioni economiche qualora queste non comportino modifiche progettuali o di intervento; b)erogazione dei finanziamenti per stati di avanzamento lavori nella esecuzione degli interventi, sulla base di idonea verifica in corso d'opera, secondo quanto disciplinato dalle regioni; c)rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture strumentali alla realizzazione degli interventi, nel caso in cui il soggetto attuatore sia tenuto, nella scelta del contraente, all'applicazione della suddetta normativa; Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 18/09/2001 d)concessione dei finanziamenti ai beneficiari sulla base della valutazione della congruità dei quadri economici di spesa relativa ai singoli progetti approvati, nonché di una relazione tecnico-economica comprensiva del cronogramma degli interventi e del termine di fine lavori. 3. Per i soggetti pubblici l'erogazione avverrà per fasi successive, previa verifica in corso d'opera e le regioni possono concedere anticipazioni per indagini preliminari, per piani di caratterizzazione e per progettazione preliminare e definitiva. Art. 7 Monitoraggio e controllo 1. Il monitoraggio sulla attuazione del Programma nazionale è svolto, anche ai fini dell'attivazione delle procedure di revoca dei finanziamenti, dalle regioni, che si possono avvalere delle ARPA. 2. I controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati sono effettuati dalla provincia territorialmente competente ai sensi dell'articolo 12 del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471. 3. I soggetti beneficiari, ogni sei mesi, predispongono e trasmettono alla regione territorialmente competente una relazione sullo stato dei lavori che ne evidenzi l'avanzamento fisico e finanziario. 4. Le regioni provvedono annualmente a trasmettere al Ministero dell'ambiente una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati e sulle somme effettivamente erogate. 5. Il Ministero dell'ambiente, anche avvalendosi dell'ANPA, ove rilevi gravi inadempienze da parte del soggetto beneficiano, propone alla regione competente l'adozione delle procedure di revoca e di riassegnazione delle risorse di cui al successivo articolo 8, comma 3. Art. 8 Procedure di revoca dei finanziamenti e procedure di riassegnazione 1. I finanziamenti concessi ai sensi del presente Programma sono revocati con provvedimento motivato della regione territorialmente competente, d'intesa con il Ministero del- l'ambiente, nelle ipotesi di sopravvenienza delle cause di esclusione di cui all'articolo 5, comma 2, nonché nei casi di mancato rispetto della tempistica degli interventi stabiliti imputabile al beneficiario, ovvero nel caso in cui contravvengano alle previsioni di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 9 dicembre 1998, n. 426. 2. La revoca può altresì essere disposta in ogni altra ipotesi di grave inadempienza del soggetto beneficiario o di violazione degli obblighi assunti, nonché in casi di forza maggiore ostativi alla realizzazione dell'intervento anche non imputabili al soggetto beneficiario. 3. Le risorse finanziarie revocate sono restituite dai soggetti, titolari degli interventi di bonifica, alla regione o al commissario delegato competente, che provvede alla riassegnazione ad altri interventi possibilmente nell'ambito dello stesso sito oppure per interventi in altri siti ricompresi nel Programma nazionale. 4. Le minori spese risultanti dai relativi quadri economici nonché quelle risultanti dall'avvenuta realizzazione sono utilizzate dalla regione con le stesse modalità di cui all'articolo 6 per altri interventi da realizzarsi nello stesso sito o in altri siti ricompresi nel Programma nazionale. Art. 9 Fonti di finanziamento e modalità di trasferimento delle risorse 1. Il programma nazionale di bonifica e di ripristino ambientale dei siti inquinati è finanziato con le risorse finanziarie rivenienti: a)dall'articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426; b)dall'articolo 49 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, così come rifinanziato dalla tabella "D" della legge 23 dicembre 1999, n. 488 e, per gli anni successivi, dall'annuale legge finanziaria in relazione agli obiettivi determinati nel Documento di programmazione economica e finanziaria; c)dal fondo di rotazione di cui all'articolo 18, comma 9-bis, della legge n. 349/1986, come introdotto dall'art. 114, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; d)dalle deliberazioni del CIPE destinate al finanziamento di progetti e di interventi di risanamento ambientale; e)dal quadro comunitario di sostegno 2000- 95 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 18/09/2001 2006, approvato con decisione comunitaria n. 2050 del 1° agosto 2000; f) dalle somme disponibili a qualsiasi titolo per la realizzazione degli interventi di bonifica, assegnate dalla U.E., dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali; 2. Le risorse finanziarie di cui all'articolo 6, comma 1, nel rispetto dei criteri di ripartizione ivi stabiliti, sono trasferite alle regioni e alle province autonome con decreto del Ministero dell'ambiente. Per le regioni e i siti di interesse nazionale oggetto di commissariamento, le risorse sono assegnate alla contabilità speciale dei commissari delegati, che opereranno nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 6, comma 2. Le risorse sono assegnate entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto di approvazione del presente Programma nazionale. 3. Le ulteriori risorse disponibili saranno ripartite e trasferite, tenendo conto dello stato di attuazione degli interventi già finanziati e di appositi piani finanziari, predisposti dalle regioni o dalle strutture commissariali, relativi ai singoli ulteriori interventi di messa in sicurezza d'emergenza, di caratterizzazione, di bonifica o di messa in sicurezza permanente e di ripristino ambientale, nel rispetto dei preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela sanitaria, ambientale e occupazionale. 4. I limiti di impegno, di cui all'articolo 1 della legge n. 426/1998, destinati alla contrazione da parte degli enti locali territoriali competenti di mutui ventennali ed altre operazioni finanziarie con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito, sono trasferiti, sulla base delle assegnazioni di cui alla tabella di ripartizione (allegato G), alle regioni o ai commissari delegati, che provvedono a regolare direttamente con gli istituti mutuanti l'ammortamento dei mutui per capitale ed interessi. 49 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ai fini della utilizzazione dei finanziamenti assegnati dal presente decreto a favore delle province autonome di Trento e Bolzano resta ferma l'applicazione delle disposizioni stabilite dall'articolo 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 e dall'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268. Art. 12 Disposizioni finali 1. Agli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati previsti dal Programma nazionale si applicano le definizioni, i limiti di accettabilità, i criteri, le procedure e le modalità stabiliti nel regolamento di cui al decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471. 2. Con la medesima procedura di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 426/1998 si provvede all'integrazione del programma allegato al presente decreto. 3. Con successivi decreti si provvederà al trasferimento delle risorse alle regioni o alla contabilità speciale dei commissari delegati per l'emergenza rifiuti nonché all'ulteriore ripartizione delle risorse disponibili. 4. Sono fatti salvi i poteri attribuiti ai commissari delegati dalle ordinanze di protezione civile. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. ALLEGATI Art. 10 Convenzione con ICRAM La convenzione con l'ICRAM per la caratterizzazione e gli interventi sulle aree marine è stipulata dal Ministero dell'ambiente. Art. 11 Norme relative alle province autonome di Trento e Bolzano 96 In relazione a quanto disposto dall'articolo (omissis) Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 23 novembre 2001 DECRETO MINISTERIALE Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (Suppl. alla G.U. n. 37 del 13 febbraio 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento; Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, recante "Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento", ed, in particolare, l'art.10, comma 2, secondo cui i dati e il formato della comunicazione prevista dal comma 1 del medesimo articolo sono individuati con decreto del Ministro dell'ambiente, conformemente a quanto stabilito dalla Commissione europea; Vista la legge 21 gennaio 1994, n. 61, recante "Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA)" ed il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1997, n. 335, che ha introdotto il regolamento concernente la disciplina delle modalità di organizzazione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente in strutture operative; Visto il decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, recante attuazione della direttiva 90/313/CEE concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale; Vista la decisione della Commissione europea 2000/479 del 17 luglio 2000 sull'attuazione del Registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER, European Pollutant Emission Register) ai sensi dell'art. 15 della direttiva 96/61/CE e il documento intitolato "Guidance Document on EPER implementation according to Art. 3 of the Commission Decision of 17 July 2000 (2000/479/EC)"; Considerato il carattere innovativo del processo che si avvierà con la prima dichiarazione, riguardante i dati dell'anno 2001; Considerato quindi che la prima dichiarazione servirà anche a sperimentare il procedimento di raccolta dei dati, che si assesterà, qualitativamente, con le dichiarazioni degli anni successivi; DECRETA: Art. 1 Finalità 1. Il presente decreto, conformemente a quanto disposto dalla Commissione europea, stabilisce i dati, il formato e le modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372. Art. 2 Definizioni 1. Ferme restando le definizioni di cui all'art. 2 del decreto legislativo n. 372/99, ai fini del presente decreto si intende per: 1) Complesso IPPC: struttura industriale o produttiva costituita da uno o più impianti nello stesso sito in cui lo stesso gestore svolge una o più delle attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo n. 372/99. 2) Scarico diretto: emissione di sostanze direttamente nell'aria e nell'acqua. 3) Scarico indiretto: emissione di sostanze nell'acqua per trasferimento, tramite fognatura, ad un impianto di depurazione esterno al complesso IPPC. 4) Validazione: controllo al fine di assicurare la completezza e la consistenza di ogni singola comunicazione e dell'insieme delle comunicazioni, in conformità al presente decreto. 97 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 Art. 3 Dati e formato della comunicazione Art. 5 Pubblicità dei dati 1. I dati ed il formato della comunicazione di cui all'art. 1 sono stabiliti negli allegati 1 e 2, contenenti le Linee guida e il Questionario per la dichiarazione delle emissioni. 1. L'ANPA e il Ministero assicurano, nel rispetto del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, e conformemente a quanto stabilito dalla Commissione europea, l'accesso del pubblico ai dati di cui al presente decreto, anche attraverso l'istituzione di un Inventario nazionale delle emissioni e delle loro sorgenti, aperto alla consultazione secondo le modalità indicate al punto 1.1 dell'allegato 1. Art. 4 Modalità e scadenze della comunicazione 1. Tutti i gestori di complessi IPPC comunicano all'autorità competente di cui all'art. 2, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 372/99 e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, di seguito denominata ANPA, secondo le modalità indicate all'art. 3, entro il 1° giugno del 2002, i dati identificativi del complesso e, nel caso in cui siano superati i valori soglia di cui alle tabelle 1.6.2 e 1.6.3 dell'allegato I, anche i dati sulle emissioni, relativi all'anno 2001. 2. Entro il 30 aprile di ogni anno, a partire dall'anno 2003, tutti i gestori di complessi IPPC le cui emissioni superano i valori soglia di cui alle tabelle 1.6.2 e 1.6.3 dell'allegato I, comunicano all'autorità competente di cui al comma 1 e all'ANPA, secondo le modalità indicate all'art. 3, i dati relativi all'anno precedente. 3. Le autorità competenti di cui al comma 1, diverse dall'autorità statale, trasmettono all'ANPA, previa validazione, le comunicazioni relative all'anno precedente, entro il 30 settembre 2002 per quanto riguarda i dati relativi all'anno 2001, ed entro il 30 giugno di ogni anno per quanto riguarda i dati relativi agli anni successivi. 4. I gestori di complessi IPPC e le autorità competenti di cui al precedente comma trasmettono i dati previsti dal presente articolo all'ANPA per via telematica, secondo le modalità indicate al punto 1.1 dell'allegato 1. 98 5. L'ANPA elabora e trasmette i dati di cui al presente articolo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di seguito denominato Ministero, entro il 31 dicembre 2002 per quanto riguarda i dati relativi all'anno 2001, ed entro il 30 novembre di ogni anno per quanto riguarda i dati relativi agli anni successivi. La trasmissione è effettuata anche ai fini del successivo invio dei dati alla Commissione europea. Art. 6 Revisione ed aggiornamento 1. Entro il 2004, alla luce del primo ciclo di comunicazione dei dati alla Commissione europea e degli sviluppi concernenti il Registro europeo delle emissioni inquinanti, l'ANPA può sottoporre al Ministero proposte di revisione delle Linee guida e del Questionario allegati al presente decreto e delle modalità di comunicazione, anche ai fini di integrare le procedure di comunicazione e di trasmissione dei dati al Modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. ALLEGATO 1 LINEE GUIDA PER LA DICHIARAZIONE DELLE EMISSIONI 1.1 LA DICHIARAZIONE E LE LINEE GUIDA Dichiarazione - In base alla presente normativa i complessi produttivi IPPC sono tenuti ad una dichiarazione annuale che riguarda: informazioni per l’identificazione del complesso e delle attività sorgenti di emissioni che vi sono svolte, informazioni sulle emissioni in aria ed acqua di sostanze o gruppi di sostanze stabiliti, se superiori a determinati valori soglia. La dichiarazione si compone essenzialmente di tre parti. La prima parte riguarda l’identificazione del complesso produttivo e delle attività sorgenti di emissioni che vi sono svolte. La seconda parte riguarda le emissioni in aria. La terza parte riguarda le emissioni in acqua (nel questionario è presente anche una quarta parte, che è relativa alle emissioni in acqua). Le informazioni dichiarate andranno a costituire l’Inventario nazionale INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) e il Registro EPER (European Pollutant Emission Register). Attraverso l’Inventario INES e il Registro EPER le informazioni saranno rese pubbliche. Nel 2002 tutti i complessi IPPC devono dichiarare i dati Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 relativi al 2001. I complessi IPPC che, in base ai criteri riportati nel presente allegato, non hanno emissioni da dichiarare devono compilare solo la prima parte del questionario relativa all’identificazione del complesso IPPC (in questo caso i dati non saranno resi pubblici). I complessi IPPC che, in base ai criteri riportati nel presente allegato, hanno emissioni da dichiarare, devono compilare il questionario anche per le parti relative alle emissioni in aria e/o acqua. Le dichiarazioni successive all’anno 2002 riguarderanno solo i complessi IPPC che, in base ai criteri riportati nel presente allegato, hanno emissioni da dichiarare. Le dichiarazione devono essere inviate contemporaneamente alla propria autorità competente e all’ANPA entro il 30 marzo. Le modalità di invio saranno definite e diffuse in tempo utile, tramite internet, sul sito dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it). Linee guida - Le linee guida, che contengono le istruzioni per la dichiarazione, sono rivolte agli operatori dei complessi produttivi. Esse, dopo aver messo l’operatore del complesso in grado di capire se deve dichiarare o meno, guidano il dichiarante nel reporting: quali informazioni acquisire, come acquisirle e come dichiararle. Nelle linee guida sono riportati criteri e modalità per la produzione dei dati. Ciò che è richiesto al dichiarante è di porre grande attenzione alla qualità dei dati e di fornire, secondo le indicazioni delle linee guida, i migliori dati possibili. Le linee guida si compongono dei seguenti capitoli: “Criteri ed indicazioni per la dichiarazione” dove sono riportate tutte le indicazioni necessarie per una corretta compilazione del questionario: chi deve dichiarare, quali inquinanti dichiarare e quando dichiararli, come acquisire e come esprimere i dati di emissione. Sono inoltre riportati elenchi di riferimenti nazionali ed internazionali dove si possono trovare informazioni utili per la produzione dei dati di emissione; “Particolarità” dove sono riportate indicazioni per risolvere alcune difficoltà che si possono incontrare nella dichiarazione; “Riferimenti” che è un elenco di tutti i riferimenti normativi nazionali e comunitari che sono alla base della dichiarazione delle emissioni in aria ed acqua di origine industriale; “Glossario” che contiene le definizioni di alcuni termini e acronimi usati nel testo (una piccola “ g ” posta in apice ad una parola nel testo indica che nel “Glossario” si può trovare la sua definizione); “Allegati” dove sono riunite tutte le tabelle e le figure alle quali si fa riferimento nelle linee guida ed anche nel questionario. Le linee guida saranno sottoposte a processi di revisione annuali in base agli sviluppi del registro europeo EPER e della normativa ambientale nazionale ed internazionale. La consultazione delle linee guida è indispensabile per la corretta compilazione del questionario. Le presenti Linee Guida sono disponibili sul sito Internet dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it). L’Inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti è reso disponibile, per la consultazione da parte del pubblico, sui siti Internet del Ministero dell’Ambiente (www.minambiente.it) e dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it). 1.2 CRITERI ED INDICAZIONI PER LA DICHIARAZIONE 1.2.1 Il complesso IPPC L’unità dichiarante è il complesso IPPC. Per comples- so si intende una struttura industriale o più genericamente produttiva costituita da uno o più impianti nello stesso sito g, in cui lo stesso operatore svolge una o più attività. Un complesso è detto IPPC quando al suo interno è svolta almeno un’attività IPPC (vedi paragrafo successivo). Un complesso è detto non IPPC quando al suo interno non è svolta alcuna attività IPPC. 1.2.2 Le attività IPPC Le attività IPPC sono le attività dell’allegato I della Direttiva IPPC. Esse sono riportate in Tab. 1.6.1. Se un’attività non è compresa in Tab.1.6.1, è definita attività non IPPC. In Tab. 1.6.1 le attività IPPC sono distinte in categorie; ciascuna categoria è identificata da un codice IPPC a due cifre. Il codice IPPC ad una cifra identifica gruppi di categorie di attività. A ciascuna categoria è poi associato uno o più codici NOSE-Pg (cinque cifre) e uno o più codici NACE. Come si può vedere in Tab.1.6.1, alle categorie spesso è associato un valore soglia 1 riferito alla potenza termica installata o alla capacità produttiva. Quando alla categoria di attività è associato un valore soglia, si intende che solo le attività con potenza o capacità superiore al valore soglia sono attività IPPC. Quando alla categoria di attività non è associato alcun valore soglia, si intende che tutte le attività di questa categoria sono attività IPPC. Se più attività della stessa categoria sono svolte nel medesimo complesso, le capacità di queste installazioni devono essere sommate per ottenere la capacità della categoria (ovviamente le capacità devono essere espresse nella stessa unità di misura per essere sommate). Esempio: se in un complesso ci sono due caldaie di 40 e 25 MWth rispettivamente, le singole capacità devono essere sommate per ottenere la capacità della categoria, che sarà pari a 65 MWth. (In questo esempio mentre le singole capacità sono inferiori, la somma è superiore al valore soglia per la categoria 1.1). Ciascuna attività sorgente di emissione è dunque identificata da una terna di codici: un codice IPPC, uno NOSE-P e uno NACE. 1.2.3 Le attività IPPC e non IPPC Se nel complesso IPPC sono svolte più attività IPPC, tutte le attività IPPC devono essere dichiarate. Se nel complesso IPPC oltre alle attività IPPC sono presenti anche attività non IPPC che contribuiscono alle emissioni g totali del complesso, il contributo delle attività non IPPC deve essere sottratto dal totale delle emissioni. Se non è possibile valutare il contributo delle emissioni da attività non IPPC (es: perché sono convogliate insieme a quelle da attività IPPC o per altri motivi tecnici) è consentito lasciarle incluse nel dato di emissione totale; in questo caso si deve semplicemente indicare la presenza e la tipologia delle attività non IPPC che contribuiscono all’emissione totale del complesso IPPC. 1.2.4 La principale attività IPPC La principale attività IPPC è quella che contribuisce maggiormente alle emissioni. Se nel complesso è svolta una singola attività IPPC, essendo l’unica, è anche la principale. Se nel complesso sono svolte più attività IPPC, tra quest’ultime deve essere indicata qual’è la principale. Generalmente la principale attività IPPC coincide con la principale attività economica. Se la determinazione della principale attività economica è difficile e/o non risultasse chiara la coincidenza tra principale attività economica e principale attività IPPC, il giudizio di esperti e delle auto- 99 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 rità competenti guideranno nella identificazione dell’attività principale. 1.2.5 Gli inquinanti e i valori soglia Nelle Tab. 1.6.2 e 1.6.3 sono riportati gli inquinanti (2) le cui emissioni rispettivamente in aria ed in acqua sono da dichiarare. Gli inquinanti sono generalmente accompagnati da indicazioni per la loro identificazione e da un valore soglia espresso in kg per anno (kg/a). 1 Il valore soglia si riferisce alla capacità massima produttiva di progetto che è costante nel tempo (finché non vengono fatte delle modifiche), e non al grado di produzione che varia nel tempo e che è generalmente inferiore alla suddetta capacità di progetto. L’emissione di un inquinante deve essere dichiarata quando l’emissione totale del complesso IPPC dichiarante è superiore al valore soglia. Eccezioni: 1. Le emissioni totali annue di anidride solforosa e di ossidi di azoto provenienti da impianti di combustione con potenza termica nominale pari o superiore a 50 MW (categoria IPPC 1.1), indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato (solido, liquido o gassoso) devono essere dichiarate anche se inferiori al valore soglia. 2. Per quanto riguarda il selenio e i policlorobifenili in Tab. 1.6.2 e il nonilfenolo e il pentaclorobenzene in Tab. 1.6.3, provvisoriamente non accompagnati da indicazioni per l’identificazione e da valori soglia, si raccomanda di dichiarare comunque l’emissione in caso di presenza dell’inquinante. 1.2.6 Chi deve dichiarare? L’attività svolta nel complesso è compresa in Tab.1.6.1? Il complesso non è IPPC STOP Non si deve partecipare al censimento (non fare nulla) Il complesso è IPPC AVANTI Si deve partecipare al censimento (continuare a leggere le linee guida) Nelle emissioni sono presenti gli inquinanti di Tab. 1.6.2 e 1.6.3 a livelli superiori a quelli riportati nelle stesse tabelle? NO Prima dichiarazione (2002): dichiarare i dati identificativi del complesso IPPC Dichiarazioni successive: dichiarare solo se variano le condizioni della prima dichiarazione SI Prima dichiarazione (2002): dichiarare i dati identificativi e i dati di emissioni del complesso IPPC Dichiarazioni successive: dichiarare se permangono le condizioni della prima dichiarazione Lo schema precedente mostra chiaramente il percorso che l’operatore di un complesso produttivo deve seguire per capire se deve partecipare al censimento e, in caso affermativo, che cosa deve dichiarare. 1.2.7 Le sottoliste di inquinanti Nelle tabelle da 1.6.4.1 a 1.6.5.6 sono riportate sottoliste specifiche, che indicano per ciascuna categoria di attività, i principali inquinanti che possono essere presenti nelle emissioni. Le tabelle da 1.6.4.1 a 1.6.4.6 sono relative alle emissioni in aria. Le tabelle da 1.6.5.1 a 1.6.5.6 sono relative alle emissioni acqua. Le sottoliste non sono elenchi di minima (dichiarare almeno le emissioni degli inquinanti riportati nelle sottoliste) né di massima (dichiarare al massimo le emissioni degli inquinanti riportati nelle sottoliste): le sottoliste sono liste di controllo che devono essere utilizzate come guida per la selezione degli inquinanti da dichiarare. È responsabilità del dichiarante dichiarare le emissioni di tutti gli inquinanti di Tab. 1.6.2 e Tab. 1.6.3. Ciò non vuol dire che il dichiarante deve misurare o stimare tutti gli inquinanti di Tab. 1.6.2 e Tab. 1.6.3 per sapere se sono presenti o meno nelle emissioni. In base alla conoscenza dei processi svolti nel complesso produttivo, il dichiarante sa se un determinato inquinante è presente o meno nelle emissioni generate dai processi stessi. 100 (2) Per comodità li chiameremo inquinanti anche se vi sono compresi gruppi di inquinanti e parametri come il COD. Solo se ritiene che un certo inquinante sia presente nelle emissioni deve acquisire il dato di emissione e dichiararlo secondo quanto riportato nel paragrafo 1.2.6. Conseguentemente la lista degli inquinanti emessi da una attività può anche differire dalle sottoliste, come può avvenire, ad esempio, per l’industria chimica dove grande è la varietà dei processi per la produzione di differenti prodotti. 1.2.8 Emissioni in aria In riferimento alla Tab. 1.6.2, l’emissione di un inquinante in aria deve essere dichiarata quando l’emissione totale del complesso IPPC dichiarante è superiore al valore soglia. Eccezioni: 1. Le emissioni totali annue di anidride solforosa e di ossidi di azoto provenienti da impianti di combustione con potenza termica nominale pari o superiore a 50 MW (categoria IPPC 1.1), indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato (solido, liquido o gassoso) devono essere dichiarate anche se inferiori al valore soglia. 2. Si raccomanda di dichiarare comunque le emissioni di selenio e di policlorobifenili provvisoriamente non accompagnati da valori soglia. L’emissione totale deve includere emissioni puntuali (convogliate) e diffuse/non puntuali (non convogliate). È richiesto di indicare la tipologia dell’emissione totale dichiarata (emissione puntuale o emissione puntuale + diffusa/non puntuale), anche nel caso in cui non sia possibile eccezionalmente valutare entrambi i contributi. Se all’emissione totale del complesso dichiarante contribuiscono anche attività non IPPC, i corrispondenti contributi devo- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 no essere sottratti dal totale, ma possono rimanere inclusi come specificato nel paragrafo 1.2.3. Se all’emissione totale del complesso dichiarante contribuiscono attività svolte in complessi diversi da quello dichiarante (es: un impianto di abbattimento condiviso tra due o più operatori di diversi complessi), i contributi provenienti da attività svolte in complessi diversi da quello dichiarante devono essere sottratti dall’emissione totale. Se il complesso dichiarante condivide con altri operatori un impianto di abbattimento situato in un altro complesso confinante adiacente, deve calcolare e dichiarare la propria quota che contribuisce all’emissione totale. L’emissione totale del complesso dichiarante deve essere ripartita tra le attività IPPC sorgenti di emissione svolte nel complesso. Se nel complesso è svolta solo un’attività IPPC, l’emissione totale sarà attribuita tutta all’unica attività IPPC svolta nel complesso. Se nel complesso IPPC sono svolte più attività IPPC, l’emissione totale sarà distribuita tra tutte le attività IPPC sorgenti di emissione. Alla dichiarazione delle emissioni in aria è dedicata la parte II del questionario. 1.2.9 Emissioni in acqua La dichiarazione delle emissioni in acqua è più complessa rispetto a quella delle emissioni in aria. La maggiore complessità è dovuta soprattutto alla presenza o meno di processi di depurazione (3) degli effluenti e alla ubicazione degli eventuali impianti di trattamento. Il complesso IPPC dichiarante deve dichiarare la presenza o meno di processi di depurazione degli effluenti e l’ubicazione del/i impianto/i di depurazione. Nel caso in cui i reflui o parte di essi siano sottoposti ad un processo di depurazione, il complesso IPPC dichiarante in particolare deve dichiarare se l’impianto di depurazione fa parte: • del complesso IPPC dichiarante (depurazione onsite), • di un complesso IPPC diverso dal dichiarante (depurazione off-site, altro IPPC) • di un complesso non IPPC (depurazione off-site, altro non IPPC) • di nessun complesso (depurazione off-site, unità tecnica a sé, depuratore consortile) In Fig. 1.6.1 è schematizzata la richiesta di informazioni sulla presenza ed ubicazione dell’impianto di depurazione. Le emissioni in acqua sono distinte in scarichi diretti ed indiretti. Lo scarico diretto è lo scarico avviato direttamente al corpo recettore (corso d’acqua) anche dopo eventuale depurazione on-site; lo scarico indiretto è lo scarico avviato, previo trasferimento tramite fognatura, ad un impianto di depurazione off-site. In riferimento alla tab. 1.6.3, l’emissione di un inquinante in acqua deve essere dichiarata quando l’emissione totale del complesso IPPC dichiarante è superiore al valore soglia. Eccezione: si raccomanda di dichiarare comunque le emissioni di nonilfenolo e pentaclorobenzene provvisoriamente non accompagnati da valori soglia. Per le emissioni in acqua, l’emissione totale da confrontare con il valore soglia è la somma di scarichi diretti e scarichi indiretti. L’emissione totale deve includere emissioni puntuali (convogliate) e diffuse/non puntuali (non convogliate). È richiesto di indicare la tipologia dell’emissione totale dichiarata (emissione puntuale o emissione puntuale + diffusa/non puntuale), anche nel caso in cui non sia possibile eccezionalmente valuta- (3) La depurazione di acque reflue non è un’attività IPPC. re entrambi i contributi. Se all’emissione totale del complesso dichiarante contribuiscono anche attività non IPPC, i corrispondenti contributi devono essere sottratti dal totale, ma possono rimanere inclusi come specificato nel paragrafo 1.2.3. L’emissione totale del complesso dichiarante deve essere ripartita tra le attività IPPC sorgenti di emissione svolte nel complesso. Se nel complesso è svolta solo un’attività IPPC, l’emissione totale sarà attribuita tutta all’unica attività IPPC svolta nel complesso. Se nel complesso IPPC sono svolte più attività IPPC, l’emissione totale sarà distribuita tra tutte le attività IPPC sorgenti di emissione. In Fig.1.6.2 è schematizzata la situazione effluenti idrici di un ipotetico complesso IPPC i cui reflui idrici in parte non necessitano e in parte necessitano di depurazione e la depurazione è in parte interna ed in parte esterna. La spiegazione allegata alla Fig. 1.6.2 e la successiva Tab. 1.6.6 illustrano le principali modalità di dichiarazione dell’ipotetico complesso IPPC di Fig.1.6.2. Per ogni scarico idrico è inoltre richiesto di comunicare il nome ed il codice del bacino recettore. Alla dichiarazione delle emissioni in acqua è dedicata la parte III del questionario. Depurazione off-site presso un depuratore che è un’unità tecnica a sé (depuratore consortile) Nel caso di depurazione off-site quando il depuratore è una unità tecnica a sé (un impianto di depurazione consortile è una unità tecnica a sé) è consentito eccezionalmente al complesso IPPC dichiarare anche l’emissione dopo la depurazione off-site. L’adozione di questa eccezione non cancella l’obbligo di dichiarare gli scarichi indiretti secondo le modalità già illustrate. Nel caso di adozione di questa eccezione gli scarichi indiretti non saranno inseriti nel Registro Europeo delle Emissioni (EPER), cioè i dati di emissione in acqua prima della depurazione non saranno comunicati per l’inserimento in EPER; al loro posto saranno comunicati i dati di emissione in uscita dal depuratore. L’adozione di questa eccezione deve avvenire secondo le seguenti modalità: 1. sarà completa cura del complesso produttivo che vuole adottare questa eccezione fornire le informazioni necessarie alla propria autorità competente e all’ANPA; 2. se più complessi IPPC, che inviano i propri reflui ad uno stesso depuratore consortile, vogliono adottare questa eccezione, è sufficiente che uno solo di essi invii alla propria autorità competente e all’ANPA le informazioni necessarie affinché l’eccezione sia applicata a tutti i complessi IPPC. In pratica uno solo tra i complessi IPPC dichiaranti che inviano i propri reflui allo stesso depuratore consortile deve farsi carico dell’onere dell’invio delle informazioni; 3. le informazioni necessarie che devono essere comunicate alla propria autorità competente e all’ANPA affinché l’eccezione possa essere adottata sono le seguenti: • consenso del gestore del depuratore a dichiarare informazioni relative al suo impianto di depurazione e che tali informazioni siano rese pubbliche; • elenco dei complessi IPPC dichiaranti che inviano i propri effluenti allo stesso depuratore consortile, con l’indicazione di quali intendono adottare questa eccezione; • dati di identificazione del depuratore consortile; • dati di emissione diretta in acqua del depuratore consortile. L’acquisizione da parte della propria autorità compe- 101 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 tente della lettera di consenso del gestore del depuratore consortile è indispensabile per l’utilizzo da parte delle autorità stesse delle informazioni sul depuratore; 4. per il depuratore, analogamente a ciascun complesso dichiarante IPPC, deve essere indicata la principale attività IPPC. In questo caso la principale attività IPPC (associata alle emissioni del depuratore) sarà l’attività IPPC che contribuisce maggiormente alle emissioni dirette in acqua in uscita dal depuratore, selezionata tra quelle svolte presso i complessi produttivi IPPC dichiaranti che inviano i propri reflui al depuratore. La principale attività IPPC deve essere identificata dal codice IPPC e codice NOSE; 5. il dato di emissione del depuratore dovrebbe corrispondere solo alla quota relativa ai contributi di tutti i complessi IPPC che inviano i propri reflui al depuratore. Se non è possibile valutare (e scorporare dall’emissione totale) il contributo proveniente da eventuali altre sorgenti non IPPC (complessi produttivi non IPPC, insediamenti civili) che inviano i propri scarichi al depuratore consortile, è consentito dichiarare l’emissione totale in uscita del depuratore. In questo caso si raccomanda di comunicare in “Note e comunicazioni” la presenza di sorgenti non IPPC. Alla dichiarazione delle emissioni dopo depurazione off-site quando il depuratore è un’unità tecnica a sé, è dedicata la parte IV del questionario. 1.2.10 Misurare, calcolare, stimare Le informazioni quantitative sugli inquinanti presenti nelle emissioni possono essere acquisite attraverso le tre seguenti procedure: Misura, Calcolo e Stima. Qualunque sia la modalità utilizzata per acquisire il dato, il dichiarante deve comunque sempre porre grande attenzione alla qualità dei dati e fornire, secondo le indicazioni delle presenti linee guida, i migliori dati possibili. Si precisa che la qualità e l’accuratezza (4) del dato dichiarato, è responsabilità del dichiarante stesso. La modalità di acquisizione del dato di emissione deve essere indicata accompagnando ciascun dato di emissione dichiarato con la lettera M o C o S a seconda se è stato Misurato, Calcolato o Stimato. • Misura - Una emissione si intende misurata (M) quando l’informazione quantitativa deriva da misure realmente fatte su campioni prelevati nell’impianto stesso utilizzando metodi standardizzati o ufficialmente accettati. Spesso per convertire i risultati delle misure in dati di emissioni sono necessari calcoli aggiuntivi. Il dato di emissione può derivare da misure in continuo o da monitoraggi con una definita frequenza annua. I monitoraggi in continuo producono ovviamente i dati più accurati, ma spesso non sono praticabili, può essere antieconomico e anche superfluo realizzarli. Nel caso dei monitoraggi non in continuo è importante che la frequenza del campionamento garantisca medie sufficientemente rappresentative della composizione media annua della emissione, relativamente all’inquinante in oggetto. Le misure saltuarie sono quelle eseguite “una tantum”, ad esempio una o poche volte all’anno e generalmente non nell’ambito di un programmato piano di monitoraggio. A causa della scarsa frequenza annua le misu- 102 (4) Un dato è tanto più accurato quanto più è vicino al valore vero. re saltuarie generalmente non possono fornire dati rappresentativi dei rilasci annui di un certo inquinante principalmente per due cause: variazione dei rilasci nel tempo in relazione ai cambiamenti dei processi e/o dei livelli connessi alla produzione, e variabilità connesse alle varie fasi (campionamento e analisi) dei metodi analitici applicati. Quando ragionevoli motivi accrescono la rappresentatività delle misure saltuarie, nell’impossibilità di utilizzo di altre procedure di acquisizione dei dati, anche le misure saltuarie possono essere utilizzate per valutare l’emissione totale annua. Le misure saltuarie possono comunque sempre risultare utili per la verifica delle stime. • Calcolo - Una emissione si intende calcolata (C) quando l’informazione quantitativa è ottenuta utilizzando metodi di stima e fattori di emissione accettati a livello nazionale o internazionale e rappresentativi dei vari settori industriali. È importante tener conto delle variazioni nei processi produttivi, per cui quando il calcolo è basato sul bilancio di massa, quest’ultimo deve essere applicato ad un periodo di un anno o anche ad un periodo inferiore che sia rappresentativo dell’intero anno. La qualità dei fattori di emissione può variare molto, in funzione dell’attendibilità e applicabilità dei calcoli e misure da cui derivano. Si raccomanda di usare i fattori di emissione più attendibili, originati da monitoraggi di impianti e rilasci simili. • Stima - Una emissione si intende stimata (S) quando l’informazione quantitativa deriva da stime non standardizzate basate sulle migliori assunzioni o ipotesi di esperti. La procedura di stima fornisce generalmente dati di emissione meno accurati dei precedenti metodi di misura e calcolo, per cui dovrebbe essere utilizzata solo quando i precedenti metodi di acquisizione dei dati non sono praticabili. 1.2.11 Che cosa faccio: misuro, calcolo o stimo? Le tre procedure di acquisizione dei dati non sono equivalenti. Un monitoraggio in continuo fornisce dati sicuramente più rappresentativi, ma laddove non sono praticabili misure sperimentali con metodi e/o frequenza adeguata, il calcolo basato su fattori di emissione di buona qualità o su bilanci di massa è senz’altro da preferire. La scelta sarà di volta in volta affidata alle conoscenze e all’esperienza di coloro che hanno il compito di produrre i dati. Si raccomanda di porre grande attenzione alla qualità dei dati e di fornire i migliori dati possibili ai fini della loro accuratezza e omogeneità. 1.2.12 Che cosa indico M, C o S? Per valutare l’emissione totale di un certo inquinante il primo passo da fare è individuare tutti i punti di rilascio, compresi ad esempio i canali di deflusso, tutti i camini e i punti di fuga. Poi si dovrà valutare ogni singolo rilascio con una delle procedure descritte. Molto spesso una sola procedura non è sufficiente a dare l’emissione totale. Spesso i dati ottenuti per misura diretta, anche se molto accurati, non bastano da soli per valutare l’emissione totale comprensiva di tutti i punti di rilascio, Avvertenza: qualunque sia la procedura seguita per l’acquisizione dei dati, si raccomanda di registrare e conservare per almeno tre anni tutta la documentazione relativa all’ottenimento dei dati (qualsiasi misura, calcolo, assunzione, ragionamento, ipotesi, etc…) che sarà valutata ricorrendo anche alle procedure di calcolo e stima. In questi casi l’emissio- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 ne totale riportata sarà identificata dalla lettera corrispondente alla procedura utilizzata per determinare la porzione più grande della emissione. Es: l’emissione annuale di un inquinante in aria è determinata con le tre procedure: il 30% del totale è misurato (rilasci dal camino), il 15% del totale è stimato (fughe) e il 55% è calcolato (rilasci dalle valvole). Poiché la maggior parte è calcolata, l’emissione totale, somma delle tre, sarà identificata dalla lettera C. 1.2.13 Come devo esprimere il dato di emissione? Il dato di emissione deve essere dichiarato come emissione annua. Le unità di misura da utilizzare dipendono dagli inquinanti. Per la maggior parte degli inquinanti si deve utilizzare il chilogrammo per anno (kg/a); altre unità di misura sono tonnellate per anno (t/a o Mg/a) e grammi per anno (g/a). Nel questionario per ogni inquinante è indicata l’unità di misura da utilizzare. Il dato di emissione di ciascun inquinante deve essere approssimato alla prima cifra decimale. Es: 226.525,65 ton/anno di CO deve essere approssimato a 226.525,6; 226.525,66 ton/anno di CO deve essere approssimato a 226.525,7; 1.018,70 kg/anno di cromo deve essere approssimato a 1.018,7. 1.2.14 Misura delle emissioni in aria Per la misura degli inquinanti nelle emissioni in aria si raccomanda di utilizzare i metodi riportati e/o indicati nella normativa italiana. I principali riferimenti normativi nazionali italiani dove si possono trovare metodi ed indicazioni utili sono riportati in Tab. 1.6.7. Per gli inquinanti non regolamentati dalla normativa nazionale italiana si raccomanda di utilizzare metodi standardizzati internazionalmente accettati. Se si vuole usare un metodo non standardizzato, esso dovrà essere verificato con un metodo standard. Un elenco indicativo dei principali metodi di analisi standardizzati e riconosciuti a livello internazionale, elaborati da UNI (Ente Nazionale Italiano di unificazione), CEN (European Committee for Standardization), ISO (International Organization for Standardization), ASTM (American Society for Testing and Materials) ed EPA (Environmental Protection Agency, USA) è riportato in Tab. 1.6.8. I siti web delle principali organizzazioni nazionali ed internazionali dove e possibile vedere, comprare ed in alcuni casi scaricare gratuitamente i metodi per la misura degli inquinanti nelle emissioni in aria sono i seguenti: UNI http://catalogo.uni.com/catalogo/home.html CEN http://www.cenorm.be/ ISO http://www.iso.ch/cate/cat.html ASTM http://www.astm.org/cgi-bin/SoftCart.exe/STORE/ store.htm?E+mystore EPA http://www.epa.gov/ Avvertenza: indipendentemente dalla unità di misura indicata per la dichiarazione, per il confronto con il valore soglia, esprimere il dato di emissione totale di ciascun inquinante nella stessa unità di misura utilizzata per il valore soglia (kg/anno). 1.2.15 Misura delle emissioni in acqua Per la misura degli inquinanti nelle emissioni in acqua si raccomanda di utilizzare i metodi riportati e/o indicati nella normativa italiana. I principali riferimenti normativi italiani dove si possono trovare metodi ed indicazioni utili per la misura sono riportati in Tab. 1.6.9. È imminente la pubblicazione dell’edizione 2000 del volume “Metodi analitici per le acque” (Istituto di Ricerca sulle Acque, CNR). Per gli inquinanti non regolamentati dalla normativa nazionale italiana si raccomanda di utilizzare metodi standardizzati internazionalmente accettati. Se si vuole usare un metodo non standardizzato, esso dovrà essere verificato con un metodo standard. Un elenco indicativo dei principali metodi di analisi standardizzati e riconosciuti a livello internazionale elaborati da UNI (Ente nazionale Italiano di unificazione), CEN (European Committee for Standardization), ISO (International Organization for Standardization), ASTM (American Society for Testing and Materials) ed EPA (Environmental Protection Agency, USA) è riportato in Tab.1.6.10. I siti web delle principali organizzazioni nazionali ed internazionali dove e possibile vedere, comprare ed in alcuni casi scaricare gratuitamente i metodi per la misura degli inquinanti nelle emissioni in acqua sono elencati nel paragrafo “Misura delle emissioni in aria”. 1.2.16 Calcolo e stima delle emissioni in aria E’ imminente la pubblicazione di un “Manuale nazionale dei fattori di emissione in aria”, alla cui stesura stanno lavorando gruppi di lavoro ANPA, ARPAT, ENEA e CESI. Appena possibile sarà disponibile sul sito SINANET (http://www.sinanet.anpa.it). Si riporta un elenco di riferimenti internazionali dove trovare fattori di emissione e metodi per la stima delle emissioni: • La Task Force su “Emission Inventories” nell’ambito del programma UNECE’s EMEP ha elaborato e aggiorna “Atmospheric Emission Inventory Guidebook”, che a livello europeo è attualmente la principale fonte per i fattori di emissione in aria. Gli aggiornamenti sono disponibili nel working web site della Task Force: http://www.aeat.co.uk/netcen/airqual/TFEI/unece.htm La 2a edizione di “Atmospheric Emission Inventory Guidebook” è disponibile anche nel sito web dell’Agenzia Ambientale Europea. La disponibilità di copie cartacee è limitata. http://themes.eea.eu.int/toc.php/state/air?doc=39186&l=en Metodi di stima e fattori di emissione sono disponibili anche nel sito dello “European Topic Centre on Air emissions” http://etc-ae.eionet.eu.int/etc-ae/index.htm • Fattori di emissione e metodi per la stima delle emissioni per tutti i settori definiti in the United Nations Framework convention on Climate Change sono riportati nelle lineeguida IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), versione 1996, per gli inventari dei gas serra. Inoltre l’IPCC ha sviluppato un rapporto su "Good practice guidance and uncertainty management in national greenhouse gas inventories". Entrambi i documenti sono disponibili su IPCC-NGGIP website. http://www.ipcc-nggip.iges.or.jp/ • Tutto il materiale su fattori di emissione e metodi di stima disponibili elaborati da “US EPA Office of Air Quality Planning & Standards” possono essere visti ed, in alcuni casi, scaricati dal sguente sito web. Alcuni prodotti sono elencati. http://www.epa.gov/ttn/chief/ Compilation of Air Pollutant Emission Factors AP-42, Fifth Edition, Volume I: Stationary Point and Area Sources. http://www.epa.gov/ttn/chief/ap42.html Volume II: Mobile Sources (AP-42), pending 5th edition (Last updated: 06 April 1998). http://www.epa.gov/oms/ap42.htm Factor Information REtrieval (FIRE) Data System. http://www.epa.gov/ttn/chief/fire.html 103 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 • • • • TANKS 4.07 for Windows® http://www.epa.gov/ttn/chief/tanks.html Fattori di emissioni elaborati nel “The National atmospheric emissions inventory of the United Kingdom” sono disponibili in: http://www.aeat.co.uk/netcen/airqual/emissions Il manuale “The Australian emission estimation technique manual” è disponibile in: http://environment.gov.au/epg/npi/eet_manuals.html Materiale su inventari delle emissioni può essere consultato in: http://www.oecd.org/env/ http://appli1.oecd.org/ehs/urchem.nsf/ Informazioni utili, in particolare per la produzione dei dati di emissione del PM10 possono essere trovate in: http://www.iiasa.ac.at%7Erains/index.html. 1.2.17 Calcolo e stima delle emissioni in acqua Le informazioni e i riferimenti utili per il calcolo e la stima delle emissioni in acqua sono molto più scarse rispetto alle emissioni in aria. Si riporta un elenco di riferimenti internazionali dove trovare fattori di emissione e metodi per la stima delle emissioni: • Informazioni generali sulle emissioni in acqua si possono trovare nel sito web di OSPARCOM in relazione al progetto “Harmonised Quantification and Reporting Procedures for Hazardous Substances (HARP)” http://www.ospar.org/ http://www.sft.no/english/harphaz/ • Estimation methods of Industrial Wastewater Pollution in the Meuse Basin, Comparison of approaches, LIFE study ENV/F/205, Agence de l’eau, RIZA, Landesumweltamt Nordrhein Westfalia, Office International de l’eau, Ministère de la Region Walonne, Vlaamse Milieumaatschappij. August 1998, Agence de l’eau, Paris France. • Dutch Notes on Monitoring of Emission to Water. Il documento tratta di aspetti correlati al monitoraggio delle emissioni in acqua per TWG Monitoring nell’ambito dell’IPPC, Institute for Inland Water Management and Waste Water Treatment/RIZA. February 2000, RIZA, Lelystad, The Netherlands. 1.2.18 Ufficio Europeo IPPC e Documenti BREF Nell’ambito della Direttiva IPPC, l’Ufficio Europeo IPPC di Siviglia, in collaborazione con l’industria e organizzazioni ambientali governative e non governative di tutti gli Stati Membri, sta elaborando dei documenti denominati BREF (Best available techniques Reference documents) che contengono informazioni sui processi e tecniche di produzione, livelli di emissione e misure e tecniche per la riduzione delle emissioni. I Documenti BREF elaborati finora sono elencati nella seguente tabella. Informazioni aggiornate sui Documenti BREF si possono trovare nel sito web dell’Ufficio Europeo IPPC: http://eippcb.jrc.es/exe/FActivitie. Documenti BREF disponibili e attesi (Ottobre 2000) 104 Settori industriali Cemento e calce viva Ceramica Cloro-alcali Gestione/trattamento comuni delle acque reflue/dei gas di scarico Refrigerazione e vuoto Questioni economiche e trasversali ai vari comparti previsto Emissioni prodotte dallo stoccaggio di materiali sfusi o pericolosi Trasformazione dei metalli ferrosi Alimenti e latte Lavorazione del vetro Allevamento intensivo Ferro e acciaio Discariche Grandi impianti di combustione Prodotti chimici organici in quantità rilevanti Prodotti chimici inorganici gassosi e liquidi in quantità rilevanti Prodotti chimici inorganici solidi in quantità rilevanti Monitoraggio Trasformazione dei metalli non ferrosi Prodotti organici della chimica Polimeri Pasta da carta e carta Raffinerie Macelli/carcasse di animali Impianti di forgiatura e fonderie Specialità chimiche inorganiche Trattamento superficiale dei metalli Trattamenti superficiali con solventi Concerie Lavorazione dei tessili Incenerimento dei rifiuti Recupero/smaltimento dei rifiuti Stato del documento documento finale previsto proposta finale prima proposta proposta finale previsto proposta finale previsto proposta finale previsto documento finale previsto previsto prima proposta previsto previsto proposta documento finale fine previsto previsto documento finale prima proposta previsto previsto previsto previsto previsto seconda proposta previsto previsto previsto Data marzo 2000 2003 agosto 2000 maggio 2000 settembre 2000 2002 2002 agosto 2000 2002 agosto 2000 2001 marzo 2000 2004 2002 luglio 2000 2003 2003 gennaio 1999 maggio 2000 2004 2003 luglio 2000 febbraio 2000 2002 2001 2004 2003 2003 giugno 2000 2002 2003 2004 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 1.3 PARTICOLARITÀ 1.3.1 Evitare di contare una emissione due volte Quando più di una procedura di produzione di dati è usata c’è il rischio di contare due volte una emissione. Es.: in un impianto le acque di lavaggio del pavimento di un’area di processo sono raccolte e scaricate all’esterno attraverso un unico scarico. In questo caso, se la quantità stimata di sostanza presente nelle acque di lavaggio del pavimento viene addizionata alla quantità misurata nello scarico finale, il dato finale sarà affetto da un errore per eccesso (doppia conta degli inquinanti presenti nelle acque di lavaggio del pavimento dell’area di processo). 1.3.2 Che cosa faccio quando….? Che cosa faccio quando in base alla conoscenza dei processi di produzione che si svolgono nel complesso IPPC dichiarante non posso escludere la presenza di un certo inquinante nelle emissioni e il metodo analitico di determinazione generalmente utilizzato nello stabilimento “non è adeguato” agli scopi della dichiarazione? Nel contesto di queste linee guida per metodo “non adeguato” si intende un metodo analitico che non è in grado di fornire indicazioni quantitative sufficienti per stabilire se i valori soglia di Tab 1.6.2 e 1.6.3 sono superati o meno. Ciò accade quando il limite di rivelabilità del metodo è superiore alla concentrazione dell’inquinante che si vuole determinare; questo perché il metodo è stato messo a punto e generalmente utilizzato per altri scopi, ad esempio per stabilire se un certo limite normativo (diverso dai valori soglia di Tab 1.6.2 e 1.6.3. e generalmente espresso in concentrazione) è rispettato o meno o quando l’inquinante è presente in tracce e ultratracce, per la cui determinazione necessiterebbero eventualmente metodi non praticabili. In questo caso la sola informazione che il metodo disponibile fornisce è che la concentrazione dell’inquinante è < limite di rivelabilità del metodo stesso. Questa informazione, spesso sufficiente come già detto per conoscere se un certo limite di emissione (espresso in concentrazione) stabilito dalla normativa nazionale è rispettato o meno, può non esserlo per decidere se dichiarare o meno l’emissione totale annuale di un inquinante nel presente censimento. In questo caso moltiplicando infatti concentrazioni di inquinante pari al limite di rivelabilità del metodo per la portata annuale degli effluenti gassosi ed acquosi si ottiene una emissione annuale massima (approssimata per eccesso) che può risultare superiore ai valori soglia di Tab. 1.6.2 e 1.6.3. (se si ottiene un’emissione annuale inferiore al valore soglia il problema non esiste). In questo caso, se non è possibile acquisire un dato di emissione più corretto (utilizzando un metodo con limite di rivelabilità adeguato o tramite calcolo o stima), si raccomanda di: assumere la concentrazione dell’inquinante nelle emissioni pari al limite di rivelabilità del metodo, moltiplicare il limite stesso per la portata annuale per ottenere l’emissione annuale massima, dichiarare il dato di emissione come < emissione annuale massima. Il dato di emissione così comunicato non sarà inserito nel Registro EPER e non sarà reso pubblico. Si raccomanda di segnalare ulteriormente questi casi negli spazi “Note e comunicazioni”. Che cosa faccio quando nelle acque prelevate per uso interno del complesso già sono presenti inquinanti (es: cloruri nelle acque di mare), compresi in Tab. 1.6.3, le cui quantità possono anche andare a sommarsi a quelle eventualmente prodotte dalle attività svolte nel complesso? Questo caso ovviamente non è un problema quando la presenza dell’inquinante nelle emissioni è dovuta unicamente alla sua presenza già nelle acque prelevate, indipendentemente dall’emissione. Quando l’emissione totale è la somma di due contributi, uno proveniente dalle attività IPPC svolte nel complesso e uno indipendente da esse, quest’ultimo può essere sottratto dall’emissione totale da dichiarare. Se non si può valutare quantitativamente il contributo indipendente dalle attività IPPC svolte si deve dichiarare il dato globale. In entrambi i casi (di sottrazione o meno del contributo indipendente dalle attività IPPC) indicare la particolarità di questo dato negli spazi “Note e comunicazioni”. In fase di validazione e controllo si terrà conto della particolarità del dato ai fini dell’inserimento nelle banche dati nazionale ed europea. 1.3.3 Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) In Tab. 1.6.2 e 1.6.3 è specificato che per gli IPA si intende la somma degli IPA di Borneff (fluorantene, Benzo(b)fluorantene, Benzo(k)fluorantene, Benzo(a)pirene, Benzo(ghi)perilene, Indeno(1,2,3-cd)pirene). Al fine di dichiarare dati omogenei a livello europeo si raccomanda, utilizzando i metodi di misura indicati nella normativa italiana (tab. 1.6.7 e 1.6.9) e riconosciuti a livello internazionale (tab. 1.6.8 e 1.6.10) che generalmente prevedono la determinazione di un numero di composti maggiori e diversi rispetto a quelli di Borneff, di limitare la dichiarazione ai soli IPA di Borneff. In caso di dichiarazione delle emissioni di IPA si raccomanda di comunicare l’emissione annuale del Benzo(a)pirene espressa in Kg/a. 1.3.4 Cromo e composti In caso di dichiarazione delle emissioni di Cromo e composti (tab. 1.6.2 e 1.6.3) si raccomanda di comunicare l’emissione annuale del Cr esavalente (Cr VI) espressa in Kg/a. 1.3.5 Organostannici In caso di dichiarazione delle emissioni dei composti organostannici (tab. 1.6.3) si raccomanda di comunicare l’emissione annuale di tributilstagno e trifenilstagno, espresse in Kg/a. 1.4 RIFERIMENTI • Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, nota come Direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) • Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 372, di attuazione della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento • Commission Decision 2000/479/EC on the implementation of a European Pollutant Emission Register (EPER) according to Artiche 15 of Council Directive 96/61/EC • Direttiva 90/313/CE del 7 giugno1990 concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale. • Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, recante attuazione della direttiva 90/313/CE, concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale. 105 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 • Direttiva 88/609/CEE del 24 novembre 1988 concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione. • Convention on Long-range Trasboundary Air Pollution (CLRTAP), 1979 Geneva. • Amended Proposal for a Decision of the European Parliament and the Council establishing the list of priority substances in the field of water policy, Brussel 16.01.2001 COC (2001) 17 final 2000/035 COD. • Criteri per la standardizzazione dei dati conoscitivi e per la trasmissione delle informazioni richieste ai fini dell’attuazione del Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152. 1.5 GLOSSARIO • Complesso IPPC: Struttura industriale o più genericamente produttiva costituita da uno o più impianti nello stesso sito, in cui lo stesso operatore svolge una o più delle attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372. • Emissione: Scarico diretto di un inquinante nell'aria o nell'acqua e scarico indiretto, previo trasferimento tramite fognatura, ad un impianto di depurazione esterno al sito. • Impianto: Unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento. • NACE: (National Classification of Economic Activities) La nomenclatura NACE è la classificazione standard europea delle attività economiche. • NOSE-P: (Nomenclature Of Sources of Emission) La nomenclatura NOSE o NOSE-P è la classificazione standard europea delle fonti di emissione. Manual: NOSE Nomenclature for sources of emissions, 8D, Luxembourg 25 May 1998, Eurostat. • Sito: Ubicazione geografica del complesso. TABELLE (omissis) ALLEGATO 2 QUESTIONARIO PER LA DICHIARAZIONE DELLE EMISSIONI 106 2.1 PRESENTAZIONE Il questionario per la dichiarazione dei dati di emissione è composto di quattro parti, ciascuna costituita da più schede. La PARTE I (schede 1, 2 e 3) riguarda l’identificazione del complesso dichiarante e delle attività IPPC che lo caratterizzano; riguarda inoltre informazioni sulla persona tecnicamente competente che può essere contattata dalle autorità competenti e dall’ANPA in caso di necessità. La PARTE I deve essere compilata da tutti i com- plessi IPPC dichiaranti. Per quanto riguarda la dichiarazione del 2002 relativa ai dati del 2001, i complessi IPPC le cui emissioni sono inferiori ai valori soglia riportati nelle Tab. 1.6.2 e 1.6.3 delle linee guida (All.1), devono compilare la PARTE I. In questo caso le informazioni dichiarate non saranno rese pubbliche. La PARTE II (schede 4, 4.1…4.n) del questionario è relativa alle emissioni in aria, totali e ripartite per singole attività IPPC sorgenti delle stesse. La PARTE II deve essere compilata dai complessi IPPC che hanno emissioni in aria da dichiarare. La PARTE III (schede 5, 6, 7, 7.1…7.n) è relativa alle emissioni in acqua: situazione depurazione, emissioni totali distinte in scarichi diretti ed indiretti e ripartite per singole attività IPPC sorgenti delle stesse. La PARTE III deve essere compilata dai complessi IPPC che hanno emissioni in acqua da dichiarare. La PARTE IV (schede A e B) riguarda i complessi produttivi IPPC che inviano i propri effluenti liquidi, tutti o parte di essi, ad un depuratore esterno che è un’unità tecnica a sé legata da un contratto al complesso dichiarante. Tali complessi produttivi IPPC, dopo aver compilato la parte III del questionario, possono scegliere se compilare o meno la IV parte. La compilazione di questa parte del questionario con informazioni sulle emissioni in uscita dal depuratore esterno permette alla autorità di rendere pubblici solo i dati di emissione in acqua dopo la depurazione esterna. L’adozione di questa opportunità prevede il consenso del gestore del depuratore che secondo le modalità più avanti descritte deve pervenire all’autorità competente. Per compilare correttamente il questionario è indispensabile seguire le istruzioni riportate nelle linee guida. Le informazioni richieste entro un riquadro di colore grigio non saranno rese pubbliche dall’ANPA (vedi PARTE I, Scheda 3). Nella pagina successiva è riportato lo schema di lettera di certificazione del responsabile della dichiarazione, che deve pervenire all’autorità competente. La dichiarazione deve essere accompagnata da una certificazione da parte di un responsabile della dichiarazione (proprietario o gestore o altro) del complesso dichiarante. Il responsabile della dichiarazione può essere o meno la persona di riferimento. La persona di riferimento è quella tecnicamente competente che, in caso di necessità, può essere contattata dalle autorità competenti e il questionario da compilare per la dichiarazione sarà disponibile in versione informatica (la “pesantezza” della versione cartacea sarà superata dalla “agilità” di quella informatica) sul sito dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (www.sinanet.anpa.it e/o www.anpa.it). Nel sito dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente saranno disponibili tutte le informazioni necessarie per la dichiarazione. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 23/11/2001 Schema lettera di certificazione del responsabile della dichiarazione Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . proprietario/gestore del complesso IPPC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . sito in via/piazza/località . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . numero civico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CAP. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . provincia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . dichiaro che, in base alle mie conoscenze, le informazioni riportate nella dichiarazione sono vere e che i valori dichiarati, prodotti in base ai migliori dati disponibili, sono accurati. Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Firma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 PARTE I – IDENTIFICAZIONE DEL COMPLESSO IPPC DICHIARANTE 2.2.1 Scheda 1 – Dati identificativi del complesso IPPC dichiarante 1.1 Denominazione della società madre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Denominazione del complesso produttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Indirizzo: 1.3.1 via/piazza/località . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.2 numero civico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.3 CAP. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.4 comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.5 provincia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Coordinate geografiche 1.4.1 Latitudine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.2 Longitudine (con riferimento a Greenwich) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.5 Attività economica principale (NACE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.6 Partita IVA e/o codice fiscale del complesso produttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.7 Numero di impianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.8 Numero di addetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.9 Numero di ore esercizio annue riferito all’attività economica principale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.10 Autorità competente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 Inserire il nome della società madre Inserire il nome del complesso produttivo IPPC Denominazione della società madre e del complesso produttivo possono coincidere, se la società madre ha un solo complesso produttivo Inserire l’indirizzo Inserire le coordinate geografiche. Misurare le coordinate al centro geografico del sito sede del complesso dichiarante. Esprimere le coordinate in latitudine e longitudine, in gradi e minuti, fino ad una precisione dell’ordine del km. Indicare il codice NACE (4 cifre) corrispondente alla principale attività economica svolta nel complesso dichiarante. Identificare l’attività economica principale con il codice NACE utilizzato dal Servizio Statistico Nazionale. Per l’individuazione del codice NACE consultare la tab. 1.6.1. Indicare la partita IVA e/o il codice fiscale del com- 1.7 1.8 1.9 1.10 1.11 plesso dichiarante. Indicare il numero di impianti presenti nel complesso. Indicare il numero di addetti che lavorano nel complesso. Indicare il numero di ore lavorative riferite alla principale attività economica comprensive di tutti i periodi di funzionamento. Per i complessi di competenza nazionale l’autorità competente è la medesima autorità statale competente al rilascio del provvedimento di Valutazione dell’impatto ambientale; per gli altri complessi IPPC è l’autorità individuata dalla Regione per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Indicare l’anno a cui si riferiscono i dati di emissione della dichiarazione. (omissis) 107 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DELIBERAZIONE DEL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI 12 dicembre 2001 Criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, nella categoria 9: bonifica dei siti (G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002) IL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ed in particolare l'art. 30, comma 4, che stabilisce l'obbligo di iscrizione all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, in prosieguo denominato Albo, nonche' per le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei siti inquinati; Visto il decreto 28 aprile 1998, n. 406 del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, recante il regolamento di organizzazione e funzionamento dell'Albo, ed in particolare l'art. 6, comma 1, lettera b), che attribuisce alla competenza del Comitato nazionale dell'Albo la determinazione dei criteri di iscrizione nelle diverse categorie e classi; Considerato che l'iscrizione all'Albo è subordinata al possesso dei requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria di cui all'art. 11 del decreto 28 aprile 1998, n. 406; Ritenuto di dover fissare i requisiti minimi per l'iscrizione all'Albo nella categoria 9 riguardante le imprese che intendono effettuare attivitaà di bonifica dei siti; 108 re necessarie per l'esecuzione degli interventi di bonifica dei siti secondo i criteri di cui all'allegato A; b) dimostrare di aver eseguito interventi di bonifica dei siti secondo i criteri di cui all'allegato B; c) disporre della dotazione minima di personale individuata nell'allegato C; d) soddisfare il requisito di capacità finanziaria con gli importi di cui all'allegato D. 2. Il possesso della capacità finanziaria di cui al comma 1, lettera d), è dimostrato con le modalità di cui all'art. 11, comma 2, del decreto 28 aprile 1998, n. 406, ovvero mediante la presentazione di un'attestazione di affidamento bancario rilasciata da istituti di credito o da società finanziarie con capitale sociale non inferiore a lire cinque miliardi, secondo lo schema allegato sotto la lettera E, o da una dichiarazione concernente la cifra di affari, globale e distinta per lavori, dell'impresa, per gli ultimi cinque esercizi. Art. 2 Responsabile tecnico DELIBERA: 1. I requisiti professionali del responsabile tecnico delle imprese che intendono iscriversi all'Albo nella categoria 9 sono individuati nell'allegato F. Art. 1 Requisiti per l'iscrizione Art. 3 Disposizioni finali e transitorie 1. Le imprese che intendono iscriversi all'Albo nella categoria 9 devono: a) dimostrare la disponibilità delle attrezzatu- 1. L'efficacia della presente deliberazione decorre, ai sensi dell'art. 30, comma 8, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 12/12/2001 dalla data di entrata in vigore del decreto che fisserà modalità e importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato, come previsto dall'art. 30, comma 6 del medesimo decreto legislativo. Allegati (omissis) 109 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 20 dicembre 2001 DECRETO MINISTERIALE Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (G.U. n. 48 del 26 febbraio 2002) IL MINISTRO DELL'INTERNO Visto l'art. 3 della legge 21 novembre 2000, n. 353, recante "Legge quadro in materia di incendi boschivi"; Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, recante "Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile" che, all'art. 3, apportando modificazioni alla predetta legge n. 353/2000, ha disposto che tutti i riferimenti al Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile si intendono effettuati al Ministro dell'interno delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed ha contestualmente soppresso l'Agenzia di protezione civile; Considerato che il Consiglio dei Ministri si è pronunciato, in via preliminare, in data 16 luglio 2001; Visto il parere favorevole espresso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 19 luglio 2001, repertorio atti 484/CU del 19 luglio 2001; Preso atto che la Conferenza unificata ha anche proposto l'istituzione di un gruppo di lavoro, cui affidare il compito di approfondire il tema dei requisiti minimi psico-attitudinali ed i dispositivi di protezione individuale relativi agli operatori, ivi compresi gli appartenenti alle organizzazioni di volontariato, da adibire allo spegnimento degli incendi boschivi e che il relativo provvedimento è attualmente in corso di elaborazione; Vista la delibera del Consiglio dei Ministri in data 23 luglio 2001; 110 Ritenuto necessario emanare le linee guida di cui alla predetta legge n. 353/2000, adeguando il testo alle modificazioni introdotte con il decreto-legge n. 343/2001 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401/2001, relativamente alla soppressione dell'Agenzia di protezione civile; Emana le seguenti linee guida di cui all'art. 3 della legge 21 novembre 2000, n. 353, relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. 1.Premessa La nuova legge-quadro in materia di incendi boschivi (legge n. 353/2000) nasce dalla diffusa convinzione che l'approccio più adeguato per perseguire la conservazione del patrimonio boschivo (bene insostituibile per la qualità dalla vita) sia quello di promuovere e incentivare le attività di previsione e di prevenzione, anziché privilegiare la fase emergenziale legata allo spegnimento degli incendi. Le innovazioni introdotte dalla legge n. 353/2000 hanno lo scopo di indirizzare verso una costante e radicale riduzione delle cause d'innesco d'incendio, utilizzando sia i sistemi di previsione per localizzare e studiare le caratteristiche del pericolo sia iniziative di prevenzione per realizzare un'organica gestione degli interventi e delle azioni mirate a mitigare le conseguenze degli incendi. L'informazione alla popolazione sull'importanza di mantenere il bosco e le sue funzioni, l'addestramento e la formazione del personale addetto, così come gli eventuali incentivi elargiti in termini proporzionali alla riduzione delle superfici bruciate rispetto agli anni precedenti concorreranno a rendere più efficaci le azioni di salvaguardia. Il modello organizzativo che si delinea - an- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 che tecnologicamente avanzato in virtù dell'utilizzo di tecniche di rilevamento da piattaforma satellitare, di applicazioni GIS e di software per la simulazione del comportamento del fuoco deve prevedere altresì un'azione di coordinamento tra le varie realtà interessate (amministrazioni centrali, regioni, province, comuni, comunità montane, volontariato) affinché l'azione di contrasto agli incendi risponda ai principi dell'efficienza, dell'efficacia e dell'economicità. Le sinergie da attivare tra il centro di comando e controllo regionale e quello locale devono risultare chiare e codificate. Le regioni promuovono, nelle forme ritenute più opportune (Conferenza dei servizi, ecc.), apposite riunioni di coordinamento con gli enti locali allo scopo di informare e di discutere sulle problematiche locali nonché di definire gli interventi di pianificazione indicando gli obiettivi prioritari da difendere. La programmazione e la pianificazione delle attività, in questo nuovo contesto normativo, devono perseguire l'obiettivo della riduzione delle superfici boscate percorse dal fuoco: ciò, tra l'altro, comporta la possibilità di acquisire quote di incentivi messe a disposizione dallo Stato proprio allo scopo di promuovere il processo di riorganizzazione incentrato sullo spostamento delle risorse economiche e umane dalle attività di emergenza verso quelle di prevenzione e di controllo del territorio. Un'accurata e costante attività di manutenzione dei boschi, delle scarpate stradali e ferroviarie, da effettuare nei periodi a basso pericolo utilizzando eventualmente anche le risorse lavorative degli enti locali e le organizzazioni di volontariato, garantirebbero sia la riduzione delle cause d'innesco d'incendio sia il contenimento dei danni prodotti dagli incendi. Le medesime unità, invece, nei periodi a maggior pericolo potrebbero essere impiegate nelle attività di controllo e vigilanza del territorio organizzando squadre con compiti di pattugliamento, avvistamento anche con mezzi aerei leggeri, allarme e primo intervento che assicurerebbero quell'azione tempestiva (nella prima mezz'ora) sul fuoco indispensabile a contenere la propagazione delle fiamme. I risultati dell'applicazione di questo modello organizzativo dipendono anche dal livello culturale ed economico del locale contesto sociale che opportunamente informato e formato potrà creare le condizioni necessarie per rispettare le limitazioni e i divieti posti nell'uso del territorio. Le linee guida per la predisposizione dei piani sono elaborate per suggerire un'architettura generale del "Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi" che le singole regioni dovranno redigere adattandola alle proprie specifiche strutturazioni operative e realtà territoriali, affinché le finalità della normativa in questione possano essere raggiunte in tempi brevi con il massimo dei risultati. Per "regioni" si intendono quelle a statuto ordinario e speciale nonché le province autonome; inoltre, per Corpo forestale dello Stato si deve intendere, per le regioni e province autonome, i rispettivi Corpi forestali. Le regioni a statuto autonomo e le province autonome potranno utilizzare i più ampi margini operativi, organizzativi e di programmazione consentiti dagli statuti di autonomia. Le presenti linee guida esprimono altresì indirizzi e suggerimenti per la redazione e l'attuazione (per quanto attiene al rischio incendi boschivi) dei programmi regionali e provinciali di previsione e prevenzione nonché dei piani provinciali e comunali e/o intercomunali di protezione civile e di emergenza. Le regioni sottopongono a revisione annuale il piano per aggiornare le parti suscettibili di modifiche e/o integrazioni. Le linee guida potranno essere modificate o aggiornate, sentita la Conferenza unificata, alla luce dei risultati concreti conseguiti nell'applicazione della legge n. 353/2000. 2.Schema del piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Si riporta di seguito lo schema del "Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi". Le regioni hanno la facoltà di organizzare, nel modo che ritengono più confacente alle proprie esigenze, i singoli punti dell'articolazione mantenendone i contenuti o, se lo ritengono opportuno, ampliandoli e/o dettagliandoli maggiormente. I. Parte generale: 1.Descrizione del territorio; 2.Banche dati; 3.Cartografia di base; 4.Supporti informatici; 5.Analisi storica dei dati AIB; 111 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 6.Obiettivi prioritari da difendere; 7.Modello organizzativo. II. Previsione: 8. Le cause determinanti e i fattori predisponenti l'incendio; 9. Le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate a mezzo di apposita cartografia tematica; 10. Le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l'indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti; 11. I periodi a rischio di incendio boschivo, con l'indicazione delle prevalenti caratteristiche anemologiche stagionali; 12. Gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica; 13. Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare. III.Prevenzione: 14. Contrasto alle azioni determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d) dell'art. 3, comma 3, della legge n. 353/2000; 15. La consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico; 16. Le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio; 17. Le esigenze formative e la relativa programmazione; 18. Le attività informative. IV. Lotta attiva: 19. La consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi; 20. Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento; 21. Sale operative unificate permanenti (SOUP); 22. Intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni inadempienti; V. Sezione aree naturali protette regionale. 112 VI.Sezione parchi naturali e riserve naturali dello Stato. VII. Previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano stesso. 3.Contenuti dello schema di Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. I. Parte generale: 1. Descrizione del territorio: la descrizione dell'ambito territoriale regionale con la specificazione delle zone boscate, arborate, cespugliate, ecc., concorre a fornire gli elementi indispensabili per definire gli obiettivi prioritari da difendere. 2. Banche dati: le regioni sono tenute a costituire e ad aggiornare con cadenza annuale una base dati relativa a: gli incendi boschivi degli ultimi 5 anni (fonti: schede AIB-FN del CFS; comuni, comunità montane ed enti gestori delle aree protette, VVF); per quanto attiene la procedura per l'archiviazione dei fogli notizia incendi deve essere utilizzata quella del Ministero delle politiche agricole e forestali denominata AIBFNWIN. Il rilascio delle licenze e degli aggiornamenti software alle regioni avverrà a titolo gratuito a cura di detto Ministero. Le regioni sono tenute a trasmettere i propri file di dati AIB-FN al Ministero delle politiche agricole e forestali, al Ministero dell'interno e al Dipartimento della protezione civile. Le regioni che abbiano già una propria procedura di archiviazione ed elaborazione dei fogli notizie incendi boschivi potranno mantenere i propri standard fornendo comunque al Ministero delle politiche agricole e forestali, al Ministero dell'interno e al Dipartimento della protezione civile dati compatibili con le finalità previste; le reti di monitoraggio, avvistamento, telecomunicazione; gli interventi infrastrutturali e selvicolturali già effettuati; mezzi e materiali disponibili presso tutti i soggetti impegnati; le informazioni relative alle squadre di personale addetto alle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva dislocate sul territorio (centro operativo e ambito territoriale di pertinenza; individuazione responsabile; nominativi, Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 3. 4. 5. 6. numeri telefonici, turnazione, grado di addestramento, dotazione individuale e settori di impiego degli addetti; mezzi a disposizione delle squadre, ecc.); le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi. L'eventuale utilizzo di sistemi GIS per la gestione delle informazioni richiede, ovviamente, che dette banche dati siano opportunamente e adeguatamente georeferenziate. Cartografia di base. Dovrà essere predisposta una serie di carte tematiche, di adeguata scala che evidenzino almeno: a)i limiti amministrativi con l'individuazione dei centri operativi, la dislocazione delle squadre (e relativi ambiti di pertinenza) e mappa degli obiettivi da difendere con l'indicazione delle priorità; b)aree percorse dal fuoco; c)vegetazione; d)uso del suolo; e)viabilità e punti di approvvigionamento idrici. La scala dei vari elaborati sarà opportunamente scelta in base alle esigenze riscontrate da ogni regione e al livello di precisione dei dati; trattandosi comunque di un livello geografico alquanto vasto, potrebbe essere opportuno anche un livello comunale o subcomunale per aree omogenee; laddove ce ne fosse la possibilità, sarebbe utile comunque scegliere scale di livello più dettagliato; in ogni caso è preferibile non scendere, per gli elaborati derivati, al di sotto della scala 1:50.000. Supporti informatici. È opportuno che vengano descritti i sistemi informativi e le strutture informatiche per la gestione delle banche dati e della cartografia. Analisi statistica dei dati AIB. La descrizione e l'analisi dei dati relativi all'evoluzione del fenomeno degli incendi boschivi, in ordine all'andamento delle variabili che lo caratterizzano, è funzionale alla verifica di quanto attuato negli anni precedenti e alla definizione di strategie organizzative e operative finalizzate al conseguimento di migliori risultati. Obiettivi prioritari da difendere. L'individuazione degli obiettivi prioritari da difendere rappresenta una nuova strategia di lotta contro gli incendi boschivi finalizzata alla riduzione dei danni eco- nomici e alla mitigazione delle conseguenze sul patrimonio ambientale e socio-culturale nonché alla conservazione del bene inteso come elemento indispensabile della qualità della vita. La definizione degli obiettivi consente di fissare una scala di priorità di supporto all'attività decisionale nella fase dell'attivazione dell'intervento di difesa e di contrasto agli incendi. Per la determinazione degli obiettivi prioritari sono da considerare quali elementi di valutazione: a)presenza antropica (strutture abitative, industriali, commerciali, turistiche); b)pregio vegetazionale e ambientale: aree naturali protette; c)aree boscate e/o non boscate limitrofe alle aree di cui ai punti a) e b); d)rimboschimenti di giovane età e/o boschi di conifere; e)difficile accessibilità da terra verso le aree di cui ai punti precedenti. Le regioni inviano al COAU del Dipartimento della protezione civile l'elenco degli obiettivi prioritari da difendere. Il COAU ne tiene conto per stabilire la priorità dell'invio dei mezzi aerei AIB. 7. Modello organizzativo. Nel piano dovrà essere sinteticamente descritto il modello organizzativo con le indicazioni delle strutture e delle forze utilizzate, nonché gli eventuali accordi che la regione promuove con le amministrazioni pubbliche e private ai fini dell'attuazione delle varie fasi del piano. II. Previsione: 8. Le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio. Per fattori predisponenti si intende l'insieme degli aspetti che favoriscono l'innesco di un incendio e la propagazione del fuoco: condizioni climatiche (alte temperature, siccità, ventosità, bassa umidità relativa, ecc.), geomorfologia (pendenze, esposizione all'irraggiamento solare, ecc.), caratteristiche vegetazionali e selvicolturali (presenza di specie più o meno infiammabili e/o combustibili, contenuto d'acqua, stato di manutenzione del bosco, ecc.). Per cause determinanti si intendono gli aspetti che in una situazione definita da fattori predisponenti possono dar luogo 113 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 114 all'immediato sviluppo e alla propagazione del fuoco. Le cause determinanti dovranno essere distinte in conformità al regolamento CEE n. 804/94 relativo all'attuazione di un sistema comunitario di informazione sugli incendi di foresta denominato "Base comune minima d'informazioni sugli incendi di foresta" che classifica l'origine presunta di ciascun incendio secondo le quattro categorie di seguito riportate: incendio di origine ignota; incendio di origine naturale; incendio di origine colposa; incendio di origine dolosa. 9. Le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia. Il piano contiene la cartografia delle aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, aggiornata annualmente (utilizzando, ove disponibili, i rilievi realizzati dai comuni per l'apposizione del regime vincolistico previsto per le aree percorse dal fuoco dall'art. 10 della legge n. 353/2000), preferibilmente riportata e archiviata in formato digitale. Le procedure tecniche per la definizione delle aree potranno essere modificate alla luce dei risultati della sperimentazione di tecniche satellitari prevista dall'art. 12, comma 5, della legge n. 353/2000, alla quale le regioni sono chiamate a concorrere per la validazione dei dati. La relazione delle aree percorse dal fuoco con il data-base territoriale può utilizzare il Sistema informativo della montagna (SIM) del Corpo forestale dello Stato (CFS), già attivo come sportello unico per l'utenza della montagna presso tutte le regioni, le sedi periferiche dello stesso Corpo, le comunità montane, gli enti parco e alcuni comuni. Il SIM - fornito a titolo gratuito dal CFS - registrerebbe così i territori interessati dall'apposizione del regime vincolistico e consentirebbe un facile riscontro al momento della richiesta da parte del proprietario di rilascio di eventuali nullaosta. 10. Le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l'indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti. La valutazione del grado di rischio attri- buibile alle diverse formazioni forestali, vale a dire la loro propensione a essere percorse più o meno facilmente dal fuoco, deve tenere conto delle caratteristiche peculiari della vegetazione, di quelle geomorfologiche e meteoclimatiche nonché del fattore antropico nelle accezioni del comportamento umano, del grado di urbanizzazione, della viabilità e del livello socio-economico della zona. Pertanto, la caratterizzazione del territorio dal punto di vista del rischio di incendio boschivo sarà data dalla sovrapposizione, opportunamente ponderata, delle informazioni relative: all'estensione delle aree boscate, alla tipologia vegetazionale, alle condizioni d'uso e allo stato di conservazione del bosco, alla presenza di zone di particolare interesse naturalistico, paesaggistico e ambientale, alla frequenza d'innesco d'incendio e all'estensione delle aree percorse dal fuoco, alle aree agricole, alla densità della popolazione, ai flussi turistici, alla rete viaria, ai centri abitati, alle aree oggetto di contenzioso tra pubblico e privato, alle caratteristiche orografiche, all'esposizione e alle pendenze dei versanti, alle caratteristiche climatiche e meteorologiche. I dati potranno anche essere rilevati integrando le diverse metodologie esistenti (telerilevamento aereo/satellitare o rilievi a terra), che permettono di indagare superfici di dimensioni diverse con diverso grado di risoluzione spaziale. Ove possibile, sarebbe opportuno effettuare tale analisi - previa elaborazione di un'adeguata cartografia tematica - a mezzo di supporto GIS. 11. I periodi a rischio di incendio boschivo, con l'indicazione delle prevalenti caratteristiche anemologiche stagionali. Le risultanze dei sistemi di previsione messi in atto dalla regione forniscono gli elementi essenziali per individuare i periodi a rischio di incendi boschivi e i relativi divieti sulla base anche dei dati meteorologici e dell'aridità (o umidità) del suolo. 12. Gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica. Il piano contiene la descrizione degli indici di pericolosità giornaliera di incendio boschivo, adottati dalla regione in Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 funzione delle specifiche caratteristiche territoriali e meteoclimatiche. Detti indici esprimono numericamente la probabilità che una determinata formazione forestale possa essere interessata da un incendio in relazione ai fattori predisponenti precedentemente definiti: caratteristiche strutturali e fisiche (stato di manutenzione, infiammabilità e combustibilità, contenuto d'acqua, ecc.), condizioni meteorologiche (venti, temperature, umidità relativa, piogge) e aspetti geomorfologici della zona stessa (pendenze, esposizione, ecc.). In particolare, qualora le regioni non dispongano già di metodologie di valutazione dell'indice giornaliero di pericolosità di incendio, dovranno essere preferibilmente adottati metodi meteorologici, cumulativi di inizio e diffusione, basati comunque su criteri fissati dalla Commissione europea per la previsione del pericolo di incendio (sistema EUDIC). Gli indici potranno essere rappresentati utilizzando appositi supporti cartacei e/o GIS o, anche, direttamente i servizi territotiali del sistema informativo della montagna (SIM) del CFS, visualizzando mediante scale di colori i vari tematismi che consentono di avere una visione sinottica della pericolosità. L'indice di pericolosità definito giornalmente da parte della regione sarà oggetto di apposita, tempestiva comunicazione (che metta debitamente in rilievo gli aspetti meteorologici avversi, e in particolare i forti venti) da parte della regione medesima alle proprie strutture operative AIB e agli enti locali secondo protocolli prestabiliti. 13. Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare. Le informazioni necessarie alla creazione e alla gestione di banche dati, alla redazione della cartografia tematica, all'utilizzo di simulatori di eventi e di modelli di propagazione del fuoco possono essere acquisite tramite rilevamento da piattaforma satellitare o da mezzo aereo o con rilievi diretti da terra; dette metodologie possono essere altresì impiegate per attività di sorveglianza e controllo del territorio. III. Prevenzione. 14. Contrasto alle azioni determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d) dell'art. 3, comma 3, della legge n. 353/2000. Le regioni, in base alle loro specifiche situazioni, definiscono le azioni che possono determinare lo sviluppo degli incendi boschivi e da assoggettare a divieti. In ogni caso, oltre a definire la tipologia delle azioni, deve essere indicata anche la loro applicazione sia in termini temporali che territoriali. 15. La consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico. Gli interventi strutturali e infrastrutturali per la previsione, la prevenzione e la lotta attiva contro gli incendi boschivi (viali tagliafuoco, piste e sentieri antincendio, punti di approvvigionamento idrico, sistemi di avvistamento, basi per i mezzi terrestri e aerei, ecc.) dovranno essere programmati dalla regione in base alla priorità degli obiettivi da difendere e a criteri di ottimizzazione operativa e gestionale delle attività. La regione fissa le tipologie e gli standards relativi alla realizzazione degli interventi in base alle proprie caratteristiche ambientali e territoriali nonché le modalità per l'affrancazione dei terreni individuati per la realizzazione di interventi strutturali e infrastrutturali preventivi ove detti terreni fossero soggetti a uso civico ai sensi della legge 16 giugno 1927, n. 1766. 16. Le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio. Il piano contiene la programmazione di interventi di gestione, manutenzione e pulizia del bosco, nelle aree a elevato rischio di incendio, volti: alla riduzione della biomassa particolarmente combustibile e alla rimozione della necromassa; all'ottenimento di soprassuoli forestali misti e ben strutturati; dove possibile, alla conversione dei 115 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 116 cedui in fustaia; alla rigenerazione delle ceppaie e alla protezione della rinnovazione naturale; al diradamento e allo sfoltimento dei vecchi rimboschimenti di conifere eccessivamente densi; al decespugliamento, allo sfalcio, alla ripulitura e al diserbo (da parte degli enti competenti, nel rispetto del codice della strada e delle altre norme vigenti) delle scarpate e dei margini stradali, autostradali e ferroviari adiacenti formazioni boschive. Gli interventi di rimboschimento e quelli di ingegneria naturalistica (con particolare attenzione a quelli necessari per il ripristino dell'assetto idrogeologico dei versanti e per la valorizzazione ambientale dei siti) vanno fatti, nel rispetto di quanto disposto dall'art. 10 della legge n. 353/2000 in ordine ai soprassuoli percorsi dal fuoco, in modo da regolare la distribuzione spaziale dei diversi tipi di combustibili vegetali creando alternanza di zone a combustibilità diversa e soluzioni di continuità sia in senso orizzontale che verticale. Le regioni, ai sensi del comma 3, art. 4, della legge n. 353/2000, possono concedere contributi a privati proprietari di aree boscate, per operazioni di pulizia e di manutenzione selvicolturale prioritariamente finalizzate alla prevenzione degli incendi boschivi. È opportuno che gli enti locali promuovano, in anticipo rispetto alla stagione a rischio, interventi nel settore della prevenzione (per esempio, iniziative per la gestione e manutenzione dei boschi), prevedendo, laddove possibile, incentivi economici connessi ai migliori risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco rispetto agli anni precedenti. 17. Le esigenze formative e la relativa programmazione. Il piano prevede la realizzazione da parte delle regioni, anche in forma associata, delle attività formative e addestrative destinate a tutti i soggetti utilizzabili per l'attuazione delle attività di previsione e prevenzione (compreso l'utilizzo di software e di strumenti informatici quali l'EUDIC e il SIM o qualsivoglia supporto GIS). Il personale da impegnare nelle attività di spegnimento sarà sottoposto all'accertamento dell'idoneità fisica e a uno specifico addestramento nel rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Per l'addestramento le regioni potranno avvalersi della facoltà di cui all'art. 5, comma 3, della legge n. 353/2000. 18. Le attività informative. Le regioni dovranno descrivere le modalità con le quali intendono divulgare le notizie relative alla propria organizzazione e attività AIB. I soggetti competenti in materia di incendi boschivi, ognuno al proprio livello, utilizzano tutti i mezzi di comunicazione disponibili per effettuare campagne di sensibilizzazione e di educazione sul problema degli incendi boschivi e della salvaguardia dei boschi nonché per portare a conoscenza dei cittadini i divieti, le limitazioni da osservare, le norme comportamentali da tenere nei boschi e le misure di autoprotezione da assumere in caso di incendio. Particolare attenzione deve essere rivolta alla informazione nelle scuole di ogni ordine e grado, organizzando, di concerto con le autorità competenti, incontri tra studenti e operatori del settore. Il messaggio informativo, opportunamente veicolato dai media, risulta indispensabile per divulgare le notizie riguardo a: i periodi di massima pericolosità e le prescrizioni previste per la limitazione delle cause d'innesco d'incendio; i vincoli e i divieti (con le relative sanzioni); i danni e le conseguenze diretti ed indiretti causati dal fenomeno degli incendi boschivi; la conoscenza di norme comportamentali e di autoprotezione da tenersi in caso di incendio boschivo; i numeri telefonici ai quali i cittadini possono comunicare situazioni a rischio o incendi avvistati. Detto messaggio, in particolare, è rivolto agli operatori delle attività silvopastorali e turistiche, alle associazioni di categoria, ai proprietari dei terreni, agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e alle organizzazioni di volontariato. IV. Lotta attiva 19. La consistenza e la localizzazione dei Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi. Il piano contiene la descrizione della struttura operativa AIB e le procedure per la lotta attiva, con particolare riferimento all'organizzazione e alla localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane per lo svolgimento delle attività di lotta attiva, appartenenti e attivate dalla regione e dagli enti locali. Al fine di un migliore coordinamento degli interventi, le regioni promuovono intese tra i corpi operativi nazionali e la propria organizzazione, considerando anche la possibilità che a tali strutture possa essere assegnata un'area di azione sulla quale sono chiamate prioritariamente a intervenire. 20. Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento. Dall'efficienza con la quale è gestita la rete di ricognizione-sorveglianza-avvistamento-allarme, fissa e mobile, terrestre ed aerea, dipende la rapidità e l'efficacia dell'intervento di spegnimento. Ricognizione. Sarà effettuata con particolare riferimento agli obiettivi prioritari da difendere nei periodi di maggior pericolo, con mezzi aerei leggeri e/o tramite squadre a terra adeguatamente attrezzate. Sorveglianza. Nelle aree di particolare pregio o a rischio particolarmente elevato, sarà predisposta attività di sorveglianza in modo intensivo e continuativo, con l'utilizzo di squadre addette al controllo del territorio e/o con sistemi fissi di monitoraggio e/o con una rete di osservazione da vedetta uniformemente distribuita sul territorio in questione. Avvistamento. Sarà effettuato da terra (a mezzo di squadre mobili sul territorio e/o di vedette fisse), da mezzo aereo, anche con sistemi di avvistamento automatici fissi (sensori all'infrarosso, telecamere, ecc.). Allarme. La segnalazione dell'allarme perviene ai centri di ascolto dedicati sia dagli addetti ai servizi di ricognizione-sorveglianzaavvistamento e sia da altri soggetti pubblici e privati tramite l'utilizzo di reti di telecomunicazione (riservate per gli operatori) o a mezzo di linee telefoniche i cui riferimenti dovranno essere opportunamente pubblicizzati. Spegnimento. Il piano prevede la dislocazione sul territorio di squadre di intervento per lo spegnimento a terra formate da un numero congruo di addetti specializzati. Sono individuati su apposita mappa (preferibilmente su supporto GIS) gli obiettivi prioritari da difendere e l'ambito territoriale di pertinenza di ciascuna squadra includendo anche, previa specifica intesa, le strutture operative dei CNVVF e CFS. Per ogni ambito territoriale viene altresì individuata la figura del coordinatore delle operazioni. Di norma le squadre operano nell'ambito del territorio di competenza, ma è possibile anche l'impiego in altra zona del territorio regionale qualora particolari emergenze lo esigano, ferma restando l'attribuzione del coordinamento delle operazioni. Le squadre sono impiegate con modalità di piena disponibilità nei periodi di massima pericolosità; con il criterio della reperibilità, nei periodi di allertamento e nelle ore fuori servizio. Ogni squadra sarà di norma dotata di: mezzo fuoristrada per attività di sorveglianza e di primo intervento; apparecchi radio fissi, veicolari e portatili per la connessione via etere, su frequenze prestabilite riportate all'interno del piano, compresi apparati per il collegamento radio TBT per guidare gli interventi aerei; GPS; attrezzature per l'avvistamento; accorgimenti per il riconoscimento delle squadre; attrezzature di autoprotezione previste dalle vigenti normative in materia di sicurezza sul lavoro. Le indicazioni relative alla localizzazione di detti mezzi e attrezzature vanno riportate sullo stesso tematismo che individua le aree e la localizzazione delle squadre d'intervento. Le squadre a terra, sempre in diretto contatto radio o telefonico con le centrali operative, possono essere impiegate anche, ovviamente, nelle fasi di ricognizione-avvistamento-sorveglianza, in 117 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 20/12/2001 118 modo da ridurre il più possibile i tempi di intervento sul fuoco. Al di fuori dei periodi a rischio, il personale delle squadre può essere impiegato in attività di prevenzione del rischio incendi boschivi. 21. Sale operative unificate permanenti (SOUP). La Sala operativa unificata permanente (SOUP) dovrà assicurare il collegamento e il coordinamento fra il livello regionale e quello locale; dovrà gestire l'intervento dei mezzi aerei regionali, ove esistenti nonché le fasi relative alla richiesta di concorso aereo dei mezzi aerei dello Stato per lo spegnimento degli incendi boschivi. Detta richiesta, opportunamente motivata, deve essere inoltrata secondo le procedure stabilite dal Dipartimento. La SOUP, nei periodi a maggior rischio di incendio boschivo, dovrà assicurare un funzionamento di tipo continuativo e un collegamento permanente con le strutture operative interessate agli interventi (CFS, CNVVF, volontariato). La SOUP contribuisce ad assolvere un insieme di esigenze proprie delle attività di protezione civile ed è pertanto auspicabile che, a regime, essa rappresenti il centro operativo regionale per il concorso alla gestione delle emergenze relative ai diversi rischi che insistono sul territorio regionale nonché l'organo di collegamento tra le componenti territoriali deputate a svolgere compiti di protezione civile. 22. Intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni inadempienti. Il comma 4 dell'art. 3 della legge n. 353/2000 prevede che in caso di inadempienza delle regioni, il Ministro dell'interno, avvalendosi del Dipartimento, del CNVVF e del CFS, sentita la Conferenza unificata, predisponga anche a livello interprovinciale le attività di emergenza per lo spegnimento degli incendi boschivi, tenendo conto delle strutture operative delle province, dei comuni e delle comunità montane. L'Ufficio territoriale di governo assicurerà il coordinamento (con operatività h24) delle risorse umane e dei mezzi disponibili sul territorio avvalendosi del CFS e del CNVVF, previa specifica pianificazione d'emergenza predisposta, per quanto possibile, secondo i criteri generali e le linee di indirizzo riportate nel presente documento. V. Sezione aree naturali protette regionali. Questa sezione segue la struttura del piano organizzata secondo i contenuti riportati in precedenza. Nel contempo, le particolari caratteristiche di pregio vegetazionale, ambientale, paesaggistico e socio-culturale impongono adeguate misure rafforzative per la previsione, la prevenzione e la lotta attiva contro gli incendi. Le attività di previsione e prevenzione sono svolte dagli enti gestori (e solo in caso di inadempienza di questi, da province, comunità montane e comuni secondo le attribuzioni decise dalle regioni). VI. Sezione parchi naturali e riserve naturali dello Stato. Questa sezione contiene il piano predisposto dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni, per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato, ai sensi dell'art. 8, comma 2, della legge n. 353/2000. VII. Previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano. La spesa relativa a tutte le attività previste nel piano e la ripartizione di questa sui capitoli di spesa regionali (relativi alle spese ordinarie, le spese di breve periodo, gli investimenti di medio e lungo periodo) è inserita in un'apposita sezione del piano stesso. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 21 dicembre 2001 DECRETO MINISTERIALE Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali protette (G.U. n. 91 del 18 aprile 2002) IL DIRETTORE GENERALE DEL SERVIZIO INQUINAMENTO ATMOSFERICO E RISCHI INDUSTRIALI Visti i decreti legislativi n. 29/1993 e n. 80/1998; Vista la legge n. 468 del 5 agosto 1978 e successive modificazioni, concernente la "Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio", così come modificate con legge n. 94 del 3 aprile 1997; Visto il decreto legislativo n. 279 del 7 agosto 1997, concernente "L'individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di Tesoreria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato"; Vista la legge 8 luglio 1986 n. 349, relativa all'istituzione del Ministero dell'ambiente ed il relativo regolamento di organizzazione adottato con decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 19 giugno 1987; Vista la delibera del C.I.P.E. del 18 novembre 1998, "Linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra" ed i successivi aggiornamenti dei programmi nazionali per l'attuazione degli obiettivi fissati nel protocollo di Kyoto; Visto il decreto ministeriale del 29 dicembre 2000, concernente la "Ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base relative al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2001"; Visto il decreto del Ministero dell'ambiente del 3 maggio 2001, prot. n. GAB/DEC/089/2001 con il quale sono state direttore del Servizio IAR risorse pari a lire 35.000 milioni per il finanziamento di interventi di promozione di fonti rinnovabili per produzione di energia; Considerato il grande interesse manifestato dai comuni insistenti in aree parco che hanno partecipato al programma "Tetti fotovoltaici" del Ministero dell'ambiente avviato con decreti 99/SIAR/2000 e 106/SIAR/2001; Considerato che il Servizio IAR ha ritenuto opportuno avviare un programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, di interventi di risparmio energetico e di mobilità sostenibile di concerto con il Servizio conservazione natura e ne ha chiesto la partecipazione e il cofinanziamento con nota del 18 dicembre 2001 prot. 4324/SIAR/2001; Considerata la lettera del 19 dicembre 2001 prot. SCN/UD/2001/24220 con cui il Servizio conservazione natura esprime interesse a cofinanziare il programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, di interventi di risparmio energetico e di mobilità sostenibile presso i Parchi nazionali italiani con un proprio cofinanziamento pari ad 1.000.000.000 di lire; DECRETA: Art. 1 Finalità Il presente decreto è volto a finanziare un programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili di interventi di risparmio energetico e di mobilità sostenibile nelle aree naturali protette italiane. Art. 2 Modalità di attuazione Le modalità di attuazione del programma verranno disciplinate da successivo decreto. 119 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 21/12/2001 Art. 3 Risorse finanziarie Con il presente decreto vengono impegnati 3872,54 milioni di lire (pari a 2 milioni di euro), di cui lire 1936,27 milioni pari Euro 1 milione a valere sulle risorse assegnate dal Ministro dell'ambiente con decreto del 3 maggio 2001, prot. n. GAB/DEC/089/2001 sul capitolo 7082, U.P.B. 1.2.1.4. e lire 1936,27 milioni pari Euro 1 milione a valere sulle risorse assegnate dal Ministro dell'ambiente con decreto del 23 novembre 2001, prot. n. GAB/DEC/160/2001 sul capitolo 7082, U.P.B. 1.2.1.4. Il presente provvedimento sarà trasmesso al competente organo di controllo per gli adempimenti di rito. ALLEGATO TECNICO PROGRAMMA DI "DIFFUSIONE DI FONTI RINNOVABILI E INTERVENTI DI MOBILITÀ SOSTENIBILE NELLE AREE NATURALI PROTETTE ITALIANE" Il Ministero dell'ambiente ha avviato nel corso del 2001 un programma destinato alla realizzazione di piani di diffusione di Fonti energetiche rinnovabili (F.E.R.), risparmio energetico e mobilità sostenibile nelle isole minori italiane sedi di aree naturali protette. Il programma ha visto una larghissima partecipazione da parte delle amministrazioni comunali isolane: oltre 20 isole minori stanno elaborando programmi di diffusione delle tecnologie nel territorio. Sulla scia di questa esperienza positiva il Servizio I.A.R. ha proposto al Servizio conservazione natura del Ministero dell'ambiente l'avvio di un programma di diffusione di fonti energetiche rinnovabili e interventi di mobilità sostenibile rivolto alle aree naturali protette italiane. Il programma prevede la realizzazione di una attività di promozione delle energie rinnovabili, del risparmio energetico e della mobilità sostenibile nelle aree protette attraverso un bando destinato agli enti gestori. L'obiettivo del programma è stimolare la definizione di piani di sviluppo del sistema energia nei parchi e della mobilità sostenibile attraverso un meccanismo che miri a premiare le migliori soluzioni progettuali. Fasi del programma Il programma si realizzerà in due fasi successive: 1) realizzazione di studi di fattibilità relativi a forme di mobilità sostenibile e impiego delle fonti rinnovabili con un coinvolgimento degli enti locali insistenti nelle aree; 2) valutazione delle proposte progettuali, selezione delle migliori e cofinanziamento per la realizzazione delle soluzioni presentate. 120 Soggetti coinvolti Il Programma vede in una prima fase il coinvolgimento dei Parchi nazionali italiani. In una seconda fase sarà esteso ai Parchi regionali con il coinvolgimento sia economico che gestionale delle regioni. Modalità di attuazione Il Ministero dell'ambiente pubblica entro il mese di marzo 2002 un bando destinato agli Enti parco. Gli Enti parco aderiscono al bando con una dichiarazione di interesse nella quale si impegnano a predisporre piani di sviluppo e diffusione di energie rinnovabili, risparmio energetico e/o mobilità sostenibile. Nel predisporre i piani gli Enti gestori curano il coinvolgimento dei comuni afferenti al proprio territorio il cui ruolo è fondamentale per la fase successiva di realizzazione del programma. Gli Enti parco devono adottare i programmi per lo sviluppo della mobilità sostenibile, le fonti rinnovabili e il risparmio energetico con specifico atto deliberativo. Risorse finanziarie e investimenti Il Servizio I.A.R. impegna 1 ML di Euro con risorse 2001. Il Servizio conservazione natura ha impegnato nel corso del 2001, 0,52 ML di euro pari a 1 miliardo di lire. Altre risorse possono essere destinate al programma a valere sulle disponibilità 2002. La realizzazione degli studi viene finanziata nella misura massima del 50% dal Ministero dell'ambiente. Per la realizzazione delle opere si prevede un forte coinvolgimento finanziario degli enti locali, prevedendo la seguente ripartizione: Finanziatore Ministero ambiente Enti parco Comuni dei parchi Risorse % 25% 25% 50% Interventi ammissibili a finanziamento Nella definizione del bando verranno individuati puntualmente gli interventi finanziabili tra cui: 1) interventi di risparmio energetico e razionalizzazione dell'uso dell'energia; 2) utilizzo di collettori solari termici a bassa temperatura per la produzione di acqua calda sanitaria, riscaldamento dell'acqua delle piscine, riscaldamento/raffrescamento degli ambienti; 3) impiego di tecnologie rinnovabili - fotovoltaico, eolico, biomasse (esclusi i rifiuti) e geotermica - per la generazione di energia elettrica e termica; 4) impiego di tecnologie innovative (es. celle a combustibile, collettori solari a media temperatura) per la generazione di energia e per l'integrazione in sistemi di generazione, distribuzione ed uso dell'energia elettrica e del calore (anche in cogenerazione). Per gli interventi relativi alla mobilità sostenibile: 1) introduzione di veicoli a minimo impatto ambientale; 2) progettazione e realizzazione di servizi flessibili di trasporto collettivo (servizi a chiamata; taxi collettivo, car sharing, utilizzo plurimo dei veicoli di proprietà delle amministrazioni o delle aziende pubbliche, anche di località diverse dal comune proponente il progetto, servizi di noleggio di veicoli a due o quattro ruote elettrici o a minimo impatto ambientale); 3) progettazione e realizzazione di centri servizi per la manutenzione dei veicoli a trazione alternativa; 4) interventi di mobilità nautica sostenibile. Criteri di selezione Verrà definita nel bando una griglia di criteri di valutazione che dovrà includere: 1) l'entità della quota di finanziamento messo a disposizione dal soggetto proponente anche in sinergia Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 21/12/2001 con risorse aggiuntive messe a disposizione, da soggetti terzi; 2) la capacità di raccordo e sinergia tra diversi comuni dello stesso territorio del parco; 3) la riproducibilità del progetto in altre aree naturali protette; 4) la coerenza con altre iniziative già avviate o pianificate dal proponente ove si concretizzi un forte indirizzo verso la eco-sostenibilità; 5) la presenza di rilevanti aspetti di innovazione tecnologica; 6) l'affidabilità dei sistemi di gestione; Fasi Pubblicazione di un bando per gli Enti parco Presentazione dichiarazione di interesse dei parchi Coinvolgimento dei comuni da parte dei parchi Presentazione degli studi di fattibilità Valutazione degli studi di fattibilità Accordi tra enti finanziatori e soggetti attuatori Inizio lavori Fine opere 7) l'applicazione della contrattazione a prestazione garantita per le forniture previste (contratti di garanzia dei risultati); 8) il cofinanziamento da parte di soggetti privati cofinanziatori e di società di servizi energia; 9) la creazione di servizi con caratteristica di stabilità nel tempo e capacità di generazione di nuova occupazione; 10) l'introduzione di meccanismi di gestione della domanda (D.S.M. - Demand Side Management). Programmazione temporale Lo svolgimento del programma seguirà la seguente tempistica di massima: Tempi Marzo 2002 Aprile 2002 Giugno 2002 Dicembre 2002 Gennaio 2003 Febbraio 2003 Febbraio 2003 Febbraio 2003 121 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 21 dicembre 2001 DECRETO MINISTERIALE Recepimento della direttiva 2001/7/CE della Commissione del 29 gennaio 2001 che adatta per la terza volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada (G.U. n. 1 del 2 gennaio 2002) IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI Visto l'art. 229 del nuovo codice della strada approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 1992 che delega i Ministri della Repubblica a recepire, secondo le competenze loro attribuite, le direttive comunitarie afferenti a materie disciplinate dallo stesso codice; Visto l'art. 168 del nuovo codice della strada che ai commi 2 e 6 stabilisce la competenza del Ministro dei trasporti e della navigazione, nel frattempo divenuto Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a decretare in materia di sicurezza del trasporto su strada delle merci pericolose ispirandosi al diritto comunitario; Vista le legge 12 agosto 1962, n. 1839, e successive modificazioni ed integrazioni, con la quale è stato ratificato l'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose su strada, denominato ADR; Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 4 settembre 1996 ed i relativi allegati A e B, pubblicati nel supplemento ordinario n. 211 alla Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 1996, di attuazione della direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada; 122 Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 15 maggio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 4 giugno 1997, di attuazione della direttiva 96/86/CE della Commissione che adegua al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE relativa al trasporto di merci pericolose su strada; Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 28 settembre 1999, pubblicato nel supplemento ordinario n. 186 alla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 22 ottobre 1999, di attuazione della direttiva 1999/47/CE della Commissione che adegua per la seconda volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE relativa al trasporto di merci pericolose su strada; Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 3 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, con il quale è stata attuata la direttiva 2000/61/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica la direttiva 94/55/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada, ed è stato abrogato il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 4 settembre 1996 ad eccezione degli allegati A e B; Vista la direttiva 2001/7/CE della Commissione del 29 gennaio 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L 30 del 1° febbraio 2001, che adatta per la terza volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada; ADOTTA il seguente decreto: Recepimento della direttiva 2001/7/CE della Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 21/12/2001 Commissione del 29 gennaio 2001, che adatta per la terza volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada. transitorio fino al 31 dicembre 2002, tranne che per le merci pericolose della classe 7, relativa alle materie radioattive, per le quali il periodo transitorio termina il 31 dicembre 2001. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Art. 1 1. Gli allegati A e B al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 4 settembre 1996, come da ultimo aggiornati con il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 28 settembre 1999, sono così modificati: a)l'allegato A è sostituito dal seguente: "Allegato A: disposizioni dell'allegato A dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada (ADR), in vigore a decorrere dal 1° luglio 2001, fermo restando che l'espressione "parte contraente è sostituita da "Stato membro". b)l'allegato B è sostituito dal seguente: "Allegato B: disposizioni dell'allegato B dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada (ADR), in vigore a decorrere dal 1° luglio 2001, fermo restando che l'espressione "parte contraente è sostituita da "Stato membro ". 2. Le disposizioni degli allegati A e B dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose (ADR), nel testo consolidato dalla versione 2001, in vigore dal 1° luglio 2001, di cui al comma 1, sono consultabili sul sito Internet www.unece.org/trans/danger/danger.htm 3. La traduzione in lingua italiana del testo consolidato dalla versione 2001 delle disposizioni degli allegati A e B dell'Accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada, di cui al comma 1, sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non appena ultimata la traduzione del testo stesso. Art. 2 1. L'applicazione delle disposizioni degli allegati A e B, di cui al comma 1 dell'art. 1, decorre dal 1° luglio 2001, con un periodo 123 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 27 dicembre 2001 DELIBERAZIONE DEL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI Criteri per l'iscrizione all'albo nella categoria 5 (raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi) ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (G.U. n. 21 del 25 gennaio 2002) IL COMITATO NAZIONALE DELL'ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni; Vista la legge 21 dicembre 2001, n. 443, ed, in particolare, l'art. 1, comma 15, recante la disciplina della continuazione delle attività di gestione dei rifiuti la cui classificazione è stata modificata dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio; Visto il decreto 28 aprile 1998, n. 406 del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, recante il regolamento di organizzazione e funzionamento dell'albo, ed in particolare l'art. 6, comma 1, lettera b), che attribuisce alla competenza del Comitato nazionale dell'albo la determinazione dei criteri di iscrizione nelle diverse categorie e classi; Ritenuto che, ai fini della prosecuzione delle attività in esercizio, è necessario precisare le modalità e i criteri della domanda per l'iscrizione all'albo nella categoria 5, ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi che in base alle citate decisioni della Commissione europea e del Consiglio e dalla entrata in vigore delle stesse vengono ad essere classificati pericolosi; 124 Considerato che, al fine di garantire alle imprese che presentano la domanda nei termini previsti dall'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, la prosecuzione dell'attività, è opportuno prevedere un periodo transitorio relativamente ai requisiti del responsabile tecnico stabiliti con deliberazione del Comitato nazionale 16 luglio 1999, prot. n. 003/CN/ALBO per l'iscrizione nella categoria 5; Considerato che ai medesimi fini, tenuto conto del limitato periodo di tempo previsto per la presentazione della domanda e dell'obiettivo primario dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, di assicurare l'esercizio delle attività in essere senza alcuna soluzione di continuità, si ritiene necessario consentire alle imprese già iscritte all'albo per l'attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi di continuare a svolgere, nelle more dell'iscrizione nella categoria 5 e comunque per un periodo transitorio temporalmente circoscritto, dette attività con i medesimi mezzi compresi nel provvedimento d'iscrizione e per gli stessi rifiuti che in base alle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni hanno una nuova classificazione; DELIBERA: Art. 1 Domanda d'iscrizione all'albo 1. Per la prosecuzione delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi che in base alle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni vengono ad essere classificati rifiuti pericolosi, i soggetti interessati devono, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicem- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 27/12/2001 bre 2001, n. 443: a)presentare domanda d'iscrizione all'albo nella categoria 5, qualora non iscritti in tale categoria; b)presentare domanda di variazione dell'iscrizione con richiesta di integrazione delle tipologie di rifiuti per i quali si intende proseguire l'attività, qualora già iscritti nella categoria 5; c)presentare domanda di passaggio di classe, qualora la quantità di rifiuti per i quali si intende proseguire l'attività comporti il superamento della quantità complessiva autorizzata in base alla classe della categoria 5 nella quale sono già iscritti. 2. Per la presentazione della domanda d'iscrizione o di variazione di cui al comma 1, deve essere utilizzato il modello allegato sotto la lettera A. 3. La domanda d'iscrizione o di variazione di cui al comma 1, deve essere corredata dalla documentazione prevista dall'art. 12 del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, ad esclusione della documentazione già in possesso della sezione regionale cui l'impresa richiedente dovrà fare riferimento. Le imprese già iscritte all'albo possono adeguare le dotazione di mezzi e di personale previste per l'iscrizione nella categoria 5 dalla deliberazione del Comitato nazionale 17 dicembre 1998, prot. n. 002/CN/ALBO, entro sei mesi dalla data di scadenza del termine di trenta giorni di cui all'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443. 4. Qualora la domanda d'iscrizione o di variazione di cui al comma 1 non venga presentata nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, l'iscrizione all'albo per le tipologie di rifiuti la cui classificazione è modificata dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni, si intende decaduta a decorrere dalla data di scadenza del predetto termine di trenta giorni. 5. L'eventuale richiesta di estendere l'iscrizione nella categoria 5 a tipologie di rifiuti ulteriori e diverse da quelle per le quali l'impresa interessata risulta già iscritta alla data di entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, resta sottoposta alla procedura ordinaria prevista per le nuove iscrizioni. Art. 2 Responsabile tecnico 1. Il responsabile tecnico delle imprese che presentano domanda d'iscrizione o di variazione nella categoria 5 ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, deve essere in possesso dei requisiti stabiliti per la medesima categoria dalla deliberazione del Comitato nazionale 16 luglio 1999, prot. n. 003/CN/ALBO. 2. Limitatamente alla prosecuzione delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti la cui classificazione è stata modificata dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni, i requisiti di cui al comma 1 possono essere soddisfatti, entro un anno dalla data di scadenza del termine di trenta giorni di cui all'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443; fino alla scadenza del predetto termine di un anno la funzione di responsabile tecnico può essere affidata ad uno dei soggetti di cui all'art. 10, comma 1, del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406. Art. 3 Garanzia finanziaria 1. Alla domanda presentata ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per l'iscrizione nella categoria 5 o per la variazione di classe all'interno della medesima categoria, deve essere allegata idonea garanzia finanziaria immediatamente efficace a copertura dei rischi connessi all'esercizio dell'attività svolta. 125 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 27/12/2001 ALLEGATO A ALBO NAZIONALE DELLE IMPRESE CHE EFFETTUANO LA GESTIONE DEI RIFIUTI SEZIONE REGIONALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Domanda di iscrizione/variazione ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ., in qualità di legale rappresentante della ditta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . con sede in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ❑ non iscritta all'albo* ❑ iscritta all'albo nella/e categoria/e . . . . . . . . . . . . . con il n.. . . . . . . . . . . . . chiede ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443: ❑ l'iscrizione nella categoria 5, classe . . . . . . . . . . . . ., per le sottoelencate tipologie di rifiuti: ❑ l'integrazione delle sottoelencate tipologie di rifiuti nella categoria 5: ❑ il passaggio dalla classe . . . . . . . . . . . . .alla classe . . . . . . . . . . . . ., della categoria 5 con integrazione delle sottoelencate tipologie di rifiuti: Tipologie di rifiuti raccolti e trasportati ** Codice CER Tipologia Tipologie di rifiuti per le quali si richiede l'scrizione** Codice dell'elenco dei rifiuti di cui alle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE, e successive modifiche e integrazioni Tipologia * imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, classificati non pericolosi in base alla previgente disciplina, da esse stesse prodotti, la cui classificazione è stata modificata dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni. ** tipologie di rifiuti classificati non pericolosi in base alla previgente disciplina, la cui classificazione è stata modificata dalle decisioni della Commissione europea e del Consiglio 2000/532/CE, 2001/118/CE e successive modifiche e integrazioni. Si allega la seguente documentazione: ❑ N . . . . . . . dichiarazione, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n.445/2000, con la quale il legale rappresentante dell'impresa e il responsabile tecnico attestano che le caratteristiche dei mezzi utilizzati sono conformi a quanto previsto per l'esercizio dell'attività dalla normativa vigente. ❑ N . . . . . . . garanzia finanziaria per l'importo relativo alla cat. 5, di cui all'art. 4, comma 3, del decreto ministeriale 8 ottobre 1996, come modificato con decreto ministeriale 23 aprile 1999. ❑ N . . . . . . . appendice garanzia finanziaria per adeguamento importo derivante dal passaggio dalla classe . . . . . . . alla classe . . . . . . . , della categoria 5, ai sensi dell'art. 4, comma 4, del decreto ministeriale 8 ottobre 1996, come modificato con decreto ministeriale 23 aprile 1999. ❑N....... ❑N....... Data, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126 Legale rappresentante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 8 gennaio 2002 DECRETO MINISTERIALE Istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali (G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI Vista la convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione (CITES), firmata a Washington il 3 marzo 1973, e ratificata con legge 19 dicembre 1975, n. 874; Visto il regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, ed in particolare l'art. 3 relativo al campo di applicazione dello stesso; Visto il regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive attuazioni e modificazioni, recante modalità d'applicazione del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, che sostituisce integralmente il regolamento (CE) 939/97 della Commissione del 26 maggio 1997, e successive attuazioni e modificazioni; Visto l'art. 4, comma 1, lettera b) della legge 9 dicembre 1998, n. 426, che inserisce il comma 5-bis all'art. 5 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, prevedendo che il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali emani il presente decreto per istituire il registro di detenzione degli esemplari di cui agli articoli 1 e 2 della legge 7 febbraio 1992, n. 150; Considerato che il Ministero dell'ambiente, ai sensi dell'art. 8 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, cura l'adempimento della convenzione di Washington, potendosi avvalere delle esistenti strutture del Corpo forestale dello Stato; Visto l'art. 8-quinquies, comma 3-quinquies, della legge 7 febbraio 1992, n. 150, che demanda al Ministero delle politiche agricole e forestali, tramite il Corpo forestale dello Stato, l'effettuazione delle certificazioni e dei controlli previsti dalla citata convenzione di Washington e dai citati regolamenti comunitari; Sentito il parere della Commissione scientifica di cui all'art. 4, comma 5, della legge 7 febbraio 1992, n. 150; Visto il decreto 3 maggio 2001 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 112 del 16 maggio 2001, con il quale è stato istituito il registro di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali; Ritenuto che, a seguito dell'esigenza di fornire una più articolata indicazione dei soggetti tenuti alla compilazione del registro, nonché delle difficoltà oggettive riscontrate per il ritiro e la compilazione dello stesso nei termini indicati dal decreto del 3 maggio 2001, si rende necessario sostituire il su citato decreto interministeriale; DECRETA: Art. 1 1. È istituito il registro di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali previsto dall'art. 5, comma 5-bis, della legge 7 febbraio 1992, n. 150. Il registro si riferisce agli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e alle parti di specie animali e vegetali, incluse negli allegati A e B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, così come definiti 127 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 08/01/2002 dall'art. 8-sexies della legge 7 febbraio 1992, n. 150, e dall'art. 2 del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, con l'esclusione di esemplari di specie vegetali riprodotte artificialmente ai sensi dell'art. 26 del regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive modificazioni, incluse nell'allegato B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso di specie che saranno incluse negli allegati A e B del regolamento (CE) 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. 3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali, predispone il registro di cui al comma 1, secondo i modelli riportati negli allegati al decreto del 3 maggio 2001. Art. 2 1. Sono tenuti alla compilazione del registro di cui al comma 1, i seguenti soggetti: a)le imprese commerciali in qualsiasi forma costituite e le strutture che esercitano attività circense, con l'esclusione dei soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del presente decreto; b)i giardini zoologici, gli orti botanici, gli acquari, le mostre faunistiche permanenti e itineranti, le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private che detengono esemplari da museo e da erbario con l'esclusione di quelle di cui all'art. 3, comma 1, let-tera b) del presente decreto; c)chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro o ponga in essere atti di disposizione finalizzati allo scambio, alla locazione, alla permuta o alla cessione a fini commerciali di qualsiasi natura e titolo, ivi compreso chiunque ottenga esemplari provenienti da sequestro, confisca, affidamento, fatte salve le disposizioni della legge 11 febbraio 1992, n. 157. Art. 3 128 1. Sono esclusi dall'obbligo della tenuta del registro: a)le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private autorizzate ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116; b)le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private registrate ai sensi dell'art. 1 del decreto 23 marzo 1994 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica; c)i soggetti detentori di esemplari appartenenti a specie incluse nell'allegato VIII del regolamento (CE) 1808/2001 della Commissione del 30 agosto 2001, e successive attuazioni e modificazioni, in conformità delle disposizioni dell'art. 32, comma 1, lettera a) dello stesso regolamento (CE); d)limitatamente agli esemplari morti di specie animali e vegetali ed alle parti di esemplari di specie animali e vegetali, coloro che esercitano il commercio al dettaglio, in conformità alla definizione di cui all'art. 4, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modifiche ed integrazioni, nonché coloro che effettuano lavorazioni per conto terzi. Art. 4 1. Gli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e le parti di specie animali e vegetali di cui al comma 1 dell'art. 1, detenuti alla data di consegna del registro di detenzione, devono essere iscritti nel medesimo registro entro il 31 gennaio 2002. 2. Le disposizioni del presente decreto si applicano altresì a coloro che risulteranno tenuti alla compilazione del registro, ai sensi del precedente art. 2, successivamente alla data del 31 gennaio 2002. 3. Per gli esemplari vivi o morti di specie animali e vegetali e per le parti di specie animali e vegetali di cui al comma 1 dell'art. 1, acquisiti o detenuti a qualsiasi titolo dopo il 31 gennaio 2002, l'iscrizione nel registro dovrà avvenire entro quindici giorni dall'acquisizione o detenzione stessa. 4. L'iscrizione nel registro di qualsiasi variazione degli esemplari detenuti andrà riportata entro quindici giorni dalla variazione medesima. Sono fatte salve le disposizioni della legge 7 febbraio 1992, n. 150, e successive modifi- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 08/01/2002 cazioni. 5. Per le parti di esemplari di specie di cui al comma 1 dell'art. 1, qualora risultino registrate in schede di carico e scarico vidimate dal Corpo forestale dello Stato alla data del 31 dicembre 2001, il saldo delle schede stesse deve essere riportato nella tabella di carico del registro di cui all'allegato 3 del decreto del 3 maggio 2001. 6. Il registro di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto, è compilato dal detentore degli esemplari con le modalità indicate negli allegati al decreto del 3 maggio 2001. amministrative previste all'art. 5, comma 6, della legge 7 febbraio 1992, n. 150. Art. 7 1. Il presente decreto sostituisce il decreto 3 maggio 2001 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, fatti salvi i relativi allegati che sono integrati al punto 10) con il codice F=altro. 2. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Art. 5 1. I soggetti di cui all'art. 2, comma 1, del presente decreto, devono richiedere il registro di detenzione al servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato competente territorialmente, che provvederà alla vidimazione dello stesso su ogni pagina. Il registro dovrà essere esibito ad ogni richiesta delle autorità preposte ai controlli. Qualora esistano procedure informatiche che consentano la compilazione del suddetto registro, le stesse possono essere utilizzate dai soggetti tenuti alla compilazione in luogo del registro cartaceo, ferma restando la vidimazione da parte del Corpo forestale dello Stato. 2. Il registro relativo agli esemplari vivi o morti di specie dell'allegato A al decreto del 3 maggio 2001, una volta compilato, secondo le procedure di cui all'art. 4, comma 1, del presente decreto, dovrà essere consegnato al servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato competente territorialmente, che ne farà copia e riconsegnerà l'originale al richiedente. La stessa procedura si applica al momento del completamento del registro di cui al presente comma. 3. Ai fini della gestione delle attività di conservazione su specie di particolare interesse, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio può richiedere al Corpo forestale dello Stato copia dei registri di cui al precedente comma. Art. 6 1. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque violi le disposizioni del presente decreto è punito con le sanzioni 129 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 10 gennaio 2002 DECRETO MINISTERIALE Modificazioni della direttiva 76/769/CEE relativa all'immissione sul mercato e all'uso di talune sostanze e preparati pericolosi (G.U. n. 78 del 3 aprile 2002) IL MINISTRO DELLA SALUTE Visto il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 904, concernente attuazione della direttiva CEE 79/769 relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi; Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1993, ed in particolare l'art. 27; Vista la direttiva 2001/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2001, recante ventunesima modifica della direttiva 76/769/CEE; Visto il decreto del Ministro della sanità 12 agosto 1998 recante "Recepimento delle direttive 94/60/CE, 96/55/CE, 97/10/CE, 97/16/CE, 97/56/CE e 97/64/CE, recanti modifiche alla direttiva 76/769/CEE del Consiglio del 27 luglio 1976 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi; Visto il decreto del Ministro della sanità 13 dicembre 1999 concernente il recepimento delle direttive 1999/43/CE e 1999/51/CE recanti modifiche alla direttiva 76/769/CEE del Consiglio del 27 luglio 1976 relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi; DECRETA: 130 Art. 1 1. Le sostanze riportate nell'allegato del presente decreto sono aggiunte a quelle di cui ai punti 29 e 31 dell'appendice all'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 904, come sostituito dal decreto del Ministro della sanità 12 agosto 1998 e modificato, da ultimo, dal decreto del Ministro della sanità 13 dicembre 1999. Art. 2 1. Nella premessa dell'appendice all'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1, è aggiunta la seguente nota R: "Nota R. La classificazione "cancerogeno" non è necessaria per le fibre il cui diametro geometrico medio ponderato rispetto alla lunghezza, meno due errori standard, risulti maggiore rispetto a 6µm". Art. 3 Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il 18 gennaio 2003. Il presente decreto verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 10/01/2002 ALLEGATO Punto 29 - Sostanze cancerogene: categoria 2 Sostanze Numero indice Numero CE Numero CAS 4 - cloroanilina .... Fibre ceramiche refrattarie; fibre per scopi speciali, escluse quelle espressamente indicate nell’allegato 1 della direttiva 67/548/CEE: fibre artificiali vetrose (silicati) che presentano un’orientazione casuale e un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (NaCaO + MgO + BaO) inferiore o pari al 18% in peso) 612-137-00-9 203-401-0 106-47-8 650-017-00-8 Note R Punto 31 – Sostanze tossiche per la riproduzione: categoria 2 Sostanze Numero indice Numero CE Numero CAS 6-(2-cloroetil)- 6(2-metossietossi) - 2,5,7,10-tetraossa6-silaundecano; etacelasis 014-014-00-X 253-704-7 37894-46-5 Note 131 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 2 febbraio 2002, n. 27 DECRETO LEGISLATIVO Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano (G.U. n. 58 del 9 marzo 2002) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 117 della Costituzione; Vista la direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano; Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999), ed in particolare, l'articolo 1, comma 4; Visto il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della citata direttiva 98/83/CE; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236; Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modificazioni; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 gennaio 2002; Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° febbraio 2002; Sulla proposta dei Ministri per le politiche comunitarie e della salute, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e per gli affari regionali; 132 EMANA il seguente decreto legislativo: Art. 1 1. Al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, sono apportate le seguenti modificazioni: a)all'articolo 2, comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", nonché chiunque fornisca acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili;"; b)all'articolo 5, comma 1, lettera a), dopo le parole: "rete di distribuzione," sono inserite le seguenti: "nel punto di consegna ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà tecniche o pericolo di inquinamento del campione, in un punto prossimo della rete di distribuzione rappresentativo e"; c)all'articolo 5, comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e nelle confezioni in fase di commercializzazione o comunque di messa a disposizione per il consumo"; d)all'articolo 5, comma 2, le parole: "il gestore si considera aver adempiuto agli obblighi" sono sostituite dalle seguenti: "si considera che il gestore abbia adempiuto agli obblighi"; e)all'articolo 5, comma 2, ultimo periodo, le parole: "il gestore" sono sostituite dalle seguenti: "il responsabile della gestione"; f) all'articolo 5, il comma 3, è sostituito dal seguente: "3. Fermo restando quanto stabilito al comma 2, qualora sussista il rischio che le acque di cui al comma 1, lettera a), pur essendo nel punto di consegna rispondenti ai valori di parametro fissati nell'allegato I, non siano conformi a tali valori al Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.Lgs. 27/2002 rubinetto, l'azienda sanitaria locale dispone che il gestore adotti misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura. L'autorità sanitaria competente ed il gestore, ciascuno per quanto di competenza, provvedono affinché i consumatori interessati siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare."; g)all'articolo 6, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: "5-bis. Il giudizio di idoneità dell'acqua destinata al consumo umano spetta all'azienda U.S.L. territorialmente competente."; h)all'articolo 7, i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: "1. Sono controlli interni i controlli che il gestore è tenuto ad effettuare per la verifica della qualità dell'acqua, destinata al consumo umano. 2. I punti di prelievo e la frequenza dei controlli interni possono essere concordati con l'azienda unità sanitaria locale. 3. Per l'effettuazione dei controlli il gestore si avvale di laboratori di analisi interni, ovvero stipula apposita convenzione con altri gestori di servizi idrici."; i) all'articolo 8, comma 2, le parole: "effettuato nell'ambito dei piani di tutela delle acque" sono soppresse; j) all'articolo 8, comma 6, dopo le parole: "ed al Ministero della sanità” sono inserite le seguenti: "secondo modalità proposte dal Ministro della salute e sulle quali la Conferenza Stato-regioni esprime intesa"; k) all'articolo 8, comma 7, dopo le parole: "e successive modificazioni;" sono inserite le seguenti: "o di propri laboratori secondo il rispettivo ordinamento."; l) all'articolo 9 nella rubrica le parole: "Garanzia di" sono sostituite dalle seguenti: "Assicurazione di"; m)l'articolo 10 è sostituito dal seguente: "Art. 10 (Provvedimenti e limitazioni d'uso). - 1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 16, nel caso in cui le acque destinate al consumo umano non corrispondono ai valori di parametro fissati a norma dell'allegato "I", l'azienda unità sanitaria locale interessata, comunica al gestore l'avvenuto superamento e, effettuate le valutazioni del caso, propone al sindaco l'adozione degli eventuali provve- dimenti cautelativi a tutela della salute pubblica, tenuto conto dell'entità del superamento del valore di parametro pertinente e dei potenziali rischi per la salute umana nonché dei rischi che potrebbero derivare da un'interruzione dell'approvvigionamento o da una limitazione di uso delle acque erogate. 2. Il gestore, sentite l'azienda unità sanitaria locale e l'Autorità d'ambito, individuate tempestivamente le cause della non conformità, attua i correttivi gestionali di competenza necessari all'immediato ripristino della qualità delle acque erogate. 3. La procedura di cui al comma precedente deve essere posta in atto anche in presenza di sostanze o agenti biologici in quantità tali che possono determinare un rischio per la salute umana. 4. Il sindaco, l'azienda unità sanitaria locale, l'Autorità d'ambito ed il gestore informano i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati, ciascuno per quanto di propria competenza."; n)all'articolo 11, comma 1, l'alinea: "1. Sono di competenza statale le funzioni concernenti:" è sostituito dal seguente: "1. È di competenza statale la determinazione di principi fondamentali concernenti:"; o)all'articolo 11, comma 1, lettera d), le parole: "e 3" sono soppresse; p)all'articolo 11, comma 1, alla fine della lettera h) sono aggiunte le seguenti parole: ", nonché per il confezionamento di acque per equipaggiamenti di emergenza;"; q)all'articolo 13, comma 14, dopo le parole: "alle acque" sono inserite le seguenti: "fornite mediante cisterna ed a quelle"; r) all'articolo 14, comma 1, dopo le parole: "alle specifiche predetti" sono aggiunte le seguenti: "mette in atto i necessari adempimenti di competenza e"; s) all'articolo 14, comma 4, dopo le parole: "per il consumo umano" sono aggiunte le seguenti: "e a quelle fornite tramite cisterna."; t) all'articolo 15, comma 1, le parole: "fatto salvo quanto disposto dalle note 2, 4 e 10 dell'allegato I, parte B." sono sostituite dalle seguenti: "fatto salvo quanto disposto dalle note 2, 4, 10 e 11 dell'allegato I, parte B." u)all'articolo 16, comma 5, dopo le parole: "alle acque" sono inserite le seguenti: "fornite mediante cisterna ed a quelle"; 133 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.Lgs. 27/2002 134 v) all'articolo 17, comma 4, le parole: "comma 4," sono sostituite dalle seguenti "comma 3,"; w) all'articolo 19 dopo il comma 4 è inserito il seguente: "4-bis. La violazione degli adempimenti di cui all'articolo 7, comma 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.165 a euro 30.987."; x) all'articolo 19 dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: "5-bis. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali per i fatti costituenti reato, la violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettere f), g), h), i) ed l) sono punite con la sanzione amministrativa da euro 5165 a euro 30987."; y) dopo l'articolo 19 è inserito il seguente: "19-bis. - 1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, comma quinto, della Costituzione e fatto salvo quanto previsto dalla legge di procedura dello Stato di cui al medesimo articolo 117, nelle materie di competenze delle regioni e delle province autonome, le disposizioni di cui agli articoli precedenti del presente decreto si applicano, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 98/83/CE, sino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. Tale normativa è adottata da ciascuna regione e provincia nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto."; z) all'articolo 20 il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. Le norme tecniche adottate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, restano in vigore, ove compatibili, con le disposizioni del presente decreto, fino all'adozione di diverse specifiche tecniche in materia."; aa) l'allegato I, parte B, è modificato come segue: nella colonna "Parametro" le formule del nitrato e del nitrito sono soppresse e sostituite con le seguenti: "(come NO in base 3)" e "(come NO in base 2)", la formula alla nota 5: "[(nitrato)/50 + (nitrito)]"/3 minore o = a 1" è soppressa e sostituita con la seguente: " [nitrato] [nitrito] + minore o = a 1"; 50 0.5(0.1) bb) l'allegato I, parte C, è modificato come segue: nella nota "*** valore minimo consigliato 0,2 mg/L (se impiegato)." è soppressa la parola: "minimo"; cc) l'allegato I, parte C, è modificato come segue: alla nota 3, le parole: "Per le acque frizzanti" sono sostituite dalle seguenti: "Per le acque non frizzanti"; dd) alla fine dell'allegato I il paragrafo (Avvertenza) è sostituito dal seguente: "(Avvertenza). Fermo restando quanto disposto dall'articolo 8, comma 3, a giudizio dell'Autorità sanitaria competente, potrà essere effettuata la ricerca concernente i seguenti parametri accessori con i rispettivi volumi di riferimento: Parametro Alghe Batteriofagi anti-E.coli. Nematodi a vita libera Enterobatteri patogeni Enterovirus Funghi Protozoi Pseudomonas aeruginosa Stafilococchi patogeni Volume di riferimento 1L 100L 1L 1L 100L 100mL 100L 250mL 250mL Tali parametri vanno ricercati con le metodiche di cui all'articolo 8, comma 3. Devono comunque essere costantemente assenti nelle acque destinate al consumo umano gli Enterovirus, i Batteriofagi antiE.coli, gli Enterobatteri patogeni e gli Stafilococchi patogeni."; ee) nell'allegato II, tabella B1 alla colonna: "Controllo di verifica - Numero di campioni all'anno (note 3 e 5)"; il penultimo riquadro: "3 + ogni 10.000 m cubo/g del volume totale e frazione di 1.000 " è soppresso e sostituito con il seguente: "3 + 1 ogni 10.000 m cubo/g del volume totale e frazione di 10.000"; l'ultimo riquadro: "10 + ogni 25.000 m cubo/g del volume totale e frazione di 10.000" è soppresso e sostituito con il seguente: Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.Lgs. 27/2002 "10 + 1 ogni 25.000 m cubo/g del volume totale e frazione di 25.000"; ff) nell'allegato III, paragrafo 2.1, terzo rigo, le parole: "limite di rilevamento" sono sostituite dalle seguenti: "limite di rivelabilità"; gg) nella tabella relativa all'allegato III, paragrafo 2.1, la voce: "Limite di rilevazione in % del valore di parametro (Nota 3)" è sostituita con la seguente: "Limite di rivelabilità in % del valore di parametro (Nota 3)"; nella prima colonna sostituire: "Benzopirene" con: "Benzo(a)pirene"; hh) all'allegato III, paragrafo 2.2, nota 3, sostituire: "Il limite di rilevamento è pari a: tre volte la deviazione standard relativa, tra lotti di un campione naturale oppure: cinque volte la deviazione standard relativa, tra lotti di un bianco" nel modo seguente: "Il limite di rivelabilità è pari a: tre volte la deviazione standard relativa all'interno di un lotto di un campione naturale contenente una bassa concentrazione del parametro; oppure: cinque volte la deviazione standard relativa all'interno di un lotto di un bianco"; ii) all'allegato III, paragrafo 2.2, nota 6, sostituire: "il limite di rilevamento" con "il limite di rivelabilità". Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. 135 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 5 febbraio 2002 DECRETO MINISTERIALE Modifiche al decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, di individuazione dei programmi nazionali (G.U. n. 56 del 7 marzo 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO Visto il decreto ministeriale 20 luglio 2000, n. 337, registrato alla Corte dei conti il 2 novembre 2000, registro n. 1 Ambiente, foglio n. 374, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 2000, "Regolamento recante criteri e modalità di utilizzazione delle risorse destinate per l'anno 1999 alle finalità di cui all'art. 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448"; Visto il decreto ministeriale n. 467/PIA/DEC/2001 del 4 giugno 2001, registrato alla Corte dei conti, Ufficio controllo atti Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio, il 17 luglio 2001, registro n. 5, foglio n. 1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 settembre 2001, di definizione dei programmi e delle azioni di rilievo nazionale per la riduzione delle emissioni inquinanti; Considerato che all'art. 1 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 sono elencati i programmi di rilievo nazionale ammessi a finanziamento e che negli allegati 1 e 2 dello stesso decreto sono identificati i singoli soggetti attuatori; Considerato che il servizio competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha esaminato i programmi ed i relativi progetti proposti al finanziamento in relazione alla effettiva ed immediata attuazione degli stessi; Atteso che a seguito dell'istruttoria interna svolta dal competente servizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si ritiene necessario apportare modifiche ed integrazioni agli allegati; 136 Atteso inoltre che tali modifiche o integrazioni devono rispettare le dotazioni finanziarie assegnate ai singoli programmi di rilievo nazionale ed in particolare: 1)programma nazionale di ricerca per la riduzione delle emissioni: lire 50.000 milioni; 2)programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto": lire 35.000 milioni. Considerato l'art. 1, comma 3 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 prevede che "Con decreto del Ministero dell’ambiente potranno essere apportate, su richiesta dei soggetti pubblici responsabili, modifiche ed integrazioni agli elenchi di cui agli allegati 1 e 2, nel rispetto delle risorse finanziarie assegnate ad ogni programma di rilievo nazionale"; Considerato che le modifiche ed integrazioni da apportare si riflettono in una nuova definizione degli elenchi di cui all'art. 1 del citato decreto ministeriale n. 467, in modo particolare per quanto riguarda i programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto" nel rispetto delle dotazioni finanziarie assegnate a tale azione; Considerato il soggetto pubblico responsabile per tali programmi è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e che è il medesimo titolato a proporre eventuali integrazioni o modifiche ai citati allegati; Ritenuto, pertanto, necessario apportare le necessarie modifiche ed integrazioni, ai sensi dell'art. 1, comma 3 del decreto ministeriale n. 467 del 2001; Visto il D.D. 28 settembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2001, con cui è stata concessa una proroga del termine di cui all'art. 2 del decreto ministeriale n. 467/PIA/DEC/2001 del 4 giugno 2001 fissando tale termine al 15 novembre 2001; Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 05/02/2002 Visto il decreto GAB/DEC/0089/2001 del 3 maggio 2001, così come modificato dal GAB/DEC/122/2001 del 5 settembre 2001, con cui sono stati assegnati i programmi e le relative risorse finanziarie al servizio per la protezione internazionale dell'ambiente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio; DECRETA: Art. 1 Programma di cui all'allegato 1 1. Ai sensi dell'art. 1, comma 3 del decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, sono apportate le sottostanti modifiche all'allegato 1 dello stesso decreto: nel programma nazionale di ricerca per la riduzione delle emissioni sono cancellati i sottoprogrammi: 2/a "Programma di riduzione delle emissioni di gas climalteranti nelle industrie chimiche"; 2/g "Proseguimento progetto di ambientalizzazione dell'edificio della Farnesina con sperimentazione di una cella a combustibile per la produzione di energia"; 3/g "Prosecuzione delle attività nell'ambito del settore dei trasporti avviate con l'accordo con la regione Veneto del 23 giugno 2000". 2. A seguito delle suddette modifiche la tabella relativa di cui all'art. 1 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 non subisce variazioni nell'entità di risorse assegnate ad ogni singolo sottoprogramma. Art. 2 Programma di cui all'allegato 2 1. Ai sensi dell'art. 1, comma 3 del decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 467, sono apportate le sottostanti modifiche all'allegato 2 dello stesso decreto: A) nei programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto" sono cancellati i seguenti sottoprogrammi: 1/b progetto Eco-City - Torino Nanchino; 1/c prosecuzione Progetto di joint-venture italo-cinese per la costruzione di pannelli fotovoltaici; 2/a realizzazione di una centrale termoelettrica cogenerativa da 280 MW; 3/a progetto pilota per la rapida valutazione del rischio ambientale e sanitario nel bacino del basso Danubio di cui alla Letter of understanding firmata a Roma il 20 ottobre 2000; 3/b progetto pilota per lo sviluppo sostenibile di Timisoara; 5/a progetto TUCUMAN; 6/a elettrodotto da 500 kV, 1.100 km Serra de Mesa-Gobernador; 7/a programma per il miglioramento della combustione nella centrale termoelettrica di Santa-Cruz del Norte; B) in sostituzione dei precedenti sono inseriti i seguenti sottoprogrammi: 1/b progetto di mobilità sostenibile; 1/c progetto di promozione nell'uso delle energie rinnovabili; 1/d progetti specifici per la riduzione dei GHG; 1/e progetto di agricoltura sostenibile e uso delle biomasse; 2/a aggiornamento del Master Plan per la protezione ambientale ed il risparmio energetico del comune di Dobric; 2/b studio di fattibilità e progetto preliminare per la fornitura di acqua ed energia rinnovabile; 2/c progetto pilota per la gestione integrata del rischio ambientale e sanitario nel bacino del basso Danubio; 3/a progettazione del centro intermodale logistico di Timisoara; 3/b studio di fattibilità per la realizzazione di una piattaforma per la selezione preliminare dei rifiuti solidi urbani e assimilabili e realizzazione dell'impianto per il recupero energetico; 4/a progetto di piantagione forestale e valorizzazione energetica delle biomasse nell'ambito del ciclo della lavorazione del legno; 5/a progetto pilota e master plan per il risanamento della rete idrica ed il risparmio energetico nella città di Santiago de Cuba; 7/a progetto di piantagione forestale e valorizzazione energetica delle biomasse nell'ambito del ciclo della lavorazione del legno; C) nell'allegato 2 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 sono, inoltre, inseriti: 137 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 05/02/2002 C1) sottoprogramma 8 - "Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica slovena": 8/a recupero energetico di scarti di lavorazione; C2) sottoprogramma 9 - "Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica croata": 9/a gestione energetica: utilizzo di fonti di energia rinnovabili e recupero ambientale; 9/b studio di fattibilità per la ristrutturazione energetico-ambientale del siste- ma di teleriscaldamento della città di Rjeka; 9/c modello di gestione ambientale integrata dell'isola di Mljet: modello di sviluppo sostenibile integrato per rifiuti e fonti di energia rinnovabile. 2. A seguito delle suddette modifiche la tabella relativa di cui all'art. 1 del decreto ministeriale n. 467 del 2001 viene così ridefinita, fermo restando l'ammontare complessivo di risorse assegnate al programma di cooperazione internazionale, pari a lire 35.000 milioni: Programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto" 1) Repubblica popolare di Cina, per lo sviluppo dei programmi previsti dall'accordo di cooperazione tra il Ministero dell'ambiente italiano e quello cinese Bulgaria, per lo sviluppo dei programmi previsti dall'accordo di cooperazione tra il Ministero dell'ambiente italiano e quello bulgaro Romania, per la prosecuzione del programma di cooperazione ambientale Argentina, per lo sviluppo dei programmi avviati con il Ministero dell'ambiente argentino Cuba, per lo sviluppo dei programmi avviati con il Ministero dell'ambiente cubano Egitto, per lo sviluppo dei programmi avviati con il Ministero dell'ambiente egiziano Brasile, per lo sviluppo dei programmi avviati con il Ministero dell'ambiente brasiliano Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica slovena Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica croata 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 16.400 milioni 3.200 milioni 6.400 milioni 1.500 milioni 1.500 milioni 2.500 milioni 1.000 milioni 300 milioni 2.200 milioni L'allegato 2 al decreto ministeriale n. 467 del 2001 risulta così modificato: Programmi di cooperazione internazionale nell'ambito dei "Meccanismi di Kyoto" 138 N. Programmi di intervento 1 Prosecuzione delle attività di cooperazione internazionale con la Repubblica popolare cinese Soggetti pubblici responsabili dell'attuazione 1/a Integrazione attività nell'ambito dell'Accordo Ministero ambiente I.C.E. Ministero ambiente 1/b 1/c 1/d 1/e 2 Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Progetto di mobilità sostenibile Progetto di promozione nell'uso delle energie rinnovabili Progetti specifici per la riduzione dei GHG Progetto di agricoltura sostenibile e uso delle biomasse Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica bulgara Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 05/02/2002 2/a Aggiornamento del Master Plan per la protezione ambientale ed il risparmio energetico del comune di Dobric 2/b Studio di fattibilità e Master Plan per lo sviluppo di un servizio integrato delle acque 2/c Progetto pilota per la gestione integrata del rischio ambientale e sanitario nel bacino del basso Danubio 3 Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica rumena 3/a Progettazione del centro intermodale logistico di Timisoara 3/b Studio di fattibilità per la realizzazione di una piattaforma per la selezione preliminare dei rifiuti solidi urbani e assimilabili e realizzazione dell'impianto per il recupero energetico 4 Programma di cooperazione internazionale con la Repubblica federale argentina 4/a Progettazione di forestazione e valorizzazione energetica nell'ambito del ciclo di lavorazione del legno 5 Programma di cooperazione internazionale con Cuba 5/a Progetto pilota e Master Plan per il risanamento della rete idrica ed il risparmio energetico nella città di Santiago di Cuba 6 Programma di cooperazione internazionale con l'Egitto 6/a Costruzione di una centrale elettrica alimentata a gas naturale costituita da due unità vapore da circa 340 MW ognuna 7 Programma di cooperazione internazionale con il Brasile 7/a Progetto di forestazione e valorizzazione energetica nell'ambito del ciclo di lavorazione del legno 8 Programma di cooperazione internazionale con la Slovenia 8/a Recupero energetico di scarti di lavorazioni 9 Programma di cooperazione internazionale con la Croazia 9/a Gestione energetica: utilizzo di fonti di energia rinnovabili e recupero ambientale 9/b Studio di fattibilità per la ristrutturazione energetico-ambientale del sistema di teleriscaldamento della città di Rjeka 9/c Gestione ambientale integrata dell'isola di Mljet: modello di sviluppo integrato sostenibile Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Ministero ambiente Il presente decreto è trasmesso agli organi di controllo per gli adempimenti di competenza e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 139 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 7 febbraio 2002, n. 7 DECRETO-LEGGE Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (G.U. n. 34 del 9 febbraio 2002) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Visti gli articoli 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea; Vista la direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica; Visto il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della citata direttiva 96/92/CE, ed in particolare l'articolo 1 che attribuisce al Ministero delle attività produttive la tutela della sicurezza e dell'economicità del sistema elettrico nazionale; Tenuto conto che le attuali previsioni sulla crescita del fabbisogno nazionale di energia elettrica e sulla disponibilità di potenza di generazione segnalano una situazione di imminente incompatibilità con la salvaguardia della sicurezza di esercizio del sistema elettrico, rendendo pertanto necessario il rafforzamento urgente del parco di generazione al fine di evitare crisi ed interruzioni della fornitura di energia; Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per garantire la sicurezza del sistema, evitando interruzioni del servizio e crisi nella fornitura di energia elettrica, anche mediante misure di carattere transitorio, valide per superare l'attuale situazione di emergenza; 140 Considerata, in relazione ai tempi minimi necessari per la realizzazione di nuovi impianti, non più differibile l'adozione di norme per accelerare tali realizzazioni ed assicurare, su tutto il territorio nazionale, la fornitura di un servizio pubblico essenziale, necessario per salvaguardare lo sviluppo economico del Paese, nonché l'attuale livello qualitativo di vita; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° febbraio 2002; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro per gli affari regionali; EMANA il seguente decreto-legge: Art. 1 Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale 1. Al fine di evitare l'imminente pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica e ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto previsto al comma 4, costituendo titolo a costruire e ad esercitare l'impianto in conformità al progetto approvato. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.L. 7/2002 2. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, d'intesa con la regione interessata. Ai soli fini del rilascio della VIA, le opere di cui al presente articolo sono equiparate a quelle di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443. Fino al recepimento della direttiva 96/61/CE tale autorizzazione comprende l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L'esito positivo della VIA costituisce parte integrante del procedimento autorizzatorio. L'istruttoria si conclude in ogni caso entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale. Art. 2 Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. 3. L'autorizzazione di cui al comma 2 indica le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del soggetto proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale, nonché il termine entro il quale l'iniziativa è realizzata. L'autorizzazione, per la quale nei tempi previsti per il procedimento deve essere sentito l'ente locale competente, ha effetto di variante degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, se le modificazioni relative sono state previste ed evidenziate nel progetto approvato. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale, ovvero risulti in via di conclusione il relativo procedimento, su dichiarazione del proponente. 5. Fino al 31 dicembre 2003 è sospesa l'efficacia dell'allegato IV al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, dell'articolo 15 della legge 2 agosto 1975, n. 393, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998, n. 53, relativamente alle centrali termoelettriche e turbogas, alimentate da fonti convenzionali, di potenza termica complessiva superiore a 300 MW. 141 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 20 febbraio 2002, n. 30 LEGGE Ratifica ed esecuzione della Convenzione sugli effetti transfrontalieri derivanti da incidenti industriali, con annessi, fatta a Helsinki il 17 marzo 1992 (Suppl. alla G.U. n. 62 del 14 marzo 2002) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: Art. 1 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione sugli effetti transfrontalieri derivanti da incidenti industriali, con annessi, fatta a Helsinki il 17 marzo 1992. Art. 4 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Art. 2 1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 30 della Convenzione stessa. Art. 3 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire 1.720 milioni annue a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2002 e 2003 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20012003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 142 Traduzione non ufficiale CONVENZIONE SUGLI EFFETTI TRANSFRONTALIERI DEGLI INCIDENTI INDUSTRIALI PREAMBOLO Le Parti alla presente Convenzione, Consapevoli della particolare importanza, nell'interesse delle generazioni presenti e future, di proteggere gli esseri umani e l'ambiente dagli effetti degli incidenti industriali, Riconoscendo l'importanza e l'urgenza di prevenire gli effetti nocivi gravi degli incidenti industriali sugli esseri umani e l'ambiente, e di promuovere ogni provvedimento tale da incoraggiare l'attuazione razionale, economica ed efficace di misure di prevenzione, di preparazione e di lotta in modo da consentire uno sviluppo economico razionale dal punto di vista economico, nonché durevole, In considerazione del fatto che gli effetti degli incidenti industriali possono farsi sentire attraverso le frontiere e che richiedono una Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 cooperazione tra gli Stati, Affermando la necessità di promuovere un'attiva cooperazione internazionale tra gli Stati interessati prima durante e dopo un incidente, di intensificare le politiche appropriate, di rafforzare e coordinare l'azione a tutti i livelli appropriati al fine di promuovere la prevenzione, la preparazione e la lotta agli effetti transfrontalieri degli incidenti industriali, Notando l'importanza e l'utilità di intese bilaterali e multilaterali per la prevenzione, la preparazione e la lotta contro gli effetti degli incidenti industriali, Consapevoli del ruolo svolto al riguardo dalla Commissione Economica delle Nazioni Unite per l'Europa (ECE) e richiamando; inter alia, il Codice di condotta della CEE sulla condotta da tenere in caso di inquinamento accidentale causato delle acque interne transfrontaliere e la Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, In considerazione delle disposizioni pertinenti dell'Atto Finale della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE), del Documento conclusivo della Riunione di Vienna dei rappresentanti degli Stati partecipanti alla CSCE, e dei risultati della Riunione di Sofia sulla Protezione dell'ambiente della CSCE, nonché delle attività e dei meccanismi pertinenti del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP), in particolare il programma APELL, dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL) in particolare la raccolta di direttive pratiche per la prevenzione dei gravi incidenti industriali e di altre organizzazioni internazionali competenti, Considerando le disposizioni pertinenti della dichiarazione della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente dell'uomo ed in particolare il principio 21 secondo il quale gli Stati hanno, in conformità con la carta delle Nazioni Unite ed i principi del diritto internazionale, il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse secondo le loro politiche ambientali sono responsabili di assicurare che le attività entro la loro giurisdizione o il loro controllo non causino danni all'ambiente di altri Stati o di zone oltre i limiti della giurisdizione nazionale, Tenendo conto del principio di "chi inquina paga" come principio generale del diritto internazionale dell'ambiente, Sottolineando i principi del diritto e della prassi internazionale, in particolare i principi di buon vicinato, di reciprocità, di non-discriminazione e di buona fede, HANNO STABILITO di comune accordo quanto segue: Art. 1 Definizioni Ai fini della presente Convenzione, (a) L'espressione "incidente industriale" significa un avvenimento risultante da uno sviluppo incontrollato nel corso di qualsiasi attività implicante sostanze a rischio sia: (i) in una impianto, ad esempio durante la fabbricazione, l'uso, l'immagazzinamento, la gestione o la rimozione; (ii) Durante il trasporto, nella misura in cui ciò è previsto dal paragrafo 2(d) dell'Articolo 2; (b)L'espressione "attività a rischio" significa ogni attività in cui una o più sostanze a rischio sono presenti o possono essere presenti in quantità o in eccedenza dei quantitativi-limite elencati all'Annesso I al presente documento, attività suscettibile di causare effetti transfrontalieri; (c) L'espressione "effetti" significa ogni conseguenza negativa diretta o indiretta, immediata o differita causata da un incidente industriale a danno di inter alia: (i) gli esseri umani, la flora e la fauna; (ii) il terreno, l'acqua, l'aria ed il paesaggio; (iii)l'interazione tra i fattori di cui ad (i) e (ii); (iv)i beni materiali ed il patrimonio culturale, compresi i monumenti storici: (d)L'espressione "effetti transfrontalieri" significa i gravi effetti nell'ambito della giurisdizione di una Parte come risultato di un incidente industriale sopravvenuto nell'ambito della giurisdizione di un'altra Parte; (e) Il termine "operatore" significa ogni persona fisica o giuridica, comprese le Autorità pubbliche incaricate di un'attività come ad esempio la supervisione, che hanno in programma di esercitare o stanno esercitando un'attività; (f) Il termine "Parte" significa, a meno che il testo non indichi diversamente, una Parte contraente alla presente Convenzione; (g)Il termine "Parte di origine” significa ogni Parte o Parti sotto la cui giurisdizione avviene, o può avvenire un incidente industriale; 143 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 (h) l'espressione "Parte colpita" significa ogni Parte o Parti colpite o suscettibili di essere colpite dagli effetti transfrontalieri di un incidente industriale: (i) L'espressione "Parti interessate" significa ogni Parte di origine ed ogni Parte colpita; (j) Il termine "Pubblico" significa una o più persone fisiche o giuridiche. Art. 2 Portata 1. La presente Convenzione si applica alla prevenzione, alla preparazione ed alla lotta contro gli incidenti industriali suscettibili di causare effetti transfrontalieri, compresi gli effetti di tali incidenti causati da disastri naturali, nonché alla cooperazione internazionale concernente l'assistenza reciproca, la ricerca e lo sviluppo, lo scambio di informazioni e lo scambio di tecnologia nella zona di prevenzione, di preparazione e di lotta contro gli incidenti industriali. 2. La presente Convenzione non si applicherà: (a) agli incidenti nucleari o ai casi di emergenza radiologici; (b)ad incidenti nelle installazioni militari; (c) a guasti nelle dighe, ad eccezione degli effetti degli incidenti industriali causati da tali guasti, (d)ad incidenti di trasporto basati a terra, salvo: (i) i provvedimenti di emergenza contro tali incidenti; (ii) il trasporto sul luogo dell'attività a rischio (e) a fuoriuscite incidentali di organismi geneticamente modificati; (f) ad incidenti causati da attività nell'ambiente marino, compresa l'esplorazione o lo sfruttamento del fondale marino; (g)riversamenti in mare di petrolio o di altre sostanze nocive. Art. 3 Disposizioni generali 144 1. Le Parti, in considerazione degli sforzi già intrapresi a livello nazionale ed internazionale, adotteranno appropriati provvedimenti e coopereranno nell'ambito della presente Convenzione, per proteggere gli esseri umani e l'ambiente da incidenti industriali, prevenendo in tutta la misura del possibile tali incidenti, riducendo la loro frequenza e gravità ed attenuando i loro effetti. A tal fine, saranno applicate misure di prevenzione, di preparazione e di lotta, comprese le misure di ripristino. 2. Per mezzo di scambi di informazione, di consultazione e di altre misure cooperative, le Parti, senza indebito ritardo, elaboreranno ed attueranno politiche e strategie per ridurre i rischi degli incidenti industriali e migliorare le misure di prevenzione, di preparazione e di lotta, comprese le misure di ripristino, tenendo conto, al fine di evitare una sovrapposizione degli sforzi, di quanto già effettuato a livello nazionale ed internazionale. 3. Le Parti disporranno l'obbligo, per l'operatore, di adottare tutti i provvedimenti necessari per lo svolgimento in sicurezza dell'attività a rischio e per la prevenzione di incidenti industriali. 4. In vista di attuare le disposizioni della presente Convenzione, le Parti adotteranno appropriate misure legislative, regolamentari, amministrative e finanziarie per la prevenzione la preparazione e la lotta agli incidenti industriali. 5. Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicheranno qualsiasi obbligo delle Parti in base al diritto internazionale per quanto riguarda gli incidenti industriali e le attività a rischio. Art. 4 Individuazione, consultazione e pareri 1. Al fine di intraprendere misure preventive e di predisporre misure di preparazione, la Parte di origine adotterà misure, come opportuno, per individuare attività a rischio nell'ambito della sua giurisdizione ed accertare che le Parti colpite siano notificate riguardo ad ogni attività proposta o esistente. 2. Le Parti interessate, a richiesta di una qualsiasi Parte tra di loro, intavoleranno dibattiti sulla individuazione delle attività a rischio che sono ragionevolmente suscettibili di causare effetti transfrontalieri. Se le Parti interessate non raggiungono un accordo sul fatto di sapere se un'attività è a rischio o meno, ciascuna di esse può, a meno le Parti interessate non si accordino su un altro metodo per risolvere la questione, sottoporre tale questione ad una Commissione d'inchiesta in confor- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 mità con le disposizioni dell'Annesso II per un parere. 3. Le Parti, per quanto riguarda le attività proposte o esistenti, applicheranno le procedure stabilite nell'Annesso III al presente documento. 4. Quando un'attività a rischio è soggetta ad una valutazione dell'impatto ambientale in conformità con la Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero e che questa valutazione include un esame degli effetti transfrontalieri degli incidenti industriali derivanti da attività a rischio svolte ai sensi della presente Convenzione, la decisione finale adottata ai fini della Convenzione sulla valutazione dell'impatto Ambientale in un contesto transfrontaliero, dovrà essere conforme ai requisiti pertinenti della presente Convenzione. Art. 5 Estensione della portata della Convenzione Le Parti interessate, su iniziativa di una di loro, dovranno intavolare un dibattito su come trattare un'attività non prevista dall'Annesso I come attività a rischio. Dietro reciproco accordo, esse possono avvalersi di un meccanismo consultivo, di loro scelta, o di una commissione d'inchiesta in conformità con l'Annesso II, che fornisca loro consulenza. Qualora le Parti interessate decidano in tal modo, la presente Convenzione od ogni sua parte, si applicherà all'attività in questione come se fosse un'attività a rischio. Art. 6 Prevenzione 1. Le Parti adotteranno misure appropriate per la prevenzione degli incidenti industriali, compresi i provvedimenti per indurre un'azione da parte degli operatori in vista di ridurre il rischio di incidenti industriali. Tali misure possono includere, senza che ciò sia limitativo, quelli di cui all'Annesso IV al presente documento. 2. Per quanto riguarda ogni attività a rischio, la Parte di origine chiederà all'operatore di dimostrare il funzionamento in sicurezza dell'attività a rischio fornendo informazioni come i dettagli di base del processo, comprese, ma senza che ciò sia limitativo, un'analisi ed una valutazione come dettagliata nell'Annesso V del presente documento. Art. 7 Adozione di decisioni per quanto riguarda la localizzazione Nell'ambito del suo ordinamento, la Parte di origine, in vista di minimizzare il rischio per la popolazione e l'ambiente di tutte le Parti colpite, farà in modo di elaborare politiche vertenti sulla localizzazione di nuove attività a rischio e su modifiche significative ad attività a rischio esistenti. Nell'ambito dei loro ordinamenti, le Parti colpite ricercheranno l'istituzione di politiche relative a sviluppi significativi nelle zone che potrebbero essere colpite dagli effetti transfrontalieri di un incidente industriale derivante da un'attività a rischio in maniera da minimizzare i rischi implicati. Nell'elaborare e stabilire queste politiche, le Parti dovrebbero prendere in considerazione le questioni di cui all'Annesso V, paragrafo 1, sotto-paragrafi (1) a (8) e l'Annesso VI del presente documento. Art. 8 Preparazione alle emergenze 1. Le parti adotteranno tutti gli appropriati provvedimenti per stabilire e mantenere un'adeguata preparazione alle emergenze per far fronte agli incidenti industriali. Le Parti si accerteranno che siano adottate misure di preparazione per attenuare gli effetti transfrontalieri di tali incidenti, e che gli operatori effettuino operazioni di controllo in loco. Tali provvedimenti potranno includere, senza tuttavia limitarvisi, quelli di cui all'Annesso VII nel presente documento. In particolare, le Parti interessate si informeranno a vicenda dei loro piani di emergenza. 2. La Parte di origine provvederà, per guanto riguarda le attività a rischio, alla preparazione ed all'attuazione dei piani di emergenza in loco, comprese adeguate misure di lotta ed altri provvedimenti per prevenire e minimizzare gli effetti transfrontalieri. La Parte di origine fornirà alle altre Parti interessate, gli elementi in suo possesso per l'elaborazione di piani di emergenza. 3. Ciascuna Parte, provvederà, per quanto 145 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 riguarda le attività a rischio, alla preparazione ed all'attuazione di piani di emergenza fuori del sito, comprese le misure da adottare nell'ambito del suo territorio per prevenire e minimizzare gli effetti transfrontalieri. Nel preparare questi piani, dovrà tenersi conto delle conclusioni dell'analisi e della valutazione, in particolare le questioni stabilite all'Annesso V, paragrafo 2, sottoparagrafi (1) a (5). Le Parti interessate faranno ogni sforzo affinché questi piani siano compatibili. Laddove opportuno, piani di emergenza in comune fuori del sito dovranno essere progettati al fine di facilitare l'adozione di adeguati misure di lotta. 4. I piani di emergenza dovranno essere passati in rassegna regolarmente o qualora le circostanze lo richiedano in considerazione dell'esperienza acquisita trattando casi di emergenza sopravvenuti. Art. 9 Informazione e divulgazione al pubblico 1. Le Parti provvederanno affinché adeguate informazioni siano fornite al pubblico nelle zone suscettibili di essere colpite da incidenti industriali derivanti da un'attività a rischio. Queste informazioni dovranno essere trasmesse attraverso quei canali che le Parti riterranno appropriate ed includeranno gli elementi contenuti all'Annesso VIII al presente documento e dovranno prendere in considerazione questioni di cui all'Annesso V, paragrafo 2, sotto-paragrafi (1) a (4) e (9) . 2. La Parte di origine, in conformità con le disposizioni della presente Convenzione e laddove possibile ed appropriato, fornirà al pubblico, nelle zone suscettibili di essere colpite, la possibilità di partecipare alle procedure pertinenti perché siano rese note opinioni e preoccupazioni riguardo alle misure di prevenzione e di preparazione, e si accerterà che le possibilità offerte al pubblico della Parte colpita siano equivalenti a quelle fornite al pubblico della Parte di origine. 146 3. In conformità con i loro ordinamenti giuridici e, qualora desiderato, su una base reciproca, le Parti forniranno alle persone fisiche o giuridiche colpite, o suscettibili di essere negativamente colpite dagli effetti transfrontalieri di un incidente industriale nel territorio di una Parte, la possibilità di avere accesso e di essere sentite nelle pertinenti procedure ammini- strative e giudiziarie, compresa la possibilità di iniziare un'azione legale e di fare appello contro una decisione lesiva dei loro diritti, con un trattamento equivalente a quello riservato alle persone sotto la loro giurisdizione. Art. 10 Sistemi di notifica degli incidenti industriali 1. Le Parti, allo scopo di ottenere e di trasmettere notifiche di incidenti industriali contenenti le informazioni richieste per far fronte agli effetti transfrontalieri, provvederanno ad installare ed a far funzionare sistemi compatibili ed efficaci di notifica degli incidenti industriali a livelli appropriati. 2. In caso di sopravvenienza di un incidente industriale o di una sua imminente minaccia, che causa o è suscettibile di causare effetti transfrontalieri, la Parte di origine assicurerà che le parti colpite siano senza indugio, notificate a livelli appropriati mediante i sistemi di notifica degli incidenti industriali. Questa notifica Includerà gli elementi contenuti nell'Annesso IX al presente documento. 3. Le parti interessate provvederanno affinché, in caso di incidente industriale o di una sua imminente minaccia, i piani di emergenza predisposti in conformità con l'Articolo 8 siano attivati il prima possibile e nella misura appropriata alle circostanze. Art.11 Lotta 1. Le parti interessate provvederanno affinché, in caso di incidente industriale o di una sua imminente minaccia, siano adottati adeguati provvedimenti di emergenza, il prima possibile ed utilizzando i metodi più efficaci, per contenere e minimizzare gli effetti. 2. In caso di incidente industriale o di una sua imminente minaccia, causante è suscettibile di causare effetti transfrontalieri, le Parti interessate si accerteranno che gli effetti siano valutati - se del caso con azioni in comune, al fine di adottare adeguate misure di lotta. Le Parti interessate faranno ogni sforzo per coordinare le loro misure di risposta. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 Art. 12 Assistenza reciproca 1. Se una Parte necessita di assistenza in caso di un incidente industriale, essa può chiedere assistenza alle altre parti, indicando la portata ed il tipo di assistenza richiesta. Una Parte alla quale è stata indirizzata una richiesta di assistenza, deciderà con prontezza ed informerà la Parte richiedente se è in grado di fornire l'assistenza richiesta ed indicherà la portata ed i termini dell'assistenza che potrebbe fornire. 2. Le Parti interessate coopereranno in vista di agevolare una rapida fornitura dell'assistenza stabilita di comune accordo al paragrafo 1 del presente Articolo, compresi, se del caso i provvedimenti volti a minimizzare le conseguenze e gli effetti dell'incidente industriale ed a fornire un'assistenza generale. Qualora le Parti non abbiano accordi bilaterali o multilaterali che regolamentano le loro intese per la prestazione di un'assistenza reciproca, l'assistenza sarà fornita in conformità con l'Annesso X al presente documento, a meno che le Parti non decidano diversamente. scambieranno informazioni ottenibili, compresi gli elementi contenuti all'Annesso XI al presente documento. Art. 16 Scambio di tecnologia 1. Le Parti, in compatibilità con le loro leggi, regolamenti e prassi, agevoleranno lo scambio di tecnologia per la prevenzione, la preparazione e la lotta contro gli effetti di incidenti industriali in particolare grazie alla promozione di: (a) uno scambio di tecnologia disponibile su varie basi finanziarie; (b)cooperazione e contatti industriali diretti; (c) scambio di informazioni e di esperienze; (d)fornitura di assistenza tecnica. 2. Nel promuovere le attività specificate al paragrafo 1, sotto-paragrafi (a) a (d) del presente Articolo, le Parti creeranno condizioni favorevoli agevolando i contatti e la cooperazione tra le organizzazioni e gli individui appropriati nei settori sia pubblici che privati in grado di fornire tecnologia, servizi di progettazione e di ingegneria, equipaggiamento o mezzi finanziari. Art. 13 Obblighi e Responsabilità Le Parti sosterranno adeguate iniziative a livello internazionale per elaborare le regole, i criteri e le procedure nel campo della responsabilità. Art. 14 Ricerca e sviluppo Le Parti, come appropriato, inizieranno e coopereranno allo svolgimento di ricerche, ed allo sviluppo di metodi e di tecnologie per la prevenzione, la preparazione e la lotta agli incidenti industriali. A tal fine le Parti incoraggeranno e promuoveranno attivamente la cooperazione scientifica e tecnologica, ivi compresa la ricerca su procedimenti meno a rischio in vista di ridurre i rischi da incidenti e prevenire e limitare le conseguenze degli incidenti industriali. Art. 15 Scambio di informazioni Le Parti, a livello multilaterale o bilaterale, si Art. 17 Autorità competenti e punti di contatto 1. Ciascuna Parte designerà o istituirà una o più autorità competenti ai fini della presente convenzione. 2. Fatti salvi gli altri accordi a livello bilaterale o multilaterale, ciascuna parte designerà o istituirà un punto di contatto per il sistema di notifiche degli incidenti industriali ai sensi dell'Articolo 10, ed un punto di contatto ai fini dell'assistenza reciproca ai sensi dell'articolo 12. Il punto di contatto designato dovrebbe essere lo stesso nei due casi. 3. Ciascuna Parte, entro tre mesi dalla data dell'entrata in vigore della presente convenzione per quella Parte, dovrà informare le altre Parti, tramite il Segretariato di cui all'Articolo 20, riguardo a quale Ente o enti ha designato come punto(i) di contatto e come sua autorità o autorità competenti. 4. Ciascuna Parte, entro un mese dalla data della decisione, informerà le altre parti attraverso il Segretariato, di ogni cambiamento 147 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 relativo alla designazione(i) da essa effettuata(e) in base al paragrafo 3 del presente Articolo. 5. Ciascuna Parte manterrà il suo punto di contatto ed i suoi sistemi di notifica di incidenti industriali previsti dall'Articolo 10, in condizioni di operatività in ogni tempo. 6. Ciascuna Parte farà in modo che il suo punto di contatto e le Autorità incaricate di effettuare e ricevere richieste di assistenza e di accettare offerte di assistenza ai sensi dell'art. 12 siano in ogni tempo operative. Art. 18 Conferenza delle parti 1. I rappresentanti delle Parti costituiscono la Conferenza delle Parti della presente Convenzione e tengono riunioni su base regolare. La prima riunione della Conferenza delle parti è convocata non oltre un anno dopo la data di entrata in vigore della presente Convenzione. In seguito, la Conferenza delle Parti si riunisce almeno una volta l'anno o su richiesta scritta di ogni Parte, sotto riserva che detta domanda sia appoggiata da almeno un terzo delle Parti nei sei mesi successivi alla sua comunicazione a dette Parti dal Segretariato. 148 2. La Conferenza delle Parti: a) segue l'attuazione della presente Convenzione; b) svolge funzioni consultive volte a rafforzare la capacità delle Parti di prevenire gli effetti transfrontalieri degli incidenti industriali, di prepararvisi e di combatterli e di facilitare la fornitura di assistenza e di consulenze tecniche richieste dalle Parti confrontate ad incidenti industriali; c) istituisce, nella misura necessaria, gruppi di lavoro ed altri meccanismi appropriati per esaminare le questioni relative all'attuazione ed allo sviluppo della presente Convenzione ed a tal fine predispone studi appropriati ed altri documenti e sottopone raccomandazioni alla Conferenza delle Parti per considerazione; d) svolge altre funzioni che possono rivelarsi necessarie in attuazione delle disposizioni della presente Convenzione; e) nella sua prima riunione, esamina il Regolamento interno per le sue riunioni e lo adotta per consenso. 3. Nell'esercizio delle sue funzioni, la conferenza, delle Parti coopera anche, qualora lo ritenga necessario, con le altre organizzazioni internazionali competenti. 4. Nella sua prima riunione, la Conferenza delle Parti stabilisce un programma di lavoro tenendo conto in particolare degli elementi di cui all'Annesso XII. Inoltre la Conferenza delle parti decide sul metodo di lavoro ed in particolare si pronuncia sull'opportunità di fare appello ai centri nazionali e di cooperare con le organizzazioni internazionali competenti, di instaurare un sistema in vista di facilitare l'attuazione della presente Convenzione in particolare ai fini dell'assistenza reciproca in caso di incidente industriale e di appoggiarsi alle attività svolte in questo settore nell'ambito delle organizzazioni internazionali competenti. Nel quadro del suo programma di lavoro, la conferenza delle parti passa in rassegna i centri nazionali, regionali ed internazionali esistenti nonché gli altri organi e programmi incaricati di coordinare le informazioni e gli sforzi relativi alla prevenzione degli incidenti industriali nonché le misure da adottare per la preparazione e la lotta allo scopo di determinare gli istituti o centri internazionali supplementari che possono essere necessari per svolgere i compiti di cui all'Annesso XII. 5. Nella sua prima riunione, la Conferenza delle parti inizia l'esame delle procedure volte a creare condizioni più favorevoli allo scambio di tecnologie per la prevenzione, la preparazione e la lotta contro gli effetti degli incidenti industriali. 6. La Conferenza delle Parti adotta direttive e criteri per agevolare l'individuazione di attività pericolose ai sensi della presente Convenzione. Art. 19 Diritto di voto 1. Sotto riserva delle disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo, le Parti alla presente Convenzione hanno ciascuna un voto. 2. Le organizzazioni d'integrazione economica regionale definite all'Articolo 27, nei settori di loro competenza, dispongono, per esercitare il loro diritto di voto, di un numero di voti pari al numero dei loro stati membri che sono Parti alla presente Convenzione. Queste organizzazioni non esercitano il loro diritto di Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 voto se gli Stati membri esercitano il loro, e viceversa. Art. 20 Segretariato Il Segretario esecutivo della commissione economica per l'Europa esercita le seguenti funzioni di segretariato: a) convoca e prepara le riunioni delle Parti; b) trasmette alle Parti i rapporti ed altre informazioni ricevute in applicazione delle disposizioni della presente Convenzione; c) adempie ad ogni altra funzione che può essergli assegnata dalle Parti. Art. 21 Soluzione delle controversie 1. Qualora una controversia sorga tra due o più Parti riguardo all'interpretazione o all'applicazione della presente Convenzione, queste Parti ricercheranno una soluzione per via negoziale o con ogni altro metodo di soluzione delle controversie che ritengono accettabile. 2. Nel firmare, ratificare, accettare ed approvare la presente Convenzione, o aderirvi, o in ogni altro momento successivo, una Parte può notificare per iscritto al Depositario che, per le controversie che non sono state risolte secondo il paragrafo 1 del presente articolo, essa accetta di considerare come obbligatorio(i), nelle sue relazioni con ogni Parte che accetta lo stesso obbligo, uno o entrambe i mezzi di regolamento delle controversie di cui in appresso: a) Presentazione della controversia alla Corte internazionale di Giustizia; b) arbitrato, secondo la procedura esposta all'Annesso XIII della presente Convenzione. 3. Qualora le Parti alla controversia abbiano accettato entrambi i mezzi di soluzione delle controversie di cui al paragrafo 2 del presente articolo, la controversia potrà essere presentata solo alla Corte internazionale di Giustizia a meno che le Parti non convengano diversamente. non pregiudicano i diritti o gli obblighi delle parti di tutelare secondo le leggi, i regolamenti, le disposizioni amministrative o le prassi legali accettate o in vigore a livello nazionale, e secondo i regolamenti internazionali applicabili, le informazioni relative ai dati personali, al segreto, industriale e commerciale, compresa la proprietà intellettuale o la sicurezza nazionale. 2. Tuttavia, qualora una Parte decida di fornire informazioni in tal modo tutelate ad un'altra Parte, la Parte che riceve tali informazioni tutelate rispetta il loro carattere riservato e le condizioni legate alla loro comunicazione e utilizza tali informazioni per il solo fine per il quale sono state fornite. Art. 23 Attuazione Le Parti rendono conto periodicamente dell'attuazione della presente Convenzione. Art. 24 Accordi bilaterali e multilaterali 1. Le Parti, per adempiere agli obblighi che incombono loro in virtù della presente Convenzione, devono continuare ad applicare gli accordi bilaterali o multilaterali o altri accordi in vigore o stipularne di nuovi. 2. Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicano il diritto delle Parti di adottare ai sensi di un accordo bilaterale o multilaterale. Se del caso, misure più rigorose di quelle richieste dalla presente Convenzione. Art. 25 Statuto degli Annessi Gli annessi alla presente Convenzione sono parte integrante della Convenzione. Art. 26 Emendamenti alla convenzione 1. Ogni Parte può proporre emendamenti alla presente Convenzione. Art. 22 Limitazioni relative alla comunicazione di informazioni 1. Le norme della presente Convenzione 2. Il testo di ogni proposta di emendamento alla presente Convenzione viene sottoposto per iscritto al Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa che lo 149 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 comunica a tutte le Parti. La Conferenza delle Parti esamina le proposte di emendamento nella sua successiva riunione annuale, a condizione che il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa abbia trasmesso le proposte di emendamento alle Parti almeno novanta giorni prima. 3. Per gli emendamenti alla presente Convenzione - ad eccezione degli emendamenti all'Annesso I, per i quali la procedura é illustrata al paragrafo 4 del presente Articolo: (a) Gli emendamenti sono adottati per consenso delle Parti presenti alla riunione e sono sottoposti dal Depositario a tutte le Parti per ratifica, accettazione o approvazione; (b)Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione degli emendamenti sono depositati presso il Depositario. Gli emendamenti adottati secondo il presente Articolo entrano in vigore nei confronti delle Parti che li hanno accettati il novantesimo giorno successivo alla data di ricezione da parte del Depositario del sedicesimo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione; (c) Successivamente, gli emendamenti entrano in vigore nei confronti di ogni altra Parte il novantesimo giorno successivo al deposito di detta parte del suo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione degli emendamenti. 150 4. Per gli emendamenti all'Annesso I: (a) Le Parti non lesinano alcun sforzo per giungere ad un accordo mediante consenso. Qualora tutti gli sforzi in tal senso si siano dimostrati vani e non si sia addiventi ad un accordo, gli emendamenti saranno adottati, in ultima istanza, mediante un voto a maggioranza di nove decimi delle Parti presenti alla riunione e votanti. Gli emendamenti, se sono adottati dalla Conferenza delle Parti, sono comunicati alle Parti con una raccomandazione di approvazione; b) Allo scadere di un termine di dodici mesi a decorrere dalla data della loro comunicazione da parte del Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa, gli emendamenti all'Annesso I entrano in vigore per le Parti alla presente Convenzione che non hanno sottoposto una notifica secondo le disposizioni del paragrafo 4c del presente Articolo, a patto che sedici Parti almeno non abbiano presentato questa notifica. c) Ogni Parte che non può approvare un emendamento all'Annesso I della presente Convenzione lo notifica al Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa per iscritto entro un termine di dodici mesi, a decorrere dalla data di comunicazione dell'adozione. Il Segretario esecutivo informa senza ritardo tutte le Parti del ricevimento di tale notifica. Una Parte può in ogni tempo sostituire un'accettazione alla sua precedente notifica: in tal caso l'emendamento all'Annesso I entra in vigore nei confronti di tale Parte. d) Ai fini del presente paragrafo, l'espressione "Parti presenti e votanti" designa le Parti presenti che hanno emesso un voto affermativo o negativo. Art. 27 Firma La presente Convenzione è aperta a Helsinki dal 17 marzo 1992 al 18 marzo 1992 compreso, e successivamente presso la Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, fino al 18 settembre 1992, alla firma degli Stati membri della Commissione economica per l'Europa, nonché degli Stati dotati di statuto consultivo presso la Commissione economica per l'Europa in virtù del paragrafo 8 della Risoluzione 36 (IV) del Consiglio economico e sociale del 28 marzo 1947, e delle organizzazioni d'integrazione economica regionale costituite da Stati sovrani, membri della Commissione economica per l'Europa i quali Stati sovrani hanno demandato a dette organizzazioni competenza per le materie trattate dalla presente Convenzione, compresa la competenza a concludere trattati in tali materie. Art. 28 Depositario Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite esercita le funzioni di depositario della presente Convenzione. Art 29 Ratifica, accettazione, approvazione ed adesione 1. La presente Convenzione è soggetta alla Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 ratifica, all'accettazione o all'approvazione degli Stati e delle organizzazioni d'integrazione economica regionale firmatarie di cui all'articolo 27. 2. La presente Convenzione è aperta all'adesione degli Stati e delle organizzazioni di cui all'articolo 27. 3. Ogni Organizzazione di cui all'articolo 27 che diviene Parte alla presente Convenzione senza che nessuno degli Stati membri di detta Convenzione ne sia Parte, è vincolata da tutti gli obblighi che derivano dalla Convenzione. Quando uno o più Stati membri di tale Organizzazione sono Parti alla presente Convenzione, tale Organizzazione ed i suoi Stati membri stabiliscono di comune accordo le loro rispettive responsabilità nella esecuzione degli obblighi contratti in virtù della presente Convenzione. In tal caso, l'Organizzazione e gli Stati membri non sono abilitati ad esercitare congiuntamente i diritti che derivano dalla presente Convenzione. 4. Nei loro strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, le organizzazioni d'integrazione economica regionale di cui all'articolo 27 indicano la portata della loro competenza nei confronti delle materie che sono oggetto della presente Convenzione. Inoltre queste organizzazioni informano il Depositario di ogni modifica importante della portata della loro competenza. Art. 30 Entrata in vigore 1. La presente Convenzione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito del sedicesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione. 2. Ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, lo strumento depositato da un'Organizzazione d'integrazione economica regionale di cui all'articolo 27 non è calcolato come addizionale a quelli depositati dagli Stati membri di questa Organizzazione. 3. Nei confronti di ciascun Stato o Organizzazione di cui all'articolo 23 che ratifica, accetta o approva la presente Convenzione o vi aderisce dopo il deposito del sedicesimo strumento di ratifica, di accettazione di approvazione o di adesione, la Convenzione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito, da parte di tale Stato o di tale Organizzazione, del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione. Art. 31 Denuncia 1. In ogni tempo successivamente allo scadere di un termine di tre anni avente inizio a decorrere dalla data in cui la presente Convenzione è entrata in vigore nei confronti di una Parte, detta Parte può denunciare la Convenzione per mezzo di una notifica scritta indirizzata al Depositario. Questa denuncia ha effetto il novantesimo giorno successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del Depositario. 2. Tale denuncia non pregiudica l'applicazione dell'articolo 4 ad un'attività che è stata oggetto di una notifica in attuazione dell'articolo 4, paragrafo 1, o di una domanda di dibattito in applicazione dell'articolo 4, paragrafo 2. Art. 32 Testi autentici L'originale della presente Convenzione, i cui testi in francese, inglese e russo sono ugualmente autentici, è depositato presso il segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. IN FEDE DI CHE i sottoscritti a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato la presente Convenzione. ANNESSO I - Sostanze pericolose ai fini della definizione delle attività a rischio I quantitativi indicati in appresso si riferiscono a ciascuna attività o gruppo di attività. Quando una categoria di quantitativi è riportata nella Parte I, il quantitativo limite è costituito dai quantitativi massimi forniti per ciascuna categoria. Cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente Convenzione, è il quantitativo minimo indicato in ciascuna categoria che diverrà il quantitativo limite, salvo emendamento. Quando una sostanza o preparato designati nominativamente nella Parte II appartengono anche ad una categoria della Parte I, si applica il quantitativo limite indicato nella Parte II. Per individuare le attività a rischio, le Parti tengono 151 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 conto della possibilità prevedibile di aggravamento dei rischi connessi, nonché dei quantitativi di sostanze a rischio e della loro prossimità, e del fatto che la responsabilità sia assunta da uno o più operatori. Parte I. Categorie di sostanze e di preparati che non sono specificamente designati nella Parte II Categoria 1. Gas infiammabili 1 a), compreso il GPL 2. Liquidi molto infiammabili 1 b) 3. Sostanze molto tossiche 1 c) 4. Sostanze tossiche 1 d) 5. Sostanze ossidanti 1 e) 6. Sostanze esplosive 1 f) 7. Liquidi infiammabili 1 g) (manipolati a condizioni speciali di pressione e di temperatura) 8. Sostanze pericolose per l'ambiente 1 h) Quantitativo limite (tonnellate) 200 50.000 20 500-200 500-200 200-50 200 200 Parte II. Sostanze designate nominativamente Sostanza 1. Ammoniaca 2. a) Nitrato di ammonio 2/ b) Nitrato di ammonio sotto forma di fertilizzanti 3/ 3. Acrilonitrile 4. Cloro 5. Ossido di etilene 6. Cianuro d'idrogeno 7. Fluoruro d'idrogeno 8. Solfuro d'idrogeno 9. Biossido di zolfo 10. Triossido di zolfo 11. Piombo alchili 12. Fosgeno 13. Isocianato di metile Quantitativo limite (tonnellate) 500 2.500 10.500 200 25 50 20 50 50 250 75 50 0,75 0,15 NOTE 1. Criteri indicativi. In mancanza di altri criteri appropriati, le Parti possono adottare i seguenti criteri per classificare le sostanze o i preparati ai fini della Parte I del presente Annesso. a) GAS INFIAMMABILI: sostanze che, allo stato gassoso, a pressione normale ed in miscela con l'aria, divengono infiammabili ed il cui punto di ebollizione a pressione normale é pari o inferiore a 20 gradi; b) LIQUIDI MOLTO INFIAMMABILI: sostanze la cui temperatura di ignizione è inferiore a 21 gradi ed il cui punto di ebollizione a pressione normale è superiore a 20 gradi; c) SOSTANZE MOLTO TOSSICHE: sostanze le cui proprietà corrispondono a quelle enunciate alle tabelle 1 o 2 in appresso e che, a causa delle loro proprietà fisiche e chimiche, sono suscettibili di dar luogo a rischi di incidenti industriali. Tabella 1 DL 50 (ingestione) 1) mg/kg di massa del corpo DL50 ≤ 25 DL50 (assorbimento cutaneo) 2) mg/kg di massa del corpo DL50 ≤ 50 CL50 3) mg/l CL50 > 0,5 1) DL50 per ingestione nel ratto 2) DL50 per assorbimento cutaneo nel ratto o nel coniglio 3) CL50 per inalazione (quattro ore) nel ratto Tabella 2 Dose di reazione discriminante mg/kg di massa del corpo 152 <5 Se la tossicità acuta per ingestione delle sostanze negli animali, è stata determinata mediante il metodo delle dosi fisse. d) SOSTANZE TOSSICHE: sostanze le cui proprietà corrispondono a quelle indicate nelle tabelle 3 o 4 e che, a causa delle loro proprietà fisiche e chimiche sono suscettibili di dar luogo a rischi di incidenti industriali. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 Tabella 3 DL50 (ingestione) 1) mg/kg di massa del corpo DL50 ≤ 200 DL50 (assorbimento cutaneo) 2) mg/kg di massa del corpo DL50 ≤ 400 CL50 3) mg/l (inalazione) 0,5 CL50 ≤ 2 1) DL50 per ingestione nel ratto 2) DL50 per assorbimento cutaneo nel ratto o nel coniglio 3) CL50 per inalazione (quattro ore) nel ratto Tabella 4 Dose di reazione discriminante mg/kg di massa del corpo =5 Se la tossicità acuta per ingestione delle sostanze nell'animale, è stata determinata mediante il metodo delle dosi fisse. e) SOSTANZE OSSIDANTI: sostanze che, a contatto con determinate sostanze - soprattutto se queste ultime sono infiammabili - danno luogo a reazioni fortemente esotermiche. f) SOSTANZE ESPLOSIVE: sostanze che sono suscettibili di esplodere per effetto di una fiamma o che sono più sensibili del benzene agli urti o a frizione. g) LIQUIDI INFIAMMABILI: sostanze la cui temperatura di ignizione è inferiore a 55 gradi e che restano liquidi sotto pressione, al punto che condizioni particolari di trattamento, ad esempio ad alta pressione ed a temperatura elevata, possono comportare rischi di incidenti industriali. h) SOSTANZE PERICOLOSE PER L'AMBIENTE: sostanze che presentano una tossicità acuta per l'ambiente acquatico alle concentrazioni indicate alla Tabella 5. Tabella 5 CL50 1) mg/l CL50 ≤ 10 CE50 2) mg/l CE50 ≤ 10 CI50 3) mg/l CI50 ≤ 10 1) CL50 nel pesce (96 ore) 2) CE50 nella dafnie (48 ore) 3) CI50 nelle alghe (72 ore) quando la sostanza non è agevolmente degradabile o quando log Poe > 3,0 (a meno che il FBC determinato sperimentalmente non sia pari o inferiore a 100). i) DL = dose letale j) CL = concentrazione letale k) CE = concentrazione effettiva l) CI = concentrazione inibente m) Poe = coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua n) FBC = fattore di bioconcentrazione 2. Quanto sopra si applica al nitrato di ammonio ed alle miscele di nitrato di ammonio, quando il tenore in azoto corrispondente al nitrato di ammonio è superiore a 28% in massa, ed alle soluzioni acquose di nitrato di ammonio, quando la concentrazione di nitrato di ammonio è superiore al 90% in massa. 3. Quanto sopra si applica ai fertilizzanti al nitrato di ammonio, semplici o composti, quanto il tenore in azoto corrispondente al nitrato di ammonio è superiore al 28% in massa (un fertilizzante composto al nitrato di ammonio contiene anche del fosfato e/o del potassio). 4. Le miscele ed i preparati contenenti tali sostanze saranno trattati allo stesso modo delle sostanze pure a meno che esse non dimostrino più proprietà equivalenti e non siano suscettibili di avere effetti transfrontalieri. ANNESSO II - Procedura della commissione d’inchiesta in attuazione degli articoli 4 e 5 1. La (o le) Parte (i) richiedente (i) notifica (no) il Segretariato che essa (e) sottopone (sottopongono) una (o delle) questione (i) ad una Commissione d'inchiesta istituita secondo le norme del presente Annesso. Tale notifica enuncia l'oggetto dell'inchiesta. Il Segretariato informa immediatamente tutte le parti alla Convenzione di tale richiesta d'inchiesta. 2. La Commissione d'inchiesta è composta da tre membri. Sia la parte richiedente che l'altra parte alla procedura d'inchiesta nominano un esperto scientifico e tecnico ed i due esperti in tal modo nominati designano di comune accordo un terzo esperto che è il Presidente della Commissione d'inchiesta. Quest'ultimo non deve essere cittadino di una delle parti alla procedura d'inchiesta né avere la sua residenza abituale sul territorio di una di queste Parti, né essere a servizio di una tra di loro, o essersi già occupato del caso in questione a qualsiasi 153 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 altro titolo. 3. Se, entro i due mesi successivi alla nomina del secondo esperto, non è stato designato il Presidente della Commissione d'inchiesta, il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa procede, a richiesta di una delle Parti, alla sua nomina, entro un ulteriore termine di due mesi. 4. Se, entro il termine di un mese a decorrere dal ricevimento della notifica indirizzata dal Segretariato, una delle Parti alla procedura d'inchiesta non nomina un esperto, l'altra parte può informarne il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa, che procederà alla nomina del Presidente della Commissione d'inchiesta entro un ulteriore termine di due mesi. Non appena sia stato nominato, il Presidente della Commissione d'inchiesta chiede alla Parte che non ha nominato un esperto, di procedere alla designazione entro un mese. Qualora essa non proceda entro questo termine, il presidente ne informa il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa che procede a tale nomina entro un nuovo termine di due mesi. 5. La Commissione d'inchiesta stabilisce il proprio regolamento interno. 6. La Commissione d'inchiesta può adottare ogni misura appropriata per esercitare le sue funzioni. 7. Le parti alla procedura d'inchiesta facilitano il compito della Commissione d'inchiesta e soprattutto, con ogni mezzo a loro disposizione: a) Forniscono alla Commissione d'inchiesta tutti i documenti, le agevolazioni e le informazioni pertinenti; b) consentono alla Commissione d'inchiesta, se del caso, di citare e di sentire testimoni o esperti. 8. Le Parti e gli esperti tutelano il segreto di ogni informazione da essi ricevuta a titolo riservato durante i lavori della Commissione d'inchiesta. 9. Se una delle Parti alla procedura d'inchiesta non si presenta dinnanzi alla Commissione d'inchiesta o si, astiene dall'esporre il proprio caso, l'altra Parte può chiedere alla Commissione d'inchiesta di proseguire la procedura e di completare i suoi lavori. Il fatto che una Parte non si presenti dinnanzi alla Commissione o non esponga il proprio caso, non costituisce ostacolo al proseguimento o al completamento dei lavori della Commissione d'inchiesta. 10. A meno che la Commissione d'inchiesta non decida diversamente in ragione di circostanze particolari del caso, le spese di tale Commissione, compresa la retribuzione dei suoi membri, sono sostenute a parti uguali dalle Parti alla procedura d'inchiesta. La Commissione d'inchiesta conserva un rendiconto di tutte le sue spese e ne fornisce un estratto finale alle Parti. 11. Ogni Parte che ha un interesse effettivo riguardo all'oggetto della procedura d'inchiesta, e che è suscettibile di essere lesa da un'opinione pronunciata in merito, può intervenire nella procedura con l'accordo della Commissione d'inchiesta. 154 12. Le decisioni della Commissione d'inchiesta sulle questioni di procedura devono essere adottate a maggioranza dei membri. Il parere definitivo della Commissione d'inchiesta riflette il parere della maggioranza dei suoi membri ed è accompagnato se del caso da ogni opinione dissidenti. 13. La Commissione d'inchiesta pronuncia la sua opinione definitiva entro i due mesi successivi alla data in cui é stata costituita, a meno che non ritenga necessario di prorogare questo termine per una durata che non dovrebbe superare due mesi. 14. L'opinione definitiva della Commissione d'inchiesta è fondata su principi scientifici accettati. La Commissione d'inchiesta comunica la sua opinione definitiva alle Parti alla procedura d'inchiesta ed al Segretariato. ANNESSO III - Procedure da seguire in attuazione dell’articolo 4 1. La Parte di origine può domandare di consultare un'altra Parte in conformità con i paragrafi 2 e 3 del presente Annesso, al fine di determinare se essa è una Parte colpita. 2. Se un'Attività proposta o esistente è a rischio, la Parte di origine, in vista di procedere a consultazioni appropriate ed efficaci, lo notifica. ai livelli appropriati ad ogni Parte suscettibile, a suo parere, di essere colpita, il prima possibile e non oltre il momento in cui informa il suo pubblico riguardo a tale attività proposta o esistente. In caso di attività a rischio esistenti, tale notifica è data non oltre i due anni successivi all'entrata in vigore della presente Convenzione nei confronti della Parte di origine. 3. La notifica contiene in particolare: a) Informazioni sull'attività a rischio, ivi compresa ogni informazione o rapporto disponibile, ad esempio le informazioni fornite in attuazione dell'Articolo 6, sugli effetti transfrontalieri che potrebbe avere in caso di incidente industriale; b) l'indicazione di un termine ragionevole per la comunicazione di una risposta a titolo del paragrafo 4 del presente Annesso, in considerazione della natura dell'attività; Possono essere incluse in detta notifica, le informazioni menzionate al paragrafo 6 del presente Annesso. 4. Le Parti che hanno ricevuto la notifica rispondono alla Parte di origine entro il termine specificato nella notifica accusando ricevuta di quest'ultima ed indicando se esse hanno intenzione di iniziare delle consultazioni. 5. Se una Parte che ha ricevuto la notifica, fa sapere che non é intenzionata ad iniziare delle consultazioni, oppure se essa non risponde entro il termine specificato nella notifica, non vengono applicate le norme contenute nei seguenti paragrafi del presente Annesso. In tal caso, non è pregiudicato il diritto della parte di origine di determinare se essa debba procedere ad una valutazione e ad un'analisi in base alla sua legislazione e prassi nazionale. 6. Se una Parte da essa notificata le comunica il suo desiderio di iniziare delle consultazioni, la Parte d'origine fornisce a detta Parte, qualora non lo abbia ancora fatto: a) informazioni pertinenti relative al programma per lo svolgimento dell'analisi, con una indicazione dei tempi per la comunicazione di osservazioni; b) informazioni pertinenti sull'attività a rischio e sugli effetti transfrontalieri che potrebbe avere in caso di Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 incidente industriale; c) la possibilità di partecipare alla valutazione delle informazioni o di ogni rapporto che provi la possibilità di eventuali effetti transfrontalieri. 7. La Parte colpita fornisce alla Parte di origine, su richiesta di quest'ultima, le informazioni che possono ragionevolmente essere ottenute concernenti la zona sotto la sua giurisdizione suscettibile di essere colpita, qualora tali informazioni siano necessarie per procedere alla predisposizione della valutazione e dell'analisi ed adottare provvedimenti. Le informazioni saranno fornite rapidamente e, come appropriato, attraverso un organo comune qualora esista. 8. La Parte di origine fornisce alla Parte colpita, direttamente, se del caso, o tramite un organo comune, qualora esista; i documenti relativi all'analisi ed alla valutazione descritti all'Annesso V, paragrafi 1 e 2. 9. Le Parti interessate informano il pubblico nelle zone che, sono ragionevolmente suscettibili di essere colpite dall'attività a rischio ed adottano provvedimenti affinché i documenti relativi all'analisi ed alla valutazione siano distribuiti al pubblico ed alle autorità nelle zone pertinenti. Le Parti offrono loro la possibilità di formulare osservazioni o obiezioni riguardo all'attività a rischio e fanno in modo che le loro opinioni siano trasmesse all'autorità competente della Parte di origine, sia direttamente, sia, se del caso, tramite la Parte d'origine, in tempi ragionevoli. 10. Quando i documenti relativi all'analisi ed alla valutazione sono pronti, la Parte d'origine inizia, senza indebito ritardo, consultazioni con la Parte colpita riguardo in particolare agli effetti transfrontalieri dell'attività a rischio in caso di incidente industriale ed alle misure atte a limitare tali effetti o ad eliminarli. Le consultazioni possono vertere: a) su eventuali soluzioni alternative all'attività a rischio, compresa l'opzione "zero" e su provvedimenti che potrebbero essere adottati per attenuare gli effetti transfrontalieri a spese della Parte di origine; b) su altre forme praticabili di assistenza reciproca per ridurre ogni effetto transfrontaliero; c) su ogni altra questione pertinente. Le Parti interessate convengono, all'inizio di tali consultazioni, di un termine ragionevole per la durata del periodo di consultazioni. Tali consultazioni potranno essere svolte mediante un organo comune appropriato, qualora ne esista uno. ANNESSO IV - Misure preventive da adottare in attuazione dell’articolo 6 Le misure in appresso possono essere attuate secondo la legislazione e le prassi nazionali, dalle Parti, dalle autorità competenti o dagli operatori o nel quadro di sforzi concertati: 1. istituzione di obiettivi generali o specifici in materia di sicurezza; 2. adozione di norme legislative o di direttive relative alle misure di sicurezza ed alle norme di sicurezza; 3. individuazione di attività a rischio che esigono l'attuazione di particolari misure preventive, compreso se del caso un sistema di licenze o di autorizzazioni; 4. valutazione delle analisi di rischio o degli studi di sicurezza relativi alle attività a rischio nonché di un piano d'azione in vista dell'attuazione delle misure necessarie; 5. fornire alle Autorità competenti le informazioni necessarie per valutare i rischi; 6. applicare la tecnologia più appropriata, al fine di prevenire gli incidenti industriali e proteggere gli esseri umani e l'ambiente; 7. impartire, a tutte le persone che partecipano ad attività a rischio in situ, sia in situazioni normali che in situazioni anomale, una formazione ed un addestramento appropriato al fine di prevenire gli incidenti industriali; 8. istituire strutture e prassi di gestione interna che consentano l'attuazione ed il mantenimento effettivi dei regolamenti di sicurezza; 9. sorvegliare le attività a rischio ed effettuare verifiche ed ispezioni. 11. Le Parti interessate vigilano affinché si tenga debitamente conto dell'analisi e della valutazione nonché delle osservazioni ricevute in attuazione del paragrafo 9 del presente Annesso e dei risultati delle consultazioni menzionate al paragrafo 10 del presente Annesso. 12. La Parte di origine notifica alle Parti colpite ogni decisione adottata in merito all'attività nonché i motivi e le considerazioni sulle quali essa si fonda. 13. Qualora giungano a conoscenza di una Parte interessata, informazioni supplementari pertinenti riguardo agli effetti transfrontalieri di un'attività a rischio, che non erano disponibili nel momento in cui tale attività è stata oggetto di consultazioni, detta Parte interessata ne informa immediatamente l'altra (o le altre) Parte (i) interessata (e). Qualora una delle Parti interessate lo richieda, si terranno nuove consultazioni. 155 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 ANNESSO V - Analisi e valutazione 1. L'analisi e la valutazione dell'attività a rischio dovranno essere effettuate con una portata ed un approfondimento variabili a seconda dello scopo per il quale sono effettuate. 2. La tabella seguente illustra gli elementi da prendere in considerazione nell'analisi e nella valutazione, ai fini previsti nei relativi Articoli ed enumerati in appresso: Oggetto dell'analisi Elementi da prendere in considerazione Preparazione alle situazioni di emergenza attuazione dell'articolo 8 1) Quantità e proprietà delle sostanze a rischio presenti in situ; 2) Brevi scenari descrittivi di un campione rappresentativo di incidenti industriali suscettibili di essere provocati dall'attività a rischio con l'indicazione delle probabilità di ciascuno; 3) Per ogni scenario: a) La quantità approssimativa di sostanza fuoruscita; b) La portata e la gravità delle conseguenze derivanti sia sulle persone che sull'ambiente, in condizioni favorevoli e sfavorevoli, compresa l'estensione delle zone a rischio risultanti; c) I tempi entro i quali l'evento iniziale potrebbe degenerare in incidente industriale; d) Ogni azione che potrebbe essere intrapresa per limitare nella misura del possibile la probabilità di un aggravamento. 4) L'importanza e la ripartizione della popolazione nelle vicinanze, compresa ogni vasta concentrazione di persone suscettibili di trovarsi nella zona a rischio; 5) L'età, la mobilità e la vulnerabilità di tale popolazione. Adozione di decisioni sulla scelta del sito in attuazione dell'Articolo 7 Oltre agli elementi di cui ai capoversi (1) a (5) di cui sopra: 6) La gravità del danno inflitto alle persone ed all'ambiente secondo la natura e le circostanze della sostanza fuoruscita; 7) La distanza dal sito dell'attività a rischio alla quale potrebbero ragionevolmente verificarsi effetti nocivi per le persone e l'ambiente in caso di incidente industriale; 8) Le stesse informazioni, tenendo conto non solo della situazione presente ma anche di sviluppi futuri programmati o che si possono ragionevolmente prevedere. Informazione del pubblico in attuazione dell'Articolo 9 Oltre agli elementi di cui ai capoversi 1) a 4) di cui sopra: 9) Le persone che possono essere colpite da un incidente industriale Misure preventive in attuazione dell'Articolo 6 156 Oltre agli elementi di cui ai capoversi 4) a 9) di cui sopra, saranno necessarie versioni più dettagliate delle descrizioni e delle valutazioni di cui ai capoversi 1) a 3) in vista dell'adozione di misure preventive. Oltre a queste descrizioni e valutazioni, occorrerà prendere in considerazione i seguenti elementi: 10)I quantitativi di materie a rischio manipolate e le condizioni di manipolazione; 11)Una lista di scenari dei vari tipi di incidenti industriali aventi effetti gravi, compresi esempi che includono la gamma completa di tutti gli incidenti possibili, dal meno importante al più importante, e la possibilità di effetti prodotti da attività svolte nel vicinato; 12)Per ogni scenario, una descrizione degli eventi che potrebbero essere all'origine di un incidente industriale e le fasi che potrebbero determinarne l'aggravamento; 13)Una valutazione almeno in termini generali del grado di probabilità che ciascuna di queste fasi si verifichi, tenuto conto delle misure previste al capoverso 14); 14)Una descrizione delle misure preventive relative sia al materiale che alle procedure, miranti a ridurre le probabilità che ciascuna fase Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 avvenga; 15)Una valutazione degli effetti che potrebbero essere causati da un eventuale malfunzionamento rispetto alle normali condizioni operative, nonché i provvedimenti adottati per fermare in sicurezza l'attività a rischio o qualsiasi sua fase in caso di emergenza, nonché l'esigenza di una formazione del personale per garantire che malfunzionamenti potenzialmente gravi siano individuati in una fase iniziale e che si provveda all'azione appropriata; 16)Una valutazione che indichi fino a che punto le modifiche, i lavori di riparazione ed i lavori di manutenzione relativi all'attività a rischio potrebbero compromettere le misure di controllo e le conseguenti disposizioni da adottare affinché questo controllo sia mantenuto. ANNESSO VI - Adozione di decisioni relativa alla scelta del sito in attuazione dell’articolo 7 Le disposizioni in appresso illustrano gli elementi da prendere in considerazione in attuazione dell'articolo 7: 1. i risultati dell'analisi e della valutazione del rischio, compresa una valutazione in attuazione dell'Annesso V, delle caratteristiche fisiche della zona in cui si prevede di impiantare l'attività a rischio; 2. i risultati delle consultazioni e del processo di partecipazione del pubblico; 3. un'analisi dell'aumento o della diminuzione del rischio determinato da ogni nuovo elemento sul territorio della Parte colpita in relazione ad un'attività a rischio esistente sul territorio della Parte di origine; 4. la valutazione dei rischi ambientali, compreso ogni effetto transfrontaliero; 5. una valutazione delle nuove attività a rischio che potrebbero essere fonte di rischi; 6. un attento esame della localizzazione dove impiantare attività a rischio nuove e modificare in maniera significativa le attività a rischio esistenti, ad una distanza di sicurezza dagli agglomerati esistenti, nonché della costituzione di una zona di sicurezza introo alle attività a rischio; all'interno di tali zone gli sviluppi suscettibili di aumentare i rischi per la popolazione, o di aumentare in ogni altro modo la gravità del rischio dovrebbero essere esaminati da vicino. ANNESSO VII - Misure di preparazione alle situazioni di emergenza in attuazione dell’articolo 8 1. Tutti i piani di emergenza sia sul sito che all'esterno del sito, dovranno essere coordinati in maniera tale da fornire una risposta globale ed efficace agli incidenti industriali. 2. I piani di emergenza dovrebbero includere le azioni necessarie per localizzare le emergenze e prevenire o ridurre al minimo i loro effetti transfrontalieri. Essi dovrebbero altresì includere misure per avvisare la popolazione, e, qualora appropriato, misure di evacuazione, altre azioni di protezione o di soccorso e servizi sanitari. 3. I piani di emergenza dovrebbero fornire al personale in situ, alle persone che potrebbero essere colpite all'esterno del sito ed alle forze di soccorso, dettagli sulle procedure tecniche ed organizzative appropriate per far fron- te nel caso di un incidente industriale suscettibile di avere effetti transfrontalieri, e prevenire e ridurre al minimo gli effetti sulla popolazione, sia sul sito che fuori di esso. 4. I piani di emergenza attuabili sul sito potrebbero includere ad esempio le seguenti misure: a) indicazione delle competenze e le responsabilità organizzative sul sito in caso di emergenze; b) descrizione dei passi da intraprendere in caso di incidenti industriali o di minaccia imminente di tali incidenti, al fine di tenere a bada la situazione o l'evento, oppure indicare dove poter reperire tale descrizione; c) illustrazione del materiale e delle risorse disponibili; d) indicare i provvedimenti da prendere per allertare rapidamente in caso di incidente industriale, l'autorità pubblica incaricata dei primi soccorsi fuori del sito, nonché il tipo di informazioni da comunicare nella fase di allerta iniziale e le misure da prendere in vista di fornire informazioni più dettagliate non appena saranno divenute disponibili; e) indicare i provvedimenti previsti per formare il personale alle funzioni che sarà chiamato a svolgere. 5. I piani di emergenza applicabili all'esterno del sito potrebbero ad esempio contenere le seguenti misure: a) indicare le competenze e le responsabilità organizzative fuori dal sito in caso di situazione di emergenza, in particolare le modalità d'integrazione con i piani applicabili in situ; b) indicare i metodi e le procedure da seguire per il personale di soccorso ed il personale medico; c) indicare i metodi da attuare per determinare rapidamente la zona colpita; d) indicare le disposizioni da adottare affinché l'incidente industriale sia prontamente notificato alle Parti colpite o suscettibili di esserlo e affinchè questo collegamento sia poi mantenuto; e) individuare le risorse necessarie per eseguire il piano ed il dispositivo di coordinamento; f) indicare le disposizioni previste per informare il pubblico, compreso, se del caso, il dispositivo previsto per completare e ri-divulgare le informazioni già comunicate in attuazione dell'Articolo 9; g) indicare le disposizioni previste in materia di formazione e di esercizi. 6. I piani di emergenza potrebbero includere misure per: la gestione, la raccolta, la pulizia, l'immagazzinaggio, la rimozione e l'eliminazione in sicurezza delle sostanze a rischio e del materiale contaminato, nonché il ripristino. 157 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 ANNESSO VIII - Elementi di informazione da comunicare al pubblico in attuazione dell’articolo 9 1. Denominazione della società, indirizzo dove si svolge l'attività a rischio e l'individuazione, in base alla posizione, della persona che comunica l'informazione; 2. Spiegazione, in termini semplici, dell'attività a rischio, compresi i rischi; 3. Denominazione comune o denominazione generica o classifica generale di pericolo delle sostanze e preparati utilizzati nel quadro dell'attività a rischio e indicazione delle loro principali caratteristiche di pericolo; 4. Informazioni generali tratte da una valutazione dell'impatto ambientale, qualora siano disponibili e pertinenti; 5. Informazioni generali relative alla "natura dell'incidente industriale” suscettibile di prodursi nel quadro dell'attività a rischio, nonché ai potenziali effetti sulla popolazione e sull'ambiente; 6. Appropriate informazioni sul modo con il quale la popolazione colpita sarà allenata e tenuta informata in caso di incidente Industriale; 7. Informazioni appropriate sui provvedimenti che la popolazione colpita dovrebbe prendere e sul comportamento da adottare in caso di incidente industriale; 8. Informazioni appropriate sulle misure adottati nei confronti dell'attività a rischio, compresi i collegamenti con i servizi di soccorso per far fronte agli incidenti industriali, ridurne la gravità ed attenuarne gli effetti; 9. Informazioni generali sul piano di emergenza fuori dal sito, istituito dai servizi di soccorso per lottare contro ogni effetto di un incidente industriale, compresi i suoi effetti transfrontalieri; 10. Informazioni generali in merito alle esigenze ed alle particolari condizioni cui l'attività a rischio deve soddisfare secondo la regolamentazione e/o le disposizioni amministrative nazionali pertinenti, compresi i sistemi di licenza o di autorizzazioni; 11. Indicazioni su dove ottenere ulteriori informazioni pertinenti. ANNESSO IX - Sistemi di notifica degli incidenti industriali in attuazione dell’articolo 10 1. I sistemi di notifica degli incidenti industriali consentono di trasmettere il più rapidamente possibile dati e previsioni secondo codici preliminarmente stabiliti utilizzando sistemi compatibili, di trasmissione e di elaborazione dati per dare l'allarme ed intervenire, in emergenze, e per adottare misure per ridurre e circoscrivere le conseguenze di effetti transfrontalieri, in considerazione delle diverse esigenze ai vari livelli. 158 2. Gli elementi da notificare in caso di incidente industriale sono in particolare i seguenti: a) Il tipo e l'ampiezza dell'incidente industriale, le sostanze a rischio implicate (qualora siano note) e la gravità degli eventuali effetti; b) l'ora ed il luogo esatto dell'incidente; c) ogni altra informazione disponibile, necessaria per far fronte efficacemente all'incidente industriale. 3. La notifica di un incidente industriale deve essere completata, ad intervalli appropriati, oppure ogni qualvolta ciò sia richiesto, dalla notifica di altre informazioni pertinenti sull'evoluzione della situazione relativa agli effetti transfrontalieri. 4. Saranno regolarmente effettuati collaudi ed esami per verificare l'efficacità dei sistemi di notifica degli incidenti industriali, compresa la regolare formazione del personale interessato. Se del caso, tali collaudi, esami ed attività di formazione saranno svolti congiuntamente. ANNESSO X - Assistenza reciproca secondo l’articolo 12 1. La direzione, il controllo, il coordinamento e la supervisione generale dell'assistenza incombono alla Parte che richiede l'assistenza. Il personale che partecipa all'operazione di assistenza, agisce secondo la legislazione pertinente della Parte che richiede l'assistenza. Le autorità competenti di quest'ultima cooperano con l'autorità designata dalla Parte cha fornisce l'assistenza in attuazione dell'Articolo 17, per assumere la diretta supervisione operativa del personale e del materiale fornito dalla Parte che fornisco l'assistenza. 2. La Parte che richiede l'assistenza fornisce, nella misura dei suoi mezzi,strutture e servizi locali per labuona e corretta amministrazione dell'assistenza e garantisce la protezione del personale, dell'equipaggiamento e del materiale trasportati sul suo territorio a tal fine dalla Parte che fornisce l'assistenza o per conto di essa. 3. Salvo diverso accordo tra le Parti interessate, l'assistenza è fornita a spese della Parte che richiede l'assistenza. La Parte che fornisce l'assistenza può in ogni tempo rinunciare in tutto o in parte al rimborso delle sue spese. 4. La Parte che richiede l'assistenza fa del suo meglio per concedere alla Parte che fornisce l'assistenza ed alle persone che agiscono a suo nome, i privilegi, le immunità o le agevolazioni loro necessarie per adempiere prontamente ai loro compiti di assistenza. La Parte che richiede l'assistenza non é tenuta ad applicare la presente disposizione ai suoi concittadini o residenti permanenti né a garantire loro i privilegi e le immunità di cui sopra. 5. Le Parti si sforzano, a richiesta della Parte che richiede l'assistenza o della Parte che la fornisce, di agevolare il transito sul loro territorio - a destinazione o in provenienza dal territorio della Parte che richiede l'assistenza del personale, del materiale e dei beni utilizzati nel quadro dell'operazione di assistenza, che sono stati oggetto di una notifica in buona e debita forma. 6. La Parte che richiede l'assistenza agevolerà l'entrata, il soggiorno e la partenza dal suo territorio nazionale del personale debitamente oggetto di una notifica, nonché del materiale e dei beni utilizzati nell'ambito dell'operazione di assistenza. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 7. Per quanto riguarda gli atti derivanti direttamente dall'assistenza fornita, la Parte richiedente, in caso di decesso o di lesioni alle persone, di perdita di beni o di danni materiali o di danni all'ambiente causati sul suo territorio nazionale durante la fornitura dell'assistenza richiesta, riterrà esente da responsabilità ed indennizzerà la Parte che fornisce l'assistenza o le persone agenti per suo conto e le risarcirà in caso di decesso di tali persone o di danni all'equipaggiamento o ad altri beni utilizzati nel quadro dell'operazione di assistenza. La Parte che richiede l'assistenza avrà la responsabilità di trattare i reclami presentati da terzi contro la Parte che fornisce l'assistenza o contro le persone che operano per suo conto. 8. Le Parti interessate cooperano strettamente in vista di agevolare la soluzione dei procedimenti giuridici e dei reclami cui potrebbero dar luogo le operazioni di assistenza. 9. Ogni Parte può richiedere assistenza in relazione al trattamento medico o alla re-installazione temporanea sul territorio di un'altra parte di persone vittime di un incidente. 10. La Parte colpita o che richiede l’assistenza può in ogni tempo, dopo aver proceduto a consultazioni appropriate e per via di notifica, chiedere la cessazione dell'assistenza ricevuta o fornita in base alla presente Convenzione. Dopo che tale domanda sarà stata effettuata, le Parti interessate si consultano in vista di adottare disposizioni per porre fine, come convenga, all'assistenza. ANNESSO XI - Scambio di informazioni secondo l’articolo 15 Le informazione scambiate comprendono i seguenti elementi che possono anche dar luogo ad una cooperazione multilaterale e bilaterale: a) misure legislative e amministrative, politiche, obiettivi e priorità concernenti la prevenzione, la preparazione e la lotta, attività scientifiche, e misure tecniche per ridurrà il rischio di incidenti industriali a seguito di attività a rischio, ed in particolare attenuare gli effetti transfrontalieri; b) misure e piani di emergenza a livello appropriato, con incidenze su altre Parti; c) programmi di sorveglianza, di pianificazione e di ricerca-sviluppo, compresa la loro attuazione ed il loro controllo; d) misure adottate per la prevenzione degli incidenti industriali, preparazione e lotta contro di essi; e) esperienza acquisita in materia di incidenti industriali e di cooperazione per far fronte ad incidenti industriali con effetti transfrontalieri; f) elaborazione ed attuazione delle migliori tecnologie disponibili ai fini di una migliore protezione ambientale e di una migliore sicurezza; g) preparazione alle situazioni di emergenza e misure di lotta; h) metodi utilizzati per la previsione dei rischi, compresi i criteri per il monitoraggio e la valutazione degli effetti transfrontalieri. ANNESSO XII - Compiti di assistenza reciproca secondo l’articolo 18, paragrafo 4 1. Raccolta e divulgazione di informazioni e di dati a) Installazione e gestione di un sistema di notifica degli incidenti industriali che consenta di fornire informazioni sugli incidenti industriali e sugli esperti, al fine di associare questi ultimi il più rapidamente possibile in operazioni di assistenza; b) costituzione e gestione di una banca dati per la ricezione, l'elaborazione e la diffusione delle informazioni necessarie sugli incidenti industriali, compresi i loro effetti, e sulle misure attuate e loro effícacità; c) elaborazione e mantenimento di una lista di sostanze a rischio, precisandone le caratteristiche ed indicando come procedere in caso di incidente industriale implicante tali sostanze; d) istituzione e mantenimento di un registro di esperti atti a fornire servizi consultivi ed altri tipi di assistenza per quanto riguarda le misure di prevenzione, di preparazione e di lotta, compresi i provvedimenti di ripristino; e) mantenimento di una lista delle attività a rischio; f) produzione e mantenimento di una lista di sostanze a rischio coperte dalle disposizioni dell'Annesso I, Parte I. 2. Ricerca formazione e metodologie a) sviluppo e fornitura di modelli fondati sull'esperienza acquisita in materia di incidenti industriali, nonché di scenari di prevenzione, di preparazione e di lotta; b) promozione dell'istruzione e della formazione, organizzazione di convegni internazionali e promozione della cooperazione in materia di ricerca e di sviluppo. 3. Assistenza tecnica a) Prestazione di servizi consultivi in vista di rafforzare la capacità delle Parti di applicare misure di prevenzione, di preparazione e di lotta; b) ispezione, dietro richiesta di una Parte, delle sue attività a rischio e fornitura di un aiuto per consentire a quest'ultima di organizzare le sue ispezioni nazionali secondo i requisiti della presente Convenzione. 4. Assistenza in casi di situazioni di emergenza Concessione, dietro richiesta di una Parte, di assistenza, mediante l'invio iter alia sul sito di un incidente industriale, di esperti incaricati di fornire servizi consultivi ed altri tipi di assistenza per far fronte all'incidente industriale. ANNESSO XIII - Arbitrato 1. La Parte o le Parti ricorrenti notificano il Segretariato che le Parti hanno convenuto di sottoporre la controversia ad arbitrato secondo l'articolo 21, par. 2 della presente Convenzione. La notifica deve enunciare l'oggetto dell'arbitrato ed includere in particolare, gli articoli della presente Convenzione la cui interpretazione o applicazione è in causa. Il Segretariato trasmette le informazioni ricevute a tutte le Parti alla presente Convenzione. 2. Il Tribunale arbitrale è composto da tre membri. La (o le) Parte(i) ricorrente(i) e l'altra (o le altre) Parte(i) alla controversia nominano un arbitro ed i due arbitri in tal modo 159 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 30/2002 nominati designano di comune accordo il terzo arbitro come Presidente del Tribunale arbitrale. Quest'ultimo non deve essere cittadino di una delle Parti alla controversia, né avere la sua residenza abituale sul territorio di una di queste Parti, nè essere al servizio di una di loro o essersi già occupato del caso a qualsiasi altro titolo. 3. Se, entro due mesi dalla nomina del secondo arbitro, il Presidente del Tribunale arbitrale non è stato designato, il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa procede, a richiesta di una delle parti alla controversia, alla sua nomina entro un nuovo termine di due mesi. 4. Se, entro un termine di due mesi a decorrere dalla ricezione della domanda, una delle Parti alla controversia non procede alla nomina di un arbitro, l'altra Parte può informarne il Segretario esecutivo della Commissione economica per l'Europa, il quale designa il Presidente del Tribunale arbitrale entro un successivo termine di due mesi. Al momento della sua nomina, il Presidente del Tribunale arbitrale invita la Parte che non ha ancora nominato un arbitro, a provvedere alla nomina entro due mesi. Se la Parte non ottempera entro questo termine, il Presidente ne informa il Segretario esecutivo della commissione economica per l'Europa il quale procede alla nomina in questione entro un nuovo termine di due mesi. 5. Il Tribunale pronuncia la sua sentenza in conformità con il diritto internazionale e con le disposizioni della presente Convenzione. 6. Ogni Tribunale arbitrale costituito in attuazione delle disposizioni del presente Annesso stabilisce il proprio regolamento procedurale. 7. Le decisioni del Tribunale arbitrale, sia su questioni di procedura che per quanto riguarda il merito, sono adottate a maggioranza dei suoi membri. 8. Il Tribunale può adottare ogni provvedimento necessario per stabilire i fatti. 9. Le Parti alla controversia agevolano il compito del Tribunale arbitrale ed in particolare, con ogni mezzo a loro disposizione: a) gli forniscono tutti i documenti, agevolazioni, ed informazioni pertinenti; b) lo autorizzano, se del caso, a notificare testimoni o esperti ed a ricevere la loro testimonianza. 10. Le Parti alla controversia e gli arbitri proteggono il segreto di ogni informazione da essi ricevuta a titolo confidenziale durante la procedura del Tribunale arbitrale. 11. Il Tribunale arbitrale può, a richiesta di una delle Parti, raccomandare misure cautelari interinali. 12. Se una delle Parti alla controversia non compare dinnanzi al Tribunale arbitrale o non fa valere i suoi mezzi, l'altra Parte può chiedere al Tribunale di proseguire la procedura e di pronunciare la sentenza definitiva. Se una Parte non compare o non fa valere i suoi mezzi, ciò non costituisce ostacolo allo svolgimento della procedura. 13. Il Tribunale arbitrale può giudicare e decidere controricorsi direttamente collegati all'oggetto della controversia. 160 14. A meno che il Tribunale arbitrale non decida diver- samente a causa di circostanze particolari del caso, le spese del Tribunale, compresa la retribuzione dei suoi membri sono sostenute in parti uguali dalle Parti alla controversia. Il Tribunale mantiene un rendiconto di tutte le spese e ne fornisce un estratto finale alle Parti." 15. Ogni Parte alla presente Convenzione che ha, per quanto concerne l'oggetto della controversia, un interesse di natura legale suscettibile di essere pregiudicato dalla decisione pronunciata nella fattispecie, può intervenire nella procedura, con il consenso del Tribunale. 16. Il Tribunale arbitrale pronuncia la sua sentenza entro i cinque mesi successivi alla data in cui é stato costituito, a meno che non ritenga necessario di prorogare questo termine per una durata non superiore a cinque mesi. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 7 marzo 2002, n. 22 DECRETO LEGGE Disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet-coke) negli impianti di combustione (G.U. n. 57 dell’8 marzo 2002) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente in data 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 174 del 30 luglio 1990, recante linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 2 ottobre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 276 del 25 novembre 1995, recante disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione; Visto il documento di riferimento della Commissione europea sulle migliori tecniche disponibili (BREF) per il settore delle raffinerie, elaborato in conformità all'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE sulla protezione e controllo integrato dell'inquinamento, approvato nel dicembre 2001; Considerato che il citato documento della Commissione europea, al punto 2.7. relativo al processo di coking, definisce come "prodotto di raffineria e combustibile" il coke da petrolio (cosi' detto "pet-coke"); Considerato inoltre che il citato documento, al punto 5.2.10, descrive come migliori tecniche disponibili il precipitatore elettrostatico per l'abbattimento delle emissioni di polveri e la desolforazione per la riduzione delle emissioni di ossidi di zolfo, corrispondenti a quelle installate e funzionanti presso la raffineria di Gela, e tenuto conto, in particolare, che il sistema di desolforazione e denitrificazione della centrale di produzione di energia elettrica di Gela - unico impianto di questo tipo esistente in Italia - assicura, visto l'elevato livello tecnologico, una combustione ambientalmente sicura di "pet-coke"; Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di chiaramente individuare, in relazione a quanto indicato nel citato documento della Commissione europea, la disciplina applicabile al coke da petrolio e di stabilirne le modalità di utilizzazione, in considerzione dell'importanza strategica di tale prodotto per l'occupazione e l'economia nazionale; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7 marzo 2002; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e del lavoro e delle politiche sociali; EMANA il seguente decreto-legge: Art. 1 1. Al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono apportate le seguenti modifiche: a)all'articolo 7, comma 3, la lettera c) è sostituita dalla seguente: "c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera f-quater)"; b)all'articolo 8, comma 1, dopo la lettera fter) è aggiunta la seguente: "f-quater) il coke da petrolio utilizzato come combu- 161 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.L. 22/2002 stibile per uso industriale.". Art. 2 1. Negli impianti di combustione con potenza termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 50 MW, è consentito l'uso di coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3 per cento in massa. 2. L'uso del coke da petrolio nel luogo di produzione è consentito in deroga a quanto previsto all'allegato 3 parte B, punto B4, del decreto del Ministro dell'ambiente in data 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 30 luglio 1990. 3. Negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60 per cento con il prodotto ottenuto è consentito l'uso del coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6 per cento in massa. 4. È in ogni caso vietato l'utilizzo del coke da petrolio nei forni per la produzione della calce impiegata nell'industria alimentare. Art. 3 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. 162 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 marzo 2002 Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione (G.U. n. 60 del 12 marzo 2002) IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI SU PROPOSTA DEL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SALUTE E SENTITO IL MINISTRO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE Visto l'art. 2, comma 1, lettere b) e c), comma 2 e comma 3, della legge 8 luglio 1986, n. 349; Visto l'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; Visto il decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, recante: "Disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet-coke) negli impianti di combustione"; Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, e in particolare l'art. 83, comma 1, lettera g), relativo alla "Determinazione delle caratteristiche merceologiche, aventi rilievo ai fini dell'inquinamento atmosferico, dei combustibili e dei carburanti, nonché alla fissazione dei limiti del tenore di sostanze inquinanti in essi presenti"; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, "Regolamento per l'esecuzione della legge 13 luglio 1966, n. 615, recante provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico, limitatamente al settore degli impianti termici"; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 1989, recante limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente del 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 30 luglio 1990, recante linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione; Vista la legge 9 gennaio 1991, n. 10; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio 1991, che fissa i "Criteri per l'elaborazione dei piani regionali per il risanamento della qualità dell'aria"; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 27 luglio 1991, recante modifiche dell'atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 luglio 1989; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, "Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia" e sue modifiche ed integrazioni; Visto il decreto del Presidente della Repub- 163 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 blica del 18 aprile 1994, n. 420, "Regolamento recante semplificazione delle procedure di concessione per l'installazione di impianti di lavorazione o di deposito di oli minerali"; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 ottobre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre 1995, recante disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione; Visto il decreto ministeriale del 22 maggio 1998, n. 219, che fissa "Modalità di applicazione del trattamento agevolato per il biodiesel e criteri di ripartizione del contingente agevolato"; Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 "Attuazione della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"; Visto il decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle finanze del 20 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 3 aprile 2000, recante caratteristiche tecniche delle emulsioni di olio da gas ed olio combustibile denso con acqua, destinate alla trazione ed alla combustione; Visto il decreto del Presidente del Consiglio 7 settembre 2001, recante recepimento della direttiva 99/32/CE, relativa alla riduzione del tenore di zolfo in alcuni combustibili liquidi; Considerata l'opportunità di aggiornare ed integrare il citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 ottobre 1995 al fine di assicurare una maggiore protezione dell'ambiente e della salute umana; Sentita la Commissione interministeriale di cui all'art. 10 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 ottobre 1995; Vista la deliberazione del CIPE del 19 novembre 1998, recante linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra; Espletata la procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE, che codifica la procedura istituita con la direttiva 83/189/CEE; 164 Sentito il parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, unificata con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 28 febbraio 2002; DECRETA: Art. 1 Ambito di applicazione 1. Il presente decreto stabilisce le caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché le caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione. 2. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione. Art. 2 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a)combustibili per uso industriale: combustibili utilizzati negli impianti disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, nonché quelli utilizzati nelle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, ovvero negli impianti indicati nel punto 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989; b)combustibili per usi civili: combustibili utilizzati negli impianti termici non inseriti in un ciclo di produzione industriale; c)luogo di produzione di uno o più combustibili: area delimitata in cui sono localizzati uno o più impianti destinati alla produzione di detti combustibili; d)potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata di combustibile bruciato al singolo focolare dell'impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli. Per focolare si intende la parte di un impianto termico nella quale brucia il combustibile. Ogni focolare costituisce un'unità termica. Ai soli fini della definizione dei Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 valori limite di emissione e dell'applicabilità dell'art. 2, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, la potenza termica nominale da considerare è la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari, salvo diverse valutazioni dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione. Art. 3 Combustibili consentiti petrolio con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1, colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10; i) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera h), e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 2; l) legna da ardere alle condizioni previste nell'Allegato III, punto 2; m)carbone di legna; n) biomasse combustibili individuate nell'Allegato III, alle condizioni ivi previste; o) carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; r) biogas individuato nell'Allegato VI, alle condizioni ivi previste; s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di combustibili consentiti, limitatamente allo stesso comprensorio industriale nel quale tale gas è prodotto. 1. Salvo quanto indicato nei successivi articoli e fermi restando, anche in relazione a quanto prescritto dai successivi commi, i poteri attribuiti alle regioni dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, negli impianti e nelle attività di cui all'art. 2, comma 1, lettera a), è consentito l'uso dei seguenti combustibili: a) gas naturale; b) gas di petrolio liquefatto; c) gas di raffineria e petrolchimici; d) gas d'altoforno, di cokeria, e d'acciaieria; e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1; f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera e), rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 1; g) biodiesel rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 3; h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di 2. Fermo restando quanto stabilito al comma 4, negli impianti di combustione con potenza termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 50 MW, è consentito altresì l'uso di: a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nell'Allegato I, punto 1, colonna 7, fatta eccezione per il contenuto di nichel e vanadio, come somma, che, fino all'adeguamento ai valori limite di emissione previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, non deve essere superiore a 180 mg/kg; b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 2; c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all'1,5% in massa e rispondente alle 2. Sono in ogni caso compresi fra gli impianti di cui al comma 1, lettera b), quelli aventi le seguenti destinazioni d'uso: a)riscaldamento o climatizzazione di ambienti; b)riscaldamento di acqua calda per utenze civili; c)cucine, lavaggio stoviglie, sterilizzazione e disinfezione mediche; d)lavaggio biancheria e simili; e)forni da pane; f) mense ed altri pubblici esercizi destinati ad attività di ristorazione. TITOLO I Combustibili e caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione per uso industriale 165 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; d) miscele acqua-carbone, anche additivate con stabilizzanti o emulsionanti, purché il carbone utilizzato corrisponda ai requisiti indicati al comma 1, lettere o), p) e q); e) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, riga 7. 3. Negli impianti di combustione di potenza termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 300 MW, diversi da quelli di cui all'art. 2, punto 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203/1988, nonché negli altri impianti delle stesse potenzialità autorizzati in via definitiva o che rispettano i valori limite di emissione previsti per l'adeguamento ai sensi dell'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203/1988, è consentito altresì l'uso di: a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle caratteristiche indicate nell'Allegato I, punto 2; b) petrolio greggio con contenuto di nichel e vanadio, come somma, non superiore a 230 mg/kg. 4. È altresì consentito, nel luogo di produzione l'uso di: a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nell'Allegato I, punto 1, colonna 7; b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 2; c) gas di raffineria, gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio, olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio, derivanti da greggi nazionali, e coke da petrolio, in deroga a quanto previsto all'Allegato 3 B, punto B) 4, al decreto ministeriale 12 luglio 1990; d) idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di utilizzo di cui all'Allegato IV. 166 5. Negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60% con il prodotto ottenuto, è consentito altresì l'uso di: a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nell'Allegato I, punto 1, colonna 8; b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 2; c) bitume di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa; d) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, riga 8. 6. È in ogni caso vietato utilizzare i combustibili di cui al comma 5 nei forni per la produzione della calce impiegata nell'industria alimentare. 7. Fermo restando quanto previsto ai commi precedenti, nella regione Sardegna è consentito l'uso di combustibili indigeni, costituiti da carbone e da miscele acqua-carbone, in: a) centrali termoelettriche e impianti di produzione, combinata e non, di energia elettrica e termica purché vengano raggiunte le percentuali di desolforazione riportate nell'Allegato 9 del decreto del Ministero dell'ambiente 8 maggio 1989; b) impianti di cui al comma 2 del presente articolo. 8. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, effettuano la combustione della legna da ardere, delle biomasse e del biogas di cui all'art. 3, comma 1, lettere l), n) ed r), devono rispettare i valori limite e le prescrizioni indicate negli Allegati III e VI, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. Art. 4 Impianti di combustione con potenza termica non superiore a 3 MW 1. Negli impianti previsti all'art. 2, comma 1, lettera a) aventi potenza termica nominale complessiva non superiore a 3 MW, fatti salvi i luoghi stessi di produzione, è vietato l'uso dei seguenti combustibili: Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 a) carbone da vapore; b) coke metallurgico e da gas; c) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele; d) gas da altoforno, di cokeria e d'acciaieria; e) bitume da petrolio; f) coke da petrolio; g) limitatamente agli impianti autorizzati dopo il 24 marzo 1996, combustibili liquidi, come individuati dal presente decreto, con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa e loro emulsioni. 2. Nell'ambito dei piani e programmi di cui all'art. 8 e all'art. 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le regioni possono estendere il divieto di cui al comma 1, lettera g), anche agli impianti di cui al comma 1, autorizzati anteriormente al 24 marzo 1996, ove tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria. 3. In deroga al comma 1, l'uso del carbone e del coke metallurgico rispondenti alle caratteristiche di cui all'Allegato I, punto 4, è consentito negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano. Art. 5 Requisiti degli impianti 1. Fatto salvo quanto previsto all'Allegato III, punto 2.3, lettera b), al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) di potenza termica nominale, per singolo focolare, pari o superiore a 6 MW e rientranti fra le tipologie disciplinate dal decreto ministeriale 8 maggio 1989, devono essere dotati di rilevatori della temperatura nei gas effluenti nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I medesimi impianti devono essere dotati, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita della camera di combustione. 2. Nel caso di impianti di combustione per i quali è prescritto, ai sensi della vigente normativa, un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio, le prescrizioni relative alla misurazione di tale inquinante e al controllo della combustione, previste nei decreti emanati ai sensi dell'art. 3, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ovvero contenute nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi dello stesso decreto, tengono luogo di quelle previste al comma 1. 3. Per quanto non previsto dal presente decreto, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) devono rispettare le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, e le relative norme regolamentari e tecniche di attuazione, nonché i provvedimenti di autorizzazione rilasciati sulla base delle predette norme. TITOLO II Combustibili e caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione per uso civile Art. 6 Combustibili consentiti e condizioni di utilizzo 1. Negli impianti termici di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, è consentito l'uso dei seguenti combustibili: a) gas naturale; b) gas di città; c) gas di petrolio liquefatto; d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1; e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera d) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 1; f) legna da ardere alle condizioni previste nell'Allegato III, punto 2; g) carbone di legna; h) biomasse combustibili individuate nell'Allegato III, alle condizioni ivi previste; i) biodiesel avente le caratteristiche indicate in Allegato I, punto 3; l) agglomerati di lignite rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, limitatamente al periodo previsto all'art. 10; m)olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nell'Allegato I, punto 1, colonne 1, 3, 5 e 9, fatto salvo quanto previsto 167 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 all'art. 8; n) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera m), rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 2, fatto salvo quanto previsto all'art. 9; o) carbone da vapore rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, limitatamente al periodo previsto all'art. 10; p) coke metallurgico e da gas rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, limitatamente al periodo previsto all'art. 10; q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4, limitatamente a quanto previsto all'art. 10; r) biogas individuato nell'Allegato VI, alle condizioni ivi previste. 2. I combustibili di cui alle lettere l), m), n), o), p), q) ed r) non possono essere utilizzati nei forni da pane, nelle cucine, nelle mense e negli altri pubblici esercizi destinati ad attività di ristorazione. 3. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, di potenza termica nominale complessiva superiore a 0,035 MW, installati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad esclusione di quelli che utilizzano i combustibili di cui al comma 1, lettere f), h) ed r), devono rispettare, in condizioni di funzionamento a regime, i valori limite di emissione in atmosfera riportati in Allegato V. I valori di emissione devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nell'ambito delle normali operazioni di controllo e manutenzione dello stesso. I valori misurati devono essere allegati al libretto di centrale o di impianto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modifiche. 168 zione che siano regolarmente eseguite le manutenzioni programmate di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modifiche e integrazioni, si ritengono rispettati quando vengono utilizzati come combustibili: a) gas naturale; b) gas di città; c) gas di petrolio liquefatto; d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 1; e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera d) e rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato II, punto 1; f) biodiesel avente le caratteristiche indicate in Allegato I, punto 3; 6. Gli impianti termici di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, effettuano la combustione della legna da ardere, delle biomasse e del biogas di cui al comma 1, lettere f), h) ed r), devono rispettare i valori limite e le prescrizioni indicate negli Allegati III e VI, entro due anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Art. 7 Caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione 4. Per gli impianti installati precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli obblighi di cui al comma 3, si applicano a partire dal 1° settembre 2003. 1. Nelle more dell'emanazione delle norme di cui all'art. 12, comma 2, lettera f), fatto salvo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera b), e comma 2, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 0,035 MW devono possedere i requisiti tecnici e costruttivi degli impianti termici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391. Gli impianti installati precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto si adeguano ai suddetti requisiti tecnici e costruttivi entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto. 5. I valori limite di emissione di cui all'Allegato V, fatte salve diverse determinazioni dell'autorità competente al controllo dello stato di manutenzione e di esercizio degli impianti, individuata dall'art. 31, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed a condi- 2. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, di potenza termica nominale complessiva pari o superiore a 1,5 MW devono essere dotati di rilevatori della temperatura nei gas effluenti nonché di un Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita della camera di combustione. 3. Gli impianti di potenza termica nominale complessiva pari o superiore a 1,5 MW, installati precedentemente all'entrata in vigore del presente decreto, si adeguano a quanto disposto dal comma 2, entro due anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Art. 8 Uso dell'olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio 1. L'uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui all'art. 6, comma 1, lettera m), è consentito negli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, di potenza termica nominale complessiva pari o superiore a 1,5 MW, purché ogni singolo focolare abbia una potenza uguale o superiore a 0,75 MW. Sono fatte salve le ulteriori limitazioni stabilite dalle regioni, nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ove tali misure siano necessarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria. 2. L'uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui al comma 1, è consentito altresì, fino al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui all'art. 8, comma 3 e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2005, in tutti gli impianti che alla data di entrata in vigore del presente decreto funzionino, in ragione delle loro caratteristiche costruttive, ad olio combustibile o ad altri distillati pesanti di petrolio utilizzando detti combustibili in misura pari o superiore al 90% in massa del totale dei combustibili impiegati durante l'ultimo periodo annuale di esercizio, individuato dall'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni. 3. Le condizioni di cui al comma 2, devono risultare dalla compilazione iniziale del libretto di impianto o di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 412/1993 o da successive annotazioni al libretto medesimo, comunque anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto, e da docu- menti comprovanti acquisti periodici di olio combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore allo 0,3% in massa. 4. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto di cui al comma 2 trasmette, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, agli enti competenti per i controlli, individuati all'art. 31 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, una dichiarazione attestante la sussistenza delle condizioni di cui al comma 2. Art. 9 Uso delle emulsioni acqua-olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio 1. L'uso di emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio aventi le caratteristiche di cui all'art. 6, comma 1, lettera n), è consentito negli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, di potenza termica nominale complessiva pari o superiore a 1,5 MW, purché ogni singolo focolare abbia una potenza uguale o superiore a 0,75 MW. Sono fatte salve le ulteriori limitazioni stabilite dalle regioni, nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ove tali misure siano necessarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria. 2. L'uso di emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui al precedente comma, è consentito altresì, fino al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2005, in tutti gli impianti che alla data di entrata in vigore del presente decreto funzionino, in ragione delle loro caratteristiche costruttive, ad olio combustibile o ad altri distillati pesanti di petrolio ovvero ad emulsioni di cui al comma 1, utilizzando detti combustibili in misura pari o superiore al 90% in massa del totale dei combustibili impiegati durante l'ultimo periodo annuale di esercizio, individuato dall'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modifiche. 3. Le condizioni di cui al comma 2 devono risultare dalla compilazione iniziale del libretto di impianto o di centrale previsto dal decreto 169 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 del Presidente della Repubblica n. 412/1993, o da successive annotazioni al libretto medesimo, comunque anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto, e da documenti comprovanti acquisti periodici di olio combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore allo 0,3% in massa o di emulsioni di cui al comma 1. 4. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto di cui al comma 2 trasmette, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, agli enti competenti per i controlli, individuati all'art. 31 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, una dichiarazione attestante la sussistenza delle condizioni di cui al comma 2. Art. 10 Uso di combustibili solidi 1. È consentita fino al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2005, l'impiego dei seguenti combustibili solidi, negli impianti di cui all'art. 2, comma 1, lettera b) e comma 2, funzionanti a tali combustibili alla data di entrata in vigore del presente decreto: a) agglomerati di lignite rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; b) carbone da vapore rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; c) coke metallurgico e da gas rispondente alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4; d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele rispondenti alle caratteristiche indicate in Allegato I, punto 4. 170 2. Le condizioni di cui al comma 1 devono risultare dalla compilazione iniziale del libretto di impianto o di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 412/1993, o da successive annotazioni al libretto medesimo, comunque anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto, e da documenti comprovanti acquisti periodici, di tali combustibili. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto di cui al comma 1 trasmette, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, agli enti competenti per i controlli, individuati all'art. 31 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, una dichiarazione attestante la sussistenza delle condizioni di cui sopra 1. 3. È consentito, anche oltre il termine previsto al comma 1, l'utilizzo dei combustibili di cui all'art. 6, comma 1, lettera q), negli impianti di potenza termica nominale complessiva inferiore a 0,035 MW e nelle stufe per singoli locali. Art. 11 Piani e programmi regionali 1. Secondo quanto stabilito agli articoli 8, 9 e 10, le regioni, nell'ambito dei piani e programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, possono limitare l'utilizzo dei seguenti combustibili, come individuati dal presente decreto, ove tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria: a) agglomerati di lignite; b) carbone da vapore; c) coke metallurgico e da gas; d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele; e) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio; f) emulsioni di acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio. TITOLO III Disposizioni finali Art. 12 Aggiornamenti 1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro delle attività produttive, è istituita una commissione interministeriale composta da rappresentanti degli stessi Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento al presente decreto presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni, nonché per la individuazione delle caratteristiche merceologiche dei prodotti di cui all'art. 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 420. 2. La commissione di cui al comma 1 pro- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 08/03/2002 pone inoltre l'aggiornamento: a) delle specifiche relative al tenore massimo di metalli pesanti e del residuo carbonioso massimo nei combustibili liquidi nonché dei relativi metodi di analisi e valutazione; b) delle caratteristiche merceologiche dei combustibili; c) delle condizioni di utilizzo dei combustibili; d) dei metodi di campionamento e analisi dei combustibili; e) della lista di combustibili di cui all'art. 6, comma 5; f) delle caratteristiche tecniche degli impianti di combustione per uso civile anche ai fini dell'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391. Presidente del Consiglio dei Ministri 2 ottobre 1995. A partire da tale data sono abrogati gli articoli 12 ed 13 della legge 13 luglio 1966, n. 615, secondo quanto disposto dall'art. 2, comma 3, della legge 8 luglio 1986, n. 349. 3. La commissione propone, in via prioritaria, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, le specifiche relative al tenore massimo di metalli pesanti ed al residuo carbonioso massimo nei combustibili liquidi e i relativi metodi di analisi e valutazione, nonché le caratteristiche tecniche degli impianti di combustione per uso civile. (omissis) Art. 15 Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. ALLEGATI 4. Fatte salve diverse disposizioni delle regioni, adottate ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera e) del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, i valori limite di emissione previsti negli allegati al presente decreto si applicano fino all'emanazione dei decreti che aggiornano la disciplina delle emissioni in atmosfera ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. Art. 13 Metodi 1. Per la determinazione delle caratteristiche dei combustibili liquidi si applicano, fino alla definizione di apposita metodica, i metodi riportati negli Allegati I, II, IV, riferiti alle versioni più aggiornate. La trattazione dei risultati delle misure è effettuata secondo la norma EN ISO 4259, salvo nei casi indicati nell'Allegato I, punti 2 e 3. Art. 14 Abrogazioni 1. A partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del 171 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 19 marzo 2002 DELIBERAZIONE AUTORITÀ ENERGIA ELETTRICA E GAS Condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Deliberazione n. 42/02) (G.U. n. 79 del 4 aprile 2002) L'AUTORITÀ PER L'ENERGIA ELETTRICA E IL GAS Premesso che: l'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - serie generale - n. 75 del 31 marzo 1999 (di seguito: decreto legislativo n. 79/1999) prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (di seguito: Autorita) definisce le condizioni alle quali la produzione combinata di energia elettrica e calore è riconosciuta come cogenerazione, e che tali condizioni devono garantire un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate; l'articolo 3, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 79/1999 stabilisce che l'Autorità prevede, nel fissare le condizioni atte a garantire a tutti gli utenti della rete la libertà di accesso a parità di condizioni, l'imparzialità e la neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento, l'obbligo di utilizzazione prioritaria dell'energia elettrica prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione; l'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 79/1999 prevede che i titolari degli impianti di cogenerazione sono esonerati dall'obbligo di immettere nel sistema elettrico nazionale, a partire dall'anno 2002, energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 marzo 1999, gravante sui produttori e sugli importatori di energia elettrica da fonti non rinnovabili con produzioni e importazioni annue eccedenti i 100 GWh; 172 l'articolo 11, comma 4, del medesimo decreto legislativo dispone che la società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A. assicura la precedenza all'energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano, nel- l'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi di cogenerazione e fonti nazionali di energia combustibile primaria; l'articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - serie generale n. 142 del 20 giugno 2000 (di seguito: decreto legislativo n. 164/2000) prevede l'attribuzione della qualifica di cliente idoneo alle imprese che acquistano il gas per la cogenerazione di energia elettrica e calore, indipendentemente dal livello di consumo annuale, e limitatamente alla quota di gas destinata a tale utilizzo; Visti: il decreto legislativo n. 79/1999; il decreto legislativo n. 164/2000; il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente 11 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - serie generale - n. 292 del 14 dicembre 1999 (di seguito: decreto 11 novembre 1999); il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 9 maggio 2001 recante disciplina del mercato elettrico, pubblicato nel supplemento ordinario n. 134 alla Gazzetta ufficiale - serie ordinaria - n. 127 del 4 giugno 2001 (di seguito: decreto ministeriale 9 maggio 2001); Visti: il documento per la consultazione recante criteri e proposte per la definizione di cogenerazione e per la modifica delle condizioni tecniche di assimilabilità degli impianti che utiliz- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 zano fonti energetiche assimilate a quelle rinnovabili diffuso dall'Autorità il 3 agosto 2000; il documento per la consultazione recante condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione diffuso dall'Autorità il 25 luglio 2001; le osservazioni e le proposte inviate dai soggetti interessati all'Autorità in seguito alla diffusione di due soprarichiamati documenti per la consultazione; nata di energia elettrica e di calore, come previsto dall'articolo 3, comma 1, del decreto 11 novembre 1999; sia opportuno fare riferimento alle sezioni degli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza nominale non inferiore a 10 MVA, in coerenza con la "Disciplina del mercato elettrico" predisposta dalla società Gestore del mercato elettrico S.p.A. e approvata con decreto del Ministro delle attività produttive del 9 maggio 2001; Considerato che: l'Autorità intende definire le condizioni tecniche che devono essere soddisfatte dagli impianti per la produzione combinata di energia elettrica e calore affinché tali impianti possano avvalersi dei benefici e dei diritti descritti in premessa come previsti dai decreti legislativi n. 79/1999 e n. 164/2000; il risparmio di energia conseguibile mediante la produzione combinata di energia elettrica e di calore deve essere valutato con riferimento a soluzioni tecnologiche caratterizzate da specifiche taglie di impianto e tipi di combustile utilizzati; l'evoluzione tecnologica dei componenti termici ed elettromeccanici utilizzati nella realizzazione degli impianti con produzione combinata di energia elettrica e calore richiede che vengano periodicamente aggiornati i parametri che individuano le soprarichiamate condizioni tecniche; Ritenuto che: gli impianti di cogenerazione contribuiscano alla promozione della concorrenza nell'attività di generazione elettrica, assicurando un significativo risparmio di energia primaria rispetto alle produzioni separate delle stesse quantità di energia elettrica e termica e riducendo le conseguenze ambientali negative, a parità di altre condizioni; le norme per la produzione combinata di energia elettrica e di calore debbano favorire soluzioni tecnologiche che comportano un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate, escludendo soluzioni orientate alla produzione di sola energia elettrica o di sola energia termica per una quota significativa dell'anno solare; sia opportuno fare riferimento agli anni solari nel riconoscimento della produzione combi- DELIBERA: Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente provvedimento, si applicano le definizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e all'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, nonché le seguenti: a) Autorità è l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, istituita con legge 14 novembre 1995, n. 481; b) decreto legislativo n. 79/1999 è il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79; c) decreto legislativo n. 164/2000 è il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164; d) impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è un sistema integrato che converte l'energia primaria di una qualsivoglia fonte di energia nella produzione congiunta di energia elettrica e di energia termica (calore), entrambe considerate effetti utili, conseguendo, in generale, un risparmio di energia primaria ed un beneficio ambientale rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e termica. In luogo della produzione di energia elettrica in forma congiunta alla produzione di energia termica, è ammessa anche la produzione di energia meccanica. La produzione di energia meccanica o elettrica e di calore deve avvenire in modo sostanzialmente interconnesso, implicando un legame tecnico e di mutua dipendenza tra produzione elettrica e utilizzo in forma utile del calore, anche attraverso sistemi di accumulo. Il calore generato viene trasferito all'utilizzazione, in forme diverse, tra cui vapore, acqua calda, aria calda, e può 173 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 174 essere destinata a usi civili di riscaldamento, raffrescamento o raffreddamento o a usi industriali in diversi processi produttivi. Nel caso di utilizzo di gas di sintesi, il sistema di gassificazione è parte integrante dell'impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore. Nel caso di impianto a ciclo combinato con postcombustione, il post-combustore è parte integrante dell'impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore. Le eventuali caldaie di integrazione dedicate esclusivamente alla produzione di energia termica non rientrano nella definizione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore; e) sezione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è ogni modulo in cui può essere scomposto l'impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore in grado di operare anche indipendentemente dalle altre sezioni e composto da un insieme di componenti principali interconnessi tra loro in grado di produrre in modo sostanzialmente autosufficiente energia elettrica e calore. Una sezione può avere in comune con altre sezioni alcuni servizi ausiliari o generali. Nel caso di utilizzo di gas di sintesi, il sistema di gassificazione è parte integrante della sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore. Nel caso di sezione a ciclo combinato con post-combustione, il post-combustore è parte integrante della sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore; f) cogenerazione, agli effetti dei benefici previsti dagli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 11, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 164/2000, è la produzione combinata di energia elettrica e calore che, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/2000, garantisce un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate, secondo i criteri e le modalità stabiliti nei successivi punti del presente provvedimento; g) potenza nominale di un generatore elettrico è la massima potenza ottenibile in regime continuo, come fissata nella fase di collaudo preliminare all'entrata in esercizio h) i) j) k) l) o, in assenza di collaudo, come certificata dal costruttore o dal fornitore dell'impianto; potenza nominale di una sezione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è la somma aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici della sezione destinati alla produzione di energia elettrica; potenza nominale di un impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è la somma aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici dell'impianto destinati alla produzione di energia elettrica; taglia di riferimento ai fini della determinazione del parametro eta es di cui all'articolo 2, comma 2.2, del presente provvedimento è: i) la potenza nominale del generatore elettrico di ciascuna delle turbine a gas nel caso di sezioni a recupero con più turbine a gas operanti in ciclo semplice o di ciascuno dei motori a combustione interna che alimentano un unico sistema a recupero di calore; ii) la potenza nominale del generatore elettrico di ciascuna delle turbine a gas sommata ad una parte della potenza nominale del generatore elettrico della turbina a vapore della sezione proporzionale al rapporto tra la potenza nominale di ciascuna delle turbine a gas e la somma delle potenze nominali di tutte le turbine a gas nel caso di sezioni a ciclo combinato costituite da più turbine a gas che alimentano un ciclo termico a recupero di calore dotato di turbina a vapore; iii)la potenza nominale della sezione, come definita alla precedente lettera h), negli altri casi; potere calorifico inferiore di un combustibile, a pressione costante, è la quantità di calore che si libera nella combustione completa dell'unità di peso o di volume del combustibile, con l'acqua contenuta nei fumi allo stato di vapore, ovvero con il calore latente del vapor d'acqua contenuto nei fumi della combustione non utilizzato a fini energetici; energia primaria dei combustibili utilizzati da una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore Ec è il contenuto energetico dei combustibili utilizzati, Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 pari al prodotto del peso o del volume di ciascun tipo di combustibile utilizzato nel corso dell'anno solare per il rispettivo potere calorifico inferiore, come definito alla precedente lettera k). Nel caso di sezioni a ciclo combinato con post-combustione, l'energia primaria del combustibile utilizzato comprende anche il contenuto energetico del combustibile che alimenta il post-combustore. Nel caso di sezioni alimentate da gas di sintesi, l'energia primaria del combustibile utilizzato comprende il contenuto energetico di tutti i combustibili utilizzati, inclusi quelli che alimentano un eventuale sistema di gassificazione; m)produzione di energia elettrica lorda di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è la quantità di energia elettrica prodotta nell'anno solare, misurata dai contatori sigillati dall'UTF situati ai morsetti di uscita dei generatori elettrici; n) produzione di energia elettrica netta di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore Ee è la quantità di energia elettrica lorda prodotta dalla sezione nell'anno solare, diminuita dell'energia elettrica destinata ai servizi ausiliari della sezione e delle perdite nei trasformatori principali. I servizi ausiliari includono i servizi posti sui circuiti che presiedono alla produzione di energia elettrica e di calore, inclusi quelli di un eventuale sistema di gassificazione, ed escludono i servizi ausiliari relativi alla rete di trasporto e distribuzione del calore, come le pompe di circolazione dell'acqua calda. Nel caso in cui i servizi ausiliari siano in comune tra più sezioni, i loro consumi sono da attribuire ad ogni sezione in misura proporzionale alla rispettiva quota parte di produzione di energia elettrica lorda. Nel caso di produzione combinata di energia meccanica e calore, l'energia meccanica viene moltiplicata per un fattore pari a 1,05 per convertirla in una quantità equivalente di energia elettrica netta; o) produzione di energia termica utile di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore Et è la quantità di energia termica utile prodotta dalla sezione nell'anno solare effettivamente ed utilmente utilizzata a scopi civili o industriali, pari alla differenza tra il contenuto entalpi- co del fluido vettore in uscita ed in ingresso misurato alla sezione di separazione tra la sezione di produzione e la rete di distribuzione del calore, al netto dell'energia termica eventualmente dissipata in situazioni transitorie o di emergenza (scarichi di calore). Qualora non esista fisicamente una rete di utilizzazione del calore, la produzione di energia termica utile può essere calcolata con metodi indiretti. I consumi specifici di calore utile risultanti dalle utilizzazioni a scopo civile o industriale devono risultare confrontabili a quelli utilizzati in campo nazionale per analoghe applicazioni con produzione separata di calore. La produzione di energia termica di eventuali caldaie di integrazione dedicate esclusivamente alla produzione di energia termica non rientra nella determinazione della produzione di energia termica utile Et. L'eventuale utilizzo di vapore per iniezione nelle turbine a gas non è energia termica utile. Et è somma delle due componenti Etciv e Etind definite come: energia termica utile per usi civili Etciv è la parte di produzione di energia termica utile di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore destinata alle utilizzazioni di tipo civile a fini di climatizzazione, riscaldamento, raffrescamento, raffreddamento, condizionamento di ambienti residenziali, commerciali e industriali e per uso igienico-sanitario, con esclusione delle utilizzazioni in processi industriali; energia termica utile per usi industriali Etind è la parte di produzione di energia termica utile di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore destinata ad utilizzazioni diverse da quelle previste per Etciv; p) rendimento elettrico netto medio annuo eta es di un impianto destinato alla sola produzione di energia elettrica è il rapporto tra la produzione annua netta di energia elettrica e l'energia primaria del combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all'anno solare; q) rendimento termico netto medio annuo eta ts di un impianto destinato alla sola produzione di energia termica è il rapporto tra la produzione annua netta di energia termica e l'energia primaria del combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all'anno solare; 175 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 r) energia elettrica autoconsumata Ee autocons è la parte di energia elettrica prodotta, definita alla precedente lettera n), che non viene immessa nella rete di trasmissione o di distribuzione dell'energia elettrica in quanto direttamente utilizzata e autoconsumata nel luogo di produzione; s) energia elettrica immessa in rete Ee immessa e la parte di energia elettrica netta prodotta che non rientra nella definizione di cui alla precedente lettera r); t) indice di risparmio di energia IRE è il rapporto tra il risparmio di energia primaria conseguito dalla sezione di cogenerazione rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e termica e l'energia primaria richiesta dalla produzione separata definito dalla formula: IRE = 1 dove: Ec, Ee, Ec Etciv Etind Ee + + eta es . p eta ts,civ eta ts,ind Etciv e Etind sono definite, rispettivamente, alle precedenti lettere l), n) e o), espresse in MWh ed arrotondate con criterio commerciale alla terza cifra decimale; eta es è il rendimento elettrico medio netto, come definito alla precedente lettera p), della modalità di riferimento per la produzione di sola energia elettrica; eta ts,civ è il rendimento termico netto medio annuo, come definito alla precedente lettera q), della modalità di riferimento per la produzione di sola energia termica per usi civili Etciv; 176 eta ts,ind è il rendimento termico netto medio annuo, come definito alla precedente lettera q), della modalità di riferimento per la produzione di sola energia termica per usi industriali Eind; p è un coefficiente che rappresenta le minori perdite di trasporto e di trasformazione dell'energia elettrica che gli impianti cogenerativi comportano quando autoconsumano l'energia elettrica autoprodotta, evitando le perdite associate al trasporto di energia elettrica fino al livello di tensione cui gli impianti stessi sono allacciati o quando immettono energia elettrica nelle reti di bassa o media tensione, evitando le perdite sulle reti, rispettivamente, di media e alta tensione. Il coefficiente p è calcolato come media ponderata dei due valori di perdite evitate pimmessa e pautocons rispetto alle quantità di energia elettrica autoconsumata Eeautocons ed immessa in rete Ee immessa, come definite rispettivamente alle precedenti lettere r) e s), secondo la seguente formula: p= p immessa . Ee immessa + p autocons . Ee autocons Ee immessa + Ee autocons I valori di p immessa e p autocons dipendono dal livello di tensione cui è allacciata la sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore e sono riportati nella seguente tabella: Livello di tensione cui è allacciata la sezione BT (bassa tensione).... MT (media tensione).... AT/AAT (alta e altissima tensione).... p immessa 1-4,3/100 1-2,8/100 1 p autocons 1-6,5/100 1-4,3/100 1-2,8/100 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 u) limite termico LT è il rapporto tra l'energia termica utile annualmente prodotta Et e l'effetto utile complessivamente generato su base annua dalla sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore, pari alla somma dell'energia elettrica netta e dell'energia termica utile prodotte (Ee + Et), riferiti all'anno solare, secondo la seguente formula: LT = Et Ee + Et con il significato dei simboli definito alla precedente lettera t); v) data di entrata in esercizio di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è la data in cui è stato effettuato il primo funzionamento in parallelo con il sistema elettrico nazionale della sezione, come risulta dalla denuncia dell'UTF di attivazione di officina elettrica; w) data di entrata in esercizio commerciale di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è la data di entrata in esercizio commerciale della sezione fissata dal produttore, considerando come periodo di collaudo e avviamento un periodo massimo di 12 (dodici) mesi consecutivi a partire dalla data in cui è stato effettuato il primo funzionamento della sezione in parallelo con il sistema elettrico nazionale, come risulta dalla denuncia dell'UTF di attivazione di officina elettrica; x) sezione esistente è la sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore che, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, era già entrata in esercizio o per la quale, alla medesima data, erano state assunte obbligazioni contrattuali relativamente alla maggior parte, in valore, dei costi di costruzione; y) rifacimento di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è l'intervento su una sezione dell'impianto che sia in esercizio, esistente da almeno venti (20) anni, finalizzato a migliorare le prestazioni energetiche ed ambientali attraverso la sostituzione, il ripotenziamento o la totale ricostruzione di componenti che nel loro insieme rappresentano la maggior parte dei costi di investimento sostenuti per la realizzazione della sezione; z) sezione di nuova realizzazione è la sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore con data di entrata in esercizio commerciale successiva alla data di entrata in vigore del presente provvedimento. Art. 2 Definizione di cogenerazione ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/2000 1. Si definisce cogenerazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/1999 e dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/2000 ed ai fini dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), un sistema integrato di produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di energia termica, entrambe considerate energie utili, realizzato dalla sezione di un impianto per la produzione combinata di energia elettrica e calore, come definita al precedente articolo 1, lettera e), che, a partire da una qualsivoglia combinazione di fonti primarie di energia e con riferimento a ciascun anno solare, soddisfi entrambe le condizioni concernenti il risparmio di energia primaria e il limite termico di cui ai successivi commi 2.2 e 2.3. 2. Ai fini del riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione, di cui al precedente comma 2.1, l'indice di risparmio di energia IRE della sezione, come definito al precedente articolo 1, lettera t), non deve essere inferiore al valore minimo IREmin che, fino al 31 dicembre 2005, viene fissato pari a 0,050 (5,0%) per le sezioni esistenti, come definite al precedente articolo 1, lettera x), pari a 0,080 (8,0%) per i rifacimenti di sezioni, come definiti al precedente articolo 1, lettera y), e pari a 0,100 (10,0%) per le sezioni di nuova realizzazione, come definite al precedente articolo 1, lettera z), assumendo: a) per il parametro eta es il rendimento elettrico netto medio annuo delle modalità di riferimento per la produzione separata di sola energia elettrica, differenziato per ciascuna fascia di taglia di riferimento, come definita al precedente articolo 1, lettera j), e per ciascun tipo di combustibile utilizzato, secondo i valori riportati nella seguente tabella: 177 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 Taglia di riferimento, in MWe, ai fini della determinazione del parametro eta es Gas naturale, Olio G.P.L., combustibile, G.N.L., nafta gasolio < o = a 1 Mwe > 1 - < o = a 10 MWe.... > 10 - < o = a 25 MWe.... > 25 - < o = a 50 MWe.... > 50 - < o = a 100 MWe... > 100 - < o = a 200 MWe.... > 200 - < o = a 300 MWe.... > 300 - < o = a 500 MWe.... > 500 MWe.... 0,38 0,40 0,43 0,46 0,49 0,51 0,53 0,55 0,55 Combustibili solidi fossili, coke di petrolio, orimulsion Rifiuti solidi organici, inorganici e biomasse 0,33 0,34 0,36 0,37 0,37 0,37 0,37 0,39 0,41 0,23 0,25 0,27 0,27 0,27 0,27 0,27 0,27 0,27 0,35 0,36 0,38 0,39 0,39 0,39 0,39 0,41 0,43 Nel caso di utilizzo di combustibili solidi fossili di produzione nazionale in misura non inferiore al 20% dell'energia primaria annualmente immessa nella sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore, i valori del parametro eta es riportati in tabella sono ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano tra i combustibili fossili di produzione nazionale il carbone di tipo coke, prodotto in Italia a partire da carbone di importazione, e il petrocoke o coke di petrolio. Nel caso di utilizzo di combustibili di processo e residui, biogas, gas naturale da giacimenti minori isolati il parametro eta es è pari a 0,35 per tutte le taglie di riferimento. Nel caso di sezioni di produzione combinata di energia elettrica e calore che utilizzino più combustibili di diverso tipo C1, C2, ..., Cn, il parametro eta es viene calcolato come media ponderata dei parametri di cui alla precedente tabella rispetto all'energia primaria EcC1, EcC2, ..., EcCn, dei combustibili annualmente immessi nella sezione, secondo la seguente formula: eta es,C1.Ec C1 + eta es,C2.Ec C2 + ... + eta es,Cn.Ec Cn eta es = 178 Ec C1 + Ec C2 + ... + Ec Cn Nel caso di utilizzo di combustibili diversi da quelli sopra richiamati, ai fini della determinazione del parametro eta {es} si assume il gas naturale come combustibile di riferimento. I valori del parametro eta es riportati nella tabella per i rifiuti solidi, organici e inorganici, e per le biomasse si applicano nei soli casi di cocombustione, definita come la combustione contemporanea di combustibili da fonti rinnovabili, come definite dall'articolo 2, comma 15, del decreto legislativo n. 79/1999, e di combustibili da altre fonti di energia. Ai fini dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare di quelli previsti dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/1999, l'indice di risparmio di energia IRE per gli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a 10 MVA è riferito all'intero impianto. Nel caso di sezioni di impianto aven- ti n taglie di riferimento T1, T2, ...,Tn, che individuano n rendimenti elettrici di riferimento eta es,1, eta es,2, ..., eta es,n, ed una potenza nominale della sezione pari a P, il parametro eta es da utilizzare per il calcolo dell'indice IRE della sezione viene determinato con la seguente formula: eta es = n sommatoria J=l eta es,j . T j P b) per il parametro eta ts,civ un valore pari a 0,8 e per il parametro eta ts,ind un valore pari a 0,9. Nel caso di utilizzo di combustibili solidi fossili di produzione nazionale in misura non inferiore al 20% dell'energia primaria annualmente immessa nella sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore, i valori dei parametri eta ts,civ e eta ts,ind sono ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano tra i Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 combustibili fossili di produzione nazionale il carbone di tipo coke, prodotto in Italia a partire da carbone di importazione, e il petrocoke o coke di petrolio. 3. Il limite termico LT, come definito al precedente articolo 1, lettera u), per il processo di cui al comma 2.1 non deve essere inferiore al valore minimo LTmin che, fino al 31 dicembre 2005, viene fissato pari a 0,150 (15,0%). Nel caso di sezioni di nuova realizzazione che soddisfino la condizione di IREmin di cui al comma 2.2, ma non soddisfano la condizione per il limite termico LT è ammessa, ai soli fini dell'esenzione dall'obbligo previsto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 79/1999, l'esenzione dal predetto obbligo per la quota di energia elettrica che soddisfa il limite termico di 0,150 (15,0%). Ai fini dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare di quelli previsti dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/1999, si assume che nel calcolo del limite termico LT per gli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a 10 MVA la sezione coincide con l'impianto. Art. 3 Aggiornamento e periodo di validità dei parametri di riferimento 1. I valori di riferimento dei parametri eta es, eta ts,civ eta ts,ind, LTmin e IREmin, come riportati al precedente articolo 2, sono in vigore fino al 31 dicembre 2005 e vengono aggiornati dall'Autorità con periodicità triennale. 2. Per ciascuna sezione esistente i valori di riferimento dei parametri eta es, eta ts,civ, eta ts,ind, LTmin e IREmin, di cui al precedente articolo 2, rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della condizione tecnica di cogenerazione, per un periodo di dieci (10) anni a partire dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento. A partire dall'anno solare successivo a quello in cui vengono completati i dieci (10) anni di esercizio si applicano i valori di riferimento dei parametri aggiornati dall'Autorità su base triennale, di cui al comma 3.1, in vigore per quel triennio. 3. Per ciascuna sezione di nuova realizzazione e per i rifacimenti i valori di riferimento dei parametri eta es, eta ts,civ, eta ts,ind, LTmin e IREmin, in vigore alla data di entrata in esercizio rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della condizione tecnica di cogenerazione, per un periodo di quindici (15) anni. A partire dall'anno solare successivo a quello in cui vengono completati i quindici (15) anni di esercizio si applicano i valori di riferimento dei parametri aggiornati dall'Autorità su base triennale, di cui al comma 3.1, in vigore per quel triennio. 4. Nel caso di sezioni dotate di reti di teleriscaldamento per la distribuzione del calore utile prodotto i periodi di cui ai commi 3.2 e 3.3 vengono estesi di 5 anni. 5. Durante il periodo di collaudo e avviamento, e limitatamente al periodo massimo di 12 mesi consecutivi di cui al precedente punto 1, lettera w), si applica per il parametro IREmin un valore pari a 0,050 (5,0%) e per il parametro LTmin un valore pari a 0,100 (10,0%). Per l'anno solare in cui termina il periodo di collaudo e avviamento, i valori dei parametri IREmin e LTmin, sono calcolati come media ponderata sui due periodi. 6. Agli impianti di nuova realizzazione per i quali, alla fine di un triennio di vigenza dei valori di riferimento dei parametri eta es, eta ts,civ, eta ts,ind, LTmin e IREmin, in di cui al precedente articolo 2, sono state assunte obbligazioni contrattuali in valore relativamente alla maggior parte dei costi di costruzione, si applicano i valori di riferimento previsti per il triennio precedente. Art. 4 Attestazione delle condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione 1. I soggetti produttori con sezioni di produzione combinata di energia elettrica e calore che intendono avvalersi dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), comunicano, separatamente per ciascuna sezione, mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà firmata dal legale rappresentante ai sensi degli articoli 21, 38 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il valore dell'indice di risparmio di energia IRE e del limite termico LT, calcolati con riferimento ai valori dei parametri eta es, eta ts,civ e eta ts,ind, fissati nel precedente articolo 2, relativi all'anno solare precedente. 179 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 180 2. La dichiarazione di cui al comma 4.1 deve essere inviata alla società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A. entro il 31 marzo di ogni anno. La società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A., entro il 30 giugno di ogni anno, trasmette all'Autorità un prospetto riepilogativo delle dichiarazioni pervenute ed un piano annuale di verifiche sulle sezioni ai sensi dell'articolo 5 del presente provvedimento. Tale dichiarazione deve contenere le seguenti informazioni: a) identificazione del soggetto produttore, in particolare: ragione sociale, natura giuridica, sede legale, codice fiscale o partita IVA; b) identificazione della sezione e dell'impianto, in particolare: localizzazione geografica, eventuale denominazione, data di entrata in esercizio e data di entrata in esercizio commerciale, come definite, rispettivamente, al precedente articolo 1, lettere v) e w); c) energia elettrica utile prodotta nell'anno solare precedente dalla sezione al netto dell'energia assorbita dai servizi ausiliari (Ee), come definita al precedente articolo 1, lettera n); energia termica utile (Et), incluse le due componenti per usi civili Etciv e industriali Etind prodotte nell'anno solare precedente dalla sezione, come definite al precedente articolo 1, lettera o); tipologia e quantità dei combustibili utilizzati (C1, C2, ..., Cn) e energia primaria immessa nell'anno solare precedente nella sezione per ciascuna tipologia di combustibile (EcC1, EcC2, ..., EcCn), come definita al precedente articolo 1, lettera l). Tutti i dati della presente lettera c), devono essere espressi in MWh e arrotondati con criterio commerciale alla terza cifra decimale; d) metodi di misura e criteri utilizzati per la determinazione dei valori delle grandezze di cui alla precedente lettera c); e) programma annuale di utilizzo della sezione, in particolare: capacità di produzione combinata di energia elettrica e calore, rendimenti e combustibili utilizzati (inclusi i combustibili di processo, residui o recuperi di energia, combustibili non commerciali), finalità della produzione (usi propri, distribuzione, vendita ad altri soggetti, riportando le quantità annue di produzione dei prodotti nel cui processo di lavorazione viene utilizzato il calore, il consumo specifico di calore per le diverse fasi del ciclo produttivo, nel caso di usi propri, e le quantità di calore vendute a terzi, con indicazione dei soggetti acquirenti e delle rispettive quote, nel caso di vendita a terzi); f) caratteristiche tecniche generali della sezione, in particolare: tipo di sezione e di impianto, schema generale di funzionamento, identificazione e caratteristiche di generatori e scambiatori di calore, motori primi, generatori elettrici (tra cui, almeno, la potenza nominale dei generatori elettrici, come definita al precedente articolo 1, lettera g), e taglia di riferimento ai fini della determinazione del parametro eta es, come definita al precedente articolo 1, lettera j), ed altri componenti significativi. 3. La documentazione di cui al precedente comma 4.2, lettere d) e f), deve essere trasmessa in occasione della prima richiesta di riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione e, successivamente, solo nel caso in cui siano intervenute variazioni con conseguenze significative sul rispetto della condizione tecnica di cogenerazione. 4. L'invio di informazioni incomplete o difformi comporta, per la sezione o per l'impianto, l'esclusione, per l'anno di riferimento, dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f). La società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A. ne dà comunicazione al soggetto produttore e all'Autorità. 5. In caso di dichiarazioni contenenti dati e informazioni non veritiere, l'Autorità, su segnalazione della società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A., può applicare le sanzioni di cui all'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481. Art. 5 Verifiche sulla sezione 1. Le verifiche sulla sezione atte a controllare il rispetto delle condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione ai fini dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), sono effettuate dalla società Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.A. e svolte, ove necessario, attraverso sopralluoghi al fine di accertare la veridicità delle informa- Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del. 19/03/2002 zioni e dei dati trasmessi, avvalendosi eventualmente anche della collaborazione di altri enti o istituti di certificazione. Art. 6 Disposizioni finali 1. La presente deliberazione viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana e nel sito internet dell'Autorità ed entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione. 181 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 28 marzo 2002 Modalità di utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze UMTS, di cui all'art. 103 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (G.U. n. 137 del 13 giugno 2002) IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Visti gli articoli 103, commi 1 e 2, e 112 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti l'utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze UMTS; Vista la legge 22 febbraio 2001, n. 36, recante legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici; Vista la determinazione del Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001, con la quale le risorse di cui al citato art. 103, comma 1, pari a complessivi 2.675 miliardi di lire (Euro 1.381.522.205,06), sono state ripartite e destinate a finanziare, fra l'altro, la riduzione delle emissioni elettromagnetiche, per complessivi 267,5 miliardi di lire (Euro 138.152.220,51) ed il Piano di azione per l'e-Government, per complessivi 800 miliardi di lire (Euro 413.165.519,27); Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 20 aprile 2001, con il quale le citate risorse destinate al finanziamento del sistema di riduzione delle emissioni elettromagnetiche sono state ripartite in cinque quoteparti, finalizzate alla realizzazione di vari interventi; 182 Visto l'art. 1-bis del decreto-legge 25 maggio 2001, n. 199, introdotto dalla legge di conversione 25 luglio 2001, n. 305, che ha disposto l'utilizzo di 150 miliardi di lire (Euro 77.468.534,86), facenti parte delle risorse ripartite con la citata determinazione del Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001, per la copertura finanziaria degli oneri connessi agli interventi per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina, determinando così la necessità di rivedere la ripartizione dei suddetti fondi operata con il citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 aprile 2001; Ritenuto, pertanto, di dover procedere ad un nuovo riparto dei fondi destinati al finanziamento del sistema di riduzione delle emissioni elettromagnetiche, anche al fine di assicurare alle amministrazioni regionali lo stanziamento minimo necessario per il completamento a livello regionale della connessa rete di monitoraggio, secondo le intese intercorse in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Ritenuto, altresì, di dover procedere alla riduzione degli stanziamenti di cui al punto 1, lettera c) della determinazione del Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001 per l'importo di Euro 2.582.284,50 (5 miliardi di lire), da destinare alle finalità di cui al presente decreto; Su proposta del Ministro delle comunicazioni; D'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle attività produttive, il Ministro dell'ambiente, il Ministro della salute, il Ministro per la funzione pubblica ed il Ministro per l'innovazione tecnologica; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell'11 gennaio 2002; Sentita in data 14 febbraio 2002, ai sensi dell'art. 103, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Sentite in data 13 marzo 2002, ai sensi dell'art. 103, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le competenti Commissioni parlamentari; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 28 marzo 2002; Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 28/03/2002 DECRETA: Art. 1 zione del progetto di rete di monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico a livello nazionale, nonché per le sue sperimentazioni a livello regionale o locale. 1. I fondi di cui al punto 1, lettera a) della determinazione del Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001, come risultanti dalla riduzione operata dall'art. 1-bis del decretolegge 25 maggio 2001, n. 199, introdotto dalla legge di conversione 25 luglio 2001, n. 305 e dall'incremento operato dall'art. 5 del presente decreto, sono destinati alla riduzione delle emissioni elettromagnetiche secondo le seguenti finalità: a) sostegno ad attività di studio e di ricerca per approfondire la conoscenza dei possibili rischi connessi all'esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici; b) realizzazione della rete di monitoraggio dei campi elettromagnetici; c) adeguamento delle strutture e delle strumentazioni di monitoraggio e formazione del personale degli istituti pubblici addetti ai controlli sulle emissioni elettromagnetiche; d) promozione di nuove tecnologie nel campo dei sistemi radianti delle tecniche di trasmissione in grado di ridurre le emissioni mediante la ottimizzazione dei parametri di irradiazione e della condivisione delle infrastrutture da parte di più operatori; e) sostegno ai comuni per interventi di sperimentazione. 2. Per gli interventi relativi alle finalità di cui all'art. 1, comma 1, lettere c) ed e), sono stanziati fondi pari a Euro 18.075.991,47 (35 miliardi di lire) da ripartirsi tra le regioni e le province autonome e i comuni. Il piano di riparto è disposto dal Ministro delle comunicazioni, sentita la Conferenza unificata. Art. 2 Art. 5 1. Per gli interventi relativi alla finalità di cui all'art. 1, lettera a), sono stanziati fondi pari a Euro 11.620.280,23 (22,5 miliardi di lire), che saranno assegnati ed impiegati d'intesa fra i Ministri delle comunicazioni, dell'ambiente e della salute e previo parere della Conferenza unificata, prevedendo un congruo stanziamento per le attività di cui al presente decreto, svolte a livello regionale. 1. Le risorse destinate alle finalità di cui al punto 1, lettera c) della determinazione del Consiglio dei Ministri in data 25 gennaio 2001, sono ridotte di Euro 2.582.284,50 (5 miliardi di lire), destinandole alle finalità del presente decreto. Art. 3 Art. 6 1. Per gli interventi relativi alla finalità di cui all'art. 1, lettera b), sono complessivamente stanziati fondi pari a Euro 20.658.275,96 (40 miliardi di lire), assegnati al Ministero delle comunicazioni per la definizione e la realizza- 1. Il presente decreto sostituisce ad ogni effetto quello emanato in data 20 aprile 2001. 3. Il Ministro delle comunicazioni nomina, con proprio decreto, un comitato strategico in cui sono rappresentate le regioni e le autonomie locali con il supporto del sistema agenziale, per la definizione progettuale dell'intera rete di monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico e, sentito quest'ultimo, approva le linee guida di realizzazione del progetto. All'onere derivante dalle spese di funzionamento del comitato strategico si provvede, a carico delle risorse di cui al comma 1, nel limite di Euro 200.000. Art. 4 1. Per gli interventi relativi alla finalità di cui all'art. 1, lettera d), sono stanziati fondi pari a Euro 12.911.422,48 (25 miliardi di lire), che saranno assegnati ed impiegati dal Ministero delle attività produttive di concerto con i Ministeri delle comunicazioni, dell'ambiente e della salute, d'intesa con la Conferenza unificata. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni di bilancio. 183 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 2 aprile 2002, n. 60 DECRETO MINISTERIALE Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio (Suppl. alla G.U. n. 87 del 13 aprile 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SALUTE Visto il decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 351, di recepimento della direttiva 96/62/CE del Consiglio in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 1999, n. 241, ed, in particolare, l'articolo 4 e l'articolo 8, comma 5; Visto l'articolo 17, comma 3, della legge del 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina delle attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 1988, n. 214; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983 sui limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione relativi ad inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 28 maggio 1983, n. 145; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, di attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria ambiente, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183, pubblicato nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale del 16 giugno 1988, n. 140, ed, in particolare, gli articoli 20, 21, 22, e 23 e gli allegati I, II, III, e IV; 184 Visto il decreto del Ministro dell'ambiente del 20 maggio 1991 concernente i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 1991, n. 126; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1992 recante atto di indirizzo e coordinamento in materia di sistemi di rilevazione dell'inquinamento urbano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 1992, n. 7; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 15 aprile 1994 concernente le norme tecniche in materia di livelli e di stati di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane, ai sensi degli articoli 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, e dell'articolo 9, del decreto del Ministro dell'ambiente 20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 maggio 1994, n. 107; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 25 novembre 1994 sull'aggiornamento delle norme tecniche in materia di limiti di concentrazione e di livelli di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti di cui al decreto del Ministro dell'ambiente del 15 aprile 1994, pubblicato nel supplemento ordinario n. 159 alla Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 1994, n. 290; Vista la legge 21 gennaio 1994, n. 61, recante disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 del 27 gennaio 1994, n. 21; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1997, n. 335, recante il regolamento concernente la disciplina delle modalità di organizzazione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente in strutture operative, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 ottobre 1997, n. 233; Vista la legge 4 novembre 1997, n. 413, sulle misure urgenti per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico da benzene, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1997, n. 282; Visto il decreto del Ministro dell'ambiente 21 aprile 1999, n. 163, recante norme per l'individuazione dei criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 giugno 1999, n. 135; Vista la direttiva 99/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, come modificata con decisione 2001/744/CE del 17 ottobre 2001; Vista la direttiva 2000/69/CE del Consiglio del 16 novembre 2000 relativa ai valori limite di qualità dell'aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio; Vista la decisione 97/101/CE del 27 gennaio 1997 che instaura uno scambio reciproco di informazioni e di dati provenienti dalle reti e dalle singole stazioni di misurazione dell'inquinamento atmosferico negli Stati membri, come modificata con decisione 2001/752/CE del 17 ottobre 2001; Vista la decisione 2001/744/CE del 17 ottobre 2001 che modifica l'allegato V della direttiva 99/30/CE del Consiglio concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo; Considerato che nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 8, comma 5, del citato decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, è opportuno indicare, in applicazione della citata direttiva 99/30/CE, i casi in cui l'adozione di piani o programmi per il raggiungimento dei valori limite non è richiesta; Sentita la Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo del 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 31 gennaio 2002; Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi dell'adunanza dell'11 marzo 2002; Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, effettuata con nota UL/2002/2652 del 3 aprile 2002; ADOTTA il seguente regolamento: CAPO I (Norme generali) Art. 1 Finalità 1. Il presente decreto stabilisce per gli inquinanti biossido di zolfo, biossido di azoto, ossidi di azoto, materiale articolato, piombo, benzene e monossido di carbonio, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 351: a) i valori limite e le soglie di allarme; b) il margine di tolleranza e le modalità secondo le quali tale margine deve essere ridotto nel tempo; c) il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto; d) i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria ambiente, i criteri e le tecniche di misurazione, con particolare riferimento all’ubicazione ed al numero minimo dei punti di campionamento, nonché alle metodiche di riferimento per la misura, il campionamento e l’analisi; e) la soglia di valutazione superiore, la soglia di valutazione inferiore e i criteri di verifica della classificazione delle zone e degli agglomerati; f) le modalità per l’informazione da fornire al pubblico sui livelli registrati di inquinamento atmosferico ed in caso di superamento delle soglie di allarme; g) il formato per la comunicazione dei dati. 2. Resta ferma la competenza delle regioni ad emanare la normativa di attuazione del decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 351, nel rispetto di quanto previsto dal medesimo decreto legislativo. 3. sono fatte salve le competenze delle re- 185 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 gioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono in conformità ai rispettivi statuti ed alle relative norme di attuazione. Art. 2 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto s’intende per: a) “ossidi di azoto”: la somma di monossido di azoto effettuata in parti per miliardo ed espressa come biossido di azoto in microgrammi per metro cubo; b) PM10: la frazione di materiale articolato sospeso in aria ambiente che passa attraverso un sistema di separazione in grado di selezionare il materiale articolato di diametro aerodinamico di 10 µm, con una efficienza di campionamento pari al 50%; c) PM2,5: la frazione di materiale articolato sospeso in area ambiente che passa attraverso un sistema di separazione in grado di selezionare il materiale articolato di diametro aerodinamico di 2,5 µm, con una efficienza di campionamento pari al 50%; d) di diametro aerodinamico di 2,5 µm, con una efficienza di campionamento pari al 50%; d) misurazione in siti fissi: una misurazione effettuata a norma dell’articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351; e) evento naturale: eruzioni vulcaniche, attività sismiche, attività geotermiche, incendi spontanei, eventi di elevata ventosità, risospensione atmosferica (quale si verifica ad esempio in condizioni di persistente siccità accompagnata da stabilità atmosferica) e trasporto di materiale particolato naturale da regioni aride; f) livello: concentrazione nell’aria ambiente di un inquinante in un dato periodo di tempo, espressa secondo l’unità di misura indicata negli allegati da I a VI. 2. Per quanto non indicato al comma 1, si applicano le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351. 186 siti fissi degli inquinanti biossido di zolfo, biossido di azoto, ossidi di azoto, materiale particolato, piombo, benzene e monossido di carbonio sono stabiliti nell’allegato VIII. 2. Il numero minimo dei punti di campionamento per le misurazioni nei siti fissi degli inquinanti di cui al comma I, da installare in ciascuna zona o agglomerato al cui interno tale misurazione è obbligatoria ed è la sola fonte di dati, è stabilito nell’allegato IX. 3. Nelle zone e negli agglomerati in cui l’informazione proveniente dai punti di campionamento in siti fissi è completata da altre fonti di informazione, come inventari delle emissioni, metodi indicativi di misurazione e modellizzazione, il numero di punti di campionamento in siti fissi da installare, anche quando inferiore al numero minimo di cui al comma 2, e la risoluzione spaziale delle altre tecniche devono, in ogni caso, consentire di determinare i livelli degli inquinanti di cui al comma 1, nel rispetto dell’allegato VIII, sezione I, e dell’allegato X, sezione I. 4. Per le zone e gli agglomerati per le quali la misurazione non è obbligatoria ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, è consentito ricorrere a tecniche di modellizzazione o di stima obiettiva. 5. Nelle more dell’emanazione dei criteri di cui all’articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, possono essere utilizzate tecniche di modellizzazione e di stima obiettiva validate secondo procedure documentate o certificate da agenzie, organismi o altre istituzioni scientifiche riconosciute a livello nazionale o internazionale. 6. Gli obiettivi per la qualità dei dati da utilizzare nei programmi di assicurazione di qualità sono stabiliti nell’allegato X, sezione I. Art. 4 Criteri di verifica della classificazione delle zone e degli agglomerati Art. 3 Valutazione dei livelli 1. La verifica della classificazione delle zone e degli agglomerati ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, commi 2, 3, 4 e 5, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, è effettuata in base ai requisiti dell’allegato VII, sezione II. 1. I criteri per determinare l’ubicazione dei punti di campionamento per le misurazioni nei 2. La classificazione di cui al comma 1 è riesaminata almeno ogni 5 anni. Il riesame è Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 anticipato nel caso di cambiamenti significativi delle attività che influenzano i livelli nell’aria ambiente di biossido di zolfo, di biossido di azoto, di benzene o di monossido di carbonio, oppure, se del caso, di ossidi di azoto, di materiale articolato o di piombo. Art. 5 Trasmissione delle informazioni 1. Le regioni comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al Ministero della salute, per il tramite dell’agenzia nazionale dell’ambiente, di seguito denominata ANPA, i metodi seguiti per la valutazione preliminare della qualità dell’aria ambiente, a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 agosto 1999. n. 351, entro: a) 3 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per biossido di azoto, ossidi di azoto, biossido di zolfo, materiale particolato e piombo; b) il 13 dicembre 2002 per il benzene e il monossido di carbonio. 2. Contestualmente alla comunicazione di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), punto 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le regioni comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per il tramite dell’ANPA, le informazioni di cui all’allegato X, sezione II. 3. La prima trasmissione delle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, integrata come previsto al comma 2, è relativa: a) all’anno 2001 per biossido di azoto, ossidi di azoto, biossido di zolfo, materiale particolato e piombo; b) all’anno 2003 per il benzene e il monossido di carbonio. 4. Nell’allegato XII è riportato il formato per la comunicazione delle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), punti 1) e 2), e lettera b) del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, integrate come previsto dal comma 2, nonché delle informazioni di cui agli articoli 12 e 24 del presente decreto, relativamente a: biossido di azoto, ossidi di azoto, biossido di zolfo, materiale particolato e piombo. CAPO II Biossido di zolfo Art. 6 Valori limite, margini di tolleranza e soglia di allarme e termini 1. Nell’allegato I, sezione I, sono indicati: a) i valori limite per la protezione delta salute umana per il biossido di zolfo, i margini di tolleranza, le modalità di riduzione ditale margine e la data alla quale i valori limite devono essere raggiunti; b) il valore limite per la protezione degli ecosistemi e la data alla quale tale valore limite deve essere raggiunto. 2. Nell’allegato I, sezione II, è indicata la soglia di allarme per il biossido di zolfo. Art. 7 Misurazione delle medie su dieci minuti 1. I Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministero della salute, di intesa con le regioni, individuano alcuni punti di campionamento, in siti fissi rappresentativi della qualità dell’aria ambiente in zone abitate vicine alle sorgenti di emissione, i quali misurino i livelli orari di biossido di zolfo, al fine di registrare, fino al 31 dicembre 2003, anche i dati sui livelli di biossido di zolfo espressi come media su dieci minuti. Art. 8 Metodo di riferimento 1. Il metodo di riferimento per l’analisi del biossido di zolfo è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione I. Art. 9 Soglie di valutazione 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le soglie di valutazione superiore e inferiore per il biossido di zolfo sono individuate nell’allegato VII, sezione I, lettera a). Art. 10 Regime delle deroghe per i piani o i programmi 1. Le regioni possono designare zone o agglomerati nei quali i valori limite di biossido di zolfo indicati nell’allegato I, sezione I, sono superati a causa di livelli di biossido di zolfo 187 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 nell’aria ambiente dovuti a fonti naturali di emissione. 2. L’obbligo dì adottare i piani o i programmi di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, si applica nelle zone o agglomerati di cui al comma 1 solo nel caso in cui i valori limite di cui all’allegato I, sezione I, siano superati a causa di emissioni di origine antropica. Art. 11 Informazione al pubblico 1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e le categorie interessate siano informati, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sui livelli di biossido di zolfo nell’aria ambiente e affinché tali informazioni siano aggiornate con frequenza almeno giornaliera e, nel caso dei valori orari, se possibile, ogni ora. Le regioni forniscono, inoltre, in caso di superamento della soglia di allarme, le informazioni di cui all’allegato I, sezione III, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351. do le necessarie giustificazioni a riprova del fatto che i superamenti sono dovuti a fonti naturali di emissione. CAPO III Biossido di azoto e ossidi di azoto Art. 13 Valori limite, margini di tolleranza, soglia di allarme e termini 1. Nell’allegato II, sezione I, sono indicati: a) i valori limite per la protezione della salute umana per il biossido di azoto, i margini di tolleranza, le modalità di riduzione ditale margine e la data alla quale i valori limite devono essere raggiunti; b) il valore limite per la protezione della vegetazione per gli ossidi di azoto e la data in cui tale valore limite deve essere raggiunto. 2. Nell’allegato II, sezione II, è indicata la soglia di allarme per il biossido di azoto. Art. 14 Metodo di riferimento Art. 12 Trasmissione delle informazioni 1. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), punto 1), del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al Ministero della salute, per il tramite dell’ANPA, per i punti di campionamento di cui all’ articolo 7, il numero dei superamenti del valore di 500 µg/m3, espresso come media su dieci minuti, il numero di giorni nell’anno civile in cui i superamenti sono avvenuti, il numero dei giorni in cui simultaneamente i livelli orari di biossido di zolfo hanno superato i 350 µg/m3, nonché il massimo livello registrato su dieci minuti. 188 2. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al Ministero della salute, per il tramite dell’ANPA, un elenco delle zone e degli agglomerati di cui all’articolo 10, comma 1, e le informazioni sui livelli e sulle fonti di emissione di biossido di zolfo, fornen- 1. Il metodo di riferimento per l’analisi del biossido di azoto e degli ossidi di azoto è indicato nell’allegato XI, paragrafo I, sezione II. Art. 15 Soglie di valutazione 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le soglie di valutazione superiore e inferiore per il biossido di azoto e gli ossidi di azoto sono individuate nell’allegato VII, sezione I, lettera b). Art. 16 Informazione al pubblico 1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e le categorie interessate siano informate, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sui livelli di biossido e ossidi di azoto nell’aria ambiente e affinché tali informazioni siano aggiornate con frequenza almeno giornaliera e, nel caso dei valori orari del biossido di azoto, se possibile, ogni ora. Le regioni forniscono, inoltre, in caso di superamento della soglia di allarme, i dettagli di cui Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 all’allegato Il, sezione III, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351. CAPO IV Materiale particolato Art. 17 Valore limite, margine di tolleranza e termini per il PM10 1. I valori limite per la protezione della salute umana per il PM10, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione di tale margine e la data alla quale i valori limite devono essere raggiunti, sono indicati nell’allegato III. Art. 18 Misurazione del PM2,5 1. Le regioni installano punti di campionamento in siti fissi per fornire dati sui livelli dì PM2,5. Il numero e l’ubicazione degli stessi sono determinati, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e dal Ministero della sanità, in modo da garantire la massima rappresentatività dei livelli di PM2,5 sul territorio nazionale. Ove possibile, tali punti di campionamento devono avere la stessa ubicazione di quelli previsti per il PM10. Art. 19 Metodo di riferimento 1. Il metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10 è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione IV. 2. I metodi provvisori per il campionamento e la misurazione del PM2,5 sono indicati nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione V. Art. 20 Soglie di valutazione 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le soglie di valutazione superiore e inferiore per il PM10 sono individuate nell’allegato VII, sezione I, lettera c). Art. 21 Piani di riduzione dei livelli del PM2,5 1. I piani previsti dall’articolo 8 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, hanno anche lo scopo di ridurre i livelli in aria ambiente di PM2,5. Art. 22 Regime delle deroghe per i piani o i programmi 1. Le regioni possono designare zone o agglomerati nei quali i valori limite di PM10, indicati nell’allegato III, sono superati a causa di livelli di PM10 nell’aria ambiente dovuti a eventi naturali che determinano livelli significativamente superiori ai normali livelli di fondo dovuti a fonti naturali. 2. Le regioni possono designare zone o agglomerati nei quali i valori limite di PM10, indicati nell’allegato III, sono superati a causa di livelli di PM10 nell’aria ambiente dovuti alla risospensione di materiale particolato a seguito dello spargimento invernale di sabbia sulle strade. 3. L’obbligo di adottare i piani o i programmi di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, si applica nelle zone o agglomerati di cui ai precedenti commi 1 e 2 solo nel caso in cui i valori limite, di cui all’allegato III, siano superati per cause diverse da eventi naturali o dallo spargimento invernale di sabbia sulle strade. Art. 23 Informazione al pubblico 1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e le categorie interessate siano informati, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sui livelli di materiale particolato nell’aria ambiente e affinché tali informazioni siano aggiornate con frequenza giornaliera. Art. 24 Trasmissione delle informazioni 1. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), punto 1), del decreto legislativo 4 agosto. 1999, n. 351, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al 189 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Ministero della salute, per il tramite dell’ANPA, i dati relativi alla media aritmetica, alla mediana, al novantottesimo percentile ed aI livello massimo del PM2,5, calcolati per ogni anno civile sulla base della media di ventiquattro ore. Il novantottesimo percentile è calcolato nei modi indicati nell’allegato XI, paragrafo 3. 2. Le regioni, contestualmente alle informazioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, comunicano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e al Ministero della salute, per il tramite dell’ANPA, l’elenco delle zone e degli agglomerati di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, e le informazioni sui livelli e sulle fonti di PM10, fornendo le necessarie giustificazioni a riprova del fatto che il superamento è dovuto ad eventi naturali o a spargimento invernale di sabbia sulle strade. CAPO V Piombo Art. 25 Valori limite, margine di tolleranza e termini 1. Il valore limite per la protezione della salute umana per il piombo, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione di tale margine e la data alla quale il valore limite deve essere raggiunto sono indicati nell’allegato IV. Art. 26 Metodi di riferimento 1. Il metodo dì riferimento per il campionamento del piombo è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione III A. 2. Il metodo di riferimento per l’analisi del piombo è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione III B. Art. 27 Soglie di valutazione 190 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le soglie di valutazione superiore e inferiore per il piombo sono individuate nell’allegato VII, sezione I, lettera d). Art. 28 Informazione al pubblico 1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e le categorie interessate siano informati, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sui livelli di piombo nell’aria ambiente e affinché tali informazioni siano aggiornate con frequenza trimestrale. CAPO VI Benzene Art. 29 Valori limite, margine di tolleranza e termini 1. Il valore limite per la protezione della salute umana per il benzene, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione di tale margine e la data alla quale il valore limite deve essere raggiunto sono indicati nell’allegato V. Art. 30 Metodi di riferimento 1. Il metodo di riferimento per il campionamento e l’analisi del benzene è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione VI. Art. 31 Soglie di valutazione 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le soglie dì valutazione superiore e inferiore per il benzene sono individuate nell’allegato VII, sezione 1, lettera e). Art. 32 Regime di proroga 1. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il valore limite stabilito nell’allegato V a causa delle caratteristiche dispersive di un determinato sito o delle condizioni climatiche ivi esistenti, quali la bassa velocità del vento o condizioni favorevoli all’evaporazione, e se l’attuazione delle misure previste nei piani e nei programmi, ai sensi dell’articolo 8, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, determina gravi problemi socioeconomici, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 può richiedere alla Commissione europea una sola proroga per un periodo massimo di cinque anni. A tal fine il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio deve: a) designare le zone e gli agglomerati in questione; b) fornire le necessarie giustificazioni per tale proroga; c) provare che sono state adottate tutte le misure ragionevoli per ridurre le concentrazioni degli inquinanti di cui trattasi e ridurre l’area nella quale il valore limite è superato; d) individuare le misure che si intendono adottare ai sensi dell’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351. 2. Il valore limite per il benzene da rispettare durante detta proroga di durata limitata non può essere superiore ai 10 µg/m3. Art. 35 Metodi di riferimento 1. Il metodo di riferimento per il campionamento e l’analisi del monossido di carbonio è indicato nell’allegato XI, paragrafo 1, sezione VII. Art. 36 Soglie di valutazione 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le soglie di valutazione superiore e inferiore per il monossido di carbonio sono individuate nell’allegato VII, sezione 1, lettera f). Art. 37 Informazione al pubblico 3. Ai fini di cui al comma 1, le regioni interessate presentano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio una richiesta di proroga accompagnata da adeguata documentazione giustificativa e dalle informazioni previste alle lettere a), b), c), e d) dello stesso comma. 1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e le categorie interessate siano informati, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sui livelli di monossido di carbonio nell’aria ambiente relativi alla massima media mobile su otto ore, e affinché tali informazioni siano aggiornate con frequenza almeno giornaliera o, se possibile, ogni ora. Art. 33 Informazione al pubblico CAPO VIII Disposizioni transitorie e finali 1. Le regioni provvedono affinché il pubblico e le categorie interessate siano informati, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sui livelli di benzene nell’aria ambiente, relativi ai dodici mesi precedenti, e affinché tali informazioni siano aggiornate almeno ogni tre mesi o, se possibile, ogni mese. CAPO VII Monossido di carbonio Art. 34 Valori limite, margine di tolleranza e termini 1. Il valore limite per la protezione della salute umana per il monossido di carbonio, il margine di tolleranza, le modalità di riduzione ditale margine e la data alla quale il valore limite deve essere raggiunto sono indicati nell’allegato VI. Art. 38 Disposizioni transitorie e finali 1. In applicazione dell’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, fino alla data entro la quale devono essere raggiunti i valori limite di cui agli allegati I, Il, III, IV, e VI, restano in vigore i valori limite di cui all’allegato I, tabella A del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983, come modificata dall’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. 2. Per valutare i livelli di biossido di zolfo, biossido di azoto, piombo e monossido di carbonio in riferimento ai valori limite di cui al comma 1 possono essere utilizzati i punti di campionamento in siti fissi e gli altri metodi di valutazione della qualità dell’aria ambiente previsti dal presente decreto. Per valutare il livello di particelle sospese in riferimento al 191 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 valore limite di cui al comma 1 si possono utilizzare i dati relativi al PM10 moltiplicati per un fattore pari a 1,2. 3. Nelle more dell’attuazione degli articoli 7, 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, continuano ad applicarsi i piani e i provvedimenti emanati dalle regioni, dalle province e dal comuni, ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 e dell’articolo 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991, relativo ai criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria. 4. Nelle more dell’attuazione degli articoli 8, comma 5, e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ai fini dell’elaborazione dei piani e programmi per il raggiungimento e per il mantenimento dei valori limite, si applicano i criteri di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991, concernente i criteri per l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria. 5. In caso di mancato adempimento, da parte delle regioni e degli enti locali, agli obblighi previsti dal presente decreto, si applicano i poteri sostitutivi disciplinati dall’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Art. 39 Modifiche al decreto del Ministro dell’ambiente 21 aprile 1999, n. 163 192 1. L’articolo 1, commi 2 e 3, del decreto del Ministro dell’ambiente 21 aprile 1999, n. 163, è sostituito dai seguenti commi: “2. I sindaci dei comuni appartenenti agli agglomerati ed alle zone di cui agli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 351/99. in cui sussiste il superamento ovvero il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme previste dalla vigente normativa, adottano, sulla base dei piani e dei programmi di cui ai medesimi articoli, le misure di limitazione della circolazione di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, fermi restando i poteri attribuiti al Sindaco da altre disposizioni del decreto legislativo n. 285/92 ed i poteri previsti dell’articolo 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dall’articolo 54, comma 2, della legge 18 agosto 2000, n. 267. 3. In relazione alle emissioni di idrocarburi policiclici aromatici, con particolare riferimento al benzo(a)pirene, i sindaci dei comuni individuati all’allegato III del decreto del Ministro dell’ambiente 25 novembre 1994 e dei comuni, con popolazione inferiore, per i quali la situazione meteoclimatica e l’entità delle emissioni facciano prevedere possibili superamenti dell’obiettivo di qualità individuato nel predetto decreto, nonché i sindaci degli altri comuni individuati dalle regioni nei piani di risanamento e tutela della qualità dell’aria di cui all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei relativi stralci, adottano le misure di cui al comma 2 sulla base dei piani di risanamento e tutela della qualità dell’aria di cui all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203/88. 4. Ai fini dell’applicazione del comma 3, il riferimento ai piani e ai programmi di cui agli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 351/99, contenuto nel comma 2, si intende effettuato ai piani di risanamento e tutela della qualità dell’aria di cui all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. Il riferimento ai valori limite previsti dalla vigente normativa si intende effettuato all’obiettivo di qualità vigente per il benzo(a)pirene. 5. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano fino all’entrata in vigore del decreto previsto dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 351/99, relativo agli inquinanti di cui al punto 9, II parte, dell’allegato I al medesimo decreto legislativo. 6. Quale misura preventiva, i comuni di cui al comma 2 possono vietare la circolazione nei centri abitati per tutti gli autoveicoli che non abbiano effettuato il controllo almeno annuale delle emissioni secondo la procedure previste dal decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 febbraio 1996.” 2. L’articolo 2 deI decreto n. 163/99 è soppresso. 3. L’articolo 3 del decreto n. 163/99 è sostituito dal seguente: “1. Fino all’attuazione, da parte delle regioni, degli adempimenti previsti dall’articolo 7, commi 1 e 2, e dall’articolo 8, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo n. 351/99, continuano ad applicarsi le misure precedentemente adottate dai sindaci. Tali misure possono essere rimodulate, ai fini del rispetto Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 dei valori limite e delle soglie di allarme previste dalla vigente normativa, sulla base delle previsioni di miglioramento o di peggioramento dello stato della qualità dell’aria, alla luce delle informazioni rese disponibili ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 351/99. 2. In caso di mancata attuazione, da parte del Sindaco, delle misure previste dai piani e dai programmi regionali di cui all’articolo 1, le suddette misure sono adottate, in via sostitutiva, dalla regione, ai sensi della vigente normativa, fatto salvo l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.” 4. L’articolo 4 del decreto n. 163/99 è soppresso. 5. Gli allegati del decreto n. 163/99 sono soppressi. Art. 40 Abrogazioni 1. Ai sensi dell’articolo 13 del decreto legi- slativo 4 agosto 1999, n. 351, sono abrogate le disposizioni relative al biossido di zolfo, al biossido di azoto, alle particelle sospese e al PM10, al piombo, al monossido di carbonio e al benzene contenute nei seguenti decreti: a) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983; b) decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, limitatamente agli articoli 20, 21, 22 e 23 ed agli allegati I, Il, III e IV; c) decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991 concernente i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria; d) decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1992; e) decreto del Ministro dell’ambiente 15 aprile 1994; f) decreto del Ministro dell’ambiente 25 novembre 1994. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. ALLEGATO I VALORI LIMITE E SOGLIA DI ALLARME PER IL BIOSSIDO DI ZOLFO I. Valori limite per il biossido di zolfo I valori limite devono essere espressi in µg/m3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e ad una pressione di 101,3 kPa. Periodo di mediazione 1.Valore limite orario per la protezione della salute umana 1 ora Valore limite Margine di tolleranza Data alla quale il valore limite deve essere raggiunto 350 µg/m3 da non 42,9% del valore limite, pari a superare più di 24 150 µg/m3, all’entrata in volte per anno civile vigore della direttiva 99/30/CE (19/7/99). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2001, e successivamente ogni 12 mesi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% al 1° gennaio 2005 1° gennaio 2005 2.Valore limite di 24 24 ore ore per la protezione della salute umana 25 µg/m3 da non nessuno superare più di 3 volte per anno civile 1° gennaio 2005 3. Valore limite per la protezione degli ecosistemi 20 µg/m3 19 luglio 2001 Anno civile e inverno (1° ottobre - 31 marzo) nessuno 193 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 II. Soglia di allarme per il biossido di zolfo 500 µg/m3 misurati su tre ore consecutive in un sito rappresentativo della qualità dell’aria di un’area di almeno 100 km2 oppure in una intera zona o un intero agglomerato, nel caso siano meno estesi. III.Informazioni che devono essere fornite al pubblico in caso di superamento della soglia di allarme per il biossido di zolfo Le informazioni da fornire ai pubblico devono comprendere almeno: a) data, ora e luogo del fenomeno e la sua causa, se nota; b) previsioni: - sulle variazioni dei livelli (miglioramento, stabilizzazione o peggioramento), nonché i motivi delle variazioni stesse; - sulla zona geografica interessata, - sulla durata del fenomeno; c) categorie di popolazione potenzialmente sensibili al fenomeno; d) precauzioni che la popolazione sensibile deve prendere. ALLEGATO Il VALORI LIMITE PER IL BIOSSIDO DI AZOTO (NO2) E PER GLI OSSIDI DI AZOTO (NOX) E SOGLIA DI ALLARME PER IL BIOSSIDO DI AZOTO I. Valori limite per il biossido di azoto e gli ossidi di azoto I valori limite devono essere espressi in µg/m3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e a una pressione di 101,3 kPa. Periodo di mediazione Valore limite Margine di tolleranza Data alla quale il valore limite deve essere raggiunto 1. Valore limite orario 1 ora per la protezione della salute umana 200 µg/m3 NO2 da non superare più di 18 volte per anno civile 50% del valore limite, pari a 100 µg/m3, all’entrata in vigore della direttiva 99/30/CE (19/7/99). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2001 e successivamente ogni 12 mesi, per raggiungere lo 0% al 1° gennaio 2010 1° gennaio 2010 2. Valore limite annuale per la protezione della salute umana Anno civile 40 µg/m3 NO2 50% del valore limite, pari a 20 µg/m3 all’entrata in vigore della direttiva 99/30/CE (19/7/99). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2001 e successivamente ogni 12 mesi, per raggiungere lo 0% al 1° gennaio 2010 1° gennaio 2010 3. Valore limite annuale per la protezione della vegetazione Anno civile 30 µg/m3 NOX Nessuno 19 luglio 2001 Il. Soglia di allarme per il biossido di azoto 400 µg/m3 misurati su tre ore consecutive in un sito rappresentativo della qualità dell’aria di un’area di almeno 100 km2 oppure in una intera zona o un intero agglomerato, nel caso siano meno estesi. 194 III.Informazioni che devono essere fornite al pubblico in caso di superamento della soglia di allarme per il biossido di azoto Le informazioni da fornire al pubblico devono comprendere almeno: a) data, ora e luogo del fenomeno e la sua causa, se nota; b) previsioni: - sulle variazioni dei livelli (miglioramento, stabilizzazione o peggioramento), nonché I motivi delle variazioni stesse, - sulla zona geografica interessata, - sulla durata del fenomeno; c) categorie di popolazione potenzialmente sensibili al fenomeno; d) precauzioni che la popolazione sensibile deve prendere. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 ALLEGATO III VALORI LIMITE PER IL MATERIALE PARTICOLATO (PM10) Periodo di mediazione Valore limite Margine di tolleranza Data alla quale il valore limite deve essere raggiunto FASE 1 1. Valore limite di 24 24 ore ore per la protezione della salute umana 50 µg/m3 PM10 da non superare più di 35 volte per anno civile 50% del valore limite, pari a 25 µg/m3, all’entrata in vigore della direttiva 99/30/CE (19/7/99). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2001 e successivamente ogni 12 mesi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% il 1° gennaio 2005 1° gennaio 2005 2. Valore limite annuale per la protezione della salute umana Anno civile 40 µg/m3 PM10 20% del valore limite, pari a 8 µg/m3, all’entrata in vigore della direttiva 99/30/CE (19/7/99). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2001 e successivamente ogni 12 mesi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% il 1° gennaio 2005 1° gennaio 2005 1. Valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana 24 ore 50 µg/m3 PM10 Da stabilire in base ai dati in da non superare più modo che sia equivalente al di 7 volte l’anno valore limite della fase I 1° gennaio 2010 2. Valore limite annuale per la protezione della salute umana Anno civile 20 µg/m3 PM10 1° gennaio 2010 FASE 2 (1) 10 µg/m al 1° gennaio 2005 con riduzione ogni 12 mesi successivi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% il 1° gennaio 2010 (1) Valori limite indicativi da rivedere con successivo decreto sulla base della futura normativa comunitaria. ALLEGATO IV VALORI LIMITE PER IL PIOMBO Periodo di mediazione Valore limite annuale Anno civile per la protezione della salute umana Valore limite 0,5 µg/m3 Margine di tolleranza 100% del valore limite, pari a 0,5 µg/m3, all’entrata in vigore della direttiva 99/30/CE (19/7/99). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2001 e successivamente ogni 12 mesi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% il 1° gennaio 2005 Data alla quale il valore limite deve essere raggiunto 1° gennaio 2005 195 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 ALLEGATO V VALORE LIMITE PER IL BENZENE Periodo di mediazione Valore limite per la protezione della salute umana Anno civile Valore limite 5 µg/m3 Margine di tolleranza 100% del valore limite, pari a 5 µg/m3, all’entrata in vigore della direttiva 2000/69 (13/12/2000). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2006, e successivamente ogni 12 mesi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% al 1° gennaio 2010 Data alla quale il valore limite deve essere raggiunto 10 gennaio 2010 (1) (1) Ad eccezione delle zone e degli agglomerati nei quali è stata approvata una proroga limitata nel tempo a norma dell’articolo 32. ALLEGATO VI VALORE LIMITE PER IL MONOSSIDO DI CARBONIO Il valore limite deve essere espresso in mg/rn3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e ad una pressione di 101,3 kPa. Periodo di mediazione Valore limite per la protezione della salute umana Media massima giornaliera su 8 ore Valore limite 10 mg/m3 Margine di tolleranza 6 mg/m3 all’entrata in vigore della direttiva 2000/69 (13/12/2000). Tale valore è ridotto il 1° gennaio 2003, e successivamente ogni 12 mesi, secondo una percentuale annua costante, per raggiungere lo 0% al 1° gennaio 2005 Data alla quale il valore limite deve essere raggiunto 1° gennaio 2005 La media massima giornaliera su 8 ore viene individuata esaminando le medie mobili su 8 ore, calcolate in base a dati orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata è assegnata al giorno nel quale finisce. In pratica, il primo periodo di 8 ore per ogni singolo giorno sarà quello compreso tra le ore 17.00 deI giorno precedente e le ore 01.00 del giorno stesso; l’ultimo periodo di 8 ore per ogni giorno sarà quello compreso tra le ore 16.00 e le ore 24.00 del giorno stesso. ALLEGATO VII DETERMINAZIONE DEI REQUISITI PER VALUTARE LE CONCENTRAZIONI DI BIOSSIDO DI ZOLFO, DI BIOSSIDO DI AZOTO (NO2), DI OSSIDI DI AZOTO (NOx), MATERIALE PARTICOLATO (PM10), PIOMBO, BENZENE E MONOSSIDO DI CARBONIO NELL’ARIA AMBIENTE ENTRO UNA ZONA O UN AGGLOMERATO I. Soglie di valutazione superiore ed interiore Si applicano le seguenti soglie di valutazione superiore ed inferiore: a) BIOSSIDO DI ZOLFO 196 Protezione della salute umana Media su 24 ore Protezione dell’ecosistema Media invernale Soglia di valutazione superiore 60% del valore limite sulle 24 ore (75 µg/m3 da non superare più di 3 volte per anno civile) 60% del valore limite invernale (12 µg/m3) Soglia di valutazione inferiore 40% del valore limite sulle 24 ore (50 µg/m3 da non superare più di 3 volte per anno civile) 40% del valore limite invernale (8 µg/m3) Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 b) BIOSSIDO DI AZOTO E OSSIDI DI AZOTO Protezione della salute umana (NO2) Media oraria Protezione della salute umana (NO2) Media annuale Valore limite annuale per la protezione della vegetazione (NOx) Media annuale Soglia di valutazione superiore 70% del valore limite (140 µg/m3 da non superare più di 18 volte per anno civile) 80% del valore limite (32 µg/m3) 80% del valore limite (24 µg/m3) Soglia di valutazione inferiore 50% del valore limite (100 µg/m3 da non superare più di 18 volte per anno civile) 65% del valore limite (26 µg/m3) 65% del valore limite (19,5 µg/m3) c) MATERIALE PARTICOLATO IN ARIA AMBIENTE (PM10) Le soglie di valutazione superiore e inferiore per PM10 sono basate sui valori limite indicativi da rispettare al 1° gennaio 2010. Media su 24 ore Media invernale Soglia di valutazione superiore 60% del valore limite (30 µg/m3 da non superare più di 7 volte per anno civile) 70% del valore limite (14 µg/m3) Soglia di valutazione inferiore 40% del valore limite (20 µg/m3 da non superare più di 7 volte per anno civile) 50% deI valore limite (10 µgm3) d) PIOMBO Media annuale Soglia di valutazione superiore Soglia di valutazione inferiore 70% del valore limite (3,5 µg/m3) 40% del valore limite (2 µg/m3) e) BENZENE Media annuale Soglia di valutazione superiore Soglia di valutazione inferiore 70% del valore limite (0,35 µg/m3) 50% del valore limite (0,25 µg/m3) f) MONOSSIDO DI CARBONIO Media annuale Soglia di valutazione superiore Soglia di valutazione inferiore 70% del valore limite (7 µg/m3) 50% del valore limite (5 µg/m3) lI. Determinazione del superamento della soglia di valutazione superiore e inferiore I superamenti delle soglie di valutazione, superiore e inferiore, vanno determinati sulla base delle concentrazioni del quinquennio precedente laddove siano disponibili dati sufficienti. Si considera superata una soglia di valutazione se essa, sul quinquennio precedente è stata superata durante almeno tre anni non consecutivi. Se i dati relativi al quinquennio non sono interamente disponibili, per determinare i superamenti delle soglie di valutazione, superiore e inferiore, si possono combinare campagne di misurazione di breve durata, nel periodo dell’anno e nei alti rappresentativi dei massimi livelli di inquinamento, con i risultati ottenuti dalle informazioni derivanti dagli inventari delle emissioni e dalla modellizzazione. 197 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 ALLEGATO VIII UBICAZIONE DEI PUNTI DI CAMPIONAMENTO PER LA MISURAZIONE IN SITI FISSI DEI LIVELLI DI BIOSSIDO DI ZOLFO, BIOSSIDO DI AZOTO, OSSIDI DI AZOTO, MATERIALE PARTICOLATO, PIOMBO, BENZENE E MONOSSIDO Dl CARBONIO NELL’ARIA AMBIENTE Quanto segue si applica ai punti di campionamento per la misurazioni in siti fissi. I. Ubicazione su macroscala a) Protezione della salute umana I punti di campionamento destinati alla protezione della salute umana dovrebbero essere ubicati in modo da: 1) fornire dati sulle aree all’interno di zone ed agglomerati dove si raggiungono i più elevati livelli a cui ò probabile che la popolazione sia esposta, direttamente o indirettamente, per un periodo significativo in relazione al periodo di mediazione del(i) valore(i) limite; 2) fornire dati sui livelli nelle altre aree all’interno delle zone e degli agglomerati che sono rappresentativi dell’esposizione della popolazione in generale. I punti di campionamento dovrebbero, in generale, essere ubicati in modo da evitare misurazioni di microambienti molto ridotti nelle loro immediate vicinanze Orientativamente un punto di campionamento dovrebbe essere ubicato in modo tale da essere rappresentativo della qualità dell’aria in una zona circostante non inferiore a 200 m2, in siti orientati al traffico, e non inferiore ad alcuni km2, in siti di fondo urbano. I punti di campionamento dovrebbero, laddove possibile, essere anche rappresentativi di ubicazioni analoghe non nelle loro immediate vicinanze. Attesi i criteri di cui sopra, si dovrebbe, tuttavia, tener conto della necessità di localizzare punti di campionamento sulle isole, laddove sia necessario per la protezione della salute umana. b) Protezione degli ecosistemi e della vegetazione I punti di campionamento destinati alla protezione degli ecosistemi o della vegetazione dovrebbero essere ubicati a più di 20 km dagli agglomerati o a più di 5 km da aree edificate diverse dalle precedenti, o da impianti industriali o autostrade. Orientativamente, un punto di campionamento dovrebbe essere ubicato in modo da essere rappresentativo della qualità dell’aria ambiente in un’area circostante di almeno 1.000 km2. Tenendo conto delle condizioni geografiche si può prevedere che un punto di campionamento venga ubicato ad una distanza inferiore o sia rappresentativo della qualità dell’aria ambiente in un’area meno estesa. Attesi i criteri di cui sopra, si dovrebbe tener conto della necessità di valutare la qualità dell’aria ambiente sulle isole. 198 Il. Ubicazione su microscala Nella misura in cui sia tecnicamente fattibile: a) l’ingresso della sonda di campionamento deve essere libero e non vi debbono essere ostacoli che possano disturbare il flusso d’aria nelle vicinanze del campionatore (di norma a distanza di alcuni metri rispetto ad edifici, balconi, alberi ed altri ostacoli e, nel caso di punti di campionamento rappresentativi della qualità dell’aria ambiente sulla linea degli edifici, alla distanza di almeno 0,5 in dall’edificio più prossimo); b) di regola, il punto di ingresso dell’aria deve situarsi tra 1,5 m e 4 m sopra il livello del suolo. Possono essere talvolta necessarie posizioni più elevate (fino ad 8 m). Può anche essere opportuna un’ubicazione ancora più elevata se la stazione è rappresentativa di un’ampia area, c) il punto di ingresso della sonda non deve essere collocato nelle immediate vicinanze di fonti inquinanti per evitare l’aspirazione diretta di emissioni non miscelate con l’aria ambiente; d) lo scarico del campionatore deve essere collocato in modo da evitare il ridicolo dell’aria scaricata verso l’ingresso del campionatore; e) per l’ubicazione dei campionatori relativi al traffico: - per tutti gli inquinanti, tali campionatori devono essere situati a più di 25 m di distanza dal bordo dei grandi incroci e a più di 4 m di distanza dal centro della corsia di traffico più vicina; - per il biossido di azoto e il monossido di carbonio il punto di ingresso deve essere ubicato non oltre 5 m dal bordo stradale; - per il materiale particolato, il piombo e il benzene, il punto d’ingresso deve essere ubicato in modo da essere rappresentativo della qualità dell’aria ambiente sulla linea degli edifici. Nella localizzazione delle stazioni si può anche tenere conto dei fattori seguenti: a) fonti di interferenza; b) sicurezza; c) accesso; d) disponibilità di energia elettrica e di linee telefoniche; e) visibilità del punta di prelievo rispetto all’ambiente circostante; f) rischi per il pubblico e per gli operatori; g) opportunità di ubicare punti di campionamento per diversi inquinanti nello stesso sito; h) vincoli di varia natura. III.Documentazione e riesame della scelta del sito I metodi di scelta del sito dovrebbero essere pienamente documentati nella fase di classificazione mediante fotografie dell’area circostante che riportino le coordinate geografiche ed una mappa particolareggiata. I siti dovrebbero essere riesaminati ad intervalli regolari, aggiornando Ia documentazione per garantire che i criteri di selezione restino validi nel tempo. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 ALLEGATO IX CRITERI PER DETERMINARE IL NUMERO MINIMO DI PUNTI DI CAMPIONAMENTO PER LA MISURAZIONE IN SITI FISSI DEI LIVELLI DI BIOSSIDO DI ZOLFO (SO2), BIOSSIDO DI AZOTO (NO2), OSSIDI DI AZOTO (NOx), MATERIALE PARTICOLATO (PM10), PIOMBO, BENZENE E MONOSSIDO DI CARBONIO NELL’ARIA AMBIENTE I. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità ai valori limite per la protezione della salute umana e le soglie di allarme nelle zone e negli agglomerati dove la misurazione in sUi fissi è l’unica fonte di informazione a) Fonti diffuse Popolazione dell’agglomerato o della zona Se i livelli superano la soglia di valutazione superiore (1) Se i livelli massimi sono situati tra le soglie di valutazione superiore e inferiore Solo per SO2 e per NO2, negli agglomerati dove i livelli massimi sono al di sotto della soglia di valutazione inferiore 0-249.999 250.000-499.999 500.000-749.999 750.000-999.999 1.000.000- 1.499.999 1.500.000-1.999.999 2.000.000-2.749.999 2.750.000-3.749.999 3.750.000-4.749.999 4.750.000-5.999.999 >6.000.000 1 2 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 1 1 1 2 2 3 3 4 4 5 Non applicabile 1 1 1 1 1 2 2 2 2 3 (1) Per l’NO2, il materiale particolato e il benzene includere almeno un punto di campionamento di fondo urbano ed un punto di campionamento orientato al traffico, sempre che ciò non comporti un aumento dei punti di campionamento. b) Fonti puntuali Per valutare l’inquinamento nelle vicinanze di fonti puntuali, il numero di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi si dovrebbe calcolare tenendo conto della densità delle emissioni, del probabile profilo di distribuzione dell’inquinamento dell’aria ambiente e della potenziale esposizione della popolazione. Il. Numero minimo di punti di campionamento per misurazioni in siti fissi al fine di valutare la conformità ai valori limite per la protezione degli ecosistemi o della vegetazione in zone diverse dagli agglomerati Se i livelli superano la soglia di valutazione superiore Se i livelli massimi si situano tra le soglie di valutazione superiore e inferiore 1 punto di campionamento per 20.000 km2 1 punto di campionamento per 40.000 km2 Nelle zone insulari, il numero dei punti di campionamento per misurazioni in siti fissi dovrebbe essere calcolato tenendo conto del probabile profilo di distribuzione dell’inquinamento dell’aria ambiente e della potenziale esposizione degli ecosistemi o della vegetazione. 199 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 ALLEGATO X OBIETTIVI PER LA QUALITÀ DEI DATI E RELAZIONE SUI RISULTATI DELLA VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA I. Obiettivi per la qualità dei dati I. A Biossido di zolfo, biossido di azoto, ossidi di azoto, materiale particolato e piombo Per indirizzare i programmi di assicurazione di qualità sono stabiliti i seguenti obiettivi in materia di incertezza dei metodi di valutazione, di periodo minimo di copertura e di raccolta minima dei dati. Misurazioni in continuo Incertezza raccolta minima dei dati Misurazioni indicative Incertezza raccolta minima dei dati periodo minimo di copertura Biossido di zolfo, biossido di azoto e ossidi di azoto Materiale particolato e piombo 15% 90% 25% 90% 25% 90% 14% (una misurazione in un giorno, scelto a caso, di ogni settimana in modo che le misure siano uniformemente distribuite durante l’anno oppure 8 settimane di misurazione distribuite in modo regolare nell’arco dell’anno) 50% 90% 14% (una misurazione in un giorno, scelto a caso, di ogni settimana in modo che le misure siano uniformemente distribuite durante l’anno oppure 8 settimane di misurazione distribuite in modo regolare nell’arco dell’anno) Modellizzazione incertezza: medie orarie medie giornaliere medie annuali 50%-60% 50% 30% (1) 50% Stima obiettiva incertezza 75% 100% (1) Da stabilire con successivo decreto sulla base della futura normativa comunitaria I.B Benzene e monossido di carbonio Benzene Monossido di carbonio 25% 90% 35% fondo urbano e punti di campionamento orientati al traffico (distribuiti nel corso dell’anno in modo da essere rappresentativi delle varie condizioni climatiche e di traffico) 90%siti industriali 15% 90% 30% 90% 14% (una misurazione, in un giorno scelto a caso di ogni settimana, in modo che le misure siano uniformemente distribuite durante l’anno oppure 8 settimane di misurazione distribuite in modo regolare nell’arco dell’anno) 25% 90% 14% (una misurazione, in un giorno scelto a caso di ogni settimana, in modo che le misure siano uniformemente distribuite durante l’anno oppure 8 settimane di misurazione distribuite in modo regolare nell’arco dell’anno) Modellizzazione Incertezza Medie su 8 ore Medie annue --50% 50% --- Stima obiettiva Incertezza 100% 75% Misurazioni in siti fissi Incertezza Raccolta minima dei dati Periodo minimo di copertura Misurazioni in siti fissi Incertezza Raccolta minima dei dati Periodo minimo di copertura 200 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 L’incertezza (con un intervallo di confidenza deI 95%) dei metodi di valutazione è valutata in base ai principi della “IS0 Guide to the expression of uncertainty of measurements” (1993) (Guida/ISO all’espressione dell’incertezza di misura) o dell’ISO 5725-1994 o a principi equivalenti. Le percentuali di incertezza riportate in tabella sono indicate per le misurazioni individuali medie nel periodo considerato con riferimento al valore minimo per un intervallo di fiducia del 95%. L’incertezza per le misurazioni fisse va interpretata come applicabile nell’intorno dell’opportuno valore limite. L’incertezza per la modellizzazione e la stima obiettiva è definita come la deviazione massima dei livelli di concentrazione misurati e calcolati, nel periodo considerato dal valore limite, a prescindere dalla tempistica degli eventi. I requisiti sopraindicati per la raccolta minima dei dati e per il periodo minimo di copertura devono essere rispettati escludendo le perdite dì dati dovute alla calibrazione periodica o alla normale manutenzione degli strumenti. Si possono effettuare misurazioni discontinue invece di misurazioni continue purché: a) per materiale particolato e piombo, l’incertezza rispetto al monitoraggio in continuo, ad un livello di confidenza del 95%, non superi il 10%; b) per il benzene, l’incertezza, compresa quella dovuta al campionamento casuale, rispetti l’obiettivo per la qualità del 25%. Qualora si intenda avvalersi delle misurazioni discontinue i dati dovranno essere corredati da una relazione tecnica con la quale si dimostri la conformità. ai requisiti suddetti. Il campionamento discontinuo deve essere distribuito uniformemente durante l’arino. II. Risultati della valutazione della qualità dell’aria Una relazione, contenente le seguenti informazioni, deve essere redatta per le zone o gli agglomerati dove si ricorre a fonti diverse dalle misurazioni in siti fissi, per completare i dati delle misure, oppure dove queste fonti sono l’unico mezzo per valutare la qualità dell’aria ambiente: a) una descrizione delle attività di valutazione svolte; b) metodi specifici utilizzati e loro descrizione; c) fonti dei dati e delle informazioni; d) una descrizione dei risultati, compresa l’incertezza e, in particolare, l’estensione di ogni area o, se del caso, la lunghezza della strada all’interno di una zona o agglomerato, dove le concentrazioni superano i(il) valori(e) limite oppure i valori limite più i margini di tolleranza applicabili e l’estensione di ogni area dove le concentrazioni superano la soglia superiore o inferiore di valutazione; e) per i valori limite per la protezione della salute umana, la popolazione potenzialmente esposta a livelli che superano il valore limite. Si dovrebbero anche elaborare mappe che mostrino la distribuzione dei livelli all’interno di ogni zona e agglomerato. ALLEGATO Xl METODI DI RIFERIMENTO PER VALUTARE I LIVELLI DI BIOSSIDO DI ZOLFO, BIOSSIDO DI AZOTO, OSSIDI DI AZOTO, MATERIALE PARTICOLATO (PM10 E PM2,5) PIOMBO, BENZENE E MONOSSIDO DI CARBONIO 1. Metodi di Riferimento I. Metodo di riferimento per l’analisi del biossido di zolfo Ambient Air - Determination of sulphur dioxide Ultraviolet fluorescence method (Draft Intemational Standard ISO/DIS 10498.2.ISO,1999) II. Metodo di riferimento per l’analisi del biossido di azoto e degli ossidi di azoto ISO 7996: 1985 - Ambient Air - Determination of the mass concentration of nitrogen oxides Chemiluminescence Method. III.A.Metodo di riferimento per il campionamento del piombo Fino alla data in cui deve essere raggiunto il valore limite dell’allegato IV, il metodo di riferimento per il campionamento del piombo è quello previsto nell’allegato alla Direttiva 82/884/CEE, come descritto nell’appendice 5, dell’Allegato II al D.P.C.M. 28 marzo 1983. Successivamente a tale data il metodo di riferimento per il campionamento del piombo è quello utilizzato per il PM10 e indicato nella sezione IV. III.B.Metodo di riferimento per l’analisi del piombo ISO 9855: 1993 - Ambient Air - Determination of the particulate lead content of aerosols collected on filters - Atomic absorption spectrometric Method. IV. Metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10 EN 12341 “Air quality - Determination of the PM10 fraction of suspended particulate matter Reference method and field test procedure to demonstrate reference equivalence of measurement methods”. Il principio dì misurazione si basa sulla raccolta su un filtro dei PM10 e sulla determinazione della sua massa per via gravimetrica. Le teste indicate nella norma EN 12341 sono teste di riferimento e quindi non richiedono certificazione da parte dei Laboratori Primari di Riferimento di cui al paragrafo 2. V. Metodi provvisori per il campionamento e la misurazione del PM2,5 È consentito l’utilizzo di qualsiasi metodo e sistema dotato di un certificato di equivalenza per il campionamento e la misura del PM10 e che utilizzi, in luogo delle teste di prelievo indicate al punto IV, teste di prelievo per il PM2,5. La documentazione relativa alle caratteristiche fluidodinamiche e di taglio granulometrico dei dispositivi di frazionamento del PM2,5 deve essere inviata, a tini conoscitivi, ai Laboratori Primari di Riferimento di cui al paragrafo 2. VI. Metodo di riferimento per il campionamento e l’analisi del benzene Nelle more dell’approvazione di un metodo normalizzato, basato sulle norme CEN, il metodo di riferimento è quello indicato all’allegato VI del decreto del Ministro dell’ambiente 25 novembre 1994. 201 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 VII. Metodo di riferimento per l’analisi del monossido di carbonio Nelle more dell’approvazione di un metodo normalizzato, basato sulle norme CEN, il metodo di riferimento è quello indicato all’allegato Il, Appendice 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 marzo 1983. APPENDICE PROCEDURE OPERATIVE AI FINII DELLA CERTIFICAZIONE DI EQUIVALENZA DEI METODI E DEI SISTEMI PER IL CAMPIONAMENTO E LA MISURA DEL PM10 DA PARTE DEI LABORATORI PRIMARI DI RIFERIMENTO 1. 2. Equivalenza Metodi e sistemi di campionamento e misura diversi da quelli indicati al paragrafo i, sia manuali sia automatici, utilizzati per la valutazione della qualità dell’aria ambiente relativamente a: SO2, NO2, NOx, PM10, piombo, benzene e monossido di carbonio devono essere dotati di certificazione di equivalenza. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, tale certificazione è rilasciata, su domanda del costruttore, dai Laboratori Primari di Riferimento per l’inquinamento atmosferico operanti presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche e presso I’ISPESL. Possono essere utilizzati anche altri metodi e sistemi la cui equivalenza sia certificata da enti designati, ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva 96/62/CE, da altri Stati Membri dell’Unione Europea. A fini conoscitivi, detta certificazione e la relativa documentazione deve essere trasmessa ai Laboratori Primari di Riferimento, accompagnata da una traduzione in lingua italiana. Nell’appendice al presente allegato sono descritte le procedure operative ai fai della certificazione di equivalenza dei metodi e dei sistemi per il campionamento e la misura del PM10 da parte dei Laboratori Primari di Riferimento. 3. Calcolo del percentile Il calcolo del 98° percentile deve essere effettuato a partire dai valori effettivamente misurati. Tutti i valori saranno riportati in un elenco in ordine crescente: X1= X2= X3=….= Xk= ….= XN-1= XN Il 98° percentile è il valore dell’elemento di rango k, per il quale k viene calcolato per mezzo della formula seguente: k = (q*N) dove q è uguale a 0,98 e N è il numero dei valori effettivamente misurati. Il valore di k = (q*N) viene arrotondato al numero intero più vicino. 4. Normalizzazione Per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, il benzene e il monossido di carbonio il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 K e ad una pressione di 101,3 kPa. 202 METODO DI RIFERIMENTO Definizioni Diametro aerodinamico delle particelle: il diametro di una particella sferica con densità di 1 g/cm3 che sotto l’azione della forza di gravità e in calma d’aria e nelle stesse condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa, raggiunge la stessa velocità finale della particella considerata. Frazione toracica: la frazione in massa delle particelle malate che penetrano oltre la laringe, secondo la definizione riportata nella Norma Europea EN 481 e ISO/DIS 7708 rev. PM10: operativamente si intende per PM10 la frazione di materiale particolato prelevata dall’atmosfera mediante un sistema di separazione a impatto inerziale la cui efficienza di campionamento, per una particella con diametro aerodinamico di 10 µm, risulti pari al 50%. Il metodo di riferimento definisce l’insieme delle specifiche costruttive e operative dei sistemi di campionamento della frazione PM10 e i protocolli della fase di misura di massa del materiale particellare. Applicabilità Il metodo è indirizzato alla misura della concentrazione media di massa della frazione PM10 in atmosfera su un periodo di campionamento di 24 ore. Principio del metodo Il valore di concentrazione di massa del materiale particolato è il risultato finale di un processo che include la separazione granulometrica della frazione PM10, la sua accumulazione sul mezzo filtrante e la relativa misura di massa con il metodo gravimetrico. Un sistema di campionamento, operante a portata volumetrica costante in ingresso, preleva aria, attraverso un’appropriata testa di campionamento e un successivo separatore a impatto inerziale. La frazione PM10 così ottenuta viene trasportata su un mezzo filtrante a temperatura ambiente. La determinazione della quantità di massa PM10 viene eseguita calcolando la differenza fra il peso del filtro campionato e il peso del filtro bianco. Sistema di prelievo Testa di prelievo e separatore a impatto inerziale La testa di prelievo e il separatore a impatto inerziale associati al metodo di riferimento sono descritti nella figura B.1, (Annex B - EN 12341). La testa di prelievo deve essere progettata per permettere il campionamento, con efficienza unitaria, di particelle con diametro aerodinamico superiore a 10 µm nelle condizioni ambientali più generali e per proteggere il filtro dalla pioggia, da insetti e da altri corpi estranei che possono pregiudicare la rappresentatività della frazione PM10 accumulata sul filtro. Il separatore ad impatto inerziale (con 8 ugelli di accelerazione), descritto nella norma CEN 12341 “Air quality Determination of the PM10 fraction of suspended particulate matter - Reference method and field test procedure Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 to demonstrate reference equivalence of measurement methods’, ha un’efficienza nominale di penetrazione del 50% per particelle con diametro aerodinamico di 10 µm, quando è utilizzato ad una portata volumetrica di 2.3 m3/h. Di seguito si intenderà per campione di materiale particellare PM10 la frazione di particolato totale campionata con la testa di prelievo e il separatore a impatto inerziale sopra descritti (definizione operativa). La linea di prelievo che porta il campione sul filtro deve essere tale che la temperatura dell’aria in prossimità del filtro non ecceda di oltre 5°C la temperatura dell’aria ambiente e che non ci siano ostruzioni o impedimenti fluidodinamici tali da provocare perdite quantificabili sul campione di particolato PM10. Mezzo filtrante La scelta del mezzo filtrante rappresenta un compromesso fra le seguenti esigenze: • efficienza di filtrazione elevata per particelle submicroniche • perdita di carico ridotta sul mezzo filtrante durante il campionamento • minimizzazione degli artefatti nella fase di campionamento (cattura di gas da parte del mezzo filtrante, evaporazione di sostanze volatili) • “bianchi idonei all’analisi chimica dei composti che costituiscono il campione PM10”. I mezzi filtranti scelti per la metodologia di riferimento sono: • filtro in fibra di quarzo (diametro 47 mm) • filtro in fibra di vetro (diametro 47 mm) • membrana in Politetrafluoroetilene (diametro 47 mm, porosità 2 µm). La membrana in Politetrafluoroetilene deve essere utilizzata quando si effettuano prove sul campo per la valutazione del contenuto ionico dei campioni PM10 come previsto da una delle procedure consigliate per la valutazione dell’equivalenza di sistemi di separazione granulometrica con il sistema di riferimento. Campionatore Il campionatore deve essere in grado di operare a portata volumetrica costante nel zona di prelievo e separazione granulometrica, con un intervallo operativo da 0.7 a 2.5 m3/h per i mezzi filtranti sopra definiti. Il campionatore deve essere dotato dì un sistema automatico per il controllo della portata volumetrica. Le caratteristiche pneumatiche del campionatore devono essere tali da mantenere la portata volumetrica costante fino ad una caduta dì pressione sul mezzo filtrante pari a 25 Kpa, ad un valore di portata volumetrica di 2.3 m3/h. Portata Operativa La portata deve essere misurata in continuo ed il suo valore non deve differire più del 5% dal valore nominale, Il coefficiente di variazione CV (deviazione standard divisa per la media) della portata misurata sulle 24 ore non deve superare il 2%. Il campionatore deve essere dotato di sensori per la misura della caduta di pressione sul mezzo filtrante. Il campionatore deve essere in grado di registrare i valori della caduta di pressione all’inizio della fase di campionamento e immediatamente prima del termine della fase di campionamento (controllo di qualità sulla tenuta dinamica del portafiltri e sull’integrità del mezzo filtrante durante la fase di campionamento). Il campionatore deve essere in grado di interrompere il campionamento se il valore della portata devia dal valore nominale per più del 10% e per un tempo superiore ai 60 secondi. MIsura di temperatura e pressione atmosferica Il campionatore deve essere dotato di sensori per la misura della temperatura ambiente e della pressione atmosferica (sensore di temperatura: intervallo operativo 30°C ÷ + 45°C, risoluzione 0.1°C, accuratezza ± 2°C; sensore di pressione: intervallo operativo 70 ÷ 110 KPa, risoluzione 0.5 KPa, accuratezza ± 1 KPa). I valori di temperatura ambiente e pressione atmosferica devono essere disponibili anche quando il sistema non è in fase di campionamento. Il campionatore deve essere in grado di fornire il valore della quantità di aria campionata espresso in Nm3. Misura della temperatura del mezzo filtrante Il campionatore deve essere in grado di misurare la temperatura dell’aria campionata in prossimità del mezzo filtrante nell’intervallo - 30°C ÷ + 45°C, sia in fase di campionamento che di attesa. Questo dato deve essere disponibile all’operatore. Il campionatore deve essere in grado di attivare un allarme se la temperatura in prossimità del mezzo filtrante eccede la temperatura ambiente per più di 5°C per più di 30 minuti consecutivi. Programmazione I tempi di campionamento e la data e l’ora di inizio del campionamento devono poter essere programmabili dall’operatore. La durata del campionamento deve avere un’accuratezza di ± 1 minuto. Alimentazione Il campionatore deve essere in grado di ripartire automaticamente dopo ogni eventuale interruzione di corrente e di registrare la data e l’ora di ogni interruzione di corrente che abbia una durata superiore al minuto (numero minimo di registrazioni 10). Sistemi di controllo e interfaccia con l’utente Il campionatore deve essere provvisto dei sistemi necessari alla temporizzazione dei cicli di campionamento, alla misura e al controllo in tempo reale della portata di lavoro, alla misura della temperatura e pressione ambientali, alla memorizzazione e gestione dei dati di campionamento. li sistema deve inoltre fornire un’interfaccia con l’operatore tramite la quale visualizzare a richiesta sia i dati relativi al campionamento in corso, sia quelli relativi a misure già effettuate e memorizzate in apposite memorie interne. Tutti i dati di cui si richiede la disponibilità devono essere accessibili dall’operatore nel periodo seguente la fine dei singoli campionamenti, come pure durante il periodo che intercorre tra la fine di un ciclo di misure e l’inizio di uno nuovo. In caso dì perdita temporanea dell’alimentazione di rete, il sistema è tenuto a mantenere integro il proprio orologio dì sistema e i dati fino allora memorizzati per un periodo di almeno 7 giorni senza alimentazione di rete. Al momento del ripristino della suddetta alimentazione, il campionatore deve automaticamente riprendere le corrette sequenze di campionamento a meno che non si trovi nel periodo tra la fine di un ciclo di campionamenti e l’inizio non ancora programmato di un altro ciclo. 203 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Uscite dati Il campionatore deve essere fornito di uscite digitali standard in grado di fornire l’accesso sia ai dati memorizzati sia a quelli relativi al campionamento in corso tramite opportuni protocolli di comunicazione. E comunque ammessa qualsiasi altra forma aggiuntiva di uscita dei dati (analogica, frequenza, stato, ecc.). La Tabella I riporta l’elenco di informazioni minime che devono essere accessibili sia localmente all’operatore sia tramite uscita digitale. Operazioni di controllo sul sistema di campionamento Sul campionatore devono essere eseguite le seguenti procedure di controllo: • Controllo sulla tenuta deI sistema pneumatico. Deve essere possibile verificare che il sistema pneumatico non presenti perdite superiori ai 0.01 Nm3/h quando il filtro di campionamento venga sostituito con una membrana a tenuta. Questo controllo deve essere eseguito almeno all’inizio e alla fine di ogni campagna di misura e comunque ogni qual volta venga eseguita un’operazione di manutenzione sullo strumento. • Controllo sull’accuratezza della misura di portata. Per la calibrazione o la verifica dell’accuratezza del sistema di misura di portata utilizzato nel campionatore, è necessario utilizzare un misuratore di portata riferibile a uno standard primario. Con questa procedura deve essere verificato che il campionatore misuri la portata con un’accuratezza migliore del 2% del valore letto. Questo controllo deve essere eseguito almeno all’inizio e alla fine di ogni campagna di misura e comunque ogni qual volta venga eseguita un’operazione di manutenzione sullo strumento. La risposta dei sensori di pressione e temperatura deve essere controllata almeno all’inizio e alla fine di ogni campagna di misura e comunque ogni qual volta venga eseguita un’operazione di manutenzione sullo strumento. Procedura di pesata Requisiti della bilancia analitica Riproducibilità ± 1 µg; Le procedure di pesata devono essere eseguite in una camera dove le condizioni di temperatura e umidità relativa corrispondono a quelle indicate nella procedura di condizionamento dei filtri. La bilancia deve essere calibrata immediatamente prima di ogni sessione di pesata. 204 Condizionamento dei filtri I filtri usati devono essere condizionati immediatamente prima dì effettuare le pesate (pre-campionamento e post-campionamento). • temperatura di condizionamento 20± 1°C; • tempo di condizionamento = 48h • umidità relativa 50 ± 5 %; I filtri nuovi devono essere conservati nella camera di condizionamento fino alla pesata pre-campionamento. I filtri devono essere pesati immediatamente dopo il periodo di condizionamento. Le pesate pre e post-campionamento devono essere eseguite con la stessa bilancia e, possibilmente, dallo stesso operatore, utilizzando una tecnica efficace a neutralizzare le cariche elettrostatiche sul filtro. Controlli di qualità Il controllo di qualità sulla procedura di pesata richiede: • Valutazione della precisione durante le fasi di pesata (pre e post-campionamento). La pesata di ogni filtro della serie deve essere ripetuta almeno due volte, La deviazione standard delle differenze fra le pesate ripetute non deve superare il valore di 20 µg. • Controllo dell’accuratezza: prima di ogni singolo gruppo di pesate l’accuratezza della bilancia deve essere controllata utilizzando pesi di riferimento. Come ulteriore controllo di qualità è necessario utilizzare almeno due filtri bianchi di laboratorio la cui pesata deve essere ripetuta ogni volta che si effettua un gruppo di pesate (pre e post-campionamento). Gli spostamenti nei valori delle pesate dei bianchi di laboratorio forniscono informazioni quantitative sull’accuratezza della misura della massa di materiale particolato raccolto. Espressione dei risultati Il dato da utilizzare come valore di massa è la differenza tra i valori medi ricavati dalle pesate del filtro campionato e del filtro nuovo e la deviazione da associare alla misura è quella ricavata dall’analisi statistica dell’insieme delle pesate fatte nella sessione di misura. Il dato di concentrazione di massa del materiale particolato PM10 deve essere espresso come un rapporto fra la massa del materiale particolato PM10 in µg e la quantità d’aria campionata espressa in Nm3 (T = O°C; P = 101.3 KPa). Il dato di concentrazione di massa deve essere riportato con l’incertezza complessiva associata. 2. PRINCIPI IM EQUIVALENZA FRA UN SISTEMA DI CAMPIONAMENTO E MISURA DI MASSA PM10 CANDIDATO E IL SISTEMA DI RIFERIMENTO (EN 12341) L’equivalenza tra un sistema di campionamento e misura di massa PM10 candidato e il metodo di riferimento è verificata quando i dati di concentrazione di massa della frazione PM10 ottenuta con le due differenti metodologie (YR e YC indicano i dati di concentrazione di massa ricavati rispettivamente con il sistema di riferimento e con il sistema candidato) rispettano, al 95% di confidenza, le condizioni espresse nella (1) (1) (a) I YR – YC I < 10 µg/Nm3 per YR < 100 µg/Nrn3 (b) 0.9YR <YC< 1.1 YR per YR = 100 µg/Nm3 (c) Il valore di R2, relativo alla regressione lineare tra le due popolazioni di dati di concentrazione di massa deve verificare la condizione:R2 > 0,95 Per l’applicabilità del criterio 1c le concentrazioni prese in esame devono essere comprese tra 0 e 2 volte il valore della media delle concentrazioni giornaliere osservata nel corso delle prove. I dati non compresi in detto intervallo non devono presi in esame per il calcolo di R2. Inoltre è necessario che i dati siano rappresentativi delle condizioni ambientali previste nei vari siti italiani con particolare riferimento alla variabilità stagionale. Un numero di campioni pari a 60 dati medi giornalieri distribuiti uniformemente nel corso dell’anno possono essere considerati adeguati. Al fine di una corretta applicazione della (1): • è necessario verificare la comparabilità di due Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 sistemi candidati operanti in parallelo così come defluita nel paragrafo 5.2.3. della EN 12341; • è consigliato verificare la qualità dei dati di concentrazione di massa ottenuti con il metodo di riferimento utilizzando due sistemi operanti in parallelo; • è consigliato verificare l’equivalenza nella distribuzione granulometrica dei campioni di materiale particolato prelevati dai due sistemi (equivalenza nell’efficienza di taglio tra due separatori granulometrici) così come descritto al paragrafo 3 seguente. 3. METODOLOGIE CONSIGLIATE PER LA VERIFICA DELL’EQUIVALENZA FRA LA TESTA DI PRELIEVO E SEPARATORE GRANULOMETRICO PM10 DEL SISTEMA CANDIDATO E LA TESTA DI PRELIEVO E SEPARATORE GRANULOMETRICO DEL SISTEMA DI RIFERIMENTO PM10. Metodologia Una coppia di sistemi di campionamento che rispondano ai criteri generali del campionatore di riferimento PM10 vengono equipaggiati con teste di prelievo e separatori granulometrici candidati. Essi vengono fatti operare sul campo parallelamente a una coppia di sistemi di riferimento. I dati di concentrazione di massa associati ai sistemi equipaggiati con le teste candidate e ai sistemi di riferimento devono essere validati attraverso le procedure di controllo e assicurazione di qualità. Prima di procedere al confronto fra i dati medi della concentrazione di massa giornalieri ottenuti con i sistemi equipaggiati con le teste candidate e i rispettivi dati ottenuti con i sistemi di riferimento è necessario verificare che la precisione dei dati ottenuti con il sistema di riferimento rispetti la (2): u = 5 µg/m3 (al 95% di confidenza) se Y1 + Y2 2 = 100 µg/m3 (2) u = 5% (al 95% di confidenza) rispetto alla media delle concentrazioni Y1 + Y2 2 dove u > 100 µg/m3 è l’incertezza ottenuta dalle misure duplicate e Y è la concentrazione media giornaliera Se e solo se i dati ottenuti con il sistema di riferimento soddisfano la (2) essi possono essere confrontati con i dati ottenuti con i sistemi candidati per determinare l’equivalenza del sistema candidato rispetto quello di riferimento secondo i criteri espressi dalla (3): (3) per YR < 70 µg/Nm3 (a) I YR – YC I < 5 µg/Nm3 (b) 0.93 YR < YC < 1.07 YR per YR < 70 µg/Nm3 (c) Il valore di R2, relativo alla regressione lineare tra le due popolazioni di dati di concentrazione di massa dove verificare la condizione: R2 > 0.97 La verifica di dette condizioni indica l’equivalenza del sistema testa di prelievo e separatore granulornetrico candidato con quello di riferimento. Deve essere effettuata una campagna di misura che permetta di ottenere almeno 60 dati medi giornalieri. I campionamenti devono essere distribuiti in modo che i campioni di materiale particolato PM10 possano essere considerati rappresentativi di differenti distribuzioni granulometriche del materiale particolato. Alternativamente è possibile utilizzare un criterio di equivalenza basato sulla comparazione delle concentrazioni nel campione dei seguenti ioni presenti nella frazione idrosolubile: Cl-, N03-, SO42-, Na+, NH4+, K+, Mg2+ Ca2+. Ioni come SO42-, N03-, NH4+, generalmente rappresentativi della frazione a granulometria fine del materiale particolato, sono utilizzati per un controllo di qualità sulla rappresentatività dei campioni prelevati. Il confronto fra le concentrazioni di ione Ca2+ nei due campioni viene utilizzato per stabilire il grado di equivalenza nelle caratteristiche di tagli dei due sistemi dì separazione granulometrici. Procedura Due sistemi di campionamento che rispettino le procedure descritte per il sistema di riferimento vengono equipaggiati rispettivamente con la testa dì prelievo e separatore granulometrico PM10 di riferimento e con la testa e il separatore del sistema candidato. Questi sistemi vengono equipaggiati con in filtri di PTEF sopra descritti. Il sistema candidato deve operare alla portata nominale indicata dalle specifiche tecniche fornite dal costruttore. Qualora la portata operativa del sistema candidato sia superiore ai 2.3 m3/h è comunque possibile procedere utilizzando un campionatore e un mezzo filtrante adeguati allo scopo. Deve essere effettuata una campagna di misura che permetta di ottenere almeno 60 campioni giornalieri. I campionamenti devono essere distribuiti in modo che i campioni possano essere considerati rappresentativi di differenti distribuzioni granulometriche del materiale particolato. Ogni singola coppia di filtri deve essere analizzata per la determinazione quantitativa degli ioni sopra indicati utilizzando la metodologia standard dell’analisi per cromatografia ionica o metodo analitico di adeguata sensibilità, precisione ed accuratezza. Analisi dei dati: • SOa2-, NO3-, NH4+: i dati di concentrazione di questi ioni, associati ai due sistemi di campionamento, devono risultare non distinguibili (ioni rappresentativi della frazione granulometrica fine). Il limite di accettabilità per considerare validi i dati provenienti dalla campagna di misura è dato dalla relazione, valida per tutti gli ioni indicati: 0,97 IR < IC < 1.03 IR (al 95% di confidenza) R2 > 0.97 IC = (1 ± 0.3) IR ± b dove b è la concentrazione di ione associata alla deviazione standard dei bianchi; dove IR e IC rappresentano i valori di concentrazione dello ione in esame nella frazione idrosolubile dei campioni prelevati rispettivamente dal sistema di riferimento e dal sistema candidato. 205 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 • Ca2+: i dati di concentrazione di questo ione devono rispettare la condizione: 0.90 IR < IC < 1.10 IR (al 95% di confidenza) R2 > 0.95 IC = (1 ± 0.1) IR ± b dove b è la concentrazione di ione associata alla deviazione standard dei bianchi; affinché il sistema di separazione granulometrica candidato possa considerarsi equivalente a quello relativo al metodo di riferimento. Tabella I - Informazioni minime che devono essere fornite dal campionatore di riferimento • Portata volumetrica alla testa di prelievo • Media della portata volumetrica nel periodo di campionamento • Coefficiente di variazione CV della portata volumetrica nel periodo di campionamento • Indicatore di superamento per oltre 5 minuti del limite del 10% della portata impostata • Volume totale campionato • Temperatura ambiente • Media, minimo, massimo della temperatura ambiente nel periodo di campionamento • Pressione atmosferica • Media, minimo, massimo della pressione atmosferica nel periodo di campionamento • Caduta di pressione sul dispositivo filtrante durante il campionamento • Media, minimo, massimo della caduta di pressione nel periodo di campionamento • Temperatura in prossimità del mezzo filtrante • Indicatore di superamento del limite massimo consentito (5°C) alla differenza tra la temperatura in prossimità del mezzo filtrante e la temperatura ambiente per oltre 60 minuti • Massimo differenziale tra temperatura in prossimità del meno filtrante e temperatura ambiente con data e ora dell’evento. ALLEGATO XII FORMATO PER LA COMUNICAZIONE DELLE INFORMAZIONI DI CUI ALL’ARTICOLO 12, COMMA 1, LETTERA A), PUNTI 1) E 2), E LETTERA 8) DEL DECRETO LEGISLATIVO 4 AGOSTO 1999, N. 351, NONCHÉ DI CUI AGLI ARTICOLI 5, COMMI 2, 12 E 24 DEL PRESENTE DECRETO, RELATIVAMENTE AGLI INQUINANTI: BIOSSIDO DI AZOTO, OSSIDI DI AZOTO, BIOSSIDO DI ZOLFO, MATERIALE PARTICOLATO E PIOMBO REGIONE/PROVINCIA AUTONOMA: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INDIRIZZO DA CONTATTARE: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ANNO DI RIFERIMENTO: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DATA DI REDAZIONE: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... ... ... ... Nei moduli allegati si distingue tra le voci a risposta obbligatoria e quelle a risposta facoltativa, che appaiono in corsivo, la cui compilazione è tuttavia raccomandata. Molti dei moduli acclusi contengono un numero indefinito di file o di colonne da completare. Nella descrizione del modulo, il numero di file o colonne da completare è perciò limitato a tre e una linea tratteggiata indica che il modulo può essere ampliato di quanto si renda necessario. Oltre ai moduli, che dovranno essere compilati dalla regione/provincia autonoma, sono accluse anche alcune tabelle. Le tabelle contengono dati, quali i codici fissi, che non devono essere modificati. 206 Elenco dei moduli Modulo 1 Ente di contatto e recapito Modulo 2 Delimitazione di zone ed agglomerati Modulo 3 Stazioni impiegate per la valutazione e metodi di misurazione Modulo 4 Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione di PM10 e di PM2,5: eventuali codici supplementari indicati da regione/provincia autonoma Modulo 5 Elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli superano o non superano i valori limite o i valori limite più margini di tolleranza Modulo 6 Elenco delle zone ed agglomerati nei quali i livelli superano o non superano le soglie di valutazione superiori e le soglie di valutazione inferiori, e in particolare informazioni sull’applicazione di metodi di valutazione supplementari Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 7 Modulo 8 Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo Modulo 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 Singoli casi di superamento dei valori limite e dei valori limite più il margine di tolleranza Motivi dei singoli casi di superamento: eventuali codici supplementari indicati da regione/provincia autonoma Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata su dieci minuti per l’SO2 Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata sulle 24 ore per il PM2,5 Risultati tabulati della valutazione supplementare e metodi impiegati per conseguirli Elenco di riferimenti ai metodi di valutazione supplementare di cui al modulo li Superamento dei valori limite dell’SO2 dovuto a fonti naturali Fonti naturali di SO2: eventuali codici supplementari Superamento dei valori limite di PM10 dovuto a eventi naturali Superamento dei valori limite del PM10 dovuto alla sabbiatura invernale delle strade Consultazioni sull’inquinamento transfrontaliero Superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE Motivi del superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE: eventuali codici supplementari indicati da regione/provincia autonoma Elenco delle tabelle Tabella 1 Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione di PM10 e di PM2,5: codici standard Tabella 2 Motivi dei singoli casi di superamento: codici standard Tabella 3 Parametri statistici da impiegare nelle mappe relative alla concentrazione Tabella 4 Fonti naturali di SO2: codici standard Tabella 5 Eventi naturali causa di superamento dei valori limite per il PM10: codici standard Modulo 1 Ente di contatto e recapito Nome dell’ente da contattare Recapito postale Nome della persona da contattare Numero telefonico della persona da contattare Numero di fax della persona da contattare Indirizzo e-mail della persona da contattare Eventuali chiarimenti Modulo 2 Delimitazione di zone ed agglomerati (decreto legislativo 4 agosto 1999, n.351, articoli 5 e 12, comma 1, lettera b)) Zone Nome completo della zona Codice della zona Tipo [ag/nonag] Area (km2) Popolazione Coppie di coordinate dei confini della zona Coppie di coordinate dei confini della zona Coppie di coordinate dei confini della zona Note al modulo 2: (1) Indicare non solo il nome della zona, ma anche un codice unico ad essa relativo. (2) Indicare l’inquinante (o gli inquinanti) della zona utilizzando i codici: “S” per l’SO2, “N” per l’NO2/NOx, “P” per il PM10 “L” per il piombo, separati da un punto e virgola, o “A” se nella zona sono presenti tutti gli inquinanti citati. Se le zone sono state definite separatamente per la protezione della salute, degli ecosistemi e della vegetazione, utilizzare i seguenti codici: “SH” per la protezione della salute dall’ SO2, “SE” per la protezione degli ecosistemi dal SO2, “NH” per la protezione della salute dall’NO2 e “NV” per la protezione della vegetazione dagli NOx. (3) Indicare se la zona è un agglomerato (codice: “ag”) o no (codice: “nonag”). (4) Su base volontaria, si possono aggiungere l’estensione e la popolazione della zona. (5) Per consentire un’ulteriore elaborazione dei dati includere l’indicazione dei confini della zona in formato standard (poligoni, impiegando le coordinate geografiche secondo la norma ISO 6709: longitudine e latitudine geografiche) ed inserire separatamente una carta delle zone (in formato elettronico o cartaceo) per facilitare la corretta interpretazione dei dati ad esse relative. Come requisito minimo, si dovrebbero fornire i confini della zona nel modulo 2 o su una cartina. 207 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 3 Stazioni impiegate per la valutazione della qualità dell’aria ambiente e metodi di misurazione (articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e Allegato Xl al presente decreto) Codice Codice Codice della locale della (o codici) stazione stazione della zona Impiego per la valutazione SO2 NO2 NOx Piombo Impiego per la Fattore o valutazione/Codice del equazione metodo di misurazione di correzione per il PM10 e il PM2,5 impiegato PM10 PM2,5 PM10 Funzione della stazione PM2,5 Note aI modulo 3: (1) Nel modulo 3 e in altri moduli del formato, “codice della stazione” si riferisce al codice già in uso per lo scambio di dati ai sensi della decisione 97/101/CE sullo scambio di informazioni. Il “codice locale della stazione” è il codice utilizzato nella regione/provincia autonoma (2) Identificare nella terza colonna la zona (o le zone) in cui si trova la stazione. Se viene coinvolta più di una zona, si dovrebbero separare i codici con un punto e virgola (3) Utilizzare le colonne “SO2”, “NO2”, “NOx” e “Piombo” per indicare se ci sì serve della misurazione per la valutazione della qualità dell’aria ambiente ai sensi dell’articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, inserendo un segno “+“ se viene utilizzata e lasciando vuota la casella se non viene utilizzata. Si ricordi che mettere una crocetta nella casella NOx implica che la stazione è situata in una località in cui si applicano i valori limite per la vegetazione. (4) Utilizzare le colonne “PM10” e “PM2,5” per indicare se ci si serve della misurazione per la valutazione della qualità dell’aria ambiente ai sensi dell’articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, specificando anche quale metodo di misurazione è stato impiegato. Se la misura è usata per effettuare la valutazione, compilare la casella con il numero di codice del metodo (cfr. nota 5); in caso contrario, la casella viene lasciata vuota. Per i livelli di PM2,5 - non si richiede una valutazione conforme all’articolo 6, decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351. (5) Si può indicare il codice del metodo di misurazione per il PM10 o il PM2,5 servendosi di uno dei codici standard indicati nella tabella 1 o di un codice relativo alla lista di altri metodi utilizzati (cfr. modulo 4). La descrizione dei metodi eventualmente indicati nel modulo 4 può essere contenuta in una documentazione allegata al presente formato. Se il metodo di misurazione è stato cambiato durante l’armo, indicare entrambi i codici in quest’ordine: prima il metodo impiegato per il periodo di tempo più lungo, poi l’altro, separati da un punto e virgola. (6) Quando il metodo di misurazione per il PM10 o il PM2,5 non è il metodo di riferimento stabilito all’allegato XI del presente decreto indicare il valore “1” per il fattore o l’equazione di correzione qualora sia certificata l’equivalenza del metodo, in caso contrario indicare il fattore di correzione impiegato per moltiplicare le concentrazioni misurate e ottenere le concentrazioni riportate, o indicare l’equazione di correzione corrispondente. Se è stata applicata un’equazione di correzione, si può utilizzare un formato libero in cui la concentrazione misurata dovrebbe essere indicata con ‘CM” e la concentrazione riportata con “CR”, impiegando preferibilmente la forma CR = f(CM). (7) “Funzione della stazione” indica se la stazione si trova in una località in cui sono applicabili: (a) i valori limiti per la salute, il valore limite dell’SO2, per gli ecosistemi e il valore limite dell’NOx per la vegetazione (codice “HEV”), (b) solo i valori limite per la salute e il valore limite dell’SO2, per gli ecosistemi (codice “HE”), (c) solo il valore limite per la salute e il valore limite dell’NOx per la vegetazione (codice “HV”) o (d) solo il valore limite per la salute (codice “H”). Tabella 1 Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione del PM10 e dcl PM2,5: codici standard Codice del metodo M1 M2 M3 Modulo 4 Metodi seguiti per il campionamento e la misurazione del PM10 e del PM2,5: eventuali codici supplementari Codice del metodo 208 Descrizione Beta-assorbimento Gravimetria Microbilancia ad oscillazione Descrizione Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 5 Elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli superano o non superano i valori limite (VL) o i valori limite più i margini di tolleranza (VL+MDT) (articoli 8, 9 e 12 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e Allegati I, Il, III e IV del presente decreto) Modulo 5a Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per l’SO2 codice della zona VL per la salute (media oraria) >VL+MDT =VL+MD;>VL Modulo 5b VL per la salute (media giornaliera) =VL >VL VL per la salute (media oraria) >VL+MDT =VL+MD;>VL codice della zona >VL =VL >VL =VL VL per la salute (media annua) =VL >VL+MDT =VL+MDT; >VL VL per la vegetazione (media annua) =VL >VL =VL Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per il PM10 VL (media giornaliera) Fase 1 >VL +MDT Modulo 5d =VL VL per gli ecosistemi (media invernale) Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per l’NO2/NOx codice della zona Modulo 5c VL per gli ecosistemi (media annua) =VL +MD;>VL =VL VL (media annua) Fase 1 >VL+ =VL+ =VL MDT MDT;>VL VL (media giornaliera) per la vegetazione >VL+ =VL MDT MDT;>VL =V L VL (media annua) Fase 2 >VL+ =VL+ =VL MDT MDT;>VL Elenco delle zone in relazione al superamento dei valori limite per il piombo Codice della zona >VL+MDT VL =VL+MDT; >VL =VL Note al modulo 5: (1) I titoli delle colonne hanno il significato seguente: >VL+MDT: superiore al valore limite più margine di tolleranza =VL+MDT; >VL: inferiore o pari al valore limite più margine di tolleranza, ma superiore aI valore limite =VL: inferiore o pari al valore limite; >VL: superiore al valore limite; (1) “>VL+MDT” dovrebbe essere letto come “>VL” quando il margine di tolleranza scende allo 0%. In tal caso la colonna “=VL+MDT;>VL” non si deve usare. (3) Se il titolo della colonna descrive lo status della zona, indicano con “+“. (4) Se il superamento risulta dai calcoli del modello, indicare con “m” invece che con “+“. (2) Per le soglie relative agli ecosistemi e alla vegetazione, riempire la casella solo in caso di superamento verificatosi nelle zone in cui sono applicabili i valori limite. (3) Per media invernale si intende il periodo che va dal 1° ottobre dell’anno che precede l’anno di riferimento al 31 marzo dell’anno di riferimento. 209 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 6 Elenco delle zone ed agglomerati nei quali i livelli superano o non superano le soglie di valutazione superiori (SVS) e le soglie di valutazione inferiori (SVI), e informazioni sull’applicazione dì metodi di valutazione supplementari (articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, articolo 3, comma 3 e allegato VII del presente decreto) Modulo 6a Codice della zona Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per l’SO2 SVS e SVI legati al VL per la salute (media giornaliera) > SVS Modulo 6b Codice della zona =SVS; >SVI > SVS Codice della zona =SVI =SVS; >SVI =SVS; >SVI =SVI SVS e SVI legati al VL per la salute (media annua) > SVS =SVI =SVS; >SVI =SVI SVS e SVI legati al VL per la vegetazione > SVS =SVS; >SVI VS =SVI Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per il PM10 SVS e SVI (media giornaliera) > SVS Modulo 6d > SVS VS Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per l’NO2/NOx SVS e SVI legati al VL per la salute (media oraria) Modulo 6c SVS e SVI legati al VL per gli ecosistemi (media invernale) =SVS; >SVI =SVI SVS e SVI (media annua) > SVS =SVS; >SVI VS =SVI Elenco delle zone in relazione al superamento delle soglie e alla valutazione supplementare per il piombo Codice della zona > SVS SVS e SVI =SVS; >SVI VS =SVI Note al modulo 6: (1) I titoli delle colonne hanno il significato seguente: > SVS superiore alla soglia di valutazione superiore = SVS; >SVI inferiore o pari alla soglia di valutazione superiore, ma superiore alla soglia di valutazione inferiore = SVI inferiore o pari alla soglia di valutazione inferiore; VS: valutazione supplementare, cfr. nota 6. 210 (2) Se il titolo della colonna definisce la situazione della zona, indicano con “+”. (3) Se il superamento risulta dai calcoli del modello, indicare con “m” invece che con “+”. (4) Per le soglie relative agli ecosistemi, riempire la-casella solo in caso di superamento verificatosi nelle zone in cui sono applicabili i valori limite pertinenti. (5) Il superamento della SYS e della SVI viene giudicato sulla base dell’anno di riferimento e dei quattro anni precedenti, secondo i requisiti dell’allegato VII, sezione Il, del presente decreto. (6) Indicare nella colonna “VS” se le informazioni provenienti dalle stazioni fisse di misurazione siano state completate con dati di altre fonti, secondo l’articolo 3, comma 3 del presente decreto. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 7 Singoli casi di superamento dei valori limite e dei valori limite più il margine di tolleranza (articolo 12, comma 1, lettera a), punti 1) e 2) del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e allegati I, Il, III e IV del presente decreto) Modulo 7a Superamento del valore limite per l’SO2 più MDT per la salute (media oraria) Codice della zona Modulo 7b Codice della stazione Codice della stazione Codice della zona Modulo 7f Codice della stazione Codice della stazione Codice della stazione Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Livello(µg/m3) Codice/i dei motivi Data Ora Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Superamento del valore limite per l’NO2 più MDT per la salute (media annua) Codice della stazione Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Superamento del valore limite per I’NOx per la vegetazione Codice della zona Modulo 7h Data Superamento del valore limite per l’NO2 più MDT per la salute (media oraria) Codice della zona Modulo 7g Codice/i dei motivi Superamento del valore limite per l’SO2 per gli ecosistemi (media invernale) Codice della zona Modulo 7e Livello (µg/m3) Superamento del valore limite per l’SO2, per gli ecosistemi (media annua) Codice della zona Modulo 7d Ora Superamento del valore limite per l’SO2, per la salute (media giornaliera) Codice della zona Modulo 7c Data Codice della stazione Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Superamento del valore limite per il PM10 più MOT (fase 1; media giornaliera) Codice della zona Codice della stazione Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi 211 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 7h Superamento del valore limite per il PM10 più MOT (fase 1; media giornaliera) Codice della zona Modulo 7i Data Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Superamento del valore limite per il PM10 più MDT (fase 1; media annua) Codice della zona Modulo 7j Codice della stazione Codice della stazione Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Superamento del valore limite per il piombo più MDT Codice della zona Codice della stazione Livello (µg/m3) Codice/i dei motivi Note al modulo 7: (1) È fortemente consigliato, anche se non obbligatorio, identificare la stazione con il codice della stazione nell’apposita casella. (2) L’espressione “valore limite più MDT” si intende come “valore limite” quando il margine di tolleranza scende allo 0%. (3) La data deve essere indicata come “gg/rnrn/aa” e l’ora come “1” per l’ora tra le 00:00 h e le 01:00 h, ecc. (4) Si devono riportare tutti i casi di superamento del valore limite più il margine di tolleranza registrato in una stazione, se il numero totale dei superamenti oltrepassa quello consentito. Se il totale dei casi di superamento registrato in una stazione è inferiore o pari a quello consentito, non si indica alcun superamento. (5) Si può segnalare il motivo del superamento servendosi di uno o più codici standard della tabella 2 o di altri codici (cfr. modulo 8). Se si indicano più motivi, si dovrebbero separare i codici con un punto e virgola. La descrizione dei motivi può anche consistere in un riferimento a un documento separato accluso al formato. Tabella 2 Motivi dei singoli casi di superamento: codici standard Codice del motivo Descrizione S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 Centro urbano con alta densità di traffico Vicinanza a una arteria di grande traffico Industrie locali, in particolare generazione di energia Attività di estrazione mineraria Riscaldamento domestico Emissioni da fonti industriali Emissioni da fonti non industriali Fonte(i) o evento(i) di origine naturale Spargimento invernale di sabbia sulle strade Inquinamento atmosferico proveniente da fonti esterne all’Italia Modulo 8 Motivi dei singoli casi di superamento: eventuali codici supplementari (articolo 12, comma 1, lettera a), punti 1) e 2) del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 e allegati I, II, III e IV del presente decreto). Codice del motivo 212 Descrizione Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 9 Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata su dieci minuti per l’SO2 (articoli 7 e 12, comma 1 del presente decreto). Codice della stazione Modulo 10 Numero di Numero di giorni concentrazioni su dell’anno solare dieci minuti che in cui si sono hanno oltrepassato verificate tali eccedenze 500µg/m3 Numero di giorni Concentrazione di cui alla colonna massima registrata precedente, nei sui dieci minuti quali la (µg/m3) concentrazione oraria di biossido di zolfo ha contemporaneamente superato i 350 µg/m3 Data in cui si è verificata la concentrazione massima (gg/mm/aa) Dati di monitoraggio della concentrazione media registrata sulle 24 ore per il PM2,5 (articoli 18 e 24, comma 1, del presente decreto) Codice della stazione Media aritmetica (µg/m3) Mediana (µg/m3) 98° percentile (µg/m3) Concentrazione massima (µg/m3) Modulo 11 Risultati tabulati della valutazione supplementare e metodi impiegati per conseguirli (articolo 3, comma 3, e allegato X, parte li del presente decreto) Modulo 11a Risultati tabulati della valutazione supplementare per l’SO2 e metodi impiegati per conseguirli Codice della zona Superiore al VL per la Superiore al VL Superiore al VL Superiore al VL per gli per la salute per la salute per gli ecosistemi ecosistemi (media oraria) (media giornaliera) (media annua) (media invernale) Superficie Popolazione Superficie Popolazione Superficie Popolazione Superficie Popolazione esposta esposta esposta esposta Km2 Metodo N. Modulo 11b Codice della zona Metodo Km2 Metodo N. Metodo Km2Metodo N. Metodo Risultati tabulati della valutazione supplementare per l’NO2/NOx e metodi impiegati per conseguirli Superiore al VL per la salute Superiore al VL per la salute Superiore al VL (media oraria) (media annua) per la vegetazione Superficie Lunghezza Popolazione Superficie Lunghezza Popolazione Superficie Superficie della strada esposta della strada esposta vegetazione esposta Km2 Metodo Km Metodo Modulo 11c.1 Metodo Km2 Metodo N. N. Metodo Km2 Metodo Km Metodo N. Metodo Km2 Metodo Km2 Metodo Risultati tabulati della valutazione supplementare per il PM10 e metodi impiegati per conseguirli (fase1) Codice della zona Superiore al VL (media giornaliera) Superficie Km2 metodo Lunghezza della strada km metodo Superiore al VL (media annua) Popolazione esposta numero Superficie metodo Km2 metodo Lunghezza della strada km metodo Popolazione esposta numero metodo 213 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 11c.2 Risultati tabulati della valutazione supplementare per il PM10 e metodi impiegati per conseguirli (fase 2) Codice della zona Superiore al VL (media giornaliera) Superficie Km2 Modulo 11d metodo Lunghezza della strada km metodo Superiore al VL (media annua) Popolazione esposta numero Superficie metodo Km2 metodo Lunghezza della strada km metodo Popolazione esposta numero metodo Risultati tabulati della valutazione supplementare per il piombo e metodi impiegati per conseguirli Codice della zona Superiore al VL Superficie Km 2 Metodo Lunghezza della strada Km Metodo Popolazione esposta Numero metodo Note al modulo 11: (1) “Metodo” è un codice, che rinvia a un elenco separato di riferimenti (modulo 12) a pubblicazioni o relazioni in cui viene documentato il metodo supplementare. Non devono essere inviate le pubblicazioni e relazioni a cui si fa riferimento. (2) Al modulo 11 si possono accludere cartine indicanti la distribuzione delle concentrazioni. Si raccomanda di compilare se possibile cartine che indichino la distribuzione delle concentrazioni ìn ciascuna zona ed agglomerato. Si raccomanda dì fornire isolinee delle concentrazioni dei parametri impiegati per esprimere i valori limite (cfr. tabella 3), servendosi di isolinee ad intervalli del 10% del valore limite. Tabella 3 Inquinante Parametro SO2 SO2 SO2 SO2 NO2 NO2/NOx PM10 e PM2,5 PM10 e PM2,5 PM10 e PM2,5 Piombo 99,7° percentile delle medie orarie 99,2° percentile delle medie giornalieremedia annua media invernale 99,8° percentile delle medie orarie media annua 90,0° percentile delle medie giornaliere . media annua 98,1°percentile delle medie giornaliere media annua Modulo 12 Metodo 214 Parametri statistici da impiegare nelle mappe relative alla concentrazione Elenco di riferimenti ai metodi di valutazione supplementare di cui al modulo 11 (articolo 3, comma 3, e allegato X, parte II del presente decreto) Riferimento completo Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 13 Superamento dei valori limite dell’SO2 dovuto a fonti naturali (articoli 10, comma 1, e 12 comma 2, del presente decreto) Modulo 13a Superamento del valore limite per l’SO2 per la salute (media oraria) Zona Modulo 13b Zona Modulo 13c Zona Modulo 13d Zona Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Codice/i delle fonti naturali Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo naturale Riferimento alla motivazione Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo naturale Riferimento alla motivazione Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo naturale Riferimento alla motivazione Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo naturale Riferimento alla motivazione Valore limite per l’SO2 per la salute (media giornaliera) Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Codice/i delle fonti naturali Valore limite per l’SO2 per gli ecosistemi (media annua) Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Codice/i delle fonti naturali Valore limite per l’SO2 per gli ecosistemi (media invernale) Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Codice/i delle fonti naturali Nota al modulo 13: Si può segnalare la fonte naturale che ha causato il superamento servendosi di uno o più dei codici standard contenuti nel presente formato (tabella 4) o di altri codici cfr. modulo 14). Tabella 4 Fonti naturali di SO2: codici standard Codice/i delle fonti naturali A1 A2 B C1 C2 Descrizione Vulcanismo nello Stato membro Vulcanismo al di fuori dello Stato membro Zone umide litoranee Incendi di origine naturale nello Stato membro Incendi di origine naturale al di fuori dello Stato membro 215 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 14 Fonti naturali di SO2: eventuali codici supplementari Codice/i delle fonti naturali Descrizione Modulo 15 Superamento dei valori limite del PM10 dovuto a eventi naturali (articoli 22, comma 1, e 24, comma 2 del presente decreto). Modulo 15a Contributo degli eventi naturali al superamento del valore limite per il PM10 (fase 1; media giornaliera) Zona Modulo 15b Zona Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Codice/i degli eventi naturali Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo naturale Riferimento alla motivazione Contributo degli eventi naturali al superamento del valore limite per il PM10 (fase 1; media annuale) Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Codice/i degli eventi naturali Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo naturale Riferimento alla motivazione Note al modulo 15: Si può indicare l’evento naturale per mezzo di uno o più dei codici standard forniti dal formato (cfr. tabella 5) Tabella 5 216 Eventi naturali causa di superamento dei valori limite per il PM10: codici standard Codice/i delle eventi naturali A1 A2 B1 B2 C1 C2 D1 D2 E1 E2 F1 F2 G1 G2 Descrizione Eruzione vulcanica nello Stato membro Eruzione vulcanica al di fuori dello Stato membro Attività sismica nello Stato membro Attività sismica al di fuori dello Stato membro Attività geotermica nello Stato membro Attività geotermica al di fuori dello Stato membro Incendi spontanei nello Stato membro Incendi spontanei al di fuori dello Stato membro Tempeste di vento nello Stato membro Tempeste di vento al di fuori dello Stato membro Risospensione atmosferica nello Stato membro Risospensione atmosferica al di fuori dello Stato membro Trasporto di particelle naturali dalle regioni secche nello Stato membro Trasporto di particelle naturali dalle regioni secche al di fuori dello Stato membro Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 16 Superamento dei valori limite del PM10 dovuto alla sabbiatura invernale delle strade (articoli 22, comma 2, e 24, comma 2, del presente decreto) Modulo 16a Contributo della sabbiatura invernale delle strade al superamento del valore limite del PM10 (fase 1; media giornaliera) Zona Modulo 16b Codice della stazione Numero di casi di superamento registrati Numero stimato di casi di superamento dopo la sottrazione del contributo della sabbiatura invernale Riferimento alla motivazione Contributo della sabbiatura invernale delle strade al superamento del valore limite del PM10 (fase 1; media annua) Zona Codice della stazione Media annua Concentrazione media annua stimata dopo la sottrazione del contributo della sabbiatura invernale Riferimento alla motivazione Modulo 17 Consultazioni sull’inquinamento transfrontaliero (articolo 8, comma 6 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351) Modulo 17a Informazioni generali Sono stati consultati altri Stati membri su fenomeni di notevole inquinamento atmosferico proveniente da altri Stati membri o si è avuto consultazioni analoghe con paesi non UE? Si prega di indicare con “+” la risposta affermativa e con “-“ la risposta negativa Modulo 17b [+ o -] Dettagli per paese In caso affermativo si prega di specificare: Stati membri UE AT BE DE DK ES FI FR GR IE IT LU NL PT Paesi non UE SE UK - indicare lo stato membro o il paese - indicare se il verbale delle consultazioni è stato accluso alla relazione Note al modulo 17b: (1) Completare solo in caso di risposta affermativa, utilizzando “+”. (2) Per segnalare eventuali consultazioni con paesi non UE servirsi dei seguenti codici: Bosni-Erzegovina: BA; Croazia: HR; Cipro: CY; Repubblica Ceca: CZ; Estonia: EE; Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia: MK; Ungheria: HU; Islanda: IS; Lettonia: LV; Liechtenstein: LI; Lituania: LT; Malta: MT; Norvegia: NO; Polonia: PL; Romania: RO; Repubblica slovacca: SK; Slovenia: SI; Svizzera: CH. (3) Significato dei codici in tabella: AT: Austria; BE: Belgio; DE: Germania; DK: Danimarca; ES: Spagna; FI: Finlandia; FR: Francia; GR: Grecia; IE: Irlanda; IT: Italia; LU: Lussemburgo; NL: Olanda; PT: Portogallo; SE: Svezia; UK: Regno Unito. 217 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 02/04/2002 Modulo 18 Inquinante superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE da segnalare ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 Valore limite superato Metodo di monitoraggio impiegato Codice della stazione Livello misurato (µg/m3) Codice/i dei motivi Misure prese Note al modulo 18: (1) Il valore numerico del valore limite superato dovrebbe essere indicato nella seconda colonna. (2) Per l’SO2 e le particelle in sospensione si dovrebbe indicare se è stato utilizzato il metodo dei fumi neri o il metodo gravimetrico. (3) È vivamente raccomandato, anche se non obbligatorio, identificare la stazione. (4) Si può segnalare il motivo del superamento servendosi di uno o più dei codici standard contenuti nel presente formato (tabella 5) o di altri codici (modulo 19). Se viene indicato più di un motivo, si dovrebbero separare i codici con un punto e virgola. La descrizione dei motivi può anche consistere in un riferimento a un documento separato accluso al formato. Modulo 19 Motivi del superamento dei valori limite stabiliti nelle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE e 85/203/CEE: eventuali codici supplementari (articolo 14, comma 3 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351) Codice del metodo 218 Descrizione Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 9 aprile 2002, n. 55 LEGGE Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (G.U. n. 84 del 10 aprile 2002) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: Art. 1 1. Il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge. 2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. ALLEGATO Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 All'articolo 1: al comma 1, al primo periodo, le parole: "l'imminente pericolo" sono sostituite dalle seguenti: "il pericolo", dopo le parole: "fabbisogno nazionale" sono inserite le seguenti: ", sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano", le parole: "e ripotenziamento" sono sostituite dalle seguenti: "o ripotenziamento" e la parola: "esercitare" è sostituita dalla seguente: "esercire"; al secondo periodo, le parole: "del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504" sono sostituite dalle seguenti: "del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504"; al comma 2, al primo periodo, dopo la parola: "Amministrazioni" sono inserite le seguenti: "statali e locali" e sono soppresse le parole: "ed integrazioni"; il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, e successive modificazioni"; al terzo periodo, dopo le parole: "della direttiva 96/61/CE" sono inserite le seguenti: "del Consiglio, del 24 settembre 1996," e dopo le parole: "autorizzazioni ambientali" sono inserite le seguenti: "di competenza"; al quarto periodo, dopo la parola: "integrante" sono inserite le seguenti: "e condizione necessaria"; al quinto periodo, prima delle parole: "in ogni caso" sono inserite le seguenti: "una volta acquisita la VIA,"; al comma 3, primo periodo, le parole: "comma 2" sono sostituite dalle seguenti: "comma 1"; il secondo periodo è sostituito dai seguenti: "Per il rilascio dell'autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere di cui al comma 1. Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine di cui al comma 2. Qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazioni degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica"; è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La regione competente può promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli interventi di cui al comma 1 per l'individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale"; dopo il comma 3, è inserito il seguente: "3-bis. Il Ministero delle attività produttive, le regioni, l'Unione delle province d'Italia (UPI) e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) costituiscono un comitato paritetico per il monitoraggio congiunto dell'efficacia delle disposi- 219 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 55/2002 zioni del presente decreto e la valutazione dell'adeguatezza della nuova potenza installata"; al comma 4, le parole: "la procedura di valutazione di impatto ambientale" sono sostituite dalle seguenti: "la procedura di VIA"; dopo il comma 4, è inserito il seguente: "4-bis. Nel caso di impianti ubicati nei territori di comuni adiacenti ad altre regioni, queste ultime sono comunque sentite nell'ambito della procedura di VIA"; al comma 5, le parole: "del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998, n. 53" sono sostituite dalle seguenti: "del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998, n. 53", ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Restano fermi gli obblighi di corresponsione dei contributi dovuti sulla base delle convenzioni in essere"; dopo il comma 5, è aggiunto il seguente: "5-bis. Le disposizioni del presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione". 220 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 9 aprile 2002 DIRETTIVA MINISTERIALE Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti (Suppl. alla G.U. n. 108 del 10 maggio 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO D'INTESA CON I MINISTRI DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI Visto il regolamento della Commissione n. 2557/2001 del 28 dicembre 2001, che modifica l'Allegato V del regolamento n. 259/93 del Consiglio relativo alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni dei rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio; Considerato che con il predetto regolamento si è provveduto ad aggiornare la lista dei rifiuti adottando la versione più recente contenuta nella decisione della Commissione 2000/532, modificata da ultimo con decisione 2001/573; Considerato che il predetto regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascun Stato membro dal 1° gennaio 2002; Considerato che per la corretta e piena applicazione del predetto regolamento è necessario che tutti i rifiuti siano classificati fin dalla loro produzione e in ogni fase della loro gestione con le medesime codificazioni anche in vista di una loro eventuale movimentazione soggetta al regolamento predetto; Considerato che, nelle more del completamento dell'iter amministrativo per l'emanazione del provvedimento interministeriale, è necessario che le Amministrazioni diano agli operatori le opportune indicazioni perché siano adottate al più presto le misure appropriate; Visto l'assenso espresso dai Ministeri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali sulla presente direttiva; EMANA la presente direttiva: Premessa La seguente direttiva è finalizzata a fornire indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento della Commissione n. 2557/2001 sulle spedizioni dei rifiuti ed in relazione al nuovo Elenco dei rifiuti. Le indicazioni sono necessarie affinché ogni rifiuto fin dalla sua produzione ed in ogni successiva fase di gestione, incluso il trasporto, sia correttamente identificato con i codici del nuovo elenco dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532 modificata da ultimo con decisione 2001/573. Ciò in vista di una eventuale movimentazione dei rifiuti stessi soggetta al regolamento 2557/2001, la cui adozione ha effetti diretti sulla normativa vigente in materia di rifiuti in diversi punti. 1. Modifiche introdotte dalla normativa comunitaria al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 ed ai Decreti Ministeriali 141/98, 145/98, 148/98 e 219/2000. A. L'allegato A alla presente direttiva contiene la decisione della Commissione 2000/532, modificata da ultimo con decisione 2001/573 e, in particolare, l'elenco europeo dei rifiuti sostitutivo dell'allegato D del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Ogni riferimento alla Sezione A. 2 (catalogo europeo dei rifiuti) del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 conte- 221 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 222 nuto nella normativa vigente, si intende relativo all'elenco dei rifiuti di cui all'allegato A della presente direttiva. B. Nell'elenco dei rifiuti indicati nell'Allegato A alla presente direttiva sono classificati pericolosi - anche ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 - i rifiuti contrassegnati con un asterisco (*), nel rispetto delle procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria vigenti. C. La Sezione A. 2 (catalogo europeo dei rifiuti) del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 risulta soppressa. Ogni riferimento ai rifiuti pericolosi di cui alla normativa vigente si intende relativo ai rifiuti precisati con asterisco nell'elenco dei rifiuti di cui all'allegato A alla presente direttiva. D. L'Allegato II del Decreto Ministeriale 11 marzo 1998, n. 141, l'Allegato E del Decreto Ministeriale 1° aprile 1998, n. 145, l'Allegato E del Decreto Ministeriale 1° aprile 1998, n. 148 risultano soppressi. E. Conseguentemente, nel decreto ministeriale 141/1998 all'articolo 1, comma 2, il rinvio agli Allegati I e II relativi rispettivamente all'elenco dei rifiuti e a quello dei rifiuti non pericolosi, considerato il nuovo sistema di classificazione e codificazione disposto dalla decisione comunitaria, richiamato dal regolamento 2557/2001, deve intendersi riferito all'Allegato A della presente direttiva. F. Analogamente nel decreto ministeriale 145/1998, allegato C, punto V, lettera a, terzo trattino, le parole "individuate sulla base dell'allegato E al presente decreto," perdono significato considerando il nuovo sistema di classificazione e codificazione disposto dalla decisione comunitaria, richiamato dal Regolamento 2557/2001. G. Anche nel decreto ministeriale 148/1998, allegati C/1, C/2, punto III, lettera b quarto trattino, le parole "individuate sulla base dell'allegato E al presente decreto" perdono significato considerando il nuovo sistema di classificazione e codificazione disposto dalla decisione comunitaria, richiamato dal Regolamento 2557/2001. H. Al comma 1, lettera b), dell'articolo 2, del Decreto Ministeriale 26 giugno 2000 n. 219, le parole "tra i rifiuti" devono intendersi "tra i rifiuti pericolosi". Gli allegati 1 e 2 del Decreto Ministeriale 26 giugno 2000, n. 219, per quanto riguarda la codificazione riportata, hanno perso significato. Una guida per l'individuazione dei nuovi codici applicabili è riportata negli allegati D ed E alla presente direttiva. 2. Registri, formulari e MUD A. Nella compilazione dei registri e dei formulari di cui agli articoli 12 e 15 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 gli operatori dovranno utilizzare i codici di cui all'allegato A alla presente direttiva. Ai fini della compilazione del Modello Unico di dichiarazione (MUD) di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, i codici di cui all'allegato A alla presente direttiva, dovranno essere inseriti a partire dalla comunicazione in scadenza il 30 aprile 2003, relativa ai dati riferiti al 2002. B. Si ricorda che per i rifiuti che hanno acquisito la classificazione di pericolosità, gli operatori interessati hanno dato applicazione al disposto di cui all'art. 1 comma 15 della legge 6 dicembre 2001 n. 443. C. I codici dei rifiuti da utilizzare ai fini della lettera a sono individuati da parte dei soggetti interessati nell'allegato B "Schema di trasposizione" della presente direttiva. Nelle ipotesi in cui lo schema di trasposizione non contenga adeguati elementi per l'individuazione del codice in relazione alla singola fattispecie di rifiuti, gli operatori interessati possono utilizzare codici diversi da quelli individuati nello schema in parola previa autorizzazione della Provincia territorialmente competente, da rilasciarsi entro 30 giorni dalla richiesta, e previa comunicazione ai Ministeri dell'Ambiente e della tutela del territorio e delle Attività produttive nonché all'Agenzia Nazionale per l'Ambiente, anche ai fini dell'eventuale revisione dell'Allegato B. 3. Autorizzazioni di gestione dei rifiuti ex articoli 28 e 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. A. Gli operatori interessati utilizzano lo schema di trasposizione di cui all'allegato B per l'individuazione dei codici dei rifiuti gestiti, con le procedure indicate al punto 1, in attesa che le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni all'esercizio delle operazioni di recupero e di smaltimento di cui all'articolo 28 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, ovvero Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 alle iscrizioni di cui all'articolo 30 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, provvedano, in occasione della prima richiesta utile di rinnovo, ad aggiornare i codici dei rifiuti indicati nelle autorizzazioni o nelle iscrizioni, B. Per i rifiuti che, per effetto delle decisioni di cui al punto 1, acquisiscono la classificazione di rifiuti pericolosi, si applica l'articolo 1 comma 15 della legge 6 dicembre 2001 n. 443. particolare di quelle prodotte dall'attività di ricerca, e se necessario modificato in conformità dell'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE. L'inclusione di un determinato materiale nell'elenco non significa tuttavia che tale materiale sia un rifiuto in ogni circostanza. La classificazione del materiale come rifiuto si applica solo se il materiale risponde alla definizione di cui all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE. 4. D.M. 5 febbraio 1998 "Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22" 3. Diversi tipi di rifiuto inclusi nell'elenco sono definiti specificatamente mediante un codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell'elenco occorre procedere come segue: A. I codici dei rifiuti non pericolosi relativi alle tipologie dei rifiuti di cui agli allegati 1 suballegato 1 e 2 suballegato 1 del Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998, si conformano alla Decisione CE di cui al punto 1 secondo quanto indicato nell'allegato C alla presente direttiva. Le tipologie e le caratteristiche dei rifiuti non pericolosi descritte negli allegati in parola rimangono immodificate. B. Fermo restando le indicazioni di cui al punto 2 lettera c, le comunicazioni relative ad attività di recupero in corso mantengono la propria validità ed efficacia fino alla scadenza desunta ai sensi dell'articolo 33 comma 5 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22. 5. Materiali da costruzione contenenti amianto A. Si ricorda che, per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti costituiti da materiali di costruzione contenenti amianto di cui al codice 170605, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti fino al 16 luglio 2002, conformemente a quanto previsto dalla Decisione 2001/573/CE. ALLEGATO A Elenco dei rifiuti istituito conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti e all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi Introduzione 1. Il presente elenco armonizzato di rifiuti verrà rivisto periodicamente, sulla base delle nuove conoscenze ed in 2. Ai rifiuti inclusi nell'elenco si applicano le disposizioni di cui alla direttiva 75/442/CEE, a condizione che non trovi applicazione l'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva. 3.1. Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. È possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attività riferendosi a capitoli diversi. Per esempio un fabbricante di automobili può reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti metalli provenienti da trattamento e ricopertura di metalli) o ancora nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie fasi della produzione Nota: I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce 20 01. 3.2. Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identifcare il codice corretto. 3.3. Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16. 3.4. Se un determinato rifiuto non e classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all'attività identificata ai punto 3.1. 4. I rifiuti contrassegnati nell'elenco con un asterisco " * " sono rifiuti pericolosi si sensi della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva, a condizione che non trovi applicazione l'articolo 1, paragrafo 5. Si ritiene che tali rifiuti presentino una o più caratteristiche indicate nell'Allegato III della direttiva 91/689/CEE e, in riferimento ai codici da H3 a H8, H10 e H11 del medesimo allegato, una o più delle seguenti caratteristiche: • punto di infiammabilità ≤ 55 °C, • una o più sostanze classificate come molto tossiche in concentrazione totale ≥ 0,1 %, • una o più sostanze classificate come tossiche in concentrazione totale ≥ 3 %, • trazione totale ≥ 25%, • una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale ≥ 1%, 223 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 • una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale ≥ 5%, • una o più sostanze irritanti classificate come R41 in concentrazione totale ≥ 10%, • una o più sostanze irritanti classificate come R36, R37 e R38 in concentrazione totale ≥ 20%, • una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione ≥ 0,1%, • una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione ≥ 1%, • una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categorie 1 o 2) classificata come R60 o R61 in concentrazione ≥ 0,5%, • una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categoria 3) classificata come R62 o R63 in concentrazione ≥ 5%, • una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata come R46 in concentrazione ≥ 0,1% • una sostanza mutagena della categoria 3 classificata come R40 in concentrazione ≥ 1%; 5. Ai fini del presente Allegato per "sostanza pericolosa" si intende qualsiasi sostanza che è o sarà classificata come pericolosa ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successive modifiche; per "metallo pesante" si intende qualunque composto di antimonio; arsenico, cadmio, cromo (VI), rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tellurio, tallio e stagno, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche classificate come pericolose. 6. Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose e come non pericoloso in quanto "diverso" da quello pericoloso ("voce a specchio"), esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui all'allegato III della direttiva 91/689/CEE del Consiglio. Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11 si applicano i valori limite di cui al punto 4, mentre le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14 non devono essere prese in considerazione, in quanto mancano i criteri di riferimento sia a livello comunitario che a livello nazionale, e si ritiene che la classificazione di pericolosità possa comunque essere correttamente effettuata applicando i criteri di cui al suddetto punto 4. La classificazione di un rifiuto identificato da una "voce a specchio" e la conseguente attribuzione del codice sono effettuate dal produttore/detentore del rifiuto. 7. Conformemente all'articolo 1, paragrafo 4, secondo trattino della direttiva 91/689/CEE, i rifiuti, diversi da quelli elencati in appresso, che secondo uno Stato membro presentino una o più caratteristiche indicate nell'allegato III della direttiva 91/689/CEE sono pericolosi. Tutti questi casi saranno notificati alla Commissione e verranno esaminati in vista della modifica dell'elenco conformemente all'articolo 18 della direttiva 74/442/CEE come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. 224 8. Fatto salvo il disposto di cui al punto 7, gli Stati Membri possono decidere in casi eccezionali che un tipo di rifiuto classificato nell'elenco come non pericoloso presenta almeno una delle caratteristiche di cui all'allegato III della direttiva 91/689/CEE. In casi eccezionali gli Stati Membri possono decidere, sulla base di riscontri documentati dal detentore nella maniera più opportuna, che un determinato tipo di rifiuto classificato come pericoloso non presenta alcuna delle caratteristiche di cui all'allegato III della direttiva 91/689/CEE. 9. Le decisioni adottate dagli Stati Membri conformemente al punto 8 sono comunicate alla Commissione, che esamina e confronta tutte queste decisioni e valuta se occorra provvedere ad una modifica dell'elenco dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi alla luce delle decisioni degli Stati Membri. 10. Come dichiarato in uno dei considerando della direttiva 99/45/CE, occorre riconoscere che le caratteristiche delle leghe sono tali che la determinazione precisa delle loro proprietà mediante i metodi convenzionali attualmente disponibili può risultare impossibile: le disposizioni di cui al punto 1 non trovano dunque applicazione per le leghe di metalli puri (ovvero non contaminati da sostanze pericolose). Ciò in attesa dei risultati di ulteriori attività che la Commissione e gli Stati membri si sono impegnati ad avviare per studiare uno specifico approccio di classificazione delle leghe. I rifiuti specificamente menzionati nel presente elenco continuano ad essere classificati come in esso indicato. 11. Per la numerazione delle voci contenute nell'elenco sono state applicate le seguenti regole: per i rifiuti rimasti invariati sono stati utilizzati numeri specificati nella decisione 94/3/CE della Commissione, mentre i codici dei rifiuti che hanno subito modifiche sono stati cancellati e rimangono inutilizzati per evitare confusioni dopo l'adozione del nuovo elenco. Ai rifiuti che sono stati aggiunti e' stato attribuito un codice non ancora utilizzato nella decisione della Commissione 94/3/CE, né nella decisione della Commissione 2000/532/CE. INDICE Capitoli dell'elenco 01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali 02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti 03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone 04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell'industria tessile 05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone 06 Rifiuti dei processi chimici inorganici 07 Rifiuti dei processi chimici organici 08 Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa 09 Rifiuti dell'industria fotografica 10 Rifiuti provenienti da processi termici 11 Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa 12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica 13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili, 05 e 12) 14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le voci 07 e 08) 15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti) Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 16 17 18 19 20 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati) Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione che non derivino direttamente da trattamento terapeutico) Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso industriale Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata 01 01 01 01 01 01 01 01 01 02 03 01 03 04* 01 03 01 03 06 01 03 07* 01 03 08 01 03 09 01 03 99 01 04 01 04 07* 01 04 08 01 04 09 01 04 10 01 04 11 01 04 12 01 04 13 01 04 99 01 05 01 05 04 01 05 05* 01 05 06* 01 05 07 RIFIUTI DERIVANTI DA PROSPEZIONE, ESTRAZIONE DA MINIERA O CAVA, NONCHÉ DAL TRATTAMENTO FISICO O CHIMICO DI MINERALI rifiuti prodotti dall'estrazione di minerali rifiuti da estrazione di minerali metalliferi rifiuti da estrazione di minerali non metalliferi rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi sterili che possono generare acido prodotti dalla lavorazione di minerale solforoso 05* altri sterili contenenti sostanze pericolose sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04 e 01 03 05 altri rifiuti contenenti sostanze pericolose prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi polveri e residui affini diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07 fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 scarti di sabbia e argilla polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 sterili ed altri residui del lavaggio e della pulitura di minerali, diversi da quelli di cui alle voci 01 04 07 e 01 04 11 rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 rifiuti non specificati altrimenti fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione contenenti sostanze pericolose fanghi e rifiuti di perforazione contenenti bari- 01 05 08 01 05 99 02 02 01 02 02 02 02 02 01 01 01 01 01 01 02 03 04 06 02 01 07 02 01 08* 02 01 09 02 01 10 02 01 99 02 02 02 02 01 02 02 02 02 02 03 02 02 04 02 02 99 02 03 02 03 01 02 03 02 02 03 03 02 03 04 02 03 05 02 03 99 02 04 02 04 01 02 04 02 02 04 03 02 04 99 02 05 02 05 01 02 05 02 te, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti cloruri, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06 rifiuti non specificati altrimenti RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA, ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA, TRATTAMENTO E PREPARAZIONE DI ALIMENTI rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia scarti di tessuti animali scarti di tessuti vegetali rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi) feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito rifiuti della silvicoltura rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08 rifiuti metallici rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della preparazione e del trattamento di carne, pesce ed altri alimenti di origine animale fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia scarti di tessuti animali scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffè, tè e tabacco; della produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti rifiuti legati all'impiego di conservanti rifiuti prodotti dall'estrazione tramite solvente scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole carbonato di calcio fuori specifica fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti rifiuti non specificati altrimenti rifiuti dell'industria lattiero-casearia scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 225 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 02 05 99 02 06 02 06 01 02 06 02 02 06 03 02 06 99 02 07 02 07 01 02 07 02 02 07 03 02 07 04 02 07 05 02 07 99 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione rifiuti legati all'impiego di conservanti fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione di bevande alcoliche ed analcoliche (tranne caffè, tè e cacao) rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, pulizia e macinazione della materia prima rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche rifiuti prodotti dai trattamenti chimici scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti rifiuti non specificati altrimenti 03 03 11 03 03 99 04 04 04 04 04 01 01 01 01 02 01 03* 04 01 04 04 01 05 04 01 06 04 01 07 04 01 08 04 01 09 03 03 01 03 01 01 03 01 04* 03 01 05 03 01 99 03 02 03 02 01* 03 02 02* 03 02 03* 03 02 04* 03 02 05* 03 02 99 03 03 03 03 01 03 03 02 03 03 05 03 03 07 03 03 08 03 03 09 03 03 10 226 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili scarti di corteccia e sughero segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti dei trattamenti conservativi del legno prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici non alogenati prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici clorurati prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organometallici prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti inorganici altri prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti sostanze pericolose prodotti per i trattamenti conservativi del legno non specificati altrimenti rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone scarti di corteccia e legno fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor) fanghi prodotti dai processi di disinchiostrazione nel riciclaggio della carta scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati fanghi di scarto contenenti carbonato di calcio scarti di fibre e fanghi contenenti fibre, riempitivi e prodotti di rivestimento generati dai processi di separazione meccanica 04 01 99 04 02 04 02 09 04 02 10 04 02 14* 04 02 15 04 02 16* 04 02 17 04 02 19* 04 02 20 04 02 21 04 02 22 04 02 99 05 05 05 05 05 05 05 01 01 01 01 01 01 02* 03* 04* 05* 06* 05 01 07* 05 01 08* 05 01 09* 05 01 10 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10 rifiuti non specificati altrimenti RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DI PELLI E PELLICCE, NONCHÉ DELL'INDUSTRIA TESSILE rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce carniccio e frammenti di calce rifiuti di calcinazione bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida liquido di concia contenente cromo liquido di concia non contenente cromo fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura rifiuti non specificati altrimenti rifiuti dell'industria tessile rifiuti da materiali compositi (fibre impregnate, elastomeri, plastomeri) materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad es. grasso, cera) rifiuti provenienti da operazioni di finitura, contenenti solventi organici rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 14 tinture e pigmenti, contenenti sostanze pericolose tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 16 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19 rifiuti da fibre tessili grezze rifiuti da fibre tessili lavorate rifiuti non specificati altrimenti RIFIUTI DELLA RAFFINAZIONE DEL PETROLIO, PURIFICAZIONE DEL GAS NATURALE E TRATTAMENTO PIROLITICO DEL CARBONE rifiuti della raffinazione del petrolio fanghi da processi di dissalazione morchie depositate sul fondo dei serbatoi fanghi acidi prodotti da processi di alchilazione perdite di olio fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di impianti e apparecchiature catrami acidi altri catrami fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 05 01 09 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 05 01 11* 05 01 12* 05 01 13 05 01 14 05 01 15* 05 01 16 05 01 17 05 01 99 05 06 05 05 05 05 05 06 06 06 06 07 01* 03* 04 99 05 07 01* 05 07 02 05 07 99 06 06 01 06 06 06 06 06 06 06 06 01 01 01 01 01 01 01 02 01* 02* 03* 04* 05* 06* 99 06 06 06 06 06 06 02 02 02 02 02 03 01* 03* 04* 05* 99 06 03 11* 06 03 13* 06 03 14 06 03 15* 06 03 16 06 03 99 06 04 06 06 06 06 06 04 04 04 04 05 03* 04* 05* 99 06 05 02* 06 05 03 rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite basi acidi contenenti oli fanghi residui dell'acqua di alimentazione delle caldaie rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento filtri di argilla esauriti rifiuti contenenti zolfo prodotti dalla desolforizzazione del petrolio bitumi rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del carbone catrami acidi altri catrami rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dalla purificazione e dal trasporto di gas naturale rifiuti contenenti mercurio rifiuti contenenti zolfo rifiuti non specificati altrimenti 06 06 RIFIUTI DEI PROCESSI CHIMICI INORGANICI rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di acidi acido solforico ed acido solforoso acido cloridrico acido fluoridrico acido fosforico e fosforoso acido nitrico e acido nitroso altri acidi rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di basi idrossido di calcio idrossido di ammonio idrossido di sodio e di potassio altre basi rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di sali, loro soluzioni e ossidi metallici sali e loro soluzioni, contenenti cianuri sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle voci 06 03 11 e 06 03 13 ossidi metallici contenenti metalli pesanti ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla voce 06 03 15 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui alla voce 06 03 rifiuti contenenti arsenico rifiuti contenenti mercurio rifiuti contenenti altri metalli pesanti rifiuti non specificati altrimenti fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 06 05 02 06 09 02 06 09 03* 06 06 02* 06 06 03 06 06 99 06 07 06 07 01* 06 06 06 06 06 07 07 07 07 08 02* 03* 04* 99 06 08 02* 06 08 99 06 09 06 09 04 06 09 99 06 10 06 10 02* 06 10 99 06 11 06 11 01 06 11 99 06 13 06 13 01* 06 06 06 06 06 13 13 13 13 13 02* 03 04* 05* 99 07 07 01 07 01 01* 07 01 03* 07 01 04* 07 01 07* 07 01 08* 07 01 09* rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici contenenti zolfo, dei processi chimici dello zolfo e dei processi di desolforazione rifiuti contenenti solfuri pericolosi rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli di cui alla voce 06 06 02 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti alogeni e dei processi chimici degli alogeni rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti amianto carbone attivato dalla produzione di cloro fanghi di solfati di bario, contenenti mercurio soluzioni ed acidi, ad es. acido di contatto rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso del silicio e dei suoi derivati rifiuti contenenti clorosilano rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo scorie fosforose rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio contenenti o contaminati da sostanze pericolose rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio, diversi da quelli di cui alla voce 06 09 03 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici contenenti azoto, dei processi chimici dell'azoto e della produzione di fertilizzanti rifiuti contenenti sostanze pericolose rifiuti non specificati altrimenti rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici ed opacificanti rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio nella produzione di diossido di titanio rifiuti non specificati altrimenti rifiuti di processi chimici inorganici non specificati altrimenti prodotti fitosanitari, agenti conservativi del legno ed altri biocidi inorganici carbone attivato esaurito (tranne 06 07 02) nerofumo rifiuti della lavorazione dell'amianto fuliggine rifiuti non specificati altrimenti RIFIUTI DEI PROCESSI CHIMICI ORGANICI rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici organici di base soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri altri solventi organici , soluzioni di lavaggio ed acque madri fondi e residui di reazione, alogenati altri fondi e residui di reazione residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alo- 227 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 genati altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 01 11 07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso (PFFU) di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali 07 02 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 02 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 02 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 02 07* fondi e residui di reazione, alogenati 07 02 08* altri fondi e residui di reazione 07 02 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 02 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 07 02 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 11 07 02 13 rifiuti plastici 07 02 14* rifiuti prodotti da additivi, contenenti sostanze pericolose 07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 14 07 02 16* rifiuti contenenti silicone pericoloso 07 02 17 rifiuti contenenti silicone diversi da quelli menzionati alla voce 07 02 16 07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di coloranti e pigmenti organici (tranne 06 11) 07 03 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 03 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 03 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 03 07* fondi e residui di reazione alogenati 07 03 08* altri fondi e residui di reazione 07 03 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati 07 03 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 07 03 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 03 11 07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fitosanitari (tranne 02 01 08 e 02 01 09), agenti conservativi del legno (tranne 03 02) ed altri biocidi organici 07 04 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 04 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 04 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 01 10* 07 01 11* 228 07 04 07* 07 04 08* 07 04 09* fondi e residui di reazione alogenati altri fondi e residui di reazione residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati 07 04 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 07 04 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 04 11 07 04 13* rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose 07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 05 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti farmaceutici 07 05 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 05 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 05 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 05 07* fondi e residui di reazione, alogenati 07 05 08* altri fondi e residui di reazione 07 05 09* esidui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 05 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 07 05 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11 07 05 13* rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose 07 05 14 rifiuti solidi, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 13 07 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici 07 06 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 06 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 06 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 06 07* fondi e residui di reazione, alogenati 07 06 08* altri fondi e residui di reazione 07 06 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 06 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 07 06 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11 07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti della chimica fine e di prodotti chimici non specificati altrimenti 07 07 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 07 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 07 04* altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 07 07* fondi e residui di reazione, alogenati 07 07 08* altri fondi e residui di reazione 07 07 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 07 07 10* 07 07 11* 07 07 12 07 07 99 altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 07 11 rifiuti non specificati altrimenti 08 03 18 08 03 19* 08 03 99 08 04 08 04 09* 08 RIFIUTI DELLA PRODUZIONE, FORMULAZIONE, FORNITURA ED USO DI RIVESTIMENTI (PITTURE, VERNICI E SMALTI VETRATI), ADESIVI, SIGILLANTI E INCHIOSTRI PER STAMPA 08 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso e della rimozione di pitture e vernici 08 01 11* pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 11 08 01 13* fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 13 08 01 15* fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 16 fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 15 08 01 17* fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 18 fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 17 08 01 19* sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 19 08 01 21* residui di vernici o di sverniciatori 08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di altri rivestimenti (inclusi materiali ceramici) 08 02 01 polveri di scarto di rivestimenti 08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici 08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali ceramici 08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di inchiostri per stampa 08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro 08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro 08 03 12* scarti di inchiostro, contenenti sostanze pericolose 08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 12 08 03 14* fanghi di inchiostro, contenenti sostanze pericolose 08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 14 08 03 16* residui di soluzioni chimiche per incisione 08 03 17* toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose 08 04 10 08 04 11* 08 04 12 08 04 13* 08 04 14 08 04 15* 08 04 16 08 08 08 08 04 17* 04 99 05 05 01* 09 09 01 09 01 01* 09 01 02* 09 01 03* 09 01 04* 09 01 05* 09 01 06* 09 01 07 09 01 08 09 01 10 09 01 11* 09 01 12 09 01 13* 09 01 99 10 10 01 10 01 01 toner per stampa esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 17 oli dispersi rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti impermeabilizzanti) adesivi e sigillanti di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose adesivi e sigillanti di scarto, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 09 fanghi di adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose fanghi di adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 11 fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 13 rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15 olio di resina rifiuti non specificati altrimenti rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08 isocianati di scarto RIFIUTI DELL'INDUSTRIA FOTOGRAFICA rifiuti dell'industria fotografica soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa soluzioni di sviluppo a base di solventi soluzioni fissative soluzioni di lavaggio e soluzioni di arresto-fissaggio rifiuti contenenti argento prodotti dal trattamento in loco di rifiuti fotografici carta e pellicole per fotografia, contenenti argento o composti dell'argento carta e pellicole per fotografia, non contenenti argento o composti dell'argento macchine fotografiche monouso senza batterie macchine fotografiche monouso contenenti batterie incluse nelle voci 16 06 01, 16 06 02 o 16 06 03 macchine fotografiche monouso diverse da quelle di cui alla voce 09 01 11 rifiuti liquidi acquosi prodotti dal recupero in loco dell'argento, diversi da quelli di cui alla voce 09 01 06 rifiuti non specificati altrimenti RIFIUTI PRODOTTI DA PROCESSI TERMICI rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri impianti termici (tranne 19) ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia (tranne le polveri di caldaia di cui alla voce 10 229 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 10 01 02 10 01 03 10 01 04* 10 01 05 10 01 07 10 01 09* 10 01 13* 10 01 14* 10 01 15 10 01 16* 10 01 17 10 01 18* 10 01 19 10 01 20* 10 01 21 10 01 22* 10 01 23 10 01 24 10 01 25 10 01 26 10 10 10 10 10 01 02 02 02 02 99 01 02 07* 10 02 08 10 02 10 10 02 11* 10 02 12 10 02 13* 10 02 14 230 10 02 15 10 02 99 10 03 01 04) ceneri leggere di carbone ceneri leggere di torba e di legno non trattato ceneri leggere di olio combustibile e polveri di caldaia rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi acido solforico ceneri leggere prodotte da idrocarburi emulsionati usati come carburante ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, diverse da quelli di cui alla voce 10 01 14 ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, diverse da quelle di cui alla voce 10 01 16 rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti sostanze pericolose rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, diversi da quelli di cui alle voci 10 01 05, 10 01 07 e 10 01 18 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20 fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, contenenti sostanze pericolose fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 22 sabbie dei reattori a letto fluidizzato rifiuti dell'immagazzinamento e della preparazione del combustibile delle centrali termoelettriche a carbone rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento rifiuti non specificati altrimenti rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio rifiuti del trattamento delle scorie scorie non trattate rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 07 scaglie di laminazione rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 11 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 13 altri fanghi e residui di filtrazione rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della metallurgia termica dell'alluminio 10 10 10 10 10 10 03 03 03 03 03 03 02 04* 05 08* 09* 15* 10 03 16 10 03 17* 10 03 18 10 03 19* 10 03 20 10 03 21* 10 03 22 10 03 23* 10 03 24 10 03 25* 10 03 26 10 03 27* 10 03 28 10 03 29* 10 03 30 10 10 10 10 03 99 04 04 01* 04 02* 10 10 10 10 10 04 04 04 04 04 03* 04* 05* 06* 07* 10 04 09* 10 04 10 10 04 99 10 05 10 05 01 10 05 03* frammenti di anodi scorie della produzione primaria rifiuti di allumina scorie saline della produzione secondaria scorie nere della produzione secondaria schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 03 15 rifiuti contenenti catrame della produzione degli anodi rifiuti contenenti carbone della produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 17 polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 03 19 altre polveri e particolati (comprese quelle prodotte da mulini a pale), contenenti sostanze pericolose altre polveri e particolati (comprese quelle prodotte da mulini a palle), diverse da quelle di cui alla voce 10 03 21 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 23 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 25 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 27 rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, contenenti sostanze pericolose rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 29 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della metallurgia termica del piombo scorie della produzione primaria e secondaria impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria arsenato di calcio polveri dei gas di combustione altre polveri e particolato rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 04 09 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della metallurgia termica dello zinco scorie della produzione primaria e secondaria polveri dei gas di combustione Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 10 05 04 10 05 05* 10 05 06* 10 05 08* 10 05 09 10 05 10* 10 05 11 10 05 99 10 06 10 06 01 10 06 02 10 10 10 10 06 06 06 06 03* 04 06* 07* 10 06 09* 10 06 10 10 06 99 10 07 10 07 01 10 07 02 10 07 03 10 07 04 10 07 05 10 07 07* 10 07 08 10 07 99 10 08 10 08 04 10 08 08* 10 08 09 10 08 10* 10 08 11 10 08 12* 10 08 13 10 08 14 10 08 15* altre polveri e particolato rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 05 08 scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 05 10 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della metallurgia termica del rame scorie della produzione primaria e secondaria impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria polveri dei gas di combustione altre polveri e particolato rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 06 09 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della metallurgia termica di argento, oro e platino scorie della produzione primaria e secondaria impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi altre polveri e particolato fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 07 07 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della metallurgia termica di altri minerali non ferrosi polveri e particolato scorie salate della produzione primaria e secondaria altre scorie impurità e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose impurità e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 08 10 rifiuti contenenti catrame derivante dalla produzione degli anodi rifiuti contenenti carbone della produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 12 frammenti di anodi polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose 10 08 16 10 08 17* 10 08 18 10 08 19* 10 08 20 10 10 10 10 08 99 09 09 03 09 05* 10 09 06 10 09 07* 10 09 08 10 09 09* 10 09 10 10 09 11* 10 09 12 10 09 13* 10 09 14 10 09 15* 10 09 16 10 10 10 10 09 99 10 10 03 10 05* 10 10 06 10 10 07* 10 10 08 10 10 09* 10 10 10 10 10 11* 10 10 12 10 10 13* 10 10 14 10 10 15* 10 10 16 10 10 99 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 08 15 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 17 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 19 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della fusione di materiali ferrosi scorie di fusione forme e anime da fonderia non utilizzate, contenenti sostanze pericolose forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 05 forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 07 polveri dei gas di combustione contenenti sostanze pericolose polveri dei gas di combustione diverse da quelle di cui alla voce 10 09 09 altri particolati contenenti sostanze pericolose altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 09 11 scarti di leganti per rifiuti contenenti sostanze pericolose scarti di leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 09 13 scarti di prodotti rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 09 15 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della fusione di materiali non ferrosi scorie di fusione forme e anime da fonderia non utilizzate, contenenti sostanze pericolose forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 05 forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 07 polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 09 altri particolati contenenti sostanze pericolose altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 10 11 scarti di leganti per rifiuti contenenti sostanze pericolose scarti di leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 10 13 scarti di prodotti rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 10 15 rifiuti non specificati altrimenti 231 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 10 11 10 11 03 10 11 05 10 11 09* 10 11 10 10 11 11* 10 11 12 10 11 13* 10 11 14 10 11 15* 10 11 16 10 11 17* 10 11 18 10 11 19* 10 11 20 10 11 99 10 12 10 12 01 10 12 03 10 12 05 10 12 06 10 12 08 10 12 09* 10 12 10 10 12 11* 10 12 12 10 12 13 10 12 99 10 13 10 13 01 10 13 04 10 13 06 232 rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro scarti di materiali in fibra a base di vetro polveri e particolato scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico, contenenti sostanze pericolose scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico, diverse da quelle di cui alla voce 10 11 09 rifiuti di vetro in forma di particolato e polveri di vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad es. da tubi a raggi catodici) rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11 lucidature di vetro e fanghi di macinazione, contenenti sostanze pericolose lucidature di vetro e fanghi di macinazione, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 13 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 15 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 17 rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 19 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico polveri e particolato fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi stampi di scarto scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico) rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 12 09 rifiuti delle operazioni di smaltatura, contenenti metalli pesanti rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da quelli di cui alla voce 10 12 11 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti rifiuti non specificati altrimenti rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e manufatti di tali materiali scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce polveri e particolato (eccetto quelli delle voci 10 13 12 e 10 13 13) 10 13 07 10 13 09* 10 13 10 10 13 11 10 13 12* 10 13 13 10 10 10 10 11 13 14 13 99 14 14 01* fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, contenenti amianto rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 09 rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 12 rifiuti e fanghi di cemento rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dai forni crematori rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti mercurio RIFIUTI PRODOTTI DAL TRATTAMENTO CHIMICO SUPERFICIALE E DAL RIVESTIMENTO DI METALLI ED ALTRI MATERIALI; IDROMETALLURGIA NON FERROSA 11 01 rifiuti prodotti dal trattamento e ricopertura di metalli (ad esempio, processi galvanici, zincatura, decapaggio, pulitura elettrolitica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione) 11 01 05* acidi di decappaggio 11 01 06* acidi non specificati altrimenti 11 01 07* basi di decappaggio 11 01 08* fanghi di fosfatazione 11 01 09* fanghi e residui di filtrazione, contenenti sostanze pericolose 11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da quelli di cui alla voce 11 01 09 11 01 11* soluzioni acquose di lavaggio, contenenti sostanze pericolose 11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da quelle di cui alla voce 10 01 11 11 01 13* rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze pericolose 11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla voce 11 01 13 11 01 15* eluati e fanghi di sistemi a membrana e sistemi a scambio ionico, contenenti sostanze pericolose 11 01 16* resine a scambio ionico saturate o esaurite 11 01 98* altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 11 02 rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di metalli non ferrosi 11 02 02* rifiuti della lavorazione idrometallurgica dello zinco (compresi jarosite, goethite) 11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi elettrolitici acquosi 11 02 05* rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, contenenti sostanze pericolose 11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, diversi da quelli della voce 11 02 05 11 02 07* altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 11 03 rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di rinvenimento 11 03 01* rifiuti contenenti cianuro Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 11 03 02* 11 05 11 11 11 11 11 05 05 05 05 05 01 02 03* 04* 99 12 12 01 12 12 12 12 12 12 01 01 01 01 01 01 01 02 03 04 05 06* 12 01 07* 12 01 08* 12 01 09* 12 12 12 12 01 01 01 01 10* 12* 13 14* 12 01 15 12 01 16* 12 01 17 12 01 18* 12 01 19* 12 01 20* 12 01 21 12 01 99 12 03 12 03 01* 12 03 02* 13 13 13 13 13 01 01 01* 01 04* 01 05* altri rifiuti rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione a caldo zinco solido ceneri di zinco rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi fondente esaurito rifiuti non specificati altrimenti RIFIUTI PRODOTTI DALLA LAVORAZIONE E DAL TRATTAMENTO FISICO E MECCANICO SUPERFICIALE DI METALLI E PLASTICA rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastiche limatura e trucioli di materiali ferrosi polveri e particolato di materiali ferrosi limatura e trucioli di materiali non ferrosi polveri e particolato di materiali non ferrosi limatura e trucioli di materiali plastici oli minerali per macchinari, contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni) oli minerali per macchinari, non contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni) emulsioni e soluzioni per macchinari, contenenti alogeni emulsioni e soluzioni per macchinari, non contenenti alogeni oli sintetici per macchinari cere e grassi esauriti rifiuti di saldatura fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 14 materiale abrasivo di scarto, contenente sostanze pericolose materiale abrasivo di scarto, diverso da quello di cui alla voce 12 01 16 fanghi metallici (fanghi di rettifica, affilatura e lappatura) contenenti olio oli per macchinari, facilmente biodegradabili corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, contenenti sostanze pericolose corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 20 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad acqua e vapore (tranne 11) soluzioni acquose di lavaggio rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a vapore OLI ESAURITI E RESIDUI DI COMBUSTIBILI LIQUIDI (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19) scarti di oli per circuiti idraulici oli per circuiti idraulici contenenti PCB (1) emulsioni clorurate emulsioni non clorurate (1) La definizione di PCB adottata nel presente elenco di rifiuti è quella contenuta nella direttiva 96/59/CE. 13 13 13 13 01 01 01 01 09* 10* 11* 12* oli minerali per circuiti idraulici, clorurati oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati oli sintetici per circuiti idraulici oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili 13 01 13* altri oli per circuiti idraulici 13 02 scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli lubrificanti 13 02 04* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati 13 02 05* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati 13 02 06* scarti di olio sintetico per motori, ingranaggi e lubrificazione 13 02 07* olio per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente biodegradabile 13 02 08* altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione 13 03 oli isolanti e termoconduttori di scarto 13 03 01* oli isolanti e termoconduttori, contenenti PCB 13 03 06* oli minerali isolanti e termoconduttori clorurati, diversi da quelli di cui alla voce 13 03 01 13 03 07* oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati 13 03 08* oli sintetici isolanti e termoconduttori 13 03 09* oli isolanti e termoconduttori, facilmente biodegradabili 13 03 10* altri oli isolanti e termoconduttori 13 04 oli di sentina 13 04 01* oli di sentina della navigazione interna 13 04 02* oli di sentina delle fognature dei moli 13 04 03* altri oli di sentina della navigazione 13 05 prodotti di separazione olio/acqua 13 05 01* rifiuti solidi delle camere a sabbia e di prodotti di separazione olio/acqua 13 05 02* fanghi di prodotti di separazione olio/acqua 13 05 03* fanghi da collettori 13 05 06* oli prodotti dalla separazione olio/acqua 13 05 07* acque oleose prodotte dalla separazione olio/acqua 13 05 08* miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti di separazione olio/acqua 13 07 rifiuti di carburanti liquidi 13 07 01* olio combustibile e carburante diesel 13 07 02* petrolio 13 07 03* altri carburanti (comprese le miscele) 13 08 rifiuti di oli non specificati altrimenti 13 08 01* fanghi ed emulsioni prodotti dai processi di dissalazione 13 08 02* altre emulsioni 13 08 99* rifiuti non specificati altrimenti 14 14 06 05* SOLVENTI ORGANICI, REFRIGERANTI E PROPELLENTI DI SCARTO (tranne 07 e 08) solventi organici, refrigeranti e propellenti di schiuma/aerosol di scarto clorofluorocarburi, HCFC, HFC altri solventi e miscele di solventi, alogenati altri solventi e miscele di solventi fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri solventi 15 RIFIUTI DI IMBALLAGGIO, ASSORBENTI, 14 06 14 14 14 14 06 06 06 06 01* 02* 03* 04* 233 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 STRACCI, MATERIALI FILTRANTI E INDUMENTI PROTETTIVI (NON SPECIFICATI ALTRIMENTI) 15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di raccolta differenziata) 15 01 01 imballaggi in carta e cartone 15 01 02 imballaggi in plastica 15 01 03 imballaggi in legno 15 01 04 imballaggi metallici 15 01 05 imballaggi in materiali compositi 15 01 06 imballaggi in materiali misti 15 01 07 imballaggi in vetro 15 01 09 imballaggi in materia tessile 15 01 10* imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze 15 01 11* imballaggi metallici contenenti matrici solide porose pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori a pressione vuoti 15 02 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi 15 02 02* assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose 15 02 03 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02 16 16 01 16 01 03 16 01 04* 16 01 06 16 16 16 16 16 16 01 01 01 01 01 01 07* 08* 09* 10* 11* 12 16 01 13* 16 01 14* 16 01 15 16 16 16 16 16 16 01 01 01 01 01 01 16 17 18 19 20 21* 16 01 22 16 01 99 16 02 234 16 02 09* 16 02 10* RIFIUTI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI NELL'ELENCO veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione di veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08) pneumatici fuori uso veicoli fuori uso veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericolose filtri dell'olio componenti contenenti mercurio componenti contenenti PCB componenti esplosivi (ad esempio "air bag") pastiglie per freni, contenenti amianto pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla voce 16 01 11 liquidi per freni liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14 serbatoi per gas liquido metalli ferrosi metalli non ferrosi plastica vetro componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14 componenti non specificati altrimenti rifiuti non specificati altrimenti scarti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche trasformatori e condensatori contenenti PCB apparecchiature fuori uso contenenti PCB o 16 02 11* 16 02 12* 16 02 13* 16 02 14 16 02 15* 16 02 16 16 03 16 03 03* 16 03 04 16 03 05* 16 03 06 16 16 16 16 16 04 04 01* 04 02* 04 03* 05 16 05 04* 16 05 05 16 05 06* 16 05 07* 16 05 08* 16 05 09 16 16 16 16 16 16 16 06 06 06 06 06 06 06 01* 02* 03* 04 05 06* 16 07 16 07 08* 16 07 09* 16 07 99 da essi contaminate, diverse da quelle di cui alla voce 16 02 09 apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi, HCFC, HFC apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre libere apparecchiature fuori uso, contenenti componenti pericolosi (2) diversi da quelli di cui alle voci 16 02 09 e 16 02 12 apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci da 16 02 09 a 16 02 13 componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso componenti rimossi da apparecchiature fuori uso, diversi da quelli di cui alla voce 16 02 15 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati rifiuti inorganici, contenenti sostanze pericolose rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 03 rifiuti organici, contenenti sostanze pericolose rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 05 esplosivi di scarto munizioni di scarto fuochi artificiali di scarto altri esplosivi di scarto gas in contenitori a pressione e prodotti chimici di scarto gas in contenitori a pressione (compresi gli halon), contenenti sostanze pericolose gas in contenitori a pressione, diversi da quelli di cui alla voce 16 05 04 sostanze chimiche di laboratorio contenenti o costituite da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di laboratorio sostanze chimiche inorganiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose sostanze chimiche organiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose sostanze chimiche di scarto diverse da quelle di cui alle voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05 08 batterie ed accumulatori batterie al piombo batterie al nichel-cadmio batterie contenenti mercurio batterie alcaline (tranne 16 06 03) altre batterie ed accumulatori elettroliti di batterie ed accumulatori, oggetto di raccolta differenziata rifiuti della pulizia di serbatoi per trasporto e stoccaggio e di fusti (tranne 05 e 13) rifiuti contenenti olio rifiuti contenenti altre sostanze pericolose rifiuti non specificati altrimenti (2) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a mercurio, i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 16 08 16 08 01 catalizzatori esauriti catalizzatori esauriti contenenti oro, argento, renio, rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07) 16 08 02* catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione (3) pericolosi o composti di metalli di transizione pericolosi 16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione o composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti 16 08 04 catalizzatori esauriti da cracking catalitico fluido (tranne 16 08 07) 16 08 05* catalizzatori esauriti contenenti acido fosforico 16 08 06* liquidi esauriti usati come catalizzatori 16 08 07* catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose 16 09 sostanze ossidanti 16 09 01* permanganati, ad esempio permanganato di potassio 16 09 02* cromati, ad esempio cromato di potassio, dicromato di potassio o di sodio 16 09 03* perossidi, ad esempio perossido d'idrogeno 16 09 04* sostanze ossidanti non specificate altrimenti 16 10 rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito 16 10 01* soluzioni acquose di scarto, contenenti sostanze pericolose 16 10 02 soluzioni acquose di scarto, diverse da quelle di cui alla voce 16 10 01 16 10 03* concentrati acquosi, contenenti sostanze pericolose 16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui alla voce 16 10 03 16 11 scarti di rivestimenti e materiali refrattari 16 11 01* rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 16 11 02 rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 01 16 11 03* altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 03 16 11 05* rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 16 11 06 rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 05 17 17 17 17 17 01 01 01 01 01 01 02 03 06* 17 01 07 17 17 17 17 17 02 02 02 02 02 01 02 03 04* 17 03 17 03 01* 17 03 02 17 03 03* 17 17 17 17 17 17 17 17 17 04 04 04 04 04 04 04 04 04 01 02 03 04 05 06 07 09* 17 04 10* 17 04 11 17 05 17 05 03* 17 05 04 17 05 05* 17 05 06 17 05 07* 17 05 08 17 06 17 RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (COMPRESO IL (3) Ai fini della presente voce sono considerati metalli di transizione: scandio, vanadio, manganese, cobalto, rame, ittrio, niobio, afnio, tungsteno, titanio, cromo, ferro, nichel, zinco, zirconio, molibdeno, tantalio. Tali metalli o i loro composti sono considerati pericolosi se classificati come sostanze pericolose. La classificazione delle sostanze pericolose determina quali metalli di transizione e quali composti di metalli di transizione sono da considerare pericolosi. 17 06 01* 17 06 03* 17 06 04 17 06 05* TERRENO PROVENIENTE DA SITI CONTAMINATI) cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche cemento mattoni mattonelle e ceramiche miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, contenenti sostanze pericolose miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 17 01 06 legno, vetro e plastica legno vetro plastica vetro, plastica e legno contenenti sostanze pericolose o da esse contaminati miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame miscele bituminose contenenti catrame di carbone miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03 01 catrame di carbone e prodotti contenenti catrame metalli (incluse le loro leghe) rame, bronzo, ottone alluminio piombo zinco ferro e acciaio stagno metalli misti rifiuti metallici contaminati da sostanze pericolose cavi, impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10 terra (compreso il terreno proveniente da siti contaminati), rocce e fanghi di dragaggio terra e rocce, contenenti sostanze pericolose terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03 fanghi di dragaggio, contenente sostanze pericolose fanghi di dragaggio, diversa da quella di cui alla voce 17 05 05 pietrisco per massicciate ferroviarie, contenente sostanze pericolose pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 17 05 07 materiali isolanti e materiali da costruzione contenenti amianto materiali isolanti contenenti amianto altri materiali isolanti contenenti o costituiti da sostanze pericolose materiali isolanti diversi da quelli di cui alle voci 17 06 01 e 17 06 03 materiali da costruzione contenenti amianto (4) (4) Per quanto riguarda il deposito dei rifiuti in discarica, la classificazione di tale rifiuto come "pericoloso" è posticipata fino all'adozione delle norme regolamentari di recepimento della direttiva 99/31/CE sulle discariche, e comunque non oltre il 16 luglio 2002. 235 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 17 08 17 08 01* 17 08 02 17 09 17 09 01* 17 09 02* 17 09 03* 17 09 04 materiali da costruzione a base di gesso materiali da costruzione a base di gesso contaminati da sostanze pericolose materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01 altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti mercurio rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti PCB (ad esempio sigillanti contenenti PCB, pavimentazioni a base di resina contenenti PCB, elementi stagni in vetro contenenti PCB, condensatori contenenti PCB) altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione (compresi rifiuti misti) contenenti sostanze pericolose rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03 18 02 08 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07 19 RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI, IMPIANTI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE FUORI SITO, NONCHÉ DALLA POTABILIZZAZIONE DELL'ACQUA E DALLA SUA PREPARAZIONE PER USO INDUSTRIALE rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei fumi e di altri rifiuti liquidi acquosi rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi carbone attivo esaurito, impiegato per il trattamento dei fumi ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 11 ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13 ceneri di caldaia, contenenti sostanze pericolose polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 15 rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pericolose rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla voce 19 01 17 sabbie dei reattori a letto fluidizzato rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti da specifici trattamenti chimico-fisici di rifiuti industriali (comprese decromatazione, decianizzazione, neutralizzazione) miscugli di rifiuti composti esclusivamente da rifiuti non pericolosi miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da quelli di cui alla voce 19 02 05 oli e concentrati prodotti da processi di separazione rifiuti combustibili liquidi, contenenti sostanze pericolose rifiuti combustibili solidi, contenenti sostanze pericolose rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle voci 19 02 08 e 19 02 09 altri rifiuti contenenti sostanze pericolose rifiuti non specificati altrimenti rifiuti stabilizzati/solidificati (5) 19 01 19 01 02 19 01 05* 19 01 06* 19 01 07* 19 01 10* 19 01 11* 19 01 12 18 236 RIFIUTI PRODOTTI DAL SETTORE SANITARIO E VETERINARIO O DA ATTIVITÀ DI RICERCA COLLEGATE (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico) 18 01 rifiuti dei reparti di maternità e rifiuti legati a diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani 18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03) 18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche per il plasma e le riserve di sangue (tranne 18 01 03) 18 01 03* rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni 18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici) 18 01 06* sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose 18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 01 06 18 01 08* medicinali citotossici e citostatici 18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 01 08 18 01 10* rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici 18 02 rifiuti legati alle attività di ricerca e diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli animali 18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02) 18 02 02* rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni 18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni 18 02 05* sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose 18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 02 05 18 02 07* medicinali citotossici e citostatici 19 01 13* 19 01 14 19 01 15* 19 01 16 19 01 17* 19 01 18 19 01 19 19 01 99 19 02 19 02 03 19 02 04* 19 02 05* 19 02 06 19 02 07* 19 02 08* 19 02 09* 19 02 10 19 02 11* 19 02 99 19 03 (5) I processi di stabilizzazione modificano la pericolosità delle sostanze contenute nei rifiuti e trasformano i rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi. I processi di solidificazione influiscono esclusivamente sullo stato fisico dei rifiuti (dallo stato liquido a quello solido, ad esempio) per mezzo di appositi additivi senza modificare le proprietà chimiche dei rifiuti stessi. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 19 03 04* 19 03 05 19 03 06* 19 03 07 19 04 19 04 01 19 04 02* 19 04 03* 19 04 04 19 05 19 05 01 19 05 02 19 05 03 19 05 99 19 06 19 06 03 19 06 04 19 06 05 19 06 06 19 06 99 19 07 19 07 02* 19 07 03 19 08 19 08 01 19 08 02 19 08 05 19 08 06* 19 08 07* 19 08 08* 19 08 09 19 08 10* 19 08 11* 19 08 12 rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente (6) stabilizzati rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 04 rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 06 rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione rifiuti vetrificati ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi fase solida non vetrificata rifiuti liquidi acquosi prodotti dalla tempra di rifiuti vetrificati rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi parte di rifiuti urbani e simili non compostata parte di rifiuti animali e vegetali non compostata compost fuori specifica rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei rifiuti liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale rifiuti non specificati altrimenti percolato di discarica percolato di discarica, contenente sostanze pericolose percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 19 07 02 rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non specificati altrimenti vaglio rifiuti dell'eliminazione della sabbia fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane resine a scambio ionico saturate o esaurite soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico rifiuti prodotti da sistemi a membrana, contenenti sostanze pericolose miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, contenenti esclusivamente oli e grassi commestibili miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento biologico delle (6) Un rifiuto è considerato parzialmente stabilizzato se le sue componenti pericolose, che non sono state completamente trasformate in sostanze non pericolose grazie al processo di stabilizzazione, possono essere disperse nell'ambiente nel breve, medio o lungo periodo. 19 08 13* 19 08 14 19 08 99 19 09 19 09 01 19 09 02 19 09 03 19 09 04 19 09 05 19 09 06 19 09 99 19 10 19 10 01 19 10 02 19 10 03* 19 10 04 19 10 05* 19 10 06 19 19 19 19 19 11 11 11 11 11 01* 02* 03* 04* 19 11 05* 19 11 06 19 11 07* 19 11 99 19 12 19 19 19 19 19 19 19 12 12 12 12 12 12 12 01 02 03 04 05 06* 07 19 12 08 19 12 09 19 12 10 19 12 11* acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11 fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13 rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell'acqua o dalla sua preparazione per uso industriale rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione e vaglio primari fanghi prodotti dai processi di chiarificazione dell'acqua fanghi prodotti dai processi di decarbonatazione carbone attivo esaurito resine a scambio ionico saturate o esaurite soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti da operazioni di frantumazione di rifiuti contenenti metallo rifiuti di ferro e acciaio rifiuti di metalli non ferrosi fluff - frazione leggera e polveri, contenenti sostanze pericolose fluff - frazione leggera e polveri, diversi da quelli di cui alla voce 19 10 03 altre frazioni, contenenti sostanze pericolose altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 05 rifiuti prodotti dalla rigenerazione dell'olio filtri di argilla esauriti catrami acidi rifiuti liquidi acquosi rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite basi fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 19 11 05 rifiuti prodotti dalla purificazione dei fumi rifiuti non specificati altrimenti rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (ad esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti carta e cartone metalli ferrosi metalli non ferrosi plastica e gomma vetro legno contenente sostanze pericolose legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06 prodotti tessili minerali (ad esempio sabbia, rocce) rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti) altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose 237 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 19 12 12 19 13 19 13 01* 19 13 02 19 13 03* 19 13 04 19 13 05* 19 13 06 19 13 07* 19 13 08 20 20 01 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 01 01 01 01 01 01 01 01 01 01 01 01 02 08 10 11 13* 14* 15* 17* 19* 21* 20 01 23* 20 01 25 20 01 26* 20 01 27* 20 01 28 20 01 29* 20 01 30 20 01 31* 20 01 32 238 20 01 33* altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11 rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e risanamento delle acque di falda rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 01 fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 03 fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 05 rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 07 RIFIUTI URBANI (RIFIUTI DOMESTICI E ASSIMILABILI PRODOTTI DA ATTIVITÀ COMMERCIALI E INDUSTRIALI NONCHÉ DALLE ISTITUZIONI) INCLUSI I RIFIUTI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01) carta e cartone vetro rifiuti biodegradabili di cucine e mense abbigliamento prodotti tessili solventi acidi sostanze alcaline prodotti fotochimici pesticidi tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi oli e grassi commestibili oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20 01 25 vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti sostanze pericolose vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da quelli di cui alla voce 20 01 27 detergenti contenenti sostanze pericolose detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20 01 29 medicinali citotossici e citostatici medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20 01 31 batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06 01, 16 06 02 e 16 06 03 nonché batterie e accumulatori non suddivisi contenenti tali batterie 20 01 34 batterie e accumulatori diversi da quelli di cui alla voce 20 01 33 20 01 35* apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alla voce 20 01 21 e 20 01 23, contenenti componenti pericolosi (7) 20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35 20 01 37* legno, contenente sostanze pericolose 20 01 38 legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01 37 20 01 39 plastica 20 01 40 metallo 20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e ciminiere 20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti 20 02 rifiuti prodotti da giardini e parchi (inclusi i rifiuti provenienti da cimiteri) 20 02 01 rifiuti biodegradabili 20 02 02 terra e roccia 20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili 20 03 altri rifiuti urbani 20 03 01 rifiuti urbani non differenziati 20 03 02 rifiuti dei mercati 20 03 03 residui della pulizia stradale 20 03 04 fanghi delle fosse settiche 20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature 20 03 07 rifiuti ingombranti 20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti ALLEGATO B Schema di trasposizione dai codici CER di cui agli allegati del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ai codici dell’elenco dei rifiuti di cui alla decisione 2000/532/CE come modificata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE (omissis) ALLEGATO C Schema di trasposizione dei codici CER nei codici dell’Elenco dei Rifiuti (Dec. 2000/532/CE e successive modifiche ed integrazioni) (omissis) (7) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a mercurio, i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 ALLEGATO D "ALLEGATO I (articolo 2, comma 1, lettera a) - TIPOLOGIE DI RIFIUTI SANITARI E LORO CLASSIFICAZIONE (elenco esemplificativo) COMPOSIZIONE TIPO RIFIUTO 1. Rifiuti a rischio infettivo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d C.E.R. 180103 o 180202 Assorbenti igienici, pannolini pediatrici e pannoloni Pericolosi a rischio Bastoncini cotonati per colposcopia e paptest infettivo Bastoncini oculati non sterili Bastoncini oftalmici di TNT Cannule e drenaggi Cateteri (vescicali,venosi, arteriosi per drenaggi pleurici, ecc.) raccordi, sonde Circuiti per circolazione extracorporea Cuvette monouso per prelievo bioptico endometriale Deflussori Fleboclisi contaminate Filtri di dialisi. Filtri esausti provenienti da cappe (in assenza di rischio chimico) Guanti monouso Materiale monouso: vials, pipette, provette, indumenti protettivi mascherine, occhiali, telini, lenzuola, calzari, seridrape, soprascarpe, camici Materiale per medicazione (garze, tamponi, bende, cerotti, lunghette, maglie tubolari) Sacche (per trasfusioni, urina stomia, nutrizione parenterale) Set di infusione Sonde rettali e gastriche Sondini (nasografici per broncoaspirazione, per ossigenoterapia, ecc.) Spazzole, cateteri per prelievo citologico Speculum auricolare monouso Speculum vaginale Suturatrici automatiche monouso Gessi o bendaggi Denti e piccole parti anatomiche non riconoscibili Lettiere per animali da esperimento Contenitori vuoti Contenitori vuoti di vaccini ad antigene vivo Rifiuti di gabinetti dentistici Rifiuti di ristorazione Spazzatura REGIME GIURIDICO 1.bis Rifiuti provenienti dallo svolgimento di attività di ricerca e di diagnostica batteriologica C.E.R. 180103 o 180202 Piastre, terreni di colture ed altri presidi utilizzati in microbiologia e contaminati da agenti patogeni Pericolosi a rischio infettivo 2. Rifiuti taglienti C.E.R 180103 o 180202 Aghi, siringhe, lame, vetri, lancette pungidito, venflon, testine, rasoi e bisturi monouso Pericolosi a rischio infettivo 2.bis Rifiuti taglienti inutilizzati C.E.R. 180101 o 180201 Aghi, siringhe, lame, rasoi Speciali 3. Rifiuti anatomici C.E.R. 180103 o 180202 Tessuti, organi e parti anatomiche non riconoscibili Animali da es perimento Pericolosi a rischio infettivo 4. Contenitori vuoti in base al materiale costitutivo dell'imballaggio va assegnato un codice C.E.R. della categoria 1501: 150101 - 150102 150103 - 150104 - 150105 150106 - 150107 - 150109 Contenitori vuoti di farmaci, di farmaci veterinari, dei prodotti ad azione disinfettante, di medicinali veterinari prefabbricati, di premiscele per alimenti medicamentosi, di vaccini ad antigene spento, di alimenti e di bevande, di soluzioni per infusione Assimilali agli urbani se conformi alle caratteristiche di cui all'articolo 5 del presente Regolamento 239 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.M. 09/04/2002 5. Rifiuti farmaceutici, C.E.R. 180109 0 180208 Farmaci scaduti o di scarto, esclusi i medicinali citotossici e citostatici Speciali 6. Sostanze chimiche di scarto C.E.R. 180107 o 180206 Sostanze chimiche di scarto, dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate, non pericolose o non contenenti sostanze pericolosa ai sensi dell'articolo 1 della Decisione Europea 2001/118/CE Speciali ALLEGATO E ALLEGATO II (articolo 2, comma 1, lettera a) - RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI NON A RISCHIO INFETTIVO (elenco esemplificativo) 240 DENOMINAZIONE C.E.R. Medicinali citotossici e citostatici dal settore sanitario o da attività di ricerca collegate 180108 Medicinali citotossici e citostatici dal settore veterinario o da attività di ricerca collegate 180207 Sostanze chimiche di scarto, dal settore sanitario o da attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze pericolose ai sensi dell'articolo 1 della Decisione Europea 2001/118/CE 180106 Sostanze chimiche di scarto, dal settore veterinario o da attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze pericolose ai sensi dell'articolo 1 della Decisione Europea 2001/118/CE 180205 Rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici 180110 Oli per circuiti idraulici contenenti PCB 130101 Oli minerali per circuiti idraulici clorurati 130109 Oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati 130110 Oli sintetici per circuiti idraulici 130111 Oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili 130112 Altri oli per circuiti idraulici 130113 Soluzioni fissative 090104 Soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa 090101 Materiali Isolanti contenenti amianto 170601 Lampade fluorescenti 200121 Batterie al piombo 160601 Batterie al nichel-cadmio 160602 Batterie contenenti mercurio 160603 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 12 aprile 2002 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Costituzione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi (G.U. n. 91 del 18 aprile 2002) IL MINISTRO DELL'INTERNO Delegato per il coordinamento della protezione civile Vista la legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante "Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile"; Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, recante "Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile"; predette disposizioni, allo scopo di consentire il concorso della comunità scientifica alla corretta ed efficace impostazione delle diverse problematiche concernenti la protezione civile; DECRETA: Art. 1 Costituzione Viste, in particolare, le disposizioni di cui all'art. 5, commi 3, 3-bis e 3-quater della predetta legge n. 401/2001, concernenti la Commissione nazionale dei grandi rischi, per la cui costituzione, organizzazione e funzionamento si rinvia ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero del Ministro dell'interno da lui delegato; 1. È costituita la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi di seguito denominata Commissione, che opera presso il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri quale organo consultivo tecnico-scientifico e propositivo del Dipartimento stesso in materia di previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio. Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni recante ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59; Art. 2 Composizione Vista la legge 28 dicembre 2001, n. 448, contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002) ed in particolare l'art. 18, concernente il riordino degli organismi collegiali e ritenuto che la Commissione in questione rivesta il richiesto carattere tecnico e ad elevata specializzazione indispensabile per la realizzazione degli obiettivi istituzionali; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 settembre 2001, che delega le funzioni di coordinamento della protezione civile al Ministro dell'interno; Ravvisata la necessità di dare attuazione alle 1. La Commissione è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dal Ministro dell'interno da lui delegato ovvero, in mancanza, da un delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composta dal capo del Dipartimento della protezione civile, con funzioni di vice presidente, che sostituisce il presidente in caso di assenza o impedimento, da un esperto in problemi di protezione civile, da un esperto per ciascuno dei settori di rischio di cui all'art. 3, da due esperti designati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, da due esperti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e da un rappresentante del 241 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.P.C.M. 12/04/2002 Comitato nazionale di volontariato di protezione civile. 2. Alla nomina dei componenti la Commissione si provvede con decreto del Ministro dell'interno delegato per la protezione civile. Con il medesimo decreto sono nominati i componenti delle sezioni di cui all'art. 3. Art. 3 Sezioni 1. La Commissione si articola nelle seguenti sezioni: Sezione I - Rischio sismico; Sezione II - Rischio vulcanico; Sezione III - Rischio idrogeologico; Sezione IV - Rischio industriale, nucleare e chimico; Sezione V - Rischio trasporti, attività civili e infrastrutture; Sezione VI - Rischio incendi boschivi; Sezione VII - Rischio ambientale e sanitario; Sezione VIII -Difesa dei beni culturali dai rischi naturali e di origine antropica. 2. Le sezioni trattano problemi relativi agli specifici rischi di rispettiva competenza e formulano pareri e proposte alla Commissione e al Dipartimento della protezione civile. 3. Ciascuna sezione è composta da un presidente e da nove esperti. 4. Nel caso di assenza o impedimento del presidente le relative funzioni sono svolte da uno dei componenti la sezione, individuato dalla sezione medesima all'inizio di ogni anno. 5. Il coordinamento delle attività delle sezioni e assicurato dall'ufficio di presidenza della Commissione, costituito dal presidente e dal vice presidente della Commissione nonché dall'esperto in problemi di protezione civile e dall'esperto designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nominati componenti della Commissione stessa. Art. 4 Modalità organizzative e di funzionamento 242 1. Salvo i casi di urgenza o emergenza, le convocazioni della Commissione e delle sezioni sono disposte dai rispettivi presidenti con preavviso di almeno dieci giorni e con indicazione degli argomenti posti all'ordine del giorno; negli stessi termini è resa disponibile la relativa documentazione. 2. La Commissione e le sezioni si riuniscono di norma presso il Dipartimento della protezione civile ed operano con la presenza di almeno la metà più uno dei componenti. Alle riunioni possono essere invitati a partecipare autorità ed esperti esterni. I verbali delle riunioni sono approvati dai rispettivi presidenti. 3. La Commissione e le sezioni durano in carica tre anni. I componenti della Commissione e delle sezioni decadono dall'incarico quando non partecipino, senza motivate ragioni, a due riunioni consecutive. 4. Sulla base di intese tra i rispettivi presidenti possono essere convocate riunioni congiunte di più sezioni per l'esame di questioni interdisciplinari. 5. I risultati delle attività poste in essere dalle sezioni sono portati a conoscenza del presidente della Commissione e trasmessi al Dipartimento della protezione civile per le conseguenti valutazioni. 6. Al fine di acquisire pareri e proposte su situazioni di rischio in atto o potenziali, il capo del Dipartimento della protezione civile puo' richiedere ai presidenti delle sezioni la convocazione delle medesime, nonché di fare effettuare ricognizioni, verifiche e indagini ai relativi componenti. 7. Il servizio di segreteria, relazioni con il pubblico e organi collegiali del Dipartimento della protezione civile assicura i compiti di segreteria per il funzionamento della Commissione. 8. Ai componenti della Commissione e delle sezioni, per la partecipazione alle riunioni e per le attività da svolgere in località diverse da quelle di abituale residenza, compete il trattamento di missione previsto per i dirigenti statali di prima fascia. Ai relativi oneri continua a provvedersi a carico del Fondo per la protezione civile. Art. 5. Abrogazione 1. Il decreto ministeriale 18 maggio 1998, n. 429, è abrogato. Il presente decreto entra in vigore alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 18 aprile 2002 ACCORDO CONFERENZA STATO REGIONI Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, i comuni, le province e le comunità montane sull'art. 8, comma 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante "attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano", come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27 (G.U. n. 145 del 22 giugno 2002) LA CONFERENZA UNIFICATA Visto il decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 2002, n. 58, recante: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, recante attuazione della direttiva 98/1983/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano"; Visto il parere espresso da questa Conferenza nella seduta del 31 gennaio sul decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27; Vista la nota della Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome del 1° febbraio 2002, con la quale si richiama quanto convenuto nel corso della suddetta seduta in ordine agli emendamenti presentati dalle regioni ed in particolare sul ruolo di controllo e di gestione dei dati che si ritiene di competenza regionale; Considerato che, in sede tecnica, il 26 marzo 2002 si è convenuto di addivenire ad un accordo, da sancire in questa Conferenza, al fine di corrispondere alla richiesta avanzata dai presidenti delle regioni e ne sono stati altresì definiti i contenuti; Visto l'art. 9, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che prevede che in questa Conferenza possono essere sanciti accordi tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attività di interesse comune; Acquisito l'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e province autonome, delle province, dei comuni e delle comunità montane; SI SANCISCE tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane il seguente accordo nei termini sottoindicati: - in attesa delle proposte del Ministro della salute sulle modalità di cui all'art. 8, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, da adottarsi d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, si conviene quanto segue: 1) i dati di cui al comma 6, nel loro complesso, sono trasmessi dalle aziende U.L.S.S. alle regioni ai fini della loro validazione per il successivo inoltro al Ministero della salute; 2) le modalità e i termini di trasmissione dei predetti dati saranno concordati tra il Ministero della salute e le regioni nel rispetto degli obblighi comunitari e delle competenze costituzionalmente attribuite allo Stato e alle regioni in materia; 3) si conviene che le regioni trasmetteranno i dati di cui al punto precedente entro il 31 dicembre 2002; 4) i criteri di trasmissione dei risultati delle analisi di cui al comma 7 dell'art. 8 saranno concordati tra il Ministero della salute e le regioni sulla base di modalità da definirsi con successivo accordo di questa Conferenza entro il 30 giugno 2002. 243 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 26 aprile 2002 DECRETO MINISTERIALE Modifiche al decreto ministeriale 23 novembre 2001 in materia di dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 372 del 1999 (G.U. n. 126 del 31 maggio 2002) IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO Visto il proprio decreto in data 23 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2002; Visto, in particolare, l'art. 4, comma 1, del suddetto decreto che prevede che, alla data del 1° giugno 2002, tutti i gestori dei complessi IPPC, nel caso in cui siano superati i valori soglia di cui alle tabelle 1.6.2. e 1.6.3. dell'allegato 1, comunichino, oltre ai dati identificativi dei complessi, anche i dati sulle emissioni relativi all'anno 2001; Considerata la obiettiva impossibilità e, comunque, le difficoltà logistiche che i gestori dei complessi aziendali incontrerebbero nel dover effettuare, in così breve tempo, la rilevazione dei dati sulle emissioni relative all'anno 2001; Ritenuto, altresì, opportuno conoscere i dati relativi a periodi più recenti al fine di attuare una puntuale prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento proveniente dalle attività industriali; Considerato, pertanto, che il carattere innovativo del processo che si avvierà con la prima dichiarazione debba essere riferito ai dati relativi all'anno 2002; Ritenuto necessario, inoltre, inserire nel testo del decreto in esame una ulteriore definizione concernente l'autorità competente in materia di comunicazioni; DECRETA: Art. 1 244 1. Al decreto ministeriale 23 novembre 2001 sono apportate le seguenti modifiche: a) all'art. 2 dopo il punto 4) è inserito il seguente punto: "5) Autorità competenti in materia di comunicazione: per gli impianti sottoposti a procedura di VIA nazionale la comunicazione è trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - Servizio VIA - e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente; per gli altri impianti la comunicazione è trasmessa alla regione interessata o alle province autonome di Trento e di Bolzano e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente."; b) all'art. 4 il comma 1 è sostituito dal seguente: "Tutti i gestori dei complessi IPPC, che superano i valori di soglia di cui alle tabelle 1.6.2. e 1.6.3. dell'allegato 1 del presente decreto, entro il 1° giugno 2002 devono comunicare all'autorità competente di cui all'art. 2, comma 1, numero 8, del decreto legislativo n. 372/1999 ed all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente solo i dati identificativi dei complessi industriali, mentre entro il 30 aprile 2003 devono comunicare i dati sulle emissioni relativi all'anno 2002.". Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 1° giugno 2002, n.120 LEGGE Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997 (Suppl. alla G.U. n. 142 del 19 giugno 2002) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: Art. 1 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997. 2. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui al comma 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto previsto dall'articolo 25 del Protocollo stesso. 3. Il deposito dello strumento di ratifica avverrà, unitamente a quello dell'Unione europea e degli altri Stati membri della stessa, conformemente a quanto disposto dall'articolo 4 del Protocollo di cui al comma 1. Art. 2 1. In attesa e in preparazione delle decisioni e delle norme che saranno adottate dall'Unione europea in materia di politiche e misure comuni e coordinate di attuazione del Protocollo di Kyoto, al fine di individuare le politiche e le misure nazionali che consentano di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni con il minor costo, entro il 30 settembre 2002 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, presenta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) un piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento e una relazione contenente: a) lo stato di attuazione e la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 1999, con l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate: 1) al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili; 2) all'aumento degli assorbimenti di gas serra conseguente ad attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e forestali, conformemente a quanto disposto dall'articolo 3, paragrafi 3 e 4, del Protocollo di Kyoto; 3) alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation), e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism), prevedendo in particolare che, ai fini dell'adempimento degli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni, sia considerata anche la partecipazione delle imprese italiane operanti nel settore della produzione di energia ad iniziative pubbliche o private realizzate nei Paesi con economia in transizione dell'Europa orientale, destinate alla 245 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 120/2002 costruzione, ristrutturazione e messa in sicurezza di impianti di produzione di energia mediante l'impiego di tecnologie finalizzate alla riduzione o all'eliminazione delle emissioni di anidride carbonica, fermo restando quanto stabilito dalla decisione 16/CP.7, adottata dalla Settima Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici, svoltasi a Marrakesh nel novembre 2001; 4) all'accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l'introduzione dell'idrogeno quale combustibile nei sistemi energetico e dei trasporti nazionali, nonché per la realizzazione di impianti per la produzione di energia con biomasse, di impianti per l'utilizzazione del solare termico, di impianti eolici e fotovoltaici per la produzione di energia e di impianti per la produzione di energia dal combustibile derivato dai rifiuti solidi urbani e dal biogas; b) lo stato di attuazione dei programmi finanziati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in attuazione del decreto-legge 30 dicembre 1999, n. 500, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000, n. 33, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 20 luglio 2000, n. 337, nonché degli ulteriori programmi pilota finanziati con la presente legge. 2. Il piano di azione nazionale di cui al comma 1 è deliberato dal CIPE. L'attuazione del piano è scadenzata sulla base delle risorse di bilancio preordinate allo scopo. 3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 marzo di ogni anno, individua con proprio decreto, di concerto con i Ministri interessati e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i programmi pilota da attuare a livello nazionale e internazionale per la riduzione delle emissioni e l'impiego di piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio. I programmi pilota hanno l'obiettivo di definire i modelli di intervento più efficaci dal punto di vista dei costi, sia a livello interno che nell'ambito delle iniziative congiunte previste dai meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto. 246 4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 novembre di ogni anno, trasmette al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione dei programmi pilota di cui al comma 3. 5. Ai fini di cui al comma 3 è autorizzata la spesa annua di 25 milioni di euro, per il triennio 2002-2004. Art. 3 1. Al fine di ottemperare all'impegno adottato dalla Sesta Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici, svoltasi a Bonn nel luglio 2001, in materia di aiuti ai Paesi in via di sviluppo, come stabilito dalle decisioni FCCC/CP/2001/L14 e FCCC/CP/2001/L15, è autorizzata la spesa annua di 68 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2003. Art. 4 1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2, pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. 2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, valutato in 68 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2003 e 2004 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20022004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti, per i sottoindicati importi espressi in migliaia di euro: a) Ministero dell'economia e delle finanze: 43.110 per il 2003; 13.258 per il 2004; b) Ministero del lavoro e delle politiche sociali: 6.890 per il 2003; 6.890 per il 2004; c) Ministero degli affari esteri: 10.147 per il 2004; d) Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: 12.242 per il 2004; e) Ministero dell'interno: 10.000 per il 2003; 10.000 per il 2004; Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 120/2002 f) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 8.000 per il 2003; 7.853 per il 2004; g) Ministero per i beni e le attività culturali: 6.130 per il 2004; h) Ministero della salute: 1.480 per il 2004. 3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. ALLEGATO A Gas ad effetto serra Biossido di carbonio (CO2) Metano (CH4) Ossido di azoto (N2O) Idrofluorocarburi (HFC) Perfluorocarburi (PFC) Esafluoro di zolfo (SF6) Settori/categorie delle fonti Energia - Combustione di carburanti - Settore energetico - Industrie manifatturiere ed edili - Trasporti - Altri settori - Altro - Emissioni fuoriuscite da combustibili - Combustibili solidi - Petrolio e gas naturale - Altro Processi industriali - Prodotti minerali - Industria chimica - Metallurgia - Altre produzioni - Produzione di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo - Consumo di idrocarburi alogenati e di esafluoro di zolfo - Altro - Uso di solventi e di altri prodotti Agricoltura - Fermentazione enterica - Trattamento del letame - Risicoltura - Terreni agricoli - Incendi controllati dalle savane - Incenerimento sul luogo di rifiuti agricoli - Altro Rifiuti - Discariche per rifiuti solidi - Trattamento delle acque reflue - Incenerimento dei rifiuti - Altro 247 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L. 120/2002 ALLEGATO B Parte Quantificazione degli impegni di limitazione o di riduzione delle emissioni (percentuale delle emissioni dell'anno o del periodo di riferimento) Australia Austria Belgio Bulgaria* Canada Comunità Europea Croazia* Danimarca Estonia* Federazione Russa* Finlandia Francia Germania Giappone Grecia Irlanda Islanda Italia Lettonia* Liechtenstein Lituania* Lussemburgo Monaco Norvegia Nuova Zelanda Olanda Polonia* Portogallo Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord Repubblica Ceca* Romania* Slovacchia* Slovenia* Spagna Stati Uniti d'America Svezia Svizzera Ucraina* Ungheria* 108 92 92 92 94 92 95 92 92 100 92 92 92 94 92 92 110 92 92 92 92 92 92 101 100 92 94 92 92 92 92 92 92 92 93 92 92 100 94 * Paesi in transizione verso un'economia di mercato. 248 Atti della Regione Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE 29 novembre 2001, n. 624 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, artt. 6, 15, 7 e 8; D.P.R. 25 luglio 1991 e D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994 - Autorizzazioni di carattere generale per le emissioni in atmosfera provenienti da impianti per attività di servizio nuovi, da modificare o da trasferire (B.U. n. 6 del 7 febbraio 2002) Visto il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 recante norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici inquinanti, e di inquinamento prodotto da impianti industriali; attesto che per l’art. 4 spetta alla Regione la fissazione dei valori delle emissioni di impianti sulla base della migliore tecnologia disponibile e tenendo conto delle linee guida fissate dallo Stato e dei relativi valori di emissione; visti gli artt. 6 e 15 del D.P.R. n. 203/1988 con i quali sono sottoposte a preventiva autorizzazione la costruzione di un nuovo impianto, la modifica sostanziale di un impianto che comporti variazioni qualitative e/o quantitative delle emissioni inquinanti, il trasferimento di un impianto in altra località; vista la D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994 nella quale sono stabiliti i criteri e le modalità per l’attività delle procedure semplificate di autorizzazione per specifici settori produttivi o attività; valutato che per le attività di servizio individuate nell’allegato 2 possono essere individuate soluzioni tecnologiche caratterizzate da contenuti livelli di emissione, che, allo stato attuale delle conoscenze, risultano essere quelle di cui allo stesso allegato; ritenuto pertanto possibile attivare la procedura semplificata di autorizzazione per gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per tali attività di servizio adottando soluzioni tecnologiche aventi le caratteristiche di cui all’allegato 2, presentando domanda secondo il modello di cui all’allegato 1; vista la legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 che all’art. 44, comma 1, lett. c) attribuisce alle Province il controllo delle emissioni atmosferiche, ivi compresi i provvedimenti di autorizzazione, di diffida, di sospensione, di revisione e di revoca delle autorizzazioni agli impianti che producono emissioni, attribuzione già precisata nella specifica legge regionale 7 aprile 2000, n. 43 all’art. 3, comma 1, lett. d), e divenuta operativa dal 21 febbraio 2001; considerato che per il combinato disposto della sopra citata legge regionale 44/2000 e della D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994, gli enti e le imprese che presentano domanda di autorizzazione secondo il modello di cui all’allegato 1 e si impegnano a rispettare le prescrizioni di cui all’allegato 2 sono autorizzati in via generale ai sensi degli artt. 6, 15 e 17 del D.P.R. n. 203/1988 e dell’art. 5 del D.P.R. 25 luglio 1991, con effetto dalla data di ricevimento della domanda da parte della Provincia competente per territorio; visto il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203; visto il D.P.R. 25 luglio 1991 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 27 luglio 1991; vista la D.C.R. n. 946-17595 del 13 dicembre 1994; vista la legge regionale 13 aprile 1995, n. 60; viste le leggi regionali 26 aprile 2000, n. 44 e 7 aprile 2000, n. 43; visti gli artt. 3 e 16 del Decreto legislativo n. 29/93 come modificato dal D.Lgs. n. 470/93; visto l’art. 22 della legge regionale 8 agosto 1997, n. 51; in conformità con gli indirizzi e i criteri disposti nella materia del presente provvedimento dalla Giunta Regionale con provvedimento deliberativo n. 40-23049 del 10 novembre 1997; 251 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.D.624/2001 il Dirigente Responsabile del Settore Risanamento Acustico ed Atmosferico DETERMINA: 252 di attivare la procedura semplificata di autorizzazione per gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per le attività di servizio indicate nell’allegato 2, adottando soluzioni tecnologiche aventi le caratteristiche di cui allo stesso allegato 2. Gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per tali attività di servizio adottando soluzioni tecnologiche aventi le caratteristiche di cui all’allegato 2, per avvalersi della procedura semplificata di autorizzazione devono presentare domanda secondo il modello di cui all’allegato 1. Copia della domanda di autorizzazione trasmessa alla Provincia deve essere contestualmente inviata al Sindaco e al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (A.R.P.A.) competenti per territorio. Gli enti e le imprese che presentano la domanda di autorizzazione di cui all’allegato 1, impegnandosi a rispettare le prescrizioni di cui all’allegato 2, sono autorizzati in via generale ai sensi degli artt. 6, 15 e 7 del D.P.R. n. 203/1988 e dell’art. 5 del D.P.R. 25 luglio 1991, con effetto dalla data di ricevimento della domanda da parte della Provincia. L’autorizzazione ottenuta in via generale da un ente o impresa può essere revocata dalla Provincia competente per territorio sulla base di eventuali rilievi motivati del Sindaco in merito alla domanda, pervenuti ai sensi dell’art. 7, comma 2 del D.P.R. n. 203/1988. Gli enti e le imprese che intendano installare, modificare o trasferire impianti per le attività di servizio con caratteristiche tecnico-costruttive e gestionali diverse da quelle previste nell’allegato 2, devono presentare domanda di autorizzazione seguendo le normali procedure previste dal D.P.R. n. 203/1988 ai fini di ottenere la preventiva autorizzazione, rilasciata esplicitamente dalla Provincia. Ai sensi della Legge Regionale 13 aprile 1995, n. 60, le attività di vigilanza e controllo del rispetto delle prescrizioni autorizzatorie di cui all’allegato 2 sono affidate ai Dipartimenti provinciali o subprovinciali dell’A.R.P.A. competenti per territorio. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie la Provincia procederà secondo quanto previsto dall’art. 10 del D.P.R. 203/1988. Sono fatti salvi ogni altro parere, nulla osta, autorizzazione, ecc. previsto dalla normativa vigente, nonchè specifici e motivati interventi da parte dell’Autorità Sanitaria ai sensi dell’art. 217 T.U.L.S. approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265. Gli enti e le imprese autorizzati in via generale dovranno comunicare alla Provincia, al Comune ed al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. competenti per territorio, eventuale variazione di ragione sociale ai fini della volturazione della documentazione agli atti. Gli enti e le imprese autorizzati in via generale dovranno comunicare alla Provincia, al Comune ed al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. competenti per territorio la cessazione dell’attività degli impianti autorizzati e la data prevista per l’eventuale smantellamento degli stessi. Gli enti e le imprese autorizzati in via generale a trasferire gli impianti da altra località dovranno inviare alla Provincia, al Comune ed al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. competenti per territorio relativamente alla precedente sede di impianto; - richiesta di chiusura della pratica ex D.P.R. n. 203/1988 nel caso in cui il trasferimento autorizzato attenga a tutti gli impianti installati nella precedente sede; - elaborati tecnici aggiornati relativi agli impianti rimasti nella precedente sede nel caso in cui il trasferimento autorizzato attenga solo a parte degli impianti installati nella stessa. Gli allegati 1 e 2 sono da considerarsi parte integrante della presente determinazione. La presente determinazione potrà essere modificata secondo quanto disposto dal D.P.R. n. 203/1988. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.D.624/2001 ALLEGATO I BOLLO Alla Provincia di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . . . . . . . e p. c. Al Sindaco del Comune di ...................................... AlI’ A.R.P.A. Dipartimento di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . . . . . . . ...................................... Oggetto: Domanda di AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per le emissioni in atmosfera provenienti da impianti per attività di servizio, ai sensi del D.P.R. n. 203/1988 e del D.P.R. 25 luglio 1991. Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .nato a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .il . . ./ . . ./ . . . . ., residente a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .in via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . in qualità di legale rappresentante dell’impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . con sede legale in . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . chiede l‘AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per: [1] . . n.[2] n.[2] n.[2] n.[2] n.[2] . . . . . . . . . . . . . . . . . . .installare un nuovo impianto per attività di servizio neI quale verranno attivati: .generatori di calore con potenzialità termica nominale [3] . . . . . . . .MW a [4] . . . .locali ricarica batterie .sistemi di raffreddamento o riscaldamento indiretto .serbatoi per Io stoccaggio di [5] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .sale prova motori o sistemi captazione gas di scarico di veicoli in Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . [1] . . n.[2] n.[2] n.[2] n.[2] n.[2] . . . . . . . . . . . . . . . . . . .modificare l’impianto per attività di servizio nel quale verranno attivati: .generatori di calore con potenzialità termica nominale [3] . . . . . . . .MW a [4] . . . .locali ricarica batterie .sistemi di raffreddamento o riscaldamento indiretto .serbatoi per lo stoccaggio di [5] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .sale prova motori o sistemi captazione gas di scarico di veicoli ubicato in Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . [1] . . . n.[2] . n.[2] . n.[2] . n.[2] . n.[2]… . . . . . . . . . . . . .trasferire un impianto per attività di servizio nel quale verranno attivati: .generatori di calore con potenzialità termica nominale [3] . . . . . . . .MW a [4] . . . .locali ricarica batterie .sistemi di raffreddamento o riscaldamento indiretto .serbatoi per Io stoccaggio di [5] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .sale prova motori o sistemi captazione gas di scarico di veicoli dal Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . al Comune di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .via/corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n . . . . . . . Pertanto si impegna a rispettare le prescrizioni dì cui all’allegato 2 della D.D. del Settore regionale 22.4 n. 624 del 29/11/2001 Dichiara che l’intervento per cui si richiede l’autorizzazione non ricade nei progetti sottoposti a procedura di VIA ai sensi della normativa nazionale e regionale vigente in materia. Allega scheda informativa generale dello stabilimento in cui sarà attivato l’impianto. Data …/…/… il LEGALE RAPPRESENTANTE (timbro e firma ................................................. 253 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.D.624/2001 NOTE PER LA COMPILAZIONE DELLA DOMANDA PER OTTENERE L’AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE [1] [2] [3] [4] [5] indicare con una X la motivazione della richiesta di autorizzazione. indicare il numero dì apparecchiature che si intendono installare. indicare la potenzialità termica nominale di ciascun generatore di calore. indicare il tipo di combustibile per ciascun generatore di calore. indicare per ciascun serbatoio il tipo di prodotto staccato (azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido di carbonio liquido, soluzioni acquosa di acido cloridrico, soluzioni acquose di acido solforico, soluzioni acquose di idrossido di sodio, soluzioni acquose di ammoniaca). La domanda di autorizzazione in BOLLO deve essere inviata alla PROVINCIA in cui ha o avrà sede operativa l’impianto, copia della medesima deve essere contestualmente trasmessa al SINDACO e al Dipartimento provinciale o subprovinciale deII’A.R.P.A. competenti per territorio. SCHEDA INFORMATIVA GENERALE 1. UNITÀ LOCALE OPERATIVA: (coincide con il luogo in cui materialmente si trova l’impianto per il quale si sta presentando domanda di autorizzazione) 1.1. RAGIONE SOCIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INDIRIZZO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . COMUNE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .PROVINCIA C.A.P . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .TELEFONO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ................. ................. ................. ................. 1.2. CLASSIFICAZIONE INDUSTRIA INSALUBRE: CLASSE 1[ ] A [ ] B [ ] C [ ] CLASSE 2 [ ] A [ ] B [ ] C [ ] NON CLASSIFICATA [ ] 1.3. NUMERO ADDETTI: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4. CODICI ATTIVITÀ ISTAT: ............................................................... 1.5. EVENTUALE ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA DI APPARTENENZA: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ................................................................................... ................................................................................... 1.6. LEGALE RAPPRESENTANTE: COGNOME E NOME . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . NATO A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .IL . . . . . . . . . . . . . . . . RESIDENTE A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .PROVINCIA . . . . . . . . VIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .N° 2. SEDE LEGALE IMPRESA [ ] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ENTE [ ] 2.1. PARTITA IVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .CODICE FISCALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2. ISCRIZIONE CAMERA DI COMMERCIO N° . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3. RAGIONE SOCIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INDIRIZZO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . COMUNE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .PROVINCIA C.A.P . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .TELEFONO . . . . . . . . . . . . . . . . . .FAX Data: …/…/…. 254 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ................. ................. ................. ................. IL LEGALE RAPPRESENTANTE (timbro e firma) ………………………… Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.D.624/2001 prodotti, in condizioni di sicurezza, senza ricorso a diluizioni non necessarie. ALLEGATO 2 IMPIANTI PER ATTIVITÀ Dl SERVIZIO A) PRESCRIZIONI RELATIVE ALL’INSTALLAZIONE E ALL’ESERCIZIO DI IMPIANTI PER ATTIVITÀ DI SERVIZIO I limiti di emissione espressi in concentrazione (mg/m3 massa di sostanza contenuta in un metro cubo di effluente) sono riferiti a 0°C e 0,101 MPa, previa detrazione del tenore di vapore acqueo, nonché al flusso gassoso strettamente necessario all’evacuazione di tutti gli effluenti 1) Generatori di calore a scambio indiretto I generatori di calore a scambio indiretto aventi, per ciascuna unità, potenzialità termica nominale inferiore a 50 MW, possono essere alimentati esclusivamente con i combustibili convenzionali: metano, GPL, gasolio e olio combustibile con contenuto dì zolfo non superiore all’0,3% in massa e devono rispettare I sotto elencati limiti di emissione riferiti ad un tenore dì ossigeno pari al 3% in volume: Generatori di calore alimentati a metano o GPL Polveri totali CO NOx (come NO2) 5 mg/m3 100 mg/m3 150 mg/m3 Generatori di calore alimentati a gasolio Polveri totali CO NOx (come NO2) SOx (come SO2) 20 mg/m3 100 mg/m3 200 mg/m3 350 mg/m3 Generatori di calore alimentati a olio combustibile con contenuto di zolfo non superiore allo 0,3% in massa (STZ): Polveri totali CO NO~ (come NO2) SO~ (come SO2) 80 mg/m3 100 mg/m3 200 mg/m3 500 mg/m3 Per i generatori di calore a cambio indiretto sono prescritti autocontrolli periodici della emissioni con cadenza annuale a partire dalla data di avviamento. Ai sensi dell’art. 6 del DPCM 2 ottobre 1995 i generatori di calore con potenzialità termica nominale superiore a 6 MW, per ciascuna unità, devono essere dotati di analizzatori in continuo dell’ossigeno libero e dell’ossido di carbonio e di rilevatori della temperatura nei gas effluenti. Si ricorda che ai sensi dell’art. 5 del DPCM 2 ottobre 1995 nei generatori di calore aventi potenzialità termica inferiore o uguale a 3 MW, per ciascuna unità, è vietato l’utilizzo di olio combustibile con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa. 2) Ricarica batterie Gli effluenti provenienti dalle postazioni di ricarica delle batterie piombo-acido, captati e convogliati in atmosfera,devono rispettare i seguenti limiti di emissione: H2S04 2 mg/m3 Per le emissioni provenienti dalla ricarica batterie non sono prescritti autocontrolli periodici delle emissioni. 3) Sistemi di raffreddamento e riscaldamento per scambio indiretto Le emissioni provenienti da sistemi di raffreddamento e riscaldamento per scambio indiretto, quali i sistemi di raffreddamento compressori, motori; trasformatori o gli effluenti provenienti da scambiatori di calore (lato aria), sono considerate trascurabili purché sia utilizzato, come fluido per il raffreddamento o riscaldamento, esclusivamente aria che non sia venuta in nessuna fase a contatto con fluidi o materiali di processo. Per tali emissioni l’impresa è esentata dall’effettuare i rilevamenti delle emissioni di cui all’art. 8, comma 2 del D.P.R. n. 203/1988, nonché ulteriori rilevamenti periodici. 4) Serbatoi per lo stoccaggio di azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido di carbonio liquido, soluzioni acquose di acido cloridrico, soluzioni acquose di acido solforico, soluzioni acquose di idrossido di sodio, soluzioni acquose di ammoniaca Le emissioni provenienti dalle fasi di respirazione e dalle fasi di carico e scarico di serbatoi per lo stoccaggio di azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido di carbonio liquido sono considerate trascurabili. Le emissioni provenienti dalle fasi di respirazione e dalle fasi di carico e scarico di serbatoi per lo stoccaggio di soluzioni acquose di acido cloridrico, soluzioni acquose dì acido solforico, soluzioni acquose di idrossido di sodio, soluzioni acquose di ammoniaca sono considerate trascurabili purché siano trattate in un adeguato sistema di abbattimento. Per tali emissioni l’impresa è esentata dall’effettuare i rilevamenti delle emissioni dì cui all’art. 8, comma 2 del D.P.R. n. 203/1988, nonché ulteriori rilevamenti periodici. 5) Sale prova motori e gas di scarico di veicoli Per le emissioni provenienti da sale prova di motori di veicoli omologati o dalla captazione di gas di scarico di veicoli omologati non sono fissati limiti di emissione, in quanto dipendenti dalle condizioni di scarico dei veicoli, fissate dallo Stato. Per tali emissioni l’Impresa è esentata dall’effettuare i rilevamenti delle emissioni di cui all’art. 8, comma 2 deI D.P.R. n. 203/1988, nonché ulteriori rilevamenti periodici. 255 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.D.624/2001 B) PRESCRIZIONI COMUNI PER GLI IMPIANTI PER ATTIVITÀ Dl SERVIZIO INDIVIDUATI NELLA LETTERA A) DEL PRESENTE ALLEGATO 1) L’esercizio e la manutenzione degli impianti devono essere tali da garantire, in tutte le condizioni di funzionamento, il rispetto dei limiti di emissione fissati. 3) L’impresa deve comunicare, con almeno 15 giorni di anticipo, alla Provincia, al Sindaco e al Dipartimento provinciale o subprovinciale deIl’A.R.P.A. territorialmente competenti, la data in cui intende dare inizio alla messa in esercizio degli impianti. La comunicazione di cui sopra deve essere accompagnata dalla documentazione di cui alla successiva lettera C. li termine per la messa a regime dell’impianto è stabilito in 30 giorni a partire dalla data di inizio della messa in esercizio. 4) Fatte salve le esenzioni previste per alcune lavorazioni nella lettera A del presente allegato 2, per gli adempimenti di cui all’art. 8, comma 2 del D.P.R. n. 203/1988, l’impresa deve effettuare per ciascun punto di emissione attivato, un rilevamento delle emissioni, in un giorno dei primi dieci di marcia controllata dell’impianto a regime. 5) L’impresa deve effettuare gli autocontrolli di cui all’art. 8, comma 2 deI D.P.R. n. 203/1988, nonché quelli periodici ove prescritti nella lettera A) del presente allegato 2, dando comunicazione, con almeno 15 giorni di anticipo, alla Provincia e al Dipartimento provinciale o subprovinciale dell’A.R.P.A. territorialmente competenti, della data in cui intende effettuare i prelievi. I risultati del rilevamento effettuato devono poi essere trasmessi alla Provincia, al Dipartimento provinciale o subprovinciale delI’A.R.P.A. ed al Sindaco. 6) Durante gli autocontrolli devono essere determinate, nelle più gravose condizioni di esercizio dell’impianto produttivo, sia le portate degli effluenti, sia le concentrazioni degli inquinanti per i quali sono stabiliti limiti di emissione nella lettera A del presente allegato 2. 7) Per l’effettuazione degli autocontrolli e per la presentazione dei relativi risultati devono essere seguite le norme UNICHIM in merito alle “Strategie di campionamento e criteri di valutazione delle emissioni” (Manuale n. 158/1988), nonché ai metodi di campionamento ed analisi per flussi gassosi convogliati così come rivisti dal DM 25/08/2000, pubblicato sul Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 223 del 23 Settembre 2000. Qualora per l’inquinante da determinare non esista metodica analitica tra quelle sopra citate, nella presentazione dei risultati deve essere descritta la metodica utilizzata. 9) I condotti per lo scarico in atmosfera degli effluenti devono essere provvisti di idonee prese (dotate di opportuna chiusura) per la misura ed il campionamento degli effluenti, site in posizione tale da consentire l’accesso e tutte le operazioni tecniche necessarie in condizioni di sicurezza. 10) Al fine di favorire la dispersione delle emissioni, la direzione del loro flusso allo sbocco deve essere verticale verso l’alto e l’altezza minima dei punti di emissione essere tale da superare di almeno un metro qualsiasi ostacolo o struttura distante meno di dieci metri; i punti di emissione situati a distanza compresa tra 10 e 50 metri da aperture di locali abitabili esterni al perimetro dello stabilimento, devono avere altezza non inferiore a quella de! filo superiore dell’apertura più alta diminuita di un metro per ogni metro di distanza orizzontale eccedente i 10 metri. Eventuale deroga alla presente prescrizione potrà, su richiesta dell’impresa, essere concessa dal Sindaco. 11) L’impresa deve conservare in stabilimento, a disposizione degli organismi preposti al controllo, copia della documentazione trasmessa alla Provincia per ottenere l’autorizzazione in via generale. C) DOCUMENTAZIONE DA INOLTRARE CON LA COMUNICAZIONE DI MESSA IN ESERCIZIO DEGLI IMPIANTI Compilare lo schema sotto riportato indicando le caratteristiche dei punti di emissione, attribuendo ai medesimi un numero progressivo che tenga conto degli eventuali punti di emissione già esistenti a servizio dell’intero impianto ed indicandone la provenienza utilizzando la terminologia adottata nel presente allegato 2, lettera A). IMPIANTO punto di emissione numero provenienza portata [m3/h a 0° C e 0,1,1 Mpa] Allegare la planimetria generale dell’impianto, in scala adeguata, nella quale sia indicata la collocazione degli impianti oggetto di domanda con i relativi punti di emissione. Indicare per ciascun generatore di calore installato la potenzialità termica nominale ed il tipo di combustibile utilizzato. 256 altezza punto di emissione [m] Diametro o lati [m] o [mxm] Impianto di abbattimento Indicare per ciascun serbatoio il volume, il tipo di prodotto stoccato (azoto liquido, ossigeno liquido, argon liquido, biossido di carbonio liquido, soluzioni acquose di acido cloridrico, soluzioni acquose di acido solforico, soluzioni acquose di idrossido di sodio, soluzioni acquose di ammoniaca) e il sistema di abbattimento delle emissioni adottato. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DELIBERAZIONE AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO - PARMA 18 dicembre 2001, n. 25 Direttiva “Portate limite di deflusso per l’asta del fiume Po - Individuazione dei valori obiettivo” (B.U. n. 11 del 14 marzo 2002) IL COMITATO ISTITUZIONALE Premesso che - con deliberazione n. 18 in data 26 aprile 2001 è stato adottato il “Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico per il bacino idrografico di rilievo nazionale del fiume Po” (PAI); - con D.P.C.M. 24 maggio 2001 è stato approvato lo stesso Piano PAI; - ai sensi del comma 1, dell’art. 11, delle Norme di attuazione del PAI l’Autorità di bacino del fiume Po definisce i valori limite delle portate o dei livelli idrometrici nelle sezioni critiche per l’asta del fiume Po e per l’intero bacino idrografico del fiume Po, da assumere come base di progetto; - lo stesso art. 11 delle Norme di attuazione del PAI prevede ai commi successivi: “c.2. le sezioni critiche indicate devono essere oggetto, a cura delle Amministrazioni competenti, di monitoraggio idrologico continuativo, con aggiornamento costante della geometria dell’alveo, misura dei livelli idrometrici, costruzione e aggiornamento della scala di deflusso; c.3. i valori fissati rappresentano condizioni di vincolo per la progettazione degli interventi di difesa dalle piene sul reticolo idrografico del bacino. La sistemazione dei tratti fluviali a monte delle sezioni critiche indicate deve essere fatta in modo tale che nelle stesse sezioni non venga convogliata una portata massima superiore a quella limite. A questo fine i singoli interventi di difesa devono essere definiti dall’Autorità idraulica competente all’interno di un progetto preliminare che interessi la porzione di corso d’acqua significativamente influenzabile dagli effetti delle opere; c.4. ai fini del rispetto dei valori limite di cui ai commi precedenti, le Amministrazioni competenti devono provvedere alla progettazione e alla realizzazione degli interventi necessari a garantire (mantenere o ripristinare) i volumi idrici invasabili all’interno della Fascia B, così come quantificati nel presente Piano per ciascun tratto di corso d’acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali di cui al successivo art. 28. Nell’ambito delle attività di progettazione e a seguito della realizzazione degli interventi, le Amministrazioni sopra indicate attuano adeguate operazioni di monitoraggio sulla morfologia e sulle caratteristiche idrauliche dell’alveo, finalizzate all’approfondimento alla scala progettuale della valutazione dei volumi invasati e al controllo nel tempo degli stessi; c.5. ogni variazione rispetto ai valori limite delle portate e dei livelli idrometrici viene comunicata dall’Amministrazione competente all’Autorità di bacino che provvede a validare i dati e ad aggiornare le tabelle di riferimento.” Considerato che - in seguito all’evento alluvionale dell’ottobre 2000 è stato predisposto dalle Regioni territorialmente interessate e dal Magistrato per il Po un Piano di interventi straordinari, ai sensi dell’Ordinanza 3090 del 18/10/2000; - tale Piano di interventi è stato approvato dal Comitato Tecnico di questa Autorità di bacino nelle sedute del 10 aprile 2001 e del 12 giugno 2001; - per quanto riguarda il tratto di fiume Po compreso fra la confluenza della Dora Baltea e quella del Tanaro gli interventi straordinari di cui ai punti precedenti sono stati valutati sulla scorta dei risultati di uno specifico approfondimento condotto da questa Autorità di bacino e finalizzato alla verifica e all’aggiornamento, 257 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del.Aut.Bacino 25/2001 alla luce degli eventi alluvionali dell’ottobre 2000, dei valori delle portate di piena al colmo, della delimitazione delle fasce fluviali e delle linee di intervento previste negli strumenti di pianificazione di bacino precedentemente approvati o in corso di approvazione (deliberazione n. 19/2001); - tale approfondimento conoscitivo oltre ad individuare la fattibilità di interventi volti a risolvere alcune problematiche locali (interventi di prima fase, corrispondenti in linea generale con quelli previsti dal Magistrato per il Po nel Piano 3090), ha evidenziato la necessità di compensare gli effetti di tali interventi locali incrementando la laminazione delle piene mediante l’estensione della fascia B e la destinazione di nuove aree a funzioni di invaso; - in linea generale su tutto il reticolo idrografico principale del bacino del Po, gli interventi di contenimento dei livelli e di miglioramento della capacità di convogliamento della sezione di deflusso che concorrono ad aumentare le portate defluenti nei tratti di valle, devono essere progettati a livello di asta fluviale considerando la necessità di prevedere gli opportuni interventi di incremento della laminazione all’interno della fascia fluviale o, laddove possibile, di estensione delle aree di laminazione anche al di fuori della stessa fascia fluviale; - coerentemente con quanto specificato al punto precedente, l’Autorità di bacino, nell’ambito degli studi di fattibilità della sistemazione idraulica dell’asta del Po e dei corsi d’acqua principali interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali, in corso di svolgimento in attuazione del PAI, definirà a livello di progetto generale l’assetto di ciascuna asta fluviale in modo tale da conseguire un sostanziale compenso tra le nuove opere locali di contenimento dei livelli idrici e quelle di incremento dei volumi di laminazione con il fine minimo di non aumentare rispetto alla situazione attuale i deflussi a valle; 258 - appare opportuno individuare in primo luogo i valori obiettivo delle portate limite da assumere per le progettazioni generali di asta fluviale e per le verifiche di compatibilità idraulica e successivamente i valori vincolo di dette portate in seguito ai risultati dell’attività di monitoraggio idrologico prevista e della progettazione di dettaglio degli interventi di difesa idraulica DELIBERA: Art. 1 In attuazione di quanto disposto dall’art. 11 delle Norme di attuazione del Piano stralcio Assetto idrogeologico (PAI), i valori obiettivo per le portate limite, in corrispondenza delle sezioni dell’asta principale del fiume Po, sono così fissati: - Moncalieri 2.600 m3/s - Valenza 7.600 m3/s - Isola S. Antonio 10.300 m3/s - Piacenza 13.000 m3/s - Pontelagoscuro 13.000 m3/s Tali valori, corrispondenti alle portate con tempo di ritorno pari a duecento anni individuate nella “Direttiva sulla piena di progetto da assumere per le progettazioni e le verifiche di compatibilità idraulica”, rispondono alla finalità di non aumentare lungo l’asta del Po, rispetto alle condizioni attuali, i valori delle portate al colmo per effetto di interventi di contenimento dei livelli idrici realizzati sulla stessa asta o sugli affluenti principali. Le sezioni sopra indicate costituiscono sezioni prioritarie di monitoraggio idrologico continuativo finalizzato: - a ulteriori precisazioni e verifiche dei valori espressi, connesse al miglioramento della precisione delle misure in condizioni di piena e all’approfondimento delle elaborazioni idrologiche per la stima delle portate con tempo di ritorno assegnato; - alla verifica interattiva degli effetti degli interventi di difesa individuati dal PAI e progressivamente attuati nell’ambito della programmazione triennale. In funzione dei risultati del monitoraggio idrologico e della progettazione di dettaglio degli interventi di difesa idraulica di cui al successivo art. 2 i valori obiettivo, eventualmente modificati in aumento o in diminuzione, saranno approvati come valori vincolo delle portate limite. Con la medesima procedura e a seguito degli approfondimenti idrologici effettuati saranno fissati i valori obiettivo e i valori vincolo delle portate limite su ulteriori sezioni critiche degli affluenti principali del fiume Po. Art. 2 I valori obiettivo sopraindicati devono essere conseguiti attraverso la realizzazione degli Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 Del.Aut.Bacino 25/2001 interventi necessari all’attuazione dell’assetto di progetto dell’asta del Po e degli affluenti principali definito dalle fasce fluviali contenute nel Piano stralcio Fasce Fluviali (PSFF) e nel PAI; in particolare costituisce priorità di intervento la realizzazione delle opere eventualmente necessarie a mantenere o ripristinare i volumi idrici invasati in piena all’interno della Fascia B, così come quantificati nel PAI per ciascun tratto di corso d’acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali. L’Autorità di bacino, nell’ambito degli stadi di fattibilità della sistemazione idraulica dell’asta del Po e dei corsi d’acqua principali interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali condotti in attuazione del PAI, definisce a livello di progetto generale di asta fluviale gli interventi necessari al conseguimento dell’assetto definito dalle fasce fluviali per ciascun corso d’acqua. Ove necessario individua inoltre gli interventi di potenziamento della capacità di laminazione lungo l’alveo, o di realizzazione di nuove aree di laminazione esterne alle fasce, in modo tale che le portate nelle sezioni di cui all’art. 1, partendo da uno scenario idrologico di piena con tempo di ritorno duecento anni, non siano superiori a quelle obiettivo fissate. I progetti redatti dagli enti competenti all’attuazione dei progetti generali di assetto di ciascuna asta fluviale di cui al paragrafo precedente devono essere esaminati dall’Autorità di bacino che verifica la coerenza con i progetti generali e la compatibilità con i valori obiettivo delle portate fissati. In assenza di progetti generali di asta fluviale e per interventi urgenti di carattere locale sul reticolo idrografico principale non previsti nel PSFF o nel PAI gli interventi di contenimento dei livelli che sottraggono volumi di espansione della piena devono essere compensati localmente attraverso la destinazione di nuove aree alla laminazione della piena. Ai fini della verifica degli effetti dei progetti di sistemazione delle aste fluviali, l’Autorità di bacino costruisce scenari idrologici di riferimento in cui sono definite diverse condizioni di formazione delle piene lungo l’asta del Po, in relazione alla concomitanza degli apporti degli affluenti; sulla base di tali scenari idrologici la stessa Autorità costruisce uno strumento di simulazione idrologico-idraulica idoneo alla valutazione delle modificazioni indotte dagli interventi in progetto sulla forma dell’onda di piena lungo gli affluenti principali e lungo l’asta del Po. Art. 3 Le sezioni critiche oggetto del monitoraggio di cui al comma 2 dell’art. 11 delle Norme di attuazione del PAI, oltre a quelle individuate all’art. 1, per l’asta del fiume Po sono individuate in corrispondenza degli abitati di Cardè, Carignano, San Mauro Torinese, Crescentino, Casale, Spessa, Cremona, Boretto, Borgoforte, Revere - Ostiglia. Il monitoraggio, da condurre a cura degli enti competenti con criteri di integrazione con le reti di misura esistenti, riguarda le seguenti attività: - rilevazioni topografiche della geometria degli alvei nei tratti interessati dalle sezioni di misura, mediante campagne di definita periodicità, in funzione del trend di evoluzione morfologica e del regime idrologico; - misure idrometriche, tramite una rete di sensori con funzionamento in continuo; - misure di portata, tramite sensori in continuo e campagne periodiche di misura finalizzate principalmente alla costruzione di scale di portata sperimentali. I costi delle attività di monitoraggio sono inserita nei Programmi triennali di attuazione del PAI, al fine di garantire la necessaria continuità delle misure e delle indagini. Con successivo provvedimento si fisseranno le modalità operative sulla base delle quali dovranno essere condotte le attività di monitoraggio idrologico e morfologico e si individueranno i soggetti a queste preposti. 259 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 27 dicembre 2001, n. 217 - 41038 Direttiva CE 97/11. Integrazione degli allegati alla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 ‘Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione’ (B.U. n. 5 del 31 gennaio 2002) IL CONSIGLIO REGIONALE Vista la direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati; Vista la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997, che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati; Vista la legge 9 marzo 1989, n. 86 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari), modificata e integrata dalla legge 24 aprile 1998, n. 128; Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento); Vista la legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 (Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione), modificata dalla legge regionale 10 novembre 2000, n. 54, in particolare l’articolo 23, comma 7, che consente al Consiglio regionale di procedere con propria deliberazione alla modificazione dei contenuti degli allegati ogniqualvolta sia necessaria un’armonizzazione con eventuali modifiche ed integrazioni della normativa comunitaria e statale; Visti, inoltre, gli allegati alla citata L.R. 40/1998, aggiornati con deliberazioni del Consiglio Regionale n. 8 - 16099 del 27 giugno 2000 e n. 154-9357 del 13 marzo 2001 e con deliberazione di Giunta regionale n. 423096 del 28 maggio 2001; 260 Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 27-1247 del 6 novembre 2000 “L.R. 44/2000. Approvazione del Documento di programmazione delle Attività Estrattive relativamente ai comparti di Pietre ornamentali ed inerti da calcestruzzo, conglomerati bituminosi e toutvenant per riempimenti e sottofondi”; Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 68 - 3344 del 25 giugno 2001 “Direttiva CE 97/11. Integrazione degli allegati alla L.R. 40/1998, recante ‘Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione’” e, in particolare, le motivazioni in essa illustrate; visto che tale D.G.R. propone all’approvazione del Consiglio regionale l’aggiornamento degli allegati alla L.R. 40/1998 sulla base delle previsioni della direttiva CE 97/11, nonché a seguito delle esperienze derivanti dall’attuazione della legge e degli approfondimenti in materia di cave derivanti dal citato Documento di programmazione delle attività estrattive; DELIBERA: o di approvare l’aggiornamento degli allegati A1, A2, B1, B2, B3 e C alla L.R. 40/1998 sulla base delle previsioni della direttiva CE 97/11, nonché a seguito delle esperienze derivanti dall’attuazione della legge e degli approfondimenti in materia di cave derivanti dal citato Documento di programmazione delle attività estrattive, secondo quanto previsto dall’allegato A) che forma parte integrante della presente deliberazione; o di dare mandato alla Giunta regionale di: comunicare, sulla base delle previsioni di cui Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.C.R. 217-41038/2001 all’articolo 9 comma 2 bis della L. 86/1989, ad intervenuta approvazione della deliberazione consiliare, il numero e gli estremi di pubblicazione della stessa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie; adottare idonee misure di pubblicità atte a garantire la diffusione della conoscenza dei contenuti della presente deliberazione, anche attraverso la predisposizione di un testo integrato degli allegati ai fini di una sistematizzazione dello stesso che ne agevoli la consultazione. ALLEGATO A Aggiornamento degli allegati A1, A2, B1, B2 e B3 alla legge regionale 40/1998 "Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione" Allegato A1 - Progetti di competenza della Regione, sottoposti alla fase di valutazione (articolo 4, comma 2) Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata. • Nell’allegato A1 le categorie progettuali n. 1 e 9 sono sostituite dalle seguenti: n. 1 Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la portata massima prelevata superi i 1.000 litri al secondo e si tratti di grande derivazione che interessi più regioni di cui all’articolo 89, comma 2 del D.Lgs. 112/1998, sino al verificarsi delle condizioni in esso previste (vedi cat. A2, n. 2) n. 9 Cave e torbiere che ricadono anche parzialmente in aree protette a rilevanza regionale, compresi gli ampliamenti e i casi rientranti nelle fattispecie seguenti (vedi cat. A2, n. 13 e B2, n. 51 e n. 51 bis): - ampliamenti di cave esistenti, normate dal Documento di programmazione dell’attività estrattiva D.P.A.E. I° stralcio, ricadenti, anche parzialmente, nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla L. 183/1989, per una superficie superiore al 10% della superficie delle aree limitrofe oggetto di autorizzazione in corso; - ampliamenti di cave esistenti di pietre ornamentali appartenenti a Poli estrattivi, individuati ai sensi del D.P.A.E. II° Stralcio, per volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, superiori a 30.000 mc, nelle more della redazione e approvazione del relativo progetto di Polo estrattivo; - ampliamenti di cave esistenti in sotterraneo per volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, superiori a 40.000 mc; - gallerie di esplorazione di cave in sotterraneo per materiali di uso industriale. Cave di prestito, finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30 (Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l'esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni), qualora rientrino in uno dei seguenti casi (vedi cat. A2, n. 13 e B2, n. 51): - cave che intercettano la falda freatica; - cave che, al termine della coltivazione e del riassetto finale dell’area, prevedono una destinazione d’uso finale del sito interessato diversa da quella originaria; - cave ricadenti, anche parzialmente, nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla l. 183/1989, compresi gli ampliamenti di cave esistenti per una superficie superiore al 10% - valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta -della superficie delle aree limitrofe oggetto di autorizzazione in corso; - cave con più di 500.000 mc/a di materiale estratto o di un’area interessata superiore a 20 ettari; - ripresa di discariche minerarie, dismesse e stabilmente rinaturalizzate, per un volume complessivo superiore a 300.000 mc. • Dopo la categoria n. 9 dell’allegato A1, è inserita la seguente categoria progettuale n. 9 bis: n. 9 bis Progetti di Polo estrattivo, individuato ai sensi del Documento di programmazione dell’attività estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio - Pietre Ornamentali), ricadente, anche parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale (*) (vedi cat. A2, n. 13 bis) • Al termine dell’allegato A1 e con riferimento alla categoria progettuale n. 9 bis è inserita la nota seguente: Allegato A2 - Progetti di competenza della provincia, sottoposti alla fase di valutazione (articolo 4, comma 2) Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata. • Nell’allegato A2 le categorie progettuali n. 1, 2, 3 e 13 sono sostituite dalle seguenti: n. 1 Utilizzo di acque sotterranee, ivi comprese le acque minerali e termali, nei casi in cui la portata massima prelevata superi i 100 litri al secondo n. 2 Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la portata massima prelevata superi i 1.000 litri al secondo (vedi cat. A1, n. 1) (*) La categoria non comprende i piani attuativi, adottati ed approvati ai sensi dell’art. 20 della L.R. 40/1998. 261 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.C.R. 217-41038/2001 n. 3 n.13 Impianti industriali destinati alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose Cave e torbiere, escluse quelle che ricadono, anche parzialmente in aree protette a rilevanza regionale ed escluse le cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni di cui alla L.R. 3 dicembre 1999 n. 30 (vedi cat. A1, n. 9), qualora rientrino in uno dei seguenti casi: - cave che intercettano la falda freatica; - cave che, al termine della coltivazione e del riassetto finale dell’area, prevedono una destinazione d’uso finale del sito interessato diversa da quella originaria; - cave ricadenti, anche parzialmente, nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla L. 183/1989, compresi gli ampliamenti di cave esistenti per una superficie superiore al 10% -valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta -della superficie delle aree limitrofe oggetto di autorizzazione in corso; - cave o ampliamenti di cave esistenti di pietre ornamentali appartenenti a Poli estrattivi, individuati ai sensi del D.P.A.E. II° Stralcio e per volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, superiori a 30.000 mc - valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta -, nelle more della redazione e approvazione del relativo progetto di Polo estrattivo - cave con più di 500.000 mc/a di materiale estratto o di un’area interessata superiore a 20 ettari; - cave di versante di sabbie silicee e di gessi, che non richiedono l’uso esclusivo di esplosivo, e di argille, con più di 350.000 mc di materiale complessivamente estratto o superficie interessata superiore a 5 ettari. Cave di monte e di culmine, che richiedono l’uso sistematico di esplosivo, con più di 500.000 mc di materiale complessivamente estratto o superficie interessata superiore a 10 ettari; - cave o ampliamenti di cave esistenti in sotterraneo per volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, superiori a 40.000 mc – valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta; - ripresa di discariche minerarie, dismesse e stabilmente rinaturalizzate, per un volume complessivo superiore a 300.000 mc. • Dopo la categoria n. 13 dell’allegato A2, è inserita la seguente categoria progettuale n. 13 bis: n. 13 bis Progetti di Polo estrattivo, individuato ai sensi del Documento di programmazione dell’attività estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio - Pietre Ornamentali), non ricadente, neppure parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale (*) (vedi cat. A1, n. 9 bis). 262 (*) La categoria non comprende i piani attuativi, adottati ed approvati ai sensi dell’art. 20 della L.R. 40/1998. • Al termine dell'allegato A2 sono aggiunte le seguenti categorie progettuali n. 16, 17, 18, 19 e 20: n. 16 Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: a) 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000 posti per galline; b) 3.000 posti per suini da produzione (di oltre 30 Kg); o c) 900 posti per scrofe. n. 17 Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici (ex cat. B2, n. 8) n. 18 Impianti industriali destinati alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno. n. 19 Progetti di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua ricaricata sia pari o superiore a 10 milioni di metri cubi. n. 20 Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno; in tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 2.000 milioni di metri cubi all’anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5% di detta erogazione. In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni. • Al termine dell’allegato A2 e con riferimento alla categoria progettuale n. 13 bis è inserita la nota seguente: Allegato B1 - Progetti di competenza della Regione, sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono neppure parzialmente in aree protette e sottoposti alla fase di valutazione quando ricadono, anche parzialmente, in aree protette, sempreché la realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata (articolo 4) Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata. • Nell’allegato B1 le categorie progettuali numero 5, 6, 7, 8, 9, 10, 15 e 22 sono sostituite dalle seguenti: Progetti di infrastrutture (vedi anche categorie n. 31 e n. 37) n. 5 progetti edilizi di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari (*) n. 6 progetti edilizi di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti edilizi di sviluppo e riassetto urbano, all'interno di aree urbane esistenti, che interessano superfici superiori ai 10 ettari (*) n. 7 funivie e impianti meccanici di risalita - escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri - con portata oraria massima superiore a 1.800 persone e strutture connesse n. 8 derivazione ad uso non energetico di acque Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.C.R. 217-41038/2001 superficiali ed opere connesse nei casi in cui la portata massima derivata superi i 260 litri al secondo e sia inferiore o uguale a 1000 l/s, a condizione che si tratti di grande derivazione che interessi più regioni di cui all’articolo 89, comma 2 del D.Lgs. 112/1998 e sino al verificarsi delle condizioni in esso previste (**) (vedi cat. B1, n. 33 e B2, n. 27) n. 9 piattaforme intermodali e terminali intermodali, interporti; n. 10 porti e impianti portuali, lacuali e fluviali, definiti di interesse regionale con apposito provvedimento regionale (vedi cat. B3, n. 9); vie navigabili n. 15 opere di regolazione del corso dei fiumi e dei torrenti, canalizzazione e interventi di bonifica idraulica ed altri simili destinati ad incidere sul regime delle acque, compresi quelli di estrazione di materiali litoidi dal demanio fluviale e lacuale, ad eccezione delle difese spondali con materiali impiegati secondo le tecniche di ingegneria naturalistica o con massi d’alveo o di cava non intasati con conglomerato cementizio e con altezza non superiore alla quota della sponda naturale (***) comma 2 del D.Lgs. 112/1998 e sino al verificarsi delle condizioni in esso previste (**) (vedi cat. B1, n. 8 e B2, n. 53) n. 34 estrazione di minerali di cui al r.d. 29.07.1927, n. 1443, mediante dragaggio fluviale n. 35 agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite Turismo e svaghi n. 36 piste da sci e relative strutture ed infrastrutture connesse, aventi lunghezza superiore a 1,5 km oppure superficie complessiva superiore a 5 ettari Progetti di infrastrutture (vedi anche categorie dal n. 5 al n. 17 e n. 31) n. 37 costruzione di centri commerciali, classificati classici o sequenziali ai sensi dell’allegato A alla DCR 29 ottobre 1999, n. 563-13414, con superficie di vendita superiore a 2.500 m2 e superficie utile lorda di pavimento superiore a 4.000 m2 (****) Industria energetica ed estrattiva (vedi anche categorie dal n. 26 al n. 30) n. 33 impianti per la produzione di energia idroelettrica alimentati da derivazioni con portata massima prelevata superiore a 260 litri al secondo, a condizione che si tratti di grande derivazione che interessi più regioni di cui all’articolo 89, • Al termine dell’allegato B1 e con riferimento alle categorie progettuali n. 5, n. 6, n. 15 e n. 37 sono inserite le note seguenti: 2. La superficie di vendita di un centro commerciale è data dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi commerciali al dettaglio in esso presenti. 3. I centri commerciali sono così classificati: a) centro commerciale classico: è un insediamento commerciale costituito da un unico edificio, comprendente uno o più spazi pedonali, dai quali si accede ad una pluralità di esercizi commerciali al dettaglio integrati, eventualmente, da attività paracommerciali e di servizio. L’edificio è soggetto a concessione edilizia unitaria a specifica destinazione. Le singole autorizzazioni commerciali discendono da un unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente anche a un soggetto promotore, sulla base delle procedure stabilite dalla Giunta regionale, e nei tempi previsti dagli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 114/1998 e dall’articolo 29 della presente normativa. b) centro commerciale sequenziale: è un insediamento commerciale costituito da uno o più edifici collegati funzionalmente da percorsi pedonali, non facenti parte di vie o piazze pubbliche, dai quali si accede a singoli esercizi commerciali. I servizi accessori possono essere comuni all’intero complesso degli edifici. Il centro commerciale sequenziale è soggetto a concessione edilizia unitaria che è rilasciata con le procedu- La categoria non comprende i piani attuativi, adottati ed approvati ai sensi dell’art. 20 della L.R. 40/1998. (***) La categoria non comprende gli interventi connessi alla realizzazione di attraversamenti di fiumi e torrenti realizzati esclusivamente con spalle laterali (senza pile nell’alveo di piena ordinaria), guadi e soglie di protezione di attraversamenti realizzati in subalveo. (****) L’Allegato A alla DCR 29 ottobre 1999, n. 563-13414, riporta: “Art. 6. Definizione di centro commerciale 1. Un centro commerciale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera g) del decreto legislativo n. 114/1998, è una struttura fisico-funzionale concepita e organizzata unitariamente, a specifica destinazione d’uso commerciale, costituita da almeno due esercizi commerciali al dettaglio fatta salva la deroga di cui all’articolo 7, comma 2. Il centro commerciale è dotato di spazi e servizi comuni funzionali al centro stesso, che possono essere organizzati in superfici coperte o a cielo libero. Il centro commerciale è unitario rispetto: al sistema del traffico, al parcheggio, ai servizi ad uso collettivo di vario genere e dimensione, pubblici o privati. Il consumatore percepisce un’immagine unitaria dell’offerta commerciale e dei servizi connessi. Altri progetti (vedi anche categoria n. 32) n. 22 cave di prestito con materiale estratto inferiore o uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o uguale a 20 ettari, finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30 (Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l'esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni), non rientranti nei casi previsti dalla categoria n. 9 dell’allegato A1 (vedi anche cat. B2, n. 51) • Nell'allegato B1 è soppressa la categoria progettuale n. 18 • Al termine dell’allegato B1 sono aggiunte le seguenti categorie progettuali n. 33, 34, 35, 36 e 37: (*) 263 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.C.R. 217-41038/2001 re previste per gli immobili destinati al commercio al dettaglio nonché dall’articolo 28 della presente normativa. Le singole autorizzazioni commerciali, comunque, discendono da un unico provvedimento generale rilasciato, eventualmente, anche a un soggetto promotore. La realizzazione della struttura può essere scaglionata nel tempo. - omissis - ” Allegato B2 - Progetti di competenza della provincia, sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono, neppure parzialmente, in aree protette e sottoposti alla fase di valutazione quando ricadono, anche parzialmente, in aree protette, sempreché la realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata (articolo 4) Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata. • Nell'allegato B2 è soppressa la categoria progettuale n. 8 • Nell'allegato B2 le categorie progettuali n. 1, 27, 28, 41 e 51 sono sostituite dalle seguenti: 264 to finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30 (Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l'esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni), non rientranti nei casi previsti dalla categoria n. 13 dell’allegato A2 (vedi anche cat. A1, n. 9 e B1, n. 22) • Dopo la categoria n. 51 dell’allegato B2, è inserita la seguente categoria progettuale n. 51 bis: n. 51 bis gallerie di esplorazione di cave in sotterraneo per materiali di uso industriale, non ricadenti, neppure parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale (vedi cat. A1, n. 9) • Al termine dell’allegato B2 sono aggiunte le seguenti categorie progettuali n. 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63 e 64 Agricoltura n. 1 impianti per l’allevamento intensivo di animali; intendendosi per intensivo l’esistenza di una concentrazione animale descrivibile, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta, con un numero di “Unità Bovine Adulte” (UBA) per ettaro superiore a 5, calcolato secondo le modalità stabilite da deliberazione di Giunta regionale. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta, gli allevamenti con un numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini. Industria energetica ed estrattiva (vedi anche categorie dal n. 40 al n. 44) n. 52 impianti di superficie connessi all’industria di estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonché di scisti bituminosi n. 53 impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 kW oppure alimentati da derivazioni con portata massima prelevata superiore a 260 litri al secondo. Per le derivazioni localizzate in zona C, come definita dalla D.G.R. del 26.04.1995, n. 74-45166, o la cui sezione di presa sottende un bacino di superficie minore o uguale a 200 kmq, la soglia inferiore è ridotta a 140 l/s. Sono comunque esclusi gli impianti destinati all’autoproduzione aventi potenza installata inferiore o uguale a 30 kW - valore costante da assumere, indifferentemente dalla localizzazione o meno in area protetta (*) (vedi cat. B1, n. 33) Progetti di infrastrutture n. 27 derivazione ad uso non energetico di acque superficiali ed opere connesse nei casi in cui la portata massima derivata superi i 260 litri al secondo e sia inferiore o uguale a 1.000 l/s. Per le derivazioni localizzate in zona C, come definita dalla D.G.R. del 26.04.1995, n. 74-45166, o la cui sezione di presa sottende un bacino di superficie minore o uguale a 200 kmq, la soglia inferiore è ridotta a 140 l/s (*) (vedi cat. B1, n. 8) n. 28 sistemi di captazione di acque sotterranee ed opere connesse, nei casi in cui la portata massima prelevata superi i 50 litri al secondo Industria dei prodotti minerali n. 54 cokerie (distillazione a secco del carbone). n. 55 impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali con capacità di fusione di oltre 20 t al giorno n. 56 fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, grès e porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 t al giorno e/o con una capacità di forno superiore a 4 m3 e con una densità di colata per forno superiore a 300 kg/m3 Industria energetica n. 41 impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda Progetti di infrastrutture (vedi anche categorie dal n. 27 al n. 33) n. 57 progetti di ricarica artificiale delle acque freatiche n. 58 opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi Altri progetti (vedi anche categorie dal n. 34 al n. 39 e dal n. 62 al n. 64) n. 51 cave e torbiere con materiale estratto inferiore o uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o uguale a 20 ettari, escluse quelle che ricadono, anche parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale ed escluse le cave di presti- Turismo e svaghi n. 59 villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti letto o volume edificato Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.C.R. 217-41038/2001 superiore a 25.000 mc o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, con relative strutture connesse, esclusi quelli ricadenti all'interno dei centri abitati n. 60 aree attrezzate a campeggio e caravaning a carattere permanente, con superficie superiore a 5 ettari oppure con capacità superiore a 300 posti roulotte o camper n. 61 parchi tematici di superficie complessiva superiore a 5 ettari Altri progetti (vedi categorie dal n. 34 al n. 39 e dal n. 46 al n. 51 bis) n. 62 depositi di fanghi diversi da quelli di cui al d.lgs. 22/1997, con capacità superiore a 10.000 metri cubi n. 63 impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive n. 64 stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 t/giorno Allegato B3 - Progetti di competenza del comune, sottoposti alla fase di verifica quando non ricadono, neppure parzialmente, in aree protette e sottoposti alla fase di valutazione quando ricadono, anche parzialmente, in aree protette, sempreché la realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata (articolo 4) Le soglie dimensionali dell'allegato devono essere ridotte del 50% per i progetti che ricadono anche parzialmente in area protetta, la cui realizzazione sia consentita dalla legge istitutiva dell'area protetta interessata. • Nell'allegato B3 la tipologia n. 3 è sostituita dalla seguente: Agricoltura n. 3 progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari • Al termine dell’allegato B3 è aggiunta la seguente categoria progettuale n. 10: Progetti di infrastrutture (vedi anche categorie dal n. 4 al n. 6) n. 10 costruzione di parcheggi con capacità superiore a 500 posti auto Allegato C - Casi di esclusione automatica dalla procedura di VIA, secondo le modalità di cui all’articolo 10, comma 4, di progetti di cui agli allegati B1, B2 e B3, non ricadenti neppure parzialmente in aree protette (articolo 4, comma 6, lettera a) • Nell'allegato C dopo il primo punto è inserito il seguente: Dalle tipologie all. B1, n. 11 (strade extraurbane secondarie, escluse le provinciali e le comunali), all. B2, n. 29 (strade extraurbane secondarie provinciali) e all. B3, n. 4 (strade extraurbane secondarie comunali): - B1, 11/a - B2, 29/a - B3, 4/a - Interventi di adeguamento di strade extraurbane secondarie esistenti, ai fini esclusivi di ammodernamento e messa in sicurezza, consistenti nella realizzazione di svincoli a circolazione rotatoria, innesti, nella modifica sostanziale di sezioni e raggi di curvatura (anche conseguen- te alla costruzione di opere di protezione da frane e cadute massi), compresa la ricostruzione di attraversamenti esistenti di corsi d’acqua anche per esigenze di compatibilità idraulica. • Nell'allegato C il quarto punto è sostituito dal seguente: Dalle tipologie all. B1, n. 22 (cave di prestito con materiale estratto inferiore o uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o uguale a 20 ettari, finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla l.r. 3 dicembre 1999, n. 30, non rientranti nei casi previsti dalla categoria n. 9 dell’allegato A1) e all. B2, n. 51 (cave e torbiere con materiale estratto inferiore o uguale a 500.000 mc/a e con superficie inferiore o uguale a 20 ettari, escluse quelle che ricadono, anche parzialmente, in aree protette a rilevanza regionale ed escluse le cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni, di cui alla L.R. 3 dicembre 1999, n. 30, non rientranti nei casi previsti dalla categoria n. 13 dell’allegato A2) Nei casi previsti dalle tipologie di esclusione seguenti, qualora vengano successivamente richieste modifiche, rinnovi o ampliamenti che complessivamente non facciano più rientrare la cava nelle fattispecie indicate, le istanze non sono automaticamente escludibili. Nei casi di esclusione seguenti non sono ovviamente compresi i progetti sottoposti direttamente alla fase di valutazione (vedi categorie: A1, n. 9 e 9 bis, A2 n. 13 e 13 bis) o localizzati, anche parzialmente, all’interno di aree protette. - B1, 22/a - B2, 51/a - Scavi a fossa, per ogni tipo di materiale ad eccezione di pietre ornamentali, con volumi di escavazione sino a 500.000 mc complessivi e con superficie inferiore a 20 ettari, condotti con profondità fino ad un metro dal livello di massima escursione della falda superficiale e comunque ad una profondità mai superiore a 5 metri dal piano di campagna, che non comportino mutamento di destinazione d’uso, con esclusione degli interventi nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla L. 183/1989. - B1, 22/b - B2, 51/b - Miglioramenti fondiari su aree inferiori a 20 ettari, con profondità di scavo non superiore a 2 m e volumi di escavazione sino a 200.000 mc complessivi, con esclusione degli interventi nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla l. 183/1989. - B1, 22/c - B2, 51/c - Arretramenti di terrazzi alluvionali di pianura per un’altezza inferiore a 10 metri e volumi di escavazione sino a 200.000 mc complessivi, con arretramenti non superiori a 1/10 della lunghezza di bordo, per uno sviluppo massimo del fronte fino a 500 metri, con esclusione degli interventi nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla L. 183/1989. - B1, 22/d - B2, 51/d - Coltivazioni di discariche minerarie derivanti da attività di cava in atto, finalizzate unicamente al riutilizzo del materiale stoccato e limitatamente agli accumuli di materiale non efficacemente reinseriti nel contesto ambientale, con esclusione degli interventi nelle fasce A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di bacino del fiume Po, 265 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.C.R. 217-41038/2001 di cui alla l. 183/1989. - B2, 51/e - Interventi in versante per estrazione di materiali industriali con volumi di escavazione sino a 200.000 mc complessivi e con superficie inferiore a 5 ettari, con esclusione degli interventi nelle fasce fluviali A e B dei Piani stralcio in cui è articolato il Piano di Bacino del fiume Po di cui alla l. 183/1989. - B2, 51/f - Nuove cave o ripresa di cave storiche di pietre ornamentali oppure progetti di ampliamento di cave esistenti, oppure progetti di modifica e istanze di rinnovo di cave esistenti, non appartenenti a Poli estrattivi, individuati ai sensi del Documento di programmazione dell’attività estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio - Pietre Ornamentali), qualora siano verificate contemporaneamente le seguenti condizioni: • i volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, siano inferiori a 60.000 mc, • la superficie complessivamente occupata, ivi comprese le discariche, sia inferiore a 4 ettari, non sia necessaria la realizzazione di nuova viabilità di accesso o di altra discarica limitrofa, • non siano interessate zone di culmine e i fronti di cava, non siano visibili da centri abitati. - B2, 51/g - Progetti di avvio di cantieri di cava in sotterraneo di pietre ornamentali o ampliamento dei medesimi, con realizzazione di galleria pilota e senza necessità di discarica a cielo aperto, per volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, inferiori o uguali a 40.000 mc, qualora siano verificate contemporaneamente le seguenti condizioni: - sia dimostrato, attraverso opportuna indagine idrogeologica, che l’intervento non perturba direttamente o indirettamente il sistema delle acque superficiali e sotterranee, - sia definito il riutilizzo finale dei vuoti e del sito nel suo complesso. - B2, 51/h - Ampliamenti di cave esistenti di pietre ornamentali appartenenti a Poli estrattivi, individuati ai sensi del Documento di programmazione dell’attività estrattiva (D.P.A.E. II° Stralcio – Pietre Ornamentali), per una durata massima di 12 mesi e comunque per volumi complessivi scavati, compresi gli sfridi, inferiori o uguali a 10.000 mc, nelle more della redazione e approvazione del relativo progetto di Polo estrattivo. • Nell'allegato C il quinto punto è sostituito dal seguente: Dalla tipologia all. B2, n. 30 (“… impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e D14, del decreto legislativo 22/1997)”) - B2, 30/a - Progetti relativi ad impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e D14, del decreto legislativo 22/1997), localizzati in aree non sottoposte a vincolo idrogeologico • Nell'allegato C il sesto punto è soppresso. 266 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 28 dicembre 2001, n. 38 LEGGE REGIONALE Costituzione dell’Agenzia interregionale per la gestione del fiume Po (B.U. n. 1 del 3 gennaio 2002) Il Consiglio regionale ha approvato IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE PROMULGA la seguente legge: Art. 3 Efficacia della legge Art. 1 Oggetto e finalità 1. Le disposizioni della presente legge assumono efficacia dalla data di entrata in vigore dell’ultima delle leggi istitutive dell’agenzia, emanate dalle Regioni interessate. 1. Per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) che necessitano di una gestione unitaria ed interregionale del bacino del Po, la Regione Piemonte concorre all’istituzione dell’agenzia interregionale per il fiume Po di seguito denominata agenzia. Art. 4 Disposizioni finanziarie 1. La Regione, in fase di prima applicazione della legge, utilizza per le spese di funzionamento e per le spese di esercizio delle funzioni attribuite all’agenzia le risorse trasferite dallo Stato in attuazione del D.Lgs.112/1998, trasferendole annualmente all’agenzia. 2. Con successivo provvedimento del Consiglio, la Regione organizza le funzioni amministrative che richiedono l’esercizio a livello regionale ai sensi dell’articolo 59, comma 1, della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni normative per l’attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), prevedendo articolazioni funzionali a livello di domini fluviali, anche in attuazione dell’articolo 60, comma 3, della L.R. 44/2000. 2. I conseguenti movimenti finanziari sul bilancio regionale sono regolati con successivi atti amministrativi. Art. 2 Accordo costitutivo È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte. 1. L’organizzazione e le funzioni dell’agenzia sono disciplinati dalle disposizioni dell’accordo costitutivo allegato alla presente legge, quale parte integrante della stessa. 2. Le modifiche all’accordo, da adottarsi previa intesa fra le Regioni interessate, sono approvate con apposita deliberazione del Consiglio regionale. 3. Nella fase successiva la Giunta regionale, viste le previsioni annuali dell’agenzia, assegna risorse per le finalità di cui al comma 1, nei limiti delle disponibilità finanziarie del bilancio regionale. La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. 267 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L.R. 38/2001 ALLEGATO A ACCORDO COSTITUTIVO DELL’AGENZIA INTERREGIONALE PER IL FIUME PO (AIPO) Art. 1 Oggetto e contenuto 1. Con il presente accordo le Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto istituiscono l’agenzia interregionale per la gestione unitaria delle funzioni di cui all’articolo 4. 2. Il presente accordo disciplina l’organizzazione e le funzioni dell’agenzia nell’ambito del bacino idrografico del fiume Po. Art. 5 Avvalimento 1. Fermo restando l’ambito istituzionale delle funzioni attribuite all’agenzia ai sensi dell’articolo 4, le Regioni ricadenti nel bacino del Po possono avvalersi delle strutture dell’agenzia per l’esercizio di proprie funzioni di difesa del suolo previa stipula di convenzione con l’agenzia stessa e con oneri a proprio carico. Art. 6 Organi dell’agenzia 1. Sono organi dell’agenzia: a) Il Comitato d’indirizzo; b) Il Direttore; c) Il Collegio dei revisori. Art. 2 Generalità 1. L’agenzia è denominata Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO), ha sede in Parma ed è articolata in sezioni territoriali determinate dal Comitato d’indirizzo di cui all’articolo 6. 2. Per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 4, l’agenzia opera come ente strumentale delle Regioni. 3. L’agenzia ha personalità giuridica pubblica ed è dotata di autonomia amministrativa, organizzativa, contabile e patrimoniale secondo quanto previsto dal presente accordo. Art. 3 Ambito territoriale dell’agenzia 1. In fase di prima applicazione, l’agenzia esercita le funzioni di cui all’articolo 4 nell’ambito territoriale definito dall’allegata cartografia, corrispondente alle competenze del Magistrato per il Po. 2. Per la ridefinizione di tale ambito, entro dodici mesi dalla costituzione dell’agenzia si procede a verifica e le eventuali modifiche della cartografia sono assunte previa intesa tra le Regioni interessate ed approvate da ciascuna di esse secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Art. 4 Funzioni 1. L’agenzia, sulla base della pianificazione dell’Autorità di Bacino e della programmazione delle singole Regioni, svolge le seguenti funzioni: a) la programmazione operativa degli interventi; b) la progettazione e attuazione degli interventi; c) la polizia idraulica; d) la gestione del servizio di piena; e) l’istruttoria per il rilascio dei provvedimenti di concessione delle pertinenze idrauliche demaniali; f) il monitoraggio idrografico, sulla base degli accordi interregionali previsti, in attuazione dell’articolo 92 del D.Lgs. 112/1998, al fine di garantire l’unitarietà a scala di bacino idrografico. 268 2. L’agenzia provvede a coordinare le attività funzionali alla realizzazione e al mantenimento delle opere di navigazione. Art. 7 Comitato di indirizzo 1. Il Comitato di indirizzo è un organo collegiale formato dagli Assessori delle Regioni di cui all’articolo 1 competenti in materia, con Presidenza a rotazione di durata biennale. 2. Il Comitato, nell’ambito delle proprie competenze, in particolare: a) conferisce e revoca l’incarico di Direttore; b) stabilisce gli obiettivi programmatici e ne verifica l’attuazione; c) definisce le articolazioni territoriali di cui all’articolo 2; d) approva il regolamento di organizzazione e il regolamento di contabilità proposti dal Direttore; e) approva il bilancio di previsione, le relative variazioni e il conto consuntivo predisposti dal Direttore; f) approva la relazione programmatica sull’attività dell’agenzia predisposta dal Direttore; g) delibera in materia di accordi per l’avvalimento di cui 3. Il Comitato d’indirizzo adotta i propri atti all’unanimità dei componenti e si dota, per lo svolgimento dei lavori, di apposito regolamento interno. Art. 8 Comitato tecnico 1. Al fine di garantire il raccordo operativo tra l’attività dell’agenzia e quella delle Regioni, il Comitato di indirizzo e il Direttore si avvalgono di un Comitato tecnico composto dai responsabili delle strutture competenti delle Regioni di cui all’articolo 1. Art. 9 Direttore 1. Il Direttore è scelto dal Comitato d’indirizzo tra persone di comprovata esperienza e competenza che abbiano ricoperto incarichi di responsabilità gestionale presso strutture pubbliche o private. 2. Il Direttore è assunto con contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a 5 anni e prorogabile una sola volta. Il recesso dal contratto è disciplinato dall’articolo 2119 del codice civile. 3. Il Direttore ha la rappresentanza legale dell’agenzia e Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 L.R. 38/2001 ad esso sono attribuiti tutti i poteri di gestione tecnica, amministrativa, contabile, salvo quelli attribuiti ai dirigenti dal regolamento di organizzazione di cui all’articolo 11. 2. Il Direttore, sentito il Comitato d’indirizzo, conferisce l’incarico ai dirigenti. 3. Il Direttore predispone i seguenti atti, sottoponendoli all’approvazione del Comitato d’indirizzo: a) il regolamento di organizzazione e il regolamento di contabilità; b) la relazione programmatica e la relazione gestionale sull’attività svolta dall’agenzia; c) il bilancio di previsione, eventuali variazioni e il conto consuntivo. 4. Il Direttore trasmette alle Giunte regionali la relazione programmatica, la relazione gestionale, il bilancio di previsione, eventuali variazioni e il conto consuntivo. Art. 13 Ordinamento contabile dell’Agenzia 1. L’ordinamento contabile dell’agenzia è disciplinato sulla base dei principi di cui al decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208). 2. Il bilancio dell’agenzia è redatto in termini finanziari di competenza e di cassa, nel rispetto dei principi dell’annualità, dell’integrità, della specificazione, dell’universalità, dell’unità, della veridicità, della pubblicità, della chiarezza, del pareggio finanziario e delle norme stabilite dal regolamento di contabilità. Art. 10 Collegio dei revisori 3. Il Comitato di indirizzo approva il bilancio di previsione, l’assestamento e le variazioni allo stesso secondo le modalità previste dal regolamento di contabilità. Contestualmente al bilancio annuale, il Comitato di indirizzo approva un bilancio pluriennale in termini di competenza, di durata non inferiore ad un triennio. 1. Il Collegio dei revisori è nominato dal Comitato d’indirizzo. 4. Il rendiconto dell’agenzia è formato secondo le regole stabilite dal regolamento di contabilità. 2. Il Collegio dura in carica tre anni ed è composto da tre membri effettivi ed un supplente, iscritti nel registro dei revisori dei conti. Il Collegio nomina fra i propri membri un presidente. 5. L’agenzia esercita i controlli interni, compreso il controllo di gestione, secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonché dal regolamento di contabilità. 3. Il Collegio esamina, sotto il profilo della regolarità contabile, gli atti dell’agenzia, comunicando tempestivamente le proprie osservazioni al Comitato d’indirizzo e alle Regioni. 6. L’agenzia non può contrarre mutui e prestiti. Art. 11 Organizzazione e personale 1. L’organizzazione e il funzionamento dell’agenzia sono disciplinati con apposito regolamento interno da emanarsi nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), conformemente alle disposizioni del presente accordo. 2. L’agenzia ha una dotazione organica iniziale proveniente dal Magistrato per il Po. Art. 14 Disposizioni transitorie 1. Il Comitato di indirizzo provvede alla scelta del Direttore entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore dell’ultima delle leggi regionali istitutive dell’agenzia. 2. Il subentro dell’agenzia nelle funzioni del Magistrato per il Po ha effetto secondo le modalità stabilite nell’accordo stipulato, ai sensi dell’articolo 4 del D.P.C.M. 14 dicembre 2000, con il Ministero competente. 3. Per la disciplina del rapporto di lavoro del personale dell’agenzia si applica il contratto collettivo del comparto Regioni-Enti locali. 4. È fatta salva la possibilità di assunzione di personale tramite procedure selettive, ai sensi del d.lgs. 165/2001. Art. 12 Patrimonio 1. Il patrimonio dell’agenzia è costituito dai beni trasferiti dallo Stato ai sensi dei provvedimenti emanati in attuazione dell’articolo 7 del D.Lgs.112/1998, dalle Regioni nonché dai beni pervenuti ad altro titolo. 2. In caso di scioglimento dell’agenzia i beni immobili che compongono il patrimonio vengono trasferiti alla Regione nel cui territorio insistono i beni stessi. 269 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 28 dicembre 2001, n. 81-4973 DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE L.R. n. 42/2000 art. 16 definizione dei criteri, delle modalità e dei termini per la presentazione dei progetti per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale di siti inquinati, ai fini dell’ammissione a finanziamento regionale (B.U. n. 3 del 17 gennaio 2002) (omissis) LA GIUNTA REGIONALE a voti unanimi ... ALLEGATO DELIBERA: Criteri, modalità e termini per la presentazione di domande di contributo regionale per la messa in sicurezza, la caratterizzazione e la progettazione, la realizzazione di interventi di bonifica e di ripristino ambientale di siti inquinati (D.Lgs 22/1997 art. 17 e s.m.i. - L.R. 42/2000 art. 16) 1. di definire, ai sensi della L.R. n. 42/2000 art. 16 i criteri, le modalità ed i termini per la presentazione dei progetti per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale di siti inquinati, ai fini dell’ammissione a finanziamento regionale, come dettagliato nell’ “Allegato 1” della presente deliberazione, di cui costituisce parte integrante; 2. di destinare all’attuazione del piano di finanziamento le risorse finanziarie comunitarie e regionali non assegnate nell’attuazione della deliberazione 17-155 del 5 giugno 2000 ed iscritte nel bilancio regionale, nonché quelle di provenienza statale o comunitaria; 3. di dare atto che non è possibile procedere ad assegnazioni di fondi per gli interventi di cui al D.Lgs 22/97 art. 14) in attuazione di quanto espressamente previsto dal D.M. 471/99 art. 1, comma 2) se non per consentire operazioni previste dal D.M. 471/1999. 270 Finalità I finanziamenti oggetto della presente procedura sono finalizzati all’esecuzione in danno di interventi di messa in sicurezza, caratterizzazione e progettazione, bonifica e ripristino ambientale così come definiti dal D.M. 25 ottobre 1999 n. 471. Il finanziamento regionale è previsto dal comma 9, articolo 17 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 e dall’articolo 16 della L.R. 42/2000. Soggetti ammessi al finanziamento Sono ammesse a finanziamento le Amministrazioni comunali di cui all’articolo 16 della L.R. 42/2000 nel cui territorio sia presente un sito inquinato segnalato quale prioritario dalla Provincia in base ai criteri del Piano Regionale di Bonifica delle Aree Inquinate, e per il quale non è stata avviata la bonifica da parte del responsabile dell’inquinamento secondo le indicazioni previste per l’ammissibilità al finanziamento, sono ammesse le Amministrazioni provinciali nel caso, previsto dall’articolo 3 lettera f della L.R. 42/2000, in cui l’intervento interessi il territorio di più comuni. Condizioni di ammissione a finanziamento Sono ammessi al finanziamento gli interventi eseguiti in danno dalle Amministrazioni di cui al punto precedente e per i quali sussistano le condizioni previste dal D.Lgs 22/97, articolo 17, comma 9 e D.M. 471/99, articolo 14, comma 1 ed in particolare: a) il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile ed il proprietario del sito non provveda; b) il responsabile dell’inquinamento sia individuabile ma non provveda, né provveda il proprietario del sito da bonificare o altro soggetto interessato; c) il sito da bonificare sia di proprietà pubblica ed il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda. Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.G.R. 81-4973/2001 Spese ammissibili Sono ammesse a finanziamento integrale le spese di progettazione sostenute direttamente dall’Amministrazione comunale o provinciale, le spese per la caratterizzazione dell’area e le indagini realizzate, eseguite secondo i criteri dell’allegato 2 del D.M. 471/99 ed ai sensi dell’articolo 18, comma 2 della L.R. 42/2000, nonché, oltre alle spese per l’esecuzione degli interventi, tutte le spese sostenute per l’aggiudicazione la conduzione ed il collaudo degli interventi. Per favorire l’avvio del maggior numero di interventi l’importo dei progetti dovrà essere suddiviso in lotti funzionali del valore massimo di 2,5 milioni di Euro. Ogni proposta di intervento dovrà essere corredata dalla seguente documentazione: Documentazione amministrativa Ai fini della determinazione dell’ammissibilità al finanziamento dovrà essere presentata: * relazione attestante la necessità di esecuzione d’ufficio dell’intervento secondo quanto previsto dal combinato disposto dell’articolo 16 della L.R. 42/2000 e dell’articolo 14 del D.M. 471/99 supportata dai relativi atti; * la documentazione urbanistica integrata secondo quanto previsto dal comma 4, articolo 17 del D.M. 471/99, o in alternativa che dimostri l’avvio della procedura di variazione degli strumenti urbanistici finalizzata all’evidenziazione dell’onere reale sul certificato di destinazione urbanistica; * in caso di fallimento del responsabile dell’inquinamento la documentazione attestante l’insinuazione nella procedura fallimentare secondo quanto previsto dal comma 11, articolo 17 del D.Lgs 22/97 e comma 5, articolo 18 del D.M. 471/99; * parere provinciale ex art. 3, comma 1, lettera e) della L.R. 42/2000 Documentazione progettuale Sono ammesse le seguenti tre tipologie di progetti: 1. realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza 2. caratterizzazione e progettazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale 3. realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale Potranno essere presentati progetti di una delle tre tipologie ovvero progetti abbinati di tipo 1 e 2; i progetti di tipo 3 non possono essere abbinati ad altri tipi di progetto. A seconda del tipo di progetto dovrà essere presentata la seguente documentazione tecnica: Realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza * descrizione del sito e della situazione di pericolo che impone gli interventi, comprensiva delle tipologie di inquinanti coinvolti e relativa documentazione a supporto dei possibili percorsi di contaminazione e dei bersagli interessati * progetto della messa in sicurezza d’emergenza * computo metrico estimativo degli interventi * capitolato speciale * quadro economico dell’intervento Caratterizzazione e progettazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale * piano di caratterizzazione e sua quantificazione economica * parcella previsionale per le spese di progettazione dell’intervento di bonifica Realizzazione di interventi di bonifica e rispristino ambientale * progetto definitivo (comprensivo degli esiti della caratterizzazione dell’area) * computo metrico estimativo degli interventi * capitolato speciale * quadro economico dell’intervento * cronogramma dei lavori e corrispondente previsione della spesa, suddivisa in trimestri, a partire dal momento di pubblicazione del bando di gara La documentazione tecnica dovrà essere redatta conformemente a quanto previsto dagli allegati 2 e 4 del D.M. 471/99. I prezzi di riferimento sono quelli dell’elenco prezzi ufficiale della Regione Piemonte. Per i prezzi non presenti dovrà essere presentata l’analisi o una ricerca di mercato. Tutta la documentazione dovrà essere conforme alla normativa di aggiudicazione prevista (opere o servizi). Dovranno essere rendicontate per il rimborso le eventuali spese già sostenute degli Enti per la presentazione dei progetti. Approvazione dei progetti Tutta la documentazione, sia tecnica che amministrativa, dovrà essere presentata previa approvazione formale da parte dell’Amministrazione competente (Comune o Provincia). Nel caso dei Comuni la documentazione dovrà essere corredata dal parere della Provincia. Assegnazione dei finanziamenti Il contributo regionale sarà assegnato, fatte salve le condizioni di ammissibilità, in base ai seguenti criteri di priorità: * indice di rischio calcolato secondo il metodo ARPA riportato nel Piano Regionale di Bonifica delle Aree Inquinate; * completamento o prosecuzione di interventi già avviati * coordinamento dell’intervento con eventuali progetti di infrastrutturazione o sviluppo anche sotto il profilo temporale e di massimizzazione delle economie e dei risultati. Gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza saranno considerati comunque prioritari indipendentemente dai criteri di cui sopra. Presentazione dei progetti da parte delle province In conformità con quanto disciplinato dall’articolo 16 della L.R. 42/2000 i progetti, nei limiti delle risorse previste in bilancio, verranno finanziati su proposta della Provincia che a tale scopo presenterà i progetti da finanziare, tenuto conto dei limiti e dei criteri sopra segnalati ai fini dell’ammissibilità, con indicazione degli interventi ritenuti prioritari sulla base dei criteri di cui al paragrafo precedente, tenendo altresì conto dei propri strumenti di pianificazione territoriale. La presentazione avverrà attraverso l’invio di una deliberazione dell’organo provinciale competente entro il termine di decadenza del 28 febbraio 2002. Per il calcolo dell’indice di rischio gli Enti potranno avvalersi del supporto di ARPA. Revoca del finanziamento Come previsto dall’articolo 19 della L.R. 42/2000, la 271 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.G.R. 81-4973/2001 Giunta regionale può avviare procedure di revoca al fine del riutilizzo delle somme finanziate per la realizzazione di altri interventi qualora, entro sei mesi dalla data di concessione del finanziamento, non siano state avviate le procedure per l’esecuzione della bonifica. 272 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 7 gennaio 2002, n. 23-5028 Indirizzi per l’istruttoria delle istanze relative alla realizzazione di centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW termici (B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002) Il Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n.79, in attuazione della direttiva 96/92/CE recante “Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”, ha liberalizzato l’attività di produzione di energia elettrica. In relazione a tale nuova situazione, è stato presentato a livello nazionale un elevato numero di domande dirette ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di centrali superiori a 300 MW termici per una richiesta complessiva di circa 100.000 MW elettrici, di cui più del 10% localizzati nel territorio della Regione Piemonte o ai suoi confini. Per tale motivo, sin dall’aprile 2001 è stato promosso dal Piemonte, come Regione capofila per l’Ambiente e dalla Toscana, come Regione capofila per l’Energia, con i Dicasteri delle Attività Produttive e dell’Ambiente e le altre Regioni un accordo nazionale nell’ambito della Conferenza Unificata di cui all’art.8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Nelle more della sottoscrizione di questo accordo diretto a stabilire criteri e indirizzi localizzativi condivisi e trasparenti anche per i soggetti proponenti, appare necessario formulare indicazioni ai rappresentanti regionali che partecipano alle istruttorie per l’espressione dei pareri previsti nell’ambito della procedura di cui all’allegato IV del D.P.C.M. 27 dicembre 1988, tuttora vigente, recante norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità, ai fini di assicurare una valutazione omogenea a livello regionale, ferma restando la valutazione sull’impatto ambientale collegata agli aspetti di criticità del territorio interessato. Anche sulla base degli approfondimenti svolti in occasione delle istruttorie già concluse con l’espressione del parere della Giunta Regionale nell’ambito dell’articolata procedura di cui all’Allegato IV del sopra citato D.P.C.M., nonché dei confronti avvenuti in sede nazionale, ai fini di garantire gli obiettivi energetici e ambientali, appare necessario individuare alcuni criteri coerenti con quelli già approfonditi in sede di elaborazione dell’accordo. Tali criteri costituiranno le linee guida cui gli istruttori dovranno ispirarsi per le numerose istruttorie a livello regionale e per le parallele istruttorie a livello nazionale, cui partecipano in rappresentanza della Regione Piemonte, premesse le seguenti considerazioni di fondo: 1) l’energia elettrica rappresenta un fattore strategico per lo sviluppo economico e sociale e la disponibilità della stessa a prezzi contenuti è alla base dei processi di crescita produttiva, sociale ed occupazionale, nonché della competitività internazionale di interi settori produttivi; 2) la liberalizzazione del settore elettrico può consentire la progressiva riduzione dei prezzi dell’energia elettrica; 3) le dinamiche di mercato possono innescare importanti sviluppi di carattere ambientale per il risanamento ed il rinnovo del parco di produzione elettrica; 4) l’energia elettrica può essere prodotta solo per l’utilizzo immediato; 5) la disponibilità di nuovi impianti termoelettrici ad alta efficienza, più rispettosi dell’ambiente ma anche più economici, o il risanamento di quelli esistenti, escluderà inevitabilmente dal mercato gli impianti più inefficienti, costosi ed inquinanti; 6) va sottolineata la necessità di perseguire gli obiettivi concordati con la sottoscrizione da parte dei Presidenti delle Regioni del Protocollo di Torino, in data 5 giugno 2001, in materia di riduzione dei gas climalteranti. Alla luce di queste considerazioni, nella valutazione dei progetti dovranno essere osservati dagli istruttori i criteri generali e specifici di seguito indicati, fatti salvi gli approfondimenti in sede di valutazione d’impatto ambientale, nonché gli indirizzi programmatori derivanti dai 273 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.G.R. 23-5028/2002 programmi regionali e dai piani territoriali di coordinamento provinciale. Criteri generali: a) coerenza con le esigenze di fabbisogno energetico e dello sviluppo produttivo del Piemonte e della zona interessata dalla richiesta; b) grado di innovazione tecnologica, con particolare riferimento al rendimento energetico ed al livello di emissioni dell’impianto proposto; c) utilizzo delle migliori tecnologie ai fini energetici e ambientali, con particolare riferimento alla minimizzazione delle emissioni di NOx e di CO; d) massimo utilizzo possibile dell’energia termica cogenerabile; e) riduzione o eliminazione, ove esistano, di altre fonti di produzione di energia elettrica e di calore documentata con apposite convenzioni e accordi volontari con le aziende interessate, anche tenendo conto di quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in materia di autoproduzione; f) diffusione del teleriscaldamento, in relazione alla specifica collocazione dell’impianto, finalizzato alla climatizzazione anche delle piccole utenze produttive e delle utenze private di piccole dimensioni, con la messa a disposizione di un servizio di pubblica utilità per i centri urbani coinvolti; g) minimizzazione dei costi di trasporto dell’energia e dell’impatto ambientale delle nuove infrastrutture di collegamento dell’impianto proposto alle reti esistenti; h) riutilizzo di siti industriali già esistenti anche nell’ambito di piani di riconversione di aree industriali; i) impatto occupazionale ed economico sul tessuto produttivo locale, considerato nel suo bilancio complessivo esistente in relazione alla situazione economica locale; j) le richieste ai fini della valutazione d’impatto ambientale di nuovi impianti, o di potenziamento o ristrutturazione di impianti esistenti, vengono valutate singolarmente, secondo l’ordine di priorità temporale di presentazione delle stesse. 274 Criteri specifici Oltre ai criteri generali sopra riportati, dovranno essere tenute in considerazione: a) l’esistenza di eventuali aree individuate come ambientalmente critiche ai sensi della legge 19 maggio 1997 n.137; b) l’esistenza di eventuali aree individuate dal piano della qualità dell’aria o da altri strumenti di programmazione come critiche, nelle quali è consentito l’insediamento di nuovi impianti termoelettrici, a condizione che i medesimi utilizzino la migliore tecnologia industriale disponibile per l’abbattimento delle emissioni e contribuiscano a migliorare la situazione preesistente, coerentemente con il piano previsto per l’area suddetta; c) l’esistenza di centrali termoelettriche suscettibili di risanamento, ammodernamento e innovazione tecnologica, anche attraverso il loro ripotenziamento. Tutto ciò premesso, la Giunta Regionale, con voto unanime espresso nelle forme di legge, visto il D.Lgs. 16 marzo 1999, n.79; visto l’allegato IV del D.P.C.M. 27 dicembre 1988; visto il Protocollo di Torino in data 5 giugno 2001; DELIBERA: di approvare i criteri specificati in premessa cui dovranno attenersi gli istruttori nominati in rappresentanza della Giunta Regionale in sede di Commissione Ministeriale per la Valutazione di Impatto Ambientale, nonché in sede regionale ai fini dell’espressione dei pareri della Giunta ai sensi dell’art. 6, comma 2, e dell’art. 8, comma 2, dell’allegato IV del D.P.C.M. 27 dicembre 1988, fatti salvi gli ulteriori approfondimenti relativi all’impatto ambientale previsti dalla normativa vigente. (omissis) Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 14 gennaio 2002, n. 44-5084 Manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale con asportazione di materiali litoidi: individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi e determinazione dei canoni. Prime indicazioni (B.U. n. 4 del 24 gennaio 2002) Il verificarsi dei gravi eventi alluvionali che nell’ultimo decennio ha interessto il territorio regionale piemontese, ha messo in evidenza la necessità di porre in essere tutti gli interventi utili finalizzati all’attuazione di una tutela sempre più efficace dell’assetto idrogeologico del territorio. Tra questi interventi si collocano quelli di manutenzione degli alvei idrici di competenza regionale che comportano anche estrazione ed asportazione di materiali litoidi. La Giunta regionale con il presente provvedimento individua i principi ed i criteri ai quali le strutture regionali competenti devono uniformarsi nello svolgimento dell’attività finalizzata all’attuazione degli interventi di manutenzione in oggetto, e fornisce altresì le prime indicazioni circa le modalità operative per l’effettuazione di detta attività, in conformità con il quadro normativo delineato dalle disposizioni emanate nella specifica materia di cui si tratta, dagli strumenti di pianificazione adottati dall’Autorità di bacino del fiume Po e dai provvedimenti attuativi del conferimento di funzioni alle Regioni e agli enti locali ai sensi del decreto legislativo n. 112/1998. Dal punto di vista sostanziale, le attività finalizzate all’asportazione di materiali litoidi dagli alvei vengono a caratterizzarsi per essere necessariamente connesse all’attuazione di interventi di manutenzione idraulica, nell’ambito dei quali possono essere previste ed attuate, in conformità di quanto disposto all’articolo 97 del R.D. n. 523/1904. In questo senso si esprime l’Autorità di bacino del fiume Po nella direttiva in materia di attività estrattive nelle aree fluviali del bacino del Po allegata al Piano stralcio per l’assetto idrogeologico adottato con deliberazione del Comitato istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001 approvata con D.P.C.M. 24/5/2001: l’asportazione di materiali litoidi può essere prevista “se finalizzata esclusivamente alla conservazione della sezione utile di deflusso, al mantenimento della officiosità delle opere e delle infrastrutture, nonché alla tutela dell’equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni interessati”. D’altra parte, invece, per quanto riferito agli aspetti legati al decentramento amministrativo, è necessario prendere atto del trasferimento di competenze previsto dagli articoli 86 e 89, comma 1 del D.Lgs. n. 112/1998 e di quanto disposto dall’articolo 59, comma 1 lett.b) e lett.d) n. 3 della L.R. n. 44/2000, ai sensi dei quali alla Regione Piemonte spetta la competenza in materia di determinazione dei canoni di concessione per l’estrazione di materiali dai corsi d’acqua ed il rilascio dei relativi provvedimenti, ed individuare, quindi, criteri e procedure per l’esercizio di dette competenze. La necessaria connessione degli interventi di estrazione ed asportazione di materiali inerti con riconosciute esigenze di manutenzione idraulica, evidenziano un preminente ruolo attivo dell’autorità idraulica competente, alla quale spetta l’individuazione, anche in base a segnalazioni da parte degli enti locali, delle situazioni in cui è necessario provvedere con opportuni interventi di manutenzione o sistemazione che comportino estrazione ed asportazione di materiali. In questo senso, dunque, spetta all’autorità idraulica stessa l’avvio delle iniziative per la realizzazione degli interventi, sulla base di idonei studi di impatto e valutazioni preventive ovvero nel quadro di specifici strumenti di programmazione e pianificazione sottoposti a valutazioni da parte dell’Autorità di bacino, con la quale dovranno a tal fine essere avviate opportune intese. A tale proposito si deve evidenziare che, ai sensi dell’articolo 2 del decreto legge 12/10/2000 n. 279 convertito in legge 11/12/2000 n. 365, sono previste attività straordinarie di ricognizione lungo i corsi d’acqua e le relative pertinenze, nonché nelle aree demaniali, attraverso sopralluoghi finalizzati a 275 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.G.R. 44-5084/2002 276 rilevare le situazioni che possono determinare maggiore pericolo. Queste attività possono ricomprendere quelle già svolte negli ultimi anni in base ad ordinanze ai sensi dell’articolo 5 della legge 24/2/1992, n. 225, emanate in conseguenza di eventi calamitosi per attuare interventi di ripristino e ricostruzione, e che hanno intensamente impegnato le strutture decentrate della Direzione Opere pubbliche. Tutto ciò ha dato modo di definire un quadro delle particolari situazioni territoriali nelle quali è necessario intervenire operando interventi di disalveo. Le conoscenze da ciò derivanti potranno pertanto essere utilizzate come base per la formulazione degli specifici strumenti di pianificazione di cui sopra, i quali saranno articolati in un piano di manutenzioni da effettuarsi con estrazione di materiali litoidi dai corsi d’acqua di competenza regionale. Gli interventi compresi nei suddetti strumenti di programmazione sono da considerarsi di manutenzione ai sensi della circolare del Presidente della Giunta regionale n. 8/EDE del 15/5/1996 e non sono pertanto soggetti ad autorizzazione ex articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977, ancorché prevedano asportazioni di materiali litoidi per volumi superiori a 10.000 mc. ovvero interessino isole di non recente formazione, anche se riccamente vegetate. Per quanto riguarda il valore del materiale litoide oggetto di asportazione, si ritiene che, ai sensi delle disposizioni legislative richiamate, esso debba essere determinato dalla Regione, sulla base di opportune valutazioni adeguate all’andamento dei prezzi di mercato ed in relazione a ciascuna provincia e per tronchi d’alveo singolarmente considerati. Le tabelle risultanti da tali determinazioni, unitamente ad una specifica cartografia, costituiranno parte integrante del piano di manutenzione in oggetto. In considerazione della necessità che gli interventi di manutenzione vengano gestiti in modo omogeneo su tutto il territorio regionale, e quindi anche per quanto riguarda il reticolo idrografico di competenza del Magistrato per il Po, e tenuto altresì conto che in relazione ai corsi d’acqua ivi compresi il rilascio delle concessioni è attualmente di competenza regionale, si ritiene che debbano essere attivate opportune forme di concertazione con il Magistrato per il Po al fine dell’individuazione di criteri d’azione uniformi. Si ritiene che l’attuazione degli interventi in oggetto possa essere affidata ai Settori decentrati Opere pubbliche e difesa assetto idrogeologico competenti per territorio, i quali ai sensi della D.G.R. n. 24/24228 del 24/03/1998 sono individuati quale autorità idraulica regionale. Su richiesta degli enti locali le attività attuative potranno essere effettuate dagli enti stessi, sulla base di specifici accordi di avvalimento. Le modalità per la predisposizione degli strumenti di programmazione nonché le modalità operative per l’attuazione degli interventi saranno definite d’intesa tra la Direzione regionale Opere pubbliche e la Direzione Difesa del suolo secondo i criteri di cui all’allegato alla presente delibera. Nelle more della predisposizione dei piani e dei programmi di manutenzione, si ritiene che possano comunque essere autorizzate in base a valutazioni di opportunità e necessità da parte dell’autorità idraulica, estrazioni di materiali litoidi da effettuarsi secondo le medesime modalità operative. Tutto quanto ciò premesso; visto il regio decreto n. 523/1904; visto il decreto legislativo n. 112/1998; vista la legge regionale n. 44/2000; la Giunta regionale, unanime, DELIBERA: 1. di approvare i criteri e le procedure per l’attuazione degli interventi di manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale che comportano estrazione di materiali litoidi come individuate nel documento allegato alla presente deliberazione per farne parte integrante; 2. di incaricare i Settori decentrati Opere pubbliche e difesa assetto idrogeologico di procedere, con le modalità indicate nel documento allegato alla presente delibera e sulla base delle attività ricognitorie effettuate in conseguenza dei recenti eventi alluvionali, alla predisposizione di un primo programma di manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale comprendenti anche asportazione di materiali litoidi; 3. di incaricare la Direzione Opere pubbliche e la Direzione Difesa del suolo d’intesa fra di loro di procedere, anche ai sensi dell’articolo 2 Bollettino Giuridico Ambientale n. 27 D.G.R. 44-5084/2002 del decreto legge 12/10/2000 n. 279 (convertito in legge 11/12/2000 n. 365) e con le modalità indicate nel documento allegato alla presente delibera, alla predisposizione di un piano di manutenzione dei corsi d’acqua di competenza regionale; al piano dovranno altresì essere allegate una cartografia ed una tabella, articolata per province e per corsi d’acqua, con la determinazione dei canoni per l’asportazione dei materiali litoidi; 4. di dare atto che gli interventi compresi nei suddetti strumenti di programmazione sono da considerarsi di manutenzione ai sensi della circolare del Presidente della Giunta regionale n. 8/EDE del 15/5/1996 e non sono pertanto soggette ad autorizzazioni ex articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977, ancorché prevedano asportazioni di materiali litoidi per volumi superiori a 10.000 m.c. ovvero interessino isole di non recente formazione, anche se riccamente vege